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6145.- Eutanasia. Così in Belgio si è passati dal diritto al dovere di morire

Come negare che siamo troppi e troppo stupidi? Come negare che la crisi dello Stato della Chiesa ha condotto i valori del Cristianesimo, i principi che sostengono la giustizia e l’etica della nostra società, alla fine?

Nel 2023 si sono verificati 3.423 casi, un aumento del 14.000% rispetto al 2002. Più dei numeri, però, spaventa la riforma della legge in Parlamento, che cancella il principio del rispetto dell’autodeterminazione del paziente

Da Tempi, di Leone Grotti, 4 marzo 2024

Un medico prepara un'eutanasia in Olanda
I casi di eutanasia in Belgio sono aumentati dal 2002 del 14.000% (Ansa)

Dopo oltre 20 anni di eutanasia legale in Belgio, farsi uccidere con l’iniezione letale e la benedizione dello Stato è diventato così normale che anche i due principi cardine sui quali si fonda la legge, autonomia e compassione, stanno per essere abbattuti nell’indifferenza generale. Gli ultimi dati della Commissione federale di valutazione e controllo dell’eutanasia (Fcce), al pari delle più recenti iniziative legislative in Parlamento, confermano il trend inquietante e aumentano il rischio che da diritto la “buona morte” si trasformi in dovere.

Decessi aumentati del 14.000% in 20 anni

I numeri dell’eutanasia in Belgio sono eclatanti: dai 24 decessi del 2002 si è passati ai 3.423 del 2023, più di nove al giorno, un aumento del 15% rispetto al 2022 e di oltre il 14.000% rispetto a 20 anni fa. Dall’analisi dei dati, contenuti nell’ultimo rapporto della Fcce, si evince che lo scenario in realtà è ancora più preoccupante.

Se un decesso con l’eutanasia su tre riguarda persone con meno di 70 anni, continuano a cambiare le patologie per cui la morte viene richiesta. Se dieci anni fa la patologia alla base del 70% dei casi era un cancro, perlopiù allo stadio terminale, nel 2023 la percentuale è scesa al 55,5.

Continuano a crescere, invece, le polipatologie, cioè un insieme di malattie che va dai problemi cardiaci all’artrite, dall’abbassamento della vista a quello dell’udito. Problematiche cioè non letali e legate alla vecchiaia. L’anno scorso le polipatologie hanno motivato il 23,2% delle richieste di eutanasia, e in quasi la metà dei casi (47%) la morte non era prevista nel breve periodo. Dieci anni fa costituivano appena il 9%.

Da case di cura a case di morte

La traiettoria è chiarissima: in Belgio l’eutanasia non serve più – o se si preferisce, serve sempre di meno – a porre fine a sofferenze insopportabili provocate da malattie letali, bensì a sbarazzarsi prematuramente delle persone anziane e disabili, a prescindere dalle prospettive di vita.

È indicativo, da questo punto di vista, che siano in continuo aumento le iniezioni letali praticate all’interno delle case di riposo (16,4% nel 2022, 17,4% nel 2023), che rischiano di trasformarsi in vere e proprie case della morte.

Se nel 2022, infine, sono stati uccisi 68 malati psichiatrici o affetti da diversi tipi di demenza o disturbi cognitivi, nel 2023 i casi sono aumentati a 89, una crescita del 30%.

Addio al caposaldo della compassione

Se uccidendo anche persone sane o affette da patologie minori si manda in soffitta il criterio della compassione, uno dei due capisaldi di qualunque legge sull’eutanasia, anche il principio dell’autonomia è clamorosamente in pericolo in Belgio.

Dopo i casi di Tine Nys Godelieva de Troyer, infatti, il 20 ottobre 2022 la Corte costituzionale del Belgio ha dichiarato la legge sull’eutanasia incostituzionale nella misura in cui non prevede un sistema di sanzioni graduale per i medici che la violano. Per questo il Parlamento ha iniziato a modificare la legge, ma il testo approvato in prima lettura dalla commissione Giustizia il 14 febbraio fa già discutere.

Nuove pene per chi viola la legge sull’eutanasia

Gli emendamenti proposti dalla maggioranza disegnano un sistema diviso in tre sezioni che prevede pene diverse a seconda delle condizioni della legge che vengono violate. Se un medico non rispetta le condizioni “di base” rischia dai 10 ai 15 anni di carcere; se non rispetta le condizioni “procedurali”, può essere punito con un periodo di reclusione dagli otto mesi ai tre anni e con un’ammenda dai 26 ai 1.000 euro; se non rispetta infine le condizioni “formali” non è prevista alcuna pena, neanche un rimprovero.

Se può apparire strano che un Parlamento non preveda sanzioni penale per la violazione di una legge che disciplina la morte delle persone, la situazione diventa addirittura inquietante quando si va ad analizzare quali siano le condizioni “formali” dell’eutanasia.

Il numero di casi di eutanasia dichiarati in Belgio dal 2002 al 2023
Il numero di casi di eutanasia dichiarati in Belgio dal 2002 al 2023

Le condizioni “procedurali” e “di base”

Le condizioni “di base”, ritenute le più importanti, che il medico deve verificare sono quelle che riguardano lo stato del paziente: deve essere in grado di intendere e di volere, essere cosciente nel momento in cui presenta la domanda ed essere affetto da una patologia incurabile che provoca sofferenze fisiche o psichiche insopportabili.

La condizioni “procedurali” riguardano il consulto di un secondo medico, indipendente dal primo e competente, o di un terzo se la morte del paziente non è prevista a breve termine; il consulto di un familiare e di un medico indipendente nel caso in cui l’eutanasia sia praticata sulla base di una dichiarazione anticipata di trattamento; il consulto di uno psichiatra infantile o di uno psicologo, insieme al rappresentante legale del minore, nel caso in cui l’eutanasia sia praticata su un bambino.

L’autodeterminazione non conta più niente

Le condizioni “formali”, la cui violazione non comporta alcuna sanzione penale, sono in realtà tutt’altro che secondarie. Si parla infatti della verifica da parte del medico che la domanda di eutanasia sia presentata dal paziente «in maniera volontaria» dopo attenta riflessione, sulla base di una volontà espressa in modo reiterato nel tempo e «che non sia il risultato di alcuna pressione esterna».

Sarà trascurabile anche «informare il paziente sul suo stato di salute e sulle sue speranze di vita», così come informarlo «delle possibilità terapeutiche ancora disponibili» e della possibilità di accedere alle «cure palliative». Non sarà più necessario nemmeno «assicurarsi della persistenza della sofferenza fisica o psichica» e parlare ripetutamente con il paziente «a distanza di tempo ragionevole». Neanche «parlare con i cari che il paziente indica» sarà più importante.

I medici potranno inoltre sorvolare sull’obbligo di far passare «almeno un mese tra la richiesta di eutanasia» e l’iniezione letale; non dovranno più preoccuparsi, in caso di dichiarazione anticipata di trattamento, «di discuterne con la persona di fiducia indicata dal paziente». Infine, i dottori che praticano una eutanasia non riceveranno alcuna sanzione penale se non invieranno tutta la documentazione alla Commissione federale di controllo e valutazione «entro quattro giorni».

Niente cure palliative, c’è l’eutanasia

In sintesi, non è più importante assicurarsi che la richiesta di eutanasia nasca davvero dalla volontà del paziente e non sia invece frutto di pressioni esterne o della depressione del momento. Non è più importante offrire al malato le costose cure palliative o spiegargli se e come potrebbe continuare a vivere.

Se gli emendamenti venissero approvati in via definitiva – e lo saranno probabilmente visto che la maggioranza in Belgio è d’accordo – cadrebbe il più importante pilastro della legge sull’eutanasia: quello dell’autonomia e dell’autodeterminazione.

Dal diritto al dovere di morire

Dopo 20 anni di eutanasia legale, a quanto pare, al Belgio non interessa più sapere né se una persona vuole davvero morire né perché desidera la morte. La cosa che conta davvero per Bruxelles, verrebbe da pensare, è che il richiedente sia ucciso il prima possibile, alla luce del sole o in segreto. Un medico, infatti, potrebbe anche attendere anni prima di segnalare l’eutanasia alla commissione incaricata di valutarla: non riceverebbe alcuna sanzione penale.

Impunità, omertà, assenza di verifiche e garanzie, disprezzo della volontà del paziente e totale abbandono terapeutico: così l’eutanasia in Belgio passa in sordina da diritto a dovere di morire.

@LeoneGrotti

6158.- Tutti i motivi per non archiviare l’inchiesta su Speranza e Aifa

RICORSO AL TRIBUNALE DEI MINISTRI

L’indagine sulle omissioni di Aifa e Speranza è al Tribunale dei ministri. Gli avvocati dei querelanti (Ascoltami e Osa) hanno depositato una memoria con ampia documentazione che prova la responsabilità dell’ex ministro e dei vertici Aifa nel sovrastimare i benefici e sottostimare i rischi dei vaccini.
– In Procura il sit in dei danneggiati.

Da La Nuova Bussola Quotidiana, di Andrea Zambrano, 30 dicembre 2023

«Non è andato tutto bene». Complici nuove emergenze vere o presunte – è di ieri un nuovo allarme per cardiopatie conseguenti al long-covid – ma soprattutto complice il cronico asservimento dei media mainstream, non si sente quasi più parlare degli errori fatti durante la campagna vaccinale del 2021 e 2022. Eppure, dovrebbe essere interesse di tutti, oltre che dei danneggiati, chiarire cosa sia successo nelle istituzioni sanitarie in quel periodo, se non altro perché la storia non si ripeta alla prossima e probabile emergenza sanitaria.

Una grande occasione per portare alla luce fatti e misfatti si presenta con il procedimento giudiziario a carico di Roberto Speranza e Nicola Magrini, al tempo direttore e factotum della Agenzia Italiana del Farmaco – Aifa. Il procedimento origina dalla querela sporta nel maggio 2023 dal Comitato Ascoltami, dall’Associazione Operatori di Sicurezza Associati (OSA) composta principalmente da membri delle Forze dell’Ordine, da un Sindacato dei Finanzieri e dalla già senatrice Bianca Laura Granato. Le accuse sono pesanti, andando dal commercio e somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute (art. 443 e 445 c.p.), al falso ideologico avendo omesso o alterato le comunicazioni al pubblico (art. 479 c.p.), alle lesioni personali e omicidio (art. 575 c.p.). Il nocciolo della questione riguarda le autorizzazioni al commercio dei cosiddetti “vaccini” anti-COVID-19 che sarebbero stati autorizzati e diffusi vantando delle proprietà che non avevano (quella di impedire i contagi) e nascondendone i rischi. Benché molte delle distorsioni e penose conseguenze della campagna vaccinale erano già note – la Bussola ne ha dato spesso conto – la decisione di sporgere querela è scattata dopo la trasmissione “Fuori dal Coro” che ha mostrato corrispondenze interne all’AIFA e tra AIFA e Ministero, da cui emergerebbe la volontà di nascondere i rischi dei prodotti farmaceutici in questione.

TRIBUNALE DEI MINISTRI
Al momento, gli atti sono stati trasmessi dal Pubblico Ministero di Roma al Tribunale dei Ministri, dove saranno all’attenzione del Collegio formato dalle tre giudici Cialoni, Cirulli e Casari. Il Pm ha chiesto già l’archiviazione, con una breve nota senza quasi entrare nel merito tecnico dei fatti contestati e delle prove presentate. Secondo il Pm gli atti dei querelati sarebbero stati compiuti di concerto con gli altri attori istituzionali italiani e internazionali, al solo fine di tutelare la salute pubblica a seguito della grave crisi sanitaria della COVID-19.

Il Pm sostiene che le reazioni avverse ai prodotti inoculati sarebbero un fenomeno fisiologico accettabile pur di contrastare la pandemia. Le decisioni di Speranza e Magrini sarebbero state prese nell’ambito della discrezionalità a loro concessa dalla legge e le mail esibite da Fuori dal Coro non permetterebbero di provare la volontà di sottacere al pubblico informazioni critiche verso la campagna vaccinale. La richiesta di archiviazione del Pm attribuisce le decisioni di Speranza e Magrini alla volontà di salvaguardare la salute collettiva, ma omette di discutere il punto-chiave, cioè che i cosiddetti vaccini non avevano tale capacità.  In sintesi, il Pm non solo non riconosce gli errori denunciati e dimostrati, ma tralascia gli indizi di reato e persino esprime l’idea aprioristica che i due indagati avrebbero agito sempre per il nostro bene.

DANNEGGIATI AL CONTRATTACCO
Avendo saputo della richiesta di archiviazione, che significherebbe l’insabbiamento finale delle responsabilità della classe politica e dei suoi supporti tecnici che hanno gestito la pandemia, gli avvocati delle parti querelanti hanno presentato ricorso contro la richiesta di archiviazione, motivandola con ampia documentazione.

La giustificazione “emergenziale” delle azioni degli indagati nel corso della campagna vaccinale, fornita dal Pm nella richiesta di archiviazione, appare semplicistica e carente della prospettiva storica e politica in cui collocare tali atti, omissioni e false dichiarazioni. Infatti, le principali ondate di contagi si erano verificate prima dell’inizio della campagna di vaccinazione di massa e a quel tempo (primavera-estate-autunno 2021), non vi era più alcun segno di un rischio di sovraccarico delle terapie intensive del Servizio Sanitario Nazionale. Non è quindi corretto sostenere che le misure prese per incentivare le vaccinazioni (o obbligare ad esse) fossero giustificate dallo stato di emergenza. Il fatto che lo “stato di emergenza” sia stato prolungato fino al 31 marzo 2022 è una decisione del governo (in quanto tale non va discussa in questa causa di responsabilità personali), ma neppure può essere chiamata a giustificare o coprire eventuali errori o colpe dei decisori e degli organi tecnici e decisionali. Va aggiunto che eventuali errori o colpe di un ministro e dei collaboratori non sarebbero giustificabili neanche se compiuti in buona fede “per il bene della popolazione”, motivazione comunque tutta da dimostrare.

È necessario chiedersi, piuttosto, se conseguenze negative alla popolazione siano derivate dall’estrema e spesso proclamata fede “vaccinista” del ministro Speranza e dalla sua propensione a presentare la vaccinazione come unico obiettivo sin dall’inizio (oltretutto trascurando le terapie precoci), ostinandosi poi nonostante in crescere di evidenze scientifiche critiche e anzi, come sostiene la querela, occultando in concorso con Aifa le prove contrarie alla propria aprioristica decisione.

I CONTRATTI CON BIG PHARMA
Speranza era partito in largo anticipo, stilando contratti con le case farmaceutiche, contratti che poi lo stesso Draghi definì «leggeri»: il primo contratto stipulato fu con Astrazeneca, il 14 giugno 2020, come dichiarato dallo stesso ministro in quell’occasione: «Il vaccino è l’unica soluzione definitiva al Covid 19. Per me andrà sempre considerato un bene pubblico globale, diritto di tutti, non privilegio di pochi».

Tralasciando per il momento che da diritto il “vaccino” diventò presto un dovere, è evidente che una tale fede, categorica e assoluta, non aveva la minima parvenza di scientificità, visto che non si conoscevano neppure i risultati dei primi studi. Il “vaccino” in quanto «bene pubblico globale» dimostra l’adesione aprioristica all’ideologia progressista, “globalista” di cui la parte politica del ministro era portatrice. 

È illuminante, a questo proposito, una recensione fatta al libro di SperanzaPerché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute” (poi ritirato) da cui trapela il suo programma politico. Il ministro lo mette nero su bianco: «Sono convinto che abbiamo un’opportunità unica per radicare una nuova idea della sinistra» e c’è bisogno di una «tutela sovraordinata dei diritti fondamentali che solo le istituzioni pubbliche possono garantire». Scrive Speranza che è grazie al dilagare del COVID-19 e alle misure imposte dal governo se «le persone lo hanno capito».

INTERESSI POLITICI
Su queste basi, non è difficile ipotizzare che le condotte del ministro della Salute e del direttore di Aifa siano parte attiva di un intreccio di interessi politici e farmaceutici, in parte sovranazionali, di cui i mezzi di informazione, in vario modo controllati e finanziati dal Governo, sono stati cassa di risonanza. Le scelte, a partire dalla stipula dei contratti con Big pharma per finire all’imposizione degli inoculi e al green pass, sarebbero state ispirate da un’ideologia collettivista e globalista in cui il vaccino è stato strumento principale, se non unico, di affronto della pandemia. Le scelte degli indagati sarebbero state tese a sovrastimare i benefici e sottostimare in molteplici modi i rischi dei prodotti acquistati, distribuiti e consigliati, tacendo sul punto fondamentale e rilevante per superare l’articolo 32 della Costituzione che i prodotti non erano in grado di immunizzare veramente le persone inoculate.

VACCINI INEFFICACI
L’opposizione alla richiesta di archiviazione porta una mole di provedell’inefficacia dei prodotti farmaceutici sperimentali nel fermare i contagi del virus SARS-CoV-2 e del fatto che Speranza e Magrini non ne avrebbero tenuto conto, benché ne fossero al corrente, anzi avrebbero distorto le informazioni diffuse al pubblico. Chiede inoltre che siano continuate le indagini anche acquisendo ufficialmente le corrispondenze interne e esterne di Aifa, come prove documentali del falso ideologico (visto che la citazione della clamorosa trasmissione di Fuori dal Coroè stata “snobbata” dal Pm).

Che i cosiddetti “vaccini” avessero breve durata protettiva era stato notato già dopo pochi mesi del loro uso e che i vaccinati potessero trasmettere il virus come i non vaccinati era noto alla comunità scientifica già nel luglio del 2021 ed era stato già riportato da vari lavori. 

La carica virale nelle narici era uguale nei vaccinati e non vaccinati sintomatici e, come riconosciuto anche dal prof. Giorgio Palù già nell’autunno del 2021 era chiaro che l’immunità di gruppo (o di gregge) non poteva realizzarsi. Ricordiamo che è solo quando si instaura l’immunità gregge che la vaccinazione del singolo contribuisce ad arrestare la diffusione dei microbi.

NESSUNA IMMUNITA’ DI GREGGE
Addirittura, con vaccini non immunizzanti che però riducono i sintomi
, come gli anti-COVID-19, si possono indurre paradossalmente un maggior numero di persone a frequentare luoghi pubblici e quindi a diffondere il virus. Tutta la campagna promossa dal Ministero, rilanciata dai mass-media e persino da autorità religiose, fino all’imposizione del green pass si sarebbe basata sull’aver taciuto consapevolmente questo aspetto cruciale.

LE FALLE NELLA FARMACOVIGILANZA
Vi è poi l’ampio e drammatico argomento dei difetti della farmacovigilanza, di cui l’Aifa era responsabile. Il sistema è andato in panne già a fine febbraio 2021, ma Aifa attribuì il fenomeno al ritardo dell’inserimento delle segnalazioni nel sistema. Spiegazione la cui falsità si è presto dimostrata, visto che col tempo le segnalazioni anziché tornare al normale sono diminuite progressivamente. Come conseguenza di tale deficit di dati sulla farmacovigilanza, sono stati diffusi ai mass-media e alla popolazione rapporti falsamente tranquillizzanti.

Ad esempio, nel settimo rapporto si riporta un tasso di 16 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate, mentre negli studi clinici randomizzati e nei (pochi) studi di farmacovigilanza attiva il tasso di eventi avversi gravi era tra 1 e 5 %, cioè tra 1000 e 5000 ogni 100.000 dosi. Qualcuno ricorderà che per aver denunciato questa distorsione della farmacovigilanza italiana in una trasmissione televisiva, lo scrivente fu espulso dall’Università.

Come conseguenza della sottostima delle segnalazioni, l’Italia non è stata in grado di rilevare alcun segnale di aumento di rischio della trombosi con trombocitopenia causata dal vaccino Astrazeneca e se ne è cominciato a parlare solo dopo che il fenomeno patologico era stato segnalato nel maggio del 2021 grazie alla rilevazione effettuata da altri database. Complessivamente, dagli stessi dati AIFA(verosimilmente sottostimati come si è detto), in Italia nel 2021 questa patologia ha causato la lesione grave di circa 100 persone e il decesso di 10 persone (6 femmine e 4 maschi), esiti sicuramente correlati alla vaccinazione (9 dopo Astrazeneca e 1 dopo Johnson & Johnson).

RISCHI SOTTOSTIMATI
L’età media delle persone morte era 45,3 anni. Un altro esempio di grossolana sottostima dei rischi si rileva leggendo il dodicesimo rapporto Aifa, secondo cui il tasso di miocardite dopo iniezione di vaccini a mRNA nei giovani maschi (12-29 anni) sarebbe ammontato a 2 casi per milione di dosi, laddove invece la più qualificata letteratura internazionale riportava un tasso tra 52,4 e 105,9 casi per milione (dati del Vaers americano che pure è basato su sorveglianza passiva). Non resta che domandarsi con quale coraggio siano stati diffusi alla popolazione dati che una minima conoscenza della materia avrebbe dimostrato che erano sottostimati di decine di volte rispetto alla realtà ben conosciuta utilizzando altri database meno viziati dall’underreporting e utilizzando metodi corretti come la vigilanza attiva (che in pratica non è stata fatta in Italia, nonostante sia citata nei primi rapporti AIFA, ma senza fornire i relativi dati).

NEGARE IL NESSO DI CAUSA
Un altro grave errore metodologico è stato fatto nella fase della valutazione del nesso di causa (o correlazione) tra eventi avversi gravissimi e vaccinazione. Al 26 marzo 2021 si trovavano registrati già 100 decessi avvenuti nei giorni successivi alla vaccinazione, una cifra preoccupante se si considera che si parla sempre di vigilanza passiva ed è stata raggiunta in tre mesi. Per confronto, i decessi segnalati dopo la vaccinazione antinfluenzale (fatta ad oltre la metà delle persone over 65) in un anno ammontano a 4 o 5 al massimo (nessuno causalmente correlato). All’apparire delle prime segnalazioni di decessi seguenti di meno di 15 giorni la vaccinazione, una speciale commissione dell’Aifa analizzava la causalità e stabiliva che quasi tutti i decessi erano dovuti ad altre cause.

Ciò apparve chiaro sin dal rapporto numero 3 (dati fino al 26 marzo 2021), ma si ripeté anche in tutti i successivi. Tale risultato, apparentemente tranquillizzante, si è basato su un utilizzo sbagliato e fuorviante del cosiddetto algoritmo proposto da OMS, usato in modo inappropriato al fine di scartare la possibilità che le morti siano attribuibili al vaccino.

Lo “sbaglio” è stato fatto considerando come possibile spiegazione alternativa alla morte qualsiasi condizione clinica concomitante che avesse il malcapitato o la malcapitata al momento della vaccinazione, mentre per i morti positivi al SARS-CoV-2 le malattie pregresse o concomitanti non contavano come possibili cause del decesso. Anche questo aspetto tecnico, di cui i vertici Aifa erano a conoscenza, è stato taciuto e ha contribuito a sbilanciare i giudizi sul rapporto “rischio-beneficio”. Si ricorderà che tutte le volte che si prospettava il rischio vaccinale, si concludeva che «comunque il rapporto rischio-beneficio rimane favorevole» e si inducevano le persone, di qualsiasi età, a farsi inoculare.

UNA PROSPETTIVA DI GIUSTIZIA
L’occasione del procedimento giudiziario verso Speranza e Magrini potrebbe essere l’inizio di una più ampia inchiesta sulla gestione della pandemia, di cui dovrebbe far parte anche la commissione prevista dalla politica. Per questo è auspicabile che, grazie alla Magistratura, si apra un primo squarcio di verità su un grave periodo della storia italiana e si dia almeno una prospettiva di giustizia alle vittime.

Nel confidare nell’indipendenza del Tribunale, è opportuno che i cittadini si mobilitino comunque per sostenerla, in modo che la decisione non sia influenzata da prevedibili pressioni politiche dei palazzi romani. Non è solo per giudicare il passato ma anche per vigilare sulla sanità pubblica del futuro.

6154.- Il Sudafrica denuncia Israele alla Corte Internazionale di Giustizia: “A Gaza genocidio deliberato”

di redazione Pagine Esteri, 30 dicembre 2023 

Il Sudafrica denuncia Israele alla Corte Internazionale di Giustizia: “A Gaza genocidio deliberato”

“I fatti invocati dal Sudafrica nel presente ricorso e che dovranno essere ulteriormente sviluppati nel presente procedimento dimostrano che, in un contesto di apartheid, espulsione, pulizia etnica, annessione, occupazione, discriminazione e continua negazione del diritto del popolo palestinese alla autodeterminazione – Israele, in particolare dal 7 ottobre 2023, non è riuscito a prevenire il genocidio e non è riuscito a perseguire l’incitamento diretto e pubblico al genocidio. Ancora più grave, Israele si è impegnato, si sta impegnando e rischia di impegnarsi ulteriormente in atti di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza. Tali atti includono l’uccisione, il causare gravi danni mentali e fisici e l’infliggere deliberatamente condizioni di vita intese a provocare la distruzione fisica come gruppo. 

Il Sudafrica ha denunciato ieri sera Israele alla Corte Internazionale di Giustizia. L’accusa, mossa all’interno di un documento di 84 pagine, è quella di compiere deliberatamente un genocidio, tentando ripetutamente di distruggere i palestinesi in quanto gruppo. Tali intenzioni, secondo i rappresentanti sudafricani, sono state più volte chiaramente espresse dal primo ministro Benjamin Netanyahu e dal ministro della difesa Yoav Galant.

Oltre ai bombardamenti e alle uccisioni mirate, la documentazione fa riferimento alla scelta deliberata, da parte del governo israeliano, di infliggere condizioni di vita intese a distruggere una parte sostanziale del gruppo nazionale, razziale ed etnico palestinese.

La richiesta del Sudafrica è che la Corte Internazionale si riunisca per valutare le accuse e fare in modo che ulteriori atti di genocidio vengano evitati.

La Corte internazionale di giustizia è l’organo giurisdizionale principale delle Nazioni Unite. Il suo scopo è quello di definire in base al diritto internazionale controversie giuridiche presentate dagli Stati e di dare pareri su questioni sottoposte da organismi delle Nazioni Unite e da agenzie indipendenti.

Israele ha commentato, attraverso il portavoce del Ministero degli affari esteri Lior Haiat, che la richiesta del Sudafrica “costituisce un uso spregevole della Corte” e che il governo sudafricano starebbe “cooperando con un’organizzazione terroristica che chiede la distruzione dello Stato di Israele”, aggiungendo poi che Hamas è “responsabile della sofferenza dei palestinesi nella Striscia di Gaza, perché li usa come scudi umani e ruba loro aiuti umanitari”.

Lior Haiat ha dichiarato inoltre che “Israele è impegnato nel diritto internazionale e agisce in conformità con esso e dirige i suoi sforzi militari solo contro l’organizzazione terroristica di Hamas e le altre organizzazioni terroristiche che cooperano con Hamas. Israele ha chiarito che i residenti della Striscia di Gaza non sono il nemico e sta facendo ogni sforzo per limitare i danni ai non coinvolti e per consentire agli aiuti umanitari di entrare nella Striscia di Gaza”.

Nel documento presentato alla Corte Internazionale di Giustizia, si legge, tra le altre cose:

“I fatti invocati dal Sudafrica nel presente ricorso e che dovranno essere ulteriormente sviluppati nel presente procedimento dimostrano che, in un contesto di apartheid, espulsione, pulizia etnica, annessione, occupazione, discriminazione e continua negazione del diritto del popolo palestinese alla autodeterminazione – Israele, in particolare dal 7 ottobre 2023, non è riuscito a prevenire il genocidio e non è riuscito a perseguire l’incitamento diretto e pubblico al genocidio. Ancora più grave, Israele si è impegnato, si sta impegnando e rischia di impegnarsi ulteriormente in atti di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza. Tali atti includono l’uccisione, il causare gravi danni mentali e fisici e l’infliggere deliberatamente condizioni di vita intese a provocare la distruzione fisica come gruppo. 

Le ripetute dichiarazioni dei rappresentanti dello Stato israeliano, anche ai massimi livelli, del presidente, del primo ministro e del ministro della Difesa israeliani esprimono intenzioni genocide. Tale intenzione deve essere correttamente dedotta anche dalla natura e dalla condotta dell’operazione militare israeliana a Gaza, tenuto conto, tra l’altro, dell’incapacità di Israele di fornire o garantire cibo, acqua, medicine, carburante, riparo e altra assistenza umanitaria essenziale per l’assediato popolo palestinese, spinto sull’orlo della carestia. 

Ciò emerge chiaramente anche dalla natura e dalla portata degli attacchi militari israeliani contro Gaza, che hanno comportato il bombardamento prolungato per più di 11 settimane di uno dei luoghi più densamente popolati del mondo, costringendo all’evacuazione di 1,9 milioni di persone, l’85% della popolazione di Gaza dalle loro case e spingendoli in aree sempre più piccole, senza un riparo adeguato, in cui continuano ad essere attaccati, uccisi e feriti. 

Israele al momento ha ucciso oltre 21.110 palestinesi, tra cui oltre 7.729 bambini – con oltre 7.780 altri dispersi, presumibilmente morti sotto le macerie – e ha ferito oltre 55.243 altri palestinesi, causando loro gravi danni fisici e mentali. Israele ha inoltre devastato vaste aree di Gaza, compresi interi quartieri, e ha danneggiato o distrutto oltre 355.000 case palestinesi, insieme a estesi tratti di terreni agricoli, panifici, scuole, università, aziende, luoghi di culto, cimiteri, centri culturali e di siti archeologici, edifici municipali e tribunali e infrastrutture critiche, comprese strutture idriche e igienico-sanitarie e reti elettriche, perseguendo al contempo un attacco implacabile al sistema medico e sanitario palestinese. 

Israele ha ridotto e continua a ridurre Gaza in macerie, uccidendo, ferendo e distruggendo la sua popolazione e creando condizioni di vita calcolate per provocare la loro distruzione fisica come gruppo”.

All’inizio di novembre il Sudafrica aveva ritirato i propri diplomatici in Israele e l’Assemblea Nazionale sudafricana ha votato la sospensione di tutte le relazioni diplomatiche con Tel Aviv.

6041.- Per i crimini di Vladimir Vladimirovich Putin e Ms Maria Alekseyevna Lvova-Belova sì! e per quelli di Benjamin Netanyahu e Joe Biden no!

Ma di quale Corte internazionale di giustizia stiamo parlando? Leggiamo:

Dalla Corte Penale Internazionale. Press Release: 17 Marzo 2023

Ucraina: i giudici della CPI emettono mandati di arresto contro Vladimir Vladimirovich Putin e Maria Alekseyevna Lvova-Belova

ICC HQ

Il 17 marzo 2023, la Camera preliminare II della Corte penale internazionale (“CPI” o “la Corte”) ha emesso mandati di arresto per due persone nel contesto della situazione in Ucraina: Vladimir Vladimirovich Putin e Maria Alekseyevna Lvova-Belova.

Il signor Vladimir Vladimirovich Putin (cognome veneto), nato il 7 ottobre 1952, presidente della Federazione russa, è presumibilmente responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell’Ucraina al territorio russo Federazione (ai sensi degli articoli 8, comma 2, lettera a), punto vii) e 8, comma 2, lettera b), punto viii), dello Statuto di Roma). I crimini sarebbero stati commessi nel territorio occupato dall’Ucraina almeno a partire dal 24 febbraio 2022. Vi sono fondati motivi per ritenere che Putin abbia una responsabilità penale individuale per i suddetti crimini, (i) per aver commesso gli atti direttamente, insieme ad altri e/o attraverso altri (articolo 25(3)(a) dello Statuto di Roma), e (ii) per non aver esercitato adeguatamente il controllo sui subordinati civili e militari che hanno commesso gli atti, o ne hanno permesso la commissione, e che erano sotto il suo effettivo controllo autorità e controllo, in forza della responsabilità superiore (articolo 28, lettera b), dello Statuto di Roma).

La sig.ra Maria Alekseyevna Lvova-Belova, nata il 25 ottobre 1984, commissaria per i diritti dell’infanzia presso l’ufficio del presidente della Federazione Russa, è presumibilmente responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell’Ucraina alla Federazione Russa (ai sensi degli articoli 8(2)(a)(vii) e 8(2)(b)(viii) dello Statuto di Roma). I crimini sarebbero stati commessi nel territorio occupato ucraino almeno a partire dal 24 febbraio 2022. Vi sono fondati motivi per ritenere che la sig.ra Lvova-Belova abbia una responsabilità penale individuale per i suddetti crimini, per aver commesso i fatti direttamente, insieme ad altri e/o attraverso altri (articolo 25, paragrafo 3, lettera a), dello Statuto di Roma).

La Camera Preliminare II ha ritenuto, sulla base delle richieste dell’accusa del 22 febbraio 2023, che vi sono ragionevoli motivi per ritenere che ciascun sospettato sia responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione e di quello di trasferimento illegale di popolazione dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione Russa, a danno dei bambini ucraini.

La Camera ha ritenuto che i mandati siano segreti al fine di proteggere le vittime e i testimoni e anche di salvaguardare le indagini. Tuttavia, consapevole che le condotte oggetto della presente fattispecie sarebbero tuttora in corso, e che la conoscenza da parte dell’opinione pubblica dei mandati può contribuire a prevenire la commissione di ulteriori reati, la Camera ha ritenuto che sia nell’interesse della giustizia autorizzare la Cancelleria di rendere pubblica l’esistenza dei mandati, il nome degli indagati, i reati per i quali i mandati sono emessi e le modalità di responsabilità stabilite dalla Camera.

I predetti mandati di arresto sono stati emessi a seguito delle istanze presentate dalla Procura il 22 febbraio 2023.

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ICC President Judge Piotr Hofmański

Video statement of ICC President Judge Piotr Hofmański:

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6116.- Legittima difesa: quando sussiste?

Bergamo, 05/11/2003 TRIBUNALE DI BERGAMO. ©Roby Bettolini

La sentenza causa alcuni profili di dubbio. Il presupposto della sentenza è che la rapina si era conclusa e che i rapinatori, lì per lì in fuga, non avrebbero reiterato la rapina e la violenza dopo poco. La Corte d’Assise non ha voluto riconoscere la parziale incapacità di intendere e volere causata dall’onda emotiva suscitata dalla rapina in questione, alimentata da quella subita in passato; ma ha ritenuto che la sicurezza, due volte violata a mano armata, fosse stata ripristinata dalla fuga (temporanea?) dei malviventi. Valuto ridicole le provvisionali riconosciute alla famiglie dei rapinatori che, armi in pugno, hanno fatto violenza alla consorte e alla figlia del rapinato.

Da Studio Cataldi, di Andrea Cagliero, 07 dicembre 2023

Commento alla sentenza sulla nota vicenda di Grinzane, che ha visto un gioiellere uccidere i rapinatori del proprio negozio

Il caso mediatico

La drammatica vicenda è nota. 

Nel 2021, un gioiellere di Grinzane Cavour (CN) subisce una rapina (ne aveva già subita una qualche anno prima) da parte di tre soggetti. La sequenza dell’azione viene ripresa da telecamere interne ed esterne.

I rapinatori, armati di coltello e pistola, entrano nel negozio, immobilizzano la figlia (nelle immagini si vede distintamente che le mani di quest’ultima vengono legate dietro alla schiena) e la moglie del gioiellere, che in quel momento si trova nel retro bottega, e si impossessano di alcuni preziosi. I tre si danno alla fuga, raggiungendo la macchina parcheggiata davanti alla gioielleria, ma vengono inseguiti dal titolare, il quale, armato di pistola, incomincia a sparare: uno dei rapinatori viene solo ferito e riesce a fuggire; un secondo cade subito a terra esanime; il terzo, dopo essere caduto in terra, ferito, e preso a calci, riesce a rialzarsi, tentando di ribellarsi, ma poi si accascia privo di vita. 

Il gioiellere viene rinviato a giudizio per duplice omicidio, tentato omicidio e porto abusivo di armi. 

Il 4 dicembre 2023, la Corte d’Assise lo condanna a 17 anni di reclusione (il PM ne aveva chiesti 14), riconoscendogli il vincolo della continuazione, le attenuanti generiche e l’attenuante di cui all’art.62 n.2 c.p. (aver reagito in stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui).

Le famiglie delle vittime, costituite parti civili, si sono viste riconosciute delle provvisionali per complessivi € 450.000, da sommarsi agli € 300.000 già versati dal gioielliere. 

Periti di Procura e difesa hanno riconosciuto parziale incapacità di intendere e volere, analizzata l’onda emotiva suscitata dalla rapina in questione, alimentata da quella subita in passato. Non sono stati dello stesso avviso quelli del Corte d’Assise. 

La sentenza ha suscitato sdegno. La sensazione predominante nella collettività, in virtù probabilmente dell’esposizione di alcuni politici di spicco, è quella di una magistratura incapace di riconoscere la legittima difesa.

Art. 52 c.p. Difesa legittima

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Il testo dell’art. 52 del codice penale dispone:

“1. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa

2. Nei casi previsti dall’art.614 c.p., primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo per difendere:

a) la propria o altrui incolumità;

b) i beni propri altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.

3. Le disposizioni di cui al secondo e al quarto comma si applicano anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

4. Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.

L’esegesi della norma

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Sinteticamente.

La legittima difesa è una causa di giustificazione o scriminante. Vale a dire: in situazioni eccezionali, un fatto normalmente previsto come reato non viene punito, in quanto è la legge a permettere o addirittura ad esigere quel comportamento.

Nel caso dell’esimente in parola, nel bilanciamento degli interessi contrapposti, viene fatto prevalere quello dell’aggredito su quello dell’aggressore, autore questi di una situazione di pericolo ingiusta. 

Perché si possa parlare di legittima difesa, però, è essenziale il verificarsi di talune condizioni.

Il pericolo deve essere attuale, ossia deve essere imminente o persistente. Laddove l’aggressione o la situazione di pericolo sia cessata, la scriminante non trova più applicazione. Viene altresì esclusa la c.d. “difesa anticipata” o “preventiva”. 

L’aggressione deve essere ingiusta, da intendersi quale lesione all’altrui diritto non motivata o altrimenti autorizzata dall’ordinamento. Inoltre, il soggetto aggredito non deve essersi posto volontariamente nella situazione di pericolo (immaginiamo chi decida di partecipare ad una rissa e, nel corso della colluttazione, rechi lesioni o uccida qualcuno). 

La reazione deve essere legittima, ossia inevitabile o non sostituibile con una meno grave ovvero con una scelta che comporti comunque la salvezza dell’aggredito o del bene tutelato.

La reazione deve essere proporzionata all’offesa, tenendo presente una serie complessa di fattori: i beni giuridici contrapposti; i mezzi utilizzati dalle parti; tempi e luogo dell’azione; ecc. Ad es.: non c’è proporzione se ad uno schiaffo si reagisce con la frattura di un arto o con una coltellata.

Facilmente evincibile come esso sia l’elemento più difficile da valutare in situazioni poco chiare.

Nel 2006, il legislatore ha introdotto una importante modifica, inserendo il comma 2, che disciplina la presunzione di proporzionalità tra offesa e difesa, laddove la situazione di pericolo avvenga all’interno della privata dimora dell’aggredito. Non solo, ma la proporzione sussiste anche in caso di utilizzo di armi, se legittimamente detenute, o di altri mezzi idonei. 

Nel 2019, un’ulteriore modifica ha comportato l’aggiunta del comma 4 e dell’avverbio “sempre” al comma 2.

Sebbene le novità del 2006 e del 2019 mirassero a limitare il potere discrezionale del giudice, va da sé come esse non portino l’automatica applicazione della scriminante, restando sempre dell’Autorità Giudiziaria di accertare la sussistenza delle predette condizioni. In altri termini, l’omicidio del rapinatore all’interno di una privata abitazione non esula l’Autorità Giudiziaria dall’accertare, per esempio, se egli stesse fuggendo a mani vuote, facendo venir meno la situazione di pericolo.

Il legislatore ha previsto che l’attualità, legittimità e proporzionalità della difesa fossero contestuali, per evitare un facile e incontrollato ricorso alla violenza e alla autotutela privata, non prevista dall’ordinamento. 

La difesa legittima può essere invocata anche laddove meramente putativa, ossia quando, pur non sussistendone realmente le condizioni, essa viene supposta erroneamente dal soggetto agente che, sulla base di un errore scusabile nella valutazione delle circostanze del fatto, è indotto a credere di trovarsi in un pericolo attuale di un’offesa ingiusta.

Questo errore, come precisato, deve essere scusabile, cioè riscontrabile anche da elementi oggettivi, idonei a giustificare il convincimento sbagliato, non bastando il mero timore dell’agente. 

La disamina della vicenda processuale

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Ovviamente, non si hanno a disposizione gli atti processuali per un commento pienamente adeguato, ma le immagini delle telecamere, rese pubbliche, consentono di poter svolgere un ragionamento sull’istituto della legittima difesa nel caso in esame. 

Non v’è dubbio che all’interno della gioielleria, che ben può rientrare nel concetto di privata dimora, si fosse creata una situazione di pericolo che avrebbe giustificato una reazione, anche con armi, da parte delle vittime: i rapinatori avevano un coltello e una pistola (irrilevante che si sia scoperto successivamente che fosse un giocattolo, non essendo tale circostanza di immediata percezione) e avevano minacciato il gioiellere e la famiglia.

La questione giuridica sorge, però, dopo. 

Nel momento in cui i rapinatori fuggono, è inequivocabile che la vita delle vittime non sia più in pericolo; di conseguenza, viene meno l’attualità richiesta dall’art. 52 comma 1 c.p. 

L’azione si sposta sul suolo pubblico e il gioiellere (tra l’altro, con una pistola illegalmente detenuta) spara ai rapinatori. E’ evidente che, ora, gli interessi contrapposti sono, da una parte, la proprietà dei gioielli, e, dall’altra, la vita umana. Quindi, non sussiste più neanche la proporzionalità della reazione difensiva, non giustificando il recupero di un bene patrimoniale con la privazione di una vita, ancorché quella di un criminale.

Il gioiellere aveva altre scelte (da qui il concetto di soluzione che comporti comunque la difesa del bene tutelato senza esiti estremi ed irreparibili), ad esempio: sparare dei colpi in aria per disincentivare la fuga oppure alle ruote della vettura; la macchina dei malviventi era parcheggiata in una posizione tale da poter essere inquadrata dalle telecamere, dunque, rintracciabile dalle Forze dell’Ordine. 

Non solo, ma il gioielliere non esita ad accanirsi, nonostante i rapinatori non siano più in condizione di nuocere. 

Dunque, dalla sequenza delle immagini del caso in esame, non si intravedono né l’attualità del pericolo, né la proporzionalità dell’offesa, oltre al fatto che i colpi sono stati inferti con un’arma detenuta illegalmente. Nemmeno pare essere invocabile la difesa legittima putativa, non riscontrando elementi concreti che potessero ragionevolmente far sorgere al gioielliere l’erronea convinzione di trovarsi ancora in una situazione di pericolo, in quanto si è spontaneamente messo all’inseguimento dei rapinatori, per poi accanirsi su di loro, di fatto trasformandosi da vittima a giustiziere. 

Tuttavia, è altresì indubbio che egli fosse in una condizione psicologica fortemente compromessa, non solo dalla paura provata all’interno del negozio per sé e la sua famiglia, ma anche dalla pregressa esperienza, essendo già stato rapinato. Parimenti comprensibile che abbia reagito a causa dell’atto delinquenziale subito pochi istanti prima. Tutti elementi che sono valsi il riconoscimento delle circostanze attenuanti, sia generiche che quella specifica della provocazione, incidendo notevolmente nella dosimetria della pena.

6106.- L’obiettivo reale dell’attacco a Pro Vita che il potere non vuole assolutamente che voi scopriate

Volevamo la donna simbolo della libertà e dell’amore e invece? Abbiamo i centri sociali delle femmine. Avreste mai saputo di queste associazioni pseudofemministe senza tutta questa propaganda televisiva ridondante, con la partecipazione di esponenti dei partiti e giornalisti, sempre quelli? La politica non si fa in televisione, non è politica. Sempre e soltanto battibecchi fra una sinistra senza argomenti e una destra messa a farle l’accompagnamento. Sindacati e partiti di sinistra non censurano categoricamente la violenza, anzi, proprio attraverso la violenza cantata sugli schermi veicolano le istanze insane: l’odio per la maternità, per il matrimonio, per la famiglia in quanto caposaldo e fondamenta della società: una società che già vive nell’ipocrisia, nell’insicurezza, dove gli individui sono ridotti a consumatori, dove l’amore è travisato con il sesso, meglio se con un culo, di chi non si sa. Un vecchio militare preveggente già li chiamava macchine per defecare. Altro che il patriarcato, che non sanno cos’è! E il Governo lascia fare? Lo sdegno non può fermarsi al paragone con l’assalto alla CGIL. Le arresteranno queste ignoranti o no?

Nell’assordante silenzio generale dei media mainstream e della politica istituzionale è accaduto proprio in questi giorni un fatto gravissimo che non deve passare sotto silenzio e che anzi deve essere oggetto di una pacata riflessione critica e filosofica. 
Che cos’è accaduto in concreto? E’ stato dato l’assalto alla sede dell’associazione Pro Vita
In particolare, la sede di Pro Vita è stata vigliaccamente e subdolamente imbrattata con scritte oscene e offensive, peraltro perfettamente in linea con il paradigma che ben conosciamo, il paradigma dell’inclusività a senso unico propugnato dagli alfieri del neoliberismo progressista in tinta fucsia-arcobaleno.

Curioso davvero, peraltro, questo concetto di inclusività che include tutto ciò che sia coerente con i moduli della società di mercato e tende invece, anche con violenza, a escludere ogni corpo estraneo e non assimilabile. Curiosa del resto la stessa lotta contro le discriminazioni condotta dagli araldi del global capitalismo, i quali, senza forse avvedersene, operano producendo sempre nuove discriminazioni a nocumento di chi non sia allineato con il pensiero unico politicamente ed eroticamente corretto. 
D’altro canto è un paradosso ben noto: coloro i quali passano le loro giornate a battersi per l’inclusività e contro le discriminazioni sono molto spesso gli stessi che trascorrono ugualmente le loro giornate eliminando e escludendo tutti coloro i quali per una ragione o per un’altra non rientrino appieno nel loro paradigma.

Come se non bastasse, tra l’altro, nella sede dell’associazione Pro Vita è stato posto un ordigno esplosivo
Stupisce, come già ricordavo, il silenzio generale, davvero assordante, dei media e della politica, i quali sono sempre così attenti a condurre battaglie contro tutte le discriminazioni, o meglio, come già ricordato, contro tutte le discriminazioni che non siano funzionali all’ordine della globalizzazione neoliberale e del neoliberismo progressista. Perché in effetti, va detto, la rabbia e l’odio contro l’associazione Pro Vita rispecchiano perfettamente l’odio che il turbo-capitalismo apolide, sradicato e sradicante, nutre per la vita e per la famiglia.

Per la vita, dacché il capitalismo oggi produce una cultura della morte, una cultura dell’eccesso mortifero. Ma poi l’odio verso la famiglia è esso stesso emblematico, dacché la famiglia, ce l’ha insegnato Aristotele nella politica, è cellula originaria di ogni comunità ed è altresì la base indissolubile della resistenza alla mercificazione planetaria. 

Possiamo dirlo senza tema di smentita e senza ambagi. Il turbocapitalismo odia oggi la famiglia e si sta adoperando in ogni guisa per disgregarla, producendo l’individualizzazione di massa funzionale ai processi del consumo e dell’alienazione connessa al consumo. La famiglia resta, a tutti gli effetti, un baluardo di resistenza contro la mercificazione integrale del mondo della vita e rappresenta uno spazio solidale non mercificabile, uno spazio che può costituire la base ideale di una vita politica altrimenti strutturata. Quindi, senza tema di smentita, possiamo dire che l’odio che l’ondata fucsia che si batte contro il patriarcato, in realtà contro la famiglia, di questi giorni è un odio che esprime quintessenzialmente l’odio stesso che il turbocapitalismo non smette di ostentare e di praticare contro la famiglia.

Il turbocapitalismo non vuole vedere padri, madri e figli, cittadine e cittadini. Vuole vedere sempre e ovunque solo consumatori sradicati, incapaci di intendere e di parlare ogni altra lingua che non sia l’inglese dei mercati e la lingua unica del consumo sradicato.


RadioAttività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro

6105.- On. Sergio Berlato ▷ “Sono stati commessi dei crimini e non vogliamo dimenticare: non siamo una minoranza!”

Di Un Giorno Speciale– 29 Novembre 2023

Pronti, via. E per Roberto Speranza è stata richiesta l’archiviazione. Nell’ambito dell’inchiesta che lo vede iscritto al registro degli indagati con gravi accuse legate al periodo in cui è stato Ministro in pandemia, lo stop all’operazione chiarezza sembra però imminente.
Certo, non è di questo che si sta strettamente occupando l’eurodeputato Sergio Berlato. Il trattato OMS è ciò che ora catalizza l’attenzione degli addetti ai lavori europei: pochi, in realtà, hanno contezza di cosa stia avvenendo. Un colpo di mano con cui si vorrebbe annullare la sovranità degli stati in campo sanitario e oltre.
Alla voce “Ambito di applicazione” del nuovo regolamento al vaglio dell’Unione Europea troviamo infatti non solo epidemie e infezioni, ma “ambiente” e “cause ignote”. 
Norme di una generalità tale che annullerebbe qualsiasi difesa degli Stati membri e darebbe a Tedros un potere d’azione più che invasivo. 
Ma è anche al passato che Berlato vuole tornare: “Sono stati commessi dei crimini, perché dobbiamo chiamare le cose col loro nome“, dice ai microfoni di Fabio Duranti. 

E’ di questo che ha parlato nella conferenza da lui ideata – “Covid, il grande imbroglio” – con un successo inatteso, vista la lunga fila che si è formata al di fuori dei cancelli del Teatro Comunale di Vicenza: “Dicono che siamo una minoranza, ma non è vero. Anzi, credo che siamo una buona maggioranza della società“.
Ascolta l’intervista a ‘Un Giorno Speciale’ (puntata del 28 novembre).

Speranza sapeva tutto! A chi obbediscono i giudici?

È giallo sull’archiviazione di Speranza ▷ Pozzolo (FDI): “Perché sapeva tutto prima degli altri?”

Di Francesco Borgonovo, 29 Novembre 2023

Nella trasmissione di Mario Giordano del 22 Novembre è emersa una notizia cruciale per il prosieguo delle indagini sui comportamenti del governo ai tempi dell’emergenza pandemica da Covid 19. Nel corso della serata di ‘Fuori dal coro’ è stato affermato che l’ex Ministro della Salute ai tempi del Covid Roberto Speranza e l’allora direttore generale dell’AIFA Nicola Magrini risulterebbero indagati dalla Procura di Roma per reati connessi agli effetti avversi del vaccino. A seguito della divulgazione di questa notizia, Danilo Leva, avvocato di Roberto Speranza, ha fatto subito sapere che gli atti sono già stati inoltrati al tribunale competente con contestuale richiesta di archiviazione
Arrivati a questo punto, proprio in merito alla richiesta di archiviazione citata dal legale dell’ex Ministro, qualcosa non quadra. 

Il deputato di Fratelli D’Italia Emanuele Pozzolo ha richiesto un’interrogazione parlamentare per chiarire la questione e ha spiegato ai microfoni di Francesco Borgonovo cosa non torna in questa storia: “Quello che non torna è un grande punto di domanda. Naturalmente, bisogna sempre essere molto corretti e attenti, cosa che altri invece non sono stati e non sono. Noi ci chiediamo, e lo chiedo al Ministro che ci risponderà: è normale che la posizione di Roberto Speranza, trasmessa al Tribunale dei Ministri, cosa corretta in quanto competente per i reati ministeriali, nella fase della trasmissione venga presentata come già archiviata? È un virgolettato perché sarà rilasciata la dichiarazione dall’Avvocato di Roberto Speranza all’Anza. Quindi, penso che siamo al di sopra di ogni sospetto sulla legittimità della Ponta della Fonte. Si dice che gli atti siano stati notati al competente Tribunale dei Ministri con contestuale richiesta di archiviazione.

E qui nasce il grande punto di domanda: “Come è possibile che Speranza sia stato notiziato, il legale di Speranza, dell’archiviazione a suo carico quando le altre, le parti offese, cioè le associazioni a partire dal Comitato Ascoltami e gli altri cicli sindacali, non sono state notiziate di questa archiviazione? Questa è una domanda che sorge spontanea e ci si chiede: qual è il senso dell’interrogazione parlamentare rivolta in questo caso? È quella di domandare se ci sia stata una fuga di notizie che ha consentito esperimenti formati? Se ho capito bene, lei dice, apprendiamo dalla stampa, dai giornalisti, che c’è un’indagine su Speranza e Magrini. A un certo punto, una volta che questa notizia esce, l’avvocato di Roberto Speranza dice sì, c’è stata un avviso di garanzia con contestuale richiesta di archiviazione, cioè come dire, ma sì, cosa volete che sia? Ci hanno mandato un avviso di garanzia, ma hanno già richiesto l’archiviazione. E uno si chiede: ma scusi caro avvocato di Speranza, lei come fa a sapere questa cosa? Visto che, se lei è l’avvocato della parte di quello chiamato in causa, poi ci sono le parti offese, quelli che la causa l’hanno intentata, come Ascoltami e gli altri sindacati. Perché loro non sanno nulla? Perché l’avvocato di Speranza lo sa e gli altri avvocati no? Chi è che l’ha detto all’avvocato di Speranza?

6090.- Aifa taroccava i grafici sui danneggiati da vaccino

Perché solo l’ex ministro Speranza e l’ex direttore AIFA Magrini? Vero è che il ministro ha l’ultima parola, ma i capi reparto hanno accettato e partecipato. C’era e ancora c’è un mondo e comincia per noi da Bruxelles.

Da La Nuova Bussola Quotidiana, di Andrea Zambrano

Aifa taroccava i grafici sulle reazioni avverse per minimizzarle. Ancora una volta è Fuori dal Coro a far emergere un dato sconcertante relativo al sistema di farmacovigilanza dell’ente governativo. Dalle carte dell’inchiesta Mediaset emerge che l’ente governativo del farmaco decise di minimizzare il corretto rapporto rischi/benefici come invece richiesto dall’Ema. E chi decideva il taroccamento oggi è il neo direttore generale. Con premesse di questo tipo si comprende perché la farmacovigilanza della campagna vaccinale sia stata un fallimento. 

Aifa taroccava i grafici sulle reazioni avverse per minimizzarle. Ancora una volta è Fuori dal Coro a far emergere un dato sconcertante relativo al sistema di farmacovigilanza dell’ente governativo. Il servizio di Marianna Canè andato in onda ieri sera (QUI) su Rete 4 ha svelato i trucchetti che Aifa utilizzava per nascondere all’opinione pubblica i numerosi effetti avversi che stavano giungendo dalla campagna di vaccinazione in corso nel 2021.  

Il documento si riferisce a marzo. Si tratta di un grafico molto semplice che poi è stato diffuso e messo in rete. Ebbene: il campo verde rappresenta il totale delle vaccinazioni, mentre il campo arancione più piccolo rappresenta le reazioni avverse. Aifa scrive che sono l’11%. Ma il cerchio con cui è rappresentato è più piccolo in modo da dare l’impressione ottica di un dato irrilevante. È un cittadino che, leggendolo pubblicato sul sito, lo fa notare ad Aifa. La dimensione di quel cerchio non è relativa all’11%, ma al 2%.

Insomma, le proporzioni sono state taroccate per illudere l’opinione pubblica – anche visivamente – che il problema degli effetti avversi e dei conseguenti danneggiati fosse irrisorio. La prova che non si sia trattato di una svista? La trasmissione condotta da Mario Giordano lo svela poco dopo quando rivela che Aifa era perfettamente a conoscenza dell’inesattezza di quella rappresentazione grafica.

Nel dare indicazioni su come realizzare l’infografica delle reazioni avverse, infatti, una mail di una dirigente Aifa è quanto mai esplicita: «L’area del cerchio delle manifestazioni gravi non sia proporzionata, potrebbe essere più piccola». Così il cerchiolino viene ridotto, fino a dare l’idea di essere appena il 2% e sottostimare gli effetti avversi.

Un taroccamento in piena regola, di cui Aifa sembra non dover rendere dato che chi lo ha deciso è Annarosa Maraa che oggi è il neo direttore generale Aifa al posto di Nicola Magrini.  E proprio ieri, il suo presidente Giorgio Palù in un’intervista al Corsera, ha ricevuto un trattamento di favore non indifferente dato che il quotidiano di via Solferino ha glissato abilmente ogni tipo di domanda sugli effetti avversi e sugli Aifa leaks che Giordano e i suoi giornalisti stanno scovando da più di un mese senza smentita alcuna.

Ma c’è di più. Le rivelazioni andate in onda a Fuori da Coro gettano una pesante ombra su tutto il sistema di farmacovigilanza.

Una pesante ombra che può anche chiamarsi corruzione. ndr.

Nel raccontare la storia di un antropologo che a causa di una trombosi si è visto amputare una gamba, Aifa decide di non rispondere perché, essendo giornalista, avrebbe potuto creare qualche problema. Ma Aifa era perfettamente a conoscenza dei rischi legati alla vaccinazione, in particolare le trombosi, tanto che decise di non dare corso alla richiesta di Ema di valutare il rapporto rischi/benefici.

Ema, infatti chiede che «il rapporto rischi/benefici deve essere considerato ponendo in considerazione la disponibilità di alternative e i dati epidemiologici locali». L’osservazione è infatti giusta perché il rapporto rischi/benefici va sempre tenuto in considerazione sui casi personali, sulle alternative anche di cura che un paziente può avere nell’affrontare il covid e di guarire.

Un’alternativa facilmente percorribile, soprattutto dopo che si era compreso che il covid si poteva affrontare per la stragrande maggioranza della popolazione con cure precoci domiciliari. Ma Aifa ribatte con una scrollata di spalle: «Tanto vale buttare via AstraZeneca – si legge in una mail della dirigenza – si rischia di rallentare drammaticamente il processo di vaccinazione». A chiudere ogni possibile dubbio, interviene poi l’allora direttore Nicola Magrini che sentenzia: «Si sta facendo un allarme drammatico», così si può leggere.

Minimizzata così anche la valutazione dei rischi/benefici, si comprende come la campagna vaccinale, estesa poi a tutta la popolazione, allargata sulla base di tre quattro e poi cinque dosi sia andata avanti così spedita: da un lato il green pass esercitava quella coercizione indispensabile per poterla imporre a tutti gli italiani, dall’altro, minimizzando con l’inganno gli effetti avversi e tacendo il corretto rapporto rischi/benefici personale, si è affossata ogni tipo di farmacovigilnza.

Se c’è una cosa che l’inchiesta di Fuori dal Coro sta mostrando, è il fallimento della farmacovigilanza, che è stata totalmente assente dalla campagna vaccinale e che quando veniva praticata, Aifa interveniva per sbianchettare ogni criticità. Tutto doveva procedere liscio. E pazienza per quei tanti che o perché morti o perché ancora oggi invalidi, ci hanno rimesso la salute pur non correndo alcun rischio nel contagiarsi.

6089.- Speranza e Magrini indagati: hanno taciuto gli effetti avversi del vaccino

L’ex ministro della Salute Speranza e l’ex direttore Aifa Magrini sono indagati dalla Procura di Roma per aver taciuto gli effetti avversi da vaccino anti-Covid. Accuse pesanti: c’è anche l’omicidio plurimo. La svolta dopo l’inchiesta di Fuori dal Coro sugli Aifa leaks. Federica Angelini (del Comitato Ascoltami, tra i firmatari dell’esposto) alla Bussola: «Ora il Governo si faccia carico del nostro inferno». 

Da La Nuova Bussola Quotidiana, Di Andrea Zambrano, 22_11_2023

L’ex ministro della Salute Roberto Speranza e Nicola Magrini, allora direttore generale dell’Aifa, risultano indagati dalla Procura della Repubblica di Roma per svariati reati, tra cui l’omicidio plurimo. La notizia è emersa questa sera, mercoledì 22 novembre, nel corso della trasmissione Fuori dal Coro condotta da Mario Giordano, che ha mandato in onda un servizio di Marianna Canè sugli Aifa leaks.

E sono proprio gli Aifa leaks, ovvero lo scoop della trasmissione Mediaset sui silenzi e le omissioni degli effetti avversi da vaccino anti-Covid ad essere alla base della decisione del procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi di iscrivere l’ex titolare della Salute nel registro degli indagati.

L’esposto era stato presentato nel maggio scorso dagli avvocati Angelo Di Lorenzo e Antonietta Veneziano di Avvocati liberi (la Bussola ne parlò nel silenzio generale QUIe portava la firma, oltre che di Ascoltami, il comitato che raggruppa oltre 4200 danneggiati da vaccino covid, anche dell’associazione Operatori sicurezza Associati, del sindacato Finanzieri Democratici (SFD), del sindacato di Polizia LES e di Laura Granato, già senatrice nella scorsa legislatura.

Si tratta di una notizia che ha del clamoroso e che potrebbe aprire scenari nuovi e insperati nella battaglia sul riconoscimento legale degli effetti avversi.

Nel servizio, Marianna Canè ha elencato alcune delle imputazioni per cui la Procura di Roma ora indagherà, tra cui il falso ideologico e l’omicidio plurimo e ricordato il contenuto degli Aifa leaks, andati in onda nelle puntate della scorsa stagione di Fuori dal Coro. Da quell’inchiesta poi è scaturita l’indagine.

Nelle comunicazioni di cui FdC era venuta in possesso si dava conto di dirigenti dell’Agenzia del farmaco che, nel gennaio 2021 – dunque all’inizio della campagna vaccinale – parlavano di «pazienti fragili che rientrano nella popolazione dei non studiati» mentre erano emersi da subito i primi effetti avversi segnalati attraverso la farmacovigilanza. A queste segnalazioni i vertici di Aifa replicavano con l’ordine di mettere tutto a tacere.

«Non conviene stuzzicare il can che dorme, per ora non si esce con niente» e «11 segnalazioni su bambini allattati al seno. Togliamo?», erano alcune delle comunicazioni date dai vertici istituzionali dell’ente di controllo del farmaco, che aveva invece l’obbligo di avvertire subito delle problematicità che stavano emergendo.

Bugie e omissioni portate alla luce da Fuori dal coro e raccolte da pochissimi mezzi di informazione, tra cui la Bussola, di cui nessuno è sembrato preoccuparsi. Tranne ora la Procura. I documenti scovati e portati all’attenzione del pubblico vedevano l’Aifa, che dipende strettamente dal Ministero della Salute, per lo più attraverso mail aziendali interne, invitare a «non indicare la mancanza di efficacia», e: «occorre imparare a non rispondere se vogliamo sopravvivere». In questo modo sono state ignorate tutte le segnalazioni avverse, che in alcuni casi hanno portato anche alla morte di tanti danneggiati.

«È arrivato il momento di fare giustizia dopo che per anni i danneggiati sono stati demonizzati e insultati», ha detto nel servizio Giada Maslovaric, psicologa che sta seguendo da vicino il Comitato Ascoltami, fondato da Federica Angelini e da altre danneggiate dopo aver raccontato in esclusiva e con grande coraggio le loro drammatiche testimonianze proprio alla Bussola.

Così Aifa, secondo l’accusa, avrebbe messo tutto a tacere. Anche le «segnalazioni su eventi avversi post vaccinali in persone già guarite dal covid». Il motivo? «Così si uccide questo vaccino», diceva Magrini ai suoi sottoposti.

«Perché salvare il vaccino era più importante che salvare le persone», ha commentato Marianna Canè concludendo il servizio, che apre una fase nuova nel rapporto tra la politica e il tema degli effetti avversi, sempre ignorato, nonostante le evidenze cliniche di migliaia di danneggiati che ancora chiedono cure e ascolto.

Ora per Speranza si apre una partita complicata. Il suo caso dovrà essere affrontato dal Tribunale dei ministri che ha 90 giorni di tempo per autorizzare le indagini sulla Procura o respingerle. Potrebbe finire in nulla come finì l’inchiesta della Procura di Bergamo sulla mancata istituzione delle zone rosse in Val Seriana? Difficile dirlo, certo questa volta gli elementi portati all’attenzione chiamano direttamente in causa Aifa e Speranza, che dovranno ora dimostrare di non essere stati a conoscenza di alcuna evidenza, cosa che gli Aifa leaks, invece, si incaricherebbero di dimostrare.

Nell’esposto presentato i reati indicati erano pesanti: dalla corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318) alla corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (319). Ma nel testo venivano anche ravvisati nell’ordine: le false dichiarazioni, la falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale, l’omicidio, la lesione personale e la somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica. Ora si vedrà come procederà l’indagine, ma la notizia è già importante per tutti i danneggiati perché costringerà la politica a fare i conti con un elefante nella stanza, che non si è mai voluto vedere.

In trasmissione era presente dal pulpito anche la fondatrice del Comitato Ascoltami Federica Angelini (leggi QUI la sua prima intervista rilasciata proprio alla Bussola nell’agosto 2021, quando nessuno denunciava gli effetti avversi), che ha chiesto che il tribunale dei ministri non si fermi: «Abbiamo bisogno di verità e giustizia per tutti e non parlo solo di noi danneggiati», ha dichiarato la Angelini al nostro giornale.

«Chiedo al ministro della Salute Schillaci che finalmente si faccia carico della nostra situazione e del nostro inferno, che va avanti da quasi tre anni. Chiediamo che le istituzioni si occupino di noi, come avrebbero dovuto fare, per la verità, fin dall’inizio. Invece ci hanno ignorati, silenziati e tenuti nascosti. È arrivato il momento che emerga tutta la verità, non solo le bugie emerse dall’inchiesta di Fuori dal Coro, ma anche tutte le problematicità di questa campagna vaccinale disastrosa», ha concluso la Angelini alla Bussola.

6071.- SENTENZA RIVOLUZIONARIA!: Non vaccinarsi con i vaccini COVID è legittima difesa.

Ergo, è legittimo resistere a tentativi violenti o coercitivi e perseguire gli autori.

Di Redazione Blog di Sabino Paciolla, 14 Novembre 2023

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L’avvocato Emanuele Fusi, che ha curato la difesa, riporta le motivazioni della sentenza del Giudice di Pace di Lucca – che ha annullato l’avviso di addebito per mancata vaccinazione “Over50” di 100 euro – nella quale afferma due principi importanti: 1) la Corte Costituzionale non ha sentenziato sull’obbligo vaccinale per gli ultra 50enni, che appare peraltro di dubbia legittimità costituzionale ai sensi dell’art. 32; 2) non vaccinarsi è causa di legittima difesa putativa e stato di necessità, a causa dei possibili effetti avversi, che lo Studio Fusi ha dimostrato essere presenti nella vaccinazione Anti Sars CoV-2, anche grazie a importanti studi scientifici. Potete leggere la sentenza N.RG.1003/2023.