Archivi categoria: Capo dello Stato

6153.- La morsa pm-cronisti soffoca l’Italia.

Diciamo, ridiciamo, sempre la stessa cosa: La vera riforma, la madre delle riforme è quella sul Capo dello Stato e Presidente del C.S.M.. Chi non la farà, sarà perché è parte del sistema. E citiamo il mancato scioglimento del C.S.M., preteso, invece, dall’art. 31 della Legge 24 marzo 1958, n. 195. In sintesi, il C.S.M. è organo super partes deputato a garantire l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura, sopratutto, dalla politica. Se non è super partes – Palamara dixit – , non garantisce nemmeno la separazione dei poteri, quindi, la democrazia e va sciolto. Fossi Presidente, darei le dimissioni…darei le dimissioni!

Maurizio Belpietro, 9 marzo 2014 – Inchiesta dossieraggio.

La ricostruzione della «Verità» sul caso Perugia mette a nudo un sistema che condiziona pesantemente la vita pubblica e la stessa libertà di stampa, che viene invece sbandierata per perpetuare il verminaio. Occorre che si intervenga per smontarlo. E in fretta.

Stanno provando a buttarla in vacca, a fare finta che sotto attacco ci sia la libertà di stampa e che i cronisti facciano semplicemente il loro mestiere, che è quello di scovare notizie e scoperchiare segreti. Ma la storia – anzi, le storie – dimostrano che così non è. La lunga ricostruzione fatta ieri da Giacomo Amadori a proposito degli accessi abusivi compiuti da un cancelliere in servizio nella città umbra rivelano ciò che abbiamo sempre sospettato, ovvero un sistema che lega magistrati e giornalisti, un patto neanche troppo segreto che per anni ha consentito fughe di notizie su inchieste in corso, ma, soprattutto, pesanti condizionamenti della vita pubblica. … Dalla prima pagina del “La Verità” del 9 marzo 2024.

6144.- Fallimento, sì; ma dello Stato del Presidente Mattarella

Si vuole far passare l’esistenza di una situazione politica dell’Italia in tumulto. Tale e tanta è stata l’eversione rossa che ha inquinato la vita democratica e le istituzioni degli italiani che ogni occasione è sfruttata dall’opposizione e dai media per chiedere le dimissioni di qualche ministro e per scatenare l’opinione pubblica contro i tutori dell’Ordine Pubblico. Ciò viene facilitato dall’ignoranza, in questo caso, dalle modalità con cui si possono e devono esercitare le c.d. libertà collettive. Avremmo preferito che il messaggio del Capo dello Stato mirasse a chiarire queste modalità. Proviamo a fare chiarezza, quello che il servizio pubblico dell’informazione non fa.

La Costituzione – Articolo 17

Senato della Repubblicahttp://www.senato.it › la-costituzione › parte-i › titolo-i

Articolo 17.

cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.

Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.

Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

Commento all’articolo

La libertà di riunione rappresenta una manifestazione della libertà personale dei singoli (13 Cost.) attraverso la quale essi realizzano la propria personalità (2 Cost.). In una nuova ottica democratica i costituenti scelgono di garantirla e tutelarla per i cittadini, ma nel rispetto della sicurezza ed incolumità altrui. Vale anche per gli stranieri riuniti in associazioni, purché soggiornino regolarmente sul territorio in quanto possono “partecipare alla vita pubblica locale”.

Le c.d. libertà collettive si sostanziano nella libertà di associazione e di riunione (art. 18), cioè, nel diritto di darsi convegno, volontariamente e temporaneamente, in un luogo determinato e, in seguito a preventivo accordo con i promotori o su loro invito, soddisfare un proprio interesse politico, sociale, culturale, religioso, sportivo ecc., p. es., scambiandosi opinioni. Altra cosa sono l’assembramento per un evento fortuito, le dimostrazioni per motivi politici e, quando in movimento, i cortei. A livello comunitario la “libertà di riunione pacifica” e la “libertà di associazione” sono garantite dall’art. 12 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Per le riunioni pubbliche, cioè accessibili da parte di chiunque, è obbligatorio avvisare il questore almeno tre giorni prima, affinché l’autorità giudiziaria possa adottare eventuali provvedimenti, o comunque controllare lo svolgimento della riunione. Per i luoghi privati o aperti al pubblico non serve preavviso.

Nello specifico, la disciplina normativa di riferimento è contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (R.D. 18 giugno 1931, n. 773), che regola, tra l’altro, le modalità ed i tempi del preavviso ed i presupposti che legittimano il divieto delle riunioni stesse, individuati dall’art. 18 nella tutela dell’ordine e la sanità pubblici e della moralità. In ogni caso, il riferimento ai “comprovati” motivi implica la necessità che le limitazioni siano espressamente motivate.

Va comunque precisato che il preavviso non rappresenta un presupposto necessario per potersi riunire in pubblico. L’omissione non può infatti determinare l’illegittimità della riunione, e l’autorità può infatti intervenire solamente per motivi di sicurezza ed ordine pubblico.

Commento ai fatti

Nel caso di specie sarebbe stato sufficiente che i caporioni del corteo non autorizzato avessero risposto alla legittima richiesta della Questura di indicare il percorso pianificato e che questo non mirasse a indirizzi sensibili. Così, signor Presidente, non è stato e non basta nascondere gli intenti destabilizzatori di una parte politica, appellandosi all’età giovanile di molti dimostranti, certo, non di tutti. Le squadracce dei centri sociali – Lei sa perché esistono – non differiscono, quanto ai metodi e agli obiettivi dalle squadracce comuniste e da quelle fasciste. Vorremmo che la democrazia fosse lasciata indenne da questi metodi per non dover gridare, Noi, al fallimento del Suo Stato.

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Leggo dalla “Verità”; “È partita la caccia allo sbirro. Al G7 si rischia il bis di Genova”

Caro Sergio Mattarella, il vero fallimento è lo Stato che non difende le forze dell’ordine che fanno il loro dovere: sbarrare la strada a cortei non autorizzati e ostili. E che crea intorno a loro un clima infame alla vigilia di appuntamenti delicati.

Cortei: Piantedosi alla Camera spiega cos’è successo davvero

informativa-piantedosi

Mentre sinistra e 5stelle continuano la loro vergognosa campagna di delegittimazione delle Forze dell’Ordine, il Ministro Piantedosi chiarisce cos’è successo alle manifestazioni di Pisa e Firenze

Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nel corso della sua informativa alla Camera dei Deputati ha spiegato cosa è successo davvero nel corso delle manifestazioni, non autorizzate, che si sono svolte a Pisa e Firenze. La sinistra e i 5stelle continuano la loro campagna di delegittimazione verso le Forze dell’Ordine, arrivando addirittura a sostenere che i poliziotti si sarebbero meritati gli sputi. Tale clima d’odio ha portato anche a conseguenze sfociate in atti gravissimi, come l’assalto ad una voltante della Polizia da parte dei centri sociali a Torino. Noi, invece, non lasceremo sole le Forze dell’Ordine: le donne e gli uomini che con la divisa difendono e rappresentano tutti i giorni gli italiani non resteranno senza il pieno sostegno delle Istituzioni.

La carica a Pisa è stata fatta per garantire l’incolumità degli Agenti

Nella sua audizione il Ministro Piantedosi ha spiegato che a Pisa la carica è stata fatta per garantire incolumità agenti che erano compressi contro un automezzo. Alla manifestazione di Pisa di venerdì scorso, “per garantire l’incolumità degli operatori di polizia, compressi contro l’automezzo collocato alle loro spalle, veniva effettuata una carica di alleggerimento, consentendo al personale di avanzare di qualche metro e di allentare così la pressione dei manifestanti”. Così la ricostruzione del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nella sua informativa alla Camera. 

In precedenza gli agenti avevano tenuto la posizione “utilizzando i soli scudi, nonostante i manifestanti continuassero a mettere in atto una pressione con spinte, calci, insulti, sputi e tentativi di sottrarre gli scudi”. In occasione della manifestazione, il ministro ha ricordato che “personale della questura ha preso contatti con esponenti del Collettivo universitario e di Spazio Antagonista “Newroz”, lì presenti, ai quali, senza alcun esito, venivano chieste indicazioni sulle modalità dell’iniziativa per consentirne un regolare svolgimento in condizioni di piena sicurezza.

I manifestanti hanno rifiutato ogni tentativo di interlocuzione con le Forze dell’Ordine

Personale della Digos, una volta partito il corteo, invitava più volte i manifestanti a dare indicazioni sul percorso e a non procedere verso Piazza dei Cavalieri, dove non sarebbe stato consentito il transito per evitare il possibile prosieguo verso obiettivi sensibili tra cui Piazza dei Miracoli, per la quale in sede di Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica era stata valutata l’interdizione alle manifestazioni. I manifestanti, nonostante ogni tentativo di interlocuzione, hanno rifiutato di fornire indicazioni e si sono mossi in corteo per poi raggiungere uno degli accessi a Piazza dei Cavalieri, dove era stato schierato, a scopo dissuasivo, un contingente del Reparto Mobile della Polizia di Stato”. 

“Le Forze di polizia – prosegue il titolare del Viminale – hanno intimato ai manifestanti di fermarsi, ribadendo ancora una volta, senza alcun risultato, la richiesta di fornire indicazioni sul percorso. Il corteo continuava, invece, ad avanzare, costringendo il cordone delle Forze di polizia, in un primo momento, a indietreggiare di diversi metri per evitare scontri, fino ad arrivare a contatto con un mezzo posizionato per impedire l’accesso a Piazza dei Cavalieri”. 

I manifestanti hanno superato la barriera di sicurezza

In questa fase, rileva, “una decina di manifestanti superava la barriera, raggiungendo le spalle dello schieramento degli operatori in servizio. Venivano, pertanto, bloccati dal personale delle Forze di polizia e condotti nell’adiacente Piazza dei Cavalieri. Tra questi, una nota esponente antagonista. Atteso il perdurare della forte pressione, sopraggiungeva un secondo contingente dei reparti”. C’è stata a questo punto la carica di alleggerimento. 

Negli scontri sono rimasti contusi 17 manifestanti, di cui 11 minorenni, e 2 funzionari della Polizia di Stato. L’attività investigativa avviata nell’immediatezza ha consentito di deferire in stato di libertà 4 persone per il reato di resistenza aggravata a pubblico ufficiale e per violazione dell’articolo 18 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Si tratta di maggiorenni, tutti con precedenti per reati attinenti all’ordine pubblico”.

Città a ferro e fuoco e calci e pugni alla Polizia: per la sinistra va tutto bene

Per la sinistra va bene che chiunque possa mettere a ferro e fuoco le città e picchiare la polizia, perchè come ha anche dichiarato una consigliera del Movimento cinque stelle le Forze dell’ordine meritano gli sputi? 

E’ un dato di fatto quello che pensa la sinistra delle forze dell’ordine e lo hanno dimostrato anche oggi in aula a Montecitorio: la Polizia, secondo loro, dovrebbe far manifestare chiunque, anche i violenti, secondo noi no. La libertà di qualcuno si ferma quando limita la libertà di una altra persona, noi manifestiamo da una vita ma vorrei ben vedere se è mai esistita una manifestazione dei giovani di destra che abbiano messo a ferro e fuoco le citta.

6141.- Nessuno è santo. Presidente per 9 anni furono troppi, 14 troppissimo. Meglio 4.

Quando Giorgia Meloni accusava Napolitano di tradimento: «Tramava con Parigi contro i nostri interessi nazionali»

23 SETTEMBRE 2023, di Redazione Il secolo d’Italia

La premier lo accusava di aver fatto cadere Berlusconi nel 2011 con il supporto di Bruxelles e della Francia

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è unita ieri alle condoglianze per la morte del presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. Lo ha fatto con una nota in cui ha espresso «cordoglio, a nome del governo italiano». E dedicano «un pensiero e le condoglianze alla famiglia». La Stampaspiega oggi che la freddezza della nota non è casuale. Perché Meloni negli anni ha spesso espresso disistima nei confronti di Napolitano. Nel 2019 lo definì «vile incompetente e traditore». Si parlava della guerra di Libia (2011): «O si è piegato alle pressioni della Francia o tramava con Parigi contro i nostri interessi nazionali». Anche nel 2016 Meloni non era stata tenera, anche se Napolitano aveva appena lasciato il Quirinale: «Il suo lavoro non ha fatto bene all’Italia. Penso che siano sua responsabilità la rimozione dell’ultimo governo eletto dai cittadini (quello di Berlusconi nel 2008, ndr).

Il popolo bue e i governi non scelti da nessuno

E ancora: «Così come la nascita di tre governi non scelti da nessuno. A Napolitano piace un’Italia in cui i cittadini contano poco. Fa parte di un mondo e di un’intellighenzia che in Europa ritiene che il popolo sia bue. E che è un bene che ci sia un’oligarchia a governare». In quegli anni la destra intera lo accusò di cospirazioni. Al centro c’era la caduta dell’ultimo governo Berlusconi, dopo le inchieste sul Bunga Bunga e, soprattutto, la lettera della Banca Centrale Europea in cui Francoforte chiedeva all’Italia di varare riforme sui conti per fermare la crisi dello spread. Anche il leader di Forza Italia considerava Napolitano come l’autore di un golpe realizzato con la complicità di Bruxelles. Con quel commento, spiega Ilario Lombardo, Meloni può vantare «coerenza» fino all’ultimo. In Fratelli d’Italia invece il presidente del Senato Ignazio La Russa ha salutato Napolitano come uno straordinario testimone della sua epoca. Il capogruppo alla Camera Tommaso Foti ha parlato di un «protagonista assoluto della vita pubblica che ha servito le istituzioni».

6137.- In assenza di contenuti, l’opposizione sfida il Governo con manichini capovolti, bruciati e cortei non autorizzati.

Manifestare è un diritto se si seguono le pur semplici prescrizioni. Invece, prima si violano le regole e, poi, “Basta manganelli”. Andando alla radice, il messaggio del Presidente Mattarella può essere letto come una scusa per gli organizzatori, ma non richiesta. Discutere degli oltraggi continui all’autorità da parte di una parte politica elettoralmente sconfitta ci porta lontano. Bisogna farlo anche se vengono in campo le massime istituzioni. Anche la guerra in Medio Oriente, che suscita orrore, esprime una situazione complessa fuori della portata delle piazze, che ci riguarda e su cui informare e dibattere.
La manifestazione irregolarmente tenuta avrebbe potuto essere preannunciata e, eventualmente, autorizzata, anziché tradursi in una violazione dell’autorità. Questo dovrebbe essere oggetto di discussione in Parlamento e di un richiamo del Capo dello Stato. La condivisione del ministro rispetto al richiamo vale come segno di grande rispetto. Detesto i manganelli, ultima ratio, quindi, “ratio” e non fallimento. Il fallimento comincia quando l’autorità non viene rispettata e se ne contesta in piazza l’autorevolezza violando le regole. Non è questo il modo di tenere l’agone politico e, perciò, il messaggio del Presidente può presentarsi parziale. Sono modi di sentire diversi.
Il sentire di un popolo muta e si evolve. Oserei dire che un doppio mandato, per quattordici anni, non consente a nessun Presidente della Repubblica, nemmeno se fosse Gesù Cristo, di rappresentare sempre e al meglio sia il Popolo sia il Governo espresso dalle urne. Sarebbe molto democratico riprendere i lavori dei costituenti e dibattere civilmente su questo vulnus creato da Giorgio Napolitano e proseguito da Lei, sicuramente buona mente, ma con effetti che, nel tempo, possono risultare politicamente divisivi. Dall’Africa al Medio Oriente, all’Asia Transcaucasica la scena in cui operano i Governi è rovente. Con fiducia e con rispetto, ambirei chiederLe se pensa di poter mettere un freno a questo modo almeno irrituale di fare politica, oppure, se insulti, manichini capovolti, bruciati e cortei non autorizzati debbano accompagnare i governi espressi dai partiti diversi da quelli all’opposizione, che l’hanno anche eletta.

Mattarella sente Piantedosi: “I manganelli esprimono un fallimento”. Nel ministro trova “condivisione”

Da Il Secolo d’Italia, 24 Feb 2024, di Sveva Ferri

mattarella piantedosi

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto sugli scontri di piazza che si sono verificati ieri a Pisa e Firenze, con una telefonata al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, resa pubblica dal Quirinale. Il Capo dello Stato, si legge nella nota del Colle, “ha fatto presente al ministro dell’Interno, trovandone condivisione, che l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi – è la conclusione – i manganelli esprimono un fallimento”.

Mattarella “trova condivisione” in Piantedosi

È notizia di stamattina, inoltre, che Piantedosi ha avuto una serie di contatti telefonici con i leader sindacali per fissare un incontro, previsto lunedì alle 12, sui “recenti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine”, come confermato dal Viminale. Ieri, lo stesso Dipartimento di Pubblica sicurezza aveva rilasciato una nota nella quale aveva contestualizzato gli scontri nelle difficoltà che si generano “dal mancato rispetto delle prescrizioni adottate dall’autorità ovvero dal mancato preavviso o condivisione dell’iniziativa da parte degli organizzatori”, ribadendo che il proprio impegno ”è da sempre proteso a garantire il massimo esercizio della libertà di manifestazione e nel contempo ad assicurare la necessaria tutela degli obiettivi sensibili presenti sul territorio nazionale”.

La “riflessione” del Dipartimento di pubblica sicurezza su Firenze e Pisa

Nella nota, però, era stato aggiunto anche un altro passaggio: “Quanto verificatosi nelle città di Firenze e di Pisa costituirà, come sempre, momento di riflessione e di verifica sugli aspetti organizzativi ed operativi connessi alle numerose e diversificate tipologie di iniziative, che determinano l’impiego quotidiano di migliaia di operatori delle forze dell’ordine”. Dunque, prima ancora del netto richiamo di Mattarella, lo stesso Viminale nelle sue articolazioni amministrative si era posto il problema della dinamica di piazza. Quanto alla sua guida politica, appare chiaro che la riunione fissata con i sindacati è un segnale che Piantedosi vuole dare.

L’appello di FdI ad abbassare i toni

Sulla necessità di abbassare i toni e fare il possibile per contemperare il diritto alla libertà di manifestare con le esigenze di sicurezza si è espresso anche il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli. Il ministro, Francesco Lollobrigida, poi, ha invitato le forze politiche ad avere un atteggiamento di fiducia nelle forze dell’ordine e non a considerarle in partenza “soggetti da accusare che si devono giustificare”. Messaggi, dunque, improntati alla responsabilità, rispetto ai quali resta da capire cosa vorrà fare quella sinistra che soffia sul fuoco delle piazze. E che mentre oggi si spertica nel condividere le parole di Mattarella, ieri ne ha accolto con una certa freddezza l’avvertimento sull’esigenza di assumere un atteggiamento degno nell’agone politico, rigettando le “intollerabili manifestazioni di violenza” di cui è stata fatta oggetto il premier.

6122.- I frequenti richiami di vaccini COVID negli immunocompromessi “possono causare più danni che benefici”

Suggerimenti di una nuova revisione

Di Sabino Paciolla, 12 Febbraio 2024

vaccino vaccinazione puntura siringa braccio covid
Foto: Stephane de Sakutin/AFP

La somministrazione frequente di richiami di [vaccini] COVID-19 a mRNA può compromettere la risposta del sistema immunitario in soggetti immunocompromessi, sollevando il dubbio che la somministrazione di dosi multiple di vaccino sia più dannosa che benefica.

Secondo una revisione narrativa (revisione della letteratura scientifica che offre una panoramica critica di un determinato argomento, ndr) pubblicata il 27 gennaio su Clinical and Experimental Medicine, la vaccinazione COVID-19 ripetuta può aumentare la probabilità di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 e altre patologie. Inoltre, la ricezione di dosi multiple può determinare livelli molto più elevati di anticorpi IgG4 e compromettere l’attivazione dei globuli bianchi che aiutano a proteggere l’organismo dalle infezioni e dal cancro.

Le immunoglobuline, o anticorpi, sono proteine prodotte da globuli bianchi specializzati chiamati cellule B. Sebbene gli anticorpi IgG4 abbiano un effetto protettivo fino a un certo livello, un numero crescente di prove suggerisce che livelli anormalmente elevati dovuti a vaccinazioni ripetute possono causare malattie correlate alle IgG4 che comportano infiammazioni multiorgano, malattie autoimmuni, tumori a rapida insorgenza e miocardite autoimmune.

“Sebbene siano state raccomandate dosi di richiamo per aumentare ed estendere l’immunità, soprattutto di fronte alle varianti emergenti, questa raccomandazione non si basa su un’efficacia comprovata e gli effetti collaterali sono stati trascurati”, ha scritto l’autore del lavoro, lo scienziato Alberto Boretti.

Per determinare se i booster di vaccini a mRNA compromettano la risposta immunitaria nei soggetti immunocompromessi, Boretti ha condotto una revisione della letteratura utilizzando il database di Google Scholar.

Ha trovato pochissimi studi a lungo termine che valutano la sicurezza e l’efficacia di ripetute vaccinazioni di richiamo in soggetti immunocompromessi, soprattutto con un virus in continua evoluzione. Ha invece trovato prove del fatto che i richiami multipli di vaccino a base di mRNA compromettono l’attivazione delle cellule T CD4+ e CD8+. Queste cellule costituiscono la maggior parte dei linfociti T che proteggono l’organismo distruggendo gli agenti patogeni dannosi e aiutandolo a rispondere a infezioni, allergeni e tumori. Le cellule T CD4+ sono particolarmente importanti perché attivano altre cellule immunitarie, coordinano la risposta immunitaria contro le infezioni e aiutano le cellule B a creare anticorpi.

La compromissione dei linfociti T CD4+ può comportare una riduzione della produzione di anticorpi e compromettere la capacità dell’organismo di organizzare un’efficace risposta immunitaria umorale contro gli agenti patogeni, aumentando la suscettibilità alle infezioni opportunistiche causate da agenti patogeni che in genere non causano malattie in individui con un sistema immunitario sano.

I linfociti T CD8+ sono fondamentali per l’immunità cellulo-mediata perché riconoscono ed eliminano le cellule infette o anormali e contribuiscono a prevenire un’infiammazione eccessiva. L’attivazione compromessa delle cellule T CD8+ consente la persistenza delle infezioni o della crescita tumorale.

“L’autore ha scoperto che i vaccini COVID-19 a base di mRNA possono determinare livelli molto più elevati di anticorpi IgG4 o un’attivazione compromessa delle cellule T CD4+ e CD8+ e che i danni di una vaccinazione ripetuta possono superare i benefici. Eppure, negli Stati Uniti, i soggetti immunocompromessi sono il primo gruppo a ricevere dosi aggiuntive di vaccino”, ha dichiarato in un’e-mail a The Epoch Times il dottor Craig M. Wax, medico ed esperto di politica sanitaria.

“In questo momento, dopo tre anni di ricerca e di esperienza clinica, questi vaccini di intervento genetico dovrebbero essere ritirati dal mercato, poiché non sono riusciti a stabilire la sicurezza e l’efficacia. Al contrario, non sono stati efficaci e hanno causato molta morbilità e mortalità”, ha affermato il dottor Wax.

Studi dimostrano che dosi ripetute possono compromettere la risposta immunitaria

Uno studio del 2023 pubblicato su Vaccines ha dimostrato che la vaccinazione ripetuta con l’mRNA COVID-19 aumenta il livello di IgG4, indebolendo il sistema immunitario e rendendo potenzialmente le persone più suscettibili a condizioni potenzialmente letali come il cancro.

Uno studio su Lancet del febbraio 2022 ha dimostrato che l’efficacia dei vaccini COVID-19 è progressivamente diminuita nel tempo e che i soggetti vaccinati avevano una funzione immunitaria inferiore otto mesi dopo aver ricevuto le due dosi iniziali di vaccino rispetto ai soggetti non vaccinati. Questi risultati erano più evidenti negli adulti più anziani e nei soggetti con patologie preesistenti.

Alcuni esperti osservano uno sconcertante aumento di tumori aggressivi, a rapida insorgenza e resistenti al trattamento, in seguito alla vaccinazione. Una teoria è che lo spostamento di IgG4 causato dalla vaccinazione ripetuta con mRNA crei una tolleranza per la proteina spike e comprometta la produzione degli anticorpi IgG1 e IgG3 e la sorveglianza del cancro.

Secondo la revisione narrativa, altri studi hanno dimostrato che il sistema immunitario può essere influenzato negativamente dalla persistenza della proteina spike dopo la vaccinazione, dalle nanoparticelle lipidiche infiammatorie contenenti RNA modificato che viaggiano dal sito di iniezione, dalle conseguenze indesiderate degli anticorpi della proteina spike e dalla sostituzione dell’uracile nel codice genetico con la N1-metil-pseudouridina.

Frequent COVID Boosters in Immunocompromised ‘May Be Causing More Harm Than Benefit,’ New Review Suggests
(Corona Borealis Studio/Shuttertock)
Megan Redshaw

Di Megan Redshaw, 9/02/2024

Traduzione libera

La somministrazione frequente di booster mRNA per il COVID-19 può compromettere la risposta del sistema immunitario negli individui immunocompromessi, sollevando dubbi sul fatto se somministrare più dosi di vaccino sia più dannoso che benefico.

Secondo una recensione pubblicata il 27 gennaio su Clinical and Experimental Medicine, la vaccinazione ripetuta contro il COVID-19 può aumentare la probabilità di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 e altre patologie. Inoltre, la somministrazione di dosi multiple può comportare livelli molto più elevati di anticorpi IgG4 e compromettere l’attivazione dei globuli bianchi che aiutano a proteggere il corpo dalle infezioni e dal cancro.

Le immunoglobuline, o anticorpi, sono proteine prodotte da globuli bianchi specializzati chiamati cellule B. Sebbene gli anticorpi IgG4 abbiano un effetto protettivo fino a un certo livello, un numero crescente di prove suggerisce che livelli anormalmente elevati derivanti da vaccinazioni ripetute possono causare malattie correlate alle IgG4 che coinvolgono infiammazione multiorgano, malattie autoimmuni, tumori a rapida insorgenza e miocardite autoimmune.

“Sebbene siano state raccomandate dosi di richiamo per migliorare ed estendere l’immunità, soprattutto di fronte alle varianti emergenti, questa raccomandazione non si basa su un’efficacia dimostrata e gli effetti collaterali sono stati trascurati”, ha scritto l’autore dello studio, lo scienziato Alberto Boretti.

Per determinare se i richiami del vaccino mRNA compromettono la risposta immunitaria negli individui immunocompromessi, Boretti ha condotto una revisione della letteratura utilizzando il database di Google Scholar.

Ha trovato pochissimi studi a lungo termine che valutano la sicurezza e l’efficacia della vaccinazione di richiamo ripetuta in soggetti immunocompromessi, in particolare con un virus in continua evoluzione. Invece, ha trovato prove che molteplici richiami vaccinali a base di mRNA compromettono l’attivazione delle cellule T CD4+ e CD8+. Queste cellule costituiscono la maggior parte delle cellule T che proteggono il corpo distruggendo gli agenti patogeni dannosi e aiutandolo a rispondere a infezioni, allergeni e tumori. Le cellule T CD4+ sono particolarmente critiche perché attivano altre cellule immunitarie, coordinano la risposta immunitaria contro le infezioni e aiutano le cellule B a creare anticorpi.

Gli immunocompromessi si riprendono da COVID-19 più rapidamente di quanto previsto.

The Immunocompromised Recover From COVID-19 More Quickly Than Expected: Study

La quarta dose di vaccino ha mostrato un’efficacia relativa negativa del vaccino contro la morte per COVID.

4th Vaccine Dose Showed Negative Relative Vaccine Efficacy Against COVID Death: Study

La compromissione delle cellule T CD4+ può comportare una ridotta produzione di anticorpi e compromettere la capacità del corpo di organizzare un’efficace risposta immunitaria umorale contro i patogeni, aumentando la suscettibilità alle infezioni opportunistiche causate da patogeni che tipicamente non causano malattie in individui con un sistema immunitario sano.

Le cellule CD8+ T sono vitali per l’immunità cellulo-mediata perché riconoscono ed eliminano le cellule infette o anormali e aiutano a prevenire un’infiammazione eccessiva. L’attivazione alterata delle cellule T CD8+ consente alle infezioni o alla crescita del tumore di persistere.

“L’autore ha scoperto che i vaccini mRNA contro il COVID-19 possono comportare livelli molto più elevati di anticorpi IgG4 o un’attivazione ridotta delle cellule T CD4 + e CD8+ e che il danno di una vaccinazione ripetuta può superare i benefici. Eppure, negli Stati Uniti, gli immunocompromessi sono il primo gruppo a ricevere dosi aggiuntive di vaccino”, ha detto a The Epoch Times in una e-mail il dottor Craig M. Wax, medico ed esperto di politiche sanitarie.

“In questo momento, alla luce di tre anni di ricerca ed esperienza clinica, questi vaccini di intervento genetico dovrebbero essere ritirati dal mercato, poiché non sono riusciti a stabilire sicurezza ed efficacia. Al contrario, non sono stati efficaci e hanno causato molta morbilità e mortalità”, ha affermato il dottor Wax.

Gli studi dimostrano che dosi ripetute possono compromettere la risposta immunitaria

Uno studio del 2023 pubblicato su Vaccines ha dimostrato che la vaccinazione ripetuta con mRNA COVID-19 aumenta il livello di IgG4, indebolendo il sistema immunitario e rendendo potenzialmente le persone più suscettibili a condizioni potenzialmente letali come il cancro.

Uno studio Lancet del febbraio 2022 ha mostrato che l’efficacia dei vaccini COVID-19 è progressivamente diminuita nel tempo e che gli individui vaccinati avevano una funzione immunitaria inferiore otto mesi dopo aver ricevuto le due dosi iniziali di vaccino rispetto agli individui non vaccinati. Questi risultati erano più evidenti negli anziani e negli individui con condizioni preesistenti.

Alcuni esperti stanno osservando un aumento sconcertante dei tumori aggressivi e a rapida insorgenza resistenti al trattamento successivo alla vaccinazione. Una teoria è che lo spostamento di IgG4 causato dalla ripetuta vaccinazione con mRNA crea una tolleranza per la proteina spike e compromette la produzione degli anticorpi IgG1 e IgG3 e la sorveglianza del cancro.

Secondo la revisione narrativa, altri studi hanno dimostrato che il sistema immunitario può essere influenzato negativamente dalla persistenza della proteina Spike dopo la vaccinazione, dalle nanoparticelle lipidiche infiammatorie contenenti RNA modificato che viaggiano dal sito di iniezione, dalle conseguenze indesiderate degli anticorpi della proteina Spike e dalla sostituzione dell’uracile nel codice genetico con N1-metil-pseudouridina.

I richiami raccomandati nonostante l’esclusione dalle sperimentazioni sui vaccini

Le aziende farmaceutiche hanno incluso solo individui sani nei loro studi clinici iniziali sul vaccino COVID-19 e gli unici sottogruppi immunocompromessi inclusi negli studi sul vaccino di fase 3 erano quelli con infezione da HIV cronica e stabile, epatite B o epatite C. Tuttavia gli individui immunocompromessi erano il primo gruppo autorizzati a ricevere i richiami del vaccino anti-COVID-19.

Le attuali linee guida del CDC raccomandano che le persone di età pari o superiore a 6 mesi che sono moderatamente o gravemente immunocompromesse e hanno ricevuto i vaccini COVID-19 prima del 12 settembre 2023, ricevano una o due dosi di un vaccino aggiornato, a seconda del numero che hanno ricevuto in precedenza . Prima del 12 settembre, se una persona immunocompromessa avesse seguito le raccomandazioni del CDC, avrebbe già ricevuto almeno cinque dosi di vaccino. Nessuno studio clinico ha dimostrato se sia sicuro per gli immunocompromessi ricevere più dosi di vaccino del richiamo di nuova formulazione o i potenziali effetti della combinazione degli attuali richiami COVID-19 con precedenti vaccini bivalenti e monovalenti.

Il dottor Wax ha detto a The Epoch Times che esiste una mentalità del “tanto più, tanto meglio” quando si tratta di vaccinare le persone con un sistema immunitario compromesso che, a suo avviso, è principalmente motivata dal punto di vista finanziario.

“Gli immunocompromessi non hanno bisogno di un’iniezione che sopprima ulteriormente la loro immunità, che fa parte del meccanismo modificato dell’mRNA”, ha detto il dottor Wax. “Uno studio della Cleveland Clinic mostra che con ogni iniezione aumenta la probabilità di contrarre il COVID-19.”

Il dottor Wax ha affermato di ritenere che il sostegno del sistema immunitario e il trattamento precoce comportino rischi molto inferiori per gli individui immunocompromessi.

In una e-mail a The Epoch Times, Boretti ha affermato di avere solo una domanda: “È stata rigorosamente dimostrata l’attività e la sicurezza dei richiami vaccinali contro le varianti SARS-CoV-2 del 2024 negli individui immunocompromessi? Non sono a conoscenza di dati provenienti da ospedali oncologici che dimostrino i benefici della pratica”.

Il CDC, Pfizer e Moderna non hanno risposto alle richieste di commento.

Megan Redshaw è un avvocato e giornalista investigativo con un background in scienze politiche. È anche una naturopata tradizionale con ulteriori certificazioni in nutrizione e scienze motorie.


6126.- Premierato all’italiana: una riforma con tante criticità

Non si riforma un bel niente se mancano il coraggio e la volontà di riformare l’istituzione del capo dello Stato e presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. É qui, come sui contenuti e sui vincoli dell’art. 49, mai posti ai partiti, la vera madre di tutte le riforme costituzionali. La Costituzione della Repubblica fondata sul Lavoro fu concepita come una catena dove ogni anello è collegato agli altri. Bisogna ripartire da questo principio, già troppe volte violato, sopratutto dal diritto comunitario e che anche l’ONU, per mano dell’OMS, si accinge a violare. Il rischio della proposta di riforma costituzionale parziale del governo è che il cosiddetto sindaco degli italiani non garantirà assolutamente il risultato voluto, anzi, i partiti leadership conseguiranno un maggior potere.

Malgrado il trionfalismo che circonda il disegno di legge costituzionale in discussione al Senato, l’elezione diretta del “Sindaco d’Italia” rischia di provocare più danni che benefici.

Da La nuova Bussola Quotidiana, di 09_12_2023

Il termine «premierato», secondo la insuperata lezione del politologo Giovanni Sartori (1924-2017), indica un «sistema parlamentare nel quale il potere esecutivo sovrasta il potere legislativo e nel quale il Primo Ministro comanda i suoi Ministri. L’idea è di un Governo sopra l’Assemblea che ribalta il Governo dell’Assemblea» (cfr. G. Sartori,Premierato forte e premierato elettivo, in Riv. Sci. pol., n. 2/2003, p. 285). Tutto questo, in riferimento al disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa in discussione al Senato della Repubblica (A.S. n. 935), non si ravvisa.

La proposta di modifica, fortemente voluta dal Governo Meloni e definita con toni eccessivamente trionfalistici «la madre di tutte le riforme», non ha neppure lontanamente le caratteristiche del «premierato» sopra descritto, in quanto la posizione del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore rispetto ai Ministri continua ad essere quello di un «Primus inter pares», per cui il suo potere di direzione della politica generale del Governo della Repubblica (art. 95, comma 1, Cost.) va inteso come potere di dirigere la politica predeterminata dal Consiglio dei Ministri (la componente collegiale). Né si rinviene una sua posizione di preminenza rispetto al Parlamento, il quale, ai sensi dell’art. 94 del Testo costituzionale, è chiamato ad accordare la fiducia all’Esecutivo senza la quale lo stesso non può entrare nel pieno delle proprie funzioni.

Quello che la proposta di revisione costituzionale vorrebbe introdurre è l’elezione a suffragio universale e diretto, per un periodo di cinque anni, del Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale continua ad avere un potere di proposta dei titolari dei vari Dicasteri (ma la nomina spetta sempre al Presidente della Repubblica) senza, però, la possibilità di revocarli.

Ci troviamo, dunque, di fronte a quello che Sartori qualifica come «premierato elettivo» con la differenza che mentre il «premierato» nel senso pieno del termine indica un esito ben preciso, ossia la governabilità (in Gran Bretagna funziona perché i partiti sono soltanto due), il secondo una strumentazione, ossia lo strumento dell’elezione diretta. Peraltro, in nessun modello di «premierato forte», come si può ravvisare nel Regno Unito o nella Repubblica federale tedesca, il Capo del Governo è eletto direttamente dal corpo elettorale poiché, se così fosse, non sarebbe cambiabile e vi sarebbe il rinvio alle urne: quando, nel luglio 2016, a seguito del referendum consultivo sulla Brexit, ci fu il passaggio da David Cameron a Theresa May, non vi fu alcun voto popolare.

Si pone, pertanto, la domanda: se questi sono i veri modelli di «premierato» perché in Italia si ragiona ancora sull’elezione diretta del «Sindaco d’Italia»? Da un lato, la inevitabile politicizzazione dei «riformisti», dall’altro, il populismo demagogico che contamina anche (e soprattutto) le riforme costituzionali.

​Nel merito la «madre di tutte le riforme» pone non poche criticità. In primo luogo, sarà necessaria la legge elettorale per l’elezione del Presidente del Consiglio dei Ministri. Tuttavia, questa non potrebbe impedire il verificarsi di maggioranze diverse nei due rami del Parlamento (forse si poteva ragionare sul ruolo della seconda Camera anche alla luce dell’iter per l’attuazione del regionalismo differenziato) con problemi non di poco conto per la formazione del Governo. Infatti, da una parte c’è un Presidente del Consiglio dotato di legittimazione democratica diretta, dall’altra un Presidente della Repubblica (organo costituzionale non toccato dalla proposta di revisione) titolare di un potere di scelta dell’incaricato privo della consueta discrezionalità, necessaria al fine di favorire la nascita del nuovo Governo qualora la maggioranza parlamentare non sia ben delineata (pensiamo alle elezioni politiche del marzo 2018).

​In secondo luogo, la riforma costituzionale non assicura la stabilità dei Governi e la loro azione politica. L’Italia, diversamente dagli Stati Uniti d’America e dalla Gran Bretagna, presenta un quadro partitico complesso e molto frammentato e questo ha prodotto Esecutivi di coalizione. Davvero, allora, lo «spauracchio» del voto anticipato, nei modi e tempi stabiliti dal d.d.l. n. 935, è garanzia di solidità? Oppure, viceversa, la via delle urne corre il rischio di aumentare la competizione tra leader al fine di rafforzare la rispettiva forza politica?

​In terzo luogo, al di là che la proposta di riforma appare non del tutto condivisadalle forze della attuale maggioranza parlamentare, nel caso di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio eletto nel corso del quinquennio di legislatura, il disegno di legge costituzionale attribuisce al Capo dello Stato il potere di scegliere, per la formazione del Governo, o il Presidente dimissionario o un deputato o senatore candidato in collegamento al Presidente eletto. Ora, in ipotesi di mancato ottenimento della fiducia e negli altri casi di cessazione dalla carica, il Presidente della Repubblica dovrà sciogliere anticipatamente le Camere. Dal testo dell’art. 4 del disegno di legge costituzionale emerge come il secondo Presidente del Consiglio risulta essere paradossalmente più forte del primo, perché solo la sua caduta porterebbe al voto anticipato e non invece quella dell’eletto direttamente.

Da ultimo, la proposta di riforma, all’art. 3, nell’affidare ad una nuova legge elettorale la disciplina dell’elezione di Camera e Senato secondo i principi di rappresentatività e governabilità, introduce un premio di maggioranza, assegnato su base nazionale, pari al 55% dei seggi in ciascuno dei due rami del Parlamento. È incredibile che non si inserisca nella novella costituzionale, come peraltro auspicato dalla stessa Corte costituzionale, una soglia minima di voti per far scattare il premio. Il rischio di un pericoloso squilibrio è evidente.
​In conclusione, ci troviamo innanzi ad una riforma pasticciata, carente di una visione d’insieme che produrrà più danni che benefici.

Daniele Trabucco è Professore strutturato in Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Comparato
presso la SSML/Istituto ad Ordinamento universitario «san Domenico» di Roma. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico.

6097.- Aifa ammette in tribunale: nessun dato su efficacia e benefici dei vaccini

Già davanti al TAR, il 6 dicembre di un anno fa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, messa sotto pressione dal Tribunale Amministrativo del Lazio, prima si contraddisse e poi confessò di non poter esibire la necessaria (e obbligatoria) documentazione, cui era condizionata la vendita dei vaccini anti-Covid. Intanto che il presidente della Lega Italiana Tumori si interroga sull’aumento delle patologie (più 15%) la Commissione parlamentare d’inchiesta è stata tarpata dal Capo dello Stato, i contratti dell’Unione europea con le case farmaceutiche sono blindati dal segreto e in galera non va mai nessuno.

Da La Nuova Bussola Quotidiana, di Andrea Zambrano, 27 novembre 2023

Al momento della messa in commercio dei vaccini, Aifa non aveva dati su efficacia, trasmissione del virus e rapporto rischi/benefici perché erano tutti in possesso dell’Ema e lo sono tuttora. Una sentenza del Tar apre interrogativi inquietanti sull’approvazione al buio dei vaccini. Eppure è stato ripetuto come un mantra dai governi che i dati Aifa erano decisivi. 

Durante la campagna vaccinale Aifa non aveva i documenti sull’efficacia dei vaccini. Non c’è solo il pesante sospetto che l’ente nazionale del farmaco abbia taciuto gli eventi avversi che arrivavano dai centri vaccinali e che è alla base dell’inchiesta sugli Aifa leaks della Procura di Roma. L’organismo di regolamentazione non aveva nemmeno a disposizione la documentazione basilare che avrebbe dovuto comprovare che i vaccini fermassero il virus, il rapporto rischi benefici e l’efficacia degli stessi.

Eppure, questi tre corollari sono stati profusi come un mantra nel corso della campagna vaccinale come dati indiscutibili. Invece Aifa non aveva niente sottomano che giustificasse il trionfalismo sul vaccino, per il semplice motivo che queste informazioni sono (asseritamente) in possesso di Ema e dunque Aifa non può esibirla oggi in un contraddittorio a riprova della correttezza delle sue azioni.

La vicenda kafkiana arriva da un tribunale italiano, precisamente il Tar del Lazio, che ha rigettato un ricorso di un gruppo di sanitari sospesi e non e di danneggiati. E alla base della motivazione di rigetto, inoppugnabile tanto che i ricorrenti non intendono nemmeno fare appello, è che la documentazione non è disponibile per il semplice motivo che sarebbe in Ema e dunque è all’ente europeo del farmaco che bisognerebbe chiedere.

Ma allora, sorge una domanda: se non era in possesso delle evidenze scientifiche sull’efficacia, sulla trasmissibilità e sul rapporto rischi-benefici, sulla base di che cosa ha autorizzato l’immissione in commercio dei vaccini anti covid? E sulla base di quale dato scientifico si è costruita la narrazione diventata virale durante la campagna vaccinale del non ti vaccini, ti ammali e muori? O dei rischi che superano nettamente i benefici?

Le domande sorgono spontanee leggendo la sentenza numero 01331/23 pronunciata l’11 luglio scorso dalla sezione Terza Quater del Tar del Lazio.

Opponenti un centinaio abbondante di sanitari, alcuni anche danneggiati da vaccino, che si sono rivolti all’avvocato italo-tedesco Francesco Golinelli per opporsi al diniego di Aifa alla loro domanda di accesso ad alcuni dati inerenti all’immissione in commercio dei vaccini anti covid. La domanda all’osso formulata dall’avvocato Golinelli assieme ad un team di legali e sviluppata sotto forma di 9 quesiti specifici era la seguente: «Dato che i provvedimenti di sospensione dal lavoro si diceva che erano motivati da evidenze scientifiche – spiega Golinelli alla Bussola – abbiamo chiesto ad Aifa di indicarci quali sarebbero queste evidenze che giustificavano il mantenimento in commercio dei vaccini. Ma non abbiamo ricevuto risposta, se non qualche generico riscontro senza alcun riferimento scientifico».

Così Golinelli col team di legali da lui approntato ed i suoi assistititi hanno presentato ricorso al Tar e il Tar ha emesso una sentenza che da un lato raffredda le loro aspirazioni a vedersi riconosciute le ragioni, ma dall’altro apre più di un inquietante interrogativo su come l’Aifa abbia gestito la campagna vaccinale con annessi e connessi di sicurezza e efficacia.

«Nel merito il ricorso è infondato», scrive la presidente della Corte Maria Cristina Quiligotti. Ma a sorprendere è il motivo per cui il ricorso è infondato. Semplice: perché quei dati richiesti, Aifa non li ha e non li ha mai avuti. Infatti, nella sentenza, la Corte rimarca proprio questo concetto: «Nel caso in esame – si legge nel dispositivo – l’Aifa ha dichiarato di non essere in possesso della documentazione richiesta dai punti 1 a 6, con la conseguenza che il ricorso deve essere respinto proprio alla luce della dichiarazione Aifa».

È così, avete capito bene: in pratica l’ente del farmaco ha dato tutti i via libera di legge per la somministrazione dei vaccini senza avere a disposizione studi, dati, comunicazioni proprie fatte sue che ne comprovassero l’efficacia e i rapporti rischi benefici, affidandosi completamente ai dati in possesso di Ema di cui Aifa non tiene evidentemente neanche una copia nei cassetti. Eppure, in tutte le circolari, comunicazioni, report che Aifa ha diramato durante questi due anni di campagna vaccinale ha sempre confermato tanto l’efficacia quanto i benefici dei vaccini. Solo che non ha niente sottomano per poterlo comprovare.

A riprova dell’importanza del fatto, c’è che Aifa si è costituita direttamente in giudizio e che il Tar non ha emesso una sentenza nel metodo, ossia solo in rito, come fa spesso, ma nel merito – prosegue alla Bussola Golinelli -. A questo punto è legittimo chiedersi: «In base a che cosa i cittadini sono stati chiusi dentro casa? E sulla base di quale evidenza scientifica i cittadini sono stati praticamente costretti a inocularsi il vaccino pena la perdita dei diritti civili?».

In effetti, se Aifa avesse almeno fornito dei dati provenienti da Ema, ma in suo possesso si sarebbe potuto almeno accusare l’ente del farmaco di non aver svolto indagini proprie, ma di essersi fidata dell’ente europeo di regolamentazione del farmaco. Eppure, Aifa non dipende da Ema, ma dal Ministero della Salute, è ad esso che deve rendere conto. Ma qui siamo di fronte al fatto che Aifa non avesse uno straccio di prova; quindi, si è fidata ciecamente di Ema, al buio, facendo soltanto da passacarte per la commercializzazione del farmaco.

Nel ricorso si chiedeva dunque conto di obbligare Aifa a fornire «i documenti della determina 154/2020», che giustificava l’immissione al commercio per il vaccino Pfizer (1); quelli della stessa determina per il vaccino Moderna (2); per Astrazeneca(3); e per Janssen (4). Al quesito 5 venivano richieste «le evidenze riguardanti l’efficacia del vaccino anti Covid-19 e la valutazione rischi/benefici per il mantenimento in commercio dei predetti farmaci»; infine, al quesito 6 l’avvocato Golinelli aveva richiesto «gli studi a sostegno del fatto che i vaccini impediscano la trasmissione del virus Sars-Cov-2».

La risposta del giudice è stata ineccepibile: «Il ricorso va respinto perché per queste domande Aifa ha dichiarato di non esserne in possesso perché fanno parte del dossier di autorizzazione depositato presso Ema» e il giudice, citando la giurisprudenza fa riferimento proprio al fatto che se per poterli fornire dovesse effettuare una richiesta di accesso agli atti (in questo caso all’Ema) sarebbe perché non sono nel suo possesso. Quindi non se ne fa nulla.

Viene dunque da chiedersi sulla base di quali studi Aifa abbia informato il ministero della Salute e quindi i governi Conte II e Draghi della bontà dell’operazione vaccini se nemmeno oggi, a un anno dalla fine della campagna vaccinale, è in possesso dei documenti che ne dovrebbero attestare l’efficacia. Eppure il via libera dell’Aifa doveva essere vincolante e decisivo per il nostro Paese. 

Tanto più che i criteri che stabiliscono il corretto rapporto rischi/benefici, che non va inteso in senso collettivistico, ma personale, sono regolamentati da una legge che ovviamente non è stata tenuta in conto se si pensa che quei report nemmeno sono presenti negli uffici di Aifa.

La sentenza è molto simile a quella del dicembre 2022 nella quale sempre al Tar del Lazio Aifa ammetteva di non essere in possesso dei rapporti di sicurezza  perché in possesso esclusivo dell’Ema. Dopo l’assenza di riscontri sulla sicurezza, ora sappiamo che non c’era nulla neppure sull’efficacia, che è il requisito fondamentale oltre alla sicurezza per cui un farmaco e un vaccino devono stare in piedi. 

Appare verosimile che la corruzione – perché di questo si tratta – si avvalga di un filo diretto fra Roma e Bruxelles.

Resta infine da chiarire l’ultimo punto: se bisogna chiederli all’Ema, allora è in Europa che bisogna rivolgersi. «Una mia collega tedesca che ha fatto un ricorso simile – ha detto Golinelli -, ha ottenuto dall’ente europeo un rifiuto altrettanto kafkiano: i dati sono coperti dal segreto che scherma i contratti di acquisto, che l’Ue ha siglato con le singole case farmaceutiche». In poche parole: non possiamo saperlo. È tutto segreto. O forse – e questo è un sospetto legittimo – non c’è mai stato nulla di documentato.

6095.- Mattarella esaudito: in Bicamerale Covid indagini a metà

La Commissione bicamerale sulla gestione della Pandemia, con tutti i suoi morti, in buona parte procurati, rischia di coinvolgere il Capo dello Stato, ma tutti – anche il papa – possono sbagliare. Figuriamoci quante volte può accadere nei 14 anni dei 2 mandati.

Nella riforma costituzionale di Giorgia Meloni è fondamentale inserire un articolo a tutela del Capo dello Stato che detti più o meno così:

“ Il deposito di intercettazioni che contengono conversazioni del Capo dello Stato e la verifica e la valutazione da parte delle Commissioni bicamerali della costituzionalità di atti sottoposti al segreto viola le prerogative presidenziali. 

Il Capo dello Stato può a sua insindacabile discrezione, ordinare la cancellazione delle registrazioni.

In deroga all’articolo 82, la commissione che indagherà su materie di pubblico interesse e sulla costituzionalità di atti promulgati dal Capo dello Stato potrà formulare soltanto un giudizio politico e non dovrà attribuirsi compiti propri della magistratura.“

Torna attuale l’articolo di Andrea Zambrano: “Mattarella esaudito: in Bicamerale Covid indagini a metà.”

In Senato il testo della Commissione di inchiesta sul covid, dopo le osservazioni del Capo dello Stato. Escluse verifiche sulla costituzionalità dei Dpcm: su lockdown e green pass ci sarà solo un giudizio politico. Salve le indagini su reazioni avverse e mancate cure. Intanto in Rai fa più scandalo un medico no vax che un pornodivo.

Da La Nuova Bussola Quotidiana di settembre, di Andrea Zambrano, 20_09_2023

Con l’elezione del senatore di FdI Gianni Berrino a relatore avvenuta ieri, l’iter parlamentare della legge che istituisce la Commissione Covid raggiunge l’esame dell’aula del Senato. La Commissione X Sanità, Affari sociali e Lavoro presieduta da Franco Zaffini, ha dato il via libera al testo analizzato in Commissione e modificato dopo le osservazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Ora, il percorso della legge dovrebbe essere in discesa. «I tempi di calendarizzazione in Senato – spiega alla Bussola il neo eletto relatore Berrino – saranno abbastanza celeri. Poi, come noto, servirà un terzo e ultimo passaggio alla Camera, ma sui tempi non posso sbilanciarmi».

Quel che però è certo è che gli ostacoli che la Commissione si era trovata davanti dopo l’approvazione alla Camera dovrebbero essere stati superati. Il Quirinale, con un intervento di Mattarella in occasione della Cerimonia del ventaglio, aveva mandato un messaggio neanche tanto sibillino ai senatori in procinto di accogliere il testo a Palazzo Madama. Per il Colle, la commissione che indagherà sulla gestione della pandemia non doveva attribuirsi compiti propri della magistratura. Sotto accusa, anche alcune espressioni sulla costituzionalità di alcuni provvedimenti presi dai governi Conte II e Draghi durante lo Stato di emergenza.

Ebbene, da un’analisi degli emendamenti approvati dalla Commissione che ha licenziato il nuovo testo, sembra proprio che i rilievi di Mattarella siano stati tutti accolti.

Come? Cancellando le parti “sgradite” al Colle. 

A cominciare dai limiti e dai poteri in fase inquirente. «L’acquisizione di atti e documenti, che è uno dei compiti della commissione covid, è limitata a quegli atti che giacciono presso gli inquirenti, se non coperti da indagine», ha spiegato Berrino. In poche parole: la Commissione può chiedere alla magistratura atti oggetto di indagine, inerenti alla stagione pandemica e la sua gestione, purché non siano coperti da segreto, in questo caso non potranno essere acquisiti dalla Bicamerale in quanto coperti da indagine.

Ma è con l’eliminazione di due punti in particolare che si può vedere l’intervento più significativo per andare incontro ai desiderata di Mattarella.

Tramite due emendamenti dello stesso Berrino, sono stati tolti infatti due passaggi inerenti alla legittimità costituzionale di alcuni provvedimenti. Il primo si trovava nel testo licenziato alla Camera all’articolo 3 comma 1 lettera t e recitava così: “Verificare e valutare le misure di contenimento adottate dal Governo nelle fasi iniziali e successive della pandemia, individuando eventuali obblighi e restrizioni carenti di giustificazione in base ai criteri della ragionevolezza, della proporzionalità e dell’efficacia, contraddittori o contrastanti con i princìpi costituzionali e valutando se tali misure fossero fornite di adeguato fondamento scientifico, anche eventualmente attraverso la valutazione comparativa con la condotta seguita da altri Stati europei e con i risultati da essi conseguiti».

Nella nuova versione è stato cancellato proprio l’aspetto sul rispetto dei principi costituzionali (che abbiamo sottolineato in grassetto ndr), quindi, la legittimità costituzionale delle misure contenitive non sarà indagata, evidentemente perché quei provvedimenti erano già passati alla valutazione del capo dello Stato. Ciò non toglie che si potrà comunque indagare sulla proporzionalità della risposta politica di fronte alla diffusione e al contenimento del virus, ma il giudizio che ne uscirà sarà solo politico.

La seconda lettera tolta, questa volta integralmente è la “v” che recitava così:“Verificare e valutare la legittimità della dichiarazione dello stato di emergenza e delle relative proroghe nonché dell’utilizzo dello strumento della decretazione d’urgenza”.

Non potremo dunque assistere a indagini sui contestati Dpcm di Conte, che sono stati lo strumento principale con il quale sono stati imposti i lockdown, il green pass, la DaD e poi con Draghi la campagna vaccinale di massa. Tutti provvedimenti imposti in ragione dell’emergenza e che hanno limitato fortemente e compromesso in alcuni casi la libertà dei cittadini. Su questo la Commissione non potrà dunque esprimersi.

Il resto degli emendamenti approvati non costituisce particolari stravolgimentidel testo originario, mentre va registrato che nel corso delle votazioni sono stati respinti tutti gli emendamenti presentati dall’opposizione. Volevano coinvolgere nell’inchiesta anche le Regioni, ma il voto a maggioranza li ha cassati.

Dunque, con l’esclusione delle Regioni e dei paletti fissati dal Colle, il raggio d’azione della Commissione si restringe alla sola attività dei Governi e del ministero della Salute in particolare.

Sono però salvaguardate le indagini sulla campagna vaccinale e sulle mancate cure, nell’ambito del protocollo Tachipirina & vigile attesa. Se da un lato la commissione restringe il suo campo d’azione, dall’altro, potrà concentrarsi meglio sulle due grandi problematiche nazionali mai ancora pienamente accertate: le reazioni avverse da vaccino che sono state minimizzate se non proprio nascoste e le morti in ospedale di pazienti curati troppo tardi sui quali si poteva intervenire in tempo con cure tempestive. Su questi due aspetti la Maggioranza si gioca molto della sua credibilità.

Ma il clima resta ancora quello della caccia alle streghe. Quanto successo ieri a Marcello Foa (in foto), rappresenta un campanello d’allarme, che mostra come l’unica versione che si vuole affermare è quella pandemista, mentre si silenzia il pensiero difforme. Il giornalista, già presidente della Rai, è finito nell’occhio del ciclone per aver invitato nella sua trasmissione radiofonica Giù la Maschera, Massimo Citro della Riva, psicoterapeuta sospeso dall’Ordine perché critico sui vaccini.

Dopo la puntata di ieri, molti esponenti della Sinistra, tra cui Fratoianni, hanno chiesto scandalizzati l’intervento della Vigilanza Rai. La stessa vigilanza Rai che non è intervenuta quando la Rai ha regalato un’ora di diretta al pornoattore Rocco Siffredi. Ma evidentemente per la televisione pubblica di oggi, diffondere un’idea di una pornografia buona è meglio che sollevare dubbi sui vaccini. 

6094.- Chi soffia per spegnere Aifa leaks e inchiesta Speranza

O’ pisce fèta da ‘a capa! È tutto quello che sappiamo.

La grande stampa ignora del tutto l’indagine della magistratura su Speranza. Dal Colle ai media fino ai partiti di sinistra: tutti gli ostacoli di un’inchiesta che potrebbe aprire un capitolo nuovo nel giudicare gli errori e gli orrori della campagna vaccinale.

Da La Nuova Bussola Quotidiana, di Andrea Zambrano, 24_11_2023

Il fatto che nessuno dei giornali ieri in edicola (tranne la Verità) avesse in prima pagina la notizia che l’ex ministro della Salute Roberto Speranza è indagato dalla Procura di Roma nella gestione della campagna vaccinale, è un chiaro segnale di indirizzo che il Procuratore di Roma Francesco Lo Voi non avrà l’appoggio della grande stampa italiana nel caso in cui dovessero emergere responsabilità accertate.

Del resto, la campagna vaccinale per l’ennesima dose di vaccino anti covid è in corso, con risultati disastrosi, e i media mainstream, dal Corriere a Repubblica in giù si stanno spellando le mani per convincere gli italiani riottosi che il vaccino non crea nessun effetto avverso e se li crea – come le stesse case farmaceutiche e l’Ema sono costrette ad ammettere – è roba di poco conto quando addirittura inventata. «Le miocarditi? Frutto di diagnosi sbagliate dei cardiologi», si è provato persino a dire senza temere di essere spernacchiati a dovere. Di mal di vaccino non si deve parlare.

La saldatura tra il potere politico che ha imposto un vaccino sperimentale pena la perdita dei diritti civili e quello mediatico che ha veicolato questa imposizione spacciandola per dovere civico è ancora più forte che mai e non rischia di essere scalfita. Del resto, come potrebbe essere altrimenti se non più tardi di ieri mattina l’Ansa – dicasi l’Ansa! – poteva permettersi di dare la notizia che Speranza, tramite il suo legale, chiederà alla Procura l’archiviazione, senza però aver mai dato precedentemente la notizia della sua iscrizione – e di quella di Nicola Magrini, ex dg Aifa – nel registro degli indagati per svariati reati, tra cui l’omicidio plurimo.

Scene che si vedono solo in certe democrazie guaste del Latinoamerica, quelle dove la stampa è così asservita al potere da non ritenere nemmeno degna di una riga in cronaca una notizia di un ex ministro indagato per omicidio plurimo dalla più importante Procura d’Italia.

Va detto che la remissività vile del sistema mediatico nostrano di fronte alle migliaia di danneggiati da vaccino – stiamo parlando di invalidi e di morti che non trovano un riconoscimento -, trova come sua unica eccezione il coraggio di una sola trasmissione tv che si staglia nel panorama nazionale come mosca bianca in mezzo a tanti talk show urlati e accomodati e che non solo ha avuto il merito di portare all’attenzione della Magistratura l’indagine sugli Aifa leaks, ossia i silenzi e le censure dell’ente del farmaco circa reazioni avverse durante la campagna vaccinale, ma ha tenuto l’osso senza temere intimidazioni, come deve fare un cane da guardia e non un cane da riporto.

La determinazione e la solitudine con la quale i giornalisti Mediaset Mario Giordano e Marianna Canè hanno condotto l’inchiesta sugli Aifa leaks dovrebbero essere studiate nelle scuole di giornalismo e far gridare tutti gli altri giornali per lo meno per spirito di corporazione; invece, è stata coperta dal chiassoso vociare di un mainstream stancamente asservito a un potere sempre più autoreferenziale.

Perché se non è una notizia il fatto che quello che è stato propagandato come un vaccino sicuro, efficace e panacea di tutti i mali, in realtà non lo era e questo era risaputo e taciuto dalle istituzioni sanitarie, allora che cosa è una notizia degna di tal nome?

Ma se il Procuratore di Roma non avrà il fiato sul collo della grande stampa, avrà invece – si perdoni il gioco di parole – il “fiato del Colle”. Un’inchiesta del genere è destinata a scontrarsi con un dogma che abbiamo visto imporsi in tutti i modi: «Il vaccino ci ha salvato, chi dice che ha fatto male a qualcuno mente e non segue la scienza». A garanzia di questa narrazione bugiarda – oggi lo possiamo dire per almeno un centinaio di ragioni scientifiche – c’è sempre stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che anche nella limitazione degli ambiti di indagine della Commissione bicamerale Covid, ha mostrato come si possa azzoppare qualunque attività ispettiva rischi di mettere in discussione questo costrutto.   

Dal Quirinale ai partiti di Sinistra passando per i media: chi soffia contro questa inchiesta, minimizzandola o censurandola, è lo stesso, dunque che cercherà di rendere infruttuosi il lavoro della Bicamerale Covid.

Non è affatto scontato poi, che il Tribunale dei ministri darà il via libera per indagare su Speranza, oppure che non si vada oltre la fase istruttoria. Di sicuro questa indagine può aprire un nuovo capitolo oppure chiuderlo per sempre: i danneggiati da vaccino hanno avuto se non altro la dignità di essere considerati da un potere dello Stato – quello giudiziario – che finora era stato silente sul loro dramma. Chiaramente non si sta dicendo che la Procura accusi chicchessia, ma almeno si può affermare che le accuse contro Speranza e Magrini sono ritenute credibili e meritorie di essere approfondite.

Mentre la medicina di Stato e la politica, in tutte le sue forme, è ancora colpevolmente assente dall’ascolto di quello che la presidente di Ascoltami ha definito “il nostro inferno”, un Procuratore, come alto rappresentante di un potere dello Stato riconosce che quell’inferno potrebbe esistere e qualcuno potrebbe anche esserne responsabile. Gli errori e gli orrori della vaccinazione coatta potrebbero venire alla luce aprendo un nuovo capitolo nel giudicare quella stagione. 

Certo non sarà facile perché il difficile viene adesso. Infatti, c’è anche chi, ieri mattina, tra i corridoi del Senato commentava con disincanto questa decisione clamorosa. Come noto la Bicamerale Covid, che sarà chiamata a dare un giudizio politico sulle decisioni prese in pandemia dai due governi che l’hanno gestita, dovrà ascoltare anche l’ex ministro Speranza su varie questioni, compresi gli effetti avversi. Ma se l’esponente del Pd ed ex ministro è indagato dalla Procura di Roma, allora, com’è nel regolamento, potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere proprio perché sottoposto a indagine della Magistratura. Se poi l’inchiesta di Roma dovesse concludersi con un’archiviazione, ecco che Speranza la “farebbe franca” sia sul versante politico che su quello giudiziario e nessuno potrà chiamarlo a rendere conto della gestione sciagurata della campagna vaccinale, così come del folle protocollo Tachipirina e vigile attesa.

Uno scenario sconfortante, ma che va tenuto in conto. È bene però tenere sempre di fronte un orizzonte concreto. E questo è rappresentato dagli oltre 4200 danneggiati riunito nel Comitato Ascoltami che sono rimasti feriti sul campo e che chiedono cure, un ambulatorio dedicato e un codice esentivo per visite ed esami. Pochi o tanti che siano, per loro almeno siamo sicuramente in grado di poter affermare che “i benefici non hanno superato i rischi”, come recitava un altro mantra imposto sciaguratamente in campagna vaccinale secondo una logica eugenetica. È a loro e non ad altri, i quali dal vaccino non hanno avuto conseguenza alcuna, che si devono le risposte sull’eventuale dolo di chi li ha trascinati in questo vortice.

6054.- La madre di tutte le riforme è…. La riforma è un vincolo imposto del programma

La vera madre delle riforme costituzionali è quella che riguarda gli articoli dedicati al Capo dello Stato e, in particolare, la durata di sette anni del mandato, specialmente, in rapporto alla rieleggibilità, abusiva perché, pur negando valore al parere dei costituenti, se non è negata, non è nemmeno prevista; infine, alle difficoltà frapposte alla sua messa in stato d’accusa, difficoltà che dimostrano come non si fosse disposti a credere in un mandato CRISTALLINO, sempre super partes per sette anni. Infatti, il presidente Napolitano ha ordinato di cancellare le intercettazioni Stato-mafia. Ecco un’occasione per nominare una Commissione d’inchiesta parlamentare ex art. 82. Figuriamoci quante occasioni (per esempio, con lo scandalo C.S.M. o con la Pandemia) per i mandati di 7+7=14 anni o per un duo x14=28, come con Napolitano e Mattarella (teoricamente, se del PD, anche 35).

Mario Donnini

Premierato, le critiche alla riforma del governo Meloni sono una sequela di assurdità: ecco perché

Da Il Secolo d’Italia, 8 Nov 2023 17:04 – Estratto da un articolo di Carmelo Briguglio

Premierato

L’esecutivo Meloni ha presentato quindi una proposta di riforma costituzionale che incide sulla forma di governo: un modello italiano di premierato fondato sull’elezione diretta. Tra politici che si credono costituzionalisti e costituzionalisti a cui piace fare i politici, si legge e ascolta di tutto. “ ….

…”Macché affronto al Quirinale. Il vero vulnus è il non divieto di “bis” per i presidenti

Nel merito, ci sono tre tematiche che vale la pena chiarire. La prima: è un non senso sostenere che riformare le nostre istituzioni in direzione presidenziale sarebbe un “affronto” o qualcosa del genere all’attuale inquilino del Quirinale, Sergio Mattarella. Non c’è nella riforma, ma anche se in futuro diminuissero i poteri del Colle, non ci sarebbe alcuna mancanza di riguardo verso il capo dello Stato: fosse così la Carta del ‘48 non si potrebbe cambiare mai per non turbare i titolari pro tempore delle alte cariche. La riforma, peraltro, entrerebbe in vigore al termine del bis di Mattarella. Il quale – lunga vita e salute al Presidente – starà al Quirinale per 14 anni: questo é il vero vulnus, ultra-presidenzialista e di stampo monarchico, alla Costituzione. Imbarazzante tema, quello del doppio mandato, sul quale i costituzionalisti progressisti – quelli della Carta più bella del mondo et cetera – stanno muti.

Si alimentano timori speciosi per l’elezione diretta del premier, ma ci teniamo in Costituzione una norma che non vieta più settennati al presidente della Repubblica: abbiamo già l’inedito duplo di Napolitano e Mattarella, ma in ipotesi sarebbe possibile un tris, se i partiti decidessero così e l’eletto avesse un’età che lo consentisse; il che significa essere eletti “a vita”; né più, né meno di un regime monarchico; salvo rinuncia o abdicazione dell’interessato se volete chiamarla così, tanto é la stessa cosa: ciò che accadde con Re Giorgio, come veniva definito Napolitano. La “riforma Meloni” non affronta la questione, forse per eccesso di deferenza verso Mattarella, il quale, in ogni caso, non ne sarebbe “toccato”, prevedendo la norma per il futuro. Ma tant’è. Lo scrivo per fare comprendere l’assurdità della paventata “deriva autoritaria” addebitata alla riforma.

I senatori a vita antistorico retaggio monarchico

Consapevole o meno, questa contraddizione é attraversata da unalogica cripto-monarchica; che è antitetica a quella “di portare la legittimazione democratica al più ampio numero possibile di istituti della forma di governo” dichiarata nel ddl costituzionale. Il quale abolisce la categoria dei senatori a vita: pure questa modifica fa registrare critiche per amore di polemica. In verità, anche i senatori a vita sono espressione di un retaggio “regale” che contraddice i principi della Costituzione; per di più, sono una presenza che squilibra la composizione del Senato, i cui membri si sono ridotti di numero, dopo il “taglio” dei parlamentari. Secondo voi perché la Carta prevede i senatori a vita? Semplice: perché cento anni dopo lasciò inalterato lo Statuto Albertino del 1848, esteso allo Stato unitario e rimasto in vigore anche durante il ventennio mussoliniano. Eccolo qua l’articolo 33 dello Statuto:

”Il Senato è composto di membri nominati a vita dal Re, in numero non limitato, aventi l’età di 40 anni compiuti, e scelti nelle categorie seguenti…Coloro che con servizi o meriti eminenti avranno illustrata la Patria…”. Al numero 20 della vecchia norma c’è la traccia letterale della filiazione della Costituzione vigente dal suo antenato Statuto: “avere illustrato la Patria”. L’articolo 59 dell’attuale Costituzione, infatti, riserva alla nomina presidenziale di senatore a vita “cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. Appunto “illustrato la Patria”, lessico identico: vestigia del tempo in cui “Lo Stato è retto da un Governo Monarchico Rappresentativo. Il Trono è ereditario secondo la legge salica”, come recitava l’articolo 2 dell’Albertino. I presidenti della Repubblica hanno ereditato questo potere regio, ovviamente in forma ridotta. I cinque senatori della Repubblica nominati dal Capo dello Stato sono a vita come i senatori nominati dal Re che allora sceglieva l’intero Senato del Regno. Un evidente anacronismo: la riforma vuole superarlo, ma si riesce a criticare persino questa scelta che dovrebbe essere condivisa. Nulla da fare.

Nelle forme di governo la regola in Europa è la differenza non l’uniformità

Ultima questione: la globalizzazione e lo stesso sistema unionale europeo, in quanto alle forme di governo, non hanno dato vita a una tendenza di uniformità dei sistemi politici. É veramente difficile trovare in Occidente e in particolare in nel Vecchio Continente, due sistemi politici perfettamente uguali, dalla forma di governo alle leggi elettorali. Si può sostenere che questo spazio di sovranità assoluta, gli Stati nazionali se lo tengono ben stretto. Anzi, pare proprio che la globalizzazione abbia provocato una compensazione in senso nazionale di istituzioni e dinamiche del governare: è una inclinazione che accomuna tutti i Paesi del mondo libero, oltre le latitudini geografiche e politiche. Quindi, quando si sostiene approssimativamente che il modello immaginato dalla Meloni é un “pasticcio” perché non “imita” quello adottato in altre “democrazie stabilizzate”, non si ha consapevolezza della voluta “alterità” reciproca delle forme di governo nel mondo libero.

I “cercatori” di somiglianze istituzionali

Un solo esempio per rendere l’idea delle “vie nazionali” alle riforme istituzionali: in Francia vige il semi-presidenzialismo di origine gaullista. Il Portogallo – lo cito perché siamo dentro l’attualità, per le dimissioni del premier Antonio Costa – che ha cercato di imitare la V Repubblica, ha prodotto “un’altra cosa”: un finto semi-presidenzialismo, che nulla ha a che vedere con i poteri del presidente della Repubblica francese; il presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, pur eletto dal popolo, ha meno poteri di Mattarella: non ha competenze di diretta direzione politica e non ha alcun ruolo nel “Programa do Governo”; le sue attribuzioni lasciano inalterata la forma di governo che é sostanzialmente parlamentare: il “primato” resta nelle mani del capo del governo. Lo scrivo soprattutto per i cercatori di somiglianze istituzionali,
ad ogni costo. Ma, poi, questa fissa della necessità di avere istituzioni uguali, da dove arriva ?

L’originalità del modello è la regola in Europa e nel mondo

“Per il comparative law in book e il comparative law in action – osserva Tommaso Edoardo Frosini nel volume di diritto pubblico comparato dallo stesso curato per Il Mulino (2022) – rimane e permane il metodo delle differenze, anche l’esaltare le diversità e farlo con particolare riferimento allo scenario del diritto globale, con il suo carattere transnazionale oltre che nazionale e sovranazionale. Bisogna diffidare delle convergenze, ovvero delle consonanze”. Nella comunità scientifica si ragiona così, ma nell’acquario della politica nostrale, sono tutti impegnati a criticare “l’originalità” del modello Meloni; che, invece é “la regola”, in Europa e nel mondo.”