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6077.- Ex direttore Aifa: Sapevano che infettavano, ma hanno comunque messo il Green pass “sospendendo la democrazia, facendo perdere lavoro e dignità a migliaia di persone”

Un buon motivo perché il due volte presidente Mattarella, instancabile sostenitore dei cosiddetti vaccini, ostacoli la istituzione della Commissione parlamentare d’inchiesta, ex art. 82 Costituzione, sulla pandemia, paventandone l’incostituzionalità. Ma quale?

Articolo 82

Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse.

A tale scopo nomina fra i propri componenti una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.

Finirà che ci teniamo i morti, i vaccini e il presidente, mentre qualcuno si terrà pacchi di soldi.

L’articolo della Redazione del Blog di Sabino Paciolla, 18 novembre 2023: Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo pubblicato su DC NEWS. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. 

Milano no green pass

Il dottor Luca Li Bassi, medico chirurgo specializzato in Salute pubblica, è stato direttore generale dell’Aifa tra il 2018 e il 2019, fino a poco prima, cioè, che scoppiasse l’inferno Covid. Il medico ha rilasciato un’intervista bomba (pubblicata da LaVerità), e di vitale importanza, a Marianna Canè di “Fuori dal Coro“. Dice Li Bassi: “Non può essere considerata una motivazione valida la preoccupazione di mandare la gente nel panico e nascondere i dati”. La trasparenza, dunque, sempre al primo posto. Il suo è un chiaro riferimento alle ultime inchieste, proprio della trasmissione di Rete4, che hanno dimostrato come Aifa nascondesse i dati sui vaccini, per paura – come scrivevano i dirigenti nella mail interne – di “uccidere il vaccino”. Ma lancia anche una vera bordata contro il Green pass.

Spiega infatti a proposito Luca Li Bassi: “Se si fosse valutato a inizio campagna vaccinale che servivano più dati per garantire efficacia e sicurezza in un gruppo specifico, come ad esempio quello dei fragili, non si sarebbe mica provocato un disastro. Per me essere trasparenti significa che all’inizio della campagna vaccinale dovevano essere detti apertamente tutti i punti di forza e di debolezza dello studio di Pfizer, per esempio. Dovevano essere spiegati, e non certo nascosti. Non si può esaltare i primi e far finta che non ci siano i secondi. E anche se questo può portare a qualche preoccupazione iniziale, l’aspetto positivo è che nella gente aumenta la fiducia“. Un netto attacco alla gestione dell’Aifa in era Covid. Poi, il passaggio chiave sul Green pass. Perché si arrivò a metterlo?

Altro punto importante, denuncia Luca Li Bassi, è il modo in cui si è arrivati a imporre il Green pass. “Già nell’estate 2021, quindi non molto tempo dopo la partenza della campagna vaccinale, anche se non si conoscevano le cause, era evidente che i vaccinati potevano trasmettere l’infezione”. Ma il governo impose comunque il lasciapassare verde, sospendendo la democrazia, facendo perdere lavoro e dignità a migliaia di persone. “Quello che posso dire è che nella letteratura scientifica c’era già a distanza di pochi mesi dall’inizio della vaccinazione di massa, se non una certezza, un forte sospetto che il vaccino non prevenisse totalmente la diffusione”.

Seguire attentamente lo svolgimento con la farmacovigilanza “in modo da evidenziare tempestivamente degli eventuali segnali di sicurezza”. Altra cosa che in Italia non è stata fatta per mettere tutto a tacere e tutelare gli interessi di Big Pharma. Poi Li Bassi dà la stoccata sulla gestione italiana del Covid e dei vaccini: “Non mi sarei mai aspettato quello che è successo: non si può rinunciare alla trasparenza perché si teme di mandare la gente nel panico. Non si avvia la macchina e poi si chiudono gli occhi e si vaccinano tutti. Non funziona così”. Ma allora perché nascondere i dati? Perché Aifa ha agito così? Risponde Li Bassi: “Quando vi sono aree di conoscenza poco chiare, allora intervengono influenze di vario tipo, come socio-politico-economiche”.

Luca Li Bassi: “Aifa deve lavorare solo per la gente”

Conclude Luca Li Bassi: “Aifa è un’istituzione pubblica e questo significa che è di proprietà della gente e deve fare solo gli interessi della gente, non di altri. Poi però il fatto che stiamo vivendo un momento che si discosta da questo, io non me lo sarei mai aspettato. Ma il corretto funzionamento è quello basato sulla trasparenza e sull’obiettivo della salute pubblica, senza considerare qualcosa di diverso. Questo è il mio punto di vista sia umano che professionale“.

5750.- 3000 morti: Pfizer ammette con freddezza il dramma dei danneggiati

Da La Nuova Bussola Quotidiana, 3 luglio 2023, di Paolo Gulisano

900 casi di cecità, 700 complicazioni in gravidanza. E 3000 decessi. I dati del Report di Pfizer confermano solo ora che era proprio vero: la vaccinazione voleva dire rischiare la vita. E la salute. E per tali motivi non avrebbe dovuto essere coercitivamente obbligatoria.

La casa farmaceutica Pfizer negli scorsi giorni ha pubblicato un report, un corposo documento di circa 400 pagine, in cui ha elencato gli effetti avversi della vaccinazione anti covid-19 registrati sulla base delle segnalazioni spontanee dei danneggiati e dei medici. Si tratta della cosiddetta farmacovigilanza passiva, che si basa sulla spontaneità delle segnalazioni. La segnalazione spontanea dipende interamente dall’iniziativa e motivazione degli operatori sanitari o degli utilizzatori.  

I dati raccolti con questa metodica potrebbero essere dunque sottostimati, o perché gli operatori sanitari potrebbero avere non preso in considerazione i sintomi lamentati dal paziente, o per non aver voluto arbitrariamente messo in correlazione l’evento avverso con il vaccino oppure perché i pazienti stessi potrebbero essersi sentiti scoraggiati dal fare la segnalazione agli enti preposti per scarsa fiducia nel conseguente intervento. Oppure perché convinti da una martellante propaganda che il vaccino era assolutamente sicuro e non aveva alcun effetto collaterale.  

I dati, quindi, di una farmacovigilanza passiva sono anzitutto sottostimati rispetto alla realtà. Inoltre, il successo o il fallimento di qualsiasi attività di farmacovigilanza dipende dalla segnalazione di sospette reazioni avverse. Le metodiche applicate dalla farmacovigilanza sono destinate ad essere generatrici di ipotesi o di verifica delle ipotesi. I metodi, che generano ipotesi, hanno lo scopo ad esempio di rilevare le reazioni avverse inattese o l’aumento di frequenza di reazioni avverse attese, generando nuove informazioni che sono poi confermate dagli studi di verifica delle ipotesi, che servono a provare se i sospetti sollevati sono giustificati.  

Nel caso del Covid, tuttavia, ogni tentativo di formulare ipotesi e di sottoporle a verifica è stato sempre stroncato sul nascere. Eppure, c’erano dati su cui riflettere. Da un analogo report fatto lo scorso anno dall’Aifa, era emerso ad esempio, che l’età mediana delle persone in cui si è verificato un evento avverso è 48 anni. Un dato che rispecchia la preoccupante realtà percepita da molti operatori sanitari dei “malori improvvisi”, degli accessi aumentati al Pronto Soccorso e così via. Prove indiziarie su cui non è stata ancora avviata una seria inchiesta.  

Potrebbe essere la volta buona con questo rapporto che viene dalla casa farmaceutica stessa? Ci sarebbe da augurarselo. Scorrere il Report Pfizer, per chi avesse la pazienza di farlo, è come percorrere una vera e propria Via Dolorosa. Pagina dopo pagina scorrono i numeri con le decine di migliaia di eventi avversi, che riguardano praticamente tutti gli organi e gli apparati del corpo umano. Migliaia di patologie infiammatorie, tra cui le miocarditi e le pericarditi di cui ormai tra gli addetti agli lavori si parla apertamente di “epidemia”, ovviamente di origine misteriosa e inspiegabile.  

Scorri le pagine e dietro ai numeri pensi alle persone, a migliaia di vite compromesse. Che dire della voce “cecità”, che riguarda 970 persone? Uomini e donne che erano andate per proteggersi da un virus respiratorio definito- contro ogni evidenza epidemiologica – assolutamente incurabile e letale, e che ora hanno perso la vista? E che significa poi la voce “complicazioni in gravidanza” che riguarda quasi 700 donne? Che ne sarà stato del loro bambino?  

Le cifre scorrono asettiche e fredde, e ci descrivono un periodo di osservazione di sei mesi, dal 19 dicembre 2021 al 18 giugno 2022. Erano i mesi in cui la propaganda spingeva a tutta forza per la vaccinazione, e dopo le iniziali categorie a rischio (sanitari, forze dell’ordine, insegnanti fragili e anziani) si era arrivati alla vaccinazione universale, utilizzando a scopi persuasivi ogni mezzo.  

L’elenco del report, infine, ci conduce ad una cifra che non può non fermare l’attenzione in modo drammatico: i morti. Il report Pfizer parla di 3000 decessi. Non dai complottisti, non dai negazionisti viene questa cifra terribile, ma dal produttore stesso del vaccino. Tremila persone che erano sane, che facevano la loro vita normale, e che non ci sono più, che hanno lasciato nelle loro famiglie un vuoto doloroso, e come facilmente immaginabile, inspiegabile.  

Si può morire per molti motivi e molte cause, ma è possibile morire di prevenzione? Perdere la vita per aver voluto prevenire una malattia che aveva un tasso di letalità di poco più del 2%, e che avrebbe potuto essere ancora più basso con le cure adeguate? Ma un altro aspetto che fa veramente male, e che in realtà questi eventi avversi e queste morti erano di fatto state previste e messe in conto. Nella massa enorme di comunicazioni, di notizie, di battage propagandistico, ci fu nell’estate del 2021 una dichiarazione televisiva di Fabrizio Pregliasco, uno dei grandi protagonisti della pandemia mediatica. Pregliasco nel programma “Stasera Italia” con Tiziana Panella faceva questa affermazione: “Vedo come elemento favorente la vaccinazione perché la vaccinazione vuol dire rischiare la propria vita, perché la vaccinazione ha degli eventi avversi, molto limitati, però quando la facciamo lo facciamo in un’ottica di solidarietà e di opportunità per i nostri familiari fragili, ma anche per la comunità”.  

I dati del Report di Pfizer confermano ora che era proprio vero: la vaccinazione voleva dire rischiare la vita. E la salute. E per tali motivi non avrebbe dovuto essere obbligatoria, e coercitivamente obbligatoria. Ma colpiscono anche le motivazioni pseudo etiche e solidariste con cui si doveva andare a metterle a rischio: il bene della comunità. Era la versione laica della tristemente nota definizione vaticana: un atto d’amore. In realtà oggi le ricerche ci hanno dimostrato che questo “effetto protettivo” (ricordate l’Immunità di gregge?) non c’è stato. Alle persone accecate, o diventate cardiopatiche o neuropatiche o comunque danneggiate, non resta nemmeno questa consolazione di essere state private della salute per proteggere qualcun altro. Non sono martiri della solidarietà: sono vittime di danni collaterali.    

5686.- Green Pass globale: uno sviluppo nemico dell’uomo e dei diritti personali

Allora anche OMS e Ue sono nemici dell’uomo e dei diritti personali? Da qualunque parte si scelga di stare, quello che è certo è che la confusione la fa da sovrana e che il progresso non fa bene all’umanità.

Da Scenari economici. Di Guido da Landriano, 7 Giugno 2023

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che adotterà il  modello del passaporto vaccinale digitale COVID-19 dell’Unione Europea come parte di una nuova rete globale di certificati sanitari digitali. Un’evoluzione preoccupante verso un’identità digitale globale nemica dei diritti umani. 

In una dichiarazione del 5 giugno, l’OMS ha dichiarato di aver avviato una “partnership di riferimento per la salute digitale” con la Commissione Europea (CE), l’organo esecutivo dell’Unione Europea.

Denominato Global Digital Health Certification Network, il nuovo quadro di passaporti per i vaccini ha già attirato critiche, con il senatore australiano Alex Antic che ha affermato in una dichiarazione che la mossa è “solo un’altra teoria cospirativa che si sta avverando”.

I passaporti dei vaccini e varie altre forme di schemi di identità digitale sono stati criticati in quanto invasione della privacy e in quanto potenzialmente in grado di consentire a governi e aziende di costringere il comportamento umano, ad esempio negando l’accesso a infrastrutture o servizi.

L’OMS ha dichiarato in un comunicato che, nell’ambito della nuova iniziativa, “riprenderà il sistema di certificazione digitale COVID-19 dell’Unione Europea (UE) per istituire un sistema globale che contribuirà a facilitare la mobilità globale e a proteggere i cittadini di tutto il mondo dalle minacce sanitarie attuali e future”.

Il certificato vaccinale COVID-19 digitale dell’UE è entrato in vigore nel luglio 2021, con oltre 2,3 miliardi di certificati emessi. Doveva terminare la propria validità il 31 dicembre 2022, ma è stato prolungato sino al 2023, senza ragione.

Con l’affievolirsi della pandemia, l’uso dei passaporti vaccinali è stato limitato negli ultimi tempi e si è ulteriormente ridotto dopo che l’OMS ha recentemente dichiarato la fine della COVID-19 come emergenza sanitaria globale. Però lo strumento non è mai stato ufficialmente cancellato e rimane quindi come un potenziale strumento di controllo, fra l’altro con uno schema estendibile ad altri campi. Nulla vieta che, un domani, diventi anche applicabile ad altri settori.

Data la frenesia legata al controllo delle emissioni di CO2 cosa ne pensereste se domani fosse esteso, per esempio, al controllo dei vostri acquisti, magari con la teorica buona intenzione di controllare le emissioni di CO2? Un vero e proprio “Segno della bestia” da apocalisse di San Giovanni.

Uno sviluppo preoccupante?

La nuova iniziativa del passaporto vaccinale globale fa seguito a un accordo firmato nel dicembre 2022 dal Direttore generale dell’OMS Tedros Ghebreyesus e dalla Commissione europea per la salute e la sicurezza alimentare Stella Kyriakides, volto a rafforzare la collaborazione UE-OMS su un’ampia gamma di prodotti sanitari digitali.

“Oggi è un nuovo capitolo della cooperazione globale sulla salute digitale”, ha dichiarato Kyriakides in una dichiarazione sui social media.

“Contribuirà a porre l’OMS al centro della nostra architettura sanitaria globale”, ha aggiunto.

Ghebreyesus ha affermato in un comunicato che, “basandosi sulla rete di certificazione digitale di grande successo dell’UE, l’OMS intende offrire a tutti gli Stati membri dell’OMS l’accesso a uno strumento di salute digitale open-source”.

“I nuovi prodotti sanitari digitali in fase di sviluppo mirano ad aiutare le persone di tutto il mondo a ricevere servizi sanitari di qualità in modo rapido e più efficace”, ha aggiunto. Però con questa scusa li si tiene anche sotto stretto controllo.

5685.- Come funzionerà e a cosa servirà il green pass mondiale

Siamo stati educati alla democrazia e l’abbiamo permeata così profondamente che certe notizie non sono nemmeno lontanamente accettate come possibili.

  • Start Magazine, 6 Giugno 2023
Green Pass Mondiale

di Giulia Alfieri

L’Ue e l’Organizzazione mondiale della sanità hanno stretto un accordo che rende il green pass ideato per il Covid uno strumento di certificazione digitale con valore globale. Ma si tratta solo del primo passo verso il futuro della sanità digitale. Tutti i dettagli

Quando pensavamo che non avremmo mai più sentito le parole “green pass” è arrivato il “green pass mondiale”. Ieri infatti la Commissione europea e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) hanno siglato un accordo per la salute digitale, che mira a istituire un sistema di certificazione che “contribuirà a facilitare la mobilità globale e a proteggere i cittadini di tutto il mondo dalle minacce sanitarie attuali e future”, pandemie comprese.

L’Oms, nell’ambito di una strategia più ampia, adotterà dunque nel corso del mese di giugno il sistema di certificazione digitale dell’Unione europea elaborato durante il Covid.

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L’EVOLUZIONE DEL GREEN PASS

Nato prima di tutto per uniformare i diversi certificati che ogni Paese avrebbe avuto e per superare il problema del mancato riconoscimento transfrontaliero dei test, che complicava i viaggi all’interno dell’Ue, il green pass ora diventa un “passaporto” sanitario mondiale che facilita la mobilità non solo nell’Unione ma anche oltre i suoi confini.

Così come l’Ue ha rapidamente istituito certificati Covid interoperabili – denominati “Certificato Covid digitale Ue” o “Dcc Ue” – per semplificare e far riprendere dopo mesi di chiusura la libera circolazione all’interno dei suoi confini, l’intesa con l’Oms ha l’obiettivo di garantire la stessa libertà e sicurezza, ma a livello mondiale.

UN PRIMO PASSO VERSO LA SANITÀ DIGITALE

Fondato sulla strategia dell’Ue per la salute globale e sulla strategia globale degli Stati membri dell’Oms per la salute digitale, il partenariato su un green pass mondiale è il primo passo della Rete globale di certificazione digitale della salute (Gdhcn) dell’Oms, che svilupperà un’ampia gamma di prodotti digitali per garantire una salute migliore per tutti.

“Basandosi sulla rete di certificazione digitale di grande successo dell’Ue, l’Oms mira a offrire a tutti gli Stati membri dell’Oms l’accesso a uno strumento sanitario digitale open-source, che si basa sui principi di equità, innovazione, trasparenza, protezione dei dati e privacy”, ha affermato Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms.

L’iniziativa fa seguito all’accordo firmato il 2 dicembre scorso dalla commissaria europea per la Salute, Stella Kyriakides, e Ghebreyesus per rafforzare la cooperazione strategica sulle questioni di salute globale.

“La partnership è un passo importante per il piano d’azione digitale della strategia sanitaria globale dell’Ue. Utilizzando le migliori pratiche europee, contribuiamo agli standard sanitari digitali e all’interoperabilità a livello globale, a vantaggio dei più bisognosi”, ha aggiunto Kyriakides.

“È anche un potente esempio di come l’allineamento tra l’Ue e l’Oms possa garantire una salute migliore per tutti, nell’Ue e nel mondo. In qualità di autorità di direzione e coordinamento del lavoro sanitario internazionale – ha proseguito la commissaria -, non esiste partner migliore dell’Oms per portare avanti il lavoro che abbiamo avviato nell’Ue e sviluppare ulteriormente soluzioni sanitarie digitali globali”.

QUESTIONE DI PRIVACY

La collaborazione, che ha tra l’altro l’obiettivo di consentire al mondo di beneficiare della convergenza dei certificati digitali, include anche la definizione degli standard e la convalida delle firme digitali, per prevenire le frodi.

Come precisato nella nota stampa della Commissione Ue, “in questo modo, l’Oms non avrà accesso ai dati personali sottostanti, che continueranno a essere di dominio esclusivo dei governi”.

La partnership Ue-Oms lavorerà allo sviluppo tecnico del sistema con un approccio graduale che arrivi a coprire ulteriori casi d’uso, che possono includere, per esempio, la digitalizzazione del certificato internazionale di vaccinazione o profilassi.

“La cooperazione – afferma il comunicato – si basa su valori e principi condivisi di trasparenza e apertura, inclusione, responsabilità, protezione dei dati e privacy, sicurezza, scalabilità a livello globale ed equità”.

Soddisfazione anche da parte del commissario per il Mercato interno, Thierry Breton: “Con 80 paesi e territori collegati al certificato Covid-19 digitale dell’Ue, l’Unione europea ha fissato uno standard globale. Il certificato Ue non solo è stato uno strumento importante nella nostra lotta contro la pandemia, ma ha anche facilitato i viaggi e il turismo internazionali. Sono lieto che l’Oms si baserà sui principi di tutela della privacy e sulla tecnologia all’avanguardia del certificato Ue per creare uno strumento globale contro future pandemie”.

5683.- Nei laboratori di biosicurezza nascono i patogeni, ma i green pass digitali vi proteggeranno

“Homo homini lupus” disse Plauto. C’è un cancro nell’umanità che si alimenta attraverso il denaro. Per dominarci, ci sorveglierà ovunque. Le tecnologie di sorveglianza applicate all’ingegneria sociale, come in Cina, saranno completate in Europa con i passaporti vaccinali digitali. Con questi nuovi green pass, il Deep State globale, sicuramente, faciliterà anche i viaggi, ma quando, dove e di chi diranno loro. In barba alle costituzioni, i cittadini privi di passaporti vaccinali digitali saranno sostanzialmente segregati dalla società, oppure, saranno rieducati e costretti a sottoporsi ai vaccini. 

L’OMS e l’UE annunciano una partnership per la creazione di un “sistema globale” di passaporti vaccinali digitali

Di Wanda Massa, dal Blog di Sabino Paciolla, 7 Giugno 2023

Secondo l’OMS, il sistema digitale “contribuirà a facilitare la mobilità globale e a proteggere i cittadini di tutto il mondo dalle minacce sanitarie attuali e future, comprese le pandemie”.

Nonostante i fatti abbiamo ampiamente dimostrato l’inefficacia del greenpass e delle conseguenti misure coercitive (si veda il rapporto INAIL 2023 e l’articolo pubblicato su La Verità) l’agenda 2030 (coi suoi obiettivi di digitalizzazione, controllo globale, vaccinazione di massa…) prosegue inarrestabile.

Di seguito, nella mia traduzione, l’articolo di Andreas Wailzer, pubblicato il 5 giugno 2023 su LifeSiteNews.

Roma, Green Pass: controlli all'ingresso del Colosseo

 

L’Organizzazione mondiale della sanità e l’Unione europea hanno annunciato la loro collaborazione sul passaporto vaccinale digitale globale in una conferenza stampa congiunta a Ginevra il 5 giugno.

Nel giugno 2023, l’OMS riprenderà il sistema di certificazione digitale COVID-19 dell’Unione Europea (UE) per creare un sistema globale che contribuirà a facilitare la mobilità mondiale e a proteggere i cittadini di tutto il mondo dalle minacce sanitarie attuali e future, comprese le pandemie“, si legge nel comunicato stampa dell’OMS.

Questo è il primo tassello della Rete globale di certificazione della salute digitale (GDHCN) dell’OMS, che svilupperà un’ampia gamma di prodotti digitali per garantire una salute migliore per tutti“.

La pandemia COVID-19 ha evidenziato il valore delle soluzioni sanitarie digitali nel facilitare l’accesso ai servizi sanitari“, ha dichiarato il direttore generale dell’OMS Tedros Ghebreyesus durante la conferenza stampa. “Anche se la fase di emergenza della pandemia COVID-19 è ormai terminata, gli investimenti nelle infrastrutture digitali rimangono una risorsa importante per i sistemi sanitari e per le economie e le società in generale“.

L’OMS ha dichiarato che utilizzerà il “Certificato digitale COVID dell’UE” come modello per istituire un certificato sanitario digitale globale. 

Uno degli elementi chiave del lavoro dell’Unione Europea contro la pandemia COVID-19 è stato il certificato COVID-19 digitale. Per facilitare la libera circolazione all’interno dei suoi confini, l’UE ha rapidamente istituito certificati COVID-19 interoperabili (denominati ‘Certificato digitale COVID-19 dell’UE’ o ‘DCC dell’UE’)“, si legge nel comunicato stampa dell’OMS.

Con questa collaborazione, l’OMS faciliterà questo processo a livello globale sotto la propria struttura, con l’obiettivo di consentire al mondo di beneficiare della convergenza dei certificati digitali“.

Durante l’apice della crisi del Covid, il certificato digitale COVID dell’UE ha fatto sì che i cittadini dell’UE potessero viaggiare in altri Stati membri solo se avessero fornito la prova della vaccinazione, della guarigione o di un recente test COVID negativo. In alcuni Paesi dell’UE, come l’Austria, i cittadini venivano sostanzialmente segregati dalla società se si rifiutavano di sottoporsi alle iniezioni di COVID. 

Questa partnership è un passo importante per il piano d’azione digitale della strategia dell’UE per la salute globale“, ha dichiarato Stella Kyriakides, commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare. 

Utilizzando le migliori pratiche europee, contribuiamo agli standard di salute digitale e all’interoperabilità a livello globale, a beneficio di coloro che ne hanno più bisogno. È anche un esempio efficace di come l’allineamento tra l’UE e l’OMS possa garantire una salute migliore per tutti, nell’UE e nel mondo“, ha proseguito.

In quanto autorità di direzione e coordinamento del lavoro sanitario internazionale, non c’è partner migliore dell’OMS per portare avanti il lavoro iniziato nell’UE e sviluppare ulteriormente le soluzioni sanitarie digitali globali“.

Il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, ha aggiunto che “il certificato dell’UE non solo è stato uno strumento importante nella nostra lotta contro la pandemia, ma ha anche facilitato i viaggi e il turismo internazionali” e che l’espansione del passaporto vaccinale digitale dell’OMS sarà “uno strumento globale contro le future pandemie“. 

Il primo blocco del sistema globale dell’OMS diventerà operativo nel giugno 2023 e sarà progressivamente sviluppato nei prossimi mesi“, si legge nel comunicato stampa dell’OMS.

L’OMS ha sottolineato che “non avrà accesso ai dati personali sottostanti, che continueranno a essere di dominio esclusivo dei governi“.

Questa partnership opererà per sviluppare tecnicamente il sistema dell’OMS con un approccio graduale per coprire ulteriori casi d’uso, che potrebbero includere, ad esempio, la digitalizzazione del certificato internazionale di vaccinazione o profilassi“, ha annunciato l’OMS. “L’espansione di queste soluzioni digitali sarà essenziale per garantire una salute migliore ai cittadini di tutto il mondo“.

La cooperazione tra l’UE e l’OMS mira a “incoraggiare la massima adozione e partecipazione globale” al certificato sanitario digitale.

Particolare attenzione sarà prestata alle opportunità di partecipazione di coloro che ne hanno più bisogno: i Paesi a basso e medio reddito“.

Il passaporto vaccinale digitale globale è da tempo nell’agenda dell’OMS. Nel febbraio 2022, l’agenzia ha incaricato T-Systems, una filiale di Deutsche Telekom, di sviluppare un sistema di passaporto vaccinale digitale globale.

Con il nuovo trattato sulle pandemie e gli emendamenti al Regolamento Sanitario Internazionale (RSI), se saranno approvati nel 2024 come previsto, l’OMS potrebbe essere “costituita come organo di governo de facto per il Deep State globale“, ha dichiarato il Dr. Joseph Mercola.

5601.- Lo squallido teatrino dei potenti

Dal blog di Sabino Paciolla, di Leonardo Guerra| Maggio 5th, 2023

il grande fratello regime tirannia elite élite

L’intera faccenda Covid-19 non ha mai avuto nulla a che fare con la difesa della salute pubblica, anzi. Ha sempre e solo puntato, invece, a contribuire alla trasformazione delle persone e della società, indebolendole su tutti i piani. L’essere umano secondo i potenti del mondo deve diventare un “cespite tracciabile” in modalità digitale, un QR code, e la società una massa controllabile e malleabile. 

Per raggiungere tale scopo, la quasi totalità dei politici, dei giornalisti e molti scienziati, dottori, professori, giudici ecc. si sono allineati, hanno mentito e continueranno a farlo, interessati esclusivamente al loro personale tornaconto, alla carriera, ai vantaggi materiali, a scapito della vita delle altre persone. 

Il bene è stato trasformato in male, e il male è stato trasformato in bene. Sono arrivati al punto di chiederci di: “non credere ai nostri stessi occhi, ma solo a loro…”

Con la guerra al virus, ai Russi, al climate change ci vogliono abituare ad avere sempre un nemico da combattere in modo eterodiretto e a rinunciare costantemente alla verità.

Siamo di fronte ad una trasformazione antropologica della nostra società e civiltà, programmata. 

Il senso di comunità, in cui tutti contribuivano al benessere di tutti, è stato sradicato. Siamo precipitati in un “tecno-feudalesimo” imbevuto d’individualismo tecnocratico e materialismo nichilista. 

Le persone progressivamente svuotate dall’interno della consistenza, della struttura e dell’identità costitutive dell’essere umano. Hanno tramato alle nostre spalle per decenni per recidere le nostre radici socio-culturali (greco-romane) e religiose (cristiane). Cancellare Dio nel cuore degli uomini, il significato e lo scopo della vita su questa terra. Il conseguente vuoto generato nelle persone è stato prontamente riempito dai valori dell’individualismo, del materialismo e del consumismo nichilista.  

Per molti di questi potenti italiani si tratta di un meccanismo subconscio guidato da una mente e una ragione rese totalmente materiali, con una consapevolezza e una coscienza ancorate e confinate stabilmente nel tronco encefalico (parte ancestrale del nostro cervello, che governa gli istinti più bassi e primordiali: avidità, paura, competizione per la sopravvivenza, ecc. ecc.). Così si sono trasformati da subito in complici di questa élite globalista, i nostri carnefici. Adesso accusano e accuseranno sempre fino all’ultimo (anche di fronte a fatti oggettivi inconfutabili) tutti coloro che dicono e diranno la verità di essere “truffatori” per coprire la loro vera cifra morale ed etica, quando esposti al confronto e al controllo pubblico. 

Con che sfrontatezza hanno potuto e possono continuare a farlo? Sono purtroppo legittimati dall’immobilismo e dalla mancanza di coraggio nella maggioranza della popolazione italiana. 

Cosa serve quindi per far cambiare rapidamente una situazione così complessa ed in apparenza irrisolvibile? 

Serve un recupero urgente di consapevolezza e di ragione umana sul piano individuale, in tutte le persone di buona volontà. Il risveglio del coraggio e dell’agire per ciò che è giusto fino a raggiungere una quota nella popolazione tale da opporsi in modo efficace ai loro piani disumani e far capire loro chiaramente che “l’incantesimo malefico” è finito e che devono prepararsi a rispondere dei loro comportamenti, non solo davanti a Dio.

5469.- Dal Metodo Di Bella a quello Stamina: la chiarezza prima di tutto 

Dall’AIFA Agenzia Italiana del Farmaco

La libertà di scelta della cura presuppone che si tratti di autentica cura e che sia scientificamente testata. L’Agenzia Italiana del Farmaco non solo sostiene con forza ogni iniziativa che abbia realmente e concretamente lo scopo di tutelare i cittadini, ma loda la posizione perfettamente articolata e scientificamente motivata presa dalla Commissione Regionale per il Prontuario Terapeutico della Sicilia in merito al disegno di legge parlamentare della Regione siciliana, secondo cui “sarebbe necessario assicurare il sostegno economico ai pazienti oncologici trattati con il “metodo Di Bella” residenti in Sicilia, che versino in condizioni di disagio economico”.

L’AIFA è infatti convinta che, pur nel rispetto delle autonomie decisionali delle singole Istituzioni, le risorse economiche e culturali che riguardano la salute e le terapie farmacologiche dovrebbero essere investite in modo razionale e giustificato da evidenze mediche.  Lo stanziamento di fondi, che nel caso specifico ammonterebbe a 5 milioni di euro, non può e non deve infatti inseguire pressioni emotive o mediatiche che fanno dei cittadini, in questo caso addirittura di coloro che vivono situazioni di disagio economico, prede di decisioni che provano a sconfessare la scienza a totale discapito del Servizio Sanitario Nazionale o Regionale.

Il parere espresso dalla Commissione Regionale per il Prontuario, oltre a essere meritorio di grande attenzione, deve anche rappresentare lo spunto per riflettere sulla pericolosa tendenza a semplificare temi delicati, come quelli che riguardano la salute, al rango di sfide tra tifoserie. La Commissione ha infatti evidenziato che la rimborsabilità della cura “rappresenta un’inutile spesa per il Sistema Sanitario Siciliano”, che “non esistono ragioni di carattere scientifico per cui un medico in scienza e coscienza possa prescrivere una terapia come il metodo Di Bella, “non solo inefficace ma anche nociva per i pazienti”, ma soprattutto che “prescrivere il MDB è un comportamento ingannevole nei confronti dei pazienti”. 
Parliamo quindi di spese inutili che graverebbero inutilmente sull’SSN senza dare benefici, di assenza di validità scientifica, di raggiro dei pazienti. Se la storia, poi, come pensiamo, ci insegna qualcosa, è allora obbligatorio ricordare che all’epoca, la pressione popolare, l’attenzione mediatica e le proteste portarono il Ministro della Sanità ad autorizzare, attraverso un provvedimento urgente, una sperimentazione “forzata” di fase II del cosiddetto metodo di Bella, a carico del Servizio Sanitario Nazionale che ne decretò l’inefficacia. Situazioni che, tristemente, riecheggiano nelle cronache di questo ultimo anno e mezzo con la vicenda Stamina.

L’AIFA sostiene altresì la Società Italiana di Farmacologia che si è espressa attraverso un proprio Position Paper sull’argomento. La SIF, testualmente, “esprime ferma opposizione ad ogni forma di trattamento che non risponda ai seguenti requisiti:- un forte razionale scientifico preclinico;- una caratterizzazione scrupolosa dei principi attivi o componenti cellulari che vengono somministrati;- una valutazione accurata del rischio/beneficio preliminarmente ad ogni sperimentazione clinica – l’esito positivo di una sperimentazione controllata randomizzata e in cieco che, con il suo valore prospettico, dimostri il valore scientifico dei trattamenti”.
Il Metodo Di Bella riuscì comunque a diventare, nonostante l’unanimità dei pareri negativi espressi da tutte le Autorità competenti, l’emblema della “libertà di cura”, nella sua accezione peggiore ovvero deresponsabilizzata, demagogica e disinformata. 
Pochi giorni fa il giornalista Corrado Formigli, durante la trasmissione “TvTalk” ha affermato: “Io me ne sono occupato personalmente, allora lavoravo con Santoro. Ho intervistato il prof. Di Bella, ho fatto delle inchieste sui malati, sono andato a Modena a raccontare la fila dei malati di cancro che facevano questo viaggio della speranza e aspettavano di essere ricevuti dal prof. Di Bella. Allora noi facemmo diverse puntate chiedendo che ci fosse libertà di sperimentazione. E poi devo dire che mi sono un po’ vergognato, lo confesso, di aver aderito troppo, di essere cascato nella trappola della propaganda dei Di Bella e di essere stato forse un po’ affrettato e superficiale”.
Un mea culpa importante che sottolinea da un lato la difficoltà di raccontare contenuti complessi senza cadere in facili, e troppo spesso comodi, luoghi comuni e dall’altro la necessità di comunicare la scienza con rigore.
Ci piace pensare alla libertà, che sia di espressione, di stampa o di cura, come emancipazione, progresso, avanzamento; pensiamo di dover tutelare i pazienti sul piano scientifico con rigore e disciplina perché la medicina è una scienza empirica che deve tuttavia produrre dei dati e dei risultati efficaci e attendibili. Questa tutela si estende anche al campo morale perché la credibilità delle Istituzioni si misura talvolta attraverso decisioni che, sebbene possano sembrare difficili da capire, sono sempre prese per proteggere tutti i cittadini, senza distinzioni economiche, sociali o geografiche.

5460.- La protezione indotta dall’immunità naturale dopo la COVID-19 sembra paragonabile o superiore a quella indotta dalla vaccinazione anti-SARS-CoV-25460.-

Di Sabino Paciolla|Ottobre 26th, 2022

Studio condotto da vari autori tra cui il dott. Alberto Donzelli. La ricerca è stata pubblicata su Journal of Clinical Medicine. Ecco il Sommario nella mia traduzione. 

immunità naturale corpo uomo virus

Scenario: Sia l’immunità naturale che quella indotta dal vaccino contro la COVID-19 possono essere utili per ridurre la mortalità/morbidità di questa malattia, ma esistono ancora molte controversie.

Obiettivi: questa revisione narrativa analizza la letteratura riguardante questi due processi immunitari e più specificamente: (a) la durata dell’immunità naturale; (b) l’immunità cellulare; (c) la reattività crociata; (d) la durata della protezione immunitaria post-vaccinazione; (e) la probabilità di reinfezione e le sue manifestazioni cliniche nei pazienti guariti; (f) il confronto tra vaccinati e non vaccinati per quanto riguarda le possibili reinfezioni; (g) il ruolo dell’immunità ibrida; (h) l’efficacia dell’immunità naturale e di quella indotta dal vaccino contro la variante Omicron; (i) l’incidenza comparativa degli effetti avversi dopo la vaccinazione nei soggetti guariti rispetto a quelli che non sono stati vaccinati. COVID-19-naïve.

Materiali e metodi: attraverso diversi motori di ricerca abbiamo esaminato la letteratura COVID-19 relativa agli obiettivi della revisione, pubblicata da aprile 2020 a luglio 2022, includendo anche gli articoli precedenti pertinenti agli argomenti indagati.

Risultati: sono stati raccolti quasi 900 studi e sono stati inclusi 246 articoli pertinenti. È stato evidenziato che la stragrande maggioranza degli individui colpiti da COVID-19 sviluppa un’immunità naturale sia di tipo cellulo-mediato che umorale, che è efficace nel tempo e fornisce protezione sia contro la reinfezione che contro la malattia grave. È stato dimostrato che l’immunità indotta dal vaccino decade più rapidamente di quella naturale. In generale, la gravità dei sintomi della reinfezione è significativamente inferiore a quella dell’infezione primaria, con un grado di ospedalizzazione inferiore (0,06%) e una mortalità estremamente bassa.

Conclusioni: questa ampia revisione narrativa relativa a un vasto numero di articoli ha evidenziato la valida protezione indotta dall’immunità naturale dopo la COVID-19, che sembra paragonabile o superiore a quella indotta dalla vaccinazione anti-SARS-CoV-2. Di conseguenza, la vaccinazione dei soggetti non vaccinati guariti dalla COVID-19 potrebbe non essere indicata. Sono necessarie ulteriori ricerche per: (a) misurare la durata dell’immunità nel tempo; (b) valutare sia l’impatto di Omicron BA.5 sui soggetti vaccinati e guariti sia il ruolo dell’immunità ibrida.

5455.- La proteina Spike compromette il sistema immunitario in milioni di persone dopo l’infezione o la vaccinazione COVID: Ecco come trattarla

Il ministero della salute tace.

Di Sabino Paciolla|Ottobre 25th, 2022

Le proteine spike causano infiammazione, disattivano la risposta dell’interferone di tipo 1 e riducono l’autofagia, tra le altre cose, il che porta a una squilibrio del sistema immunitario. Di seguito rilancio un interessante articolo scritto da Marina Zhang e pubblicato su The Epoch Times, una rivista che merita l’abbonamento. Ecco l’articolo nella mia traduzione. 

dottor Paul Marik, cofondatore e responsabile scientifico della FLCCC
dottor Paul Marik, cofondatore e responsabile scientifico della FLCCC


Numerosi studi hanno dimostrato che la proteina spike del SARS-CoV-2 è una proteina altamente tossica e infiammatoria, in grado di causare patologie nei suoi ospiti.

La presenza della proteina spike è stata fortemente correlata al long COVID e a sintomi post-vaccinali. Gli studi hanno dimostrato che le proteine spike sono spesso presenti in pazienti sintomatici, a volte anche mesi dopo le infezioni o le vaccinazioni.

Il numero di casi di long COVID e di sintomi post-vaccinali è in aumento negli Stati Uniti, rappresentando sempre più un problema sanitario.

dati dei Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) stimano che circa il 7% degli americani stia attualmente sperimentando i sintomi del long COVID, ovvero oltre 15 milioni di persone. Alcune persone affette da long COVID sono state così debilitate da non poter andare al lavoro, e lo stesso è stato riportato nelle persone che hanno manifestato sintomi post-vaccinali.

Oltre 880.000 eventi avversi sono stati segnalati al database del Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS) per possibili sintomi post-COVID.

Tuttavia, gli statistici sostengono che il numero di persone che soffrono di sindromi post-vaccino è molto più alto.

La biologa molecolare canadese Jessica Rose ha stimato un fattore di sotto-segnalazione pari a 31, che porta a stimare che più di 27 milioni di americani potrebbero aver sofferto di eventi avversi in seguito alla vaccinazione.

“I danneggiati da vaccino sono tantissimi”, ha dichiarato il dottor Pierre Kory il 15 ottobre alla conferenza della Front Line COVID-19 Critical Care Alliance (FLCCC).

“I numeri sono enormi… sono sottoserviti e le loro esigenze non vengono soddisfatte”.

Tuttavia, molti medici stanno cercando di cambiare questa situazione. La FLCCC è stata all’avanguardia nel trattamento della COVID-19, della long COVID e dei sintomi post-vaccinali.

Non sono stati condotti studi su larga scala sul trattamento dei sintomi post-vaccinali. Sulla base di osservazioni cliniche, feedback dei pazienti e ricerche approfondite, la FLCCC ha pubblicato le sue raccomandazioni aggiornate sul trattamento.

Il cofondatore e responsabile scientifico della FLCCC, il dottor Paul Marik, ha dichiarato a The Epoch Times che le raccomandazioni sono sempre soggette a modifiche in base al feedback dei pazienti e alla ricerca su una nuova opzione terapeutica.

Tuttavia, per comprendere le opzioni terapeutiche, è necessario innanzitutto capire come la proteina spike stia causando il danno.

Patologia delle proteine spike

La long COVID e la sindrome post-vaccinale condividono un elevato grado di sovrapposizione, poiché le due patologie sono state entrambe collegate alla presenza a lungo termine di proteine spike, e anche i sintomi sono spesso simili.

“Il problema principale della sindrome post-vaccino è la ‘disregolazione immunitaria’ cronica”, ha detto Marik alla conferenza FLCCC.

Le proteine spike possono causare un’infiammazione cronica. Gli studi hanno dimostrato che l’infiammazione può portare a stress, danni e persino alla morte delle cellule. Le cellule costituiscono i tessuti, i diversi tessuti formano gli organi e gli organi fanno parte dei nostri sistemi fisiologici. Pertanto, le lesioni da proteine spike sono una sindrome sistemica.

Le proteine spike innescano l’infiammazione cronica causando una disregolazione immunitaria. Le proteine spike entrano nelle cellule immunitarie, disattivano le normali risposte immunitarie e innescano invece percorsi pro-infiammatori.

La normale risposta immunitaria delle cellule immunitarie infette consiste nel rilascio di interferoni di tipo 1, che forniscono segnali alle altre cellule immunitarie per migliorare la difesa contro le particelle virali. Ma la proteina spike riduce questa segnalazione nelle cellule infette, e anche le cellule non infette assorbono e vengono danneggiate dalla proteina spike quando l’infezione va fuori controllo.

Marik ha detto che un aspetto critico del danno a lungo termine della proteina spike è che inibisce l’autofagia, il modo in cui l’organismo ricicla le cellule danneggiate. Di solito, quando le cellule sono state infettate da particelle virali, cercano di scomporre queste particelle e di eliminarle come rifiuti.

Tuttavia, gli studi sui virus della SARS-CoV-2 hanno dimostrato che i processi di autofagia sono ridotti nei pazienti infetti e le proteine spike sono presenti molti mesi dopo l’esposizione iniziale.

“La proteina spike è una proteina davvero malvagia”, ha detto Marik. “Disattiva l’autofagia, ecco perché la spike può rimanere nelle cellule per un tempo così lungo”.

Disfunzione delle cellule immunitarie

La disfunzione immunitaria causata dalle proteine spike non solo provoca infiammazione, ma può anche contribuire alla proliferazione del cancro e all’autoimmunità.

Gli studi hanno dimostrato che le proteine spike possono ridurre ed esaurire l’azione delle cellule T e natural killer. Questi due tipi di cellule sono responsabili dell’uccisione di cellule infette e cancerose. Pertanto, una riduzione dell’immunità cellulare da parte delle cellule T e natural killer può contribuire a un’eliminazione intempestiva delle cellule infette da spike.

I danni causati dalle proteine spike possono portare al danneggiamento del DNA e gli studi hanno dimostrato che le proteine spike possono anche ridurre la riparazione del DNA. Lo stress psicologico e ambientale, come la luce ultravioletta, gli inquinanti, gli ossidanti e molti altri fattori, possono danneggiare abitualmente il DNA, richiedendo una riparazione costante.

Il DNA danneggiato espone le cellule al rischio di diventare cancerose, e queste cellule dovrebbero essere uccise per prevenire la formazione del cancro. Tuttavia, con una riduzione dell’attività delle cellule T e natural killer, ciò può portare a una proliferazione incontrollata di cellule potenzialmente cancerose.

Altre disfunzioni segnalate in seguito alle vaccinazioni sono le malattie autoimmuni.

Queste malattie possono essere legate al fatto che le proteine spike hanno un alto livello di mimetismo molecolare, cioè le proteine spike hanno molte regioni simili ad altre proteine del corpo umano.

Quando il sistema immunitario attacca la proteina spike, a causa delle somiglianze strutturali, gli anticorpi prodotti contro le regioni della proteina spike possono reagire anche contro le proteine e i tessuti dell’organismo. Alcuni studi hanno dimostrato che gli anticorpi prodotti contro la proteina spike possono anche legarsi ai tessuti dell’organismo e attaccarli.

La proteina spike causa stanchezza

La proteina spike è anche collegata alla disfunzione dei mitocondri. Conosciuti come la centrale elettrica della cellula, i mitocondri hanno il compito di ricavare energia dagli zuccheri che ingeriamo.

È stato dimostrato che le cellule neurali umane trattate con la proteina spike producono più specie reattive dell’ossigeno, il che è indice di disfunzione mitocondriale e suggerisce una possibile riduzione della produzione di energia.

Le persone affette da sindromi di long COVID e post-vaccino spesso accusano stanchezza cronica, nebbia cerebrale, intolleranza all’esercizio fisico e debolezza muscolare. Questi sintomi si riscontrano spesso anche nelle persone con disfunzione mitocondriale, il che indica un possibile collegamento.

Danno delle proteine spike ai vasi sanguigni e agli organi

Le proteine spike hanno dimostrato di essere particolarmente dannose per le cellule che rivestono i vasi sanguigni. Le proteine spike possono legarsi ai recettori ACE2 e CD147 e innescare percorsi infiammatori.

Questi recettori sono particolarmente abbondanti nelle cellule dei vasi sanguigni, del cuore, del sistema immunitario, delle ovaie e di molte altre aree. Le proteine spike possono quindi innescare l’infiammazione e il danno nei vasi sanguigni e negli organi correlati, portando a un danno sistemico.

Marik ha affermato che la lesione da proteina spike è più vicina a una sindrome sistemica che a una malattia.

“Non è una malattia. Non rientra nel modello tradizionale di malattia. Si tratta di una sindrome che colpisce ogni singolo organo… la spike va dappertutto… quindi si tratta di una malattia multisistemica e non segue il paradigma tradizionale di una malattia che è un sintomo, una diagnosi”.

Trattamenti di prima linea della FLCCC

Poiché la long COVID e i sintomi post-vaccinali sono entrambi associati alla presenza della proteina spike, i trattamenti di prima linea raccomandati dalla FLCCC si concentrano su due fasi principali.

La prima fase consiste nel rimuovere la proteina spike, la seconda nel ridurne la tossicità.

L’organismo guarirà poi da solo, e questo è “l’obiettivo primario del trattamento”, ha detto Marik.

La maggior parte dei trattamenti di prima linea si è concentrata sull’eliminazione della proteina spike riattivando l’autofagia, un processo che viene downregolato dalla proteina spike.

Lo stile di vita può stimolare l’autofagia attraverso il digiuno intermittente e la fotobiomodulazione. La fotobiomodulazione può essere effettuata esponendosi al sole, poiché la luce solare contiene raggi infrarossi che stimolano l’autofagia nelle cellule.

Il digiuno intermittente può portare a molteplici benefici per la salute, tra cui il miglioramento della sensibilità all’insulina, la perdita di peso, la riduzione dell’infiammazione e dell’autoimmunità e molto altro.

Tuttavia, va notato che il digiuno intermittente non è raccomandato per le persone di età inferiore ai 18 anni, in quanto può impedire la crescita. Anche alle donne in gravidanza e in allattamento è sconsigliato il digiuno intermittente. Si raccomanda inoltre alle persone affette da diabete e malattie renali di consultare il proprio medico di base prima di prendere in considerazione il digiuno intermittente.

Sebbene il digiuno intermittente non sia adatto a tutti, esistono altre opzioni terapeutiche in grado di stimolare l’autofagia e ridurre la tossicità delle proteine spike.

Ivermectina

L’ivermectina è stata altamente raccomandata dalla FLCCC e da molti medici che trattano la COVID, la long COVID e la sindrome post-vaccinale, sulla base del fatto che è poco costosa, altamente accessibile, ha un elevato profilo di sicurezza e un alto tasso di risposta.

Il farmaco è altamente dinamico ed è stato anche documentato con una varietà di funzioni: antivirale, antiparassitaria, antinfiammatoria, e aumenta anche l’autofagia.

L’ivermectina può contribuire alla rimozione delle proteine spike. Gli studi hanno dimostrato che l’ivermectina ha una maggiore affinità per la proteina spike e si lega alle sue regioni, neutralizzandola e immobilizzandola in modo efficace per la distruzione.

Inoltre, l’ivermectina si oppone direttamente alle vie pro-infiammatorie innescate dalla proteina spike, tra cui la via NF-KB che attiva le citochine infiammatorie e il recettore 4 toll-like.

I medici della FLCCC ritengono che l’ivermectina e il digiuno intermittente possano agire “sinergicamente” per eliminare la proteina spike dall’organismo e raccomandano di assumere l’ivermectina con o subito dopo un pasto.

L’ivermectina è anche in grado di legarsi all’ACE2 e al CD147, bloccando così l’ingresso della proteina spike e scatenando l’infiammazione nelle cellule che presentano questi recettori. Gli studi hanno anche dimostrato che l’ivermectina può mantenere l’energia prodotta dai mitocondri anche in condizioni di scarso ossigeno.

Kory ha dichiarato che circa il 70-90% dei suoi pazienti affetti da sindrome post-vaccino risponde al farmaco, generalmente entro 10 giorni.

“I pazienti possono essere classificati come rispondenti o non rispondenti all’ivermectina… i non rispondenti sono in realtà un gruppo di pazienti più difficili da trattare”, ha detto Marik.

Ai pazienti che non rispondono, tipicamente dopo quattro-sei settimane di trattamento, viene raccomandato un trattamento più aggressivo.

In caso di sovradosaggio, l’ivermectina può causare confusione, disorientamento e forse anche la morte. Tuttavia, il farmaco ha un elevato profilo di sicurezza se usato in dosi ragionevoli. La letteratura sull’uso del farmaco nelle donne in gravidanza è scarsa, pertanto la FLCCC ne sconsiglia l’uso durante la gravidanza.

“L’ivermectina si è sempre dimostrata sorprendentemente sicura per l’uso umano”, ha scritto il dottor Satoshi Ohmura, lo scopritore dell’ivermectina, nello studio di cui è coautore.

“In effetti, è un farmaco talmente sicuro, con effetti collaterali minimi, che può essere somministrato da personale non medico e persino da individui analfabeti in comunità rurali remote, a condizione che abbiano ricevuto una formazione di base adeguata”.

Naltrexone a basso dosaggio

Il naltrexone a basso dosaggio (LDN) ha fatto recentemente notizia come opzione per il trattamento COVID a lungo termine.

“Lo stiamo usando da molti, molti mesi”, ha detto Marik. “Il naltrexone a basso dosaggio è un farmaco antinfiammatorio molto potente. È stato utilizzato in molte malattie infiammatorie croniche”.

Dal punto di vista clinico, i medici della FLCCC hanno riscontrato un miglioramento dei sintomi di molti pazienti in seguito al trattamento con LDN, anche se possono essere necessari mesi prima che i benefici siano chiaramente visibili.

Il naltrexone normale è comunemente usato per prevenire l’overdose nei consumatori di stupefacenti. Tuttavia, quando viene ridotto a circa un decimo della sua concentrazione normale, da 1 mg a 4,5 mg nell’LDN, il meccanismo del farmaco cambia radicalmente.

L’LDN ha un effetto antinfiammatorio; gli studi dimostrano che è in grado di bloccare i recettori infiammatori toll-like, ridurre la produzione di citochine pro-infiammatorie e bloccare le cascate infiammatorie.

La LDN agisce bilanciando l’attività delle citochine di tipo Th1 e Th2.

Le citochine di tipo Th1 tendono a produrre una risposta pro-infiammatoria per uccidere i parassiti intracellulari e favorire le attività autoimmuni. Le citochine di tipo Th2 hanno in genere un’attività antinfiammatoria e possono contrastare l’attività delle citochine Th1.

La LDN modula selettivamente questo equilibrio, riducendo l’attività dei Th1 e aumentando quella delle citochine Th2.

Clinicamente, la LDN ha dimostrato di essere efficace contro i sintomi neurologici post-COVID e post-vaccino. La FLCCC ha stabilito che è efficace contro il dolore neuropatico, la nebbia cerebrale, l’affaticamento, la paralisi di Bell e la parestesia facciale.

Questo perché la LDN riduce anche la neuroinfiammazione. È neuroprotettiva ed è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica e di ridurre le azioni infiammatorie della microglia, che funge da cellula immunitaria nel cervello.

Il resveratrolo

Il resveratrolo è un nutraceutico comunemente presente nella frutta. Si trova nelle arachidi, nei pistacchi, nell’uva, nel vino rosso e bianco, nei mirtilli, nei mirtilli rossi e persino nel cacao e nel cioccolato fondente.

Può essere ottenuto anche attraverso le vitamine, anche se la biodisponibilità del resveratrolo è generalmente bassa, per cui la FLCCC ne raccomanda l’assunzione insieme alla quercetina.

Il resveratrolo è antinfiammatorio e antiossidante. Gli studi hanno dimostrato che è selettivo nell’uccidere le cellule tumorali. Attiva le vie di riparazione del DNA e quindi può ridurre lo stress cellulare e prevenire la formazione di cellule cancerose.

Nelle cellule stressate, il resveratrolo può ridurre le specie reattive dell’ossigeno prodotte dai mitocondri e promuovere l’autofagia. Negli studi condotti sugli animali, sui moscerini della frutta e sui nematodi, l’uso del resveratrolo ha aumentato la loro durata di vita, indicando le proprietà anti-invecchiamento e di prolungamento della vita di questa molecola.

Aspirina a basso dosaggio

Come l’ivermectina, anche l’aspirina è un altro farmaco che ha dimostrato di avere molteplici effetti sulla salute.

L’aspirina è un antinfiammatorio e un anticoagulante. Il farmaco riduce quindi la possibilità di formazione di microcoaguli nei vasi sanguigni. Gli studi hanno dimostrato che può anche ridurre le vie pro-infiammatorie, lo stress ossidativo ed è anche neuroprotettiva.

La compromissione neurocognitiva è stata una delle principali lamentele di molte persone affette da sindromi post vaccino COVID. Ciò include nebbia cerebrale e dolore neuropatico periferico.

Studi su pazienti affetti da malattia di Alzheimer hanno dimostrato che l’assunzione di aspirina è associata a un rallentamento del declino cognitivo, anche se i risultati sono stati contrastanti tra i diversi studi.

Gli studi sugli animali hanno dimostrato che i ratti a cui è stata somministrata l’aspirina hanno avuto un declino cognitivo inferiore. Studi condotti su ratti con nervi danneggiati hanno suggerito che l’aspirina potrebbe anche essere neuroprotettiva grazie alla sua natura antinfiammatoria.

L’uso dell’aspirina può causare effetti collaterali in gravidanza, come emorragie.

La melatonina

La melatonina è un ormone prodotto dalla ghiandola pineale per favorire un sonno ristoratore. Ha proprietà antinfiammatorie e antiossidanti.

Nelle cellule, la melatonina promuove la salute dei mitocondri riducendo le specie attive dell’ossigeno. Poiché i mitocondri utilizzano molto ossigeno, quando sono stressati da tossine ambientali come le radiazioni o l’esposizione alle proteine spike, possono produrre specie reattive dell’ossigeno.

La melatonina, un antiossidante, può quindi prevenire i danni ossidativi. Gli studi dimostrano che impedisce anche la perdita di elettroni dai mitocondri e quindi massimizza la produzione di energia.

Promuove inoltre l’autofagia sbloccando la via dell’autofagia, aiutando la cellula a scomporre le proteine di punta e ad aumentare la rimozione di queste proteine tossiche.

Grazie alla sua proprietà antiossidante, la melatonina ripara il DNA danneggiato dai radicali liberi. La melatonina e i suoi metaboliti attivano anche i geni che promuovono la riparazione del DNA e sopprimono l’attività dei geni che possono causare danni al DNA.

La melatonina ha anche proprietà anticancerogene. Gli studi sulla melatonina condotti sugli animali hanno dimostrato che gli animali a cui è stata somministrata avevano un tasso inferiore di generazione di tumori.

La melatonina è stata anche raccomandata dalla FLCCC per il trattamento dell’acufene, un sintomo del post-vaccino e della COVID lunga. Il sintomo è un ronzio nelle orecchie che, se grave, può disturbare il sonno. La melatonina può contribuire a ridurre il ronzio e ad aiutare le persone a dormire bene.

Differenze tra long COVID e sindrome post-vaccinale

Sia la long COVID che la sindrome post-vaccino sono causate dal carico di proteine spike e dai danni derivanti dall’esposizione alle spike, e pertanto condividono un elevato grado di sovrapposizione nel trattamento.

Tuttavia, i medici notano lievi differenze in alcune presentazioni cliniche tra le due condizioni, e pertanto la FLCCC ha dato priorità a trattamenti diversi.

Sembra che con le lesioni da vaccino il sintomo predominante e l’organo predominante sia quello neurologico“, ha detto Marik. Secondo le sue osservazioni, “più dell’80% dei pazienti con lesioni da vaccino presenta un certo grado di compromissione neurologica”.

Marik ha affermato che i sintomi post-vaccinali possono essere più difficili da trattare rispetto al long COVID e sono più persistenti, con alcuni pazienti che presentano sintomi debilitanti per quasi due anni.

Pertanto, i trattamenti per le persone con sintomi post-vaccinali sono “più aggressivi e più mirati al cervello”, ha detto Marik.

“Sembra che il long COVID migliori con il tempo. Anche se alcuni pazienti persistono, sembra che in un certo senso si risolva da sola”, ha detto Marik. “Il problema dei pazienti danneggiati da vaccino è che può persistere. Abbiamo pazienti che sono stati vaccinati nel dicembre del 2020… [che] sono ancora gravemente, gravemente danneggiati”.

“Le due cose sono simili, ma abbiamo posto molta più enfasi sulla lesione da vaccino perché è una malattia molto più difficile da trattare”.

Marina Zhang vive a New York e si occupa di salute e scienza. Contattatela all’indirizzo marina.zhang@epochtimes.com.