Nuova ipotesi sull’abbattimento dell’aereo russo Ilyushin in Siria
L’ Ilyushin-20 M , identificativo Nato “Coot-A” non è un qualsiasi quadrimotore turboelica ad ala bassa, ma è un velivolo delle Forza aerospaziale russa per ricognizione, sorveglianza, spionaggio e guerra elettronica. Adibito essenzialmente a missioni Elint ed Ea,Electronic support measures eElectronic attack. Insomma, un centro di controllo e di spionaggio elettronico volante.
Proprio per via della sua sofisticata strumentazione “elettronica”, come quella montata dagli omologhi aerei della Nato – gli Awacs (Airborne Warning and Control System), ad esempio l’E-3 “Sentry” – l’Il-20M prevede un equipaggio molto numeroso, composto da oltre 14 uomini tra equipaggio di volo e operatori/analisti, crittografi e addetti ai sistemi d’arma.
Secondo quanto riportato dai media russi come Tass e Rt, il velivolo da ricognizione era in volo al largo della costa siriana e stava rientrando alla base di Khmeimim, nel momento in cui una formazione di F-16 israeliani lanciava un raid nella provincia di Latakia. Almeno uno degli F-16 si è mascherato dietro il velivolo russo, la cui superficie riflettente era molto più grande di quella del caccia. L’ Ilyushin-20 M (a meno che non sia stato abbattuto proditoriamente, ndr) sarebbe, quindi, diventato un bersaglio per il sistema antiaereo S-200 (Sa-5 “Gammon” in codice Nato), che lo avrebbe centrato con uno dei suoi missili. Non è chiaro se uno dei piloti israeliani si sia “volontariamente fatto scudo” dell’aereo russo per scampare al missile – come ha dichiarato il portavoce del ministero della Difesa russo Igor Konashenkov – o se si sia trattato soltanto di una tragica fatalità. Tuttavia e probabilmente, come vedremo, potrebbe essere intervenuto un altro sistema missilistico perché c’erano anche una nave israeliana e una nave francese, precisamente la fregata Auvergne citata.
L’attacco, il primo effettuato da Israele ad installazioni civili e militari nella zona di Latakia, porta con sè dei risvolti non del tutto chiari: oltre al presunto coinvolgimento della fregata tipo Fremm francese “Auvergne”, la modalità dell’abbattimento del velivolo spia russo ha sollevato non poche ombre sulla dinamica e sugli attori protagonisti del raid.
Il quadro strategico
La regione di Latakia, oggi, risulta essere strategica per la Siria, insieme a quella di Damasco e a quella della base T4 (Tiyas) e pertanto è una delle zone meglio difese da quello che resta dell’imponente complesso di difesa aerea siriano, smantellato da anni di guerra civile.
Sette anni di guerra intestina hanno, infatti, fortemente compromesso la capacità della rete difensiva siriana che prima del conflitto poteva contare su 60mila uomini e su un sistema di radar da ricerca e scoperta vasto e complesso che ne faceva uno dei più imponenti di tutto il Medio Oriente.
A disposizione di Damasco c’erano sistemi come S-200, S-125 (Sa-3 “Goa”) ed i vetusti S-75 (Sa-2 “Guideline”) disposti in postazioni fisse in tre aree di interesse strategico: le alture del Golan, Damasco, e la fascia costiera. A queste postazioni fisse erano associate altre mobili costituite da batterie di missili 2K12 Kub (Sa-6 “Gainful”) e da 9K33 Osa (Sa-8 “Gecko”), integrati nella catena di radar di fabbricazione russa che annoverava i P-40, P-18, P-14 e P-15.
Di questo complesso sistema oggigiorno resta ben poco, raccolto intorno a tre aree strategiche diverse, e per questo la Russia, anche e soprattutto in considerazione del suo intervento diretto nel conflitto, ha avviato un importante processo di aggiornamento e modernizzazione delle difese aree siriane contestualmente al dispiegamento del proprio contingente nella zona di Latakia, presso la base aerea di Khmeimim, e a sud, nel porto di Tartus.
Ovvero in quella fascia costiera che è considerata vitale – essendo sede di centri logistici come porti e aeroporti – per il Governo di Damasco e per le milizie sciite filo iraniane che sono intervenute nel conflitto a sostegno dell’Esercito Siriano e a fianco delle Forze Armate russe.
L’aiuto russo alla difesa aerea siriana
La Russia si è quindi fatta carico di rimodernare parte del sistema missilistico della difesa aerea siriana fornendo, a partire dal 2013, almeno 12 sistemi S-125 2M Pechora (ovvero Sa-3 “Goa” aggiornati). Questi sistemi sono mobili rispetto agli S-125 originali e dispongono di missili con guida terminale elettro-ottica in grado di ingaggiare armi stand-off come missili da crociera.
Le batterie di Pechora sono state disposte intorno a Latakia e Damasco proprio per intercettare i missili da crociera israeliani Popeye (60/80 chilometri di portata) e Delilah (250 chilometri di portata) spesso utilizzati durante i raid di Tel Aviv.
Contestualmente agli S-125 2M sono stati forniti anche i sistemi Buk M2E (Sa-17 “Grizzly) e PantsirS1 per cercare di organizzare una difesa aerea “a strati” integrando i sistemi di difesa di punto con quelli a medio e lungo raggio. Il Buk è altamente mobile e resistente alle contromisure elettroniche e per la sua capacità di ingaggiare fino a 24 bersagli contemporaneamente tutti gli esemplari (si pensa ne siano stati consegnati tra i 12 ed i 18) sono stati dislocati intorno all’aeroporto militare di Mezzeh e a quello internazionale di Damasco.
La Russia ha fornito upgrade anche per le poche batterie sopravvissute di S-200, ormai diventate obsolete, che originariamente erano dislocate in cinque siti fissi (as-Suwayda, al-Dumayr, Homs, Hayluneh e Kuwereis) per un totale di 50 lanciatori. Il conflitto intestino, ed i raid israeliani, ne hanno fortemente ridimensionato il numero e si ritiene che le batterie superstiti – che hanno una portata di 250 chilometri – siano raggruppate principalmente intorno a Damasco.
La batteria di al-Dumayr, località a 30 chilometri dalla capitale, dopo l’intervento russo di modernizzazione effettuato a partire dal 2017, ha dimostrato di essere molto attiva pur senza riuscire ad intercettare i velivoli israeliani impegnati in azioni di ricognizione e bombardamento di obiettivi siriani.
Cosa potrebbe essere successo?
Ora che abbiamo a grandi linee un quadro generale della situazione dei sistemi da difesa aerea presenti in Siria, e considerando che quelli facenti capo direttamente a Mosca, ovvero della bolla A2/AD (Anti Access / Area Denial), non sono intervenuti e nemmeno hanno fornito dati alla difesa di Damasco, proviamo a fare qualche ipotesi in merito all’abbattimento dell’Ilyushin anche considerando alcuni aspetti diplomatici che si sono susseguiti nelle ore immediatamente successive all’incidente.
Contrariamente alla versione fornita dai russi, è probabile che il velivolo da spionaggio elettronico Il-20M era in volo proprio perché Mosca era a conoscenza dell’attacco israeliano, in cui potrebbero esser stati usati gli F-35 Adir, come già avvenuto e ammesso, in qualità di aerei da contromisura elettronica e come una sorta di piccolo Awacs volante: sono note infatti le capacità di raccolta e condivisione dati del velivolo.
Durante un raid aereo, soprattutto se effettuato con nuovi sistemi d’arma, è logico pensare che una terza parte come la Russia cerchi di carpire quanti più dati possibile su tutti gli asset utilizzati.
Oltre al sostegno russo la Siria può contare anche su quello iraniano che ha fornito – e fornisce – personale specializzato per migliorare le capacità di comando e controllo della rete difensiva siriana.
Mosca, dopo il recente attacco dell’aprile di quest’anno, ha implementato ulteriormente le capacità della difesa aerea siriana fornendo ulteriori aggiornamenti ai sistemi radar e missilistici.
Questo comporta che, per un certo periodo di tempo che può anche superare i sei mesi in caso di sistemi particolarmente complessi e nuovi, personale russo si trovi ad affiancare personale siriano ed iraniano dietro alle consolle dei sistemi d’arma aggiornati, ed è ragionevole pensare che fossero presenti anche durante l’attacco della sera del 17.
La risposta massiccia della difesa aerea in occasione dell’attacco israeliano alla base T4, con il lancio di complessivamente 27 missili di batterie diverse (S-125, S-200, Buk e Kub) fornisce un precedente per capire come potrebbe essere stata la reazione in occasione dell’attacco che ha portato all’abbattimento dell’Il-20M: un intenso fuoco di sbarramento fatto di missili di vario tipo.
È ragionevole quindi pensare che l’Ilyushin Il-20M sia stato abbattuto per errore da un missile tipo S-125 Pechora di una delle tante batterie presenti nella fascia costiera tra Tartus e Latakia con alla consolle personale siriano ma affiancato da russi e/o iraniani.
la registrazione elettronica dell’evento.
La potente azione di disturbo elettronico israeliano (jamming) (e/o delle navi francese o israeliana, ndr) e il tiro missilistico a “sbarramento” hanno così determinato il fatale errore della difesa aerea, (se di questo si è trattato e non di altro, ndr).
A riprova della possibilità che vi fosse personale russo e/o iraniano in servizio nella difesa aerea siriana quella sera, ci sono le parole del presidente Putin, che a 24 ore dalla tragedia ha smorzato i toni dicendo che si è trattato di “una catena di tragiche circostanze accidentali”.
Parole che vanno controtendenza rispetto ai toni alquanto bellicosi tenuti dal Cremlino nelle ore immediatamente successive, quando puntava il dito contro Tel Aviv accusandola apertamente di essere responsabile dell’abbattimento.
Mosca infatti, per voce del Ministero della Difesa, in prima istanza ha sostenuto che la responsabilità dell’abbattimento dell’Il-20M fosse da attribuire ai caccia F-16 israeliani che hanno usato il velivolo spia russo “come scudo” e addirittura si riservava il diritto di prendere tutte le misure di ritorsione necessarie.
Un’analisi postuma che avesse indicato la presenza di personale russo e/o iraniano nella “stanza dei bottoni” potrebbe quindi aver provocato l’immediata smorzatura dei toni da parte del Cremlino, più di altre considerazioni geostrategiche che riguardano le relazioni che intercorrono tra Mosca e Tel Aviv.
La riprova è la differenza di comportamento di Mosca rispetto all’incidente che ha portato alla morte dei piloti del Su-24 “Fencer” abbattuto dai caccia turchi a novembre del 2015. In quella circostanza la linea tenuta dal Cremlino verso il suo partner commerciale (e nuovo partner militare) fu molto più dura.
Qualcosa di strano è accaduto nei cieli siriani
Ma che qualcosa fosse nell’aria, nella notte di lunedì, è stato reso evidente anche da altri elementi. Come scrive Haaretz, i cieli di quell’area della Siria, in quelle ore erano particolarmente densi di aerei. Sicuramente c’erano anche aerei israeliani e probabilmente anche francesi. L’Il-20 è un aereo che vola costantemente in quella zona così come gli aerei-spai americani.
Inoltre, ore prima dell’attacco, “i radar civili hanno anche monitorato i velivoli della Royal Air Force britannica, che, insolitamente, avevano acceso i loro transponder”. Probabilmente, gli aerei della Raf volevano indicare la loro presenza anche per evitare qualsiasi coinvolgimento nello scambio di missili su Latakia. E questo confermerebbe che Israele aveva comunicato l’attacco.
Possiamo quindi essere certi degli elementi base dell’attacco: raid israeliano, reazione dell’antiaerea di Damasco, abbattimento dell’aereo russo. Ma per il resto, esistono questioni ancora oscure che non sono sembrano destinate a essere chiarite nell’immediato. La sicurezza delle accuse russe così come le smentite rapide e molto secche di Francia e Stati Uniti lasciano perplessi. Insomma, lunedì notte qualcosa sembra essere andato storto. E continua a persistere qualcosa di non detto che sembra essere particolarmente importante.
Così, Lorenzo Vita. Ma ci sono dei se: E se l’Il-20M fosse stato uno spione scomodo per i segreti militari messi in campo dagli israeliani? Se fosse stato proditoriamente e volutamente abbattuto, oppure, se il suo abbattimento abbia scoperto un nervo della difesa russa che si vuole mascherare?
La Russia e i sistemi di difesa
Quanto avvenuto lunedì notte è un problema che riguarda la Russia anche per un secondo motivo, oltre alla morte dei suoi 15 uomini. E il problema vero è che il sistema di difesa dato alla Siria non ha funzionato. O meglio, ha funzionato male.
All’inizio, i vertici militari russi, in primis il ministro Sergei Shoigu, hanno accusato gli F-16 di Israele di aver utilizzato l’Ilyushin russo come “copertura”. Una tattica subdola, ma efficacissima, che avrebbe confuso i sistemi di difesa anti-aerea forniti dagli stessi russi a Damasco proteggendo i caccia dello Stato ebraico.
Ma anche in questo caso, i dubbi ci sono. Le forze aeree siriane e russe lavorano ovviamente a strettissimo contatti con le batterie per la difesa aerea vendute dagli stessi russi. I centri di comando e controllo sono congiunti e i missili sono di fabbricazione russa.
L’Ilyushin che è stato colpito dal missile della contraerea era sicuramente dotato di transponder con sistema IFF (“Identification, Friend or Foe”, in italiano “Identificazione, amico o nemico”). E in anni di coinvolgimento dell’aviazione di Mosca sui cieli siriani, è naturale che i due alleati abbiano creato un sistema di procedure per evitare incidenti causati da fuoco amico.
Inoltre, almeno da quanto dichiarato da Israele e non smentito da nessuno, la contraerea siriana si sarebbe attivata quando i caccia erano già rientrati nello spazio aereo israeliano. Ed è plausibile, visto che aerei scarichi di bombe rientrano alla base molto rapidamente.
L’attacco come test
Si tratta di un un errore fatale? L’ipotesi sarebbe stata confermata anche dallo stesso Vladimir Putin, il quale, a differenza dei suoi militari, ha utilizzato toni concilianti quasi ad assolvere Israele da una tragedia che, in ogni caso, senza attacco da parte dell’aviazione dello Stato ebraico, non sarebbe mai accaduta.
Ma a questo punto la questione potrebbe essere un’altra: se qualcosa è andato storto, è possibile che qualcuno abbia cercato che ciò avvenisse. Ossia che qualcuno abbia voluto che il sistema S-200 siriano di fabbricazione russa intervenisse e che, una volta testato, cadesse nel tranello.
Non è un mistero che gli attacchi in Siria servano come test. L’attacco di aprile servì ad esempio alla Francia per testare, con un flop che ancora imbarazza Parigi, i suoi missili da crociera MdCN (e forse questo nuovo raid poteva avere lo stesso scopo). La guerra, purtroppo, ha anche questa utilità. Le esercitazioni non bastano: è l’utilizzo sul campo che fa comprendere quanto il nemico o un altro esercito sia forte. E mostrare che i sistemi nemici non sono ottimali, serve anche a manifestare la propria supremazia tecnologica rispetto al nemico.
Naturalmente, questo ha vari scopi. Nella guerra fra Israele e Iran, altro utilizzatore del sistema di difesa di fabbricazione russa, l’aviazione israeliana ha lanciato un segnale chiaro nei confronti di Teheran. Quel sistema può essere eluso dall’aeronautica dello Stato ebraico. E lo scontro fra i due Paesi, realizzato soprattutto in Siria, adesso ha anche questo “aggiornamento”. E questo potrebbe essere il primo scopo raggiunto direttamente da Israele.
Un secondo scopo, è quello di dimostrare, nel mercato delle armi, che il sistema di difesa russo non funziona in maniera perfetta. E questo può essere utile non tanto agli israeliani, quanto al suo più fedele alleato, gli Stati Uniti e rappresentare un monito per India e Turchia che hanno acquistato gli S-400 russi. La Turchia ha acquistato quattro unità di fuoco S–400 per un valore di 2,5 miliardi di dollari.
Infatti, la disputa sul mercato dei sistemi d’arma fra Mosca e Washington è all’ordine del giorno in ogni parte del globo. La Russia vuole strappare agli americani quote di mercato che, fino ad ora, erano state tenute sotto stretto controllo dall’industria bellica statunitense. Manifestare le debolezze del nemico aiuta anche a far decidere in maniera diversa chi è pronto a siglare un contratto per la fornitura del sistema, per esempio i turchi con gli S-400.
C’è poi un terzo scopo: costringere la Russia ad usare gli S-400. Fino a questo momento, Putin non ha voluto utilizzare gli S-400 per evitare di creare una pericolosa escalation militare in Siria nei confronti delle potenze occidentali coinvolte. È stata una scelta di natura politica: il Cremlino non vuole alzare il livello dello scontro con l’Occidente né con Israele, che non vuole avere il nuovo sistema russo in Siria.
Ma questo attacco cambia i parametri del conflitto. E forse, nella scelta di Putin di aumentare la protezione delle forze russe in Siria, è inserito anche il dispiegamento del sistema. Questo sì nato con lo scopo di colpire la tecnologia stealth delle forze occidentali.
Ci sono ancora molte ombre sulla battaglia che si è svolta nei cieli del Mediterraneo orientale. Ed esistono perplessità sul ruolo di alcune nazioni, in particolare la Francia, ma anche su quella “tragica concatenazione di eventi”, come definita da Vladimir Putin, che ha portato all’abbattimento dell’aereo russo.