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6037.- Uno sguardo all’Armenia: in silenzio. Non solo Ucraina, Israele o Palestina.

L’informazione è muta sull’ennesima tragedia del popolo armeno, aggredito dall’Azerbaijan. Tace l’Ue, che riceve dagli azeri il gas che rifiuta dai russi; tace Israele che ha interessi energetici e vende armi a Baku; tace la Nato che non vuol vedere e accetta il tradimento di Erdoğan, scudo armato degli azeri, come lo è Israele, tace anche Putin e tace il falso Padre dei cristiani, quali sono gli armeni. L’ONU? Non pervenuto. Gli armeni vivono il loro secondo genocidio. Soltanto in Francia si alza una voce, ma parla da sola.

L’inferno vissuto dagli armeni, cosa ci raccontano e cosa dovrebbe fare la Francia. Lo spiega Marion Maréchal.

Da  Boulevard Voltaire del 2 novembre 2023. Marc Baudriller Intervista Marion Maréchal sull’Armenia.

Una cattedrale distrutta vicino a Stepanakert, capitale del Nagorno Karabakh, durante i bombardamenti tra l’esercito armeno e quello azero, ottobre 2020. (Aris Messinis, Afp)

Marion Maréchal in Armenia: “Sono rimasta colpita dal loro sguardo vuoto”



Giunta sabato 28 ottobre in Armenia, Marion Maréchal ha trascorso diversi giorni con i funzionari e le popolazioni colpite dalla guerra. Visibilmente commossa, racconta a BV il contesto, gli scambi e gli incontri che più l’hanno segnata durante questo viaggio.

Marc Baudriller. La Francia sembra relativamente indifferente al destino dell’Armenia, a differenza di quello dell’Ucraina e di Israele. Come lo spieghi?

Marion Maréchal. Ci sono diverse spiegazioni. Il primo è che Ursula von der Leyen [presidente della Commissione europea, ndr] ha raddoppiato l’importazione di gas azero per compensare la rottura dei legami energetici con la Russia. Parte di questo gas proveniente dall’Azerbaigian è in realtà gas russo che transita attraverso l’Azerbaigian. In secondo luogo, c’è timore nei confronti della Turchia che sostiene l’Azerbaigian nel contesto del conflitto dell’Artsakh. Oggi, come da anni, la Turchia ricatta l’immigrazione: minaccia di aprire molto ampiamente le sue frontiere e di far entrare potenzialmente milioni di persone. Inoltre, si registra anche un indebolimento della voce della Francia all’interno della stessa Unione Europea. Conosciamo infine i rapporti privilegiati della Germania con la Turchia, dovuti alla numerosissima comunità turca in Germania. E poi, nel contesto del conflitto russo-ucraino, le tensioni con la parte russa si riversano in questo conflitto, perché in questo caso i russi sono da tempo alleati degli armeni di fronte alle minacce dell’Azerbaigian. Tutte queste contingenze portano al silenzio e all’assenza di condanna.

M. B. Se fossi al potere, cosa chiederesti all’Azerbaigian e alla Turchia?

M. M. Ci dovrebbe essere una condanna da parte dell’Unione Europea e della Francia nei confronti dell’Azerbaigian e della Turchia. Non ce n’era. Piuttosto, c’erano segni di amicizia e rapporti cortesi. Si dovrebbe chiedere una sanzione per l’Azerbaigian, come è avvenuto per la Russia, a causa di una violazione del diritto internazionale. L’Azerbaigian ha commesso crimini di guerra e pulizia etnica; ciò meriterebbe almeno una sospensione da parte del Consiglio d’Europa e un certo numero di misure, anche economiche.
Per quanto riguarda la Turchia, di fronte alle ultime dichiarazioni estremamente aggressive di Erdoğan nei confronti dell’Europa – che sembra voler unire tutti i paesi che sostengono Hamas e supervisionare questo famoso conflitto di civiltà tra quelle che lui chiama “la croce e la mezzaluna” – dobbiamo porre definitivamente fine porre fine al processo di preadesione che finora è costato ai contribuenti europei più di 15 miliardi di euro.
Dovremmo anche mettere sul tavolo la discussione sull’adesione della Turchia all’organizzazione militare della NATO che dovrebbe garantire la sicurezza dell’Europa. La Francia non dovrebbe cedere tutta la sua sicurezza e indipendenza, in materia diplomatica e di difesa, a questa organizzazione. Dovrebbe prendere la traiettoria della massima indipendenza, a livello diplomatico, militare e operativo.

M.B. Quali testimonianze ti hanno toccato di più tra gli armeni che hai incontrato?

M. M. Abbiamo visto diverse famiglie di rifugiati, nonché funzionari eletti che hanno assicurato la loro accoglienza e integrazione. Ricordo questa studentessa che è rimasta dalla parte armena e che ha ritrovato i suoi genitori e i suoi fratellini. Avevano lasciato il territorio dell’Artsakh al termine della pulizia etnica. I suoi genitori erano denutriti, come molti rifugiati, a causa del blocco di cibo e medicinali. Ho incontrato una coppia di agricoltori che ci hanno raccontato che dovevano mangiare cibo animale per nutrirsi. Non potevano nemmeno riscaldarsi a causa dei tagli di gas ed elettricità. Mi ha colpito anche la testimonianza particolarmente toccante di una vecchia con i suoi figli. Aveva visto la grande croce del suo villaggio abbattuta dagli azeri. Ha pianto, ha avuto molta difficoltà a lasciare il monumento ai caduti del suo villaggio che sarebbe stato profanato. Era sconvolta.
Altra testimonianza atroce: i genitori, i cui due figli piccoli di otto e dieci anni furono decapitati, dovettero partire con i corpi in macchina durante l’esodo perché non potevano più accedere al cimitero e temevano la profanazione che ne sarebbe seguita.
Mi ha colpito molto il loro sguardo vuoto, come se una parte di loro fosse rimasta lì. Non si lamentano.