Archivi categoria: Mafia nigeriana

4805.- “La mafia nigeriana è sempre più potente per colpa del politicamente corretto”: l’accusa dello zio di Pamela e un commento.

Pamela, scarcerato uno dei nigeriani. La rabbia della mamma: «Sto male, non rimpatriatelo»

Da Il Secolo d’Italia di sabato 22 Gennaio 17:42 – di Davide Ventola

“Mantenere alta l’attenzione” sul fenomeno della mafia nigeriana e “cercare sempre più di comprenderne i meccanismi, altrimenti si rischia di trattare con politica ipocrisia un fenomeno-quello mafioso-che è sempre più transnazionale”. E’ quanto afferma all’Adnkronos l’avvocato Marco Valerio Verni, a pochi giorni da una nuova operazione contro la mafia nigeriana che ha portato, stavolta a Palermo, a quattro arresti.

Verni, che è zio e legale della famiglia di Pamela Mastropietro, la 18enne romana che si era allontanata da una comunità di Corridonia e i cui resti furono ritrovati chiusi in due trolley a Pollenza (Macerata), fatti per i quali è stato condannato all’ergastolo in primo grado e in appello Innocent Oseghale, da tempo studia il fenomeno della mafia nigeriana e ha sollevato spesso interrogativi anche rispetto alla vicenda della nipote che però, su questo fronte, non hanno, almeno al momento, trovato riscontri in sede giudiziaria.

Parla lo zio di Pamela Mastropietro, uccisa e fatta a pezzi

“Gli arresti effettuati a Palermo lo scorso 18 gennaio, ma non solo (essi sono appena gli ultimi in ordine di tempo) – sottolinea Verni – dimostrano ancora una volta, semmai ce ne fosse ulteriore bisogno, di quanto ormai le organizzazioni criminali nigeriane, anche di tipo mafioso, siano molto radicate anche e soprattutto nel nostro Paese, che costituisce decisamente il porto d’Europaper chi proviene soprattutto dal continente africano e di come esse siano le principali promotrici di alcuni reati gravissimi, tra i quali la tratta di esseri umani, la riduzione in schiavitù, il sequestro di persona, lo sfruttamento della prostituzione nonché il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.

“Inutile negare, in nome di un presunto politicamente corretto, che una immigrazione irregolare e mal gestita non possa contribuire, e pure in gran misura, alla crescita di questa, come di altre mafie etniche (sia nello stretto senso giuridico sia nel senso polisemico del termine), le quali, naturalmente, collaborano con quelle nostrane o, comunque, in riferimento ad altri Paesi, con le organizzazioni criminali del luogo, spesso, addirittura, arrivando a soppiantarle”, prosegue.

“Particolare preoccupazione desta la sinergia tra la mafia nigeriana e la criminalità albanese, per trasportare dall’Est Europa tonnellate di sostanze stupefacenti (marijuana in primis) e, attraverso la Puglia e la dorsale adriatica smistarle poi nelle piazze di spaccio italiane. Per tornare agli importanti arresti di Palermo -continua Verni- occorre ribadire, ancora una volta, l’importanza della collaborazione e degli strumenti legislativi che il nostro ordinamento prevede per incentivare la denuncia da parte delle vittime straniere dei summenzionati reati”.

“La mafia nigeriana e quella albanese hanno creato una sinergia”

“Il richiamo è, evidentemente, all’articolo 18 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, rubricato ‘Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero’ che consente al ‘Questore, anche su proposta del procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, di rilasciare uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale’ – aggiunge l’avvocato Verni – Nel caso di specie, non a caso, il tutto è partito dalla denuncia di una ragazza nigeriana, accompagnata da un pastore pentecostale (un connazionale) a cui la vittima si era rivolta per sottrarsi ai suoi aguzzini”.

“Occorre mantenere alta l’attenzione su questo fenomeno, e cercare sempre più di comprenderne i meccanismi – conclude – altrimenti si rischia di trattare con politica ipocrisia un fenomeno-quello mafioso-che è sempre più transnazionale, con buona pace degli eroi che, per combatterlo, hanno donato la loro vita, tra cui il grande Paolo Borsellino di cui sarebbe ricorso, proprio nei giorni scorsi, l’ottantaduesimo compleanno ed al quale va, naturalmente, il doveroso ricordo ed omaggio. Perché, d’altronde, lui continua a vivere nei cuori di tutta la brava gente”.

Davide Ventola

Il commento di Mario Donnini

Quando si parla di mafie, si parla anche di assenza dello Stato. È la legge del branco, che vuole sempre una guida. Più lo Stato è assente, più vediamo affermarsi fenomeni sociali come le mafie e le massonerie, quando dannose, quando meno, ma sempre con i loro obiettivi in prima fila. Con lo sguardo ai giorni nostri, viene da fare una digressione, benché apparente. Quando un popolo è forte, radicato intorno ai suoi valori, abbiamo uno Stato forte, a prescindere dalla forma di governo, che sia monarchia, dittatura o democrazia. Non è un caso che abbiamo citato la democrazia per ultima, perché, mai come in questa democrazia, lo Stato si è mostrato debole e autoritario a un tempo, ciò che fa il paio con l’ignoranza e l’arroganza della sua gente. Verrebbe da contrapporre la dittatura alla democrazia, se non avessero un denominatore comune, che sono la partecipazione del popolo e il suo consenso, anche negativo. Eravamo uniti nella fede cristiana e il vangelo è ancora un esempio di diritto dell’umanità. Siamo stati uniti come e in un fascio, di cui diamo sempre una lettura parziale, ristretta intorno a un uomo e dimentica del fervore rifondante dei reduci del Piave e del Grappa. Ora, siamo come canne nel vento, sciolte e ciascuna in cerca di un leader cui affiancarsi. E siamo soli. Non abbiamo una forte identità nazionale da mostrare come simbolo a chi è attratto dal nostro benessere e dal nostro lassismo. “Mario” – mi diceva un ministro albanese del Governo Nano, un comunista – “da voi si può fare di tutto, da noi neanche si può cambiare residenza.” Non solo si può fare di tutto – e noi quasi più niente -, ma, da anni, lasciamo che si affermino, in Italia, riti ancestrali che risalgono ai tempi dei tempi, dove vigeva il cannibalismo. Restate a leggere: Mangiare il cuore di una donna è un rito comunissimo tra i bambini soldati della Nigeria e tra i componenti mafiosi dell’Ascia Nera in Nigeria: si beve il sangue del corpo di una giovane donna, come se si succhiasse loro l’anima, si mangia il loro cuore, per impadronirsi della forza della morta. E lo sappiamo, questo è avvenuto anche con Pamela e, probabilmente, avverrà ancora. Solo che si tace. L’anima si ribella, ma non basta riandare al nostro passato per fare un argine con i suoi esempi e i suoi valori. Dobbiamo amarli di più i nostri valori per far rinascere, insieme a noi quanti, stranieri senza legge, ci ha portato questa infelice presidenza. Con il male minore non si governa. La società vuole sempre una guida e non basta che sia tollerata e condivisa. Deve essere autorevolmente rispettosa e gradita dal popolo e, non solo dai leader. Non deve essere autoritaria perché un capo autoritario non è e non sa fare il capo.

3928.- Come violenza, occupazione abusiva danneggiamento, minacce, si sono radicati in Italia e come li sostiene Bergoglio

In calce, la sentenza n. 301/2017 del Tribunale di Genova

Ladra di case seriale: nigeriana prende a catenate e a morsi troupe e proprietari. Video sconvolgente

Dal secolo d’Italia, mercoledì 14 Aprile 13:51 – di Alberto Consoli

Aggredita troupe di Fuoridalcoro dall’abusiva nigeriana a Monastier Graffi e morsi per il nostro operatore. Tweet di Eugenia Fiore

“Ti faccio ammazzare”, poi morsi, catenate sulla testa. Un’aggressione sconvolgente ai danni della troupe di Fuori dal CoroMario Giordano ha voluto mostrare il video integrale dell’accaduto: i suoi inviati  stavano lavorando a un servizio sull’occupazione di case private, filone d’inchiesta che il conduttore di Rete 4 segue da tempo. In particolare è la casa di una giovane coppia presente in studio ad  essere occupata da una donna nigeriana estremamente violenta. Gli operatori la individuano e le pongono domande ricevendo da lee e dal suo compagno  colpi con una catena di metallo. “Non avete diritto di farci domande”, ripetono i due comportandosi come i padroni della casa che stanno occupando illegalmenteL’uomo ha poi  mandato in frantumi un finestrinodell’auto di servizio della trasmissione. E, per la foga, ha colpito un passante che stava assistendo alla scena. Hanno cominciato a sibilare: “Tu non hai capito chi sono io”, “Io ti faccio ammazzare”, “Io ti ammazzo”, ha detto l’uomo minacciando la giornalista. Necessario l’intervento immediato delle forze dell’ordine. Il video (qui sotto) è un cazzotto allo stomaco.

Violenza inaudita dell’abusiva nigeriana

Il servizio è stato registrato a Cuneo, in zona IV novembre. “Abbiamo visionato le immagini che sono state acquisite anche dalla polizia: sono impressionanti, una violenza inaudita. Colpi di catena in mezzo alla strada, un’auto sfasciata, la giornalista investita dalle schegge di vetro del finestrino sfondato, con polso e mano sanguinanti”. Il conduttore ha definito quanto successo qualcosa di “impossibile”, “ma la cosa incredibile è che quel signore che avete visto con la catena e quella signora che gridava ‘ti ammazzo’ sono ancora liberi nella casa di due fidanzati che chiedevano aiuto perché sono stati espropriati dalla loro casa”.

Abimbola – questo è il nome dell’abusiva- è una vecchia conoscenza. la redazione di Fuori dal Coro l’ha inseguita anche in altro occupazioni. Ha il vizio delle occupazioni. Gli ospiti in studio sono sconvolti.

Ed è una realtà violenta e minacciosa, ovunque

Ci sono cittadini italiani che vivono, ogni giorno, questa violenza nelle case popolari, e che non possono fare niente perché li ha messi lì il Comune stesso. Più sei violento e più ti lasciano stare. Più sei buono e più tutti ne proffittano. Puoi fare tutte le denunce che vuoi, ma è evidente che le Forze dell’Ordine hanno ricevuto ordini. Meglio non chiamarle, perché non serve a niente. C’era un legge penale e c‘è una pena ridicola di 3.000 € :

Art. 581 c.p. Percosse.

Come vigente dal: 24/09/2020: 

  1. Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire tremila.
  2. Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.

Ma la domanda è: Perché il ministro Lamorgese aiuta gli stranieri anche a scapito degl’italiani? Appena ieri, abbiamo visto all’opera i manganelli sui ristoratori in piazza Montecitorio che chiedevano pietà per le loro famiglie e libertà di lavorare, mentre un delinquente può picchiare e minacciare con la catena tre cittadini davanti alla polizia, che lo tratto con timore e con frasi tipo “calmati”. Presidente, ma che Paese siamo diventati? Quelli di noi che più subiscono vorrebbero che si sottoscrivesse una richiesta di dimissioni del ministro Lamorgese e hanno sacrosanta ragione, ma siamo sicuri che la responsabilità sia da ascriversi soltanto al ministro e che, invece, non si sia davanti a una platea istituzionale vasta e a un reato in danno del popolo italiano? Un altro esempio:

Se censurare questo è razzismo!

Cosa dice la Costituzione

Articolo 42 Costituzione

La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.

La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti [cfr. artt. 4447 c. 2].

La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.

La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

Art. 14 Costituzione

Il domicilio è inviolabile [614615 c.p.].
Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale [244 ss., 316 ss., 332 c.p.p.; 118670 c.p.c.].

Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali..

Il presente articolo sancisce l’inviolabilità ed intangibilità del domicilio. La libertà all’interno del proprio domicilio costituisce una forma di espressione della libertà personale che lega la persona al luogo in cui svolge una parte consistente della sua vita, concretandosi nella proiezione spaziale della persona e delle sue libertà personali, mettendola al riparo da indebite ingerenze. Tale risvolto spiega perché essa sia assistita dalle stesse garanzie previste dall’articolo 13 relativo alla libertà personale dell’individuo.

La libertà di domicilio si esprime nel poter scegliere il luogo dove stabilire il proprio domicilio, nella libertà di svolgere al suo interno qualsiasi attività lecita, nel poter impedire a chiunque di farvi ingresso, se non autorizzato dalla legge.

Il concetto di domicilio va inteso in senso ampio, e quindi non solo come abitazione, ma anche luogo in cui si svolge la propria attività lavorativa, una dimora occasionale e persino la propria automobile. In sintesi, domicili va inteso come quello in cui si ha il poteree la possibilità di escludere la presenza di terzi, al fine di difendere i propri interessi affettivi, spirituali, culturali o sociali.

L’inviolabilità indica, in generale, il diritto di ciascuno ad una sfera privata e delimitata al riparo da ingerenze da parte di terzi. A presidio del suo rispetto il codice penale pone una serie specifica di disposizioni (614 ss. c.p.). Anche l’ordinamento comunitario detta una disposizione che tutela il domicilio, l’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, il quale lo accosta al “rispetto della propria vita privata e familiare“, con ciò stabilendo una tutela di più ampio respiro rispetto alla norma in esame. La nostra giurisprudenza, al contempo, ha esteso la portata del concetto di “domicilio” arrivando ad includervi, tra gli altri, l’ufficio e la sede di un’associazione privata.
La libertà di domicilio è inoltre riconosciuta a tutte le formazioni sociali, che, nel rispetto delle legge, possono ivi riunirsi o associarsi.

Per quanto concerne le limitazioni, non possono essere eseguiti sequestri, perquisizioni ed ispezioni se non nei modi e nei casi stabiliti dalle leggi.

In particolare, anche la tutela del domicilio è garantita da una riserva di legge assoluta e rinforzata e da una riserva di giurisdizione, di modo che solo la legge può stabilire quando e come la libertà in esame può essere sacrificata e solo l’autorità giudiziaria, con provvedimenti motivati, può deciderne, concretamente, il sacrificio.

Tuttavia, l’inviolabilità del domicilio è esclusa quando, per motivi di sanitàincolumità pubblica o a fini economici o fiscali, è necessario procedere ad accertamenti o messe in sicurezza.

Non è comunque ammessa l’adozione di misure coercitive di al tipo senza un provvedimento preventivo o successivo da parte dell’autorità giudiziaria.

La depenalizzazione di Renzi e un’esperienza personale

I vari Lamorgese accolgono e abbandonano, ma chi e quanti accolgono? A Dolo, in un cavedio della caldaia a gas del duomo monumentale, da due anni, una nigeriana dedita all’accattonaggio a Padova, senza nome, attizza alti falò, si barrica con cartoni tutte le notti, ci omaggia dei suoi escrementi e rifiuta alloggio dal parroco e dal comune, perché il duomo è la casa di Dio e, quindi, la sua casa. La vedete nella foto mentre, con attrezzi vari, distrugge il cartello della videosorveglianza del garage. Con gli stessi cacciaviti e forbici mi ha minacciato perché Dio non vuole cartelli: “Pay attention to me!” Nel 2050, i nigeriani saranno 400 milioni, quattro volte gli attuali e noi un pò meno di oggi. Chi e quanti ci stanno invadendo?

Art. 635. c.p. Danneggiamento

Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia ovvero in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto previsto dall’articolo 331, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni [c.p. 424, 427, 431, 638].

  • Cosa ha cambiato il d.lgs. n. 7/2016, Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni … (Governo Renzi) in tema di danneggiamento?

In caso di imputazione di danneggiamento semplice ascritta all’imputata, va rilevato che il d.lg. n. 7 del 15 gennaio 2016, ha abrogato l’art. 635, comma 1 c.p., determinando l'”abolitio criminis” per il danneggiamento semplice, che viene così sottratto alla cognizione del giudice penale e ricondotto a quella del giudice civile, chiamato ad applicare una sanzione civile pecuniaria nel solo caso in cui accolga la domanda risarcitoria eventualmente proposta per il medesimo fatto.

C’è l’occupazione abusiva e ci sono i “nuovi giudici” e c’è il papa. 

L’occupazione abusiva è spesso una delle maggiori preoccupazioni se si viene ricoverati in ospedale e non si può lasciare a casa nessuno. Nel periodo delle vacanze, anche molti proprietari di immobili si fanno la stessa domanda: “La mia casa può essere occupata se vado in vacanza?”. Purtroppo a volte succede che, dopo aver trascorso qualche giorno fuori città, al ritorno i proprietari trovino la propria casa occupata. 

Se, approfittando di una momentanea assenza, una persona, con o senza nome e cognome, con o senza arte né parte, entra in casa tua, si barrica e non vuole più uscire, l’occupazione abusiva dell’immobile è punita con il codice penale. Ma non sempre. Anche sui diritti si è abbattuta l’eversione rossa della magistratura. Anzitutto, se usassi le “cattive maniere”, commetteresti il reato di “esercizio arbitrario delle proprie ragioni”. Ti devi consegnare nelle mani della legge e della burocrazia e sporgere la querela, che esonera il proprietario dall’iniziativa di portare avanti un processo, con tutti i costi che esso comporta perché a farlo sarà la Procura della Repubblica. Ma ci sono dei casi in cui il proprietario, pur mantenendo il suo diritto di rientrare nel possesso dell’immobile, dovrà accontentarsi di esperire la sola procedura civile. Accade nel caso in cui il responsabile la fa franca, viene assolto e diventa assai lungo e difficoltoso mandarlo via. È possibile se l’abusivo si trova in condizioni di necessità e di pericolo. È scritto in una recente sentenza del Tribunale di Genova, sentenza che, venuta meno l’”Autonomia e Indipendenza” della Magistratura a causa della verificata politicizzazione del C.S.M., mi affretterei a impugnare, denunciando il giudice.

Secondo la sentenza del tribunale di Genova nel concetto di «danno grave alla persona», idoneo a far scattare lo stato di necessità e quindi l’assoluzione del colpevole che ha occupato la casa altrui, rientra anche la situazione di emergenza abitativa. Il diritto all’abitazione – rimarcano i giudici liguri – fa parte dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione. Resterebbe, comunque, da dimostrare l’assoluta necessità dell’occupazione abusiva e l’inevitabilità del pericolo che, in caso contrario, incomberebbe sull’occupante e l’urgenza di porre rimedio al suddetto pericolo. Solo in tal caso, infatti, è giustificabile la compressione del diritto dei terzi proprietari. Si può sostenere il ragionamento soltanto se si tratti di una proprietà disabitata o abbandonata temporaneamente e non certo se vi risieda stabilmente qualcuno a ciò legittimato. Il Tribunale di Genova non conosce l’art. 38 della Costituzione che fa carico allo Stato di intervenire

Dispositivo dell’art. 38 Costituzione

Costituzione → PARTE I – Diritti e doveri dei cittadini→ Titolo III – Rapporti economici

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria [2110 c.c.].

Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato(1).

L’assistenza privata è libera (2).

Papa Bergoglio: «La proprietà privata non è intoccabile, serve giustizia sociale»

C’è un solo papa.

In favore di questo attacco, ipocrita, al diritto di proprietà dei privati e di esclusione dello Stato dalle sue responsabilità, si è espresso di recente il sedicente papa Bergoglio, parlando ai giudici di Africa e America: «Non c’è sentenza giusta se produce più disuguaglianza». Un ragionamento ipocrita, che ricompare nell’enciclica Fratelli tutti, firmata ad Assisi due mesi fa: «Il diritto di proprietà è un diritto naturale secondario derivato dal diritto che hanno tutti, nato dal destino universale dei beni creati». Bergoglio parte dal presupposto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata» rispetto al valore del bene comune; ma, in realtà, spezza una nuova lancia a favore del Nuovo Ordine Mondiale.

Questa concezione della Chiesa cattolica non si applica alle proprietà dello Stato della Chiesa, sovrano, alle sue riserve auree:m le più grandi del mondo e non è nuova. È nuovo e destabilizzante, invece, nonché in aperto contrasto con il rispetto delle reciproche sovranità, su cui fondano i Patti Lateranensi, il fatto di rivolgersi ai giudici, che devono interpretare e applicare la legge. «Non c’è giustizia sociale che possa fondarsi sull’iniquità, che presuppone la concentrazione della ricchezza», ha detto il sedicente pontefice (per noi, il papa è soltanto Benedetto XVI), invitando i magistrati «ad acquisire una dimensione più completa della propria missione e della propria responsabilità sociale»

Come il professor Daniele Menozzi spiega Bergoglio al Manifesto

“Nell’appello finale, Francesco rilancia le parole d’ordine dei movimenti popolari: per ripensare l’idea di giustizia sociale, bisogna dimostrarsi «solidali e giusti», lottando «contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, di terra e di alloggio. Terra, tetto e lavoro, techo, tierra y trabajo, le tre ‘T’ che ci rendono degni».

«La proprietà come “diritto naturale secondario” è un’espressione nuova che finora non era emersa nel magistero papale», spiega al manifesto Daniele Menozzi, professore emerito di storia contemporanea alla Normale di Pisa e studioso del papato in età moderna e contemporanea.

«È un linguaggio nuovo ma non è una novità concettuale, si pone all’incrocio di due tradizioni – prosegue Menozzi –: quella millenaria della destinazione universale dei beni, secondo la quale fin dalla patristica si sottolineava che in caso di emergenza era lecito per i poveri appropriarsi di quanto necessario al proprio sostentamento; e quella più recente della Rerum Novarum, in cui Leone XIII afferma che la proprietà privata è un diritto naturale della persona ma lo Stato ha tutto il diritto di “temperarla” per il bene comune di tutti, poi sviluppata da Pio XI che afferma il diritto dello Stato di espropriare (a pagamento) la proprietà privata per il bene sociale».

Non è un discorso dottrinale, perché invita a metterlo in pratica a livello giurisdizionale.

Non è un discorso dottrinale, perché invita a metterlo in pratica a livello giurisdizionale.

Ad essere del tutto nuova secondo Menozzi è la prospettiva: «Francesco non si colloca più sul piano delle relazioni industriali, anche perché non c’è più lo spettro novecentesco della collettivizzazione socialista che vedevano Leone XIII e Pio XI, ma in un orizzonte geografico globale, dove vi è una concentrazione della proprietà che danneggia l’intero pianeta e che quindi rende necessaria un’equità nella distribuzione dei beni. E poi il fatto che parli ai giudici: non vuole fare solo un discorso dottrinale, ma invita a metterlo in pratica a livello giurisdizionale.

Quindi non è una visione astratta dell’organizzazione collettiva, ma è una visione giuridica, per cui coloro che detengono gli strumenti di applicazione delle legge devono metterla in pratica”.

La sentenza 23 gennaio 2017, n. 301 del Tribunale di Genova

Tribunale di Genova – Sezione I penale – Sentenza 23 gennaio 2017 n. 301

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI GENOVA

SEZIONE PRIMA

IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

Dr.ssa LOREDANA LUCCHINI

in data 23/01/2017 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente

SENTENZA

con contestuale motivazione

nei confronti di:

BU.GI., nato (…), residente in Genova, Via (…), elettivamente domiciliata presso il difensore di ufficio dall’Avv. Mo.Ma. del foro di Genova

ASSENTE IMPUTATA

art. 633 – 639 bis c.p., perché invadeva abusivamente l’alloggio pubblico sito in Genova alla Via (…), con la finalità di occuparlo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI CONTESTUALI DELLA DECISIONE

Con decreto di citazione emesso il 9 giugno 2016 e regolarmente notificato, il PM presso il Tribunale di Genova conveniva in giudizio ex art. 550 c.p.p. dinanzi al medesimo Tribunale in composizione monocratica BU.GI. per ivi rispondere del reato a lui ascritto in rubrica.

All’udienza – filtro del 14 novembre 2016 l’imputato – che ha dichiarato domicilio nel corso del procedimento – non compariva senza addurre alcun legittimo impedimento ed era pertanto dichiarato assente ex art. 420 bis c.p.p.

All’odierna udienza dopo l’ammissione delle prove orali e documentali richieste, era sentito, in qualità di testimoni, l’appartenente alla Polizia Municipale Fr.La. Esaurita la discussione, il PM e il Difensore dell’imputato formulavano le conclusioni come riportate in rubrica.

All’esito è stata data lettura della sentenza con redazione immediata dei motivi ex art. 544 comma 1 c.p.p.

L’odierno imputato è stato tratto a giudizio per rispondere del reato ex artt. 633 – 639 bis c.p. meglio descritto nel capo di imputazione commesso in Genova in epoca anteriore e prossima al 23 gennaio 2015.

Dall’esame del teste escusso risulta che l’appartamento meglio indicato nel DCG era stato occupato senza averne titolo dall’odierno imputato compiutamente identificato mediante carta di identità da personale della Polizia Municipale che aveva fatto accesso in loco in data 23 gennaio 2015 su segnalazione dell’ufficio che gestisce gli alloggi di edilizia pubblica, che avevano bussato, che l’imputato odierno aveva aperto loro la porta, che l’alloggio era completamente arredato e in buone condizioni, che tale alloggio risultava all’ufficio sopra indicato essere libero e “non assegnato” ad alcuno, che l’imputato non aveva esibito alcun documento che legittimasse la sua presenza all’interno dell’alloggio. DIRITTO

L’imputato è stato compiutamente identificato per cui è certa la sua identità ex art. 66 c.p.p.

Sulla base di quanto precede e in assenza di ogni giustificazione in merito da parte dell’imputato che ha scelto di non presenziare al processo risulta pacificamente provato il fatto in contestazione pienamente sussistente in tutte le sue componenti soggettive e oggettive. Ed invero egli ha occupato con coscienza a volontà un alloggio di proprietà dell’ARTE sito in Genova via (…) senza averne alcun titolo abilitativo fatto che integra il reato di cui agli artt. 633 – 639 bis c.p.

Ed invero la norma de quo intende tutelare per l’imprescindibile esigenza di tutelare disordini sociali l’interesse pubblico alla inviolabilità del patrimonio immobiliare e particolarmente il diritto di godimento che spetta al proprietario, al possessore o a chi abbia l’esclusività dell’uso garantita dalla legge contro quelle forme di introduzione nel “fondo altrui” che sostanziano un’intensa aggressione del bene tutelato.

La Cassazione ha precisato che per la sussistenza del reato non sia necessaria che si sia in presenza di un fatto di particolare gravità perché la parola “invasione” non va assunta nel suo significato etimologico che richiama l’idea della violenza fisica o della forza soverchiarne del numero di persone ma sta ad indicare l’accesso o la penetrazione arbitraria nell’immobile altrui compiuto per immettersi nel possesso dello stesso o per trarne un qualunque profitto.

Non può essere applicata ai caso in esame l’esimente di cui all’art. 54 c.p. e che pertanto il fatto ascritto all’imputato sia scriminato per lo stato di necessità.

Si rileva che è particolarmente controversa in dottrina e in giurisprudenza l’applicazione dell’art. 54 c.p. al reato di invasione arbitrari di edifici con riguardo a quelli di edilizia pubblica onero si possa o meno applicare l’art. 54 c.p. nell’ipotesi in cui il soggetto abbia posto in essere il fatto tipico – consistente nell’invasione arbitraria di immobili dell’edilizia pubblica in stato di bisogno economico e abitativo. Si riscontrano in merito diverse posizioni.

A fronte di un indirizzo molto rigoroso della giurisprudenza di legittimità che nega, in linea di principio, che la necessità economica e in specie abitativa possa trovare considerazione nell’ambito della scriminante di cui all’art. 54 c.p. (vedi Cass. 9 aprile 1990, in Riv. Pen. 1991,167; Cass. 3 giungo 1987, in Riv. Pen., 1988, 243) si registrano alcune sentenze più

recenti che pur ammettendo in linea di principio che la mancanza di un alloggio dignitoso possa fondare una situazione di “pericolo di danno grave alla persona” richiedono poi un accertamento particolarmente rigoroso dei requisiti “dell’attualità” e “dell’inevitabilità” del pericolo (vedi ex plurimi,r Cass. Pen. Sez. III 2 dicembre 1997, RV 209047).

In particolare la Cassazione con sentenza n. 239447 del 2008 ha precisato che “ai fini della sussistenza dell’esimente dello stato di necessità nel concetto di danno grave alla persona rientrano non solo lesioni della vita e dell’integrità fisica ma anche quelle situazioni che attentano alla sfera di diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall’art. 2 della Costituzione tra le quali rientra il diritto all’abitazione: l’operatività dell’esimente presuppone peraltro gli ulteriori elementi costitutivi dell’assoluta necessità della condotta e dell’inevitabilità del pericolo.

Ne consegue che tale concetto estensivo di danno grave alla persona comporta la necessità di una più attenta e penetrante indagine diretta a circoscrivere la sfera di azione dell’esimente ai soli casi in cui siano indiscutibili gli elementi costitutivi della stessa – necessità e evitabilità – non potendo i diritti dei terzi essere compressi se non in condizioni eccezionali chiaramente comprovate (Cass. Sez. 07/237305).

Applicando i principi sopra illustrati al caso in esame si evidenza che l’istruttoria dibattimentale non è emerso in alcun modo che quando l’imputato si è introdotto nell’immobile de quo egli dovesse salvarsi da un pericolo attuale di un danno grave alla persona né che tale ipotizzato pericolo fosse non altrimenti evitabile.

Non vi sono alla stato degli atti elementi per concedere all’imputato le attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p.p.

Tenuto conto della complessiva modestia del fatto pare opportuno comminare la sola pena pecuniaria.

Valutati gli elementi di cui all’art. 133 c.p. ed, in particolare, la ridotta gravità del fatto e la minima capacità a delinquere dell’imputato (incensurato), si stima equa per BU.GI. in ordine al reato ex artt. 633 – 639 bis c.p. a lui ascritto nel DCG la pena di 400,00 Euro di multa.

Essendo stata inflitta una pena pecuniaria di non ingente importo non pare conveniente per l’imputato beneficiare della sospensione condizionale della pena tv art. 163 c.p. Si concede invece il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario ex art. 175 c.p.

All’affermazione della responsabilità segue infine la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Visti gli artt. 533 – 535 c.p.p. dichiara BU.GI. responsabile del reato a lui ascritto in rubrica e lo condanna alla pena di 400,00 Euro di multa oltre ai pagamento delle spese processuali.

Visto l’art. 175 c.p. concede all’imputato il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario.

Così deciso in Genova il 23 gennaio 2017. Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2017.

3732.- Schiave, riti voodoo e sottomissione. Viaggio nella ferocia della mafia nigeriana

È un argomento che trovate trattato ai numeri 1390, 1391, 1532, 1784, 2246, 2280, 2360, 2361, 3419.

Ricordate “Pamela? Sono stati ieri tre anni. Fu uccisa con riti voodoo, bevvero il suo sangue, fu fatta a pezzi e ritrovata in due valigie. Oggi si torna a parlare della mafia nigeriana. Torno indietro di tre anni e trovo Meluzzi che spiega, con un nodo alla gola:

Il cuore di Pamela è stato mangiato. Chiunque sia un esperto di criminologia lo sa da tempo. Soltanto che una verità così angosciante non si può rivelare. Il politicamente corretto lo esige. E la magistratura, consapevolmente o meno, nasconde la completa verità per la paura  che Macerata insorga, vi sia un sommovimento popolare che potrebbe travolgere le istituzioni.

Meglio minimizzare, preparare a poco a poco l’opinione pubblica alla tragica verità, se mai verrà rivelata. Vede, mangiare il cuore di una donna è un rito comunissimo tra i bambini soldati della Nigeria e tra i componenti mafiosi dell’Ascia Nera in Nigeria: si beve il sangue del corpo di una giovane donna, come se si succhiasse loro l’anima, si mangia il loro cuore, per impadronirsi della forza della morta.

E’ un rito ancestrale che risale ai tempi dei tempi, dove vigeva il cannibalismo. E probabilmente questo è avvenuto anche con Pamela. Solo che si tace.  

In Nigeria, a Lagos, vi sono dei ristoranti dove si cucina carne umana proveniente dai sacrifici umani.  Sui gommoni arriva gente ferma ai tempi dell’età della pietra. Ecco perché ora le istituzioni tacciono, minimizzano. 

Ma noi criminologhi sappiamo da tempo. Succederà ancora. Solo che esitiamo a dirlo: non vogliamo essere definiti nazisti o razzisti, Ma purtroppo è così: il cuore di Pamela è stato mangiato da un gruppo di africani”.

Parliamo delle donne nigeriane importate come bestie, col favore del governo.

In una intervista di Claudio Bernieri, parla una di queste: «Come gli schiavi liberi dopo aver pagato fino a 30.000 euro. E chi non porta soldi ogni giorno viene picchiata, costretta al digiuno».

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In Nigeria, a Benin city, nell’Edo State, e’ accaduto un fatto storico che potrebbe liberare molte ragazze vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale

Fa paura questa mafia nigeriana. Che nasce nelle università come confraternite e che è dilagante oltre ogni immaginazione. In Italia, in Europa, nel mondo. Il suo collante è l’intimidazione e i riti juju, un misto di rito vodoo impregnato da giuramenti e sottomissioni. I suoi affari sono droga e prostituzione. «Le ragazze destinate alla prostituzione sono moderne schiave, vittime di violenza e di stupri.

Sappiamo che le ragazze che si prostituiscono devono pagare diciamo una rata per l’occupazione del suolo pubblico. A chi e chi sono gli esattori?

Questo racconto nasce a gennaio di tre anni fa, con una ragazza costretta a prostituirsi che decise di raccontare il dramma che aveva vissuto e che stava vivendo. Convinte a partire per avere un futuro di lavoro come cameriere o parrucchiere e invece si ritrovano costrette a prostituirsi dopo un viaggio allucinante che le ha portate in Niger e poi in Libia dove, in veri centri di stoccaggio, di detenzione vengono istruite alla prostituzione. E violentate.

Costrette a dover pagare un riscatto per tornare libere?
«Come gli schiavi liberi dopo aver pagato fino a 30.000 euro. E chi non porta soldi ogni giorno viene picchiata, costretta al digiuno».

Tutto questo accade a Castel Volturno come in Piemonte, in Veneto o in Sicilia. E poi c’è il grande affare dell’accoglienza. Il prefetto di Reggio ha notificato una interdittiva antimafia a una cooperativa che gestiva l’accoglienza di 700 richiedenti asilo.
«Dove ci sono i soldi c’è la Ndrangheta. Nell’inchiesta sul centro di accoglienza di Isola di Capo Rizzuto persino il prete ha preteso 180.000 euro da giustificare sotto la voce di assistenza spirituale».

Uno spaccato inquietante. i fermi di Lamezia Terme sono solo l’inizio di una indagine destinata ad allargarsi. Tra le carte c’è la testimonianza di Blessing, che ha deciso di collaborare con la magistratura. Ecco una sintesi delle sue dichiarazioni.
«Appartengo a una famiglia molto povera e ho due figli che vivono attualmente con mia mamma a Oute in Nigeria, dove ci sono anche mio fratello e mia sorella». «Ho lasciato il mio paese e sono venuta in Italia per migliorare la mia condizione di vita e quella dei miei familiari rimasti in Nigeria, dopo aver accettato la proposta di Johnson, che mi aveva promesso un aiuto per raggiungere l’Italia, dove mi avrebbero fatto trovare un lavoro legale, che mi avrebbe consentito di restituire gradualmente la somma di circa l5mila euro, che mi era stata anticipata per affrontare il viaggio, e di guadagnare per aiutare economicamente i miei familiari». «Prima della partenza, avevo dovuto giurare, attraverso un rito wudu praticato da uno stregone, di restituire questa somma economica una volta giunta in Italia e che avrei dovuto rispettare le indicazioni della signora (madame) che avrei trovato qui e che mi avrebbe indicato il lavoro da fare. In quell’occasione erano presenti al rito di giuramento anche mio fratello, mia sorella, Johnson e Ifanyi, un ragazzo di etnia igbo di circa 30 anni, fratello maggiore – a suo dire – della signora (madame) che avrei conosciuto in Italia».

«E’ cosi che sono partita dalla Nigeria per giungere in una macchina guidata da Ifanyi fino in Libia, attraversando il Niger e il deserto. È stato un viaggio completamente diverso rispetto a quello che mi avevano prospettato: nel deserto sono stata violentata da altri nigeriani; durante una sosta in Niger ho saputo casualmente da un’altra ragazza nigeriana che il vero lavoro che avrei dovuto fare, una volta giunta in Italia, sarebbe stato quello della prostituzione; in Libia sono rimasta tre quattro mesi a casa di un signore ghanese, che si faceva chiamare papa, che costringeva me e altre cinque ragazze anche loro nigeriane (Stella, Vivian, Haisse e altre due di cui non ricordo il nome) a fare sesso con lui e con altre persone abitanti la sua casa. Non avevamo altra scelta perché non ci facevano uscire e, se non ci concedevamo a tutto quello che ci chiedevano, non ci davano da mangiare e ci picchiavano. Più volte, dopo aver capito le vere intenzioni delle persone e il vero motivo del viaggio, avevo chiesto spiegazioni e aiuto a Ifanyi. Non sapevo come fare: non avevo soldi, ero senza cellulare e chiusa in casa insieme alle altre 5 ragazze; lo stesso Ifanyi mi ha intimato di finire di chiedergli aiuto, perché dovevo soltanto acconsentire e obbedire a quello che successivamente in Italia mi avrebbe detto di fare la sorella (madame), pena le ripercussioni sulla mia famiglia e sui miei figli in Nigeria».

«Dopo quattro mesi trascorsi a casa di questo signore che si faceva chiamare papa, io e le altre cinque ragazze siamo state accompagnate da un signore arabo in un altro posto. Era una specie di campo in Libia, dove vivevano tante persone, alcune delle quali venivano continuamente a chiedere a me e alle altre cinque ragazze di praticare attività sessuale. Tuttavia, il ragazzo arabo, che ci aveva accompagnato da casa del papa fino in quel campo, si frapponeva ed evitava che fossimo costrette a prostituirci o venissimo violentate. Preciso che mi ero separata da Ifanyi, quando ero stata data a questo signore arabo, che mi aveva portato in questo campo ed era amico di Ifanyi, che quest’ultimo era già arrivato in Italia e mi stava aspettando con la sorella (madame). Tramite Kelvin, Ifanyi mi aveva dato l’indicazione di mettermi immediatamente in contatto con la sorella (madame), una volta che sarei sopraggiunta in Italia, contattandola fingendo a chi mi avrebbe prestato il cellulare o dato una scheda telefonica di voler contattare i miei parenti in Nigeria; sempre secondo queste indicazioni, non avrei dovuto dire niente di quello che mi era successo e non avrei dovuto usare il nome “madame”, con il quale la sorella di Ifanyi veniva chiamata dallo stesso, e soprattutto non mi sarei dovuta fare identificare».

«Da questo campo libico ci hanno trasportato sulle coste e ci hanno fatto salire su una barca che è sbarcata il 13/02/16 in Sicilia. Subito dopo lo sbarco, sono stata identificata e portata prima in un centro di accoglienza in Sicilia e poi in un altro in Calabria. Appena sbarcata, sono riuscita ad avvisare mia madre per dirle che ero viva, ma ho avuto sempre grande vergogna di dirle ciò che mi era successo e il giro in cui ero finita. Avevo vergogna e paura che potesse succedere qualcosa di brutto a tutti noi. Giunta in Calabria, a Olivadi, con l’aiuto di un’altra ragazza accolta nel centro, ho contattato la madame al numero che mi aveva dato Ifanyi. Costei si è presentata come Elisa e mi ha detto che sarebbe venuto un signore di nome Osagie (detto Osas) a prendermi all’indirizzo del centro di Olivadi, che le avevo dato. Dopo due giorni, è venuto Osas a prendermi per portarmi dal campo di Olivadi a casa sua a Lamezia Terme Sant’Eufemia». «Abbiamo viaggiato con un pullman di colore blu fino a Sant’Eufemia e Osas mi ha portato a casa sua. Qui c’erano la moglie e la figlia di due anni di nome Gift; c’erano inoltre due ragazze di nome Favor e Juliet Success, anche loro nigeriane. Era una casa a un piano molto alto: una casa grande con un soggiorno, la cucina vicino al soggiorno e subito dopo un bagno. La stanza di Favor e di Juliet Success era attaccata a quella di Osas e della moglie. Io stavo chiusa a chiave nella stanza di Favor e, una volta che rientravano a casa Favor e Juliet Success, mi facevano trasferire nel soggiorno e anche in tal caso la moglie di Osas mi chiudeva a chiave».

«Ho aspettato così per circa tre giorni, fino a quando è arrivata la madame, che era stata chiamata dalla moglie di Osas, che l’aveva avvisata del mio arrivo. Sopraggiunta la madame, costei ha detto alla moglie di Osas di aggiustarmi i capelli perché avrei dovuto prostituirmi. Mi hanno dato dei vestiti che avrei dovuto indossare per prostituirmi: alcuni li aveva portati la madame nella sua borsa; altri me li ha dati la moglie di Osas. Ho provato a rifiutarmi, ma mi è bastata la sua smorfia e la sua aria minacciosa per capire che non avrei avuto altra scelta. Quella sera stessa sono dovuta uscire con Juliet, per andare nel parcheggio (quello con il trenino al centro) di Sant’Eufemia a prostituirmi. Ricordo che, prima di uscire, la moglie di Osas mi ha dato il cellulare, spiegandomi come avrei dovuto comportarmi: quando si fermavano i clienti avrei dovuto indicare due dita o tre dita, in segno di 20 o 30 euro. E’ stata lei ad andare a comprare i preservativi con i 5,00 euro che le ho dovuto dare. La stessa mi ha dato il cellulare e mi ha detto che sarei dovuta scappare in caso fosse arrivata la Polizia e che, se mi avessero fermata, non avrei dovuto dire nulla».

«La madame, invece, è rimasta per due giorni in quella casa e poi è andata via. La prima sera non sapevo neppure come fermare le macchine. E’ stata Juliet Success a fermare un cliente per me e, dopo la fine del servizio, ho ricevuto la paga di 20,00 euro. Rientrata a casa, ho dovuto dare i soldi guadagnati dall’attività alla moglie di Osas che ne ha preso nota su un foglio. La moglie di Osas ha sgridato me e Juliet Success perché eravamo rientrate troppo presto, e Juliet Success le ha detto che avevamo fatto rientro prima perché c’era la polizia nella zona. Preciso che non distinguendo bene i luoghi, non mi ero neppure accorta dell’accaduto».

«Il giorno dopo siamo andate a prostituirci a domicilio da due ragazzi che ci hanno dato 50,00 euro. Tornate a casa Juliet Success, ha consegnato questi soldi alla moglie di Osas. Sono rimasta a casa anche perché faceva freddo e mi vergognavo. La moglie di Osas mi ha detto che avrei dovuto portare i soldi a casa se volevo mangiare e vivere. Le sere ero costretta a uscire per andare a prostituirmi nel parcheggio. Le prime volte non riuscivo, mi vergognavo e i clienti non si fermavano. Rientrata a casa, lei mi diceva che non avevo lavorato bene e non mi faceva mangiare e mi diceva che se non avessi lavorato, non mi avrebbe fatto rimanere lì e avrei passato grossi problemi».

«Io e Juliet Success andavamo a prostituirci nel parcheggio dietro la stazione; Favor prendeva il treno per andare in un altro posto a prostituirsi.
Una volta ottenuto il permesso di soggiorno, Juliet Success ha iniziato a prostituirsi in un’altra zona, su indicazione della moglie di Osas. Io invece continuavo a prostituirmi nel parcheggio. Così è stato per circa due mesi. In un’occasione sono rimasta per tre giorni a casa perché non volevo più prostituirmi. La moglie di Osas ha chiamato la madame che è sopraggiunta immediatamente con due persone, un ghanese e un nigeriano. Tutti e tre, la madame, il ghanese e il nigeriano, mi hanno picchiato. Tutte le volte che tornavo senza soldi rimanevo senza mangiare».

«Preciso che Juliet Success dava il ricavato della prostituzione a Osas; io e Favor alla moglie. Per un periodo di tempo nell’abitazione di Sant’Eufemia, nella mia stessa stanza, aveva vissuto un’altra ragazza di nome Precious che si prostituiva insieme a Favor. A volte riuscivo a telefonare di nascosto in Nigeria, acquistando una ricarica di euro 5,00: sentivo mamma e mi vergognavo di dire quello che stava accadendo. Una volta ho sentito il marito di mia sorella e gli ho detto che stavo lavorando in un supermercato. Ma era domenica e i supermercati erano chiusi e lui ha capito che non stavo dicendo la verità; mi ha chiesto come mai non fossi andata in chiesa. Lui mi ha detto di pregare e poco dopo mi hanno fermata e sono stata accolta nel progetto».

da Claudio Bernieri

2361.- MAFIA NIGERIANA: “SACRIFICI UMANI SUI BARCONI”

VOX

Il reporter Claudio Bernieri, esperto di mafia nigeriana, ha inviato a Vox l’intervista al prof. Vincenzo Musacchio, che dirige sua scuola itinerante, ”scuola di Legalità Don Beppe Diana”. Presidente e direttore scientifico dell’Osservatorio Regionale Antimafia del Molise, docente di diritto penale e criminologia in varie Università italiane ed estere tra le quali l’Alta Scuola di Formazione della Presidenza del Consiglio in Roma , il prof. Musacchio forse è lo studioso ed esperto di criminalità organizzata più adatto a spiegare il caso Pamela.

Nell’intervista, Bernieri rivela la testimonianza di alcune prostitute nigeriane arrivate coi barconi: sacrifici umani della mafia nigeriana, praticati sui barconi per ‘ingraziarsi gli dei’.

“Tiene corsi sull’ Ascia Nera, professore?
“Sappiamo bene cos’è la Black Axe. Ha di fatto, introdotto in Italia il business del traffico di esseri ed organi umani. Nasce in ambito universitario nel 1970. Con la fusione di varie confraternite, questi gruppi sono divenuti sempre più violenti. Negli anni novanta si ha l’espansione al di fuori delle Università e con i grandi flussi migratori arrivano in Europa e in Italia ed entrano a pieno titolo tra i grandi trafficanti internazionali di droga”.

“Come arrivano gli affiliati della mafia nigeriana in Italia? Via mare? Via aerea?”
“Certamente arrivano via mare ma anche via aereo. La Dia nella sua ultima relazione semestrale conferma che in Italia opera il clan nigeriano chiamato Black Axe e che sia una consorteria a struttura mafiosa. I gruppi nigeriani, grazie ad una struttura reticolare distribuita su tutto il mondo, riescono a garantirsi, all’origine, l’acquisto delle sostanze stupefacenti. Altrettanto articolate e connotate da particolare violenza, aggiunge la Dia, sono risultate poi le modalità con le quali viene gestita la tratta di persone, la prostituzione e il traffico di organi umani.

“Alcune prostitute nigeriane dicono che sui gommoni vengono praticati sacrifici umani per ingraziarsi gli dei del mare in tempesta… è possibile?”
“L’uso di ritualità magiche e di riti tribali, essendo la simbologia un elemento fondamentale dell’organizzazione mafiosa, è ormai un dato assodato anche in sede giudiziaria. Chi afferma non esistano, non conosce a fondo la mafia nigeriana. Del resto, l’accertamento di simili pratiche potrebbe facilmente appurarsi con le testimonianze delle povere vittime della tratta di persone e di organi umani. I riti voodoo, ad esempio, servono a mantenere legate soprattutto le donne, merce da strada per il sesso a pagamento a costi bassissimi”. 

“Cosa sono allora i culti che legano gli affiliati nigeriani alla organizzazione?”
“Come ho detto prima il vincolo associativo è esaltato da una forte componente mistico-religiosa. Uno dei riti di iniziazione più frequenti è il sottoporsi a frustate da parte del Capo dell’organizzazione. Gli affiliati devono obbedienza assoluta al Capo e devono accettare l’ampia discrezionalità nella decisione di sanzioni che vanno da brutali pestaggi e frustate, sino al taglio a colpi di machete di parti del corpo (dita, mano, fino al taglio della testa per chi tradisce)”.

“Cannibalismo e riti tribali…le risulta? Caso Pamela: come spiega che la povera ragazza sia stata disossata e dissanguata da un chirurgo esperto ? A quale scopo? Non si trova il collo… come mai?“
“Su questo caso non ho conoscenze specifiche ma credo che si sia trattato di un evento che purtroppo si collega a prassi che nella mafia nigeriana usa spesso, come ad esempio, lo smembramento della vittima. Nella cultura mafiosa nigeriana mangiare, ad esempio, il cuore della vittima simboleggia forza, potere, coraggio. Non ritengo che possa essere coinvolto un chirurgo esperto e lo smembramento probabilmente serviva a incutere terrore nei testimoni e a occultare meglio il cadavere.”

“Quali sono i rapporti tra mafie tradizionali, presenti sul nostro territorio, e questa ultima organizzazione?
“Cosa Nostra in questo periodo collabora con la mafia nigeriana, creando un circuito criminale chiuso in cui molti migranti nigeriani restano intrappolati. Anche la Campania, e nello specifico la zona di Castel Volturno, ad esempio, sta diventando parte di quest’orribile circuito perverso. In Sicilia, Ballarò, una piccola area di mercato, è diventata una roccaforte della mafia nigeriana enormemente redditizia poiché consente alla stessa spacciare droga e di esercitare la prostituzione. Recentissima è anche la collaborazione tra la mafia foggiana e garganica e clan nigeriani. Quest’ultima collaborazione produce frutti nel lavoro nero in agricoltura (caporalato) e nella prostituzione a basso costo. Per quanto riguarda i minori, la mafia nigeriana fornisce “il materiale” per il settore dei trapianti clandestini, in massima parte con eliminazione del “donatore”. I nigeriani uccidono i bambini per asportare i loro organi, spesso, i minori sono presi dalle famiglie giustificando tale condotta criminosa come uccisioni sacrificali o casi di magia nera. Le loro carcasse svuotate degli organi sono seppellite nelle campagne all’interno di fosse comuni.”

“Ma è un fenomeno italiano o internazionale?
“Ogni anno nel mondo 60.000 bambini sono utilizzati nel traffico di organi umani, fruttando un miliardo e mezzo di dollari. Di essi un terzo è gestito dalla mafia nigeriana. Eppure si nasconde, si minimizza, si nega. Perché? Di certo spinti dal bisogno economico intere famiglie, hanno lasciato la Nigeria e la loro rete di parenti per venire sulle rive dell’Europa, dove non hanno protezione e nessuna prospettiva di lavoro. Il traffico di organi lega indissolubilmente insieme la mafia nigeriana, cui spetta il procacciamento delle vittime e lo “smaltimento dei rifiuti”, e le persone cd. “perbene”.

“Chi esegue l’espianto e il trapianto?
“Certamente chirurghi esperti in cliniche attrezzate. Occorrono medici, anestesisti, infermieri. Ci vogliono complici nelle istituzioni, perché una clinica non può funzionare senza di esse, tantomeno una clinica dove si fanno trapianti. Ci sono, infine, i ricchi fruitori dei trapianti clandestini. Gente stimata, rispettata, di successo, che può spendere centinaia di migliaia di euro per il trapianto e che è totalmente priva di scrupoli: la parte peggiore di tutto quest’orrore. Credo che su questo fronte convenga impegnarsi di più e in maniera concreta, particolarmente in collaborazione con la società civile, l’associazionismo – da sempre sul fronte del contrasto alle mafie – per evitare che, un domani non troppo in là da venire, ci possiamo trovare tutti a piangere sul troppo tempo sprecato senza neppure la minima forza di reagire. Di fronte a quest’orrore non ci si può fermare, bisogna continuare a tenere la guardia alta”.

“Ma alcuni giornalisti in Campania e lo stesso sindaco di Castel Volturno, affermano che il traffico di organi umani sia una fake news. Non esisterebbe a Castelvolturno..”
“Sul fatto che i trapianti non si facciano a Castel Volturno credo sia un dato certo. Altrettanto certo è che a Castel Volturno come in altri posti dove regna la mafia nigeriana vi sia il materiale primo per fornire gli organi umani. Quest’ultima affermazione si fortifica oggettivamente laddove si sa per certo che in quel Comune, ad esempio, vi sono circa quindicimila nigeriani in gran parte clandestini. Del resto è la stessa magistratura a confermare che il traffico di organi umani è altissimo in Nigeria e ha il suo mercato e la sua materia prima in Europa , Italia compresa. Perché Castel Volturno dovrebbe essere esclusa?

“Ma dove sarebbero queste cliniche? Sul litorale Domiziano? A Napoli? Finora nessuno le ha trovate”
“No, le cliniche sono nei centri attrezzati o all’estero. Alcune le hanno persino trovate e distrutte come quella del medico tedesco che dirigeva la clinica dell’UCK, nel Kossovo.. e lavorava persino in Germania. Tra i fornitori di organi umani vi erano gli indiani, i pakistani e i nigeriani. Ci vogliono complici nelle istituzioni, perché una clinica non può funzionare senza di essi, tantomeno una clinica dove si fanno trapianti”.

“E il nome, professore..”
“La clinica per espianti era in Kosovo con una appendice in Macedonia ma il nome del chirurgo non lo possiamo scrivere perché assurdamente non è indagato..”

“Perché secondo lei la FBI è allora venuta in Italia, in Campania, non è andata in Macedonia
“Si tratta di un’indagine condotta in maniera congiunta da FBI e Polizia italiana che ha assestato un duro colpo agli affari della mafia nigeriana in Campania. Le indagini americane hanno permesso di sgominare una tratta di esseri umani: persone che dall’Africa sono arrivate in Italia per essere impiegate nei mercati illegali della prostituzione e del contrabbando di organi. La Polizia italiana di Roma, Caserta, Palermo e Torino ha coadiuvato l’FBI nelle indagini. Presto dovrebbe iniziare a collaborare anche la Polizia canadese. Vedremo ancora novità nei prossimi mesi.”

“Ma allora perché l’FBI è andata a Castel Volturno ?
“Per i meccanismi operativi che riguardano gli aspetti che ho precedentemente elencato e perché a Castel Volturno c’è la più grande comunità nigeriana composta da clandestini.”

“Scusi allora se insisto; secondo lei, le mafie nostrane, Cosa Nostra, Ndrangheta, Camorra, Mafia Pugliese, collaborano con la mafia nigeriana? Sono state scalzate da questa?
“Non credo che la mafia nigeriana sia in grado di scalzare le mafie nostrane e comunque vi è certamente un rapporto proficuo di piena collaborazione e per ora la parte del dominus è ancora svolta dalle mafie autoctone. Le organizzazioni mafiose dal passato hanno imparato che non conviene mai farsi la guerra e che è sempre più conveniente trovare accordi per spartirsi il territorio e gli affari economici che esso offre”.

“Si mormora ad esempio a Torino che il pizzo ora viene richiesto dalla mafia nigeriana? Può essere?”
“Si ,potrebbe essere. Ma se così fosse questa situazione è certamente frutto di accordi tra le mafie che occupano quel territorio. Se così non fosse assisteremmo immediatamente ad una guerra tra cosche rivali”.

“Allora: secondo lei, la Camorra è stata scalzata dalla mafia nigeriana?”
“Più che di camorra parlerei del clan dei Casalesi. Ritengo che nelle zone di vecchia pertinenza dei Casalesi vi sia una momentanea supremazia dei nigeriani ma parlare di sconfitta della Camorra a vantaggio della mafia nigeriana lo escluderei nettamente”.

“Il sindaco di Castel Volturno sostiene però che i militari sono inutili a Castel Volturno, sarebbero più utili i vigili urbani a monitorare le case occupate.”
“A prescindere dal caso di specie, credo che il sindaco debba fare il suo mestiere e cioè rappresentare e tutelare la sua comunità. Le valutazioni di ordine pubblico e giudiziarie non competono a lui ma ad organi, fortunatamente, specificatamente individuati dalla legge e dalla Costituzione. A ognuno il suo mestiere! Certo che se qualche Sindaco, invece di fare polemiche o contestare le leggi, esercitasse bene il suo mandato, i propri concittadini starebbero certamente meglio”.

2360.- MELUZZI: “MAFIA NIGERIANA STA CONQUISTANDO MILITARMENTE L’ITALIA”

«La mafia nigeriana è fuori controllo ed è profondamente radicata in Italia».
Così Alessandro Meluzzi, nel corso della presentazione al Salone del Libro di Torino, di “Mafia Nigeriana – origini, rituali, crimini” (edito da Oglio).

Come sempre, non usa mezzi termini e chiama in causa il buonismo di Papa Bergoglio verso i migranti.

«La mafia nigeriana è molto potente ha una diffusione planetaria, gestisce il monopolio dello spaccio al minuto, delle droghe pesanti a partire dalla micidiale eroina gialla».

«Sta assumendo – continua Meluzzi – un controllo militare del territorio, anche attraverso attività snobbate da altre mafie come lo sfruttamento della prostituzione del mercato di organi-. Si è anche imposta come a Castelvolturno nel traffico dei rifiuti e nello sfruttamento del lavoro nero agricolo».

Si tratta di «una minaccia vera non solo per la convivenza civile e per l’ordine pubblico ma anche per la sicurezza nazionale perché quando si importano 100 mila persone in due anni, completamente fuori controllo, anonime e in grado di gestire business molto lucrosi, ci troviamo di fronte a una minaccia. assolutamente superiore alle capacità delle forze dell’ordine di controllarla».

«C’è il politically correct, trattandosi di africani connessi alle migrazioni illegali, perché c è il il buonismo dominante e Bergoglio. Si può vomitare sui calabresi per la ‘ndrangheta, e giustamente per quelli devianti, ma non si può parlare male degli africani».

Alla presentazione del libro a fianco di Meluzzi il candidato in Regione Piemonte per Fratelli d’Italia Maurizio Marrone. A sorpresa il filosofo Diego Fusaro è passato per un saluto.

Il PD in questi anni ha traghettato in Italia quasi 100mila nigeriani. E ora l’esercito della mafia nigeriana si sta prendendo le nostre città. Con Salvini, ne sono sbarcati ZERO.

Secondo voi la mafia nigeriana chi vuole che vinca le elezioni?

Che la mafia nigeriana stia occupando militarmente l’Italia grazie ai traghettamenti del Pd è cosa nota.

“Bande di immigrati si stanno appropriando di intere aree del territorio italiano e si stanno preparando alla guerriglia etnica in stile africano”

“Gruppi di migranti nigeriani che in un primo momento collaboravano con le mafie per lo sfruttamento della prostituzione ed il traffico delle droghe, ora stanno organizzando bande paramilitari per controllare il territorio italiano”, così un articolo del “Times” del 29 giugno 2017, a cui si sono aggiunte pubblicazioni successive del “Guardian”. Parlavano di gang criminali nigeriane e centrafricane che operano in Italia, già soprannominate dall’intelligence britannica “I Vichinghi”: 

“I membri sono soliti portare il machete come arma – riferiscono le fonti britanniche – hanno prima controllato il traffico di esseri umani, ed oggi usano il capoluogo siciliano come punto d’approdo e smistamento in Italia per centinaia di migliaia d’immigrati clandestini”.

Tutte ipotesi confermate da fatti di cronaca, ultimi la scoperta del traffico d’organi con fulcro Castel Volturno e lo smantellamento di una cellula della mafia nigeriana nel CARA di Mineo: profughi.

Secondo la stampa inglese il territorio italiano sarebbe ora a forte rischio di “tribalizzazione territoriale”, ovvero le bande di migranti potrebbero appropriarsi di aree e difenderle come usano fare nelle zone del centro Africa già attraversate da guerre civili e atavici conflitti tribali.

Non era una boutade. Innocent Oseghal, Desmond Lucky, Lucky Awelima e i loro fratelli hanno ora mostrato questa realtà al grande pubblico. Negli ultimi anni i nigeriani traghettati in Italia dalle ong sono stati almeno 40 mila. Loro compresi.

Un rapporto della DIA del 2016 faceva riferimento alla criminalità organizzata nigeriana come “la più pervasiva, formata da diverse cellule criminali indipendenti e con strutture operative differenziate ma interconnesse, dislocate in Italia e in altri Paesi europei ed extraeuropei”.

Nonostante questo, i precedenti governi abusivi hanno continuato, per anni, a piazzare i nigeriani in hotel invece di espellerli. Come richiesto anche dal loro presidente. Clandestini trattati da profughi. E questo ha rifornito la mafia nigeriana di migliaia di nuovi membri.

2291.- ALLE RADICI DEL MALE. VIVIAMO, ORMAI, SENZA VALORI, IN UNA INFELICITÀ COLLETTIVA

Soffrono le mie radici. Cadono i valori come frutti guasti. La vita è fatta di anelli concentrici, che chiamo esperienza, come quelli che vediamo sezionando un tronco. Chi ha pochi anelli o non ne ha costruiti affatto, dovrebbe tacere e imparare da chi sa; invece, abbiamo scambiato questa democrazia per il diritto a sparare ogni fregnaccia. Questi parvenue della politica ci hanno assuefatto alle fregnacce, in nome del cambiamento, come prezzo per la loro inesperienza, fino a che le fregnacce sono state tradotte in leggi purché suonassero ribellione e rivalsa contro lo Stato: quello Stato che hanno infiltrato e consegnato alle loro gerarchie petulanti. Una breve scansione: Quota 100: eguale incentivo al lavoro nero e che dovrebbe risolvere la disoccupazione giovanile, creando vuoti d’esperienza e accelerando i turn over senza un approccio strategico; Reddito di Cittadinanza, sperpero e mera propaganda elettorale; altre che ne covano, come le pensioni d’oro degli statali, che d’oro non sono, né furono immeritate, come, invece, le loro. Infine, ma per ora, l’ultima: il Sindacato dei Militari. Lo dico ad alta voce che il Sindacato dei Militari è un’altra fregnaccia, inventata per fare colpo sugli idioti e sulle idiote a 5 stelle, perché conosco bene la Rappresentanza Militare, sia quanto vale sia i limiti oltre i quali, comunque la si chiami, non potrebbe agire. Questi parvenuedella politica mirano a imbozzarsi nel sistema, nel solco di quanti li hanno preceduti, tutti in spregio al principio aristotelico dell’Alternanza. Allora, è bene ribadire che una società democratica vuole la crescita dei cittadini in base al principio di eguaglianza sostanziale e non il loro livellamento al ceto più basso secondo un malinteso principio di eguaglianza. La crescita, sia morale e sia materiale, non può attuarsi con le elemosine (finché ghe n’è!) e finanziando gli investimenti con le tasse; può attuarsi soltanto grazie a quel meraviglioso ascensore sociale che è il Lavoro, condizione di Dignità, quindi, di Libertà.

Non è un caso che chi contesta all’Unione europea il suo deficit democratico, la sua impronta finanziaria simile a quella nazista, si erga a difesa delle identità dei popoli europei e dei loro stati sociali, contro l’immigrazione incontrollata, selvaggia. Sono questi i soli veri europeisti, i paladini della cristianità e quanti li accusano di razzismo, di xenofobia, rivoltando contro di loro l’accusa di nazismo, sono ipocriti volgari, morti di fame nello spirito e nello stomaco, che sgomitano in nome di chissà quale democrazia e di quale cambiamento, al solo scopo di entrare nel sistema. Vogliono solo essere cooptati per vendersi! In men che non si dica, li ritroverai ripuliti e collusi con il dio denaro. Tutto è sovvertito. La moneta, da strumento che era, è ora il dominus dei farisei sugli Stati dell’Unione europea. E già che siamo in argomento, viene a mente il mandato di arresto europeo, con cui la cosiddetta Unione, sempre più franco-tedesca, sta sovvertendo i principi del diritto dei cittadini nei confronti della legge penale. Il pasticcio di leggi, che vengono puntualmente ratificate dalla massa di ignoranti che, grazie a noi elettori, domina il Parlamento, non è, in realtà, un pasticcio. Vuole, soltanto, apparirlo, per rendersi difficilmente comprensibile, ma ha un obbiettivo chiaro e preciso: Demolire le Costituzioni democratiche, con tutti i loro sacrosanti principi, demolire la nostra economia e, soprattutto, fagocitare il “tacchitaliano”, come già ci chiamano. L’Unione è sempre più franco-tedesca? Non si illudano di farla franca! È solo l’applicazione del “DIVIDE ET IMPERA”. Principio un pò vecchio, non vi pare?

Nemmeno è un caso che siano questi ipocriti, immorali, a sostenere i mercanti di esseri umani per portare insicurezza, disordine e squilibrio nelle nostre società. I loro padroni hanno favorito il deficit demografico degli europei per aprire a un rullo compressore di migranti, in gran parte selvaggi, tecnicamente inintegrabili, se integrazione significa scambio di valori che non può aversi con chi valori non ne ha; né può aversi per l’impossibilità finanziaria di provvedere all’educazione (educazione e non rieducazione) di tutti quei milioni e milioni.

Ecco il punto: Il concetto di “non rieducabilità” del selvaggio, tale perché disconosce il rispetto per la vita, il rispetto per la donna, peggio, se istigato da una setta religiosa fanatica, fa a pugni con il nostro Codice Penale, dove la sanzione ha, appunto, lo scopo di restituirci un cittadino che ha sbagliato, ma che aveva ricevuto la nostra educazione, attraverso il DNA e la società.

Li chiamo i farisei di Sion: Mirano al loro Nuovo Ordine Mondiale, al dominio dell’umanità. Un’utopia. Hanno colonizzato ogni ganglo della società civile, hanno sovvertito i nostri principi carpendoci la buona fede, ci hanno disarmato usandoli contro di noi. In nome della Pace, dell’unione dei popoli europei, della crescita dell’economia, abbiamo sottoscritto trattati infami, che hanno reso finanziariamente impossibile l’applicabilità della Costituzione. Eravamo la quarta potenza industriale e siamo alla carità. Privandoci del Lavoro, i servi dei farisei ci hanno privato della Dignità. Sempre più difficile desiderare una casa, una famiglia in cui mettere al mondo dei figli: a cui tramandare che cosa? Invece, un altro “invece”, gli infanti sono diventati le vittime preferite dei depravati. Peggior delitto dell’abuso sugli infanti non c’è.

Questi “farisei padroni” ci erodono le fondamenta. Hanno il dominio, se non la proprietà, dell’informazione e, come i francesi dimostrano, ci stanno privando del suo pluralismo. Sabato 6 aprile il popolo francese ha chiesto di far valere la sua voce per la ventunesima volta. È straniero in casa sua e non può farlo attraverso il Parlamento. Ma era in strada e nessuno, NESSUNO in Italia ne ha parlato. In queste ventuno manifestazioni abbiamo visto la polizia e la gendarmeria francesi, ma penso anche europea, compiere ogni sorta di violenza, spesso gratuita. Terribile!! Non eseguono soltanto ordini. Sono bestie! Chiedo: Quei poliziotti a che popolo appartengono? È questo il dominio che intende dimostrare, imporre il popolo eletto?

Le mura a difesa della società cristiana sono proprio i suoi valori. Senza valori, di noi non resta nulla. L’impoverimento della società europea mira a questo risultato. Come puoi parlare di valori, di rispetto della cosa comune a un ignorante? Ero giovane e davanti all’ambasciata americana dimostravamo a favore del lontano Vietnam. Non ho visto nessuno in Europa dimostrare per il popolo greco.

La Chiesa cattolica era la casa dei valori della cristianità. Chiedo ammenda: Io non so dire se Gesù era Dio, ma so che la sua “è” la parola di Dio. Costituzione e Chiesa erano i nostri baluardi. Come la Costituzione doveva essere il baluardo dello Stato, chiunque governasse, così la Chiesa cattolica era la custode della cristianità. Invece, la Chiesa è uno stato sovrano nello Stato, in cui tresca ogni giorno e papa Francesco mira a conservare e a estendere il suo potere temporale abbracciandosi all’Islam: “Chi ha il cuore razzista si converta”. L’Islam è incostituzionale, le moschee sono incostituzionali, la vendita delle chiese alle associazioni islamiche è incostituzionale e questo è un popolo cagoia. Bergoglio non è più un papa ma solo un propagandista migrazionista antiitaliano. Una voce: Il Cardinale guineano Robert Sarah: “Tutti i migranti che arrivano in Europa vengono stipati, senza lavoro, senza dignità. È questo ciò che vuole la Chiesa? La Chiesa non può collaborare con la nuova forma di schiavismo che è diventata la migrazione di massa”. Jorge Maria Bergoglio, invece, nega anche irresponsabilmente la mafia cannibale nigeriana! Quella che ha sezionato Pamela, viva, ne ha mangiato il cuore, bevuto il sangue e voleva berne il brodo, ma che si è vista contestare soltanto il reato di spaccio e ridurre la pena. Altro che vescovo di Roma! altro che giustizia! …. vergogna e tristezza. È vero: Viviamo, ormai, senza valori, in una infelicità collettiva!

2280.- La guerra della mafia nigeriana per prendersi Palermo. E ORA SI BALLA!

La guerra della mafia nigeriana per prendersi Palermo ha subito un duro colpo. Ma il problema di Palermo non sono i nigeriani. “Chiunque abiti all’albergheria, a ballaro’ e a Palermo può confermare che il problema non sono certo i nigeriani o gli stranieri, anzi i commercianti stranieri sono gli unici che si ribellano al pizzo. Mafia, racket e narcotraffico a ballaro’ come nel resto di palermot sono prerogativa quasi esclusiva della mafia italiana e della criminalità italiana”.

La radice cultista fa facile presa nelle popolazioni selvagge.

Primi pentiti nell’organizzazione che con metodi brutali controlla il traffico di droga e la prostituzione nel centro storico della città . Il contributo di due pentiti è stato determinante nell’operazione No Fly Zone della squadra mobile di Palermo che ha sgomitato l’associazione criminale nigeriana denominata Elye Supreme Confraternity che comprende anche la Black Axe, oggetto di una precedente indagine. 

Dal Giornale di Sicilia: Sono 19 gli indagati e per 17 sono stati emessi provvedimenti di fermo, anche se 10 sono ancora ricercati.

La collaborazione dei due nigeriani è iniziata quasi spontaneamente l’11 e il 14 settembre scorso. Uno dei due uomini, il 9 settembre, in via delle Case Nuove nel mercato Ballarò, è stato aggredito da alcuni connazionali e ferito. Uno degli amici dell’aggredito ha raccontato subito agli agenti che l’aggressione era stata organizzata dalla mafia nigeriana.

Da quel momento è iniziata la collaborazione che ha poi portato alla scoperta dell’organizzazione che si occupa(va) di spaccio di droga, soprattutto crack ed eroina, e di sfruttamento della prostituzione.

IL RITO. Per entrare nell’organizzazione un nuovo “bird” è sottoposto a un rito d’iniziazione e uno di questi è stato registrato da una microspia piazzata nel quartiere palermitano di Ballarò dagli agenti della squadra mobile che oggi hanno condotto l’operazione. La cellula operava anche a Napoli, Torino, Cagliari, Catania, Caltanissetta e in provincia di Treviso.
Nel rito d’iniziazione registrato dalla polizia, l’aspirante membro viene spogliato e spinto a terra, preso a calci e pugni, ferito con un rasoio e poi costretto a bere un intruglio composto dal suo sangue, dalle lacrime – sollecitate dallo strofinio di peperoncino contro gli occhi – e anche di alcol e tapioca.

Al rito partecipano solo alcuni membri che seguono un rigido protocollo. L’iniziato viene sottoposto a gravi atti di violenza che servono in qualche modo a testare la serietà delle sue intenzioni e la sua fedeltà. L’organizzazione ha un rigido sistema di regole e chi trasgredisce subisce severe sanzioni.

L’associazione ha una cassa, alimentata dal denaro degli affiliati, dalla quale si attinge anche per pagare le spese legali degli associati. Indagini tradizionali e intercettazioni hanno confermano quanto racconto da due collaboratori di giustizia nigeriani.

LE ORIGINI. Dalla metà del secolo scorso gli studenti universitari nigeriani iniziarono a organizzarsi in associazioni, conosciute come gruppi cultisti, per potare avanti le loro istanze; ma le loro attività presto degenerarono nell’illecito fino a raggiungere verso gli anni Novanta connotazioni più simili alla mafia italiana. Esistono rappresentanti nazionali, regionali e locali organizzati in modo gerarchico, e organi collegiali al cui interno si individuano figure ben delineate cui sono rimesse le scelte fondamentali dell’associazione e le affiliazioni di nuovi aspiranti che seguono uno specifico rituale.

Cresce il numero di minorenni provenienti dalla Nigeria che sbarcano sulle coste italiane e che diventano vittime della tratta per la prostituzione. Secondo l’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) circa l’80% delle migranti arrivate via mare nel 2016, sono schiave dei trafficanti. 

I GRUPPI. I Black Axe usano come colori distintivi il nero e il giallo e viene spesso utilizzata un’ascia nell’atto di spezzare le catene che imprigionano i neri d’Africa. Gli Eiye usano prevalentemente il bianco e il blu e ogni membro viene chiamato bird o air lord; come i loro antagonisti Black Axe, prediligono le armi bianche, i machete e le bottiglie di vetro spezzate.

I Pirats o Seedogs, i Vikings e Arubaga sono gruppi che derivano dalla stessa confraternita nigeriana, s’ispirano al mare e usano come simboli navi pirata e teschi; prediligono il rosso il bianco e il giallo.

Da News Republic, 4 aprile 2019.

Canti, litanie e botte. Facevano parte del rito di affiliazione alla clan “Eiye“, costola della mafia nigeriana diffusa in tutto il territorio nazionale, colpita oggi nell’operazione “No fly zone” della Squadra mobile di Palermo, con il fermo disposto per 13 persone che avevano assunto un forte controllo sugli affari criminali soprattutto nel quartiere Ballarò. 

A confermarlo due pentiti di rilievo dell’organizzazione, ritenuti esponenti di vertice. “Ingoia, ingoia, ingoia – si sente nell’intercettazione, tra rumori di schiaffi e pugni assestati al nuovo ‘bird‘, costretto a bere il proprio sangue – apri gli occhi, quanti ne vedi, quante dita vedi…”. 

E poi il nuovo membro che si sottomette completamente: “Giuro di sostenere Eiye confraternita moralmente e spiritualmente, finanziariamente e in qualsiasi altro modo e se non lo faccio che il ‘volture’ (l’avvoltoio, ndr) spietato mi strappi gli occhi. Se non rispetto il mio ibaka, rugged per l’eternita’”. Obbedienza o morte e carriera a colpi di reati. Ferocia, affari e rituali sono un connubio strettissimo, confermano i pentiti, un capo e il suo braccio destro. 

Sul clan di nigeriani, raggiunti dai fermi di indiziato di delitto emessi dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, con l’accusa di far parte dell’associazione a delinquere di stampo mafioso, ha contribuito a fare luce, dunque, una ragazza nigeriana vittima di tratta e di sfruttamento della prostituzione, che ha fornito agli agenti significativi elementi in ordine all’appartenenza agli Eiye del suo sfruttatore. Ma soprattutto i due collaboratori di giustizia che hanno rivelato modalità di affiliazione e affari, dalla droga alla prostituzione, nonché la capacità di penetrazione ed espansione territoriale della mafia nigeriana. 

E’ stata quindi individuata la casa di prostituzione all’interno del quartiere storico di Ballarò ed avviata una capillare attività investigativa che ha consentito di ricostruire l’organigramma dell’associazione a livello locale, fino a giungere all’identificazione dei suoi vertici. I membri cercavano di mascherare l’associazione criminale, costituendone una regolare denominata “Aviary”. Nel corso delle indagini sono stati documentati numerosi episodi violenti riconducibili all’associazione e alla sua capacità di imporsi sul territorio.

1847.- Pamela Mastropietro. Chiuse le indagini per la procura di Macerata il cannibalismo è un assassinio qualunque, perciò, è Innocent Oseghale l’unico assassino e stupratore.

La procura di Macerata tratta l’omicidio di Pamela come il fatto di un singolo. Con riguardo alle dichiarazioni dei complici,non valuta la pericolosità sociale del cannibalismo, né adotta misure di prevenzione. Il Codice Penale non è il libretto di Mao e il cannibale non è un mafioso. Dietro la solerte chiusura delle indagini sul fatto di cannibalismo di Pamela a Macerata, c’è sotto qualcosa di molto grosso e pericoloso, che può coinvolgere persone, enti e istituzioni che non so quanto vadano tutelati. Se il ministro degli interni Salvini inviasse un’ispezione, sarebbe opportuno e prudenziale. Il cannibalismo in Nigeria, Congo, Ghana ed altri paesi africani è una pratica rituale ancora molto diffusa. C’è anche un commercio di carne umana. Buonisti è negazionisti non lo ammettono, ma basta andare su you tube per vedere. Dobbiamo essere consapevoli di ciò che hanno importato nella nostra società, per comprenderne la pericolosità sociale. Il cannibale non è un mafioso che potrebbe e non potrebbe agire. Può esserlo in qualunque istante. La procura di Macerata non ne è consapevole e li libera. Guardate la foto di questo articolo, rabbrividite e rendetevi conto di chi stiamo accogliendo, Pamela ha fatto la stessa fine.
Mario Donnini

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Fatti di Macerata, chiuse le indagini. Chiuse davvero? Roberto Buffagni dubita.
di Maurizio Blondet – Roberto Buffagni

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Ieri la Procura di Macerata ha chiuso le indagini sull’omicidio di Pamela Mastropietro. Unico indagato, Innocent Oseghale, che dovrà rispondere di omicidio volontario, vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere, con l’aggravante di aver ucciso Pamela durante uno stupro dopo averla drogata. Sulla violenza sessuale, c’è discordia con il GIP e il tribunale del Riesame, che ritengono non sufficientemente provata la custodia cautelare per violenza sessuale. L’uomo potrebbe aver ucciso, infatti, perché colto dal panico quando vide Pamela collassare dopo l’iniezione di eroina. Per la Procura, invece, il movente scatenante fu la violenza. Oseghale avrebbe comunque violentato, ucciso e smembrato il cadavere da solo: scagionati da tutte le accuse connesse all’omicidio Lucky Awelima e Desmond Lucky, che restano in carcere per la sola accusa di spaccio (Quindi, il cannibalismo è un assassinio qualunque. Ndr). [1]

Giudicando con le informazioni di cui dispongo (i media e basta) le conclusioni delle indagini sembrano gravemente incoerenti con gli elementi disponibili. Ho illustrato un paio di settimane fa perché queste tesi accusatorie non mi persuadono: http://italiaeilmondo.com/2018/05/05/macerata-come-procedono-le-indagini_di-roberto-buffagni/ . Non vedo perché dovrei cambiare idea, a meno che scagionare Lucky Awelima e Desmond Lucky non serva ad avviare una indagine sulla mafia nigeriana, sorvegliandoli con discrezione: se è così, naturalmente mi scuso sin d’ora con gli inquirenti.

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Ma se non è così, e temo proprio che non sia così, questo mi pare un esito determinato da un classico condizionamento ambientale. Nessuno dei moventi dell’omicidio, per come risulterebbero ipotizzati dall’accusa, avrebbe il minimo rapporto con la razza e la diversa cultura del colpevole, nessuna delle modalità dell’omicidio alluderebbe a complicità, precedenti o posteriori all’omicidio, della mafia nigeriana. Il modus operandi del colpevole designato, Innocent Oseghale, sempre alla luce del tenore della contestazione formulata dagli indaganti, ci presenterebbe semplicisticamente il ritratto di un balordo dai nervi fragili, un criminale dilettante che si fa prendere dal panico. La vittima ci viene presentata come un prodotto della società, della droga, del crollo dei valori e del disorientamento della gioventù in questo mondo così difficile e sordo alle esigenze, eccetera. L’unica divergenza tra le ipotesi sulla dinamica dell’omicidio riguarda proprio la vittima, e non il suo assassino: per il Procuratore Pamela è stata violentata da Oseghale, per il GIP no. Questo aspetto della vicenda – se il rapporto sessuale tra Pamela e il suo omicida sia stato consenziente o meno – è certo rilevante sul piano giudiziario e importante per i parenti di Pamela, ma non ci aiuta a capire come sono andate davvero le cose: chi l’ha uccisa e perché, chi e perché l’ha smembrata per poi depositarne il corpo fatto a pezzi sul ciglio di un viottolo di campagna.

L’impressione che ne ricavo è che gli inquirenti abbiano seguito un codice informale teso a chiudere il caso il più presto possibile e nel modo più indolore. Ovvio il dubbio e il sospetto che ne consegue: c’è sotto qualcosa di molto grosso e pericoloso, che può coinvolgere persone, enti e istituzioni che vanno comunque tutelati.

Mi sbaglio? Spero di sì, temo di no. E se il Ministero degli Interni inviasse un’ispezione della Criminalpol per dissipare i timori e i sospetti che certo non sono l’unico a nutrire? Timori e sospetti ben insinuati tra i profani, ma anche tra gli addetti ai lavori.

(MB. Condivido i forti dubbi del giornalista Buffagni: perché i magistrati di Macerata sminuiscono il delitto dei nigeriani? Sono al corrente che dalla Nigeria stiamo importando sette segrete di stregoni cannibali, che fanno a pezzi corpi umani per ricavarne amuleti “di potenza”? La polizia nigeriana ne scopre a decine. Dopo la scoperta del corpo sezionato “professionalmente” della povera Pamela, avevo pubblicato sul mio sito un rapporto su questo orrendo fenomeno criminale.

NIGERIA, IL CANNIBALISMO PER MAGIA NERA. Un rapporto della Commissione Canadese per l’Immigrazione.
Maurizio Blondet

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Secondo varie fonti, le uccisioni rituali in Nigeria vengono eseguite per ottenere parti del corpo umano da utilizzare nei rituali ( The Punch 10 agosto 2012; Sahara Reporters 3 luglio 2012). Il quotidiano di Lagos This Day spiega che “i ritualisti, conosciuti anche come cacciatori di teste, vanno alla ricerca di parti umane su richiesta degli erboristi, che li richiedono per i sacrifici o per la preparazione di varie pozioni magiche” (26 settembre 2010).

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http://thenationalpilot.ng/adeyemi-college-missing-students-decomposed-body-found-in-ondo-ritualists-den/ (Nigeria, 28 agosto 2017)

1832.- OMICIDIO DI PAMELA MASTROPIETRO, SCAGIONATI AWELIMA E DESMOND; MA STIAMO PARLANDO DI CANNIBALI SI’ O NO?

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Leggo e rileggo. Secondo i giudici, mancano gravi indizi sui due nigeriani Desmond (22 anni) e Awelima (27 anni) in carcere, arrestati – con Innocent Oseghale – con le accuse di omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere della diciottenne romana Pamela Mastropietro: cade l’accusa di omicidio, ma…
A parer mio, resta la certezza della presenza di tre o chissà quanti cannibali perché, lo hanno detto loro: “Questa è una cosa da bambini, abbiamo già fatto cose terribili. Avrebbe dovuto far sparire il cadavere tagliandone una parte a pezzettini da gettare nel gabinetto e mangiare il resto, dopo averlo congelato”. Se questi non sono gravi indizi di cannibalismo, direi che, a prescindere dal caso Pamela, questi orribili esseri devono, come minimo, restare in galera e per sempre. Sostengo Roberto Fiore quando afferma che bisogna promuovere un’ispezione immediata alla Procura di Macerata per neutralizzare chi sta proteggendo, oppure, è vittima delle mafie criminali nigeriane, chi tutela i corrotti e chi impedisce che sia fatta giustizia.

Il gip di Macerata Giovanni Maria Manzoni ha revocato la custodia in carcere, ma solo per le accuse di omicidio, vilipendio, distruzione e … Andranno a processo solo per spaccio. La misura è stata revocata su richiesta della procura, dopo che è stata depositata anche la consulenza sui telefoni dei due.
In base all’analisi dei cellulari, e delle celle agganciate il 30 gennaio, i due verosimilmente sono stati in via Spalato, nell’appartamento di Oseghale, ma solo per pochi minuti, troppo pochi per ritenerli coinvolti nel delitto macabro commesso lì dentro..
Quindi, questi saranno presto liberi, sapevatelo. Le frasi di Lucky Desmond e Awelima Lucky registrate in carcere non sono sufficienti per i giudici. Le ripeto:
“Questa è una cosa da bambini, abbiamo già fatto cose terribili. Avrebbe dovuto far sparire il cadavere tagliandone una parte a pezzettini da gettare nel gabinetto e mangiare il resto, dopo averlo congelato”.
Per inciso, nutrirsi di carne umana provoca il cosiddetto “kuru”, una malattia del cervello simile al morbo della mucca pazza che porta alla morte.
Le parole dei due cannibali nigeriani vengono citate dal giudice Giovanni Manzoni, nell’ordinanza con cui impone ai tre un’altra misura cautelare, sempre in carcere, per l’accusa di spaccio.
Al momento, comunque, «non c’è l’archiviazione delle accuse» nei confronti di Awelima e Lucky che, almeno formalmente per ora, restano nell’inchiesta per il massacro di Pamela e rimangono in carcere ad Ancona solo per l’accusa di spaccio di eroina.
Per l’eventuale archiviazione delle accuse, ha aggiunto il procuratore Giovanni Giorgio, «poi vedremo».
Il tribunale del Riesame ha infatti respinto – riferisce l’Agi – il ricorso presentato dai difensori di Lucky Desmond e Awelima Lucky per ottenerne la scarcerazione. Trova quindi una conferma la linea investigativa seguita dai carabinieri del Reparto investigativo e del Comando provinciale di Macerata, coordinati dalla Procura locale, e l’attività di rilievi seguita dai carabinieri del Ris di Roma.
Secondo il procuratore Giovanni Giorgio, che sta coordinando le indagini sull’omicidio, Pamela sarebbe stata portata da Oseghale nel suo appartamento e lì avrebbe usato l’eroina che il nigeriano le aveva procurato. Per il gip, il rapporto sessuale tra i due potrebbe esser stato consenziente, mentre la procura è convinta – correttamente – che Pamela, sotto l’effetto della droga, non fosse in condizioni di accettare, né di rifiutare, il rapporto sessuale.
IL RIS non ha trovato loro tracce sul corpo della ragazza, o nella mansarda, al contrario di quelle di Oseghale, che erano state cancellate, ma sono state recuperate con i reagenti: nel sangue, sono emerse solo le impronte di Oseghale.
Ci sono però degli indizi. In primo luogo, Oseghale fin dall’inizio ha detto che era stato Desmond a dare l’eroina a Pamela; alcune volte ha detto anche di averli lasciati soli in casa sua. Il titolare di un negozio poi afferma che il pomeriggio del 30 si sarebbero presentati Oseghale e Desmond, chiedendo di comprare l’acido, e prendendo poi la candeggina; ma lo scontrino di quell’acquisto ritrovato nel registratore di cassa è del giorno prima. Questo dice e non dice, perché potrebbe trattarsi di un altro acquisto non registrato e, nel caso, si potrebbe ravvedere un’intenzionalità.
Quanto ad Awelima, Oseghale ha chiamato Awelima:
“Vuoi venire a stuprare una ragazza che sta dormendo?
E Awelima avrebbe chiamato Oseghale alle 20 proprio dalla stessa zona dove, un paio d’ore dopo, Oseghale sarebbe andato a lasciare i due trolley con i resti della ragazza. Questa resta una circostanza oltremodo allarmante: Casette Verdini è lontana dall’albergo di Awelima, e perché mai andare in quella zona isolata dove, guarda caso, poco dopo viene lasciata Pamela. Eppure, non basta neppure questo per dimostrare che Awelima abbia partecipato all’omicidio.
Allo stato delle indagini, le strade di Desmond e Awelima si separano da quelle di Oseghale. Per i primi due, forse già la prossima settimana, la procura chiederà il processo solo per l’accusa di ripetute cessioni di stupefacenti, dopo aver individuato numerosi clienti abituali dei due nigeriani. Gli avvocati Gianfranco Borgani e Giuseppe Lupi hanno chiesto già il processo con il rito immediato. Stessa richiesta, quanto allo spaccio, hanno fatto gli avvocati Matraxia e Gramenzi per Oseghale.
Restano gli indizi e le dichiarazioni intercettate che dicono chiaramente che siamo di fronte a dei cannibali, che praticano il loro credo e persistono nelle proprie superstizioni con la stessa serenità con cui noi mangiamo una piadina al termine di una serata tra amici. In particolare, in alcune zone della Nigeria, tra cui quella in cui vive la tribù dei Yoruba, è ancora praticato il cannibalismo, strettamente legato al commercio di carne umana. Le ragioni sono legate al permanere di antiche superstizioni, ma anche a credenze di ambito medico. Ci sono mercati aperti in cui è possibile acquistare prodotti freschi a base di carne umana, nonché alcune parti del corpo. Guardate quale orrore, quale schifo hanno importato in Italia queste fogne politico-affariste che di sinistra e di chiesa hanno solo il nome. Li finanzia chi vuole la nostra fine. Guardate e riflettete.

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1784.- [L’inchiesta] Donne schiave, riti voodoo e sottomissione. Viaggio nella ferocia della mafia nigeriana

pamela-innocent-oseghale10“Pamela, uccisa con riti voodoo, bevuto il sangue. I Pm tacciono”. Meluzzi choc sulla mafia nigeriana

«Come gli schiavi liberi dopo aver pagato fino a 30.000 euro. E chi non porta soldi ogni giorno viene picchiata, costretta al digiuno». Il racconto del procuratore Gratteri, di Guido Ruotolo, editorialista e giornalista d’inchiesta

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In Nigeria, a Benin city, nell’Edo State, e’ accaduto un fatto storico che potrebbe liberare molte ragazze vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale

Fa paura questa mafia nigeriana. Che nasce nelle università come confraternite e che sta dilagando oltre ogni immaginazione. In Italia, in Europa, nel mondo. Il suo collante è l’intimidazione e i riti juju, un misto di rito vodoo impregnato da giuramenti e sottomissioni. I suoi affari sono droga e prostituzione. «Le ragazze destinate alla prostituzione sono moderne schiave, vittime di violenza e di stupri. Ne abbiamo liberate cento». Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, per la prima volta si ritrova di fronte alla mafia nigeriana, anche se “tecnicamente” il reato di associazione mafiosa non è stato contestato nei sette fermi eseguiti ieri mattina a Lamezia Terme ma il favoreggiamento alla immigrazione clandestina, riduzione in schiavitù e tratta di donne.

Procuratore Gratteri, state nei fatti indagando, anche se non è emerso ancora “tecnicamente”, nulla potente mafia nigeriana. Siamo in Calabria e, dunque, cosa fa la ‘Ndrangheta? Si limita a guardare?
«Sembra inverosimile. Per il momento, però non sono emerse evidenze processuali di rapporti tra le due organizzazioni. Sappiamo però che le ragazze che si prostituiscono devono pagare diciamo una rata per l’occupazione del suolo pubblico. Stiamo lavorando per dare una identità a questi esattori».

Come nasce questa inchiesta?
«Nasce a gennaio con una ragazza costretta a prostituirsi che decide di raccontarci il dramma che aveva vissuto e che stava vivendo. Convinte a partire per avere un futuro di lavoro come cameriere o parrucchiere e invece si ritrovano costrette a prostituirsi dopo un viaggio allucinante che le ha portate in Niger e poi in Libia dove, in veri centri di stoccaggio, di detenzione vengono istruite alla prostituzione. E violentate».

Costrette a dover pagare un riscatto per tornare libere?
«Come gli schiavi liberi dopo aver pagato fino a 30.000 euro. E chi non porta soldi ogni giorno viene picchiata, costretta al digiuno».

Tutto questo accade a Castel Volturno come in Piemonte, in Veneto o in Sicilia. E poi c’è il grande affare dell’accoglienza. Il prefetto di Reggio ha notificato una interdittiva antimafia a una cooperativa che gestiva l’accoglienza di 700 richiedenti asilo.
«Dove ci sono i soldi c’è la Ndrangheta. Nell’inchiesta sul centro di accoglienza di Isola di Capo Rizzuto persino il prete ha preteso 180.000 euro da giustificare sotto la voce di assistenza spirituale».

Uno spaccato inquietante. i fermi di Lamezia Terme sono solo l’inizio di una indagine destinata ad allargarsi. Tra le carte c’è la testimonianza di Blessing, che ha deciso di collaborare con la magistratura. Ecco una sintesi delle sue dichiarazioni.
«Appartengo a una famiglia molto povera e ho due figli che vivono attualmente con mia mamma a Oute in Nigeria, dove ci sono anche mio fratello e mia sorella». «Ho lasciato il mio paese e sono venuta in Italia per migliorare la mia condizione di vita e quella dei miei familiari rimasti in Nigeria, dopo aver accettato la proposta di Johnson, che mi aveva promesso un aiuto per raggiungere l’Italia, dove mi avrebbero fatto trovare un lavoro legale, che mi avrebbe consentito di restituire gradualmente la somma di circa l5mila euro, che mi era stata anticipata per affrontare il viaggio, e di guadagnare per aiutare economicamente i miei familiari». «Prima della partenza, avevo dovuto giurare, attraverso un rito wudu praticato da uno stregone, di restituire questa somma economica una volta giunta in Italia e che avrei dovuto rispettare le indicazioni della signora (madame) che avrei trovato qui e che mi avrebbe indicato il lavoro da fare. In quell’occasione erano presenti al rito di giuramento anche mio fratello, mia sorella, Johnson e Ifanyi, un ragazzo di etnia igbo di circa 30 anni, fratello maggiore – a suo dire – della signora (madame) che avrei conosciuto in Italia».

«E’ cosi che sono partita dalla Nigeria per giungere in una macchina guidata da Ifanyi fino in Libia, attraversando il Niger e il deserto. È stato un viaggio completamente diverso rispetto a quello che mi avevano prospettato: nel deserto sono stata violentata da altri nigeriani; durante una sosta in Niger ho saputo casualmente da un’altra ragazza nigeriana che il vero lavoro che avrei dovuto fare, una volta giunta in Italia, sarebbe stato quello della prostituzione; in Libia sono rimasta tre quattro mesi a casa di un signore ghanese, che si faceva chiamare papa, che costringeva me e altre cinque ragazze anche loro nigeriane (Stella, Vivian, Haisse e altre due di cui non ricordo il nome) a fare sesso con lui e con altre persone abitanti la sua casa. Non avevamo altra scelta perché non ci facevano uscire e, se non ci concedevamo a tutto quello che ci chiedevano, non ci davano da mangiare e ci picchiavano. Più volte, dopo aver capito le vere intenzioni delle persone e il vero motivo del viaggio, avevo chiesto spiegazioni e aiuto a Ifanyi. Non sapevo come fare: non avevo soldi, ero senza cellulare e chiusa in casa insieme alle altre 5 ragazze; lo stesso Ifanyi mi ha intimato di finire di chiedergli aiuto, perché dovevo soltanto acconsentire e obbedire a quello che successivamente in Italia mi avrebbe detto di fare la sorella (madame), pena le ripercussioni sulla mia famiglia e sui miei figli in Nigeria».

«Dopo quattro mesi trascorsi a casa di questo signore che si faceva chiamare papa, io e le altre cinque ragazze siamo state accompagnate da un signore arabo in un altro posto. Era una specie di campo in Libia, dove vivevano tante persone, alcune delle quali venivano continuamente a chiedere a me e alle altre cinque ragazze di praticare attività sessuale. Tuttavia, il ragazzo arabo, che ci aveva accompagnato da casa del papa fino in quel campo, si frapponeva ed evitava che fossimo costrette a prostituirci o venissimo violentate. Preciso che mi ero separata da Ifanyi, quando ero stata data a questo signore arabo, che mi aveva portato in questo campo ed era amico di Ifanyi, che quest’ultimo era già arrivato in Italia e mi stava aspettando con la sorella (madame). Tramite Kelvin, Ifanyi mi aveva dato l’indicazione di mettermi immediatamente in contatto con la sorella (madame), una volta che sarei sopraggiunta in Italia, contattandola fingendo a chi mi avrebbe prestato il cellulare o dato una scheda telefonica di voler contattare i miei parenti in Nigeria; sempre secondo queste indicazioni, non avrei dovuto dire niente di quello che mi era successo e non avrei dovuto usare il nome “madame”, con il quale la sorella di Ifanyi veniva chiamata dallo stesso, e soprattutto non mi sarei dovuta fare identificare».

«Da questo campo libico ci hanno trasportato sulle coste e ci hanno fatto salire su una barca che è sbarcata il 13/02/16 in Sicilia. Subito dopo lo sbarco, sono stata identificata e portata prima in un centro di accoglienza in Sicilia e poi in un altro in Calabria. Appena sbarcata, sono riuscita ad avvisare mia madre per dirle che ero viva, ma ho avuto sempre grande vergogna di dirle ciò che mi era successo e il giro in cui ero finita. Avevo vergogna e paura che potesse succedere qualcosa di brutto a tutti noi. Giunta in Calabria, a Olivadi, con l’aiuto di un’altra ragazza accolta nel centro, ho contattato la madame al numero che mi aveva dato Ifanyi. Costei si è presentata come Elisa e mi ha detto che sarebbe venuto un signore di nome Osagie (detto Osas) a prendermi all’indirizzo del centro di Olivadi, che le avevo dato. Dopo due giorni, è venuto Osas a prendermi per portarmi dal campo di Olivadi a casa sua a Lamezia Terme Sant’Eufemia». «Abbiamo viaggiato con un pullman di colore blu fino a Sant’Eufemia e Osas mi ha portato a casa sua. Qui c’erano la moglie e la figlia di due anni di nome Gift; c’erano inoltre due ragazze di nome Favor e Juliet Success, anche loro nigeriane. Era una casa a un piano molto alto: una casa grande con un soggiorno, la cucina vicino al soggiorno e subito dopo un bagno. La stanza di Favor e di Juliet Success era attaccata a quella di Osas e della moglie. Io stavo chiusa a chiave nella stanza di Favor e, una volta che rientravano a casa Favor e Juliet Success, mi facevano trasferire nel soggiorno e anche in tal caso la moglie di Osas mi chiudeva a chiave».

«Ho aspettato così per circa tre giorni, fino a quando è arrivata la madame, che era stata chiamata dalla moglie di Osas, che l’aveva avvisata del mio arrivo. Sopraggiunta la madame, costei ha detto alla moglie di Osas di aggiustarmi i capelli perché avrei dovuto prostituirmi. Mi hanno dato dei vestiti che avrei dovuto indossare per prostituirmi: alcuni li aveva portati la madame nella sua borsa; altri me li ha dati la moglie di Osas. Ho provato a rifiutarmi, ma mi è bastata la sua smorfia e la sua aria minacciosa per capire che non avrei avuto altra scelta. Quella sera stessa sono dovuta uscire con Juliet, per andare nel parcheggio (quello con il trenino al centro) di Sant’Eufemia a prostituirmi. Ricordo che, prima di uscire, la moglie di Osas mi ha dato il cellulare, spiegandomi come avrei dovuto comportarmi: quando si fermavano i clienti avrei dovuto indicare due dita o tre dita, in segno di 20 o 30 euro. E’ stata lei ad andare a comprare i preservativi con i 5,00 euro che le ho dovuto dare. La stessa mi ha dato il cellulare e mi ha detto che sarei dovuta scappare in caso fosse arrivata la Polizia e che, se mi avessero fermata, non avrei dovuto dire nulla».

«La madame, invece, è rimasta per due giorni in quella casa e poi è andata via. La prima sera non sapevo neppure come fermare le macchine. E’ stata Juliet Success a fermare un cliente per me e, dopo la fine del servizio, ho ricevuto la paga di 20,00 euro. Rientrata a casa, ho dovuto dare i soldi guadagnati dall’attività alla moglie di Osas che ne ha preso nota su un foglio. La moglie di Osas ha sgridato me e Juliet Success perché eravamo rientrate troppo presto, e Juliet Success le ha detto che avevamo fatto rientro prima perché c’era la polizia nella zona. Preciso che non distinguendo bene i luoghi, non mi ero neppure accorta dell’accaduto».

«Il giorno dopo siamo andate a prostituirci a domicilio da due ragazzi che ci hanno dato 50,00 euro. Tornate a casa Juliet Success, ha consegnato questi soldi alla moglie di Osas. Sono rimasta a casa anche perché faceva freddo e mi vergognavo. La moglie di Osas mi ha detto che avrei dovuto portare i soldi a casa se volevo mangiare e vivere. Le sere ero costretta a uscire per andare a prostituirmi nel parcheggio. Le prime volte non riuscivo, mi vergognavo e i clienti non si fermavano. Rientrata a casa, lei mi diceva che non avevo lavorato bene e non mi faceva mangiare e mi diceva che se non avessi lavorato, non mi avrebbe fatto rimanere lì e avrei passato grossi problemi».

«Io e Juliet Success andavamo a prostituirci nel parcheggio dietro la stazione; Favor prendeva il treno per andare in un altro posto a prostituirsi.
Una volta ottenuto il permesso di soggiorno, Juliet Success ha iniziato a prostituirsi in un’altra zona, su indicazione della moglie di Osas. Io invece continuavo a prostituirmi nel parcheggio. Così è stato per circa due mesi. In un’occasione sono rimasta per tre giorni a casa perché non volevo più prostituirmi. La moglie di Osas ha chiamato la madame che è sopraggiunta immediatamente con due persone, un ghanese e un nigeriano. Tutti e tre, la madame, il ghanese e il nigeriano, mi hanno picchiato. Tutte le volte che tornavo senza soldi rimanevo senza mangiare».

«Preciso che Juliet Success dava il ricavato della prostituzione a Osas; io e Favor alla moglie. Per un periodo di tempo nell’abitazione di Sant’Eufemia, nella mia stessa stanza, aveva vissuto un’altra ragazza di nome Precious che si prostituiva insieme a Favor. A volte riuscivo a telefonare di nascosto in Nigeria, acquistando una ricarica di euro 5,00: sentivo mamma e mi vergognavo di dire quello che stava accadendo. Una volta ho sentito il marito di mia sorella e gli ho detto che stavo lavorando in un supermercato. Ma era domenica e i supermercati erano chiusi e lui ha capito che non stavo dicendo la verità; mi ha chiesto come mai non fossi andata in chiesa. Lui mi ha detto di pregare e poco dopo mi hanno fermata e sono stata accolta nel progetto».

DOMANDA: ricorda se durante il periodo in cui si trovava a Lamezia è stata costretta a ricorrere a cure mediche/ricoveri in ospedale?
RISPOSTA:«- si, in una occasione, appena arrivata a Sant’Eufemia, dopo aver effettuato il viaggio, sono stata portata presso una abitazione, non so dire di preciso dove, perché ero rimasta incinta a seguito delle violenze subite durante il viaggio per raggiungere l’Italia. Ero incinta di circa 5 mesi e la “madame” e la moglie di Osas mi hanno costretta ad abortire, portandomi in una casa privata, viaggiando col treno per pochi minuti dopo essere partiti da Sant’Eufemia e siamo scesi all’ultima fermata, ma non so indicare con precisione quale sia il paese. Qui, un uomo di colore, del quale non conosco il nome, mi ha dato alcuni medicinali che mi hanno provocato un aborto spontaneo, uccidendo il feto. Io ero contraria ad abortire, ma sono stata obbligata dalla madame e dalla moglie di Osas. Quando io ho chiesto il motivo di tale aborto mi è stato riferito che era necessario farlo perché dovevo lavorare e ad una mia richiesta circa quale lavoro dovevo intraprendere mi è stato detto che dovevo andare “in strada” e che quindi dovevo prostituirmi».
DOMANDA:«- ha mai avuto a che fare con qualche italiano che aiutava la madame o Osas?».
RISPOSTA:«No, tengo a precisare che il numero di telefono riportato in oggetto è attivo ed è da me utilizzato, ma da quando mi trovo nella comunità è spento. Lo accendo solo sporadicamente per sentire i miei familiari ed in tali occasioni ricevo molteplici messaggi e chiamate da parte delle utenze indicate in querela che mi chiedono dove mi trovo e che fine io abbia fatto in quanto vogliono che io mi prostituisca di nuovo. Inoltre i miei aguzzini sono riusciti a raggiungere la mia famiglia in Africa, minacciandoli affinchè questi mi convincano a ritornare a prostituirmi a Sant’Eufemia. Infatti anche da loro ricevo delle pressioni per ritornare nella vecchia abitazione perché hanno paura che sia a me che a loro possa succedere qualcosa di brutto».

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20 dicembre 2017