Archivi categoria: Sicurezza

6134.- Guardiamo al difficile cammino di ItaliAfrica, il nuovo Piano Mattei. La sicurezza.

Se di una cosa siamo certi è che il Nuovo Piano Mattei dovrà essere costruito, insieme, dagli imprenditori e dagli istituti finanziari dell’Europa e dell’Africa. Come viaggiare oggi nel Sahel diventa, perciò, importante. Ci affidiamo alla Helpline DFAE, Dipartimento federale degli affari esteri, uno dei sette Dipartimenti federali del governo svizzero. Partiamo con i piedi per terra dal Mali perché è il paese più grande dell’Africa occidentale ma è anche uno dei cinque paesi più poveri al mondo. Poi, vedremo Niger e Chad. Il Mali è sia il maggior produttore di cotone al mondo sia quello con il tasso di alfabetizzazione più basso: 32%.

Anche se il Mali non rientra nella classifica della Farnesina per i paesi con un rischio “estremo” per la sicurezza, i consigli di viaggio sono importanti e poggiano su un’analisi della situazione attuale effettuata dal DFAE. La Helpline DFAE funge da interlocutore per rispondere alle domande riguardanti i servizi consolari. Sono permanentemente controllati e se necessario aggiornati sia i Consigli sia anche le Raccomandazioni generali. Importanti inoltre i ragguagli sulle prescrizioni doganali per l’importazione o l’esportazione di animali o di merci: apparecchi elettronici, souvenir, medicamenti, ecc.

Valutazione sommaria

Si sconsigliano i viaggi a destinazione del Mali come pure i soggiorni di qualsiasi tipo. I rischi per la sicurezza portati non solo dal terrorismo sono elevati e il rischio di sequestro è molto alto in tutto il territorio.

Ci sono persone di cittadinanza svizzera che rimangono o si recano nel Mali nonostante la raccomandazione del DFAE, devono essere consapevoli che la Svizzera ha soltanto possibilità molto limitate di fornire assistenza o non ne dispone affatto in caso di emergenza.

In agosto 2020, unità dell’esercito hanno destituito il governo maliano e sciolto il parlamento. Alla fine di maggio 2021, un altro colpo di Stato ha avuto luogo e un governo di transizione è stato installato.

In tutto il Paese esistono elevati rischi per la sicurezza. Gli attacchi terroristici si verificano regolarmente e il rischio di sequestro è molto elevato. La Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite (MINUSMA) ha terminato il suo mandato il 31 dicembre e ha ritirato precipitosamente il suo personale dal Mali, abbandonando molto materiale.
Un ulteriore inasprimento della situazione di sicurezza è probabile.

La situazione politica rimane instabile e si verificano regolarmente scioperi e manifestazioni contro gli interessi stranieri. I principali collegamenti stradali possono essere bloccati e veicoli possono essere colpiti da pietre. In questi scontri si registrano regolarmente morti e feriti. 

Conflitti tra diversi gruppi della popolazione provocano regolarmente vittime.

Gruppi islamisti e altri gruppi armati controllano ampie zone del nord, del nord-est e del centro del Paese e si espandono verso sud. In tutto il Paese si verificano scontri armati tra le forze di sicurezza e questi gruppi, e si sferrano attacchi alle strutture militari e di polizia. Il numero di dispositivi esplosivi improvvisati lungo i principali assi stradali è aumentato.

Atti di violenza da parte di gruppi terroristici e criminali causano molti morti e feriti tra i civili. Tra i possibili obiettivi di un attacco terroristico vi sono impianti governativi, turistici o istituzioni straniere, assembramenti, come ad esempio mercati affollati, centri commerciali, mezzi di trasporto pubblici, scuole, manifestazioni culturali, alberghi internazionali e ristoranti rinomati. Vengono attaccati anche interi villaggi.

Il rischio di sequestro è molto alto in tutto il Paese. In molte regioni del Sahara e del Sahel sono operative bande armate e terroristi islamici che vivono di contrabbando e di sequestri. Sono perfettamente organizzati, operano anche al di là dei confini nazionali e hanno contatti con gruppi criminali locali. Dal novembre 2009, diverse persone straniere sono state sequestrate nelle zone del Sahel, in parte nelle città. Si trattava di persone in viaggio per turismo, personale di organizzazioni internazionali, organizzazioni umanitarie, aziende straniere, nonché di persone appartenenti a istituzioni religiose. Le situazioni di pericolo sono spesso imprevedibili e confuse e possono mutare rapidamente. L’ultimo attacco jihadista in Mali risale alla metà di giugno 2022, ma furono 132 le vittime uccise a Mopti, nel Centro del Paese.

SEGUE: L’Intelligence e l’immigrazione

6116.- Legittima difesa: quando sussiste?

Bergamo, 05/11/2003 TRIBUNALE DI BERGAMO. ©Roby Bettolini

La sentenza causa alcuni profili di dubbio. Il presupposto della sentenza è che la rapina si era conclusa e che i rapinatori, lì per lì in fuga, non avrebbero reiterato la rapina e la violenza dopo poco. La Corte d’Assise non ha voluto riconoscere la parziale incapacità di intendere e volere causata dall’onda emotiva suscitata dalla rapina in questione, alimentata da quella subita in passato; ma ha ritenuto che la sicurezza, due volte violata a mano armata, fosse stata ripristinata dalla fuga (temporanea?) dei malviventi. Valuto ridicole le provvisionali riconosciute alla famiglie dei rapinatori che, armi in pugno, hanno fatto violenza alla consorte e alla figlia del rapinato.

Da Studio Cataldi, di Andrea Cagliero, 07 dicembre 2023

Commento alla sentenza sulla nota vicenda di Grinzane, che ha visto un gioiellere uccidere i rapinatori del proprio negozio

Il caso mediatico

La drammatica vicenda è nota. 

Nel 2021, un gioiellere di Grinzane Cavour (CN) subisce una rapina (ne aveva già subita una qualche anno prima) da parte di tre soggetti. La sequenza dell’azione viene ripresa da telecamere interne ed esterne.

I rapinatori, armati di coltello e pistola, entrano nel negozio, immobilizzano la figlia (nelle immagini si vede distintamente che le mani di quest’ultima vengono legate dietro alla schiena) e la moglie del gioiellere, che in quel momento si trova nel retro bottega, e si impossessano di alcuni preziosi. I tre si danno alla fuga, raggiungendo la macchina parcheggiata davanti alla gioielleria, ma vengono inseguiti dal titolare, il quale, armato di pistola, incomincia a sparare: uno dei rapinatori viene solo ferito e riesce a fuggire; un secondo cade subito a terra esanime; il terzo, dopo essere caduto in terra, ferito, e preso a calci, riesce a rialzarsi, tentando di ribellarsi, ma poi si accascia privo di vita. 

Il gioiellere viene rinviato a giudizio per duplice omicidio, tentato omicidio e porto abusivo di armi. 

Il 4 dicembre 2023, la Corte d’Assise lo condanna a 17 anni di reclusione (il PM ne aveva chiesti 14), riconoscendogli il vincolo della continuazione, le attenuanti generiche e l’attenuante di cui all’art.62 n.2 c.p. (aver reagito in stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui).

Le famiglie delle vittime, costituite parti civili, si sono viste riconosciute delle provvisionali per complessivi € 450.000, da sommarsi agli € 300.000 già versati dal gioielliere. 

Periti di Procura e difesa hanno riconosciuto parziale incapacità di intendere e volere, analizzata l’onda emotiva suscitata dalla rapina in questione, alimentata da quella subita in passato. Non sono stati dello stesso avviso quelli del Corte d’Assise. 

La sentenza ha suscitato sdegno. La sensazione predominante nella collettività, in virtù probabilmente dell’esposizione di alcuni politici di spicco, è quella di una magistratura incapace di riconoscere la legittima difesa.

Art. 52 c.p. Difesa legittima

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Il testo dell’art. 52 del codice penale dispone:

“1. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa

2. Nei casi previsti dall’art.614 c.p., primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo per difendere:

a) la propria o altrui incolumità;

b) i beni propri altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.

3. Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

4. Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.

L’esegesi della norma

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Sinteticamente.

La legittima difesa è una causa di giustificazione o scriminante. Vale a dire: in situazioni eccezionali, un fatto normalmente previsto come reato non viene punito, in quanto è la legge a permettere o addirittura ad esigere quel comportamento.

Nel caso dell’esimente in parola, nel bilanciamento degli interessi contrapposti, viene fatto prevalere quello dell’aggredito su quello dell’aggressore, autore questi di una situazione di pericolo ingiusta. 

Perché si possa parlare di legittima difesa, però, è essenziale il verificarsi di talune condizioni.

Il pericolo deve essere attuale, ossia deve essere imminente o persistente. Laddove l’aggressione o la situazione di pericolo sia cessata, la scriminante non trova più applicazione. Viene altresì esclusa la c.d. “difesa anticipata” o “preventiva”. 

L’aggressione deve essere ingiusta, da intendersi quale lesione all’altrui diritto non motivata o altrimenti autorizzata dall’ordinamento. Inoltre, il soggetto aggredito non deve essersi posto volontariamente nella situazione di pericolo (immaginiamo chi decida di partecipare ad una rissa e, nel corso della colluttazione, rechi lesioni o uccida qualcuno). 

La reazione deve essere legittima, ossia inevitabile o non sostituibile con una meno grave ovvero con una scelta che comporti comunque la salvezza dell’aggredito o del bene tutelato.

La reazione deve essere proporzionata all’offesa, tenendo presente una serie complessa di fattori: i beni giuridici contrapposti; i mezzi utilizzati dalle parti; tempi e luogo dell’azione; ecc. Ad es.: non c’è proporzione se ad uno schiaffo si reagisce con la frattura di un arto o con una coltellata.

Facilmente evincibile come esso sia l’elemento più difficile da valutare in situazioni poco chiare.

Nel 2006, il legislatore ha introdotto una importante modifica, inserendo il comma 2, che disciplina la presunzione di proporzionalità tra offesa e difesa, laddove la situazione di pericolo avvenga all’interno della privata dimora dell’aggredito. Non solo, ma la proporzione sussiste anche in caso di utilizzo di armi, se legittimamente detenute, o di altri mezzi idonei. 

Nel 2019, un’ulteriore modifica ha comportato l’aggiunta del comma 4 e dell’avverbio “sempre” al comma 2.

Sebbene le novità del 2006 e del 2019 mirassero a limitare il potere discrezionale del giudice, va da sé come esse non portino l’automatica applicazione della scriminante, restando sempre dell’Autorità Giudiziaria di accertare la sussistenza delle predette condizioni. In altri termini, l’omicidio del rapinatore all’interno di una privata abitazione non esula l’Autorità Giudiziaria dall’accertare, per esempio, se egli stesse fuggendo a mani vuote, facendo venir meno la situazione di pericolo.

Il legislatore ha previsto che l’attualità, legittimità e proporzionalità della difesa fossero contestuali, per evitare un facile e incontrollato ricorso alla violenza e alla autotutela privata, non prevista dall’ordinamento. 

La difesa legittima può essere invocata anche laddove meramente putativa, ossia quando, pur non sussistendone realmente le condizioni, essa viene supposta erroneamente dal soggetto agente che, sulla base di un errore scusabile nella valutazione delle circostanze del fatto, è indotto a credere di trovarsi in un pericolo attuale di un’offesa ingiusta.

Questo errore, come precisato, deve essere scusabile, cioè riscontrabile anche da elementi oggettivi, idonei a giustificare il convincimento sbagliato, non bastando il mero timore dell’agente. 

La disamina della vicenda processuale

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Ovviamente, non si hanno a disposizione gli atti processuali per un commento pienamente adeguato, ma le immagini delle telecamere, rese pubbliche, consentono di poter svolgere un ragionamento sull’istituto della legittima difesa nel caso in esame. 

Non v’è dubbio che all’interno della gioielleria, che ben può rientrare nel concetto di privata dimora, si fosse creata una situazione di pericolo che avrebbe giustificato una reazione, anche con armi, da parte delle vittime: i rapinatori avevano un coltello e una pistola (irrilevante che si sia scoperto successivamente che fosse un giocattolo, non essendo tale circostanza di immediata percezione) e avevano minacciato il gioiellere e la famiglia.

La questione giuridica sorge, però, dopo. 

Nel momento in cui i rapinatori fuggono, è inequivocabile che la vita delle vittime non sia più in pericolo; di conseguenza, viene meno l’attualità richiesta dall’art. 52 comma 1 c.p. 

L’azione si sposta sul suolo pubblico e il gioiellere (tra l’altro, con una pistola illegalmente detenuta) spara ai rapinatori. E’ evidente che, ora, gli interessi contrapposti sono, da una parte, la proprietà dei gioielli, e, dall’altra, la vita umana. Quindi, non sussiste più neanche la proporzionalità della reazione difensiva, non giustificando il recupero di un bene patrimoniale con la privazione di una vita, ancorché quella di un criminale.

Il gioiellere aveva altre scelte (da qui il concetto di soluzione che comporti comunque la difesa del bene tutelato senza esiti estremi ed irreparibili), ad esempio: sparare dei colpi in aria per disincentivare la fuga oppure alle ruote della vettura; la macchina dei malviventi era parcheggiata in una posizione tale da poter essere inquadrata dalle telecamere, dunque, rintracciabile dalle Forze dell’Ordine. 

Non solo, ma il gioielliere non esita ad accanirsi, nonostante i rapinatori non siano più in condizione di nuocere. 

Dunque, dalla sequenza delle immagini del caso in esame, non si intravedono né l’attualità del pericolo, né la proporzionalità dell’offesa, oltre al fatto che i colpi sono stati inferti con un’arma detenuta illegalmente. Nemmeno pare essere invocabile la difesa legittima putativa, non riscontrando elementi concreti che potessero ragionevolmente far sorgere al gioielliere l’erronea convinzione di trovarsi ancora in una situazione di pericolo, in quanto si è spontaneamente messo all’inseguimento dei rapinatori, per poi accanirsi su di loro, di fatto trasformandosi da vittima a giustiziere. 

Tuttavia, è altresì indubbio che egli fosse in una condizione psicologica fortemente compromessa, non solo dalla paura provata all’interno del negozio per sé e la sua famiglia, ma anche dalla pregressa esperienza, essendo già stato rapinato. Parimenti comprensibile che abbia reagito a causa dell’atto delinquenziale subito pochi istanti prima. Tutti elementi che sono valsi il riconoscimento delle circostanze attenuanti, sia generiche che quella specifica della provocazione, incidendo notevolmente nella dosimetria della pena.

5576.- Liberazione da che? La fine del fascismo ha liberato un tumore che si fa chiamare sinistra, ma sinistra non è.

PER NON DIMENTICARE:

Questo porcaio non ha un senso e deve finire.

Borseggiatrici rom pestano a sangue uno dei ragazzi delle ronde: accerchiato e colpito con sberle e pugni

Da Il Secolo d’Italia del 23 Apr 2023 – di Greta Paolucci

borseggiatrici rom

Come volevasi dimostrare, della privacy le borseggiatrici rom in azione sulla metro di Milano se ne infischiano, con buona pace della consigliera del Pd a Palazzo Marino, Monica Romano, e dei suoi solerti colleghi intervenuti contro cittadini che, a loro rischio e pericolo, filmano le mani di velluto e i loro furti nei convogli, a danno di cittadini ignari e beffati. Lo dimostra il pestaggio subìto da Matthia Pezzoni, 34 anni, presidente delComitato Sicurezza per Milano che, al Tgcom24, ha raccontato l’ultima aggressione, la più violenta, avvenuta sabato sera in metropolitana alla fermata Duomo. Quando il giovane era solo e più facilmente aggredibile dal branco…

Milano, borseggiatrici rom aggrediscono il 34enne presidente del Comitato per la Sicurezza

Un’aggressione che diventa, nel giro di pochi istanti, una spedizione punitiva. Sono circa le 21.30 di sabato sera quando la squadra di borseggiatrici rom in servizio effettivo e permanente tra corridoi e binari della metro milanese, intercettano Matthia. Lui vede loro e loro vedono lui: solo, e armato giusto del telefono che le può smascherare e denunciare. Prima lo seguono. Poi lo accerchiano. Tanto che la vittima spiega: «Sabato sera, mentre ero da solo alla fermata della metro Duomo ho notato subito la presenza di borseggiatrici. Come mio solito, e anche loro lo sanno bene, prendo il telefono per registrare e avviso i passeggeri della loro presenza».

Il pestaggio delle borseggiatrici rom a Matthia Pezzoni avvenuto quando il ragazzo era da solo

«Arrivano in tre/quattro e iniziano ad aggredirmi con sberle e pugni – comincia il racconto di Pezzoni –. A causarmi il trauma all’occhio è stato però un ragazzino con il giubbotto rosso che non avevo mai visto e che si è aggiunto al pestaggio all’improvviso». E ancora. «Quando inizio a perdere sangue dall’occhio – prosegue la vittima – scappano in direzione Rho Fiera. Io sono dolorante e stordito, ma non mi accorgo subito della gravità della mia condizione, così vorrei inseguirle ma i presenti mi fanno notare che sono ferito e dall’agente di stazione faccio chiamare ambulanza e polizia».

«La loro aggressività è sempre più alta»

Matthia Pezzoni finisce in ospedale, dolorante, spaventato, con un occhio nero e varie contusioni al volto. Ma la denuncia del coraggioso ragazzo delle ronde, accerchiato e  pestato, è forte e chiara: «La loro aggressività è sempre più alta». E come riferisce il Tgcom 24, «nessuno ha dubbi: l’aggressione è firmata dalle borseggiatrici di Milano, diventate ormai protagoniste anche in Tv», dove imperversano per ribadire con veemenza quello che mettono in pratica ogni giorno: la legge della sopraffazione, “il furto come lavoro” e la pervicace ostinazione a continuare a praticare entrambe. Quanto vale tutto ciò rispetto alla privacy violata per denunciarlo?

5410.- Parliamo della CIA e dei Servizi di intelligence USA.

La CIA è un’agenzia di spionaggio civile del governo federale degli Stati Uniti d’America, facente parte dell’United States Intelligence Community, che rivolge le sue attività all’estero. è stata fondata da Harry S. Truman il 26 luglio 1947.

Si parla sempre più spesso di Cybersecurity. Ogni Stato ha la sua protezione ed è auspicabile che implementi sempre più una cybersecurity militare e una per il mondo civile. L’Italia, da cinque anni, si è dotata di un Comando interforze della cybersecurity. Importante è ricordare che nostri dati, le informazioni personali pubblicate sui social media vengono conservate per anni e possono diventare una minaccia da usare contro di noi. Sono tantissime le informazioni su di noi che o servizi di sicurezza possono scoprire dai nostri profili sui social media. Possono essere usate per selezionare le persone con un grado di pericolosità oppure dai criminal hacker per colpirci con pericolosi attacchi mirati al furto di dati o a danneggiare la web reputation nostra e dell’azienda per la quale lavoriamo.

Cerchiamo di capire cos’è la CIA e di quali agenzie per la sicurezza si sono dotati gli Stati Uniti d’America. Partiamo da Facebook:

Dal web

Qual è la sostanza dell’affermazione secondo cui Facebook è finanziato in parte dal governo degli Stati Uniti e in particolare da una filiale associata alla CIA?

Quanto andiamo a narrare non rappresenta necessariamente una cospirazione.

Il primo consiglio di Facebook aveva forti legami con il governo. In passato, i consiglieri Breyer, Thiel, Gilman Louie e Sean Parker avevano tutti lavorato per la CIA o per società di consulenza della CIA. Avevano capito l’utilità piuttosto ovvia che Facebook avrebbe avuto come strumento di raccolta di informazioni.Se si considera che la CIA opera senza alcun controllo. Vale a dire che nessuno sa cosa fa, quindi non è irragionevole pensare che la CIA proverebbe a controllare tutte le forme di comunicazione, compresi i social media. È di primaria importanza assicurare la pace americana nel mondo.

La CIA ha investito ingenti somme di denaro in queste società, tramite conti proxy, durante la prima fase della loro creazione e potrebbe facilmente inserire agenti nei consigli di amministrazione per portare a buon fine gli ordini del giorno della CIA. Se la CIA è in grado di far fermentare la guerra all’estero, certamente è ragionevole pensare che possa controllare una società nazionale.

Ma, come sappiamo bene, non c’è soltanto la CIA.

Quale è l’organizzazione governativa che ha più potere negli Stati Uniti: la CIA, l’FBI o i servizi segreti?

Si tratta di tre diverse agenzie con tre diverse missioni e tre diverse catene di comando. Ognuno ha un leader e ognuno di questi leader ha uno status abbastanza simile.

Dal 2001 c’è stata un’enorme quantità di riforme per integrare i servizi di intelligence in un’unica organizzazione.
Riandiamo al progetto MKULTRA. MK-ULTRA) era il nome in codice dato a un programma illegale e clandestino di esperimenti sugli esseri umani studiato e messo in atto dalla Central Intelligence Agency (CIA) durante gli anni cinquanta e sessanta del XX secolo, che aveva come scopo quello di identificare droghe e procedure che, integrando altre tecniche di tortura, facevano confessare le persone che vi venivano sottoposte. Ne ha dato un descrizione efficace Dan Parmenter, Design Consultant at Independence (1997).

Dopo gli anni ’70, dopo lo scandalo MK-ULTRA, alla CIA è stato proibito di condurre operazioni negli Stati Uniti con la protezione del governo, quindi negli Stati Uniti la CIA non ha un’autorizzazione speciale, mentre l’FBI e i servizi segreti sì, ma l’FBI è fondamentalmente più simile alla polizia che all’esercito, e i servizi segreti sono più orientati alla sicurezza. Nessuno dei due è designato per impegnarsi in lotte di potere militare o per detenere specificamente il potere; la loro designazione è ufficialmente l’applicazione della legge e la sicurezza. Dipende da dove parli, ma se si tratta di un luogo diverso dalla Casa Bianca o dagli Stati Uniti, e fondamentalmente nel complesso… la CIA è di gran lunga l’organizzazione più potente della lista ed è un’organizzazione estremamente formidabile sotto tutti gli standard, ovunque nel mondo (con un asterisco sul Mossad).

Tuttavia. Ci sono molte agenzie meno conosciute, specialmente nei servizi di intelligence integrati post-11 settembre, che, probabilmente, non sono così grandi o così altamente finanziati, ma hanno poteri legali significativi per operare negli Stati Uniti e a livello internazionale.
Alcune organizzazioni con un potere significativo e sottovalutato che vengono in mente sono:
L’ufficio del direttore dell’intelligence nazionale (ODNI)
L’ufficio dei servizi segreti navali (ONI)
Agenzia di intelligence della difesa (DIA).

Il Washington Post ha scritto: “c’erano 1.271 organizzazioni governative e 1.931 società private in 10.000 località degli Stati Uniti che stavano lavorando su antiterrorismo, sicurezza interna e intelligence, e la comunità dell’intelligence nel suo insieme include 854.000 persone in possesso di autorizzazioni top secret”.
Va notato che i programmi più legalmente protetti e segreti sono condotti da società private sotto la designazione legale di “programmi di accesso speciali”, noti come SAP, e “programmi di accesso speciali non riconosciuti”, noti come USAP.
Quindi probabilmente l’agenzia o il progetto più potente è quello di cui nessuno ha mai sentito parlare perché non è più un progetto: , un “nastro adesivo per zuppa di alfabeto acronimo hash-set”, istituito dopo il GWoT, e il cui grado di autorizzazione e comando supera quelli di cui hai sentito parlare e che può requisire il personale e le risorse delle agenzie pubblicamente visibili. È qualcosa che ha a che fare con SIGINT e sfrutta la sorveglianza totale dei dati di massa e l’intelligenza artificiale, e coinvolge artisti del calibro di Google, Palantir, praticamente tutte le società di telecomunicazioni del mondo e le risorse di intelligence combinate di Regno Unito, Australia, Canada e New Zelanda così come gli Stati Uniti. Ritorniamo al quesito:

La CIA è l’agenzia più potente del mondo?

Abbiamo visto che sì e che è un’organizzazione estremamente formidabile sotto tutti gli standard. La CIA appare quasi inerte all’interno del territorio e della giurisdizione legale delle leggi statunitensi che ne vietano le operazioni a livello nazionale. L’FBI può arrestare gli agenti della CIA per aver intrapreso un’azione illegale negli Stati Uniti. Tuttavia, una volta fuori, i suoi agenti hanno carta bianca per impegnarsi in ogni tipo di attività segreta e/o nefasta, lavorando con altri governi, aziende e alcuni personaggi senza scrupoli e sindacati criminali come trafficanti di droga, assassini, contrabbandieri e truffatori. Il suo potere risiede nella sua capacità di attrarre e influenzare le parti interessate sia legali che illegali, nonché l’assoluzione dalle leggi e dalle azioni penali statunitensi (così è anche per l’Eurogenfor in Europa). Se mai un agente della CIA (non beni locali che sono sacrificabili) viene catturato o arrestato all’estero, l’America andrà alla fine del mondo per recuperarlo a casa in sicurezza, impiegando una serie di opzioni diplomatiche, militari ed economiche. Gli agenti della CIA hanno una licenza dal governo degli Stati Uniti per fare tutto e tutto ciò che ritengono per promuovere le loro missioni.

Differenze tra CIA, FBI e Interpol

  1. FBI=agenzia federale delle forze dell’ordine negli Stati Uniti. L’FBI o Federal Bureau of Investigation è la principale agenzia di polizia federale negli Stati Uniti. Hanno la più grande giurisdizione di qualsiasi agenzia federale delle forze dell’ordine. Operano sotto il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e sono responsabili dell’applicazione della legge federale. Le loro priorità principali sono la prevenzione del terrorismo negli Stati Uniti e l’applicazione della legge nazionale. Spesso forniscono assistenza per indagini penali statali e locali dove sono necessarie le loro competenze o risorse. Hanno una presenza internazionale e spesso collaborano con le forze dell’ordine di altri paesi. Sono anche membri della Comunità di intelligence degli Stati Uniti grazie al loro attento monitoraggio dell’attività criminale organizzata negli Stati Uniti.
  2. CIA=agenzia di intelligence estera statunitense. La CIA o Central Intelligence Agency è anche membro della US Intelligence Community. NON sono un’agenzia delle forze dell’ordine e operano solo al di fuori degli Stati Uniti. Lavorano a stretto contatto con il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti per raccogliere informazioni (informazioni significative) sugli eventi internazionali. Il loro obiettivo principale è identificare i gruppi terroristici e le minacce prima che venga effettuato un attacco. È normale che le agenzie di intelligence condividano informazioni con le agenzie di intelligence e le forze dell’ordine nelle nazioni alleate. Cioè: l’intelligence della CIA indica un attacco terroristico a Londra. La CIA condivide queste informazioni con l’MI-5 (versione britannica dell’FBI). La CIA ha un ramo paramilitare chiamato Special Operations Group o SOG. Supportano le operazioni di intelligence attraverso azioni militari segrete. IE: armare i ribelli, Operazione Geronimo (la squadra di foche 6 uccide Osama Bin Laden), ecc. Sono fondamentalmente giornalisti armati con pistole e droni.
  3. Interpol=polizia mondiale. Forze dell’ordine internazionali. L’Interpol è un’organizzazione multinazionale delle forze dell’ordine. Fanno rispettare il diritto internazionale.

Differenza tra CIA, NSA, FBI e Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti

Esaminiamole una per una:

CIA – è accusata di minacce internazionali (al di fuori degli Stati Uniti) agli Stati Uniti. Sono eccezionali in HUMINT
NSA – è accusato di minacce internazionali ma sono eccezionali in SIGINT & TEMPEST
FBI – è accusato di minacce interne (all’interno degli Stati Uniti) agli Stati Uniti. Sono eccezionali in HUMINT e OSINT
US Marshals – è accusato di indagini penali che attraversano i confini statali – dentro o fuori gli Stati Uniti e oltre i confini di stato. Principalmente un gruppo di controllo.
NASA – è responsabile dello spazio e della ricerca e sviluppo globale e dell’esplorazione
DIA – è accusato di qualsiasi minaccia all’esercito americano. Sono eccezionali in HUMINT.
SOCOM – è incaricato di occuparsi di minacce internazionali (tecnicamente non un’agenzia di intelligence – sono forze dell’ordine).
Esercito, Marina, Aeronautica, Guardia Costiera, Dipartimento di Stato, DOE e Dipartimento del Tesoro hanno tutti i propri uffici di intelligence e sono accusati di minacce alla funzione primaria di ciascuna di queste organizzazioni.
DEA – principalmente minacce legate alla drogaDHS – combina gli sforzi di molte agenzie ma funziona principalmente come hub amministrativo e di comunicazione per le agenzie separate
NRO – Nat’l Recon Office – si occupa esclusivamente di intelligenza visiva satellitare e di velivoli da ricognizione Sono eccezionali in MASINT
NGA – la Nat’l Geospatial Intelligence Agency – questo è principalmente un gruppo di analisi che “collega i punti” per i loro “clienti” – congresso, pres, DoD e altre agenzie di intelligence. Collegano eventi globali in base all’ora, alla posizione e ad altri dati in una sorta di riconoscimento del modello e logica di “concatenamento in avanti” per proiettare minacce. Sono eccezionali in GEOINT.

5331.- Quando i selvaggi vestono l’abito del monaco.

Questi sono i rappresentanti e i tutori della democrazia nel mondo. Si vede chiaramente che vogliono spaccargli la testa, ammazzarlo di botte – di sicuro sanno di essere immunizzati, godono con sadismo, doppiamente vigliacchi, in tre contro uno. Colpi alla testa e NON VOGLIONO ESSERE FILMATI???? Torna a mente l’ordine del gen. George S. Patton alle truppe sbarcate in Sicilia di non fare prigionieri. Ordine eseguito, per esempio, falciando un’intera compagnia di carabinieri arresasi agli americani.

C’è un problema nella selezione e nella formazione della Pubblica Sicurezza in generale e in tutto il mondo. Le immagini del questore di Trieste, del regime italiano, quelle di Parigi, del regime francese, non sono tanto diverse (le immagini intendo). Quando un regime si consolida è così e basta!

5163.- Scempio di Peschiera, sindaco contro Lamorgese: si poteva evitare. Ma a mail e pec non ha mai risposto

Nata a Potenza, come Speranza, la sua nomina a ministro sarebbe stata fortemente voluta dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ne ha anche disposto la nomina con decreto, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Da lei dipendono la Polizia di Stato, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e i prefetti. È, inoltre, componente del Consiglio supremo di difesa. Le principali funzioni del ministero sono regolate dal decreto legislativo 30 luglio 1999, nº 300. Le sono attribuite, in particolare, le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di: garanzia della regolare costituzione e del funzionamento degli organi degli enti locali e funzioni statali esercitate dagli enti locali, tutela dell‘ordine e della sicurezza pubblica e coordinamento delle forze di polizia, difesa civile e, inoltre, le politiche  dell’immigrazione e dell’asilo. La sua politica dei porti aperti verso l’immigrazione clandestina, sicuramente e senza ombra di dubbio, prelude a difficoltà nell’Ordine Pubblico e nella Sicurezza. Quello di Peschiera è solo l’ennesimo preavviso di ben più gravi eventi.

Da Il Secolo d’Italia, martedì 7 Giugno 9:33 – di Chiara Volpi

Lamorgese

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Il grido d’allarme che il sindaco di Peschiera del Garda, Maria Orietta Gaiulli, ha lanciato negli anni sulla tenuta del tessuto sociale, alla luce dello scempio dei nordafricani nei giorni scorsi diventa una denuncia. Di più: un preciso addebito che la prima cittadina di Peschiera imputa alla ministra Lamorgese, sorda ad appelli e richiami fino all’ultimo: una richiesta di aiuto inviata via Pec alla titolare del Viminale, che neppure le ha risposto. Immancabilmente. «Questa guerriglia poteva essere evitata – tuona il sindaco interpellata da Libero –. Bisognava esserci il 2 giugno per capire cosa è successo. Qui c’è un problema serio. Non tiene più il tessuto sociale».

Duro j’accuse del sindaco di Peschiera del Garda alla Lamorgese

E dire che, come spiega sempre la Gaiulli, i ragazzini immigrati che vivono nelle nostre città, il raduno lo hanno annunciato su Tik Tok in tutto il suo potenziale esplosivo: lo hanno ribattezzato “Giornata Africa” e ha raccolto subito adesioni di massa. Il mood era chiaro sin da subito, il rischio esplicitato nella risposta social che poi si è tradotta nelle molestie. Nelle risse selvagge. E negli innumerevoli atti vandalici che hanno messo sotto scacco una comunità “accogliente”. Eppure, stando alla denuncia della sindaca Gaiulli, di fronte a tutto questo la Lamorgese ha replicato col silenzio. Continuando a fare spallucce. Tanto da indurre persino l’intervistatore di Libero, oltre che l’intervistata, a domandarsi con ironia amara se, per caso, il ministro dell’Interno in questi giorni «abbia letto i giornali o guardato le televisioni»…

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«La guerriglia poteva essere evitata»: tutto annunciato sui social

Una calata di massa annunciata che si è risolta nell’offensiva sociale paventata già nelle dichiarazioni social. «Chi vince oggi?», si interrogavano beffardamente online. «I neri? I bianchi? O i blu?». Laddove, i blu sarebbero stati i poliziotti… Una cronaca virtuale di quello che sarebbe accaduto col raduno, insomma. E in parte anticipato, denuncia sempre il sindaco di Peschiera, da precedenti prove tecniche di aggregazioni. «Avevano iniziato già nel 2020 a fare questi raduni – spiega la prima cittadina – ma all’inizio erano un centinaio. Sempre nordafricani. Vengono dalle città lombarde, scendono alla stazione di Peschiera del Garda che è l’unica centrale e vicina alla spiaggia. E fanno quello che vogliono. Nel 2020 si è riusciti a contenerli. Poi sono diventati sempre più». Così, dai cento del 2020 sono diventati i 400 dell’anno scorso, dove c’è scappato anche il morto. E l’ultima volta, il 2 giugno, erano 2.500. Incontenibili…

Denunce e sollecitazioni, mail e pec, cadute nel vuoto: la Lamorgese non pervenuta

«Avanti di questo passo arriveremo a 10mila. Qui c’è un vero e proprio problema e io l’avevo detto», torna a ribadire la Gaiulli, inascoltata nei suoi allarmi e che continua a lamentare un silenzio istituzionale reiterato dalla ministra Lamorgese  fino al 30 maggio scorso. Quando, dopo aver mandato una Pec alle forze dell’ordine e a tutte le autorità preposte per allertare chi di dovere sui disordini nel suo comune – che puntualmente si sono verificati – ha dovuto incassare l’ennesimo silenzio. Un muro di gomma, quello contro cui si è ritrovata a confrontarsi la sindaca, anche il 31 maggio quando, vedendo i video che giravano nei social, con tanto di scritte: «L’Africa a Peschiera», «spacchiamo tutto», «facciamo casino», aveva spedito altre allarmate mail. Stavolta al comandante provinciale dei carabinieri. Al questore, al prefetto, inoltrando finanche i video e sollecitando monitoraggio e prevenzione. «State attenti, guardate cosa sta per arrivare», scriveva la Gaiulli. Ma ancora una volta, il silenzio è stato assordante.

Molestatori e vandali, altro che “risorse” come li chiama la Boldrini. Il sindaco: «Io non ci sto»

Nemo profeta in patria, si sa. E così, una volta radunatisi, i giovani nordafricani hanno dato seguito ad annunci e proclami. Devastando. Picchiandosi. Sferrando coltellate e molestando le ragazzine. Oggi sappiamo che sei di loro, di ritorno da Gardaland, sono state pesantemente palpeggiate sul treno che da Peschiera le riportava a Milano. E che, ad oggi, sono trenta gli identificati tra molestatori e vandali. «Non le dico cos’ hanno fatto – riferisce il sindaco – a un signore di 81 anni volevano gettare la Vespa dentro al lago. Hanno inveito contro le famiglie. Spaccato tutto. Veri e propri vandali, “risorse” come li chiama la Boldrini. E sarà sempre peggio perché rispetto agli anni precedenti sono aumentati in maniera esponenziale». «Io non ci sto – conclude poi il sindaco di Peschiera – chiedo che il servizio di potenziamento rimanga tutto il periodo dell’estate perché così non reggiamo. Peschiera conta 9 agenti, tra cui 5 donne». La Lamorgese, ad oggi, non pervenuta.

4972.- Cosa fare in caso di incidente nucleare.

1°. Si scrive incidente e si legge conflitto.

2°. È falso dichiarare che ci sia stato un attacco russo alla centrale di Zaporizhzhia. L’incendio a una delle 3 centrali elettriche di servizio è stato appiccato da sabotatori non noti e i soldati russi non hanno interferito con le operazioni dei vigili del fuoco.

3°. Draghi parla a titolo personale e questo Parlamento rappresenta se stesso perché gli italiani non sono disponibili a un conflitto né nucleare né convenzionale per aggiungere un membro ucraino alla NATO.

4°. L’esclusione, sempre più frequente, di Mario Draghi dai tavoli internazionali sulla guerra in Ucraina è diventata imbarazzante.

5°. Se l’Italia sarà, suo malgrado, trascinata in questa guerra, Ghedi, Aviano e Sigonella non sono in Paesi esteri.

La bozza del nuovo Piano nazionale del Governo italiano
Il Governo italiano ha inviato alla Conferenza Unificata la bozza del Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari per fronteggiare eventuali incidenti a impianti in Paesi esteri: ecco cosa prevede:

A cura di Ida Artiaco

È pronta la bozza del Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari in cui vengono definite le misure necessarie a fronteggiare le conseguenze di incidenti in impianti nucleari di potenza ubicati “oltre frontiera”, in Europa e in paesi extraeuropei. La guerra in Ucraina e le ultime notizie degli attacchi russi agli impianti del Paese, da Chernobyl a Zaporizhzhia , hanno infatti spinto il Governo italiano ad accelerare e a stilare il documento, previsto dal decreto legislativo 101/2020, che dovrebbe essere approvato in Conferenza Unificata a breve.

Nel piano c’è di tutto: dalla misura del “riparo al chiuso”, con l’indicazione alla popolazione di “restare nelle abitazioni, con porte e finestre chiuse e i sistemi di ventilazione o condizionamento spenti, per brevi periodi di tempo, con un limite massimo ragionevolmente posto a due giorni”, fino alla idioprofilassi e al controllo della filiera produttiva. “A seguito di un incidente severo a una centrale nucleare – si legge – , e sulla base di valutazioni dosimetriche, si può presentare la necessità di intervenire per ridurre l’esposizione a radiazioni ionizzanti. L’esposizione può avvenire in modo diretto (inalazione da aria contaminata, irraggiamento diretto da suolo e da nube), a seguito del passaggio della nube radioattiva o in modo indiretto, per inalazione da ri-sospensione o ingestione di alimenti e bevande contaminati”. Vediamo, di seguito, nel dettaglio di cosa si tratta.

Le misure a tutela della salute pubblica

Prima di tutto, nel documento vengono indicate le misure di tutela della salute pubblica. Il piano distingue le cosiddette misure protettive dirette, cioè riparo al chiuso e iodoprofilassi, attuate nella prima fase dell’emergenza nelle prime ore dal verificarsi dell’evento, dalle misure protettive indirette, che comprendono restrizioni alla produzione, commercializzazione e consumo di alimenti di origine vegetale e animale, misure a protezione del patrimonio agricolo e zootecnico, e monitoraggio della radioattività nell’ambientale e delle derrate alimentari. Sono attuate nella seconda fase dell’emergenza.

Le tre fasi dell’emergenza nucleare

La bozza del nuovo Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari, firmata dal capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, consiste infatti in 3 fasi, considerate in base all’evoluzione dello scenario incidentale considerato (che a sua volta può essere a un impianto posto entro 200 km dai confini nazionali, oltre 200 km dai confini nazionali e a un impianto extraeuropeo).

In sintesi, la prima fase inizia con il verificarsi dell’evento, e si conclude quando il rilascio di sostanze radioattive è terminato ed è caratterizzata dal passaggio sul territorio interessato di una nube radioattiva: qui sono necessarie azioni tempestive di contrasto all’evoluzione incidentale, e l’attuazione tempestiva delle misure protettive a tutela della salute pubblica. La seconda fase è successiva al passaggio della nube radioattiva, ed è caratterizzata dalla deposizione al suolo delle sostanze radioattive e dal loro trasferimento alle matrici ambientali e alimentari. Infine, la terza fase è quella che mira al passaggio da una situazione di esposizione di emergenza a una situazione di esposizione esistente o programmata, e all’ottimizzazione della strategia di protezione. Inizia quando il territorio è stato caratterizzato dal punto di vista radiometrico e la sorgente è stata messa sotto controllo.

Il testo della bozza del piano è disponibile.

fanpage.it

4903.- Il Tso mortale di Mauro Guerra

Da Left, una nuova voce della sinistra, questo invito alla riflessione sull’uso che si fa delle Forze dell’Ordine a discapito del rispetto dei cittadini. Rispetto è la prima parola che deve imparare chiunque voglia esercitare un’autorità, sia esso politico, giudice o agente e, naturalmente, deve essere reciproco.

Da Left, di Giulio Cavalli, 16 Febbraio 2022

Mentre prosegue il processo in sede civile per l’omicidio del 32enne durante un trattamento sanitario obbligatorio poi giudicato illegittimo, un testimone mai sentito dai giudici fa una rivelazione importante: «Il ragazzo non era pericoloso. Non doveva finire così»

Mauro Guerra aveva 32 anni ed è stato ucciso il 29 luglio del 2015 in una calda giornata a Carmignano di Sant’Urbano, in provincia di Padova, per un colpo d’arma da fuoco nell’addome. A sparare è stato il maresciallo Marco Pegoraro che avrebbe premuto il grilletto, così dice al giudice, perché spaventato da una colluttazione tra Guerra con un suo collega carabiniere.

Partiamo dall’inizio: Mauro Guerra da qualche giorno dava segni di disagio psichico e aveva intenzione di organizzare una non precisata manifestazione. Quando si presenta in caserma il maresciallo Pegoraro lo ritiene “pericoloso” e decide di sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio. Solo che quel Tso è illegittimo e addirittura illegale visto che mancano le autorizzazioni dei sanitari e quella del sindaco. I carabinieri si presentano a casa di Guerra e comincia una snervante trattativa che si prolunga per ore. Prima gli comunicano che devono portarlo in caserma, poi lo invitano a salire su un’ambulanza infine quando Guerra scappa (in mutande) si mettono a inseguirlo finché non lo raggiungono. Gli mettono una sola manetta e Mauro Guerra si oppone e riesce a divincolarsi. A questo punto ci sono i due colpi di arma da fuoco. Mauro Guerra muore lì, steso a terra in mezzo a un campo.

Il primo processo per omicidio colposo vede l’assoluzione del maresciallo Pegoraro – è il dicembre 2018 – ma le motivazioni della sentenza sono più che contraddittorie: «È da ritenere – si legge nella sentenza – che tutto l’inseguimento per i campi, nonché i tentativi di immobilizzazione della persona offesa, siano state condotte del tutto arbitrarie e illegittime». E ancora: è stato realizzato un «grave tentativo di stordimento del Guerra (in quel momento libero cittadino), attraverso la somministrazione occulta di una dose di tranquillante». La Procura però non presenta appello.

Il processo in sede civile, però, prosegue e pochi giorni fa in un’intervista a PadovaOggi il il maresciallo Filippo Billeci, comandante della stazione dei carabinieri di Carmignano fino a tre mesi prima, dice cose importanti: quel giorno era stato chiamato per un tentativo di «mediazione», per far accettare a Guerra il Tso. «Dopo ho scoperto che non c’era» nessun Tso, racconta. «Per me Mauro non era pericoloso, con me non c’erano mai stati problemi in tanti anni», dice il maresciallo. «Se fosse stato pericoloso, non sarei stato in casa da solo un’ora con lui». Il carabiniere, accortosi che non c’era il documento che certificava il Tso, ha detto che lo si poteva lasciare stare e Guerra ha preso la strada per i campi. Nella sua fuga, nella sua corsa «lungo la strada non ha fatto nulla a nessuno». Per Billeci «c’è stata quella colluttazione con il carabiniere Sarto, poi il collega che è intervenuto, Pegoraro, ha deciso di operare in quella maniera». «Non doveva finire così. Ognuno si deve assumere le sue responsabilità rispetto a quello che è successo», dice Billeci. Una curiosità: l’ex comandante non è mai stato sentito in tribunale.

Mauro Guerra è morto. Il carabiniere “aggredito” ha avuto per qualche giorno un cerotto sulla fronte. Chissà che non arrivi anche la giustizia.

4832.- La vita dei figli non fa più cara la nostra?

Due ragazzi morti a Treviso e a Lauzacco, Udine. Non c’è abbastanza rispetto per la vita e i giovani e i giovanissimi sono i più esposti. Ne citiamo due e son già troppi. Carlo Alberto, 12 anni, obbligato a vaccinarsi per fare un pò di sport, si accascia in corsa e muore. Il vaccino non era appropriato per lui? Lorenzo, 18 anni vissuti con impegno, è morto nell’orario di scuola in nome di un ennesima fanfarucola: L’alternanza scuola lavoro. O è scuola o è lavoro, ciascuno con regole precise. Per lavorare in mezzo alle putrelle ci vogliono operai, preparati non studenti. E, oltre agli studenti, quante morti sul lavoro?

Sei bello, Carlo Alberto.

Martedì 25 Gennaio 2022, a Treviso, Carlo Alberto, 12 anni, era morto alla corsa campestre, colpito da arresto cardiaco – Era finito in arresto cardiaco durante il Cross Città della Vittoria, corsa campestre a Vittorio Veneto. Rianimato per oltre mezz’ora e elitrasportato all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso era stato ricoverato in Terapia intensiva cardiochirurgica. Il malore, improvviso, lo aveva colto poco dopo la metà del percorso di un chilometro. Ha barcollato e, poi, è caduto a terra. Era un’atleta tesserato con le Fiamme Oro di Padova, aveva superato la visita medica di idoneità sportiva lo scorso novembre: era in buona salute, invano.

La morte di Lorenzo Parelli atto di accusa contro alternanza Scuola-Lavoro

Una trave di un quintale e mezzo fra i ragazzi. Lesioni cranio encefaliche” che non hanno lasciato scampo. E’ il risultato dell’autopsia sullo studente friulano, vittima dell’incidente nell’azienda di Udine dove stava concludendo il percorso di alternanza scuola lavoro. Le indagini proseguono per chiarire i fatti e accertare le eventuali responsabilità

Ora, Giorgio Cremaschi ci racconta, emozionato, di Lorenzo. siamo tutti emotivamente scossi. Scrive:

“Non riesco a trattenere la rabbia nel dolore per l’assassinio di Lorenzo Parelli, studente di 18 anni massacrato da una putrella in una fabbrica di Udine, nel suo ultimo giorno dell’alternanza scuola lavoro.

Il suo omicidio mette sotto accusa prima di tutto proprio quell’alternanza scuola lavoro che educa solo allo sfruttamento e che mette assieme il degrado della scuola con quello del sistema produttivo.

Poi mette sotto accusa il sistema schiavista degli stage, infame guadagno sul lavoro gratuito dei giovani.

Infine rinnova l’accusa ad un mondo delle imprese dove si divorano le vite delle persone solo per fare più profitto, risparmiando sulla salute e sulla sicurezza, contando su un’impunità quasi garantita da istituzioni vili e complici.

Lorenzo è vittima di un sistema CRIMINALE, di cui TUTTE le classi dirigenti politiche e economiche sono totalmente colpevoli.”

Bastonate agli studenti che dimostrano ovunque per Lorenzo

La Burimec di Lauzacco. Andare a scuola per morire in una fabbrica all’ultimo anno! Il titolare Pietro Schneider e un operaio sono indagati, ma il sistema la fa franca un’altra volta.

A Milano, a Roma, a Torino, scontri tra studenti e forze dell’ordine in occasione delle manifestazioni di protesta dopo la morte di un giovane studente di Udine, Lorenzo Parelli, durante l’ultimo giorno di stage scuola-lavoro.

Gli studenti intanto si preparano a scendere di nuovo in piazza, a Torino, dopo i tafferugli con le forze dell’ordine di venerdì mattina. Abbiamo gente senz’anima al governo e le Forze dell’Ordine, sempre contro la gente, contro i lavoratori, gli studenti, con quei manganelli, non fanno miglior figura.

4801.- Perché chi è guarito dal Covid non può ancora tornare alla vita pre pandemia

L’ultimo DPCM Draghi priva di significato anche questa informazione. Giorgia Meloni: “Dei funzionari pagati dalla collettività decideranno quali sono i beni di prima necessità acquistabili? Siamo pazzi. Useremo le forze dell’ordine per controllare questo e non le violenze contro le donne nelle città… tipo quelle avvenute a Capodanno delle quali nessuno parla (…) è l’inizio della fine”. Siamo oltre la follia: condivido lo sdegno di Nicola Porro.

di Cristina Marrone,  Corriere della Sera.

La tentazione tra chi è guarito da Omicron è affidarsi all’«immunità ibrida». Ma è ancora presto per abbandonare le precauzioni: non è infatti chiaro quando durerà la protezione e in agguato ci sono nuove varianti 

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Sono milioni gli italiani che hanno trascorso le vacanze di Natale a casa con il Covid invece di andare a sciare. I dati ufficiali non corrispondono ai dati reali dal momento che il sistema di tracciamento è ormai fuori controllo e i nuovi infettati non si trovano tutti, oltre al fatto che le infezioni asintomatiche non vengono rilevate. Ad oggi potrebbero essere tra gli 8 e i 16 milioni gli italiani che si sono contagiati tra la fine di dicembre e la prima metà di gennaio come stima il lavoro di Dataroom. Altri si stanno contagiando, soprattutto bambini, ma molti ormai sono guariti (il 3,3% per la seconda volta) e ora si sentono «invincibili» e «sollevati».

Chi oggi è tornato negativo al tampone, magari dopo aver fatto anche tre dosi di vaccino si sente come se potesse fare ormai qualsiasi cosa: andare al ristorante, viaggiare, incontrare amici senza pensare continuamente alla pandemia. E il sentimento è comune in tutto il mondo. «Ci sentiamo dei supereroi» ha raccontato al New York Times una donna vaccinata con richiamo, contagiata e ora guarita. Tra i completamente vaccinati, l’infezione ha contribuito a un cambiamento psicologico perché le persone si rendono conto di aver dato una spinta naturale al loro sistema immunitario, quella che gli scienziati definiscono «immunità ibrida», che deriva cioé dalla protezione combinata di anticorpi indotti dal vaccino preesistenti e anticorpi naturali derivati da «un’infezione rivoluzionaria», cioé che si verifica dopo la vaccinazione.PUBBLICITÀ

Medici e immunologi concordano sul fatto che l’immunità ibrida offra effettivamente un’elevata protezione, ma che può variare da individuo a individuo e diminuire nel tempo. «È la migliore immunità che si possa ottenere – afferma Shane Crotty, virologo a La Jolla Institute of Immunology – ma non credo che possa sempre bloccare completamente il virus». Quelle che entrano in gioco sono le cellule di memoria, che a differenza degli anticorpi che tendono a scemare nel tempo, durano molto più a lungo e stimolano rapidamente la produzione di anticorpi neutralizzanti quando si viene a contatto con il virus.

La maggior parte delle persone che si sono contagiate nell’ultimo mese, in particolare se vaccinate, probabilmente ha avuto a che fare con la variante Omicron (prevalente all’81% il 3 gennaio, con Delta scesa al 19%), anche se il singolo non lo saprà mai, perché il risultato del sequenziamento del tampone (quando viene effettuato) è un’informazione che resta ai laboratori, che comunicano il dato all’Istituto Superiore di Sanità per compilare le statistiche sulla prevalenza delle varianti. https://widget.spreaker.com/player?episode_id=48366066&theme=light&playlist=false&playlist-continuous=false&chapters-image=true&episode_image_position=right&hide-logo=true&hide-likes=false&hide-comments=false&hide-sharing=false&hide-download=true

È verosimile che l’attuale esercito di guariti, «gli invincibili», sia effettivamente guarito da Omicron. Gli immunologi ritengono improbabile, ma non impossibile, andare incontro a una nuova infezione con la stessa variante, per questo resta valida la raccomandazione di indossare sempre la mascherina, in particolare in presenza di persone fragili.

Mario Clerici, docente di immunologia all’Università Statale di Milano aveva già rassicurato: «Difficilmente si può andare incontro a una nuova infezione da Omicron, almeno nel breve periodo, perché la risposta immune, con anticorpi e con linfociti T, è potente e specifica per il virus con cui si viene a contatto». Tuttavia ha messo in guardia: «Si potrà invece contrarre un’infezione da un’altra variante, magari Delta, che è tutt’altro che scomparsa, o qualche nuovo ceppo mutato che potrà emergere nei prossimi mesi, scenario piuttosto probabile, finché il virus continuerà a circolare». Del resto anche l’Organizzazione mondiale della Sanità ha avvertito il mondo: «Questa pandemia non è affatto finita e, con l’incredibile crescita di Omicron a livello globale, è probabile che emergano nuove varianti» ha detto mercoledì il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus

Sono oggi in molti a pensare di non vedere l’ora di «beccarsi» Omicron nella convinzione di poter voltare pagina e tornare alla vita di prima, quella del dicembre 2019. Ma gli esperti mettono in guardia dal cercare di essere infettati di proposito per ottenere l’immunità ibrida e raggiungere una nuova normalità. Il virus infatti è imprevedibile, anche i giovani possono ammalarsi gravemente, finire in ospedale o sviluppare il Long Covid. Inoltrela quantità di protezione e la durata varia da individuo a individuo e le persone anziane o immunocompromesse o con fattori di rischio che predispongono alla malattia grave svilupperanno meno anticorpi rispetto a una persona giovane e sana, e i loro anticorpi potrebbero precipitare rapidamente. «Non è chiaro tra l’altro se la gravità della malattia influisca sul livello di protezione ibrida – dice al New York Times Akiko Iwasaki, immunologo dell’Università di Yale -. Una persona con sintomi gravi potrebbe essere stata esposta a una maggiore quantità di virus, attivando così più anticorpi e quindi una maggiore protezione. Una persona rimasta asintomatica potrebbe non avere una risposta immunitaria così robusta al virus e potrebbe essere più suscettibile alla reinfezione». 

Sappiamo anche che alcune persone, contagiate nel corso delle prime ondate, quando ancora non c’erano i vaccini, si sono riammalate dopo aver completato il ciclo vaccinale, anche con booster, segno che per qualcuno l’immunità, anche a lungo termine, decade in modo estremamente rapido.

Secondo Akiko Iwasaki tornare al comportamento del 2019 è oggi prematuro: «Si tratta di giocare alla lotteria perché non puoi sapere quanti anticorpi hai generato». Gli esperti invitano a non trascurare le precauzioni anti Covid, anche dopo la guarigione da un’infezione rivoluzionaria. La variante Omicron sta per soppiantare la Delta, un tragitto durato appena due mesi, rapidissimo. Ma nonostante il cambio della guardia «le indicazioni per proteggersi e cercare di rallentare la diffusione del virus restano le stesse. Dobbiamo continuare a essere molto attenti. E questo vale anche per i guariti», esorta Anna Teresa Palamara, responsabile del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità.

«Sappiamo che anche chi si è contagiato un anno fa si sta reinfettando, anche se i ceppi in circolazione sono diversi e dobbiamo quindi essere cauti. Possiamo essere abbastanza tranquilli sul fatto che Omicron non si riprende, e chi è stato contagiato con questavariante rimarrà immune almeno per qualche mese » commenta Fabrizio Pregliasco, virologo all’Università di Milano e direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano. «La vera incognita – aggiunge – è che non sappiamo se Omicron rimarrà la variante prevalente e per quanto tempo lo sarà. Confido che in primavera una gran quota di italiani, proprio per l’alta contagiosità di questa variante, non potrà essere platea per il virus e questo potrebbe favorirci anche per l’inverno prossimo quando una gran parte di noi manterrà questa immunità».