Archivio mensile:settembre 2016

737.-L’Economista Alberto Bagnai: ”La disoccupazione è voluta e fa comodo alla finanza”. Ecco perché.

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RIVELAZIONE SHOCK dell’economista Alberto Bagnai:”alla finanza fa comodo la disoccupazione”.Ecco perchè l’UE la vuole (come dimostrato in QUESTOarticolo) e le riforme servono solo a mantenerla invece di eliminarla (come vogliono farci credere).

Ora vi chiederete:”Ma perchè?”.Sembra assurdo vero??Invece no,è logico..
Come ci fa capire Bagnai,la disoccupazione assicura la stabilità dei prezzi e la riduzione dei salari (in quanto le aziende sono costrette a sottopagare i dipendenti perchè vedono ridotte le entrate) .
Lo scopo delle riforme strutturali del mercato del lavoro è proprio quello di garantire il livello di disoccupazione voluto dall’ UE,il tutto per favorire le banche.Chi ha un salario ridotto è costretto ad indebitarsi con le banche,quindi creare disoccupazione vuoldire al tempo stesso costringere la gente (lavoratori sottopagati e disoccupati) a rivolgersi a loro,le quali ampliano il loro “portafoglio” evitando che venga eroso dall’inflazione…

E’ il solito mantra delle famigerate “riforme strutturali”, con cui si continua ad imporre al continente povertà diffusa, disoccupazione di massa e rinegoziazione dei diritti sociali acquisiti negli anni. Scrive Alberto Bagnai nel suo ultimo articolo per Goofynomics come sia esattamente la stessa tecnica utilizzata dai” nostri amici delle istituzioni”. Una strategia che come spiega bene l’economista italiano ha due precise tecniche consolidate e che gli permette di imporre il danno per poi dire che in effetti si erano sbagliati nel lassismo generalizzato. “Cari amici, lo vedete che perdere la propria dignità gettandosi ai piedi del potere non serve a nulla? Il potere vi si magna e vi rigenera in un attimo. Prima vi fa fare quello che vuole lui, e poi vi prende pure in giro, dicendovi che non serviva a niente e che lui lo sapeva (infatti l’aveva anche scritto a caratteri piccoli), lasciando così a vostro esclusivo carico la responsabilità politica la quale, in fondo, a ben vedere, non incombe su di voi strictu sensu, non più di quanto incomba sul cane per il morso che dà al passante.
Il responsabile del cane è il padrone, che, nel vostro caso, è la finanza. Quest’ultima però, come questo post e quello precedente sul Fmi dimostrano, ha ottimi metodi per tirarsi fuori, e gli sputi toccano a voi”.
Dal post di Bagnai su Goofynomics:

Lo abbiamo già visto con il Fmi, non ricordate? Nel momento in cui mentono sapendo di mentire, i nostri amici delle “istituzioni” si portano comunque avanti col lavoro usando due ben precise tecniche, che ritroviamo ogni volta, e che si distinguono solo per il corpo del carattere utilizzato:

1) a caratteri cubitali sparano una abominevole e ingiuriosa menzogna morale,ovvero che se le ricette che stanno propinando, su impulso dei rispettivi mandanti, non dovessero funzionare, la colpa sarebbe comunque delle vittime, che non hanno saputo appoggiare con il dovuto garbo e soprattutto la necessaria rapidità la testa sul ceppo;
2) a caratteri microscopici riportano, a tutela delle loro riverite terga, la semplice verità tecnica, ovvero che le ricette che stanno imponendo hanno fondamenta molto labili nella letteratura empirica, che i loro effetti sono difficili da stimare, ecc.
Tanto per rinfrescarvi le idee: il Fmi nel 2012 diceva che una “full and timely program implementation is critical” (come dire: se va a finire male la colpa è vostra perché non vi siete sbrigati, sottintendendo ovviamente che con una efficiente dittatura i problemi economici si risolverebbero meglio che con una esitante democrazia), ma al contempobasava il suo programma su un moltiplicatore pari a 0.5, sapendo benissimo che il valore era diverso e dichiarandolo a caratteri piccoli, con le conseguenze che vi ho spiegato a suo tempo (in buona sostanza, il massacro della Grecia era un fallimento annunciato, quindi voluto).
E, attenzione: cosa succede infallantemente non appena i politici eseguono la ricetta?
Succede che i mandatari della grande finanza li prendono per i fondelli, dicendogli chiaro e tondo:
“Bene, cari pupazzi, avete eseguito quello che ci e quindi vi era stato chiesto, complimenti. Peccato però che non servirà a niente. Cioè, precisiamo: serve a fare gli interessi dei miei mandanti. Ma i vostri, in teoria, dovrebbero essere gli elettori. Ecco, c’è un problemino: i due gruppi di interessi non coincidono. Alla finanza la disoccupazione fa comodo, assicura la stabilità dei prezzi, e lo scopo delle riforme del mercato del lavoro è appunto quello di assicurare la stabilità dei prezzi garantendo sufficiente disoccupazione,come disse un blogger che è anche stato mio allievo. Ma ai disoccupati la disoccupazione non fa comodo, come del resto non fa comodo ai loro fornitori: non so come spiegarvelo, perché voi non avete mai lavorato, cari politici, però, insomma, fate uno sforzo di immaginazione.
[…]
Quindi, quando Visco a maggio 2014 ci diceva che con le riforme strutturali saremmo cresciuti, o era spaventosamente ignaro delle basi della letteratura scientifica (e quindi non era al posto giusto), o mentiva sapendo di mentire (e quindi era al posto giusto). Io la risposta la so, e la sapete anche voi, quindi inutile dircela.
Concludendo: quella di Visco non è una grande scoperta, ma una banalità: le riforme del mercato del lavoro hanno effetti avversi sulla produttività perché alterano il rapporto ottimale fra capitale e lavoro (cioè disincentivano l’innovazione). Ci fa piacere che lui senta il bisogno di dire oggi quello che noi ci dicevamo tre anni fa. Vuol dire che la resa dei conti si avvicina, e che Visco sa già, come sappiamo noi, che quest’anno la disoccupazione non diminuirà. Non è buon allievo chi non supera il maestro, e io la sua previsione l’avevo data qualche mesetto fa.

Vorrei però aggiungere una parola per i politici che continuano a comportarsi da lacchè, ad avvalorare oggi la narraFFione che vorranno smentire domani, ad amplificare oggi il mantra che gli si ritorcerà contro domani, a commettere oggi gli errori politici che non vorranno aver commesso domani.

736.- PERCHE’ DOBBIAMO LASCIARE L’UNIONE EUROPEA, SPIEGATO IN 10 PUNTI. LASCIARE L’EURO NON BASTA.

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1) Perchè il diritto dell’Unione Europea prevale sul diritto interno. Questo significa che le leggi ordinarie del Parlamento, i decreti legge, i decreti legislativi e le leggi regionali non possono essere in contrasto con i regolamenti e le direttive dell’Unione Europea. Governo e Parlamento sono in una posizione gerarchica inferiore rispetto all’ordinamento dell’UE.

2) Perchè le norme del diritto comunitario possono derogare anche leggi Costituzionali purché non siano norme fondamentali e immodificabili come per esempio i diritti fondamentali dell’ordinamento italiano. Nella pratica però anche i diritti fondamentali, come ad esempio il diritto al lavoro, vengono calpestati a causa dei vincoli di bilancio pubblico imposti dal Trattato di Maastricht e dal Patto di Stabilità e Crescita.

3) Perchè il maggiore progetto dell’Unione Europea è la moneta euro, un progetto fallimentare che ci ha assicurato una moneta troppo forte per la nostra economia e una scarsità di liquidità circolante nell’economia reale a causa dei vincoli di bilancio imposti ai singoli stati membri. Citando il nobel Krugman, ci siamo ridotti “allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera, con tutti i danni che ciò implica”. Tali danni sono disoccupazione a due cifre, povertà e disperazione dilagante.

4) Perchè versiamo al bilancio dell’Ue molto più di quanto ci torna indietro tramite fondi europei. Dal 2000 ad oggi abbiamo un saldo negativo totale di 72 miliardi di euro (dati Ragioneria dello Stato). Solo nel 2014 per contribuire al bilancio dell’Ue abbiamo perso 20 milioni di euro al giorno provenienti dalle tasse di noi cittadini italiani.

5) Perchè grazie alla partecipazione al Meccanismo Europeo di Stabilità (Fondo SalvaStati), abbiamo sborsato ben 14,33 miliardi di euro dal 2012 al 2015, soldi prestati a paesi in difficoltà finanziarie come Grecia, Irlanda, Spagna affinché restituissero i crediti che le banche francesi e tedesche avevano loro incautamente prestato. Il nostro paese, in crisi economica da anni, con la partecipazione ai trattati Ue è stato costretto a dare genialmente miliardi e miliardi di euro all’estero, anzichè investirli nell’economia reale interna. In cambio della nostra contribuzione al MES non abbiamo ottenuto alcun vantaggio.

6) Perchè i vincoli di bilancio, la contribuzione ai fondi europei e ai fondi salva stati sopra enunciati, hanno incidenza DIRETTA sulle tasse di tutti noi, cittadini italiani. Gli aumenti dell’Iva, dell’Imu e tutte le nuove tasse che il governo italiano deve ideare sono necessari al fine di mantenere l’enorme spesa della contribuzione al bilancio europeo e a mantenere un rapporto deficit/pil inferiore al 3%, ovvero a mantenere le entrate dello stato (tasse) praticamente alla pari delle uscite (spesa pubblica). In anni di crisi economica, bisognerebbe invertire la tendenza con nuove politiche economiche, ma l’Ue ci lega le mani.

7) Perchè l’Unione Europea ci impone riforme strutturali che sono volte a favorire una sempre maggiore precarizzazione del mondo del lavoro, e in un momento di crisi di domanda aggregata (i consumi non ripartono) fare politiche di flessibilità del mercato del lavoro è controproducente. Le famose riforme strutturali fatte dalla Germania nei primi anni dell’Euro hanno ridotto la quota salari di 7 punti in 4 anni, mentre in Spagna le riforme non hanno risolto il problema occupazionale ma hanno solamente fatto aumentare i precari. E in Italia l’introduzione del Jobs Act ha fatto aumentare il precariato, secondo l’Università di Torino.

8) Perchè l’Unione Europea impone un vergognoso sistema di due pesi e due misure. Si pensi alla questione degli aiuti di Stato: nonostante questi siano vietati dall’Ue perchè visti come misura che mina la libera concorrenza, l’Ue stessa ha permesso alla Germania di mettere a disposizione del proprio sistema bancario in crisi circa il 10% del proprio Pil, per una cifra complessiva pari a circa 250 miliardi di euro dal 2007 fino ad oggi, mentre l’Italia per il proprio sistema bancario ha messo a disposizione l’1% del proprio Pil, pari a poco più di 4 miliardi di euro. Questo ha determinato un pesante effetto distorsivo della concorrenza tra paesi membri, nonostante i trattati dicano, a parole, di voler eliminare tutte le distorsioni nel mercato unico. Non solo: l’Unione Europea ha messo sotto indagine l’Italia perchè dal 1990 al 2009 avrebbe fornito aiuti di Stato ad imprese coinvolte in calamità naturali, come ad esempio le esenzioni fiscali per le imprese coinvolte nell’alluvione piemontese del 1994. Ora l’Ue richiede alle aziende – molte ormai scomparse, altre incalzate dalla crisi – di restituire le agevolazioni: svariati milioni di euro. Ecco la solidarietà europea.

9) Perchè nonostante siamo un paese leader mondiale per quanto riguarda la produzione e la cultura agroalimentare, tecnocrati finlandesi, lettoni, lituani, tedeschi ci impongono da Bruxelles misure strette da rispettare per quanto riguarda i cibi che mettiamo in tavola. I limiti di Bruxelles sono stabiliti dal Regolamento 543 del 2011. Le mele devono avere “3/4 della superficie totale di colorazione rossa per le mele del gruppo di colorazione A”, 1/2 per le B e 1/3 per le C. Ma questo solo per la categoria “extra”, per le altre le percentuali sono differenti. Quanto alle dimensioni, minimo servono 60 mm di diametro o 90 di peso. La natura concepita come una produzione in serie di prodotti tutti uguali. Guai ai difetti della buccia: basta una macchiolina un po’ più grande e quella mela non è più una più mela. Burocrazia anche per altri frutti: 45 mm di diametro minimo per limoni e mandarini, 35 mm per le clementine, 53 mm per le arance. Per i kiwi si è invece ricorsi al peso: minimo 90 g per la categoria “extra”, 70 e 65 per quelle inferiori. Per pesche e pesche noci, è richiesto un calibro minimo di 56 mm per le extra e 51 mm per le altre; per le pere (60 mm per le extra, 55 per le altre); le fragole (25 e 18 mm); e l’uva da tavola (minimo 75 g a grappolo). Infine, i peperoni, la lattuga e i pomodori hanno il loro bel carico di misure burocratiche europee. Con evidenti problemi soprattutto per la vita dei produttori agricoli, già resa difficile dalla terribile crisi economica garantita dall’Ue. Anche i pescatori hanno la loro dose di burocrazia europea, con la dimensione minima delle vongole di 25 mm, nonostante la media italiana sia di 22 mm. In caso di vendita di vongole più piccole di 25 mm, il pescatore rischia multe di 4000 euro. Con danni al lavoro e all’occupazione dei pescatori evidenti.

10) Perchè non vogliamo più essere ridotti ad una colonia, governata da commissari Ue non eletti dai cittadini europei, che da una scrivania di Bruxelles redigono direttive e regolamenti vincolanti per il nostro paese, che creano danni economici e regole assurde per interi settori produttivi nostrani. Perchè non è possibile che il nostro governo sia costretto a chiedere l’approvazione preventiva della propria legge di bilancio alla Commissione Europea, così come il permesso per emettere i titoli di stato, come un bravo scolaretto. Perchè non accettiamo più che la Commissione Europea imponga delle nuove tasse se la legge di bilancio non è di suo gradimento. Perché è evidente che sia IRRIFORMABILE un’Unione dove il monopolio dell’iniziativa legislativa è affidato a burocrati non eletti del tutto indipendenti, i quali non accettano consigli o indicazioni da nessuno, men che meno dai governi.

Perchè vogliamo essere un paese sovrano all’interno dei nostri confini territoriali. Liberi di decidere le nostre politiche migratorie. Liberi di decidere di aiutare il nostro popolo, fino al raggiungimento della piena occupazione. Liberi di avere la nostra maledetta sovranità nazionale, come in tutti gli Stati del mondo civile ed avanzato.

Potremmo andare avanti, ma basta. Questa non è democrazia. Questa è una schifosa Tecnocrazia europea.

(di Giulio Betti)

735.- A proposito del quesito referendario, parla Paolo Maddalena

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A proposito del quesito referendario, parla Paolo Maddalena, il grande costituzionalista.

 

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Paolo Maddalena
Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale

La proposta di Renzi dei 5 punti da inserire sulle schede elettorali è menzognera ed ingannevole, e giuridicamente irricevibile ed inammissibile, perché pone delle domande prescindendo dal significato complessivo della riforma costituzionale, che è quello di danneggiare gli Italiani e favorire la finanza internazionale.
Quesito N. 1
“Superamento del bicameralismo paritario”
E’ un inganno, perché il superamento del bicameralismo paritario può avvenire in mille modi e non è proponibile una domanda astratta non espressamente riferita alle assurde modalità previste nella revisione costituzionale (accentramento dei poteri nell’esecutivo – svuotamento del Senato di persone che rivestono le caratteristiche proprie di chi deve svolgere le funzioni di Senatore – annientamento della garanzia costituzionale dell’art. 138 Cost. che consente anche al 20% degli Italiani di poter modificare anche la prima parte della Costituzione, in base alla vigente legge elettorale o a quelle possibili future).
Quesito N. 2
“Riduzione del numero dei parlamentari”
E’ un inganno, perché per ridurre il numero dei parlamentari non è affatto necessario sconvolgere l’intera Costituzione, modificando 47 articoli.
Quesito N. 3
“Contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni”
E’ un inganno, perché la ragioneria generale dello Stato ha valutato il risparmio in 57 milioni annui, risparmio che poteva agevolmente ricavarsi da altre voci di bilancio, senza incidere su un organo costituzionale di così grande rilevanza democratica.
Quesito N. 4
“Soppressione del CNEL”
E’ un inganno, perché la soppressione del CNEL non incide e non comporta la modifica dell’intera Costituzione. Sarebbe stato sufficiente un articolo ad hoc.
Quesito N. 5
“Revisione del titolo V della parte II della Costituzione”
E’ un inganno, perché per eliminare le distonie del titolo V della Costituzione sarebbe stato sufficiente disporre una norma che prevedesse il valore costituzionale dell’interesse nazionale, il trasferimento della competenza dalle regioni allo stato per la realizzazione delle grandi reti di comunicazione nazionale e soprattutto non si sarebbe dovuta porre una clausola di supremazia dei poteri accentrati dello Stato sui poteri delle Regioni.
In realtà la riforma costituzionale Renzi-Boschi mira a favorire gli interessi delle multinazionali sugli interessi di tutti i cittadini, e a fare in modo che le leggi incostituzionali emesse in tal senso (Sblocca Italia, Jobs Act, Riforma della Scuola e della Pubblica Amministrazione) diventino conformi a Costituzione e non più annullabili dalla Corte Costituzionale in virtù della modifica della parte prima della Costituzione stessa, resa possibile dall’annientamento dell’Art. 138 Cost., come sopra detto.
Si ricordi che con lettera del 2013 la J.P. Morgan ha così scritto: “… Quando la crisi è iniziata era diffusa l’idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica (…) Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea… I sistemi politici e costituzionali del sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni…”
In sostanza il Presidente del Consiglio pretende che gli Italiani, esprimendo il SI’ alla riforma costituzionale, accettino una disoccupazione senza fine, la svendita totale del territorio, l’aumento indefinito del debito, e la loro morte; e dichiarino di voler far prevalere il sistema economico neoliberista, e cioè un sistema economico predatorio, sull’idea keynesiana che ci ha assicurato 30 anni di benessere nel secondo dopoguerra e che ha dato luogo ad un sistema economico produttivo, di occupazione e sviluppo.

734.-ALLE RADICI DEL MALE: L’UNIONE EUROPEA.

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C’è del marcio nella Commissione europea. O almeno nel decennio Barroso. Goldman Sachs, la banca ritenuta una delle maggiori responsabili della crisi finanziaria che ha travolto numerosi Paesi europei, e la Grecia in particolare, aveva accesso diretto nel cuore delle istituzioni europee nel pieno della crisi. E il cuore era l’ufficio del presidente della Commissione europea José Manuel Barroso. Lo rivela il giornale portoghese Publico, che, con una normale richiesta basata sulle regole della trasparenza, ottiene da Bruxelles mail, lettere e messaggi del 2013 e 2014.

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Dai vertici di Goldman Sachs “sono state inviate all’ufficio di Barroso proposte confidenziali su modifiche da fare alle politiche dell’Unione Europea”, riferisce il giornale che ha pubblicato estratti da undici mail, lettere e messaggi, ottenuti dalla Commissione europea dopo una normale richiesta secondo le regole della trasparenza nel luglio scorso. Una lettera dal 30 settembre 2013 a firma del capo di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein (l’uomo che paragonava il suo mestiere a quello “di Dio”), rende nota una visita discreta di Barroso alla sede centrale della banca a New York, che non appare né nella sua agenda ufficiale né negli archivi della Commissione. “La ringrazio per aver rubato un po’ di tempo al suo programma per farci visita. Ho apprezzato la nostra discussione produttiva sulle prospettive economiche globali”, scrive Blankfein, che quest’anno ha poi assunto Barroso come presidente non esecutivo di Goldman Sachs International. Barroso in quell’occasione segreta ha incontrato anche i “senior partners” della banca.

Ora, dopo la notizia dell’arrivo dell’ex Presidente dell’esecutivo comunitario nella grande e controversa famiglia di Goldman Sachs, i riflettori sono ora tutti puntati su Neelie Kroes. Politica olandese e donna d’affari apprezzata a livello internazionale. Tanto che una volta nominata a far parte del collegio Ue ha dichiarato ben 60 titoli di vario tipo in altrettante società e organizzazioni internazionali.
Il nome della Kroes, responsabile prima dell’Antitrust Ue e poi del portafoglio strategico legato all’agenda digitale, è ora finito nel nuovo dossier pubblicato dal Consorzio Internazionale per il Giornalismo d’Inchiesta (ICIJ) dal nome Bahamas Leaks. In totale si tratta di circa 175 mila società offshore registrate alle Bahamas e di proprietà di uomini politici. Secondo quanto raccolto dall’ICIJ l’ex Commissaria comparirebbe come Direttrice dal 2000 al 2009 della Mint Holding, di proprietà del saudita Amin Badr-El-Din. Dettaglio che l’ex Ministro ai trasporti olandese ha dimenticato di menzionare quando è stata nominata a capo dell’Antitrust Ue.

Stando alle regole della Commissione Ue, infatti, nessun Commissario può comparire negli organici di altre società e organizzazioni esterne, né tantomeno presiederle. Il problema, però, è che molto spesso violazioni, abusi e casi di conflitto d’interesse vengono alla luce soltanto dopo anni. La trasparenza su cui lo stesso Jean Claude Juncker ha puntato molto dall’inizio del suo mandato è legata interamente alla buona fede della singola persona. Ai candidati a futuri commissari basta presentare una dichiarazione. L’integrità è completamente affidata all’autocertificazione. Nessun meccanismo, insomma, controlla lo status, i conti e le proprietà dei politici che arrivano a Bruxelles per decidere buona parte delle politiche riguardanti 500 milioni di cittadini. I comitati etici e le inchieste arrivano soltanto dopo le fughe di notizie. Una pratica che è stata confermata anche da uno dei portavoce dell’esecutivo Juncker. “Alcuni tipi di eventi non possono essere previsti” ha ammesso Margaritis Schinas. Previsti forse no, ma evitati sì.

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La trasparenza su cui lo stesso Jean Claude Juncker ha puntato molto dall’inizio del suo mandato è legata interamente alla buona fede della singola persona. Ai candidati a futuri commissari basta presentare una dichiarazione. L’integrità è completamente affidata all’autocertificazione.
Il caso della Kroes attira su di sé, se possibile, altre e più pesanti ombre. Risulta, infatti, che la Mint Holdings fosse pronta ad acquistare 7 miliardi di dollari di asset di proprietà di Enron. Un affare non concluso soltanto a causa del fallimento della società statunitense. Iegali della Kroes fanno sapere che la loro assistita “Deve aver avuto una svista al momento della presentazione dell’autocertificazione escludendo ogni menzione a Mint Holdings, che peraltro si credeva fosse stata liquidata già nel 2002”. Una svista, che però ora conta di avere pesanti conseguenze sull’immagine di un’istituzione già nel bel mezzo di una forte crisi di popolarità.

«Casi come questo agiscono pesantemente sull’opinione che i cittadini hanno delle istituzioni europee» dichiara a Linkiesta Aurore Chardonnet di Oxfam International «Soprattutto in un momento in cui euroscetticismo e disaffezione verso Bruxelles sono in aumento un po’ ovunque». Ma cosa fare per evitare altri casi in futuro? Per la Chardonnet: «Gli strumenti ci sono già, ma vanno adottati e poi rispettati in pieno. Ogni Stato membro deve approvare un registro nazionale in cui siano censite tutte le organizzazioni e le società che in esso risiedono. E si deve poter risalire chiaramente ai loro fondatori e Presidenti. Oggi, purtroppo, non è così». Aggiunge Chardonnet: «C’è anche bisogno che la Commissione Ue assuma un ruolo più deciso nella lotte ai paradisi fiscali e contro l’evasione. Vanno adottate regole dure che devono essere applicate in modo deciso»

Neelie Kroes, passati i 18 mesi previsti dal regolamento per ex Commissari-si era unita a Uber scatenando critiche e proteste
Un ruolo, che però, al momento l’esecutivo Ue fatica ad assumere. Come hanno dimostrato le reazioni al caso Barroso e ora a quello Kroes. L’avvio di un comitato etico sull’incarico a Goldman Sachs dell’ex Presidente della Commissione è arrivato a due mesi dalla notizia e soltanto dopo le proteste di alcuni governi europei e la richiesta di un’indagine approfondita avviata dal Mediatore Ue. Tanto su Barroso che sulla Kroes la Commissione ha tentennato, mostrando i limiti della propria azione contro suoi ex membri.

Il nome di Neelie Kroes, la donna d’acciaio -come era stata definita negli anni in cui ha lavorato a Bruxelles attaccando giganti come Microsoft, E.On -Gdf e Google- era del resto già circolato sui giornali europei nelle ultime settimane. L’ex Commissaria responsabile all’agenda digitale dal 2009 al 2014, passati i 18 mesi previsti dal regolamento per ex Commissari-si era unita a Uber scatenando critiche e proteste. È proprio Uber, infatti, a figurare tra i giganti della share economy, settore che Bruxelles non ha mai nascosto di voler tutelare nel tentativo di attirare in Europa investimenti, crescita e un ambiente adatto allo sviluppo delle start-up. Il passaggio da un lato all’altra della barricata è stato però considerato da molti come l’ennesimo esempio di “politica delle porte girevoli” ovvero il passaggio di politici al settore privato.

733.-MA QUALE DEMOCRAZIA, GLI ITALIANI VIVONO SOTTO DITTATURA!

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Democrazia. Che cos’è la democrazia? Mi affido al dizionario Treccani: “Forma di governo che si basa sulla sovranità popolare e garantisce ad ogni cittadino la partecipazione in piena uguaglianza all’esercizio del potere pubblico”, poi mi viene in mente la situazione italiana. In Italia il popolo non conta più nulla, gli italiani si sono dimenticati cosa vuol dire andare alle urne per la composizione del Parlamento. Abbiamo visto succedersi Mario Monti, Enrico Letta ed ora quella cariatide di Matteo Renzi assistendo ad autentici colpi di Stato. Una vera e propria volontà di estromettere la gente comune dalle decisioni della politica, il tutto effettuato in silenzio senza che nessuno alzi la testa. Recentemente il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha dichiarato che la sovranità appartiene alla gente, bene era tanto tempo che le mie orecchie non sentivano un discorso del genere, ma la realtà dei fatti è diversa. Intano i poteri forti hanno deciso, grazie ai burattini che ci governano, di renderci schiavi, animali da traino verso il precipizio. Impedirci di andare a votare è un crimine, un crimine gravissimo. Così facendo le alte sfere pilotano i propri interessi disegnandosi su misura le normative, in confronto le leggi ad personam di Silvio Berlusconi sono una favola per bambini. Pianificano e studiano le mosse migliori per tutelare i propri interessi, riuscendo liberamente ad arrivare dove vogliono senza nessun impedimento. Ci stanno togliendo tutto, la dignità in primis.
Il Premier fiorentino viene contestato, puntualmente, in ogni angolo d’Italia, ma è arrivato a dire, in maniera quantomeno supponente, che a lui la scorta non serve. Non serve perché è la gente che lo protegge, una visione che rasenta la follia. La realtà che diventa distorta, in ogni città in cui Renzi si è recato solo l’intervento delle Forze dell’ordine ha impedito che venisse linciato. Continui scontri si succedono, continui insulti piovono sul governo, ma la tracotanza dei forti non ha limiti e non conosce vergogna.
La disoccupazione dilaga e continua a salire, le tasse crescono a velocità vorticosa, Equitalia ha la spocchia di mettere spalle al muro migliaia di nostri concittadini, compresi i piccoli-medi imprenditori, privandoli anche dell’aria per respirare. I clandestini, per contro, vengono sostenuti con soldi, cibo ed alloggi. E’ di questi giorni la notizia che in provincia di Pavia, sindaci ed agenzie immobiliari commissionate dalle istituzioni sono alla ricerca di immobili da destinare agli immigrati. Capite? Mentre gli italiani affondano, il governo volge la testa dall’altra parte. Il business dell’immigrazione non conosce latitudine, non conosce timore. Continuiamo a pagare per stranieri e rom che a loro volta non sanno neanche com’è fatta una cartella esattoriale. Vivono alla giornata e nessuno fa niente per fermare una criminalità, ogni giorno, sempre più dilagante. La politica, giocando a mosca cieca, depotenzia in maniera volontaria Polizia e Carabinieri che ad oggi hanno un solo compito, quello di evitare l’aggressione fisica da parte del popolo, esausto, ai danni dei vertici dei palazzi di cristallo. La parte vitale della nazione non conta niente.
La gente muore di fame, in senso letterale, ma il nuovo Pd, la nuova generazione di sinistra, i rottamatori del vecchio girano per il paese parlando di referendum. Un referendum farsa, creato su misura per l’ego smisurato del nostro primo ministro. Qui manca il companatico da mettere nel piatto, manca il lavoro, le aziende chiudono, i negozi abbassano le serrande, i giovani rimarranno disoccupati a vita, gli anziani percepiscono dopo anni e anni di lavoro e sacrifici una pensione da fame, ma loro se ne fottono. Dettano legge e ci trattano come burattini, per poi essere bistrattati da Angela Merkel che impone all’Italia i suoi comodi e dall’ambasciatore americano, John Phillips, che si è permesso di dire che qualora vincesse il no, al prossimo referendum sulla Costituzione, per l’Italia sarebbe una tragedia. Ci dicono che senza l’Europa falliremmo, che gli investitori scapperebbero e che per tutti noi sarebbe la fine. Come scavarsi la fossa con le proprie mani, in solitaria. Ma invece basta guardare l’Inghilterra, dove ha trionfato la lungimiranza del Brexit, per renderci conto di come l’Unione Europea sia la causa di ogni nostro malanno. Il paese della Regina Elisabetta è in perfetta forma ed ha ripreso il suo cammino su basi più solide, basta leggere i dati che provengono dalla borsa e dalla ripresa della sterlina. Allontanarsi da Bruxelles e soci è l’unica soluzione per salvarsi, per tornare ad essere sovrani, per tornare ad essere padroni della moneta che circola da Bolzano a Palermo. Abbiamo bisogno che i nostri soldi rimangano tra questi confini, così da essere investiti per gli italiani, senza se e senza ma. Qui tutti ci raccontano una marea di frottole e ci prendono per stolti. Non dobbiamo farci prendere per i fondelli da quattro traditori rivoltanti. Veniamo trattati come spazzatura da chiunque e la nostra classe dirigenze non è in grado, non ha le palle, di dire NO! ad un meccanismo atto a schiacciarci. Rimaniamo inermi davanti ai capetti che hanno deciso, dall’alto di Strasburgo, che l’Italia deve fallire. Queste persone devono capire che noi non ci sottometteremo mai. Bisogna tirare fuori il coraggio e mandare a casa questi codardi da strapazzo.
A questo punto una domanda mi sorge spontanea e la rivolgo a chi sostiene questa Europa nonostante tutto. Come mai da quando siamo entrati nell’Unione Europea restiamo a crescita zero sotto tutti i punti di vista? I dati positivi sono un ricordo lontano, cancellato dal tempo, ma siamo qui a farci imporre di comprare prodotti dall’estero e, per esempio, realizzare la mozzarella con il siero congelato di latte straniero. Ma vi rendete conto? Il nostro olio, proveniente per lo più dal meraviglioso Salento, viene buttato via se non addirittura eradicati gli ulivi. Ed in tutto questo i vari Jean-Claude Juncker ci chiedono di misurare i cetrioli da raccogliere nei campi e che al mercato le banane e le zucchine da vendere devono essere quelle esclusivamente dritte. Vi rendete conto da che pagliacci veniamo comandati? Siamo dei vigliacchi e per questo seguiamo come un cagnolino scodinzolante gli Stati Uniti d’America, rovinando ogni rapporto fruttifero con la Russia. L’embargo nei confronti di Mosca che ci è costato miliardi e miliardi di euro, rovinando imprese e i lavoratori italiani. Assurdità di quest’epoca. I nostri governanti fanno il loro gioco non il nostro ed hanno toccato il fondo. Ora spetta a noi ribellarci.
Questo articolo è stato scritto lunedì 19 settembre 2016 per www.ilgiornale.it da
Andrea Pasini: Fieramente lombardo ma soprattutto fiero di essere italiano. Classe 1981, giovane imprenditore grazie ai molteplici sacrifici dei miei genitori che mi hanno dato la possibilità di iniziare a gestire l’azienda di famiglia con 70 anni di storia alle spalle; eredità di cui provo a mostrami degno giorno dopo giorno, con umiltà. Cristiano convinto. Sposato con due figlie. Scrivo perché penso che sia giusto esprimere quello in cui si crede con coraggio e senza paura. Amo il mio Paese e il popolo italiano. Sogno una classe dirigente, che metta al primo posto il bene comune rispetto ai propri interessi personali, che sappia amare il proprio lavoro vivendolo come una missione civica e che riesca a meritarsi coi fatti l’onore di rappresentare un grande popolo e una grande nazione qual è l’Italia. Penso che gli imprenditori italiani siano degli eroi perché tutti i giorni, seppur vessati dalle tasse e da una burocrazia pachidermica, continuano a tenere duro.

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732.- I libici che si opposero a Gheddafi, ora si rammaricano del cambio di regime pilotato dagli Stati Uniti.

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Chi effettivamente beneficia delle guerre degli americani in tutto il mondo? Le conseguenze dei conflitti fomentati dagli americani dimostrano che non è la gente comune a beneficiarne, anche se i militari e i politici affermano che si combatte per la loro libertà e sicurezza.

La Domenica Mail, dello Zimbabwe “, quotidiano della famiglia leader,” ha pubblicato i racconti di un certo numero di libici che hanno espresso il loro rammarico per il rovesciamento di Muammar Gheddafi nel 2011, nonostante il fatto che alcuni di loro abbiano, addirittura, preso le armi contro di lui. Così racconta un ex combattente rivoluzionario: Mohammed, 31 anni, dalla città meridionale di Murzuq.: ” Mi sono unito alla rivoluzione fin dai primi giorni e ho combattuto contro Gheddafi. Prima del 2011, ho odiato Gheddafi più di chiunque altro. Ma ora, la vita è molto, molto più difficile, e sono diventato il suo più grande fan. ”

Nel 2011, ci fu detto che Gheddafi stava per commettere gravi spargimenti di sangue contro il suo popolo e che, di conseguenza, la comunità internazionale aveva bisogno di intervenire per proteggere i civili libici. Secondo un’analisi di informazioni statistiche ricavate da Human Rights Watch, questo si è rivelato falso. Inoltre, da un’indagine condotta da Amnesty International, si è potuto stabilire un certo numero di punti a vantaggio di Gheddafi, come ha fatto notare l’Independent:

“I leader della Nato, i gruppi di opposizione e dei media hanno prodotto un flusso di storie fin dall’inizio dell’insurrezione, il 15 febbraio, sostenendo che il regime di Gheddafi aveva ordinato stupri di massa, impiegato mercenari stranieri ed elicotteri contro i manifestanti civili.

“Un’indagine condotta da Amnesty International non è riuscita a trovare le prove di queste violazioni dei diritti umani e, in molti casi, ne ha messo in dubbio la veridicità. Ha inoltre dato precise indicazioni che, in diverse occasioni, i ribelli di Bengasi sembrava avessero fatto consapevolmente false affermazioni o prodotto prove non veritiere”.

La cosiddetta “no-fly zone” scaturita dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza U.N. non ha portato a un cambio di regime. Ciò che i rappresentanti della NATO avevano promesso alle loro controparti orientali non si è verificato. La risoluzione ha autorizzato soltanto le forze della coalizione a prendere tutte le misure necessarie per proteggere i civili che si trovavano sotto minaccia di un attacco nel Paese, compresa Bengasi, escludendo che una forza di occupazione straniera, di qualsiasi genere, si installasse in una qualsiasi parte del territorio libico. La risoluzione aveva chiesto alla coalizione di tenere immediatamente informato di tali misure il segretario generale.

Ciò che la “no-fly zone” in realtà ha consentito è stato l’assalto su vasta scala contro le forze di Gheddafi, per assicurarsi che nessun aereo libico potesse volare nello spazio aereo del suo paese. Significava anche che qualsiasi cosa fosse in grado di contrastare un aereo da guerra della coalizione avrebbe doveva essere distrutto.

Tutte queste bombe della Nato erano presumibilmente destinati a proteggere i civili.

Inoltre, un comandante dei ribelli libici ha ammesso che i suoi combattenti includevano jihadisti di al-Qaeda-o a loro collegati, che avevano combattuto contro le truppe degli Stati Uniti in Iraq. Questi combattenti, noti al momento come al-Qaeda in Iraq, ora sono indicati come ISIS. Non dovrebbe sorprendere che l’ISIS ha una roccaforte in Libia dopo la caduta di Gheddafi.

Prima dell’attacco della NATO, la Libia ha avuto il più alto tenore di vita di qualsiasi paese in Africa. Ciò ha significato che la popolazione godeva dell’assistenza sanitaria fornita dallo stato, che aveva alti tassi di alfabetizzazione, e altri benefici che si hanno vivendo in una società relativamente prospera. Nel solo 2015, il paese è sceso di 27 punti su i feedback U.N. dell’Indice di sviluppo umano. Secondo l’UNICEF, ora ci sono due milioni di bambini libici che non frequentano la scuola.

I lettori di media aziendali potrebbero anche essere sorpresi nell’apprendere che la Libia aveva una democrazia inclusiva e progressiva in cui il processo decisionale avveniva a livello locale. Non era certo la dittatura Sacha Baron Cohen, ritratta in modo non corretto nel suo film, The Dictator.

Indipendentemente dalla vostra opinione su Gheddafi, l’ex leader libico è stato in grado di fornire stabilità e buon governo al popolo della Libia. Si può dire che è stato responsabile di aver torturato decine di dissidenti, ma si dovrebbe tenere a mente che il Regno Unito ha inviato quei dissidenti a Gheddafi, ben sapendo che sarebbero stati torturati.

A rendere questa ricostruzione ancora più succosa, l’ex leader francese Nicolas Sarkozy, l’uomo che in fin dei conti ha assassinato Gheddafi, è in realtà sotto inchiesta per aver ricevuto 50 milioni di euro da Gheddafi per la sua campagna elettorale.

Dovremmo fare affidamento su questi politici corrotti per proteggere gli interessi della popolazione civile?

Per i guerrafondai all’interno del sistema politico americano, la distruzione del tenore di vita dei libici non era altro che un (esilarante) gioco.

Come affermato dallo studente di medicina libico, Salem:

“Abbiamo pensato che le cose sarebbero andate meglio dopo la rivoluzione, ma diventano sempre peggio.

“Molte più persone sono state uccise dal 2011 che durante la rivoluzione e i 42 anni di governo di Gheddafi.

“Non abbiamo mai avuto questi problemi sotto Gheddafi.

“Non mancavano il denaro e l’energia elettrica e, anche se le persone non avevano grandi stipendi, tutto era a buon mercato, cosicché la vita era semplice.

“Alcuni dei miei amici hanno anche preso la barca per l’Europa insieme ai migranti perché sentono che qui non c’è futuro per loro.

“Vorrei sfuggire a questo caos e andare a studiare all’estero, ma ho aspettato già un anno per avere un nuovo passaporto e, anche quando lo avrò ottenuto, sarà difficile ottenere anche un visto, perché tutte le ambasciate sono state ritirate nel 2014.

“Così ora mi sento come un prigioniero nel mio paese e ho cominciato a odiarlo.”

Hai il permesso di ripubblicare questo articolo, libero e open source, con una licenza Creative Commons con attribuzione a Dario Shahtahmasebi e theAntiMedia.org.

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731.-Due italiani rapiti in Libia. “Fermati in strada nel deserto”. Rapitori ‘noti’ alle autorità

 

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Sono Bruno Cacace, 56enne residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), e Danilo Calonego, 66enne della provincia di Belluno. Si tratta di due dipendenti della Con.I.Cos (Contratti Internazionali Costruzioni) di Mondovì, rapiti nel sud-ovest della Libia. La zona del sequestro dei due tecnici è la più lontana dalle coste del Mediterraneo e anche forse una delle più pericolose. Lì infatti l’intelligence sospetta che lo Stato islamico si stia riorganizzando per reagire alla sconfitta di Sirte, dove ormai sono rimasti pochissimi nuclei di resistenza. Invece il Fezzan è lo snodo dei percorsi verso l’Africa nera, dove il Daesh spera di trovare nuove reclute per rinforzare le sue brigate e dove è più facile mantenere i contatti con Boko Haram, la potente milizia islamista nigeriana che sta cercando legami non solo ideologici con l’Is. Un territorio sterminato, difficile da sorvegliare anche con l’uso di droni, lontano dalle portaerei statunitensi e quindi perfetto per costruire campi d’addestramento e prendere fiato dopo gli attacchi aerei condotti dall’aviazione americana negli ultimi mesi. Ma l’Is non è l’unica minaccia: il deserto sul confine algerino è stato attraversato spesso anche da altre milizie armate che non hanno mai rinnegato l’affiliazione con Al Qaeda nel Maghreb. Difficile ipotizzare la matrice del sequestro. I rapimenti a scopo di estorsione, per ottenere riscatti in denaro o addirittura in beni come fuoristrada e scorte di cibo, non sono infrequenti e fanno parte della tradizione di molte tribù locali, spesso nomadi che commerciano lungo le rotte carovaniere.

La coincidenza temporale con l’inizio dell’Operazione Ippocrate, lo schieramento di un ospedale da campo militare italiano a Misurata, per curare i feriti che combattono il Califfato a Sirte, potrebbe fare ipotizzare una motivazione “politica” del rapimento. Ma il caos che regna in gran parte della Libia e le dimensioni del Paese non permettono di formulare nessuna valutazione fondata. Infatti il potere del governo unitario di Tripoli su quel territorio è soltanto formale. Da tempo in quell’area si sfidano due gruppi etnici principali. Gli scontri tra tuareg e tebu hanno raggiunto la massima intensità nello scorso anno, poi una mediazione internazionale ha portato a una tregua, estremamente fragile e senza un controllo reale del territorio. Fondamentale l’influenza delle autorità francesi, che sono hanno creato basi operative in Niger e Ciad da cui possono monitorare la frontiera con il Fezzan, e il ruolo svolto da un ex generale di Gheddafi, Ali Kana, che avrebbe spinto le due tribù a formare una sorta di esercito comune.

Ma non bisogna pensare che il Fezzan sia solo un deserto insidiato da guerriglieri e predoni. Lì sono stati identificati almeno dieci grandi giacimenti di petrolio: una risorsa che lo rende una pedina importante nei giochi delle diplomazie internazionali per stabilire quale sarà il futuro della Libia. Ammesso che si riesca a debellare completamente le radici del Daesh

Secondo quanto scrive il portale Alwasat, il colonnello Ahmed al Mismari, portavoce delle Forze armate libiche legate a Khalifa Haftar, il generale di Tobruk, ha affermato: “I due italiani  sono stati sequestrati da una banda criminale e dietro c’è l’impronta di al Qaida”.  I due italiani si troverebbero ancora nella stessa zona .Secondo il vice di Sarraj, invece è “Presto per definire i contorni e la matrice della vicenda”. Il vicepresidente del Consiglio presidenziale del governo di unità libico, Moussa el Kouni, ha fatto cenno su twitter al rapimento di Bruno Cacace e Danilo Calonego e scrive che “il Consiglio presidenziale intensifica gli sforzi politici con i servizi di sicurezza e gli abitanti del sud di Ghat e le regioni di confine per trovare i sequestrati”. Parla invece all’Associated Press un portavoce della municipalità di Ghat: “I rapitori degli italiani in Libia sono noti alle autorità locali e in passato hanno effettuato imboscate contro auto e rapine” dichiara Hassan Osman Eissa, aggiungendo che “le autorità stanno indagando” ma senza spiegare di più. E da colleghi della Con.I.Cos trapela il fatto che i due tecnici avevano sempre avuto una scorta armata, ma negli ultimi giorni era stata tolta perchè la zona era ormai ritenuta sicura. Ancora nessuna rivendicazione.

Libia: media, rapiti lavorano per Con.I.Cos Mondovì
I due italiani rapiti “lavorano per conto di una società italiana di manutenzione dell’aeroporto di Ghat, la Con.I.Cos” di Mondovì (Cuneo). Secondo il sito, insieme agli italiani è stato rapito anche un canadese, anche lui dipendente della stessa società. ANSA

Caduti in mano a criminali locali – non a terroristi di matrice jihadista – noti nella zona. Sarebbero ancora nell’area di Ghat e si stanno attuando controlli e blocchi nelle possibili vie di fuga per evitare che vengano spostati. Il principale punto di contatto è per ora il sindaco della cittadina libica, Komani Mohamed Saleh, personaggio molto influente nella zona, che ha dato la notizia del sequestro e l’ha confermata alla Farnesina. Il giorno dopo il rapimento dei tre tecnici della Con.I.Cos non ci sono ancora stati contatti diretti con il gruppo dei rapitori, nè rivendicazioni o certezze.

Il premier Matteo Renzi sta seguendo da vicino il caso, insieme al sottosegretario all’Intelligence, Marco Minniti. “Su queste cose – ha detto Renzi – lavoro, silenzio e prudenza”. In ansia le famiglie, che attendono notizie.
Il lavoro è febbrile all’Aise ed alla Farnesina per scongiurare il ripetersi del lungo sequestro degli operai della Bonatti, spostati da una parte all’altra della Libia e conclusosi con l’uccisione di due ostaggi. Proprio in seguito all’esito di quella vicenda, il direttore dell’Aise Alberto Manenti – che il 4 ottobre sarà ascoltato dal Copasir in audizione – ha cambiato nei mesi scorsi gli uomini che seguono da vicino il Paese africano e si occupano di gestire i sequestri. Un team del servizio – guidato da un vicedirettore – è partito per Ghat. Il tempo stringe. Col passare dei giorni la situazione si complica in un Paese polveriera, dove proprio in questi giorni si sta dispiegando la missione Ippocrate con 300 militari italiani a Misurata per allestire un ospedale da campo.
IPOTESI RAPIMENTO-LAMPO NON CHIUSO – Quello che si sa, per ora, da fonti delle autorità locali, è che i tre ieri mattina viaggiavano su un auto con autista, senza scorta, lungo la strada che attraversa il deserto tra Ghat e Ubari. Non sono novellini, ma veterani della zona, che dunque consideravano sicura. Calonego è anche un musulmano convertito e sembra che proprio per questa ragione nel 2014 sia sfuggito ad un altro tentativo di sequestro nel deserto libico. La loro presenza non era stata comunicata alla Farnesina. “Quando una società italiana opera in Libia – ha spiegato il capo dell’Unità di crisi, Claudio Taffuri – la esortiamo a dotarsi di un sistema di sicurezza. Per noi è un paese a rischio, ma capisco le imprese che hanno interesse sul posto e dunque sono invitate a dotarsi di sistemi sicurezza”. Il mezzo sul quale viaggiavano è stato bloccato da auto con uomini armati a bordo che hanno legato l’autista e portato via i tre tecnici. C’è l’ipotesi che l’azione fosse stata ideata come un rapimento-lampo, per ottenere subito un riscatto dall’azienda – che da molti anni lavora in Libia, dove ha anche uffici – e rilasciare gli ostaggi prima ancora che il caso diventasse pubblico. Ma qualcosa è andato storto. Tutte ipotesi, appunto, in mancanza ancora di dati e testimonianze attendibili.
OSTAGGI ANCORA IN ZONA, TRIPOLI CONDANNA – E’ stato proprio il sindaco di Ghat, Komani Mohamed Saleh, a rendere pubblico ieri il rapimento. Ed è lui – per ora – il principale referente delle autorità italiane che stanno lavorando alla risoluzione del caso. Dalla municipalità della cittadina fanno sapere che i rapitori sono personaggi noti alle autorità locali per essersi resi responsabili, in passato, di rapine e imboscate contro auto. L’area è dominata dall’etnia tuareg e sembra che il sindaco goda di un certo prestigio sul territorio e si sia messo subito al lavoro, coordinando le varie milizie presenti, per trovare il covo dove sono stati condotti gli ostaggi. A quanto pare, non avrebbero lasciato l’area di Ghat e dunque sono stati attuati posti di blocco e controlli per evitare che vengano trasferiti altrove o passati di mano ad altri gruppi, di matrice jihadista, che potrebbero utilizzarli per rivendicazioni ‘politiche’ contro la presenza italiana e in Libia. C’è ora da vedere se dal gruppo criminale partiranno richieste e si potrà così intavolare una trattativa. Ed interviene anche Tripoli, cui Ghat è fedele nel complesso groviglio delle alleanze libiche. Il vicepresidente del Consiglio presidenziale del governo di unità, Moussa el Kouni, ha espresso “una forte condanna” per il rapimento ed ha assicurato che saranno intensificati “gli sforzi politici con i servizi di sicurezza e gli abitanti del sud di Ghat e le regioni di confine per trovare i sequestrati”.
LA PROCURA DI ROMA POTREBBE INTERROGARE L’AUTISTA – Intanto la procura di Roma ha delegato ai carabinieri del Ros una serie di attività. Tra queste, quella di apprendere dall’azienda cuneese notizie sugli ultimi contatti con i due tecnici, attraverso quale canale si è saputo del loro rapimento, chi era l’autista libico, scampato al rapimento e quali misure di sicurezza era state adottate. Per lo stesso autista potrebbe essere chiesto un interrogatorio.

 

195707619-895827d5-a293-4543-961b-3d0e5f774e67La città di Ghat – 18.000 abitanti – si trova all’estremo Sud-Ovest della Libia, al confine con l’Algeria. Durante l’antico regno dei Garamanti fu un importante incrocio carovaniero per le rotte trans-sahariane. Dopo la vittoria sulla Turchia, nel 1913, fu occupata dagli italiani, che completarono il forte turco (nella foto) del XIX secolo, che domina la città dalla collina di Koukemen. 

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730.-BREVE RIASSUNTO DELLE ATTIVITÀ DEI ROTHSCHILD IN MEDIO ORIENTE E NEL RESTO DEL MONDO

Maurizio Blondet

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È già stato scritto così tanto sui Rothschild e sui loro crimini in giro per il mondo per coloro che fanno parte del grande movimento del “risveglio della coscienza”, che sarebbe facile rimanere confusi da ulteriori informazioni. È mia intenzione, tramite questo articolo, svelare questi particolari alla gente comune, e non solo all’élite intellettuale come solitamente si fa.

Prima di iniziare, voglio dire con forza la seguente affermazione: per quegli “architetti massoni” del controllo totale, il cui obiettivo è sempre stato quello di mentire e confondere le masse intorbidendo la verità, quello che sto per discutere in questo articolo non è una “teoria della cospirazione”- espressione ingiuriosa utilizzata comunemente quando si ha bisogno di ridicolizzare un dibattito articolato. No, siamo degli accademici, degli studiosi; noi non siamo interessati a “teorie cospirazioniste”. Tuttavia siamo molto interessati all’analisi dei singoli atti cospirativi! E vi ricordo il vecchio adagio cristiano secondo il quale il più grande inganno che il demonio abbia mai esercitato [nel corso della storia umana] è quello di convincere le masse che egli non esiste. Con questo presupposto nella mente, vado ora al nocciolo della questione.

Per circa 250 anni, la poliedrica famiglia sionista – e criminale per molti aspetti – dei Rothschild, con le sue spiccate tendenze “luciferine” e anticristiane e con marcate aspirazioni globaliste, si è sviluppata e trasformata in una struttura di potere finanziario globale ed in un gigantesco apparato di “lavaggio del cervello” delle masse, tramite quelli che in Occidente chiamiamo correntemente “media mainstream”.

E, finora, ci sono sostanzialmente riusciti. Negli ultimi due decenni però, pur se lentamente ma inesorabilmente, le cose finalmente si stanno rivolgendo contro di loro, grazie soprattutto al grande movimento di “risveglio globale” facilitato da una proliferazione senza precedenti di conoscenze e informazioni, grazie alla rivoluzione tecnologica e informatica.

Se ci proponiamo di esporre veramente l’agenda satanica degli ”Illuminati” e i meccanismi sottesi al “Nuovo Ordine Mondiale”, preparato e messo in atto per secoli, dobbiamo analizzare i fatti tenutici nascosti finora e non solo la storia ufficiale che ci è stata insegnata dai cosiddetti sistemi di istruzione, e invece rivolgerci alla versione “alternativa” e “nascosta” della storia che è conosciuta soltanto in alcuni circoli occulti diffusi in tutto il mondo, soprattutto presso la cosiddetta “civiltà occidentale”. Ed è quasi impossibile approfondire tali questioni senza inciampare nel nome dei Rothschild. Sì, l’informazione ha sempre a che fare con il potere.

George Orwell ha reso al meglio questo concetto nel suo libro leggendario ”1984” : “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato”. I Rothschild sono parte di quelli che io chiamo i più recenti, i più ossessivo-compulsivi “architetti del controllo” – così meticolosi che ce ne sono pochi esempi nella storia.

Nota: non allarmatevi nel leggere la parola “occulto” in questo articolo, essa significa letteralmente ” ciò che è [o è stato) nascosto” . Nel far luce sulla questione, questa conoscenza finora nascosta non sarà più occultata ma resa manifesta ed evidente. In questo modo la priveremo del suo involontario fascino occulto e della sua natura apparentemente diabolica. Lasciamoci confortare dalla Parola di Dio, come espresso dall’apostolo Giovanni:

“La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” – Vangelo di Giovanni, capitolo 1 versetto 5.

Ecco alcuni brevi e rapidi fatti che riguardano i Rothschild:

Nel 1917 il ramo britannico della famiglia dei Rothschild ha minacciato e costretto il Governo britannico a promettere che esso avrebbe concesso ai Rothschild stessi il possesso della Palestina in cambio del coinvolgimento degli Stati Uniti nella Prima Guerra mondiale al fianco della Gran Bretagna, e dunque a garanzia della vittoria britannica sulla Germania. Quesa è la genesi della “Dichiarazione Balfour”. Si tratta di una lettera ufficiale di una pagina (nello stile asciutto di una lettera commerciale) indirizzata dal Ministro degli Esteri britannico, all’epoca sir Arthur James Balfour, al barone Rothschild, in cui si affermava che: “Il Governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo”.

Si è posto un grosso problema a seguito di questa ipotesi: non è mai stato nelle disponibilità della Gran Bretagna il territorio della Palestina. Essa giustamente apparteneva agli arabi palestinesi, che vi abitavano da secoli – da circa 2.000 anni per la precisione! – fino all’arrivo dei sionisti Rothschild, che hanno usurpato i loro diritti, come è loro solito poiché è loro tradizione fare così da tempo immemore. Lentamente ma inesorabilmente hanno iniziato brutalmente e con forza a sgomberarne il territorio e a subentrare al posto degli autoctoni. Negli ultimi decenni i sionisti hanno ucciso e soggiogato milioni di palestinesi. Anche ai giorni nostri essi stanno commettendo un genocidio con la piena benedizione di Washington, naturalmente.

Secondo lo storico inglese Simon Schama, i Rothschild possiedono l’80% di ciò che hanno opportunisticamente chiamato “Israele” – una bestemmia in sé stando al vero Giudaismo della Torah (secondo l’interpretazione biblica del Giudaismo cioè) che sostiene che, dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme del 70 d.C., il “popolo di Israele” può essere raggruppato SOLO dal Messia stesso al suo ritorno e dunque da nessun’altra autorità terrena.

La creazione dello Stato sionista di Israele è stata profondamente ingiusta fin dal principio: un’entità concepita in un clima di tradimenti e giustificata dal male offerto in sacrificio, altrimenti noto come “Olocausto”. Questa profonda ingiustizia continua a generare tuttora numerosi conflitti. Non è esagerato affermare che la fondazione di questo Stato sionista voluto dai Rothschild, insieme all’appoggio cieco e assoluto nonché al sostegno finanziario e ideologico attuato da Washington, potrebbero pericolosamente essere dei precursori per lo scoppio della Terza Guerra Mondiale, di cui siamo tutti testimoni come possibile sviluppo degli avvenimenti in Medio Oriente.

È difficile capire che questo gracile Stato sionista creato dai Rothschild e che misura non più di 8.019 miglia quadrate – tutto illegale e frutto di furto, naturalmente – praticamente indichi le linee di politica estera da attuare in Medio Oriente ai governi degli Stati Uniti, del Regno Unito, del Canada, della Francia e di molti altri Paesi. Apparentemente, per ora, non contano le dimensioni geografiche. Ciò che conta è che i Rothschild siano sempre stati pienamente alla base di questo mostruoso “Frankenstein”. In realtà essi sono il Frankenstein stesso.

In ogni caso, qui citiamo alcuni dei fatti che dimostrano l’ampio raggio d’azione della famiglia Rothschild:

I Rothschild possiedono la Reuters e la Associated Press (AP), le due più grandi agenzie di stampa che forniscono notizie ai “media” in tutto il mondo, che naturalmente sono ossequiosi verso i punti di irradiazione della propaganda voluti dai propri padroni. I Rothschild hanno anche una quota di controllo nella Royal Dutch Oil Company, nella cosiddetta “Banca d’Inghilterra”, nell’LBMA (London Bullion Market Association), nella Federal Reserve [la Banca Centrale degli Stati Uniti, ndt], nella Banca centrale europea (BCE), nel Fondo Monetario Internazionale, nella Banca Mondiale e nella Banca dei regolamenti internazionali. I Rothschild hanno anche la proprietà della maggior parte delle aziende che forniscono oro fisico prodotto nel mondo. Possiedono il mercato di scambio dell’oro di Londra (Gold Exchange) che fissa il prezzo dell’oro ogni giorno! Si stima che i Rothschild possiedano più della metà della ricchezza di tutto il pianeta – stimato da Credit Suisse in 231.000 miliardi di $, ricchezza controllata dall’85enne Evelyn Rothschild, attuale capo della famiglia.

Nel 2005 il settimanale “Forbes” ha classificato Mayer Amschel Rothschild, il capostipite della famiglia vissuto tra metà 18° e inizio 19° secolo, come il numero sette nella sua lista dei “20 uomini d’affari più influenti di tutti i tempi”. Per inciso, Mayer Amschel Rothschild è indicato come il “padre fondatore della finanza internazionale”!

I Rothschild sono stati direttamente coinvolti nel finanziamento degli inglesi nella loro guerra del 1812, quando l’Inghilterra invase lo Stato di Washington e bruciò la capitale di quella nazione fin nelle fondamenta. Tre anni più tardi (nel 1815) i Rothschild presero il controllo completo della Banca d’Inghilterra.

I Rothschild sono stati anche direttamente coinvolti nel finanziamento dei secessionisti del Sud durante la Guerra civile americana (1861-1865). L’assassino del Presidente Lincoln, John Wilkes Booth, era in realtà un agente dei Rothschild.

Dopo la loro ostile scalata alla Banca d’Inghilterra nel 1815, i Rothschild hanno espanso il proprio dominio bancario in tutto il mondo. Il loro metodo si basa su: pressioni su politici corrotti dei vari Paesi per accettare prestiti massicci, che non potranno mai rimborsare e dunque per sottomettere quei Paesi ad una forma di “schiavitù del debito” gestita dalle banche dei Rothschild stessi. Se un leader si rifiuta di accettare un prestito è spesso estromesso dal potere o assassinato. E se questi metodi non funzionano, possono seguire delle invasioni. Questo vi suona familiare?

Come detto sopra, i Rothschild esercitano anche una forte influenza sui mezzi di informazione tradizionali più importanti del mondo. Tramite la continua ripetizione dei concetti e delle informazioni, le masse sono indotte a credere nelle storie di orrore che riguardano i “dittatori” – Saddam Hussein in Iraq, Muhammar Gheddafi in Libia, ora Bashar Al Assad in Siria ecc.. Ancora una volta, non vi suona familiare tutto questo?

La famiglia dei Rothschild ha avuto un ruolo nel fomentare quasi ogni guerra europea (due delle quali sono state progettate per poi diventare guerre mondiali) nel corso degli ultimi 250 anni. Essi hanno inoltre insediato presidenti e Primi Ministri, insediato e detronizzato re (sostituiti in seguito da burattini agli ordini della Massoneria), mandato in bancarotta nazioni attraverso guerre e minacce di guerra, insieme a coercizioni economiche (il loro strumento preferito), come le manipolazioni dei tassi di interesse, bolle economiche artificiali seguite da crolli finanziari, recessioni e depressioni economiche, oltre alle manipolazioni del cambio delle monete, e l’elenco potrebbe andare avanti a lungo.

Indirettamente, in un ambito non strettamente economico, hanno sempre lavorato di gran lena (da dietro le quinte, naturalmente) utilizzando le moderne logge massoniche immorali e senza Dio per corrodere i valori morali a lungo costruiti, per diffondere in tutti i modi le perversioni sessuali, espandere il relativismo morale e l’ambiguità attraverso i moderni sistemi educativi secolarizzati, per creare e fomentare divisioni sociali, etniche, culturali, politiche e geopolitiche, separazioni e settarismo.

Loro hanno lo scopo di distruggere la cristianità occidentale (cattolici e protestanti non fa differenza) e, purtroppo, in una certa misura ci sono riusciti. Ma dobbiamo essere grati per la rinascita e il ritorno del cristianesimo ortodosso orientale come di una forza morale, etica e politica da non sottovalutare, che trova ascolto soprattutto tra i giovani della Russia e dell’Europa dell’Est. In queste aree del mondo i loro tentativi stanno tutti fallendo. Questo è una delle ragioni per cui le loro campagne di stampa sono così infarcite di “russofobia”.

E per quanto riguarda il vero, rivoluzionario e moderno Islam, i Rothschild lo percepiscono come la loro più grande minaccia, e impegnano tutto il tempo nel provocare e finanziare le versioni più brutali e selvagge del falso Islam, come il Wahabismo e il Salafismo, tramite i loro rappresentanti sauditi e qatarini e i mercenari dell’ISIS.

La situazione è tale perché il loro obiettivo geopolitico ultimo nella grande regione mediorientale è di liberare prima grossi pezzi del territorio (fomentando caos, illegalità e guerre che generano poi crisi dei rifugiati come quella attuale, come in Siria e in Iraq ecc .) al fine di attuare una volta per tutte il loro cosiddetto “progetto di un Grande Israele” (che va dal Nilo all’Eufrate) per controllare direttamente e sfruttare spiritualmente il patrimonio esoterico di queste terre molto antiche e cariche di spiritualità. E la loro carta vincente è la cosiddetta “Opzione Sansone”, la strategia di deterrenza che consiste in una massiccia rappresaglia da farsi con armi nucleari contro qualsiasi Paese il cui esercito possa attaccare difensivamente Israele. Questi sono solo alcuni esempi noti delle loro malvagie strategie.

Tornando ad alcune delle strategie geo-economiche utilizzate dei Rothschild, ecco che arriva il “dossier Iran”. È forse per ottenere il controllo della Banca centrale dell’Iran (CBI) uno dei motivi principali per cui l’Iran è stato preso di mira e demonizzato dai media occidentali e dei guerrafondai di Washington e Tel Aviv? Ricercatori imparziali sottolineano che l’Iran è uno dei soli tre Paesi al mondo la cui banca centrale NON sia sotto il controllo dei Rothschild. Prima dell’11 settembre 2001 ve ne erano sette: Afghanistan, Iraq, Sudan, Libia, Cuba, Corea del Nord e Iran – e non si tratta di grosse somme dal punto di vista globale macroeconomico.

Nel 2003, tuttavia, l’Afghanistan e l’Iraq sono stati completamente inghiottiti dal sistema Rothschild e poi a partire dal 2011 hanno seguito Sudan e Libia. In Libia è stata già istituita una banca Rothschild a Bengasi mentre il Paese era ancora in guerra!

Anche in questo caso, ricercatori imparziali sostengono che l’Iran non sia demonizzato perché costituisce una minaccia nucleare, dato che i fatti hanno dimostrato più e più volte che l’Iran NON costituisce chiaramente una minaccia nucleare. Eppure, i media mainstream controllati dai Rothschild continuano inesorabilmente a ripetere questa menzogna, anche dopo la firma del JCPOA, la sigla che indica il Piano Globale di Azione Comune tra i P5 + 1 e la Repubblica islamica dell’Iran.

Qual è dunque il vero obiettivo di questi attacchi? Sono le migliaia di miliardi da ottenere dai profitti della vendita del petrolio (=furto di petrolio), o le migliaia di miliardi da intascare in profitti di guerra (per secoli una specialità dei Rothschild), o si tratta di trovare un pretesto per iniziare la Terza Guerra Mondiale con qualsivoglia diabolico incentivo finanziario, o si tratta semplicemente di distruggere la CBI (Banca centrale dell’Iran) in modo tale che nessuno sia lasciato libero di sfidare il racket del denaro gestito dai Rothschild? Potrebbe essere uno qualsiasi di questi motivi o peggio, potrebbero essere tutti insieme!

Per riassumere, quella che era definita in termini spregiativi come “teoria della cospirazione” è oggetto di aperte discussioni tra accademici credibili, think-tank indipendenti e all’avanguardia e, infine, tra i governi delle nazioni di tutto il mondo.

Per ultimo, una vecchia idea di John Maynard Keynes e di E. F. Schumacher per istituire una “moneta globale” chiamata Bancor può essere ancora un’idea riconducibile ai Rothschild, come anche la creazione della corrispondente banca centrale globale.

Il padrino criminale Mayer Amschel Rothschild ha pronunciato la famosa frase: “Datemi il controllo del denaro di una nazione e non mi interessa chi farà le sue leggi”. Chiunque continui a controllare il sistema monetario del mondo sarà in effetti il controllore in ultima istanza delle scelte politiche e sue delle leggi – parlando a livello globale. Qual è la strategia dei Rothschild nel raggiungimento di questo obiettivo? Una delle misure preliminari necessarie per creare una moneta globale è quella di distruggere tutte le altre valute in circolazione nel mondo al fine di giustificare appunto la sua introduzione.

Come è stato detto, le richieste per l’istituzione di una valuta globale sono cominciate subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando John Maynard Keynes e il governo britannico proposero il Bancor come valuta di riserva mondiale. L’attuale crisi economica in atto, soprattutto a partire dalla grande recessione del 2008, ha posto le basi per la scomparsa del dollaro come valuta di riserva mondiale al fine di rendere possibile la nascita di questo Bancor o come si vuole chiamare quello che intendono ottenere con la loro propaganda.

Una cosa è certa, Washington e la Fed eseguono i loro piani, poiché la Fed continua a svalutare il dollaro attraverso operazioni di massiccio “quantitative easing” , per meglio collocare e stampare sempre più carta moneta. Washington continua a crescere spendendo sempre di più solo per aggravare il problema. Forse tutto ciò fa parte del piano dei Rothschild per distruggere il dollaro una volta per tutte. Timothy Geithner, ex presidente della filiale di NewYork della Fed, già segretario di Barack Obama al Tesoro dal 2008 al 2012, ha apertamente appoggiato la creazione di una valuta unica mondiale. Guardate questo breve video:http://youtu.be/ds_qGXbxK-4

Alcuni sostengono che la bolla del mercato immobiliare statunitense, il quasi collasso del settore delle auto degli Stati Uniti e il successivo salvataggio operato dal Governo, i salvataggi di Wall Street e dei banchieri, così come la drastica riduzione nella produzione Negli Stati Uniti sono tutti gli eventi programmati per schiacciare sistematicamente l’economia degli Stati Uniti e il dollaro, costituiscano l’anticamera per aprire la strada alla “fase 2” del disegno dei Rothschild cioè quello di acquisire i sistemi monetari di tutto il mondo e completare così il disegno di una dittatura feudale chiamata “Nuovo ordine mondiale”. L’idea è sicuramente in cantiere.

Ora, lasciate che la rivoluzione sociale, politica, economica e soprattutto spirituale della gente vera abbia inizio. Siamo sulla soglia – e qualcuno potrebbe dire nel bel mezzo – della nascita di questa nuova grande umanità!

729.-I PARTITI NELL’ATTUALE COSTITUZIONE COME STRUMENTO PER L’ESERCIZIO CONTINUO DELLA SOVRANITA’ POPOLARE.

Articolo 1
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Il 1° Comma fu scritto dal Referendum del 2 giugno 1946 e l’Art. 139 della Costituzione esclude che la forma repubblicana possa essere “oggetto di revisione costituzionale”. Su quell’”appartiene”del 2° Comma ci siamo già espressi, nel senso che gli eletti non diventano titolari della sovranità, ma membri del Parlamento che deve rappresentare la volontà popolare.

“La nostra Costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno, un lavoro da compiere.” Piero Calamandrei

“La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà.” Luigi Sturzo

 

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Il progressivo allontanamento dei cittadini dalla partecipazione alla vita politica della Nazione porterà, inevitabilmente, alla sua estinzione. Vi contribuiscono molteplici cause, di origini diverse, tutte oggetto di dibattito e di propaganda politica che non producono risultato. La causa principale, a mio sommesso avviso, è da ravvisarsi nell’astensionismo, rectius, nella ragione dell’astensionismo, che ben si realizza quando, ottenendosi il convincimento della necessità della partecipazione al voto, la risposta, quasi sempre, che si riceve è:”E chi dice di votare?”. Tale, infatti è il distacco dalla politica (in greco Τὰ πολιτικὰ) dal suo significato aristotelico, che questa viene, ormai, vista, non come la partecipazione alla cosa comune, ma come il mezzo attraverso il quale profittarne. Siamo giunti, addirittura, alla prevaricazione del diritto e cito i diritti dei lavoratori, dei risparmiatori, degli indigenti e dei disabili, tutti costituzionalmente tutelati. Una colpevole interpretazione della gerarchia delle fonti, con riguardo ai trattati internazionali, segnatamente europei, ma anche del Trattato Nord Atlantico, NATO, sta portando alla violazione, allo stravolgimento dei principi costituzionali, direttamente o indirettamente. Non è vero che l’Art. 11 consente qualunque limitazione di sovranità necessaria ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni.. .

Articolo 11
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Esemplifico: La Nazione va in guerra senza l’approvazione del popolo sovrano; le Forze Armate partecipano attivamente all’invasione del Territorio; le condizioni di disparità nell’eurozona sono palesi; la Solidarietà è rivolta ai clandestini e non ai cittadini e, così, il gettito fiscale è impiegato per soddisfare gli appetiti di speculatori finanziari a livello mondiale, di enti privati (anche stranieri: la Caritas italiana della CEI, Conferenza Episcopale Italiana) e le brame di stranieri sconosciuti senza legge, spesso bestiali.

Per raffigurare ciò che intendo con “estinzione della Nazione”, intendo sia quella dell’Ordinamento giuridico, delle istituzioni, del modello economico e sociale costituzionalizzato, dei confini del territorio, sia quella della nostra identità:  tradizioni, cultura, arte e sia, anche, quello che fu scritto e vergato da Napoleone Bonaparte, autonominatosi re d’Italia, nei riguardi del Regno (Regno d’Italia: 1805 marzo 19 – 1814 aprile 20), cioè del Nord Italia: “Un mercato e un bacino di mano d’opera e di materie prime per l’industria francese, volutamente deindustrializzato, appunto per non sottrarre mercato e risorse ai francesi”. quello che Napoleone non poteva prevedere, era che il gettito fiscale rastrellato agli italiani sarebbe andato a soddisfare la Germania.

125px-flag_of_the_napoleonic_kingdom_of_italy-svg260px-kingdom_of_italy_napoleonic-svg Regno d’Italia

Tornando al poco rispetto degli italiani alla cosa comune e alla poca partecipazione alla vita politica attraverso il sistema dei partiti, sopratutto, al loro “metodo democratico”,

Articolo 49
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale [cfr. artt. 18, 98 c. 3, XII c. 1].

osserviamo il completo sviamento della politica e il suo allontanamento dall’etica, con la emersione degli individui meno colti e degli amorali, che hanno ridotto i partiti politici a circoli chiusi e occulti, veri comitati di affari, complici la rarefazione di quel meraviglioso ascensore sociale che è il lavoro e il progressivo annichilimento del ceto medio. Troviamo, purtroppo, giornalmente, le conferme di queste affermazioni nella crescita della disoccupazione, nella diminuzione della natalità, nell’aumento dei casi di suicidio e nelle cronache giudiziarie che investono, non per caso, i partiti al governo.

Per Aristotele,”la democrazia si caratterizza come il governo della massa esercitato per il proprio interesse ‘di classe’; e, dal momento che la massa dei cittadini è solitamente costituita dai meno abbienti, la democrazia può essere definita il governo dei poveri a proprio esclusivo vantaggio”…”Aristotele riconosce l’esistenza di un governo della massa che non è deviato, che chiama semplicemente ‘costituzione’, politeia, e che definisce una commistione di democrazia e oligarchia: può apparire strano che l’unione di due forme degenerate costituisca un buon regime ma Aristotele ritiene che la politeia prenda il meglio di queste due costituzioni degenerate, facendo le cariche elettive come l’oligarchia e rendendole indipendenti dal censo come la democrazia” (IV 9, 1294b)…”vi saranno più forme di democrazia. Ciò che le caratterizza tutte è l’esistenza di libertà e uguaglianza al loro interno; esse si differenziano, però, per la maniera in cui queste qualità vengono declinate e realizzate: concedendo accesso alle cariche a tutti i cittadini senza esclusione o invece fissando una soglia di censo sebbene esigua; mantenendo sovrana la legge o invece dando potere all’assemblea e ai demagoghi; questa ultima forma di democrazia assomiglia addirittura a una tirannide perché esercita un potere dispotico sui migliori mentre le decisioni dell’assemblea assomigliano all’editto del tiranno (IV 4, 1291b-1292a). Aristotele osserva anche come una buona forma di democrazia rappresenti un regime stabile allorché presenta un ampio ceto medio: questo solitamente impedisce la nascita di dissidi e fazioni tra cittadini e quindi la trasformazione della costituzione. I dissidi nascono infatti dalle differenze, soprattutto di virtù e di ricchezza.”

Negli Stati a democrazia a rappresentanza indiretta i partiti politici sono lo strumento attraverso il quale i cittadini dovrebbero avere una partecipazione permanente e continua alla politica nazionale.

Infatti, l’esercizio diretto della sovranità popolare, a livello nazionale, si attua solo

  • con il referendum, laddove è previsto – ma il suo carattere è inevitabilmente eccezionale e saltuario – e
  • con il diritto di voto, per sua natura, a lunga periodicità e dominato dal monopolio di fatto dei partiti nella presentazione delle liste elettorali.
Altro strumento, diverso dai partiti politici, è la lista civica elettorale presentata alle elezioni amministrative, movimento politico locale autonomo rispetto ai partiti tradizionali, con un programma che mira ad affrontare e risolvere problemi locali. Le liste civiche possono talvolta riunirsi in occasionali o stabili federazioni nazionali

Ma, i partiti sminuiscono le autonome possibilità di azione politica dei singoli cittadini e dei raggruppamenti episodici, a tal punto che detengono ed esercitano il potere politico reale, al di fuori del Parlamento, tale che anche il voto di fiducia delle Camere ne risulta condizionato.

La sostanziale democraticità dell’ordinamento politico dello Stato partitocratico (Parteienstaat, état partitaire) viene a dipendere esclusivamente dalla lealtà e dall’efficienza dei partiti politici:           dalla loro effettiva capacità di assolvere la delicata funzione di strumenti permanenti di espressione della volontà politica popolare.

In questo modello, la genuinità, l’onesta e l’adeguatezza degli organi rappresentativi e della Pubblica Amministrazione non dipendono più dal senso dello Stato dei cittadini, ma dai partiti.

A differenza dei governi parlamentari ottocenteschi, in cui i partiti erano gruppi elettorali senza una organizzazione permanente,

in una nazione moderna, la somma degli interessi che fanno capo ai partiti è tale per cui

la funzione di canalizzazione e di espressione della volontà politica popolare si traduce in una mera utopia.

Il libero cittadino diviene facilmente suddito, impotente e senza altra voce in capitolo che il diritto di voto e il referendum; ma, il primo, può essere disatteso dal candidato eletto, libero anche di cambiar bandiera e, il secondo, lo è stato costantemente.

E’ assolutamente evidente che non si possa più parlare di democrazia rappresentativa,             ma di plutocrazia asservita a qualunque fonte di lucro, anche proveniente da governi stranieri, che asservono ai loro interessi la politica nazionale: plutocrazia che falsa la lotta politica in favore dei partiti che sono al governo, che ne condiziona le alleanze, ne cristallizza le oligarchie e pone a sistema i cosiddetti “cerchi magici”, privilegia i candidati più destri nell’arte di accaparrare finanziamenti, infine (ma non c’è una fine), concorre a rendere inefficiente e corrotta la Pubblica amministrazione; ed ecco, al comando gli incapaci ma disonesti, la preferenza alle scelte antieconomiche ma convenienti.

Per effetto di questa inarrestabile immoralità, ogni bisogno pubblico diviene fonte di speculazione e di arricchimento dei plutocrati e delle lobby:

la sanità diventa business e al suo centro non troviamo più il medico e il paziente, ma l’azienda e il denaro.

Così, i trasporti e i beni essenziali (l’acqua), più in generale, i servizi passano in mano al capitale privato per non obbedire più alle esigenze della collettività e il peso fiscale non trova più in loro il proprio corrispettivo.

728.-I TRATTATI EUROPEI SOGGIACCIONO AL VINCOLO COSTITUZIONALE E NON IL CONTRARIO.

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Dopo i deludenti risultati dell’Unione europea, costruita intorno alla moneta unica, su basi esclusivamente o quasi, economiche, si pone il problema di come affrontare la sfida dell’economia globale e con quale modello costituzionale. I sostenitori del neoliberismo europeo hanno accreditato una nuova costituzione economica che ha la sua fonte in una lettura artatamente distorta dell’Art. 11, portata avanti in nome dell’integrazione, che trarrebbe la sua legittimazione dall’istituzione sovranazionale. E’ vero, invece, il contrario. Ad oggi, tuttavia e paradossalmente, il modello in vigore di fatto è quello della proposta di Costituzione europea bocciata dai referendum francese e olandese del 2005 e introdotto, fraudolentemente, attraverso aggiornamenti ai trattati confluiti nel Trattato di Lisbona, perciò detto,  la decostituzione. In questo modello vediamo sostituiti i principi dello Stato sociale dal principio della competitività e del profitto a scopo di profitto. Questo sovvertimento dei principi fondanti delle costituzioni degli Stati europei non è stato legittimato in modo palese dal voto dei cittadini europei, anzi e, mentre la politica economica ha prodotto effetti negativi nel Sud Europa e positivi negli Stati del Nord, in ragione delle differenti economie e del sistema adottato, le occasioni di conflitto si sono ripetute, passando dal campo militare a quello economico. Anche questo ultimo assunto è, però, parzialmente vero, se si osservano le recenti operazioni militari degli europei in Libia, dove ognuno combatte la sua battaglia per il petrolio, senza alleati.

Agli occhi di tutti, il modello economico impostoci da Maastritch e Lisbona è il responsabile della fine del nostro sviluppo produttivo. Questo giudizio negativo è ben radicato negli italiani e dipende anche dalle false promesse non mantenute, con cui fu accompagnata l’introduzione della moneta unica. A seguire, la disattivazione del modello costituzionale italiano a opera dei vincoli sorti in conseguenza e in attuazione dei trattati europei è avvenuta di fatto, gradatamente e costantemente e ha inciso negativamente sulla fiscalità, sul risparmio e sulla sua tutela, sul sistema bancario, sulla occupazione e sulla tutela dei lavoratori, infine, ma solo per brevità, sulla natalità, sulla solidarietà e il welfare. Altrettanto palese è la situazione di privilegio rispetto ai cittadini, ottenuta dai mercati, rectius, dagli operatori economici sovranazionali, talché ben si può affermare che l’economia si è posta al di sopra del diritto. Le spinte centrifughe, materializzatesi all’apparenza con la BREXIT, fanno presagire la possibile fine dell’€uro; ma il timore più grande riguarda l’abbandono della trama dei principi su cui fonda la Costituzione, perché, da una parte, si professa la fine delle sovranità nazionali, dall’altra, siamo di fronte, sia al declino dell’Unione europea sia a un nuovo diritto costituzionale globale. Prudenza vuole, perciò, che, prima di aderire o, soltanto, di esaminare una nuova proposta, non più associativa, bensì federativa degli Stati del continente e con consistenza, questa volta, sovrana, anche per la politica estera e per la difesa, sia opportuno e necessario sottoporre a verifica l’attualità del modello costituzionale italiano in vigore e, segnatamente, di quello economico e sociale.

Dobbiamo la nascita della Costituzione del 1948, principalmente, ai sei partiti costituenti il Comitato Centrale di Liberazione Nazionale”, che informarono la vita politica durante i periodi pre-costituente e costituente, tale che ben possiamo affermare che la Costituzione è stata tenuta a battesimo ed è l’espressione della Resistenza. Le due anime della Resistenza, quella del socialcomunismo e quella della cristianità, trovarono piena espressione nella tutela del lavoro e della dignità della persona umana ed informarono, “vincolandolo”, il modello economico-sociale della Costituzione.

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Il primo articolo sottolinea in modo particolare, oltre l’identità repubblicana dello Stato, come la Nazione sia fondata sul lavoro.

Prima di arrivare alla forma tuttora vigente, vennero esposte varie proposte. La prima, presentata dal deputatoMario Cevolotto ometteva la formula “…fondata sul lavoro” e venne presentata il 28 novembre1946. Questa, però, non piacque alla quasi totalità dei membri dell’Assemblea e venne definita algida e carente dei tratti precisi del nascente Stato Italiano. Fu Aldo Moro a chiedere di inserire un riferimento al lavoro.

Palmiro Togliatti presentò una seconda proposta: “L’Italia è una Repubblica democratica di lavoratori“. Ma anche questo emendamento venne bocciato.

Ma fu il democristianoAmintore Fanfani a presentare la formula attuale che fu appoggiata dal Partito Comunista Italiano e dal Partito Socialista Italiano.

L’articolo 1 della Costituzione Italiana venne approvato nella sua interezza il 22 marzo1947 dando finalmente un’identità alla nascente Repubblica.

La sintesi della Costituzione sta nell’Art. 1 : “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Il principio lavoristico guida la trama dei principi costituzionali. E’ la Costituzione dei lavoratori e, come vedremo, quell’ “appartiene” sta a significare la relazione che intercorre fra gli elettori e gli eletti.

La forma di Governo parlamentare, così come è stato scelto dall’Assemblea Costituente, si avvale del sistema dei partiti, ai quali fa esplicito riferimento l’art. 49, attribuendogli una categoria associativa a sé.

L’art. 49 ha consacrato e riassunto quella situazione nella sede normativa più alta e il riconoscimento formale del diritto dei cittadini di associarsi in partiti consacra ed è preceduto dall’affermarsi dei partiti vincitori quali effettivi centri decisionali in ogni settore della vita pubblica nazionale; tutti i partiti meno uno: Il Partito Nazionale Fascista, bandito in ogni sua forma dalla vita politica della nuova Italia democratica.

L’art. 49 servì, perciò, a sanzionare il passaggio dalla dittatura del partito unico alla democrazia rappresentativa dei partiti democratici, ma legittimando un sistema a rappresentatività indiretta, almeno per quelli che ammettono tale forma di rappresentanza.

Contrariamente a quanto sostenuto da taluni, non si rinvengono nella legislazione ordinaria segni consistenti dai quali trarre inequivocabilmente di un quasi monopolio di fatto dei partiti nella presentazione delle candidature alle elezioni. Vi sono, infatti, legittimati anche i gruppi politici organizzati, che non si sostanziano solamente nelle alleanze tra partiti.

Oggi, si sente, dai più, la necessità di dare ai partiti una disciplina giuridica, restituendo loro la funzione di centri di formazione del pensiero politico e attribuendo direttamente al popolo sovrano la funzione di determinare la vita politica della nazione.

Essi per loro vocazione “tendono a far valere un determinato programma di azione politica, conquistando la direzione della vita pubblica ed influendo in modo organico e continuativo sopra coloro che nel momento la detengono”. Attraverso il sistema associativo dei partiti, la sovranità del popolo si collega alle Camere e al governo. Stiamo dicendo che i partiti costituiscono il ponte attraverso il quale la sovranità diviene partecipe dell’azione di governo. E’ evidente che, senza quella sovranità, i partiti rientrano nel novero delle mere associazioni, perfettamente disciplinate dall’Art. 18.
L’Unione Europea, ispirata dalla “economia globale”, tende a legittimare e imporre un diritto costituzionale globale, a parti invertite, in cui l’economia prevale sui principi costituzionale e sui diritti. Da Maastritch al Trattato di Lisbona, la nuova “costituzione economica”, al Titolo X  del T.U.E., nomina, ma non prende in seria considerazione i concetti di democrazia, di benessere e di dignità della persona umana.

 

Il sistema gerarchico delle fonti, posto a garanzia della democrazia, è degradato a mero punto di vista, non più vincolante per il potere finanziario sovranazionale e impersonale che ha spogliato del potere costituente il popolo sovrano, disconnettendo il principio lavoristico.