Archivio mensile:novembre 2015

ATTENTATO a Parigi – L’altra verità? Rispondi NO se hai un perché.

Le menti che hanno creato i tragici fatti di Charlie Hebdo e di Venerdì 13 sono le stesse.


Tutte le prove del FALSO ATTENTATO di Parigi
nell’unica verità possibile, lontana dagli sciacalli del Mainstream.
Chi ha ideato questa mega truffa del venerdì 13 parigino

“Je accuse”

Le parole del ministro Padoan sul rischio che il terrorismo islamico abbia conseguenze negative sull’economia sono importanti non tanto per quello che dicono quanto per quello che sottendono. E cioè: non vale tanto l’allarme per l’incertezza e la paura che il Daesh procura, considerazioni fin troppo ovvie, quanto il fatto che l’Italia ha sperperato una occasione irripetibile, non ha capitalizzato i positivi elementi della congiuntura internazionale (parità dollaro-euro; basso prezzo del petrolio, quantative easing della Bce) e oggi non solo non gode della crescita possibile ma anche gli obiettivi deludenti dello zero virgola fissati da palazzo Chigi e dal dicastero dell’Economia minacciano di essere miraggi. Matteo Renzi ha vissuto di rendita su condizioni congiunturali esterne straordinariamente favorevoli e non ha fatto assolutamente nulla per incidere realmente sui fattori che fanno sì che il nostro Paese cresca meno di ogni altro”.

198789_239311482767924_100000672214632_772048_7166258_nPuntiamo il nostro su Matteo Renzi e tanto ci appaga; io, invece, sono nauseato dal bassissimo livello della politica italiana, tutta, a partire dai circoli locali, impegnati – ma, direi, distratti – da effimere battaglie e improbabili scalate, per finire ai massimi livelli, quale più, quale meno, imbragati nei giochi di potere e negli intrallazzi di sempre. Il risultato è che l’ignoranza la fa da padrona e si assiste, imperterriti, alla progressiva distruzione del capitale industriale e sociale costruito dalle generazioni precedenti. Volete una prova? Chiedete al primo che vi capita cosa sa delle radici del terrorismo, oppure dell’immigrazione o, ancora, delle riforme costituzionali, della guerra appena fuori dei nostri confini e, infine, della legittimazione di questo parlamento. Chiedete e chiedetegli se hanno colto qualcuna fra le occasioni che hanno avuto di mungere dal sapere di qualche fortunato. Chi tiene le fila di questo disastro non è italiano e ha già pronto il sostituto di Renzi, che noi acclameremo. Speriamo che l’agonia abbia una rapida conclusione.

Restiamo sul fronte siriano con Aldo Giannulli.

turchia_russia_940Turchia e Russia: i giochi d’azzardo del fronte siriano.

L’abbattimento del Su-24 russo da parte dei Turchi apre una fase diversa del conflitto mediorientale per comprendere la quale occorre iniziare dalla logica che guida i due contendenti ed i due “convitati di pietra” (Usa ed Isis).

Erdogan coltiva confessatamente il sogno neo ottomano di una “Grande Turchia” che torni ad essere grande potenza di area e la satellizzazione della Siria (o di una sua larga porzione) è il primo passo in questa direzione. Si comprende perfettamente come l’intervento russo in appoggio ad Assad (ma, più che a lui personalmente, al suo clan alawita) sia un disturbo insopportabile di questo disegno. E, peggio ancora, se questo si accompagna ad un avvicinamento americano ai russi da un lato ed all’Iran (altro disturbatore sul fronte siriano) dall’altro. Questo realizzerebbe una “tenaglia” che escluderebbe la Turchia dai giochi ed il timore principale è che questo possa favorire la proclamazione di uno stato dei curdi, ad oggi, unici a combattere realmente l’Isis.

La sostanziale complicità della Turchia con l’Isis (come altrimenti spiegare il tranquillo flusso di petrolio, armi e combattenti da e per il Califfato?) è una soluzione tattica sia in senso anti curdo, sia per tenere la tensione funzionale a tenere aperta la situazione, sia come antemurale verso la marea sciita che sale.

Ma questo schema è in forte contraddizione con un altro aspetto della politica di potenza di Ankara: Erdogan gioca a tutto campo e sta cercando buoni rapporti con la “comunità di Shangai” (composta da Cina, Russia e quattro stati centrasiatici dell’ex Urss) ed ha seri interessi economici in comune con Mosca che, a sua volta, ha interesse a tenere buoni rapporti con la Turchia sia per far passare alle sue navi lo stretto dei Dardanelli che per la “partita dei gasdotti”.

Ma, allora, perché la Turchia si è indotta ad un passo così rischioso che rischia di precludergli l’operazione “comunità di Shaghai” e mette a rischio i lucrosi affari con Mosca?

La partita economica non ha scadenze immediate ed Ankara può sempre pensare di recuperare la rottura in un secondo momento, mentre il rischio del consolidarsi dell’asse russo-alawita-iraniano in Siria è imminente ed assai concreto e fa paventare ancor più la temuta nascita dello stato del Kurdistan, con successivo pericolo di secessione delle sue province sud orientali. Quel che sarebbe un disastro dal quale uscirebbe una Turchia più piccola, altro che Grande!

L’abbattimento del jet russo punta ad una serie di effetti a catena: creare una situazione di forte tensione con la Russia che, se incassa il colpo senza reagire, ne esce seriamente ridimensionata ed è costretta ad abbassare il tiro in Siria, se reagisce militarmente crea una situazione di potenziale conflitto con la Nato (cui, sciaguratamente, la Turchia appartiene) ed, intanto, questo rilancia il conflitto ucraino che stava scemando preoccupantemente (per Ankara); in ogni caso questo spezza momentaneamente ilo fronte anti Isis e tiene la situazione ancora aperta. Dunque, una sorta di operazione “rischio calcolato”.

La Russia, dal canto suo, pur non avendo particolari motivi di urto con la Turchia (in fondo, può fare i suoi giochi in Siria senza entrare in conflitto diretto con i Turchi), si trova, però, in un momento difficile della sua strategia. Dal 2008, con la crisi georgiana, si è riproposta sullo scenario mondiale come grande potenza, quantomeno di area, dopo il “ventennio delle umiliazioni” che l’aveva ridotta al rango di media potenza marginale. Successivamente le aspettative di Mosca sono cresciute e la “sfilata della vittoria” il 9 maggio, con la partecipazione di reparti cinesi e con la presentazione del nuovo carro T 14, lo ha chiarito molto bene. La Russia punta ad un equilibrio mondiale a tre con se stessa al centro fra Usa e Cina. L’intervento in Siria, un intervento militare fuori dell’area dell’ex Urss per la prima volta dopo 25 anni, è la dimostrazione di questo nuovo ruolo di grande potenza di serie A. E questo approfittando dell’indecisione euro americana sul che fare verso il Califfato.

Dunque, come puà incassare il colpo senza reagire? In qualche modo, deve dare una dimostrazione di forza perché diversamente tornerebbe al rango di potenza di serie B. Però non può liquidare il tentativo di riavvicinamento agli Occidentali. La Russia ha offerto la sua disponibilità a cavare la castagna dal fuoco dell’Isis per conto degli euro-americani, ma, ovviamente in cambio della chiusura delle sanzioni economiche. Dunque, non può né farsi mettere il bastone fra le ruote da una Turchia qualsiasi né scatenare una guerra che riaproirebbe con violenza la ferita ucraina.
Per ora Mosca si limita a mostrare i muscoli, schierando navi e missili, ma assicurando di non avere intenzioni di scatenare una guerra con l’incauto vicino. Peraltro, non ha neppure richiamato l’ambasciatore ad Ankara. Questo però non esclude né che possa esserci un nuovo “incidente di confine” a parti invertite, né il blocco dell’adesione turca alla comunità di Shanghai, né una campagna mediatica sui rapporti fra turchi e Califfato, né operazioni coperte ( ad esempio, armare sino ai denti i curdi del Pkk). Anche qui, le scelte saranno fatte sulla base del “rischio calcolato”.

Gli americani, e di conseguenza la Nato, non sanno che pesci prendere, spandono fiumi di camomilla: i russi non stanno simpatici, ma rinunciare ad una loro mano per chiudere la questione Califfato sarebbe sciocco, non possono abbandonare un paese Nato, ma via via che dovessero venire fuori le sue compromissioni con l’Isis, diventerebbe impossibile continuare a fingere di ignorarle. Per cui si limitano a predicare la clama e magari proporranno una loro mediazione se la situazione dovesse salire di temperatura.

Al contrario, l’Isis ha interesse a rilanciare la tensione: sin qui hanno dimostrato di essere abilissimi ad infilarsi nelle spaccature e nelle indecisioni degli altri e la cosa più probabile è un nuovo attentato mirato ad approfondire la rottura del fronte avversario.

Tutti giocano d’azzardo, camminando pericolosamente si una corsa assai sottile. Il guaio peggiore è che ciascuno ha in mano una fiaccola accesa, che sotto c’è una catasta di dinamite pronta ad esplodere e che ai margini dello spettacolo ci siamo noi a guardare.

Scritto da Aldo Giannuli. Postato in Conflitti & terrorismo, Le analisi, Osservatorio Globalizzazione

Mosca identifica i presunti assassini del tenente colonnello Oleg Peshkov

Il sito di analisi anti-terrorismo russo Kavkazpress ha pubblicato ieri un pezzo dove veniva svelata l’identità del “branco” che sarebbe responsabile dell’uccisione di Oleg Peshkov, il pilota paracadutatosi dopo che il proprio velivolo veniva colpito da un F-16 di Ankara. (Il “branco” è stato pomposamente e strumentalmente denominato 10^ brigata dell’Esercito libero siriano dai media filo americani). Il pezzo è stato tradotto e rilanciato dall’Intellettuale Dissidente.
Leggendo il rapporto della Kavkazpress emergono subito alcuni aspetti interessanti:

– I miliziani hanno aperto il fuoco contro il pilota in discesa col paracadute, violando così la Convenzione di Ginevra.

– Il“capo-branco”, tale Alpaslan Celik, non sarebbe un turcomanno, ma un cittadino turco figlio di Ramzan Celik, ex sindaco della cittadina di Keban, nella provincia turca di Elazig e membro del partito nazionalista MHP.

– Nel luglio 2014 Alpaslan Celik veniva immortalato in Iraq dove pare stesse combattendo per “proteggere” la popolazione turcomanna.

– Alpaslan Celik appare in alcune foto, assieme ad altri commilitoni, mentre fa il gesto dei “Bozkurtlar”, i ben noti “Lupi Grigi”, organizzazione di estrema destra turca indicata in passato dai russi come legata alla rete Gladio (quindi parliamo di CIA, il finanziatore di queste reti.ndr).

Un altro elemento interessante emerge dalle immagini di una conferenza stampa organizzata, subito dopo l’uccisione del pilota russo, dal gruppo “turcomanno”, nelle quali si può vedere Alpaslan mentre mostra con orgoglio un pezzo del paracadute del pilota e parla ai microfoni di Cnn e Fox News. Già, perché nonostante la zona geografica in questione non sia certo tra le più facili da percorrere a causa dei check-point, dei combattimenti, dei bombardamenti, sembra che le emittenti televisive abbiano raggiunto la zona della conferenza stampa in tempi piuttosto brevi. E’ dunque possibile che il governo AKP abbia preso di mira il jet russo perché i raid di Mosca colpivano interessi turchi in territorio siriano? Una domanda più che legittima visto che, se l’ipotesi del sito russo venisse confermata, ci troveremmo davanti a milizie di cittadini turchi, con legami istituzionali, che perseguono gli interessi di Ankara in territorio siriano. Per esempio, sappiamo che il figlio di Erdogan Bailal è a capo della società turca che gestisce i convogli dei contrabbandieri ISIS del petrolio rubato agli iracheni e ai siriani; convogli che trasportano petrolio nei viaggi di andata e armi nei viaggi di ritorno.

Schermata 2015-11-27 alle 09.12.43.pngSchermata 2015-11-27 alle 09.13.38.pngMa la domanda che noi ci siamo posti è: “Chi ha gridato in italiano “Via, via!” un istante prima della raffica che ha assassinato il tenente colonnello Peshkov, appeso al suo paracadute?” Anche uno Spetnaz della squadra di soccorso russa, Alexander Pozynich, è morto nell’elicottero colpito una seconda volta dai terroristi con un missile USA TOW, dopo che aveva compiuto un atterraggio di emergenza. Solo la Turchia può rifornire i terroristi di centinaia di questi missili, il cui costo si aggira attorno ai 12.000 dollari per esemplare.

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Così i jihadisti beneficiavano dei sussidi pubblici italiani

Nel commento leggiamo come la magistratura italiana combatte il terrorismo.

1447917386-abaaoudIl jihadista in una intercettazione: “Sto pensando di lasciare questo Paese nel caso i Servizi Sociali taglino il mio sussidio sociale”. Dimostrazione che l’invasione terminerà quando questo governo finirà.

1447402629-ansa-20151112180749-16143470Il 12 novembre di quest’anno viene eseguita una ordinanza della Procura di Roma datata luglio 2015 la quale, dopo quattro anni di indagini, intercettazioni e pedinamenti, da un colpo alle azioni della cellula jihadista italiana facente capo alla organizzazione Rawti Shax, il cui leader spirituale risulta essere il Mullah Krekar. Krekar, già appartenente al gruppo islamico Ansar al Islam considerato vicino ad Al Quaeda, con un passato di proselitismo jihadista anche in Italia, dal 2012 risulta incarcerato in Norvegia per minacce a diversi politici locali che ne chiedevano invano l’estradizione in Iraq. Nell’operazione “Rawti Shax” vengono arrestati 17 presunti jihadisti, sette dei quali rilasciati pochi giorni dopo dalla Procura di Trento, alla quale per competenza viene affidato il caso. Tra i fermati, l’iracheno Abdul Rahman Nauroz, residente in Alto Adige dal 2008, per il quale arriva un ordine di custodia cautelare in carcere, essendo il suo arresto già stato eseguito nel gennaio di quest’anno, per via di una rapina commessa ai danni di un pachistano bolzanino che nel 2008 si era rifiutato di ospitarlo.
Nell’ordinanza di quasi 1200 pagine, gli inquirenti spiegano le vicissitudini che hanno portato Nauroz ad essere considerato la mente della cellula italiana. Nauroz arriva la prima volta in Italia nel 2008, in quanto espulso dalla Norvegia per aver fornito false generalità. Arrivato a Bolzano, chiede asilo politico all’Italia presentando un documento riportante la minaccia di morte rivoltagli da parte di Ansar al Islam. Ovvero, quella stessa organizzazione guidata dal Mullah Krekar che Nauroz conosceva bene, vista la devozione che di li a poco avrebbe mostrato pubblicamente verso il suo leader. Per queste minacce, nell’aprile del 2009 Nauroz ottiene lo status di rifugiato politico, vedendosi assegnato un alloggio in comodato d’uso gratuito in un residence signorile di Merano. Nel novembre del 2011, la Questura si accorge che la documentazione presentata dal profugo curdo-iracheno – il quale nel frattempo ottiene anche un contributo dai servizi sociali per il suo mantenimento – era palesemente falsa. In una irruzione nella sua abitazione, mentre i Ros lo stanno intercettando già da un anno, i funzionari della Questura di Bolzano sequestrano i documenti che provano la falsificazione nella richiesta di asilo politico.

Nonostante l’irruzione della Polizia, Nauroz non si scompone, e continua imperterrito la sua azione di proselitismo jihadista, spostandosi dalla vicina moschea meranese alla casa di un amico bolzanino, dove ne terrorizza i figli, spiegandogli che lui e il padre si sarebbero immolati in nome di Allah. In tutto questo tempo, diventa amministratore della chatroom Kurdistan Paimangay Mawardy alla quale partecipa il comitato direttivo dell’organizzazione jihadista. Una chatroom trans nazionale che sembrerebbe creata anche e non solo per organizzare non precisate azioni terroristiche in Europa. E proprio dalle migliaia di ore di intercettazioni all’interno di questa chat segreta che i Ros ottengono infinità di informazioni sulla costituzione della cellula autodefinitasi jihadista: scoprendo il suo sistema di finanziamento e come la destinazione di alcuni fondi fosse riservata alle famiglie dei martiri. Tra le conclusioni della Procura, c’è la convinzione di avere scoperchiato anche il sistema di reclutamento di combattenti jihadisti da inviare sul fronte siriano, del quale Nauroz sembra responsabile. Tutto questo immane lavoro investigativo coinvolge le procure di mezza Europa, tra le quali, anche quella tedesca, che in una riunione di EUROJUST del 2011 riscontra una forte convergenza investigativa con le indagini di parte italiana. Invece, sfugge del tutto alle istituzioni italiane l’assenza di Nauroz dal territorio italiano tra il luglio del 2010 e il capodanno del 2011, quando l’iracheno torna in Italia dopo un periodo di detenzione in Francia per essere stato pizzicato a trafficare clandestini iracheni.
Nauroz può così godersi gli ultimi giorni dei famosi mercatini di Natale, continuando a percepire quel sussidio comunale che lo status di rifugiato gli garantisce. Di li a poco, ormai intercettato in ogni secondo della sua vita, Nauroz organizza all’amico kosovaro Eldin Hodza un viaggio in Siria a fianco dei combattenti jihadisti. E in un momento di depressione, viene intercettato dai Ros parlare con un amico, al quale confida: “Beh, sto comunque pensando di lasciare questo Paese nel caso i Servizi Sociali taglino il mio sussidio sociale”. Come detto, nel gennaio di quest’anno, il jihadista iracheno viene arrestato, dopo quasi cinque anni di permanenza sul territorio italiano, durante i quali non risulta mai avere lavorato e non avere ancora acquisito padronanza della lingua italiana. Per questo, nell’ordinanza d’arresto la Procura ha disposto la traduzione in curdo delle 1998 pagine d’indagine.
Jimmy Milanese de il Giornale it.

STORIA DI UN COLPO DI STATO: DA MONTI A RENZI, L’ITALIA È SCHIAVA DELLA TIRANNIA €UROPEA (di Giuseppe PALMA)

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Era il novembre del 2011 quando una concentrazione di forze sovranazionali (UE, BCE e FMI) – ben appoggiate al nostro interno (Presidente della Repubblica, opposizione e parte della maggioranza parlamentare, Presidente della Camera e giornaloni come Il Sole 24 Ore che titolo’ “Fate Presto!“) – compivano in Italia un vero e proprio COLPO DI STATO che – come ha evidenziato il mio amico prof. Paolo Becchi nel suo bellissimo libro “Colpo di Stato permanente” – non si è svolto come i tradizionali colpi di Stato del passato ma ne ha prodotto i medesimi risultati, con connotati tipici sorprendentemente similari. Pur essendo stata rispettata la COSTITUZIONE FORMALE, è stata violentata la COSTITUZIONE MATERIALE!

Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che aveva vinto le elezioni politiche del 2008, fu costretto a rassegnare le dimissioni (peraltro senza mai essere stato sfiduciato dal Parlamento) per fare posto ad un Governo tecnico presieduto dall’ex commissario europeo – e da qualche giorno (non a caso) senatore a vita – prof. Mario Monti.

Motivo del cambio di Governo? Ai polli fu fatto credere che la ragione principale fosse lo spread (che aveva superato i 500 pt. base), ma in realtà i veri motivi furono altri!

In merito alla questione del ricatto/imbroglio rappresentato dallo spread alcuni mesi fa scrissi un articolo che vi invito a rileggere (http://scenarieconomici.it/menzogne-sullo-spread-non-facciamoci-prendere-in-giro-giuseppe-palma/), per cui – spread a parte – andiamo a vedere quali sono stati i veri motivi del COLPO DI STATO del novembre 2011.

Il Governo Berlusconi IV, al di là delle massicce responsabilità politiche, costituiva – soprattutto nella figura del Presidente del Consiglio – un serio ostacolo ai diktat provenienti sia da Bruxelles che da Francoforte! Silvio Berlusconi, checché ne dicano i suoi detrattori, a volte sapeva dire di NO sia alla Merkel che ai diversi burocrati dell’apparato europeo! Per questo “importanti esponenti” UE decisero di “farlo fuori”, chiedendo ausilio addirittura agli americani che però si rifiutarono (come dichiarato espressamente dall’ex Segretario al Tesoro USA Timothy Geithner nel suo libro “Stress Test”).

Lo spread BTP-BUND era iniziato a salire dopo il 30 giugno 2011 arrivando a creare forti preoccupazioni a fine luglio, tant’è che il 5 agosto la BCE inviò al Governo italiano una lettera contente una serie di pesanti misure da adottare, misure che nemmeno Hitler era mai arrivato ad imporre ai Paesi sottomessi al dominio tedesco!

Silvio Berlusconi, mal consigliato dal suo ministro dell’economia Giulio Tremonti, mise sul piatto una serie di provvedimenti di austerity che egli stesso ripugnava, ma che pensava sarebbero potuti servire a stemperare la “tempesta perfetta”.

Ma ormai la Troika aveva deciso che il Governo Berlusconi IV doveva cadere: e così fu!

Sorrisini a parte tra Merkel e Sarkozy, il 9 novembre lo spread toccò quota 575 pt. base e Giorgio Napolitano nominò Mario Monti (non riesco ancora a comprendere per quali “altissimi meriti” e in quale campo) senatore a vita! Fu un pizzino a Berlusconi, che dopo pochi giorni si dimise lasciando libero Napolitano di nominare Monti Presidente del Consiglio (16 novembre), quindi a capo di un Governo tecnico sostenuto in Parlamento dal PDL (Berlusconi temette seriamente per le sue aziende), dal PD (che pur di liberarsi di Berlusconi accettò l’imposizione quirinalizia di un Governo tecnico) e dai cespugli UDC e FLI (Casini e Fini videro in Monti l’uomo giusto per rifarsi una verginità politica).

Monti, che salirà a Palazzo Chigi emanante profumo di incenso e che si autodefinira’ il miglior genero possibile per la suocera tedesca, costringerà il Parlamento – sotto il ricatto/imbroglio dello spread – a votare le terribili misure antidemocratiche e di austerità imposte dalla Troika, tra le quali: a) riforma delle pensioni che innalzera’ l’età pensionabile degli italiani e creerà il problema degli esodati, oltre che il blocco della indicizzazione per le pensioni tre volte superiori a quella minima; b) riforma del mercato del lavoro che ridurrà le ipotesi di applicazione della tutela reale (reintegro del lavoratore illegittimamente licenziato); c) divieto di utilizzo del denaro contante per transazioni superiori a 999 euro; d) sottoscrizione del terrificante Fiscal Compact (zero spesa a deficit, riduzione a ritmi criminali del rapporto debito pubblico/PIL e pareggio di bilancio) successivamente ratificato dal Parlamento nel luglio 2012 sotto il terrore dello spread; e) introduzione di misure giacobine di accertamento fiscale con inversione dell’onere della prova a carico del contribuente (es. Redditometro); f) introduzione dell’IMU… e così via… il tutto contornato dalla criminale COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL VINCOLO DEL PAREGGIO DI BILANCIO per mano di un Parlamento sordo e schiavo (Legge costituzionale 20 aprile 2012 n. 1) sotto l’impulso del liquidatore Monti, fido emissario degli interessi sovranazionali che avrà addirittura la faccia tosta di ammettere la voluta contrazione della domanda interna (è possibile visualizzare il video su you tube)!

Un sussulto di indipendenza porterà il PDL – nel dicembre 2012 – a negare l’appoggio parlamentare al Governo Monti (senza tuttavia giungere ad un voto di sfiducia), quindi allo scioglimento anticipato delle Camere (seppur di appena un mese e mezzo rispetto alla scadenza naturale) e a nuove elezioni (fine febbraio 2013).

Trascuro volutamente tutte le fasi che vanno dai risultati elettorali delle elezioni politiche del 2013 alla caduta del Governo Letta (sulle quali ho già scritto tanto e non intendo ripetermi), per giungere ai giorni nostri.

Nel febbraio 2014 Matteo Renzi, eletto Segretario del PD un paio di mesi prima, spinge Enrico Letta (secondo Presidente del Consiglio post 2011 privo di legittimazione popolare) a rassegnare le dimissioni, prendendo il suo posto a Palazzo Chigi.

Nel frattempo lo scenario politico è mutato radicalmente: a) Silvio Berlusconi è decaduto da senatore per effetto della Legge Severino (votata dal suo stesso partito nella precedente Legislatura); b) Angelino Alfano, segretario del PDL addirittura durante le elezioni politiche, sul finire del 2013 abbandona Berlusconi e fonda il NCD, andando in soccorso del Governo Letta prima (ormai privo dell’appoggio del Cavaliere) e dell’esecutivo Renzi poi; c) l’IVA, che sembrava non dovesse aumentare, nell’ottobre 2013 sale dal 21 al 22%; d) la Corte Costituzionale – nel gennaio 2014, con sentenza n. 1/2014 – dichiara l’incostituzionalità del Porcellum, cioè della legge elettorale con la quale si sono tenute le elezioni politiche del 2006, 2008 e 2013. La pronuncia di incostituzionalità riguarda sia la mancata possibilità per l’elettore di esprimere le preferenze per i candidati, sia la mancata previsione di una soglia minima di voti oltre la quale avrebbe dovuto trovare applicazione il premio di maggioranza! In pratica la maggioranza numerica (seggi) che il PD ha alla Camera dei deputati è fortemente viziata dalla pronuncia della Consulta!

E proprio quella stessa maggioranza, formatasi attraverso un meccanismo elettorale dichiarato incostituzionale, ha provveduto a svalutare il lavoro (il Jobs Act ha reso la tutela reale un’ipotesi meramente residuale) e sta stuprando la Costituzione, la quale – probabilmente – subirà una consistente riforma nella sua Parte Seconda da parte di un Parlamento di nominati la cui composizione è scaturita da meccanismi elettorali dichiarati incostituzionali!

Matteo Renzi (terzo Presidente del Consiglio consecutivo privo di legittimazione democratica) si insedia quindi a Palazzo Chigi con un PD spaccato ma con una forza dirompente: gli italiani gli credono e alle elezioni europee del maggio 2014 conferiscono al PD una incredibile “apertura di credito”: 40,8%, seppur su appena il 59% circa di votanti.

Forte di questo consenso Renzi avvia un percorso di revisione della Parte Seconda della Costituzione, fa approvare a ritmi serrati una riforma del mercato del lavoro (Jobs Act) che – eliminando quasi del tutto la tutela reale – precarizza a vita il lavoro (svalutazione del lavoro allo scopo di salvare l’€uro!) e impone al Parlamento – ricorrendo aďdirittura alla questione di fiducia – la riforma della legge elettorale (Italicum) in stile “Legge Acerbo 2.0”!

Ma, nonostante l’Italia renziana “faccia le riforme”, i risultati economici sono terrificanti: secondo i dati ISTAT relativi al mese di giugno 2015, la disoccupazione è tornata a salire (12,7%) e quella giovanile ha raggiunto livelli da film horror (44,2%). Per quanto riguarda il PIL, dopo tre anni di recessione, nel 2015 (come anche nel 2013 e nel 2014) ci si aspettava una ripresa economica che – nonostante il Quantitative Easing, il basso prezzo del petrolio e le riforme – nel secondo trimestre di quest’anno ha registrato un misero e deludente +0,2% (addirittura quattro volte più basso del PIL della moribonda e commissariata Grecia).

Ma questi dati, almeno per me, non sono una sorpresa: perché l’€uro sopravviva c’è bisogno della svalutazione del lavoro (riduzione dei salari e delle garanzie contrattuali in favore del lavoratore) e della contrazione della domanda interna! Pier Ferdinando Casini, leader dell’UDC, prima delle elezioni politiche 2013 disse che dopo Monti può esserci solo Monti, non intendendo necessariamente il senatore a vita nella sua rappresentazione fisica ma la direzione politica impressa dal bocconiano col suo Governo! E dal novembre 2011 in avanti, Monti o non Monti, la politica del nostro Paese va nella direzione impressa dall’ex commissario europeo, ossia di realizzazione dei diktat contenuti nella lettera che la BCE inviò a Silvio Berlusconi nell’agosto 2011… E quando Renzi dice di voler cambiare verso all’Europa, intendendo finanche recarsi a Bruxelles per sbattere i pugni sul tavolo, dice una sciocchezza che lo rende addirittura ridicolo!

Alle elezioni regionali di quest’anno, benché il centro-sinistra si sia aggiudicato 5 Regioni su 7, il PD – rispetto alle elezioni europee dell’anno precedente – ha perso circa 2 milioni di voti (Fonte Istituto Cattaneo)! Il 40,8% delle europee è ormai un lontano ricordo!

E concludo.

Nel 2011 il tasso di disoccupazione era dell’8,4% e quello giovanile poco sotto il 30%. Il PIL registrava un +0,4%. Nel 2015 la disoccupazione è al 12,7% e quella giovanile al 44,2% (dati ISTAT relativi a giugno 2015). Il PIL, dopo aver perso quasi 5 pt. percentuali negli ultimi tre anni (2012, 2013 e 2014), registra timidi segnali di ripresa solo quest’anno, segnali del tutto insufficienti e soprattutto deludenti se si considera la contemporaneita’ di molteplici fattori come il Quantitative Easing, le riforme realizzate e il prezzo del petrolio!

Il COLPO DI STATO, concretizzatosi quasi quattro anni fa, è ancora in atto: l’ex Troika (oggi Brussels Group), ben appoggiata al nostro interno, governa l’Italia attraverso tre pupi succedutisi dal novembre 2011 ad oggi (Monti, Letta, Renzi) e un giocattolo (il Parlamento) che vota tutto quello che i pupi gli hanno imposto (e impongono) di votare… il tutto allo scopo di salvare l’€uro, una moneta sbagliata e criminale nata con il fine di tutelare il capitale internazionale a scapito del lavoro, dei diritti inalienabili e della democrazia costituzionale: l’aver costituzionalizzato il vincolo del pareggio di bilancio è l’emblema dell’intero colpo di Stato!

Ciononostante, il popolo dorme! Quando si sveglierà avrà ormai le catene al collo…e ai piedi!

Giuseppe PALMA

Il vice di Obama, Joe Biden dice la verità sull’ISIS. Senza volere.

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Joe Biden, il vicepresidente degli Stati Uniti affiancato ad Obama, non passerà alla storia come il più acuto degli statisti. Anzi non passerebbe alla storia per niente, se non fosse per una qualità: è un gaffeur naturale di impareggiabile scemenza. E in quella attività di gaffeur, dice senza volerlo cose vere che il suo governo – e il potere americano – cerca di nascondere. Come la clamorosa verità su chi arma l’ISIS (“i nostri alleati”) e perché gli Usa sono contenti che l’ISIS sia armato per rovesciare Assad. Biden parlava il 16 novembre scorso agli studenti di Harvard al John F. Kennedy Jr Forum Institute of Politics.

Gli domandano: “Col senno di poi, lei crede che gli Stati Uniti avrebbero dovuto agire prima in Siria? E se no, adesso è il momento giusto?”

Il gaffeur risponde: “La risposta è ‘no’ per due ragioni. Una, l’idea di identificare un centro moderato (in Siria, ndr.) è una ricerca in cui l’America s’è impegnata per molto tempo. Noi americani crediamo che in ogni paese in transizione ci sia un Thomas Jefferson dietro ogni roccia, o un James Madison dietro ogni duna, eh eh (ridacchia). Il fatto è che in Siria non c’era un centro moderato perché il centro moderato lo formano dei bottegai, non dei soldati – classe media.

Ciò di cui mi sono sempre lamentato è che il nostro maggior problema sono i nostri alleati – I nostri alleati nella regione sono il nostro problema in Siria. I Turchi sono grandi amici, ho la più cordiale relazione con Erdogan, ho passato molto tempo con lui – e i sauditi, gli emirati, eccetera. Cosa hanno fatto questi? Determinatissimi a buttar giù Assad e – essenzialmente – a farsi una guerra sunniti-sciiti, sicché che hanno fatto? Hanno versato centinaia di milioni di dollari, e decine, migliaia di tonnellate di armi a chiunque volesse combattere contro Assad; e la gente che fu rifornita erano Al Nusra, Al Qaeda, gli elementi estremisti provenienti da altre parti del mondo. Pensi che esageri? Guardate un po’…

Di colpo ognuno si sveglia perché questo gruppo chiamato ISIL, che poi era Al Qaeda in Irak, che quando fu cacciata dall’Irak ha trovato spazio aperto e territorio in Siria, lavora con Al Nusra, che era già stato dichiarato un un gruppo terrorista – e noi non siamo riusciti a convincere i nostri partners a smettere di rifornirli. Ora tutti hanno visto la luce, di colpo – e criticano il Presidente. Ma il presidente è stato capace di mettere insieme una coalizione coi nostri partner sunniti, perché l’America non può andare di nuovo (ad invadere) una nazione musulmana ed essere vista come aggressore – deve essere di sunniti – sunniti che attaccano una organizzazione sunnita.

Insomma, in poche parole, Joe Biden ammette quel che ufficialmente gli Usa negano:

– Che “gli alleati” sono quelli che armano Daesh, e li nomina: Erdogan, Sauditi, Emirati.

– Che non c’è in Siria alcuna opposizione “moderata” – e lo dice due settimane dopo che il Congresso, su indicazione di Obama, ha stanziato mezzo miliardo di dollari per “armare ed addestrare” i ribelli moderati” in Siria.

  • Che gli Usa in Siria non possono intervenire perché non possono più essere visti come aggressori di un altro paese musulmano. Debbono dunque affidarsi ai partners, ai wahabiti e a Erdogan. Che è probabilmente il motivo per cui Obama non volle partecipare nel 2012 all’aggressione anti-Assad in cui francesi, turchi e sauditi erano già pronti.

Poche ore dopo queste incaute ammissioni, gli uffici del vicepresidente Biden hanno dovuto emanare un comunicato in cui il gaffeur “si scusa per ogni allusione che la Turchia ed altri alleati e partners nella regione abbiano rifornito intenzionalmente, o facilitato la crescita di ISIL, o IS, o altri estremisti violenti in Siria”.

Ovviamente Biden non s’è lasciato sfuggire “tutta” la verità – sarebbe troppo pretenderlo dal reime della menzogna. Non ha spiegato agli studenti quel che sappiamo del Telegraph britannico (non un sito complottista), ossia che la CIA è stato il maggior responsabile di un ragguardevole trasferimento clandestino delle armi saccheggiate dagli arsenali di Gheddafi in Libia ai terroristi anti-Assad, l’operazione in cui fu ucciso l’ambasciatore Usa Chris Stevens e in cui fu implicata la Clinton, allora segretaria di Stato, che si dimise proprio per quello. Nè che la CIA ha organizzato un trasporto di armi dalla Croazia ai tagliagole siriani nel 2012, armi pagate dall’Arabia Saudita, con un ponte aereo.

Nè ha detto che le 24 banche che sono attualmente nel territorio occupato da Daesh e attraverso le quali il Califfato ricicla i suoi profitti criminali, specie ma non solo da petrolio, continuano ad operare sui mercati internazionali perché non è stata esclusa dal sistema SWIFT, da cui invece fu esclusa la banca vaticana per far sloggiare lo sgradito papa Ratzinger. Forse Bruxelles, risparmiandoci le scenografiche “cacce all’uomo in città”, potrebbe più decisamente contribuire all’azzeramento del terrore ordinano a Swift di bloccare i conti delle 24 banche.

Sarebbe poco faticoso, perché la sede di SWIFT è a Bruxelles.

“Una totale menzogna” è stata la supposta guerra della coalizione occidentale anti ISIS – così ha dichiarato Vladimir Putin dalla sala operativa del Ministero della Difesa russo, in un comunicato in cui ha anche dichiarato l’ISIS “sull’orlo della disfatta totale” dopo che le forze aeree russe hanno distrutto nelle ultime 48 ore 472 bersagli terroristi, obliterato mille autobotti negli ultimi 5 giorni, e ridotto le forze militari dei tagliagole a sole 34 basi operative. Se si pensa che l’operazione russa non ha nemmeno due mesi, e che l’Occidente ha “bombardato l’ISIS” da due anni, la menzogna è evidente.

Un’altra cruda verità, invece, è stata diramata dal comandante della portaerei USS H.Truman e della sua squadra d’appoggio, capitano Ryan Scholl, che si sta precipitando sulla scena, e conduce esercitazioni coi piloti di bordo:

“L’ISIS non è la sola sfida che attende la squadra. Russi, Cinesi (1), e marines iraniani hanno stabilito la loro presenza in Siria , e navi da guerra russe dal Mar Nero si sono riposizionate nel Mediterraneo orientale per proteggere i caccia che conducono attacchi aerei in supporto del regime di Assad. In preparazione, l’esercitazione Composite Training Unit si concentra su avversari che somigliano più da vicino a quelli della Guerra Fredda”. Sembra una minaccia non proprio diretta contro l’ISIS.

AL Nusra è stata fornita di anticarro TOW americani

Secondo il Jerusalem Post, truppe russe avrebbero cominciato ad operare sul terreno in Siria.

di Maurizio Blondet

Note

1) Oltre al gruppo di battaglia della Marina dell’Esercito popolare cinese, secondo notizie non confermate, ci sarebbero “boots on the ground” cinesi – tre mila Marines di Pechino – operanti in Siria.

2) Una notizia in più: La via delle autobotti dell’ISIS è coordinata da Bilal Erdogan, cioè, il figlio del musulmano che con Obama, musulmano pure lui, ci sta facendo combattere l’ennesima guerra per il petrolio e per il dollaro.ndr

 

Come l’Europa finì nelle mani del sultano Erdogan.

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Quando cinque anni fa feci un breve viaggio a Istanbul, non avrei mai pensato di stare vivendo nel mio futuro. Cinque anni, in fondo, non sono tanti, ma in questo lasso di tempo il mondo in cui sono nato e cresciuto si è trasformato radicalmente. E davvero mai avrei scommesso che quello che allora veniva considerato un primo ministro infido e pronto a seppellire la democrazia sarebbe diventato il nostro leader. Leader di noi europei, intendo, la nostra guida Recep Tayyip Erdogan.

All’epoca gli ingenui tacciavano il premier turco di essere una variabile impazzita all’interno della Nato, sponsor nemmeno tanto occulto dell’Isis, un repressore che faceva chiudere i giornali dell’opposizione in diretta televisiva, un alleato che tale non era più e forse in cuor suo non lo era mai stato. Un mio conoscente aveva addirittura cercato, senza successo devo dire, di organizzare una marcia di protesta per chiedere la cacciata della Turchia dalla Nato. Non aveva capito niente.

Ai meno sprovveduti la mente cominciò ad aprirsi quando i turchi abbatterono un caccia di Mosca, una decina di giorni dopo le stragi di Parigi al Bataclan e in altri posti che non ricordo, pochi giorni dopo l’alleanza informale stretta dall’inquilino dell’Eliseo François Hollande con il presidente russo Vladimir Putin per combattere in maniera coordinata l’Isis in territorio siriano. Vado a memoria perché le tracce di quei giorni su Google sono frammentarie, il mese scorso Erdogan ha firmato un accordo con i vertici del gruppo americano per una più stretta vigilanza sulle offese all’islam e temo anche alla sua augusta personalità. Poiché le nostre menti da anni non sono più esercitate a ricordare (“che lo imparo a fare, tanto c’è Google”, era il mantra delle nostre vite), per non parlare di chi ha 18 anni, faccio davvero una gran fatica a rimettere in ordine gli avvenimenti.

Mi consola solo il fatto che i bambini di oggi almeno torneranno ad imparare a memoria qualcosa: non le poesie di Pascoli o di Ungaretti, ma i versetti del Corano. Certo era strano: tutti noi, popolino europeo, sentivamo che il nostro più pericoloso nemico era l’Isis. In fondo ce lo ripetevano anche i nostri presidenti, seppur senza troppa convinzione. Cinque anni fa, dunque, la situazione era questa: i turchi, nostri alleati nella Nato, comprano il petrolio dall’Isis e compiono un atto di guerra nei confronti della Russia, che invece attacca l’Isis pesantemente. E la stessa Francia, principale vittima di questi uomini vestiti di nero e che pubblicano una patinata rivista in inglese, Dabiq, ha chiesto aiuto a Putin.

Quindi logica vorrebbe che la Russia fosse nostra alleata e la Turchia nostra nemica. E invece non è così. Perché non avevamo capito che il principale nemico dell’azionista di maggioranza della Nato (perdonate il linguaggio da ragioniere, ma per quarant’anni ci hanno fatto il lavaggio del cervello dicendoci che gli Stati devono essere amministrati come le aziende) era ancora e sempre la Russia. In realtà, Washington l’aveva proclamato a chiare lettere pochi mesi prima, ma la verità si era persa nel rumore di fondo dei media mainstream.

La Russia non può intervenire in Siria perché vuole mantenere al potere Assad il sanguinario. E poco importa che il presidente siriano protegga i cristiani che vivono sul suo territorio, mentre l’Isis taglia loro la testa. Assad se ne deve andare e per raggiungere questo obiettivo supremo l’America sostiene gruppi alleati di al Qaida, che alla fine si è dimostrata essere più moderata di tanti altri. La gente in Europa è confusa: ma come, quelli dell’Isis fanno il tiro al bersaglio contro di noi perché siamo infedeli e poi, dopo tutto quello che è successo, l’obiettivo numero uno di Washington resta quello di abbattere un uomo che non sarà di certo un santo ma almeno non ti ammazza perché sei cristiano?

Una domanda che proprio tutti si sono posti quando, tra l’orrore generale, una settimana dopo papa Francesco venne fatto saltare in aria mentre apriva le porte del Giubileo nella Cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, un posto dove cristiani e musulmani se le davano di santa ragione. Un frammento del bianco abito talare impregnato di sangue del gesuita argentino venne portato a Roma e lì è venerato dai pochi che ancora si professano cattolici. La reliquia non è vegliata dalle Guardie Svizzere perché sono state sostituite dai bosniaci di Erdogan, una delle personalità più commosse il giorno dei solenni funerali in Piazza San Pietro. Vennero prese misure di sicurezza mai viste prima e tutto filò liscio sebbene quella sarebbe stata l’occasione giusta per decapitare l’intera élite planetaria (tra il pubblico c’era anche Warren Buffett, le labbra incollate per tutto il tempo della cerimonia a una lattina di Coca-Cola). Qualcuno osò dire che sembrava un funerale di mafia, con i mandanti in prima fila a rendere omaggio alla vedova. Non lo si vide più sugli schermi della Rai.

Erdogan parlò per esprimere tutto il dolore e l’indignazione del mondo islamico, le sue furono parole di pace, dette con la solennità di tempi antichi. I traduttori nelle principali lingue del mondo, compreso per una volta l’italiano, vennero scelti accuratamente, avevano voci profonde, ben impostate, da attori professionisti. “La vera voce dell’Islam”, titolò il Corriere della Sera. Erdogan diventò seduta stante il massimo rappresentante dell’Islam dialogante con l’Occidente. Con la benedizione degli Stati Uniti. Due mesi dopo Putin sopravvisse a un attentato rivendicato dai ceceni in cui morirono 250 russi. Ma rimase senza gambe e decise di ritirarsi in Crimea. Al Cremlino tornò il peso piuma Medvedev, che ben presto venne defenestrato da Alexander Dugin, il barbuto ideologo di Putin. Fin dal primo giorno del suo insediamento la Russia piombò nel caos e scomparve dalla scena internazionale, in preda a una massacrante guerra civile.

Nel frattempo, la Crimea era tornata sotto il controllo di una ringalluzzita Ucraina. Tutti ricordano il momento in cui il nuovo presidente del regime di Kiev, il georgiano Mikheil Saakashvili, ammanettò davanti alle telecamere un umiliato Putin immobile nella sua carrozzella. Qualcuno notò che la messinscena e la tecnica di regia ricordavano quelle dei più famigerati filmati dell’Isis. E da quel giorno non comparve più in Rai.

Dopo un estenuante conclave lungo 36 giorni venne eletto papa il colombiano Pedro Valderrama. Quando si affacciò al balcone nessuno tra i fedeli e i giornalisti presenti in piazza San Pietro lo aveva mai sentito nominare. E grande fu la costernazione quando rivelò di essere un laico. Soli pochi cultori di diritto ecclesiastico sapevano che può assurgere al soglio di Pietro qualsiasi individuo di sesso maschile, battezzato, cattolico e che possegga l’uso della ragione. Il baldanzoso cinquantaseienne Valderrama era affiliato ai Cavalieri di Colombo, un’organizzazione cattolica fondata negli Stati Uniti nel 1882. Presentandosi ai fedeli ammutoliti, Valderrama, che aveva assunto il nome di papa Cristoforo, disse che la ricchezza materiale può essere un dono di dio se ben gestita (disse proprio così nel suo italiano quasi perfetto) per poi citare in modo inopinato e con un certo disprezzo lo storico dittatore argentino Juan Domingo Peron, cosa che venne interpretata come un affronto al povero Francesco da poco fatto saltare in mille pezzi. I pochi fedeli rimasti erano sconcertarti e nonostante il favore dei più importanti media occidentali, Valderrama riuscì ad attirare le simpatie solo di qualche anziano prelato italiano.

Così quando uno scandalo rivelato dal giornalista Gianluigi Nuzzi, noto per essere riuscito a evadere dalle carceri vaticane, mostrò al mondo intero che sui conti correnti dello Ior erano depositati i risparmi dei più pericolosi latitanti della criminalità organizzata italiana e sudamericana, la cosa non fece neanche troppo scalpore. Papa Cristoforo aveva fatto perdere ogni senso del sacro, le chiese erano sempre più vuote, chi era attratto dalla religione si rivolgeva in misura crescente all’Islam.

Nonostante l’Isis continuasse a colpire l’Europa. L’attentato più clamoroso fu quello alla porta di Brandeburgo, a Berlino, il giorno dell’anniversario della riunificazione tedesca quindici kamikaze si fecero esplodere contemporaneamente, causando una carneficina in cui perse la vita la cancelliera Angela Merkel. Rimase miracolosamente indenne il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, che finalmente salì sulla poltrona a cui ambiva da una vita, arricchito da una cicatrice trasversale sulla guancia destra, unico lascito dell’attentato. La prima misura che prese da cancelliere fu di aprire le porte a un milione e mezzo di rifugiati dalle guerre in Siria e nel resto dei Paesi arabi parcheggiati in Turchia in attesa di entrare in Europa. Erdogan scrisse una commovente lettera a Schaeuble per ringraziarlo. In quegli anni non ci fu solo l’Isis a seminare morte in un’Europa sempre più sgomenta. Tornarono infatti in voga gli omicidi politici mirati, come negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.

Il più importante fu quello che vide l’eliminazione di Marine Le Pen e di sua nipote Marion sul palco a Nizza mentre era alle ultime battute la campagna per il primo turno delle elezioni presidenziali. A centrarle con la precisione di un cecchino fu un giovane studente di scienze politiche a Montpellier, un certo Roger Lacroix, che a dispetto del nome aveva fondato le sedicenti Brigate Robespierre per difendere i valori dell’illuminismo e della rivoluzione francese, oltre che per vendicare la morte di Bernard-Henri Levy, il filosofo mediatico ispiratore della guerra a Gheddafi, trovato decapitato in una suite dell’Hotel Ritz di Parigi. Un omicidio ancora misterioso. Di nemici se ne era fatti tanti e non certo per le sue tesi filosofiche. stava antipatico a tutti, perfino gli israeliani non lo sopportavano più.

Ormai privo di avversari, venne rieletto Nicolas Sarkozy, più agitato a agitatore che mai: la sua prima mossa fu quella di mettere sotto assedio il quartiere di Saint Denis per riportarlo sotto la sovranità francese. Allo stesso tempo troncò ogni rapporto commerciale con la Russia, così la stampa anglosassone mise la sordina alle critiche per il suo operato a Saint-Denis, che in altre occasioni sarebbe stato definito “fascista”. Dopo tutti questi sconvolgimenti e il triste crepuscolo della chiesa cattolica era ormai chiaro che all’Europa non restava altra alternativa che sottomettersi all’Isis o alla Turchia di Erdogan. Non si andò a votare, ma se si fosse andati il 90 per cento degli europei avrebbe votato per Erdogan. E così il premier turco stese la sua benevola protezione sulla martoriata Europa.

Il presidente degli Stati Uniti Hillary Clinton si impegnò per fare firmare a Erdogan un patto in cui rinunciava a imporre la tassa sugli infedeli e tutti noi gliene siamo grati. Devo dire che non mi lamento. Il vino non è stato messo al bando e l’economia reale è ripartita. Incredibilmente, in Italia gli imprenditori sono tornati ad assumere gli operai. Ormai sono in maggioranza italiani purosangue caduti in miseria a causa della recessione decennale. Gli arabi di religione islamica sono invece commercianti, piccoli e medi imprenditori, non più solo nell’edilizia, e insegnanti. Si sta faticosamente riformando la classe media e sono loro a costituirne il nerbo. In fondo Milano è diventata l’Istanbul di cinque anni fa. La borghesia secolarizzata resiste, anche perché viene tollerata. Si sa che col tempo si assottiglierà fino a essere sommersa da quelle che io chiamo le donne con il foulard e dagli imam imprenditori, ma, come dimostra l’esempio di Istanbul, avverrà tutto con gradualità, senza scossoni.

Intanto mi sto convertendo anch’io all’islam. Un’adesione formale, certo. Ma fa comodo, ti risolve tanti problemi. Se non sei un eroe devi seguire la corrente. Cerco di godermela finché posso. Fra vent’anni sarò vecchio, la società sarà totalmente islamizzata, ma credo che non mi faranno problemi se fra le quattro mura domestiche ogni tanto mi berrò un bicchiere di vino comprato al mercato nero. L’essenziale è essere sopravvissuto a questi anni terribili. In fondo non è stato difficile perché all’Italia sono stati risparmiati attentati devastanti. Ne ignoro il motivo e non voglio nemmeno saperlo. So soltanto che grazie a Erdogan i soldi sono tornati a girare. Forse perché nelle mie tasche non ci sono più gli euro, ma le lire. Quelle turche.

Eriprando Sforza

La Russia garantirà la sicurezza dei velivoli impegnati in Siria

241115 Moskva
“Lo Stato Maggiore sta attualmente predisponendo misure aggiuntive per garantire la sicurezza di velivoli impegnati in Siria. Primo: tutti gli aerei d’attacco saranno scortati da caccia da combattimento. Secondo: saranno prese misure per rafforzare la difesa aerea con immediata copertura ad opera dell’incrociatore Moskva. Comunichiamo che qualsiasi, ripetiamo qualsiasi potenziale nemico, sarà distrutto. Terzo: tutti i contatti militari con la Turchia sono stati interrotti.” E’ quanto hanno appena comunicato dallo Stato Maggiore russo.

Così come avevamo ribadito lo scorso 5 ottobre, Putin ha di fatto instaurato una sorta di no-fly-zone grazie al dispiegamento dell’incrociatore lanciamissili Moskva a protezione della città costiera di Latakia. Lo schermo difensivo copre anche la zona meridionale della Turchia e quelle basi utilizzate dagli USA per i raid in Siria.

3231407121_374a5c44cd_b.jpgUn solo battello, la domanda potrebbe essere lecita per i non addetti ai lavori, potrebbe davvero scoraggiare i caccia della coalizione a guida USA? La risposta è si, perché il Moskva porta con se 64 missili terra aria S-300 PMU-1/2. Quei 64 missili di ultima generazione, in grado di abbattere sia caccia che missili balistici fanno del vettore classe Slava un incubo per la coalizione. Se a questo aggiungiamo che quella dinanzi le coste siriane è la nave più potente mai realizzata dalla Marina sovietica, pensata espressamente per devastare le portaerei USA (non per nulla le Slava sono soprannominate “carrier-killer” con i suoi SS-N-12 Sandbox lanciati a sciami), il quadro appare ancora più sinistro.

Il pretesto del corridoio aereo sicuro per colpire l’Isis, impone alla coalizione di rivedere l’intera strategia perché sarà costretta a coordinare ogni operazione con Siria, Russia e Libano.

L’alternativa? volare in uno spazio aereo protetto da batterie missilistiche di ultima generazione e, dopo gli episodi di oggi, dal grilletto facile. Nessuna forza aerea presente nella Regione potrebbe alzarsi perché sarebbe alla mercé degli S-300. Quei 150 km di autonomia sono un incubo per i caccia israeliani, inglesi, giordani e turchi. Gli stessi americani, hanno per lo più caccia F-16 nella Regione che non avrebbero scampo contro una schermatura simile.

(di Franco Iacch) 24/11/15  (foto: TASS)

AEREO NATO DELLA TURCHIA ABBATTE DI PROPOSITO UN JET RUSSO. PUTIN: “PUGNALATA ALLA SCHIENA. CONSEGUENZE TRAGICHE”

p2Bh9Jmt6WsHo divulgato la tragica notizia sull’onda dell’emozione e della rabbia per l’assassinio di un soldato di pace russo ed europeo. Ho detto: “Gli aviatori del mondo son tutti fratelli”. Una preghiera di pace alla tua anima, caro fratello. Ora, due parole e un commento un po’ più a freddo, anche se nei prossimi giorni assisteremo ad una escalation della provocazione di Obama verso Putin: Satana contro il difensore di Cristo e non dimentichiamo i fischi di Ankara ai morti di Parigi.

Tensione Ankara-Mosca, ma i fatti sono che, per la prima volta, la NATO ha colpito e ucciso due soldati di pace russi. Alta tensione, dunque, tra Russia, NATO e Turchia dopo che un caccia Sukhoi 24 dell’aviazione russa è stato abbattuto questa mattina dagli F-16 turchi al confine tra Turchia e Siria, praticamente vicino al circuito di atterraggio della base russo-siriana di Latakia. L’ordine di abbattere il Sukhoi-24 è stato dato, evidentemente da Erdogan in persona, perché non avrebbe risposto agli avvertimenti degli F-16 di Eskisehir-Turchia e, come riporta (guarda caso) la Cnn, avrebbe violato lo spazio aereo turco. Il video della caduta mostra che il caccia viene giù quasi in verticale dal cielo siriano e non turco e che i piloti si sono lanciati con i paracadute. Ora, per chi ha dimestichezza con l’aviazione, è normale che un caccia in volo sulle basi prossime al confine, come sono quella russo-siriana di Latakia e quell’altra turco-americana di Eskisehir, sconfini di qualche chilometro (sembra 2,2 km), per esempio durante una virata e, comunque, gli addetti ai radar sanno ben distinguere un errore di una procedura di volo da una manovra di attacco. Questo, per la parte teorica. Andando alla sostanza, invece, i convogli dei contrabbandieri di petrolio e di armi dell’ISIS, coordinati da Bilal Erdogan, entrano ed escono dal confine turco, ma non si deve dire.

 

Nelle immagini del video postato in rete che mostrerebbe la cattura, o addirittura l’uccisione, del pilota del caccia russo, ma la cui attendibilità è ancora da verificare, si vede il paracadute impigliato sugli alberi e diverse persone, civili e ribelli turcomanni, avvicinarsi al grido di “Allah Akbar”. Una voce, grida… in italiano (!!!): “Via, via!”, e, subito dopo, si sentono degli spari: impossibile capire se i colpi sono tutti contro il pilota o vengono sparati anche in aria. Ribelli siriani, in un altro video, mostrano il cadavere di uno dei due. Del secondo membro dell’equipaggio non c’è traccia. Un elicottero russo dei soccorsi è stato pure colpito ed è atterrato in emergenza con un morto a bordo che ci lascia questo bel bambino.

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Mosca, però, ha negato lo sconfinamento e il presidente russo, Vladimir Putin, ha parlato di “un crimine”, di “una pugnalata alla schiena sferrata da complici dei terroristi” e ha avvertito che l’incidente avrà “serie ripercussioni” sui rapporti tra Mosca e Ankara. Il capo del Cremlino ha affermato che il velivolo non minacciava la Turchia ed è caduto 4 chilometri all’interno del territorio siriano. La Nato convoca il Consiglio atlantico straordinario.  Il vicepresidente della Duma: “La Turchia appoggia l’Is”.

U.S. President Obama and Turkey's Prime Minister Erdogan take part in a family photo during the G20 Summit in Cannes
U.S. President Barack Obama (L) and Turkey’s Prime Minister Recep Tayyip Erdogan take part in a family photo during the G20 Summit of major world economies in Cannes November 3, 2011. REUTERS/Philippe Wojazer (FRANCE – Tags: POLITICS BUSINESS) – RTR2TKEP

Dal vertice dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico) in Malesia, Obama ha affermato: “strapperemo la terra che hanno rubato, taglieremo i loro mezzi di finanziamento, strapperemo le loro reti, decapiteremo i loro vertici , li annienteremo”. Con ciò ha voluto significare che non lascerà il Medio Oriente nelle mani della Russia e, giurerei, che l’ordine di abbattere il Sukhoi sia stato dato per dare un ALT alla guerra di pace di Putin contro il terrorismo, così caro a Israele, USA e Gran Bretagna . Il macellaio dei curdi, naturalmente, ha aderito di buon grado, sperando di veder rilanciate le sue brame di sultano del neo-impero ottomano. Solo un ultima nota: Una fotografia recente mostrava gli F-16 americani dello squadrone di base ad Aviano rischierati sulla base turca di Eskisehir. La mia domanda è: “Ma noi che ci facciamo ancora nella NATO?”