Archivio mensile:marzo 2020

3035.- Assedio all’Italia, quanto possiamo resistere? Intanto arriva la startup della resistenza

Costantino Rover

Assedio all’Italia, quanto possiamo resistere? Intanto arriva la startup della resistenza

Assedio

Adesso è diventato un vero assedio ciò a cui l’Italia è sottoposta, forse più di altri Paesi.
Ricorda eventi in tempi anche non troppo lontani che è bene ricordare.
È bene che i cittadini inizino a prendere coscienza di come è fatto l’assedio e cosa occorre fare per reggere l’urto covid19.
Parola d’ordine resistenza e resilienza.
Rivivi Italia è una proposta che sta nascendo ora ed è aperta a tutti.


L’assedio

Cronache dal passato e monito per il presente.
Proposte concrete per affrontare il covid19 senza aspettare lo Stato.

Durante queste sere passate sotto chiave, molti di noi passano il tempo ad ascoltare musica, a leggere, a guardarsi un film.
Questa terza opzione mi ha portato vedere e rivedere molte pellicole.
Tra queste Troy di Petersen.
Era dagli anni della scuola che non risentivo raccontare le gesta degli achei contro i troiani.

Coincidenza ha voluto che l’idea dell’assedio, per descrivere le condizioni in cui si trovano Italia e il resto dell’Europa, mi sia stata suggerita da Daniele Marangoni appena ieri.
Il cofondatore dell’associazione Noi che credevamo nella BPVI, con cui ho frequenti contatti, pensa che se questo assedio si protrarrà neanche troppo a lungo, le scene di fame appena viste in Sicilia, con la predazione di alcuni supermercati, diventeranno sempre più frequenti e sempre più sparse lungo tutta la penisola e, chissà, probabilmente in tutto il sud Europa.

Nel libro di economia spiegata facile abbiamo raccontato che, fino alla fine degli anni ottanta gli italiani risparmiavano in media il 25% del proprio stipendio.
È con quei risparmi che gli italiani hanno comprato casa e istruito i figli. Cose oggi quasi impensabili per un 25-30 enne.
Oggi infatti riusciamo a risparmiare tra il 2 e il 5%
 e questo dato ci restituisce la misura di quanto i cittadini potranno resistere stando chiusi in casa senza poter produrre ricchezza e i mezzi per sostentarsi.

E stiamo parlando di una media.
Sappiamo che, se un cittadino mangia due piatti di pasta al giorno e un cittadino digiuna, le statistiche ci parlano di un piatto di pasta a testa.
Ebbene chi oggi digiuna, non aspetterà di morire di fame prima di agire.
L’avviso ci è già arrivato dalla Sicilia e gli esempi non mancano neanche in Veneto.

Siamo sicuri che, a breve, le stesse situazioni non possano verificarsi anche nel resto d’Italia?

Certo, quello che stiamo paventando è lo scenario più nefasto e ci auguriamo di sbagliarci.
Però è anche vero che sempre meglio rimettere nell’armadio un progetto non più necessario che trovarsi sprovvisti di soluzioni.


negli anni 80 gli italiani riuscivano a risparmiare il 25% del reddito
negli anni 80 gli italiani riuscivano a risparmiare il 25% del reddito.
Pagina 194 del libro di economia spiegata facile

L’assedio dei Paesi del nord Europa

Quello che i Paesi del Nord Europa, Germania ed Olanda in testa, stanno facendo nei nostri confronti, se seguiamo il pensiero di Daniele, in effetti hanno le stesse sembianze di un assedio.
Mentre l’emergenza coronavirus necessiterebbe di finanziamenti esenti da interessi, fino ad arrivare al cosiddetto helicopter money che abbiamo descritto nel precedente articolo intitolato, La BCE torna a stampare moneta per salvare l’Euro (non noi).

Olanda e Germania vorrebbero che gli aiuti fossero erogati dal MES.

Come abbiamo ampiamente argomentato nel recente, Il MES è una fregatura e va abolitoil MES rientra in quel segmento dei trattati europei che fanno capo all’applicazione dell’austerity.

Ricorrere al MES equivale a commissariare l’Italia ed a cedere la sovranità sia delle riserve di oro e di valute estere dello Stato, della leva fiscale (cioè le tasse da farci pagare verrebbero decise dai Paesi invasori), fino a minacciare risparmi e persino le proprietà private, nel senso che sarebbero soggetti a prelievi e a tassazione maggiorata pur di farci rientrare dai prestiti.

Ricordiamo che i prestiti concessi dal MES verrebbero fatti con soldi nostri.



Il MES è il cavallo di Troia di Olanda, Germania
e mercati finanziari


Per capire come funziona il MES raccomandiamo la lettura di questo schema.

I soldi del MES sono i versamenti fatti dagli Stati dell’Eurozona, quindi sono soldi nostri conferiti ad un fondo comune, il MES appunto.
L’Italia ha già versato nel conto comune oltre 14 miliardi dei 125 complessivi che ci siamo impegnati a versare entro 5 anni dall’approvazione del MES.

Vi abbiamo già spiegato che il ruolo di prestatore potrebbe essere occupato dalla BCE, sempre che prestasse a fondo perduto.
Perché?
Perché la BCE crea denaro dal nulla senza indebitarsi con nessuno!
Idem potrebbe fare la Banca d’Italia e meglio ancora il Ministero del Tesoro, come vedremo qui di seguito.

L’Italia sino ad ora ha rifiutato il ricorso al MES, minacciando la rottura se l’Europa non cambierà idea.
I 10 giorni di preavviso dati dal Presidente del Consiglio Conte all’Europa, contribuiscono a potenziare questa immagine della trattativa stando sotto assedio.

Quanto potrà resistere l’Italia?
Secondo Daniele se i troiani furono capaci di resistere nove anni, prima di capitolare per il tranello del famoso cavallo di legno ideato da Ulisse, a noi restano circa tre mesi.
Forse meno.

Troviamo delle analogie tra il periodo alla fine degli anni settanta e quanto descritto in alcuni apparsi nei giorni scorsi.


Ricorsi storici che è bene ricordare,
l’assedio di mafia e Brigate Rosse

Dal libro di economia spiegata facile:
…verso la fine degli anni 70 i servizi segreti italiani vennero a conoscenza dell’avvicinamento tra mafia e brigate rosse.
Queste, volendo approfittare della depressione nel Sud e del malcontento tra la popolazione, si volevano associare nel meridione per proferire le loro attività criminali.
Lo Stato scelse di rispondere con massicce assunzioni per dare redditi al Sud e disinnescare il malcontento.
Vennero così assunti decine di migliaia di dipendenti pubblici (vedi ad esempio i mitici forestali). Tutte queste assunzioni di massa crearono, com’è ovvio, il boom della spesa pubblica


Nel cospicuo capitolo dedicato al debito pubblico spieghiamo che questa fu una delle leve che lo Stato utilizzò per contrastare il pericolo in agguato.
Fino ad oggi lo Stato che contribuito a fare arrivare quantità indescrivibili di liquidità nelle casse di un ristretto gruppo di banche e gruppi finanziari, detti impropriamente, mercati.
Oggi, specularmente, lo Stato dovrebbe immettere quella liquidità nell’economia, per scongiurare le razzie dei supermercati o, peggio l’affiliazione dei cittadini più poveri alle associazioni criminali, come paventato appunto da alcune testate.

La soluzione di Daniele e del gruppo di lavoro battezzato RivivItalia,  serve a scongiurare lo stato militare e fa leva sulla cooperazione tra cittadini.

Gruppi di acquisto solidale (GAS) potrebbero essere attivati in maniera da rendere capillare l’approvvigionamento dei viveri necessari a prolungare la resistenza.
Sì, ma come fare senza soldi?


La cosa principale da fare è salvaguardare la catena dell’economia!

La cosa principale da fare è salvaguardare la catena dell'economia!
Dal libro di economia spiegata facile

Come fare senza soldi?

L’Italia potrebbe ancora battere una moneta sovrana con la Banca d’Italia.
Si tratterebbe di monete e banconote di Stato simili agli Euro, ma valide soltanto all’interno del confine nazionale.
La loro emissione verrebbe contabilizzata tra le uscite (cioè i debiti dello Stato) ma lo Stato non dovrebbe rimborsarla a nessuno. Inoltre non sarebbe gravata da interessi.
Certo è che andrebbe a gonfiare il computo del debito pubblico.

Ciò non avverrebbe, in teoria, se l’emissione venisse fatta direttamente dal Ministero del Tesoro.
In questo particolare caso, niente debito e niente interessi.
Ma credo che i benpensanti del rigore adrebbero a raccontare ai quattro venti la balla dei soldi del monopoli.


Al momento, almeno al nord, il problema liquidità sembra momentaneamente scongiurato, ma poniamo il caso questa quarantena si prolunghi più di quanto sia sopportabile dal tessuto sociale delle Regioni maggiormente colpite, le istituzioni continueranno a rimanere immobili?

L’imprenditoria si sta mobilitando per attivare gli ammortizzatori sociali ma, nel frattempo, sta erodendo capitale proprio per onorare i propri impegni verso dipendenti e collaboratori.

Nel caso in cui le istituzioni non rendessero disponibili subito le risorse così necessarie, il collasso del sistema è sicuro, e molto più vicino di quel che si pensi.

Ebbene, le ipotesi sono diverse.
Come abbiamo reso evidente nel nostro libro, la moneta è un bene (cioè quel “qualcosa”) il cui valore viene riconosciuto dalle parti coinvolte nello scambio.
Che cosa ha valore?

I beni e i servizi?
Il tempo?

Insomma, dobbiamo creare una rete di cittadini interfacciata con la produzione locale, che di certo non manca né al nord, né tantomeno nel sud.
Da questa base creeremo un tessuto commerciale virtuoso.


cos'è la moneta?
Cos’è in fondo la moneta? Sintesi di pagina 51 del libro di economia spiegata facile.

La moneta di scambio potrebbe essere, come nel baratto, la promessa di ripagare con servizi professionali o con altre merci, una volta che l’economia ripartirà.

Tutto gestito con una sorta di registro elettronico dei debiti e dei crediti, ESENTI DA INTERESSI.

I conti pubblici sono stati sfiancati dall’austerity.
Dopo trent’anni di privatizzazioni, smantellamento delle società pubbliche, tagli alla sanità, alla scuola e alle infrastrutture, l’Italia è stata messa alle corde dalle alluvioni, dai terremoti e dai crolli.
Impossibile che il Paese riesca a reggersi ancora in piedi con le politiche liberiste di cui ci siamo imbevuti il cervello, legati le mani e zavorrato i piedi.


RivivItalia, la startup della resilienza!

Quando lo Stato si dimostra privo di scorte e di settori strategici come la produzione dei beni di stretta necessità (cosa impensabile nella Prima Repubblica) e con un esercito decimato dal professionismo in divisa, la palla della distribuzione delle risorse passa ai cittadini.

Non è tanto una questione di buoni spesa di Stato per gli approvvigionamenti nei supermercati.
Il problema fra due mesi rischia di andare più a fondo nella questione.
La sopravvivenza.
Oggi una buona fetta della popolazione più vulnerabile sopravvive grazie ai redditi degli anziani.
Del resto, la principale fonte di spesa per lo Stato italiano è alla voce PENSIONI.
Quante famiglie tirano a campare sulle pensioni dei nonni?
Giunti a perdite per 10.000 unità (in data 29 marzo 2020, fonti del Governo) – sempre per sposare la metafora della guerra – la quasi totalità sono anziani in pensione.

Non vogliamo neanche fare per il momento il calcolo di quanto la goccia verrà a ridursi con la fine dell’erogazione delle pensioni o la loro riduzione per via della reversibilità.

Si potrebbe fare solo con un censimento dei defunti.

Dunque lo Stato dovrebbe fare in modo da tenere in circolo la liquidità pari all’ammontare del “risparmio” provocato dal virus.


L'assedio ai conti pubblici: spesa per pensioni sanità interessi sul debito.
L’assedio ai conti pubblici: spesa per pensioni sanità interessi sul debito. Pagina 82 del libo di economia spiegata facile.

Ma secondo Daniele Marangoni e il suo gruppo di lavoro, il problema è ancora oltre.
È il nodo della distribuzione.
Lui pensa che la grande distribuzione (GDO) non sarà in grado di approvvigionarsi di beni a lungo attraverso la sua filiera tradizionale.

Ricordiamo che le produzioni locali sono fuori mercato rispetto ai prezzi al ribasso della GDO e per questo estromessi dal grande circuito delle merci.

Come facciamo allora a mettere in circolazione in modo capillare le produzioni locali?

L’appello

Occorre l’appoggio di tutta la comunità:

  • produttori
  • consumatori
  • informatici
  • comunicatori
  • finanziatori
  • imprenditori
  • creativi
  • esperti nella logistica
  • … eccetera

Stiamo cercando di creare un modello replicabile autonomamente dalle comunità, piccole e grandi, che si trovano isolate su tutto il territorio, italiano ed europeo.

Proprio in questi giorni è iniziata nella provincia di Vicenza lo studio – operativo – per la creazione del progetto per la resistenza che metterà a diretto contatto la filiera produttiva con la rete dei consumatori.
L’organizzazione (che non ha alcun colore o velleità politiche) si disporrà su tre livelli:

  • produttori/fornitori
  • distribuzione
  • consumatori

Il tutto all’interno del software gestionale, in trasparenza, senza intermediari e senza fini di lucro.

Ve lo andremo a spiegare attraverso gli organi di informazione proprietari di cui ESF si fa portavoce di prima istanza.

La partita è appena cominciata e nelle prossime settimane contiamo di rendere pubblico il progetto di Daniele Marangoni e del gruppo di lavoro.

3034.- Un piano di difesa e ricostruzione nazionale

Giorgia Meloni: Ha ragione il prof. Tremonti quando dice che c’è bisogno di un “piano di difesa e ricostruzione nazionale”, la nostra storia parla per noi: poco importa se la UE non darà risposte certe e immediate perché avvitata sulle logiche ricattatorie e sugli egoismi di Stati grandi di statura ma nani di spessore, non abbiamo paura di rimboccarci le maniche e ricostruire la nostra economia. Per noi non esiste né patrimoniale, né Troika: l’Italia può fare da sola grazie all’emissione straordinaria di titoli pubblici a lunghissima scadenza, con rendimenti fissi e sicuri, senza tasse, né presenti né future, nei quali attirare il risparmio delle famiglie italiane. 
Mettere così in sicurezza i nostri conti pubblici e far ripartire l’Italia con un imponente piano infrastrutturale e grazie alle garanzie pubbliche per erogare credito a tasso zero alle imprese. Non c’è altro tempo da perdere, lasciamoci alle spalle quest’epidemia e ricostruiamo più forte, più sovrana e più bella la nostra Patria.

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di  Giulio Tremonti | 29 marzo 2020

Una proposta per affrontare la crisi basata sull’emissione di titoli pubblici a lunghissima scadenza

Illustrazione di Doriano Solinas
Illustrazione di Doriano Solinas

Caro direttore, dall’Italia, la mia patria, ho ricevuto molto. Anche per questo sento oggi il dovere di sdebitarmi. Qui lo faccio sulla base di quanto ho imparato in tanti anni. Scrivo quanto segue nella speranza che sia possibile evitare all’Italia una gravissima crisi, prima finanziaria, poi economica, infine sociale e politica.

A tratti nella nostra storia, da Quintino Sella («è a rischio la appena raggiunta nostra unità nazionale»), a Francesco Saverio Nitti («duro è dipendere dall’oro alieno»), ci si presenta il dramma del debito pubblico. Oggi di nuovo, e ancora con drammatica insistenza, la storia sta bussando alla nostra porta.

Se è vero che nel tempo presente e futuro i debiti pubblici devono salire in tutto il mondo e senza limiti (Draghi), è però anche vero che, a fronte di questo processo incrementale, limiti possono pur sempre esserci e drammatici per l’Italia. L’Italia, un Paese che ha già un enorme e crescente debito pubblico, che ha un prodotto interno lordo non solo stagnante ma da qui in avanti drammaticamente calante. Non si tratta di limiti imposti dalle regole contabili europee, queste ormai sospese, ma di limiti imposti dal mercato finanziario internazionale, su cui sarà necessario percorrere un sentiero sempre più stretto, più buio, più pericoloso, disseminato da aste-trappola, dallo spettro del default, da Troike e altri orrori. Questi già apparsi in Grecia, in Italia e altrove.

All’opposto, considerando che abbiamo uno dei più grandi giacimenti di risparmio del mondo per una grande parte direttamente o indirettamente investito in titoli nel nostro debito pubblico, si può e con ragione pensare che sia possibile salvarci da soli, ragionando come segue:

a) è da escludere in radice l’introduzione di una imposta patrimoniale che, per effetto del suo prelievo, dirottando verso lo Stato capitali attualmente depositati o investiti in banche e assicurazioni, le farebbe fallire, così creando un disastro ancora peggiore di quello che si vorrebbe evitare;

b) nel tempo presente e in questo momento il tempo è strategico: oggi non si può immaginare una via di fuga, con il passaggio dall’Euro alla Lira (o ad altra moneta). Prima di questo passaggio, per come va l’Europa ormai un passaggio che non si può più escludere in assoluto, si dovrebbe comunque rispondere a questa semplice domanda: dato il carattere fiduciario della moneta, chi la accetta? Chi firma le nuove banconote, così simbolizzando con la sua firma la sottostante unità nazionale?

c) l’Italia è un Paese che certo importa debito (più o meno il 30% del nostro debito pubblico è infatti in mani estere), ma è anche un Paese che ha esportato ed esporta, e su vasta scala, capitali. Questo hanno fatto e fanno, investendo sull’estero, le nostre famiglie, i nostri fondi, etc.

Ciò premesso è necessario che qualcuno vada in Parlamento o sui media, e qui presenti e con un certo grado di necessaria fiduciaria autorevolezza, un piano strutturato come segue:

a) in alternativa rispetto all’imposta patrimoniale, rispetto alla Troika, rispetto alle perdite in linea capitale che ovunque e comunque sarebbero generate da una crisi così determinata, si lancia un «piano di difesa e ricostruzione nazionale». Un piano che nel suo senso civile e politico non sarebbe poi troppo diverso da quello lanciato nel 1948 con grande successo, sottoscritto dal Guardasigilli Togliatti che lo accompagnò con questa frase: «Il prestito darà lavoro agli operai. Gli operai ricostruiranno l’Italia». La realtà è oggi certo molto diversa da allora, ma lo spirito può e deve essere lo stesso. Un piano basato sull’emissione di titoli pubblici a lunghissima scadenza, con rendimenti moderati, ma sicuri e fissi, garantito dal sottostante patrimonio della Repubblica (per cui si può e si deve introdurre un regime speciale, anche urbanistico), titoli assistiti, come in un tempo che è stato felice, da questa formula: «esenti da ogni imposta presente e futura». Questa è l’idea di base. Se viene accettata, accettata in generale e a partire dagli italiani, tempi, tassi e tecniche del prestito certamente possono essere discussi in dettaglio, variati, implementati coinvolgendo le nostre banche, i nostri fondi. Per inciso, può e deve essere applicata in Italia la tecnica, ortodossa per definizione, che applicata in Germania per l’emissione dei titoli pubblici in questo modo superando il cosiddetto «divorzio Tesoro-Banca d’Italia», introdotto nel 1981 e ormai superato dalla storia. Così canalizzato sull’interno e messo in sicurezza il nostro risparmio, bloccata o ridotta la fuga dei capitali verso l’estero, favorito all’opposto il loro rimpatrio, non è certo da escludere — anzi è da introdurre — un regime di speciale favore per i titoli italiani sottoscritti dall’estero;

b) se funziona, questo piano può essere la base non solo per evitare il peggio, ma anche per andare verso il meglio, per entrare nell’epoca nuova, incerta, ma non necessariamente negativa che ci si apre. Perché questo sia serve uno Stato che fa seriamente lo Stato; serve un settore privato che funzioni una volta che gli è garantito il massimo possibile grado di libertà: tutto è libero tranne ciò che è vietato dalla legge penale e non come oggi dove tutto è vietato per principio salve alcune graziose concessioni. È in questi termini che si può infine canalizzare la raccolta di capitali fatti con il debito pubblico verso i necessari nuovi investimenti pubblici;

c) tutto quanto sopra è certo discutibile e perfezionabile, è solo un tentativo. È in ogni caso e comunque essenziale che tutti insieme e ora più che mai si abbia una proiezione patriottica, comunitaria e sociale, il sentimento di essere parte di una stessa patria perché, ancora una volta nella nostra storia è arrivato il momento dell’«unum necessarium».

29 marzo 2020, 20:42 – modifica il 29 marzo 2020 | 20:43

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3033.-Coronavirus, il finanziere-scrittore Guido Brera: “Questa non è una recessione, è molto peggio”

Ricordate quando la crisi annunciata della finanza mondiale neoliberista faceva presagire una guerra? Si diceva che sarebbe stato necessario uno Stop and Go perché i loro profitti tornassero a crescere. Ecco, la guerra, anche nucleare, sarebbe stata meglio di questa pandemia. Tralascio i numeri dei contagiati forniti dalla Protezione Civile, il cui numero, quanto meno e evidentemente, non tiene conto di quei due milioni di immigrati liberi di circolare, aggrupparsi e seminare contagi, per annunciarvi che, ad oggi, i nostri cari morti sono 12.428, ma che in Italia, c’è un feretro ben più grande. Vi annuncio la morte prossima della Patria Italia, che personaggi cinici, tronfi di sé, vogliono cancellata dal novero delle Nazioni libere, per cederla, contro ogni logica e manifestata nostra volontà, al MES dei loro padroni. Se, all’allarme per UN INFLUENZA EZIOLOGICAMENTE SCONOSCIUTA lanciato il 5 gennaio dal ministero della Salute, non sono seguite adeguate prevenzione e organizzazione, a tutt’oggi artigiani, commercianti, imprenditori, cittadini “sprovvisti dei mezzi necessari per vivere”, come li cita l’art. 38 Costituzione, non hanno visto altro che promesse e annunci e nemmeno il becco di una lira. Ponzio pilato se ne lava le mani e passa la palla ai comuni 4 miliardi di euro per il momento diviso 7.904 comuni, quindi chi non ha da mangiare, può mettere da parte la Dignità e può andare al comune di appartenenza a ritirare o il pacco alimentare o un buono per fare la spesa. È vero che i 4,3miliardi sono la liquidazione anticipata del Fondo di solidarietà comunale e che c’erano già in bilancio. L’azione di governo non mi soddisfa. Il paragone con le misure del governo tedesco la copre di ridicolo. Il governo Conte, prima, ha lasciato che ci infettassimo, poi, ci ha privato della Libertà e continua di quindici in quindici giorni, con misure, in parte, inutili. Ora, mira dichiaratamente a consegnarci, affamati, al Fondo Salva Stati. il MES, non risponderà aòòa magistratura e neppure all’Unione europea. Questi personaggi, alla prova dei fatti, dimostrano di governare in nome della governance europea, ma rispondono al Capo dello Stato e, insieme e entrambi, non rispondono al popolo italiano, non più sovrano.

ECONOMIA 31 MARZO 2020 11:55 di Francesco Cancellato

Da Fanpage. it, l’intervista al finanziere-scrittore Guido Brera, che ha appena pubblicato il romanzo “La fine del tempo”: “Questo virus è la nemesi della globalizzazione, che ha mandato la natura in tilt. Come si risponde alla recessione in arrivo? Facendo debito e cancellando i paradisi fiscali in Europa. Per far ripartire la macchina ogni mezzo è consentito”.

“Non è mai successo niente del genere”. Guido Maria Brera ha il pallino della premonizione, figlio di una vita passata a cercare di capire cosa succederà domani. Finanziere, fondatore e a lungo Cio di Kairos, una delle più importanti società di gestione del risparmio italiane, Brera è anche autore di due romanzi, “I diavoli” (che sarà presto una serie televisiva) e “La fine del tempo”, entrambi editi da La Nave di Teseo, quest’ultimo uscito pochi giorni prima del primo contagio in Italia. Si tratta di due libri in cui Brera ha provato a spiegare la finanza dall’interno e a raccontarne il potere biopolitico di incidere sulla vita di miliardi di persone con un semplice clic, compra o vendi: “Questo sistema, questa globalizzazione con grandissimi flussi di capitale che incontrano la tecnologia ha portato un consumo enorme del nostro pianeta. Abbiamo costruito un modello di sviluppo in cui era buono e giusto sfruttare sino all’ultimo i luoghi dove c’è massimizzazione del profitto, usando tutte le agevolazioni possibili. E poi portare i prodotti di quello sfruttamento in ogni angolo del mondo. – spiega Brera a Fanpage.it – Il Coronavirus è l’effetto di tutto questo, la nemesi di un modello di sviluppo che noi stessi abbiamo costruito”.

In che senso?

Nel senso che sulle stesse vie su cui corrono merci, persone e capitali oggi corre un virus che uccide le persone. Nello stesso mondo senza più barriere, oggi ci barrichiamo i casa. Nello stesso modello costruito per massimizzare crescita e profitto oggi si sta generando una crisi economica come non ne abbiamo mai viste prima. E tutto perché? Per un mercato di animali vivi nel bel mezzo di una metropoli globale come Wuhan.

Che centra il mercato degli animali vivi?

C’entra perché con la globalizzazione quel mercatino rurale di Wuhan è vicinissimo all’aeroporto Jfk di New York, e altrettanto vicino al pronto soccorso di Codogno. La globalizzazione ha azzerato lo spazio. Ma pure il tempo: perché nella stessa metropoli convivono un mondo antico e un mondo ipermoderno. Se tu cambi la natura in modo così repentino e radicale – e azzerare spazio e tempo è il cambiamento più radicale possibile – la natura, semplicemente, va in tilt.

E poi arriva una recessione globale…

Questa non è una recessione, però.

Cos’è, allora?

Questo un blackout totale, come non è mai avvenuto nella storia dell’economia. E per l’economia è peggio di una guerra.

Addirittura?

Cerco di spiegarmi: le guerre sono terribili per mille altri motivi, ma nessuna guerra produce shock della domanda come una pandemia globale in cui 1,5 miliardi di persone sono costrette a casa. In guerra i bambini vanno a scuola, e hanno occasione per uscire di casa, i teatri sono ancora aperte, puoi andare in chiesa a pregare. C’è una comunità che si raccoglie e che resiste, anche sotto assedio. Qui sei spaesato, sei solo e sei impotente, di fronte a un nemico a cui non riesci nemmeno a dare un volto.

Come si riaccende la luce?

Io penso si debba riavviare tutto il prima possibile. Che non vuol dire fregarcene dell’epidemia. Sono il primo a essere d’accordo con la necessità di una chiusura totale: non puoi aggiustare una macchina mentre stai guidando. Se il guasto è grave devi fermarti dal meccanico. Però il meccanico dev’essere veloce. E deve darti una macchina che sia in grado di ripartire meglio di prima.

Se il danno è grave, la riparazione sarà molto costosa…

Sì, sarà molto costoso. E infatti io credo sia necessario un giubileo dei debiti pubblici. L’ho immaginato nel mio libro, e ovviamente in letteratura è tutto molto più facile e pure poetico. Però il senso è quello: se serve per far ripartire la macchina, ogni mezzo è consentito.

Tagliare i debiti è difficile, farne di nuovi è molto semplice. Però così la crisi la pagano i nostri figli. E non chi oggi detiene enormi quantità di capitale…

Non è giusto che il meccanico lo paghino i nostri figli e non i miliardari, questo è vero. Però dobbiamo essere pragmatici: l’espansione del debito pubblico può non essere giusta o insufficiente, però è necessaria. E non è nemmeno troppo inflattiva. O meglio: sono anni che stampiamo tonnellate di moneta, non cominciamo certo ora.

Perché il debito pubblico non è sufficiente a far ripartire l’economia?

Non è sufficiente perché bisogna fare delle politiche fiscali comuni. E dobbiamo chiarire a Irlanda, Olanda e Lussemburgo, che non possono esistere paradisi fiscali nell’Unione Europea. E che l’aiuto che noi chiediamo, per certi versi, è risarcitorio dei soldi che le loro inaccettabili politiche fiscali ci hanno sottratto.

Intanto c’è già chi minaccia di assaltare i supermercati…

Non credo che arriveremo a una rivolta del pane. Ci sono mille strumenti per evitare che accada. E sinceramente non voglio nemmeno pensare che le classi dirigenti italiane ed europee non riescano e evitarle. Però bisogna fare in fretta. Così come bisognava agire in fretta per evitare il diffondere del contagio, così bisogna agire in fretta per evitare che i danni all’economia siano riparabili. È davvero la fine del tempo, in un certo senso.

continua su: https://www.fanpage.it/economia/coronavirus-il-finanziere-scrittore-guido-brera-questa-non-e-una-recessione-e-molto-peggio/
https://www.fanpage.it/

3032.- Esposto denuncia ex artt.40 comma 2, 452 e 438 codice penale

A questo punto è lecito chiedersi: Il presidente della Repubblica che parte ha avuto?

Al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario Roma

I sottoscritti Prof. Avv. Augusto Sinagra, nato a Catania il 18 agosto 1941, elettivamente domiciliato a Roma presso il proprio Studio legale in Viale Gorizia, 14, Fax: 06 8412354 e l’indirizzo e- mail: studio@sinagrasabatinisanci.it., Pec:augustosinagra@ordineavvocatiroma.org;

Avv. Alfredo Lonoce, nato a Brindisi il 30 ottobre 1947, residente a Lecce ed ivi elettivamente domiciliato presso il proprio Studio Legale in via Cosimo De Giorgi n.19, Fax 0832394570, e- mail: alfredolonoce@studiolonoce.it, Pec: lonoce.alfredo@ordavvle.legalmail.it

espongono alla S.V. quanto segue, premettendo che:

15 Maggio 2019

L’Ansa dirama una notizia, secondo la quale in Italia si conterebbe niente meno che il 30% di decessi da infezioni ospedaliere di tutta l’Unione europea. Il drammatico problema riguarderebbe soprattutto gli over 75. A illustrare lo studio compiuto su questa grave inefficienza è l’Osservatorio nazionale sulla salute e il direttore Walter Ricciardi calcola che i morti in Italia per infezioni contratte durante il ricovero siano 50 mila. 

Dicembre 2019

In giorno non noto, i Servizi segreti americani allertarono l’omologo servizio nazionale circa ciò che stava accadendo nella provincia di Wuhan, in Cina. A sostenerlo è Fox News, autorevole emittente americana. In Italia la notizia è diramata dall’Adn-Kronos (Coronavirus, Fox News: ‘Rapporti intelligence avvertirono governo italiano dei rischi’. 19 marzo 2020) 

1° Gennaio 2020

Nel mondo e in Italia si diffonde la notizia di un’epidemia influenzale sconosciuta, che determina nei contagiati febbre e polmonite e risulterebbe molto pericolosa, maggiormente nelle persone anziane e fisicamente fragili.

13 gennaio 2020

Secondo l’Amit, in Italia si verificano 10 mila morti all’anno per infezioni batteriche contratte in ospedale. Costituiscono il 30% dei decessi per tale causa nell’Unione europea. Riferimento on linehttp://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2019/03/13/italia-1a-morti-antibiotico-resistenza_32eb040d-7604-4e96-b7c1-0aa1e741b3ea.html . Tale studio era stato anticipato dall’Istituto Superiore di Sanità nel precedente novembre 2019, come riporta QuiFinanza on line, nell’edizione del 19 novembre di quell’anno, in cui si precisa che <I soggetti maggiormente coinvolti sono maschi (65,2%), tra 60 e 79 anni (48,5%), ospedalizzati (86,1%) e, tra questi, la maggioranza si trova nei reparti di terapia intensiva (38,3%). Riferimento on linehttps://quifinanza.it/info-utili/video/troppi-antibiotici-10mila-morti-lanno-in-italia-nessuno-in-europa-come-noi/328816/

16 Gennaio 2020

Prima relazione pubblica dell’Istituto Superiore di Sanità sulla diffusione del Covid-19 in cui si raccomanda, tra l’altro, di “rafforzare, in particolare nei pronto soccorso e nei dipartimenti di medicina d’urgenza, le misure standard di prevenzione e controllo delle infezioni”. Riferimento on line

20 gennaio 2020

            Viene diffusa la notizia che il contagio si trasmette da uomo a uomo. La fonte è la National Healt Commission di Pechino. Riferimento: Corriere della Sera del 21 gennaio 2020.

Fiumicino è uno dei tre Aeroporti con voli diretti per Wuhan. Riferimento: Corriere della Sera del 21 gennaio 2020. Lo stesso quotidiano riferisce di un caso di contagio da Covid-19 a Washington.

21 gennaio 2020

Si definiscono meglio le caratteristiche del nuovo morbo che sarebbe “causa di una nuova sindrome respiratoria acuta, con febbri e sintomi parainfluenzali che su persone anziane e debilitate ha prodotto gravi polmoniti, in alcuni casi letali”.

Riferimento: Libero 22 gennaio 2020.

La Cina decide di isolare la Regione di Wuhan, con blocco di treni e aerei. Riferimento: Corriere della sera del 22 gennaio 2020.

22 gennaio 2020

Le vittime da Covid-19 in Cina sono 17. Riunione della “Task Force” operativa del Ministero della Salute cinese e missione dell’OMS a Wuhan. Riferimento: Italia Oggi del 23 gennaio 2020.

23 gennaio 2020

All’Aeroporto Malpensa di Milano sbarcano due turisti cinesi i quali giungeranno il 29 successivo a Roma dove saranno bloccati e individuati come contagiati dal Covid-19, Riferimento: Corriere della Sera, 31 gennaio 2020. È interessante perché la stampa indicherà – e indica ancora – come “contagiato 1” un ragazzo di Codogno ammalatosi alla fine di febbraio, a dimostrazione di come, all’inizio della crisi, l’unica preoccupazione del governo fosse quella di tutelare la comunità cinese in Italia.

24 gennaio 2020

Il primo malato di Covid-19 risulta essere stato ricoverato in un ospedale di Wuhan l’8 dicembre 2019 e, non essendo ancora chiara la malattia, si parla di “malattia misteriosa”. Da quel momento, per sette settimane, da Wuhan sono partite verso il resto del mondo circa 30 mila persone al giorno. Riferimento: Corriere della Sera del 25 gennaio 2020.

Segnalato un caso sospetto di Covid-19 a Parma, si tratta di un musicista rientrato da Wuhan. Riferimento: Corriere di Bologna del 25 gennaio 2020.

Primi tre contagiati in Francia. Riferimento: Corriere della Sera del 25 gennaio 2020.

“L’escalation delle notizie è preoccupante. Preoccupazione e cautela, tuttavia, sono un’altra cosa rispetto all’allarmismo che in questi giorni prolifera più velocemente del virus e rischia di fare gravi danni … La preoccupazione è anche sulla Cina, il regime tenta di mostrarsi al mondo come una potenza responsabile ma che secondo vari esperti ha preso precauzioni troppo deboli finora, e troppo tardi”. Riferimento: Il Foglio del 24 gennaio 2020.

25 gennaio 2020

La Cina dichiara l’aumento del 60% dei contagi in due giorni.

Riferimento: Corriere della Sera del 26 gennaio 2020.

Gli americani evacuano dalla Cina. Riferimento: La Repubblica del 26 gennaio 2020.

28 gennaio 2020

Individuato in Germania un contagiato di Covid-19, è una persona che non è mai stata in Cina. Riferimento: La Repubblica de 29 gennaio 2020.

30 gennaio 2020

Dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica per il Coronavirus dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Riferimentohttps://www.gazzettaufficiale.it/eli/…/2020/02/01/26/sg/html.

La Regione Emilia Romagna organizza una “task force” e decide di predisporre due “stanze per isolamento restrittivo per Provincia, riservate ai pazienti sia gravi che stabili”, di cui una con supporto respiratorio, e di “non mettere in isolamento i pazienti sintomatici provenienti dal Sud-Est asiatico a eccezione della zona di Wuhan.

Riferimento: La Repubblica del 31 gennaio 2020.

30 gennaio 2020

A Bologna e provincia le mascherine diventano introvabili. In Emilia i cinesi fanno incetta di mascherine da spedire a Wuhan. Le mascherine sono prodotte dalla locale ditta ZABBAN che, però, le fa realizzare proprio a Wuhan.

Riferimento: Corriere di Bologna del 31 gennaio 2020.

31 gennaio 2020

A seguito del diffondersi delle notizie sul contagio in Cina, il governo – che pur dichiara come non ci sia nulla di cui allarmarsi – proclama per sei mesi lo stato di emergenza e fa pubblicare la delibera dalla Gazzetta Ufficiale del successivo 1 febbraio.

Riferimento on linehttps://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2020/02/01/26/sg/html

2 febbraio 2020

La comunità cinese di Bologna da due settimane fa incetta di presidi sanitari da spedire a Wuhan (10 mila mascherine, 550 tute e 10 mila guanti).

Riferimento: La Repubblica del 2 febbraio 2020.

3 febbraio 2020

Si ferma la produzione della Pelliconi di Ozzano per commesse cinesi.

Riferimento: Corriere di Bologna del 4 febbraio 2020.

Un ristorante cinese di Via Stendhal chiude per “quarantena volontaria”. Chiusa anche la Scuola cinese gestita dalla Assomin. Riferimento: La Repubblica del 4 febbraio 2020.

6 febbraio 2020

L’Ima annuncia la chiusura dei due stabilimenti in Cina.

Riferimento: Corriere di Bologna del 7 febbraio 2020.

                                                                                                                                                                    ***

            Tali preoccupanti notizie, riportate da importanti organi di stampa, non potevano non essere note al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ai Ministri Roberto Speranza e Luciana Lamorgese.

In data 25 marzo 2020 un comunicato ANSA, riferisce, a conferma della gravità della situazione già nota da tempo, che fin dal 1° gennaio 2020 il virus era presente in Lombardia.

***

A conferma della spaventosa gravità della situazione insorta e già nota da tempo, si riporta che:

24 marzo 2020

Angelo Borrelli: “Il 31 gennaio questo governo ha dichiarato lo stato di emergenza e bloccato i voli da e per la Cina, mi sembra che abbiamo compreso subito che questa epidemia era una cosa seria” (tuttavia, come si dirà in prosieguo, quantomeno dal 31 gennaio al 23 febbraio 2020 non fu adottato alcun provvedimento nonostante, come detto, la consapevolezza della gravità della epidemia).

Domenico Arcuri: “Dobbiamo garantire più macchine, più posti letto, più personale: dobbiamo implementare una rivoluzione del nostro sistema sanitario”. Arcuri sottolinea che sarebbero stati distribuiti 135 ventilatori per le terapie intensive e ne sarebbero stati distribuiti 121. “Siamo passati da 13 a 73 ventilatori distribuiti al giorno. Sono ancora pochi e confidiamo che i numeri possano rapidamente crescere”. I posti di terapia intensiva sono passati da 5.343 a 8.370, con un aumento del 60% (a parte la dichiarata insufficienza dei presidi sanitari resta che, come detto, per circa un mese il Governo è rimasto totalmente assente e inattivo).

Bloccato nel porto di Ancona dalla Guardia di Finanza un carico di attrezzature per la ventilazione polmonare destinati alla Grecia da una ditta milanese. Sequestrati 1.840 circuiti respiratori (tubo, pallone, valvola e maschera respiratoria) da utilizzare per i pazienti in condizioni critiche. I dispositivi sequestrati saranno consegnati alla Protezione Civile per gli aiuti ai presidi ospedalieri italiani. Denunciato il rappresentante legale della Società italiana, con sede in provincia di Milano, che ha tentato la vendita.

Riferimento ANSA onlinehttps://www.ansa.it/…/coronavirus-bloccato-a-ancona-carico-

25 marzo 2020

            Sono oltre cinquemila gli operatori sanitari italiani contagiati da Covid-19. Emerge da una lettera del Sindacato ANAAO ASSOMED al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaffero, in cui viene chiesto di intervenire immediatamente per garantire gli strumenti di protezione individuale.

Riferimento ANSA onlinehttps://www.ansa.it/…/coronavirus-protezione-civile-governo.

            Dunque, ancora al 25 marzo 2020 si denuncia la insufficienza delle misure adottate dal Governo a protezione degli operatori sanitari per evitare ulteriori contagi di questi, oltre i 5.000 già verificatisi.

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            Quanto da ultimo riportato conferma la gravità della situazione (nota già quantomeno dal mese di gennaio 2020) e la insufficienza e tardività delle misure adottate.

Quel che incontestabilmente emerge, tuttavia, è la totale “latitanza” del Prof. Giuseppe Conte e dei Ministri Roberto Speranza e Luciana Lamorgeseche, quantomeno dal 31 gennaio al 23 febbraio (si dirà in seguito), hanno omesso di adottare con urgenza le necessarie azioni a tutela della salute dei cittadini e del personale medico e paramedico, ma anzi producendosi in dichiarazioni “rassicuranti” e non vere, come i fatti hanno dimostrato; e comunque – la Ministro Luciana Lamorgese – a tenere aperti i porti (e anche di questo si dirà in prosieguo).

            La conseguenza è stata quella di più di 60.000 contagiati (solo quelli accertati) e più di 8.000 morti.

***

            Premesso quanto precede,

  1. si precisa introduttivamente che, ai fini che ora interessano, non rileva la circostanza della legittimità o meno del provvedimento del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 che dichiara lo stato di emergenza nazionale con riguardo al D.lgs. n. 1 del 2018 il quale si riferisce alla organizzazione, alle funzioni e ai poteri del Servizio della Protezione Civile, a proposito del quale più volte viene evocata la “situazione di emergenza”, ma certamente non nel senso di una emergenza nazionale che pone a rischio lo Stato nel suo insieme e che solo potrebbe essere proclamata dal Parlamento in ragione di imminente pericolo in pregiudizio della Nazione e della Comunità nazionale come nel caso in oggetto (cui certamente non si riferisce il citato D.lgs. n. 1 del 2020 che, viceversa, ha riguardo a situazioni di profilassi e aiuto per il diffondersi di una epidemia, poi indicata come pandemia dalla Organizzazione Mondiale della Sanità).
  2. Dal 31 gennaio 2020 (ma le necessarie misure dovevano essere adottate già molto tempo prima in considerazione di quanto già esposto e in considerazione altresì del fatto che, come ovviamente noto a tutti, già da moltissimo tempo esisteva un collegamento aereo in andata e in rientro tra l’Aeroporto di Orio al Serio e di Fiumicino, e l’Aeroporto di Wuhan in Cina, con le conseguenze che si possono ben immaginare in tema di diffusione del contagio) nessun provvedimento veniva adottato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e/o dai Ministri competenti, nonostante la nota situazione di necessità ed urgenza per la quale il Consiglio dei Ministri, se pur fuori da sua competenza, aveva dichiarato lo “stato di emergenza nazionale” (ma la circostanza è prova della piena consapevolezza del Governo in ordine alla gravità della situazione).

Al contrario, il Presidente del Consiglio dei Ministri, Prof. Avv. Giuseppe Conte, alla richiesta di provvedimenti urgenti di quarantena per coloro che, Italiani o stranieri provenivano dalla Cina, rispondeva irresponsabilmente che non bisognava provocare “allarmismi”.

  1. Tra le altre diverse citazioni che si possono fare, val la pena ricordare che il Segretario di uno dei partiti di maggioranza parlamentare (PD) On. Nicola Zingaretti, dichiarava nel mese di febbraio 2020 inoltrato, che non vi era nessun motivo di preoccupazione poiché la malattia in oggetto era “poco più di un’influenza”. Il Sindaco di Firenze Signor Maurizio Nardella organizzò, come pur si ricorda, una cena con numerosi partecipanti in un ristorante cinese. Forse per ragioni tanto scaramantiche quanto irresponsabili. È parimenti noto che lo “slogan” corrente nel trascorso mese di febbraio era “Abbraccia un cinese”. E al grave pericolo rappresentato dalla sciagurata situazione già presente in Italia, a chi sollecitava misure urgenti di contenimento del contagio, veniva attribuita la qualifica di “fascista” o “razzista” da parte di esponenti o di “tifosi” della attuale maggioranza parlamentare di governo.
  2. Non è tutto: tra le plurime circostanze indicative del clima generale di irresponsabilità, si ricorda che fu consentito il 19 febbraio 2020 il regolare svolgimento della partita di calcio a Bergamo tra la squadra “Atalanta” e la squadra di Valencia (Spagna). A tale evento parteciparono allo Stadio circa 50 mila persone nella quasi totalità provenienti ovviamente da Bergamo, da Milano e da località viciniori.
  3. Il generale clima di leggerezza e superficialità (quasi al confine della incoscienza) non esonera da responsabilità il Presidente del Consiglio dei Ministri che ha funzioni decisorie, propositive, di stimolo e di coordinamento della complessiva azione di governo, e non esime da responsabilità precise i Ministri competenti per settore o materia. Ci si riferisce al Ministro della Salute On. Roberto Speranza e al Ministro dell’Interno Dott.ssa Luciana Lamorgese.
  4. Si può tranquillamente affermare che si è dovuto attendere il D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, per i primi provvedimenti governativi rivolti a fronteggiare l’epidemia, poi pandemia, in atto.

Poi con il D.L. 8 marzo 2020, n. 11. A tale riguardo non rileva, per quanto ora in oggetto, ogni considerazione relativa alla legittimità o meno della “delega” che il detto DL conferisce al Presidente del Consiglio dei Ministri delegato, appunto, a porre in essere con provvedimenti amministrativi generali atti di esecuzione di quanto disposto nel DL in questione.

Né rileva in questa sede ogni questione relativa ad ipotesi di abuso di delega avendo il Presidente del Consiglio dei Ministri posto in essere atti di esecuzione non riconducibili al contenuto e alle previsioni dello stesso D.L.

Così pure non rileva il fatto che il Presidente del Consiglio dei Ministri “motu proprio” abbia posto in essere successivamente atti di portata amministrativa generale violativi della libertà di circolazione dei cittadini sul territorio nazionale o limitativi del diritto di iniziativa economica. Ci si riferisce agli artt. 16 e 41 della Costituzione che consente tali limitazioni solo con atti resi nella forma della legge.

  1. Quel che rileva in questa sede è la inspiegabile e irresponsabile inerzia da parte del Presidente del Consiglio e dei Ministri direttamente coinvoltiper specifiche competenze e responsabilità.

Incredibilmente il Prof. Avv. Giuseppe Conte in conversazione con la dr.ssa Lilli Gruber nel noto programma televisivo “8 e mezzo” (più o meno nella seconda metà di febbraio 2020) affermava tranquillamente che era stata adottata ogni misura necessaria a fronteggiare l’epidemia da Covid-19 già in atto sul territorio nazionale. Egli faceva specificamente riferimento alla adeguatezza dei presidi di emergenza degli ospedali. Non diceva il vero.

In realtà, nessuna misura fu approntata quanto meno per quasi tutto il mese di febbraio 2020 per meglio attrezzare le strutture ospedaliere nel fronteggiare l’epidemia e così perdendo giorni preziosi per la prevenzione dei contagi e per le cure.

  1. I dati numerici evidenziano che ad oggi i contagiati sono stimati in misura superiore ai 60 mila.

In proposito si deve sottolineare che il provvedimento governativo di isolare il territorio del Comune di Codogno (la cosiddetta “zona rossa”) e poi l’intera Regione Lombardia più il territorio di circa 14 Province in altre Regioni, fu adottato solo con Decreto dell’8 marzo 2020.

L’incredibile è stato che il contenuto di tale ultimo provvedimento fu reso pubblico (e diffuso ai media già nel corso della medesima giornata, come testimonia il giornalista Pierluigi Battista del Corriere della Sera, su Twitter) prima ancora della sua ufficializzazione e della sua cogenza, con la conseguenza (pur essa a tutti nota) di consistenti masse di persone che abbandonavano la Lombardia e le altre Province coinvolte per ritornare nei propri Comuni nel Centro-Sud Italia e nelle Isole (in particolare, la Sicilia).

Conseguenza di questa tardiva azione governativa che definire maldestra è solo un eufemismo, è stata la diffusione (con un consistente numero di decessi ad oggi) anche al Centro-Sud d’Italia e nelle Isole, del contagio.

Quanto ai deceduti, stimati ad oggi ad oltre 8 mila, vi è da tenere presente che l’insufficienza dei ricoveri in ospedale per mancanza di spazio e il numero irrisorio delle camere di terapia intensiva (per l’effetto degli scellerati tagli alla spesa sanitaria protrattisi negli ultimi anni per una somma superiore ai 37 miliardi di euro), ha determinato la conseguenza che moltissime persone sono morte in casa per mancanza di cure ospedaliere o sono morte in ospedale quando, tardivamente ricoverate, le loro condizioni erano ormai compromesse e hanno condotto alla morte.

  1. Le disastrate condizioni del sistema sanitario per le stringenti regole del pareggio di bilancio e del rapporto pil/debito pubblico, avrebbero imposto interventi urgentissimi nell’allestimento di un numero adeguato di camere di terapia intensiva e di disponibilità con immediatezza dei necessari respiratori polmonari, come delle c.d. “mascherine”, e delle altrettanto necessarie misure di protezione per i medici e gli infermieri (e moltissimi di questi hanno perso la vita per tali mancanze e omissioni). Anche a tale riguardo l’azione del Governo è stata totalmente assente per non meno di tre settimane circa.

I deceduti non avrebbero raggiunto il detto impressionante numero, purtroppo ancora in crescita.

A ciò si aggiunga che è notorio che gli ambienti ospedalieri sono i luoghi dove, come si è detto, è più facile contrarre ogni genere di infezioni. E a tale riguardo si registra (o almeno sono ignote le eventuali misure adottate dal Ministro della Salute On. Roberto Speranza) la totale omissione di ogni azione governativa che la necessità e l’urgenza imponevano; omissione protrattasi almeno fino alla metà del mese di marzo 2020. In molti ospedali le persone affette da Covid-19 sono state curate promiscuamente con altri degenti affetti da altre patologie, senza misure adeguate di separazione tra i diversi “reparti” per evitare la trasmissione del contagio virale.

  1. Non è ancora tutto: nonostante la UE abbia deciso la chiusura della cosiddetta “frontiera esterna” del “territorio” della Unione, si è consentita la continuazione dell’ingresso nel territorio nazionale di moltitudini di genti provenienti dall’Africa e da altri Stati, enormemente superiore alle percentuali registratesi fino al mese di agosto 2019 (con relative ingentissime spese).

Qui non rileva la violazione o meno delle vigenti leggi in materia di immigrazione, ma rileva il fatto che (pur in assenza di ogni necessità di salvare vite umane) sia stato consentito l’ingresso a tali genti nei porti italiani.

Infatti, il salvataggio si esaurisce con la presa a bordo della persona salvata. Le persone salvate dovevano essere condotte nello Stato della Bandiera della nave, essendo questa territorio (mobile) dello Stato della stessa, come pure dispone il Regolamento della UE Dublino 3 (lo Stato di primo ingresso che valuta le eventuali domande di asilo politico).

Soprattutto rileva, altro che coinvolge, ai fini che ora interessano, la responsabilità del Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese la quale ha consentito l’ingresso sul territorio nazionale di genti non solo di identità ignota ma anche, a quel che riferisce la stampa (fondatezza delle notizie che non è sempre possibile verificare con precisione), affette in molti casi da gravi patologie, come per esempio la TBC. E ciò nonostante che già da tempo va diffondendosi sempre più in numerosi Stati africani il contagio da Covid-19.

Se ciò è vero, l’omissione di ogni controllo sanitario (per tutti o in molti casi) nei confronti di tali persone, l’inutilità del loro raggruppamento in luoghi di quarantena facilmente abbandonabili dai ricoverati (come pure è avvenuto e continua ad avvenire), in una situazione epidemica già gravissima, ha aggiunto quantomeno il rischio di nuovi e diversi focolai di infezione oltre a quelli del Covid-19.

***

Tutto ciò premesso, si chiede alla S.V. ill.ma di accertare – disponendo le relative indagini – se le evidenziate condotte (ove confermate) poste in essere per negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per omissione di atti dovuti, dal Prof. Giuseppe Conte, dall’On. Roberto Speranza e dalla Dott.ssa Luciana Lamorgese, integrino o meno, anche per effetto del principio dell’equivalenza previsto dall’art.40 , comma 2 cod.pen., il reato di cui all’art. 452 con riferimento all’art. 438 c.p.; configurandosi tali condotte certamente non nell’avere provocato l’epidemia, ma l’avere omesso nei tempi e nei modi necessari ogni misura di contenimento e di prevenzione, consentendone la sua enorme diffusione, con l’impressionante numero avutosi di contagiati e di deceduti.

Così pure la S.V. ill.ma valuterà la sussistenza o meno della diversa e ulteriore ipotesi di omicidio colposo plurimo per negligenza, sotto il profilo omissivo, per mancata tempestiva adozione dei necessari provvedimenti in presenza di una situazione dichiarata il 31 gennaio 2020 come di “emergenza nazionale” dallo stesso Consiglio dei Ministri.

***

I sottoscritti esponenti non sono mossi da alcuna ragione personale o intento persecutorio e meno che mai calunniatorio nei confronti del Prof. Avv. Giuseppe Conte, dell’On. Roberto Speranza e della Dott.ssa Luciana Lamorgese. Meno che mai i sottoscritti esponenti che afferiscono alle più diverse convinzioni politiche o appartenenze partitiche, hanno alcuna finalità politica da perseguire.

L’intento degli esponenti è esclusivamente quello, come detto, che vengano accertate eventuali responsabilità colpose per omissione in capo alle persone prima indicate, nella oggettiva constatazione che, si ripete ancora una volta, dal 31 gennaio al 23 febbraio 2020, in presenza di una situazione generale gravissima e di generale conoscenza in Italia e all’estero, le persone indicate non hanno adottato alcun provvedimento dovuto per contenere il diffondersi della epidemia, poi pandemia, determinandone così ben più gravi conseguenze in termini di contagi e di decessi.

Nominano e delegano l’Avv. Federico Sinagra con Studio a Roma in Viale Gorizia n. 14, per il deposito del presente atto presso il competente Ufficio di codesta Procura della Repubblica di Roma, con ogni facoltà di ogni sostituzione processuale.

Con osservanza.

Roma, 31 marzo 2020

Prof. Avv. Augusto Sinagra

Avv. Alfredo Lonoce


Finalmente. https://www.studiolonoce.it/articoli/1753/
(A breve gli avv pubblicheranno sul web istruzioni e modulo x chi volesse aggregarsi alla querela). Restate sintonizzati e condividete. #querelaGoverno

3031.- Nessun cessate il fuoco in Libia.

L’ipocrisia dei “cessate il fuoco”, dell’embargo e delle soluzioni politiche, perorate anzitutto dall’ONU, a parole, non nasconde la competizione internazionale che alimenta la guerra civile voluta dall’Occidente in Libia e in Mediterraneo. La politica estera italiana è insignificante e non è in grado di imporre un processo di pace per il popolo libico. Si dovrà attendere la vittoria militare di Khalifa Haftar perché i vincitori possano iniziare la ricostruzione morale e materiale, ma le scelte mantenute caparbiamente dalla Farnesina hanno già decretato la nostra esclusione.

A Tripoli, i drone turchi attaccano l’esercito libico LNA, ma sono abbattuti

2020-03-31

La divisione di informazione militare dell’esercito nazionale libico, guidata dal maresciallo di campo Khalifa Haftar, ha annunciato lunedì sera l’abbattimento di un velivolo turco nel distretto di Tripoli.

La divisione di informazione militare ha dichiarato sul suo account Twitter ufficiale che “le postazioni di difesa aerea delle forze armate arabe libiche hanno intercettato e seguito un aereo turco decollato dalla base aerea di Mitiga, che è stato abbattuto nella parte meridionale della capitale.

L’abbattimento dell’aereo turco, che si ritiene sia un drone di attacco avanzato, ha segnato la prima volta in poche settimane che l’esercito nazionale libico ha abbattuto uno di questi veicoli aerei senza pilota (UAV).

Nonostante le richieste di cessate il fuoco in Libia, le principali parti in guerra, l’Esercito nazionale libico e il governo di accordo nazionale (GNA), continuano a scambiarsi attacchi l’uno contro l’altro.

Lunedì, l’esercito nazionale libico ha ampliato la sua conquista, scacciando il GNA da nuove aree attorno alla capitale e lungo il confine tunisino, prendendo il sopravvento in entrambe le battaglie.

Le forze schierate dalla Turchia stanno subendo enormi perdite

Secondo una dichiarazione del portavoce dell’LNA, il maggiore generale Ahmad Al-Mismari,tre giorni fa le loro forze hanno catturato diverse aree della Libia nord-occidentale, tra cui le città e le città di Jemayel, Riqdalin e Zalzin.

Al-Mismari ha dichiarato: “Vi annunciamo che le valorose forze dell’esercito nazionale libico sono state in grado, per grazia di Dio, di liberare le aree di Al-Asa, Al-Jameel, Riqdalin e Zalatan dal controllo della milizia di Al-Wefaq e del suo siriano mercenari fuggiti prima dell’avanzamento delle nostre forze valorose “, ha detto Mismari.

“Queste città godono di libertà, sicurezza e protezione oggi dopo che abbiamo cacciatoo le milizie terroristiche e criminali”; “i progressi sul campo sono arrivati dopo il fallimento dell’attacco da parte della cosiddetta milizia Al-Wefaq e dei mercenari dei terroristi turchi sul binario di Uqba Base aerea di Nafi nella zona di Al-Wattiyah nella parte occidentale del paese. ”

Le perdite subite dal governo turco e dalle forze di accordo nazionale GNA sono state enormi, dato che decine di combattenti di quest’ultimo e dei loro mercenari siriani sono stati uccisi in battaglia.

Né l’Italia, né la Francia, né gli Stati Uniti vogliono porre fine al governo di accordo nazionale di al-Sarraj.

Cosa disse Fayez al-Sarraj: «Le armi dalla Turchia? Le avevamo chieste all’Italia, ma non c’è stata senza risposta»

Sarraj: «Le armi dalla Turchia? Le avevamo chieste all'Italia, ma non c'è stata senza risposta»

La gravità della crisi libica, che sconvolge anche gli equilibri nel Mediterraneo, è resa più esplosiva dal crescente intervento militare straniero. Non esiste alcuna possibilità per la diplomazia.
L’Italia si è rifiutata di mandare le armi che Sarraj chiedeva per combattere Haftar e nemmeno le ha date ad Haftar. Così ha lasciato campo libero ai turchi. La politica di Luigi Di Maio in Libia ha portato alla “irrilevanza” italiana.
Nemmeno a Bengasi e Tobruk abbiamo visto alcuna sostanza, oltre a generiche dichiarazioni di amicizia che lasciano il tempo che trovano. Tutti i Paesi, tra cui l’Italia, che credono tutt’ora che l’unica soluzione resti il dialogo politico, in realtà, tengono la testa sotto la sabbia e fingonondi non vedere lo scontro militare in atto, con morti, feriti e centinaia di migliaia di sfollati».
Gli italiani mantengono il loro ospedale da campo a Misurata, dove curano per lo più bambini, mentre le milizie di Sarraj mostrano i video dei tank turchi sbarcati, semprea a Misurata. C’è un limite all ridicolo. Vedrete che, alla fine, saranno Putin ed Erdogan a dettare le regole del gioco e che l’ENI dovrà barattare la sua presenza.

3030.- Dpcm 29 marzo, quanti soldi ai 7.904 Comuni: il testo in Gazzetta Ufficiale

Il Governo ha varato un nuovo decreto contenente misure urgenti per la crisi sanitaria da Covid-19. Ecco quanti soldi, e dove verranno presi

29 marzo 2020

Sabato 28 marzo. Il presidente del Consiglio dei ministri Conte e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri hanno annunciato un nuovo Dpcm per aiutare i Comuni in questa gravissima fase di emergenza sanitaria. In particolare, il Governo ha deciso di mettere in campo 4,3 miliardi in anticipo per i Comuni, rispetto alla scadenza prevista a maggio, e con un’ordinanza ha aggiunto a questo fondo altri 400 milioni con il vincolo che questa cifra venga utilizzata per buoni pasto e beni alimentari e farmaci per le persone in difficoltà economica.

Cos’è il Fondo di solidarietà comunale e come funziona

Il Governo ha fatto leva sul cosiddetto Fondo di solidarietà comunale, ripartito tra i Comuni interessati sulla base del gettito effettivo dell’Imu e della Tasi.

Il ministero dell’Interno provvede a erogare a ciascun Comune quanto attributo a titolo di Fondo di solidarietà comunale in due rate da corrispondere entro i mesi di maggio e ottobre 2020, di cui la prima pari al 66%, pari dunque a circa 4,3 miliardi come annunciato dal Governo.

Per l’anno 2020 il Fondo di solidarietà comunale è composto dalla quota assicurata attraverso una quota dell’imposta municipale propria (IMU), di spettanza dei Comuni, pari a 2.768.800.000 euro, incrementata dell’ulteriore quota dell’IMU derivante dalla regolazione dei rapporti finanziari connessi con la metodologia di riparto tra i Comuni interessati del Fondo stesso.

Più altre quote così ripartite: 25.000.000 di cui all’art. 1, comma 449, lettera d-bis), della legge 11 dicembre 2016, n. 232; 3.753.279.000 di cui all’art. 1, comma 449, lettera a), della legge 11 dicembre 2016, n. 232; 5.500.000 di cui l’art. 1, comma 449, lettera d-ter), della legge n. 232 del 2016.

Quanti soldi finiscono ai Comuni

Il Fondo di solidarietà comunale 2020 è stabilito nel complessivo importo di 6.199.513.364,88 euro. Tale importo è integrato di 332.031.465,41 euro derivanti dall’ulteriore quota dell’IMU di spettanza dei Comuni.

L’Agenzia delle entrate – Struttura di gestione – versa al capitolo 3697 dell’entrata del bilancio dello Stato una quota dell’IMU di spettanza dei Comuni delle Regioni a statuto ordinario, della Regione Sicilia e della Regione Sardegna pari, complessivamente, a 2.768.800.000,00 euro.

Qui potete visionare il Dpcm completo pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

3029.- Delitti colposi del Governo contro la salute pubblica

Non è accettabile che chi abbia gestito con superficialità una tale emergenza possa restare al suo posto. Si è mandato a processo Salvini per aver ritardato di alcuni giorni lo sbarco di qualche decina di immigrati, accusandolo di sequestro di persona, e in quel caso non è morto nessuno, e non si mandano a processo Speranza e Conte per verificare se sussistono delitti colposi contro la salute pubblica, in presenza già di diecimila morti.

Siamo in emergenza e i processi sarebbero inopportuni se non sapessimo che, quando l’avremo superata, i corresponsabili di 10.000 morti resteranno a galla, facendo valere tutti i tramacci che hanno condiviso e che hanno corrotto la sanità. Se il 5 gennaio il ministero della Salute ha inviato un documento di 3 pagine all’Istituto superiore di Sanità, all’ospedale “Sacco” a Milano, allo “Spallanzani”a Roma,a altri 6 dicasteri e a enti su enti con Il titolo inquietante di «POLMONITE DA EZIOLOGIA SCONOSCIUTA», significa che, quanto meno, l’ Istituto superiore di Sanità, l’ospedale “Sacco” di Milano, lo “Spallanzani” di Roma dovevano procedere immediatamente alla sua validazione scientifica. Posto che l’abbiano fatto, vogliamo sapere con quale risultato. Non ci sfugge, infatti, che nel contempo giungevano video allarmanti dalla Cina e che i collegamenti aerei, diretti o indiretti, per i cinesi, erano aperti.

Il ridicolo e la strumentalizzazione con cui è stata affrontata la pandemia, fanno ritenere che l’allarme del ministero della Salute lanciato il 5 gennaio, NON sia stato validato, oppure che siamo di fronte a un caso di responsabilità penale e di applicabilità delle norme poste a tutela della salute pubblica. C’è un intero capitolo del Codice Penale per i DELITTI COLPOSI CONTRO LA SALUTE PUBBLICA. Gli articoli vanno dal 438 al 452 e vengono in campo IMPERIZIA, IMPRUDENZA, NEGLIGENZA.

Conte e Speranza vanno processati per “delitti colposi contro la salute pubblica” – art. 452 c.p. (di P. Becchi e G. Palma su Libero del 23 febbraio 2020)

“Il 21 gennaio un comunicato ufficiale del Ministero della Salute riportava come “moderata” la probabilità di introduzione del coronavirus nel nostro Paese. Dopo meno di due settimane venivano bloccati i voli con la Cina. Una misura precauzionale giunta in ritardo, coi buoi già scappati dalla stalla, anche perché il periodo di incubazione del virus è di due settimane quindi, in quei giorni di negligenza di fine gennaio da parte del governo, può essere accaduto di tutto. Incurante dei pericoli, i primi di febbraio il Presidente del Consiglio Conte parlava ancora di “situazione sotto controllo”. Invece di emanare sin da subito un decreto legge che imponesse a chi arrivava dalla Cina la quarantena obbligatoria (come peraltro suggerito da alcuni medici specialisti in virologia), il Ministro e l’intero Governo hanno parecchio tentennato, tanto da consentire al Presidente della regione Toscana Enrico Rossi di relegare eventuali pericoli a meri allarmismi fascio-leghisti. Questi grosso modo i fatti delle ultime settimane.” E il Presidente Mattarella?

Registriamo, già, le denunce presentate, ciascuno personalmente, dagli avvocati Carlo Taormina: “Mattarella imponga le dimissioni a Conte e alla manica di ministri incapaci che stanno facendo accatastare morti e ci farebbero morire di fame.Draghi presidente di un governo di unità nazionale. Responsabili emergenza coronavirus, Bertolaso e Galli” e Luca Di Carlo: Il governo sapeva dello stato d’emergenza, ma non ha tutelato l’interesse pubblico omettendo e rallentando la messa in sicurezza di tutta l’Italia”. E qui viene avanti una ipotesi di richiesta di dimissioni per il Capo dello Stato.

È piuttosto arduo immaginare un politico o un soggetto in posizione apicale mosso da infedeltà nei confronti del proprio ente, del proprio dovere o da un atteggiamento irresponsabile, fino alla diffusione di una pandemia diffusa su tutto il territorio. Mi sembra sufficiente l’accettazione del rischio di determinare la pandemia per configurare un dolo eventuale, generico, quindi una responsabilità penale.

Andiamo ai dispositivi degli art. 438, 452 Codice penale, LIBRO SECONDO – Dei delitti in particolare → Titolo VI – Dei delitti contro l’incolumità pubblica → Capo II – Dei delitti di comune pericolo mediante frode.

La disposizione in esame tutela la salute pubblica, considerata quale insieme di condizioni di igiene e sicurezza della vita e dell’integrità fisica o salute della collettività, messa in pericolo dalla diffusione di germi patogeni. La fattispecie è causalmente orientata e l’azione incriminata consiste nella diffusione di germi patogeni, connotata però dall’atteggiamento particolarmente fraudolento del responsabile della diffusione.

ARTICOLO 438 COD.PENALE:
“Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo.
Se dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena [di morte (Non più di valenza pratica in conseguenza della abolizione della pena di morte).

Note
(1) I germi patogeni sono i virus o altri microorganismi dotati di infettività e quindi in grado di propagarsi e diffondersi tra la popolazione.
(2) Per epidemia s’intende una malattia infettiva e contagiosa, straordinariamente aggressiva, caratterizzata da un’elevata e incontrollabile capacità di diffusione. Si riferisce solo alle malattie che colpiscono gli uomini, in quanto per quelle che colpiscono esclusivamente gli animali e le piante è prevista un’apposita figura criminosa dall’art. 500.

(3) Il danno-evento consiste nella concreta manifestazione, in un certo numero di persone, di una malattia eziologicamente ricollegabile alla condotta, unitamente al pericolo che la diffusione prosegua. Gli elementi della fattispecie sono in sintesi la rapidità della diffusione, la diffusibilità ad un numero notevole di persone e l’ampia estensione territoriale del male.

La norma richiede il dolo generico e quindi la volontà di diffondere germi patogeni, unitamente alla consapevolezza della loro efficacia epidemica. Appare sufficiente il mero dolo eventuale con riguardo al rischio di determinare l’epidemia.

ARTICOLO 452 COD.PENALE:

Delitti colposi contro la salute pubblica (1).

Chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 è punito (2):

1. con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette disposizioni stabiliscono la pena di morte [c.p. 29, 32] (3);

2. con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l’ergastolo (4);

3. con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l’articolo 439stabilisce la pena della reclusione.

Quando sia commesso per colpa alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 440, 441, 442, 443, 444 e 445 si applicano le pene ivi rispettivamente stabilite ridotte da un terzo a un sesto [c.p. 63].

3028.- IN GALERA NON VA MAI NESSUNO?

DAGOSPIA

AVEVAMO IN CASA I RESPIRATORI. MA GLI ESPERTI DEL GOVERNO LO HANNO SCOPERTO SOLO  IL 4 MARZO – UN’AZIENDA ITALIANA, SIARE ENGINEERING, PRODUCE MACCHINARI POLMONARI PER MEZZO MONDO. SCOVATA DA CONSIP, LA SOCIETA’ E’ STATA CONTATTATA PER UNA FORNITURA DI 2000 PEZZI – LA TELEFONATA DI CONTE…


29.03.2020. di Carlo Tecce per il Fatto Quotidiano

Soltanto ai primi giorni di marzo in Italia si è scoperto che esiste un’ azienda italiana, la Siare Engineering, che produce ventilatori polmonari, i macchinari necessari per ampliare le terapie intensive e curare i malati più gravi.

È accaduto un mese dopo il decreto legge per proclamare lo stato di emergenza per il coronavirus, il mandato a coordinare i lavori alla Protezione Civile di Angelo Borrelli, elaborati scientifici, oculate pianificazioni, ospedali lombardi intasati, già migliaia di contagi, decine di morti.

Il 2 marzo la società statale Consip viene indicata “soggetto attuatore” per gli acquisti per fronteggiare il Covid-19; il 4 marzo la Protezione civile comunica il fabbisogno ospedaliero. In poche ore, scorrendo l’ elenco dei fornitori della Pubblica amministrazione, Consip individua la Siare Engineering, sede a Valsamoggia in provincia di Bologna, fondata nel 1974, un’ azienda con una trentina di dipendenti che vende all’ estero il 90 per cento della propria produzione, in tempi ordinari non supera i 40 respiratori alla settimana. Consip avverte la Protezione civile, il capo Borrelli allerta Palazzo Chigi.

Il 6 marzo a mezzogiorno, il premier Giuseppe Conte, con accanto Borrelli e Domenico Arcuri (non ancora nominato commissario), chiama in videoconferenza Gianluca Preziosa, direttore generale di Siare Engineering.

SIARE ENGINEERING

In più di un mese della laboriosa gestione dell’ emergenza, questo è il dato che segna il ritardo e l’ errore, nessuno ha chiamato Preziosa, neanche per una semplice informazione, non la Protezione civile, non il ministero della Salute. Conte si scusa con Preziosa del mancato preavviso e gli chiede uno sforzo per fornire al suo Paese almeno 2.000 ventilatori polmonari e la risposta deve arrivare entro le 16: “Mi dispiace – dice Preziosa – della situazione drammatica dell’ Italia e per le occasioni perdute.

A dicembre dal mercato asiatico hanno aumentato le commesse proprio per il coronavirus, non volevano farsi trovare impreparati, sprovvisti dei mezzi più utili”. Preziosa accetta la proposta di Conte, il ministero della Difesa manda nei capannoni di Valsamoggia i militari dell’ esercito, il gruppo Fca e la Ferrari forniscono del materiale, i turni non finiscono mai e si spera di sfondare il limite di 500 ventilatori polmonari al mese. Anche Preziosa è rammaricato:

SIARE ENGINEERING 

“Si poteva fare meglio con un po’ di anticipo. Dopo il contatto con Conte ho subito bloccato i respiratori già imballati nei cartoni per partire verso l’ Asia, così ne abbiamo recuperati più di trecento per gli ospedali italiani. Ho vuotato il magazzino. Adesso dal Sudamerica mi domandano 3.500 pezzi, ma ho rifiutato perché la mia fabbrica è a totale disposizione del governo”.

Gennaio e febbraio sono il prologo della catastrofe, la lunga pausa che non tempera il disastro sanitario di marzo.

Al ministero per la Salute studiano il fenomeno, l’ Organizzazione mondiale della sanità alla vigilia dell’ Epifania lancia l’ allarme sul coronavirus che aggredisce i polmoni e richiede l’ utilizzo della terapia intensiva. Nella sede della Protezione civile si riunisce spesso il comitato operativo, in forma plenaria il 31 gennaio, come scritto nei giorni scorsi, non si fa un minimo accenno alle condizioni degli ospedali, ai posti letto per il ricovero col Covid-19, alla capienza per i reparti di rianimazione, alla ricerca di tamponi, mascherine, strumenti medici. Il 17 febbraio, ancora al ministero per la Salute, viene compresa l’ urgenza di comprare i respiratori, però non si procede. Finché il governo non cala la serranda sull’ Italia e negli ospedali non si muore a decine al giorno, non succede niente. Con la disperazione addosso, a marzo ci si affanna a cercare i ventilatori polmonari, senza sapere neppure da dove cominciare, a chi rivolgersi. Per caso Consip pesca la Siare Engineering dall’ archivio e si tenta l’ ennesimo miracolo italiano dopo la solita approssimazione.

siare engineering

3027.- Cosa vuole l’Europa da noi? Semplice: i nostri risparmi!

ECONOMIA, NEWS, IMOLA OGGIl

Correva il 2016, ma per i fratelli europei e per i loro sicari, “nostrani e non”, l’obbiettivo è sempre lo stesso: Le case e i risparmi degli italiani.

CHI DETIENE IL NOSTRO DEBITO PUBBLICO? – I dati riguardanti l’ammontare del debito delle Amministrazioni pubbliche vengono comunicati mensilmente dalla Banca d’Italia che fornisce anche una serie di interessanti elaborazioni. Da ormai sedici anni, infatti, la nostra Banca Centrale pubblica il “Supplemento al Bollettino Statistico”, sul quale non solo viene riportato l’ammontare del debito e del fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche, ma anche una serie di analisi come quella riguardante la durata, la suddivisione per aree geografiche, i sottosettori ed i detentori, e molto altro ancora.

A questo proposito ritengo interessante soffermarci sulla suddivisione in base ai soggetti che  detengono il nostro debito pubblico. E’ questo un aspetto fondamentale anche per determinare la “dipendenza” dell’Italia dall’estero, o meglio la possibilità di venir attaccati da fenomeni speculativi a livello mondiale.

Si ripete spesso, infatti, che il Giappone, pur avendo un debito pubblico stratosferico, addirittura quasi il doppio del nostro in rapporto al Pil, abbia un debito considerato “sostenibile”, e possa continuare a pagare interessi estremamente bassi, in quanto la stragrande maggioranza di questo debito è detenuto dai giapponesi stessi.

La cosiddetta speculazione, invece, nel 2011 (Governo Berlusconi), si sarebbe accanita contro il nostro Paese, facendo schizzare lo spread oltre quota 500 punti, proprio perché una buona parte del nostro debito pubblico sarebbe in mani straniere.

Così ce l’hanno raccontata, ma è vero?

Per rispondere basta andare a vedere i dati pubblicati da Banca d’Italia.

Partiamo dalla fine, l’ultimo Supplemento al Bollettino Statistico stilato da Bankitalia è stato pubblicato pochi giorni fa, i media, dopo aver sottolineato che il debito pubblico a novembre è rimasto sostanzialmente invariato rispetto ad ottobre, hanno messo in evidenza non tanto i dati comunicati dal nostro Istituto Centrale, quanto una elaborazione degli stessi effettuata da Reuters.

Ed allora, voi avete letto sui nostri quotidiani titoli di questo tipo: “Debito pubblico, il 39% è in mano ad investitori stranieri” (Il Fatto Quotidiano) oppure “Debito pubblico stabile, più titoli di Stato in mano agli stranieri” (Milano Finanza).

Inoltre all’interno dei vari articoli pubblicati, sempre citando Reuters,  viene dato molto risalto al fatto che le famiglie italiane possederebbero soltanto una parte esigua del nostro debito pubblico, occorre quindi fare estrema chiarezza.

Innanzitutto va sottolineato che le elaborazioni di Reuters riguardano i titoli del debito pubblico in circolazione e non il debito pubblico nel suo complesso, come forse non tutti sanno, infatti, le due entità sono differenti, il debito delle Amministrazioni pubbliche italiane è pari a circa 2.212 miliardi circa, mentre i titoli dello Stato in circolazione sono pari a circa 1.871 miliardi quindi ci sono poco più di 340 miliardi di debito non coperto dall’emissione di titoli.

Ed allora riportiamo i dati pubblicati da Banca d’Italia che, ribadisco, si riferiscono al debito pubblico totale nel mese di ottobre 2015. Dunque, fatto 100 il debito pubblico complessivo:

il 7,1% è nelle mani di Banca d’Italia

il 30,0% è nelle mani di Istituti Finanziari Monetari residenti

il 20,3% è nelle mani di altre Istituzioni Finanziarie residenti

il 7,5% è nelle mani di Altri residenti

il 35,1% è nelle mani di non residenti.

Queste invece le elaborazioni di Reuters. Fatto 100 i titoli dello Stato in circolazione (quindi ribadiamo non il debito pubblico):

l’8,2% è in mano alla Banca d’Italia

il 21,4% alle Banche italiane

il 23,7% alle Assicurazioni ed ai fondi di Investimento

il 7,6% alla clientela retail

il 39,1% ad investitori esteri.

Questi i dati. Ora le puntualizzazioni.

Reuters specifica che la voce “Investitori esteri” include anche i titoli dello Stato detenuti da investitori domestici attraverso soggetti non residenti e quelli detenuti dalla Bce.

In altre parole se un risparmiatore italiano ha quote di un fondo di investimento gestito da una società estera che ha in portafoglio titoli dello Stato Italiani, quell’importo viene compreso nella voce “investitori esteri” (mentre nella realtà quelle quote sono possedute da un investitore italiano). Così per quanto riguarda l’ammontare dei titoli dello Stato italiano in mano alla Bce, che vengono inseriti nella voce “investitori esteri” nonostante la Bce sia partecipata anche dalla nostra Banca d’Italia.

Insomma queste puntualizzazioni per sottolineare che il dato riguardante gli investitori “esteri”, nell’elaborazione di Reuters, risulta “un po’ gonfiato” poiché in quella voce, come detto, vanno a finire anche un certo numero di investitori “italiani”.

Ma qualora accettassimo anche il dato di Reuters, ossia 39,1% una simile percentuale risulterebbe un’anomalia nel panorama europeo?

La risposta è “Sì” rappresenterebbe un’anomalia, MA A FAVORE DELL’ITALIA.

Ossia nella quasi totalità degli altri Paesi europei la percentuale del loro debito pubblico in mano ad investitori stranieri E’ MOLTO PIU’ ALTA!!!

E non mi sto riferendo solo alla Grecia (86%), Portogallo (72%), Irlanda (64%) e Spagna (44%), cioè ai PIGS, ma anche alla Francia (62%) e soprattutto alla virtuosissima Germania (63%)!!!

Cioè il 63% del debito pubblico della Germania è in mano a “non tedeschi”, certo è così anche perché Berlino viene considerata un ottimo debitore ed attrae capitali da tutto il mondo, è ovvio che questo fatto influisce sul dato in maniera determinante, ma rimane il fatto che l’allarmismo sul debito italiano troppo esposto a “mani straniere” è certamente ingiustificato.

3026.- REGRESSIONE E COLLASSO DELLA SANITÀ ITALIANA.

POSTED BY: PROGETTO NAZIONALE 29 MARZO, 2020

Consapevoli che in tempo di emergenze non si può ragionare per singole individualità, vogliamo però qui rifuggire sia alla tentazione tanto diffusa del “dagli all’untore” (rivesta esso i panni di chi esercita in solitaria attività fisica all’aperto o di chi abbia necessità di fare quattro passi), sia alla correlata libido autoritaria, aspetti questi che spostano l’attenzione dalle colossali inefficienze, dai ritardi, dalle esitazioni fatali, dalle leggerezze, dalle preclusioni ideologiche che hanno contraddistinto l’operato governativo che nelle settimane precedenti hanno trascinato l’Italia in una crisi drammatica.
Per questo vogliamo invece qui concentrarci sulle evidenti inadeguatezze dell’odierno Servizio Sanitario Nazionale di fronte a situazioni come quelle determinate dal cosiddetto Coronavirus o Covid-19.
Lo facciamo disobbedendo ai vomitevoli richiami alla “responsabilità” lanciati proprio dai pulpiti politici (?) dei RESPONSABILI dell’attuale spolpato servizio sanitario nel suo insieme; SSN di cui non disconosciamo certo eccellenze e qualità specialistiche, così come non possiamo che rendere onore al merito dei tanti operatori del settore medico e paramedico lasciati soli con la loro abnegazione e il loro eroismo a combattere al fronte senza armi ed equipaggiamento (comunicazione contraddittoria, drammatica carenza di respiratori, di posti letto in terapia intensiva, di Dpi, etc.), da “generali” sciagurati e imboscati, per usare una metafora militare.
Basterebbe leggere la lettera spedita dai medici dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo al New England Journal of Medicine http://(https://catalyst.nejm.org/doi/pdf/10.1056/CAT.20.0080) dicui qui riportiamo alcuni stralci. “La situazione è così grave che siamo costretti a operare ben al di sotto dei nostri standard di cura. I tempi di attesa per un posto in terapia intensiva durano ore”; e ancora “nelle zone circostanti la situazione è anche peggiore. Gli ospedali sono sovraffollati e prossimi al collasso, e mancano le medicazioni, i ventilatori meccanici, l’ossigeno e le mascherine e le tute protettive per il personale sanitario. I pazienti giacciono su materassi appoggiati sul pavimento. Il sistema sanitario fatica a fornire i servizi essenziali come l’ostetricia, mentre i cimiteri sono saturi il che crea un ulteriore problema di salute pubblica. Il personale sanitario è abbandonato a se stesso mentre tenta di mantenere gli ospedali in funzione. Fuori dagli ospedali, le comunità sono parimenti abbandonate, i programmi di vaccinazione sono sospesi e la situazione nelle prigioni sta diventando esplosiva a causa della mancanza di qualsiasi distanziamento sociale”.
Ma come è stato possibile arrivare a questo punto?
La sanità italiana di oggi è figlia della deregulation (il “mitico” processo di snellimento nell’interesse pubblico!!!) di fine anni Settanta inizio anni Ottanta, nella forma famelica e dissennata del liberalismo anglosassone che ha infettato – come un virus – l’intero Occidente, anche se in realtà bisognerebbe risalire alle prime modifiche della gestione degli ospedali e dei servizi di assistenza datata 1968, con la legge n. 132 del 12 febbraio (cosiddetta “legge Mariotti”, dal nome del ministro socialista Luigi Mariotti), dove gli ospedali furono «affrancati dal loro tradizionale ancoraggio alla sfera dell’assistenza» e trasformati in «aziende di cura» (qualcuno ricorderà la magistrale interpretazione di Alberto Sordi nel film “Il medico della Mutua” realizzato proprio in quegli anni).
Di lì in poi vi fu tutta una serie di passaggi significativi animati in teoria da roboanti intenti migliorativi (estensione della copertura sanitaria, efficientismo, razionalizzazione) ma che purtroppo non sempre si dimostrarono tali, anzi, con gli sperperi che si andavano via via sommando alle inefficienze, gli eccessi ai disservizi, il clientelismo alla lottizzazione partitocratica e alla moltiplicazione dei centri di spesa:
– la nascita del Servizio Sanitario Nazionale – e con esso le Unità Sanitarie Locali (USL) gestite dai Comuni – con la legge 23 dicembre 1978, n. 833 con decorrenza dal 1º luglio 1980 (durante l’allora “governo Andreotti IV” su proposta del Ministro della Sanità Tina Anselmi, era l’epoca del compromesso storico Dc-Pci…); riforma rimasta ben al di qua degli intenti che l’avevano ispirata: «lo Stato non adottò i provvedimenti programmatori di sua competenza e le Regioni, la cui legge fu approvata pochi giorni dopo quella ospedaliera, non potevano ancora esprimere una capacità di governo adeguata a un’attività di programmazione».
– l’istituzione del ticket – in barba al principio costituzionale del “diritto alla salute” – introdotto dal Governo De Mita con il decreto legge 23 marzo 1989, 89 convertito con modificazione dalla legge 27 aprile 1989, n. 154;
– la trasformazione delle Unità Sanitarie Locali (create nel ’78) in Aziende Sanitarie Locali col d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502; ASL dotate di autonomia e svincolate da un’organizzazione centrale a livello nazionale, poiché dipendenti dalle regioni italiane;
– l’affidamento alla presunta superiorità tecnico-gestionale dei manager di fine anni Novanta (allora Ministro della Sanità Rosy Bindi, “Governo Prodi”);
– i “Patti per la Salute” (accordi finanziari e programmatici tra Governo e Regioni, da rinnovare ogni tre anni in sede di Conferenza Stato-Regioni) di inizio anni Duemila (secondo “governo Amato”), le cui apparenti buone intenzioni sono spesso costrette nei margini stretti di manovre economiche che hanno eroso la disponibilità di risorse su cui contare;
– i tagli (quasi 7 miliardi) della cosiddetta spending review (revisione della spesa pubblica) del grigio tecnocrate Mario Monti e del suo governo (dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013);
– i successivi ulteriori tagli da parte dei governatori una volta scattati i piani di rientro per le Regioni, con l’aumento dei ticket e la diminuzione dei posti letto a 3,2 per 1.000 abitanti (contro una media europea di 5); liste d’attesa rimaste lunghissime e livelli minimi di assistenza divenuti una chimera al Sud.
Queste sono solo alcune delle tappe significative e degli esempi lungo la strada del continuo dissanguamento del Servizio Sanitario Nazionale (ma si può ancora definirlo tale, dopo il D.Lgs. n.517/1993, da quando la sanità è materia regionale e le Regioni decidono in modo del tutto autonomo il sistema sanitario, la governance e tutte le regole di funzionamento? Non esiste da oltre due decenni una Regione con un sistema uguale a quello di un’altra, con una sanità di serie A e una di serie B…).
Ma proseguiamo con altri dati emblematici.
Nel decennio 2010-2019 tra tagli e definanziamenti al SSN sono stati sottratti circa € 37 miliardi e il fabbisogno sanitario nazionale (FSN) è aumentato di soli € 8,8 miliardi. Tutti i governi hanno contribuito al progressivo indebolimento della più grande opera pubblica mai costruita.
Anche prima, comunque, non si è brillati per lungimiranza: nel 2008 il passivo del SSN sfiorava i 10 miliardi a fronte di una qualità di servizi prestati ben lontana dai livelli di efficienza che tale deficit avrebbe dovuto giustificare.
In nome del risanamento dei bilanci locali e delle aziende sanitarie sono scattati i piani di rientro per le Regioni con uno squilibrio nella sanità superiore al 5% del finanziamento complessivo.
Alcuni dati ufficiali ci dicono che nel 2017 l’assistenza ospedaliera si era avvalsa di 1.000 istituti di cura, dieci anni prima erano 1.197, mentre nel 1998 erano 1.381.
Per quanto riguarda la disponibilità di posti letto, nell’Ue l’Italia è al quint’ultimo posto (se vogliamo prendere ancora in considerazione l’Inghilterra, altrimenti occupiamo addirittura il quart’ultimo posto). Se andiamo a vedere la classifica siamo al 23° posto sia come posti letto pro capite sia come posti letto pro capite per terapia intensiva, dopo di noi solo Spagna (quella che non a caso nel momento in cui scriviamo sta incalzando l’Italia per numero di pazienti deceduti), Danimarca e Svezia; al primo posto invece la Germania (non a caso quella che per prima, nel momento in cui scriviamo, ha iniziato ad ospitare nostri malati di Covid-19). Si noti che tutti i Paesi provenienti dall’ex blocco comunista (in parte anche la Germania se pensiamo alla parentesi DDR) sono messi meglio di noi, e questo dovrebbe dirla lunga sulle “qualità” del liberalismo sotto il profilo del sistema di assistenza sanitaria…
Se pensiamo che l’Italia, la terza economia europea, ma anche il primo Paese al mondo come tasso di anzianità della popolazione, ha tagliato fino ad occupare la 23ª posizione per posti letto, mentre gli altri non lo hanno fatto (nelle medesime proporzioni), risulta inutile, fuorviante e alibistico prendersela con la Ue ma dobbiamo invece prendercela con noi stessi. Per rendere meglio l’idea, in Italia abbiamo 2,6 posti letto ogni mille abitanti, mentre la media per l’Unione Europea è 3,7; abbiamo lo stesso numero di posti letto della Romania che però ha un terzo della nostra popolazione e ha un rapporto di 6,1 posti letto per mille abitanti. Come abbiamo scritto in apertura di questo articolo, non si discute la nostra qualità a livello sanitario (che sicuramente ci aiuta a sopperire alle mancanze), ma si tratta di numeri significativi che mettono a nudo il re.
Non è un caso – e non ci stupisce – se già nel gennaio del 2018 la sanità lombarda aveva registrato grossissime difficoltà proprio sul fronte della carenza di posti in terapia intensiva a causa dell’influenza, come riporta un articolo del Corriere della Sera (di seguito il link e in fondo l’immagine) 

https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/18_gennaio_10/milano-terapie-intensive-collasso-l-influenza-gia-48-malati-gravi-molte-operazioni-rinviate-c9dc43a6-f5d1-11e7-9b06-fe054c3be5b2.shtml

La politica dei tagli alla Sanità e della riduzione del numero di ospedali è una tendenza più marcatamente in atto da almeno 25 anni (grosso modo dall’avvento della cosiddetta Seconda Repubblica), da ben prima quindi che scoppiasse la crisi economica nel 2008 e, quel che è peggio, non è coincisa con una riduzione della spesa sanitaria.
E le cose non vanno meglio sul fronte del personale, dove i sindacati denunciano ad oggi, una carenza di 46mila operatori, 8mila dei quali medici.
Un altro nervo scoperto è quello dell’assistenza alle persone non autosufficienti, ai malati, ai disabili e alle loro famiglie. Tanto per citare un esempio senza tanti giri di parole, la Regione Lazio, a guida Zingaretti – sì, quello del “Parola d’ordine: normalità”, del “Non c’è la crisi” e dell’aperitivo sui Navigli a Milano – , ha tagliato il sussidio di 700 euro a circa 800 disabili gravissimi (basti pensare che un malato di SLA deve affrontare una spesa mensile che si aggira intorno ai 3.000€…), rendendo ancora più stringenti i requisiti per ottenerli; quella stessa Regione Lazio a guida Zingaretti che ha anche cassato 3.600 posti letto e chiuso diversi ospedali. Emblematico il caso del Forlanini, che negli anni Trenta era la più grande struttura ospedaliera d’Europa, passato da fiore all’occhiello della sanità laziale a struttura dismessa rifugio per sbandati, tossicodipendenti e senzatetto, che la Giunta Zingaretti valuta di trasformare nel quartier generale di agenzie delle Nazioni Unite come il World Food Program e l’Ifad, il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo.
Saranno i bilanci sempre più magri, saranno le dinamiche politiche che spingono a privilegiare una spesa rispetto ad un’altra, ma più passano gli anni, più le persone si trovano sole ad affrontare le necessità, le emergenze, i disagi e le spese necessarie per vivere con dignità, nonostante le difficoltà.
Intanto in questi giorni molte persone, associazioni, singoli imprenditori, la Protezione Civile e tante altre realtà del territorio stanno contribuendo a raccogliere fondi per i nostri ospedali in cui il personale è duramente impegnato nel combattere il Coronavirus. Tanta, tanta solidarietà e altrettanta voglia di non arrendersi ad un destino apparso sotto forma di tagli di bilancio che vanno ad aggravare una condizione già difficile, fino a renderla miserabile.
È evidente che la nostra sanità deve essere ripensata. E dovrà essere ripensata anche strutturalmente e strategicamente alla luce delle minacce che sempre più frequentemente si presentano. Ma per far questo servirà probabilmente una nuova classe dirigente, vaccinata dal clientelismo, dalla partitocrazia, dal presunto efficientismo liberista e dal pensiero unico “no borders”.

Luca Zampini –Responsabile provinciale di Verona, Progetto Nazionale