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4327.- La CIA ha usato e userà l’ISIS per interferire in Afghanistan.

Ricordate le foto del fu’ senatore John McCain alla Casa Bianca con Al-Qaeda ? Bonazzi ce le ripropone. ISIS e Al-Qaeda/Al-Nusra, costituivano la “Legione Straniera” della Casa Bianca. Dietro ai recenti attentati terroristici in Afghanistan vi sono ampi retroscena …

Scritto il  pubblicato in geopolitica e opinioni

For this photo we thanks alghad.com

Dietro ai recenti attentati terroristici in Afghanistan vi sono ampi retroscena che oggi andremo a riepilogare. Nel corso degli anni, diversi rapporti dell’Afghan Analyst Network (AAN) sullo Stato Islamico nella provincia del Khorāsān mostrano che questo inizialmente era composto da islamisti provenienti dal Pakistan. Un rapporto del 2016 spiega che i combattenti dell’ISIS del Khorāsān, erano estremisti pakistani stabilitisi nei distretti sudorientali di Nangarhar, una provincia dell’Afghanistan e sulle montagne dello Spin Ghar, sul lato pakistano della Linea Durand. Prima di unirsi all’ISIS, questi militanti operavano in maggioranza nella sigla Tehrik-e-Taliban Pakistan (TTP) e quasi tutti giunsero a Nangarhar dal 2010. Il governo del Pakistan sostiene che il TTP sia sostenuto dal RAW, l’agenzia di intelligence esterna dell’India, che spera di usarli contro il Pakistan. Sembra inoltre che anche il governo “democratico occidentalista” afghano, prima della sua fuga corteggiasse questi estremisti.

L’ex membro democratico del Congresso e veterana di guerra Maggiore Tulsi Gabbard

Nel tempo, l’NDS, cioè i servizi segreti afghani riuscirono a stringere accordi con il Tehrik-e-Taliban Pakistan, permettendo a questi islamisti di spostarsi liberamente nel Khorāsān usufruendo degli ospedali pubblici. In conversazioni confidenziali con l’Afghan Analyst Network, alcuni funzionari del precedente governo “democratico occidentale” confermarono che vi erano relazioni tra militanti del Tehrik-e-Taliban Pakistan e l’NDS. Anche gli ‘anziani’ tribali (carica politica tradizionale) e politici di Jalalabad dichiararono di tutelare gli islamisti TTP pachistani, come rappresaglia al sostegno fornito dal Pakistan ai talebani afghani che oggi hanno preso il potere nel paese. L’NDS afghana era ovviamente controllata dalla CIA, che negli anni ’90 aveva addestrato Amrullah Saleh, ex capo dell’intelligence dell’Alleanza del Nord anti-talebana. Dopo che nel 2001 gli Stati Uniti rovesciarono l’allora governo talebano, Saleh divenne capo dell’NDS. All’epoca gli Stati Uniti affermavano di combattere lo Stato Islamico in Iraq e Siria, ma era una menzogna, perché ISIS e Al-Qaeda/Al-Nusra, costituivano la loro “Legione Straniera” in Medio Oriente come denunciò anche dall’allora membro del Congresso e veterana di guerra signora Tulsi Gabbard.

Il fu’ senatore John McCain portò il sostegno della Casa Bianca ad Al-Qaeda e al futuro califfo Al-Baghdadi con l’obbiettivo di annettere Siria e Iraq al blocco occidentale, operazione fortunatamente fallita grazie all’intervento decisivo della Russia: fermo immagine CNN 

Dopo l’intervento decisivo della Russia in Siria, man mano che l’ISIS perdeva terreno, secondo molti rapporti comprovati, i membri di spicco dell’organizzazione vennero estratti da Iraq e Siria con elicotteri americani non contrassegnati e trasferiti a Nangarhar in Afghanistan dove si unirono ai militanti dell’ISIS-k. Esiste un lungo elenco di funzionari governativi di Iraq, Siria e Iran che accusarono gli Stati Uniti di sostenere l’ISIS, come anche il governo russo. Assieme a tali denunce vi sono quelle di vari media e dell’organizzazione libanese Hezbollah che combatte i terroristi in Siria al fianco dell’Esercito Regolare. Altri rapporti sono giunti anche da un gruppo militare riconosciuto dallo stato iracheno e dai Guardiani della Rivoluzione iraniani che combattono l’ISIS in Iraq e il cui comandante, generale Sardar Qasem Soleimanivenne assassinato dagli USA per ritorsione nel 2020. Infine, anche l’ex presidente afghano Hamid Karzai, definì il gruppo: “uno strumento degli Stati Uniti”.

L’Afghanistan sotto l’occidente

Le ex forze speciali NDS: foto Twitter

Facciamo ora un passo indietro, al periodo di occupazione occidentale dell’Afghanistan. Negli anni la CIA aveva sviluppato e formato altri estremisti per fermare l’avanzata dei talebani, l’NDS organizzandola in 4 battaglioni e la Khost Protection Force (KPF). Queste due formazioni erano nei fatti squadroni della morte controllati dalla CIA che li supportava con gli elicotteri. Nel 2018 la CIA era impegnata nel programma ANSOF (precedentemente Omega), per uccidere o catturare i leader talebani. A metà del 2019, la ONG Human Rights Watch denunciava: “le forze d’attacco afghane sostenute dalla CIA hanno commesso gravi abusi, alcuni dei quali equiparati a crimini di guerra. Queste forze hanno ucciso illegalmente civili in raid notturni, fatto sparire con la forza detenuti e attaccato strutture sanitarie. Le vittime civili di questi raid sono aumentate drammaticamente”.

Dopo la presa di Kabul da parte dei talebani, divenne chiaro che la CIA avrebbe perso il controllo di gran parte della sua principale fonte di finanziamento occulto basato sul traffico internazionale di droga dall’Afghanistan. Come sappiamo, durante la ritirata occidentale la CIA ha poi affidato alle forze NDS afghane la protezione dell’aeroporto internazionale garantendo loro che i circa 600 di loro presenti all’aeroporto, sarebbero stati evacuati. Alcuni membri di questa unità afghana, dapprima causarono un incidente sparando per errore a soldati tedeschi, un caso di “fuoco amico” che i media occidentali si affrettarono a insabbiare. Invece la CIA ha ha spostato nel Panjshir le unità dell’altro reparto, il KPF per creare una “Nuova Alleanza del Nord” con Amrullah Saleh e Ahmad Massoud. Un dato importante da sottolineare è che lungo la Valle del Panjshir passa l’unica strada degna di questo nome, che in futuro collegherà la Cina e l’Afghanistan attraverso il Corridoio di Wakhan nel progetto Nuova Via Della Seta:una coincidenza?

La vittoria talebana

Nei giorni scorsi,  un attentatore suicida dell’ISIS ha attaccato l’aeroporto di Kabul dove molte persone attendevano di essere evacuate dall’Afghanistan. Nell’esplosione e nelle fasi successive rimasero uccisi oltre 150 civili, 28 militari talebani e 13 soldati statunitensi. Come abbiamo appreso dai telegiornali, l’attacco terroristico ero stato ampiamente preannunciato, è quindi difficile capire perché gli Stati Uniti, pur preavvisati, non abbiano intensificato le misure di sicurezza. Triste a dirsi, ma come accade spesso in circostanze simili, la maggior parte delle vittime non le causò l’attentatore, ma i militari presenti nell’aeroporto che reagirono istintivamente. In situazioni di grande pericolo capitano incidenti come quello avvenuto all’aeroporto di Kabul e in guerra sono tristemente famosi gli episodi di “fuoco amico”: è triste, ma capita anche questo.

Anche i medici legali, dopo aver visitato i corpi delle vittime, hanno confermato che la maggior parte delle vittime “aveva ferite da arma da fuoco sparati dall’alto”, quindi dalle torrette di guardia presidiate dai militari. Mentre molti media occidentali cercano d’insabbiare notizie come queste, va reso merito al New York Times che ha scritto: “ Per la prima volta, i funzionari del Pentagono hanno pubblicamente riconosciuto la possibilità che alcune persone uccise fuori dall’aeroporto giovedì possano essere state colpite da membri del servizio statunitense dopo l’attentato suicida”. Una nota di demerito va invece al Washington Postche s’è inventato: “Diversi uomini armati hanno poi aperto il fuoco su civili e militari. Una branca locale dello Stato Islamico ha rivendicato l’attentato”.

Ora il futuro dell’Afghanistan, dipende da come i talebani riusciranno a far rialzare un paese saccheggiato e senza risorse, se non quelle delle sue miniere. L’unica chance per i talebani sarà quella di non chiudersi al mondo, però dovranno schierarsi da uno dei due lati della scacchiera. Dal canto suo, con il ritorno al potere dei talebani, in Afghanistan la CIA agirà utilizzando gli squadroni della morte del KPF, per contrastare gli interessi di Cina e Russia, paesi che andranno a colmare il vuoto lasciato dall’occidente. Considerato che il mainstream occidentale definisce già gli islamisti del Panjshir “ribelli”, possiamo immaginare già da ora come ci verranno presentati i nuovi tagliagole.

Col. Luciano Bonazzi, Orizzonti Geopolitici

Le fonti dell’analisi sono inserite nel testo, altri articoli sull’Afghanistan QUI

4263.- Un altro attentato contro la Cina in Pakistan

Non solo Afghanistan ! Molto si dice delle attività statunitensi contro la Cina e in particolare contro i tentativi di Pechino di reprimere la crescente minaccia terroristica nello Xinjiang, al confine con l’Afghanistan. Pechino tenta di neutralizzare i separatisti e i terroristi sostenuti dagli USA nello Xinjiang e prende di mira i musulmani”. Tuttavia, è un fatto che uno dei più vicini e antichi alleati della Cina in Eurasia sia il Pakistan, nazione a maggioranza musulmana. In Pakistan, gli Stati Uniti coltivano l’estremismo violento, il separatismo, la violenza, la divisione e persino la dissoluzione degli attuali confini del paese, che – ricordiamo – è una potenza nucleare.

Il successo dei talebani in Afghanistan incoraggia l’opposizione armata agli investimenti cinesi in Pakistan.

La competizione generata dall’espansionismo cinese della Belt&Road genera reazioni violente nella regione a cavallo di Pakistan, Afghanistan e Iran, che vanno a incidere sulla sicurezza degli investimenti di Pechino. In Pakistan, il governo non dve fare i conti soltanto con il movimento estremista Tehrik-e-Taliban Pakistan, TTP. Il successo dei talebani in Afghanistan incoraggia l’opposizione armata al dominio cinese dell’Esercito di liberazione del Baluchistan (Bla), movimento separatista della più grande provincia del Pakistan (circa la metà), molto importante dal punto di vista strategico. Nel sottosuolo baluci, inoltre, passa un importante gasdotto (dal quale derivano diritti economici di transito per un ammontare annuo che supera i 500milioni di dollari). Il popolo baluci subisce, da anni, una vera e propria, costante, violazione dei diritti umani, perpetrata dal governo di Islamabad. L’obiettivo dello stato centrale è l’annullamento della società civile baluci impedendo, di fatto, l’accesso all’istruzione. Gli investimenti, soprattutto cinesi, si sono riversati in Belucistan, senza però che le infrastrutture abbiano portato un effettivo miglioramento della vita per la popolazione locale. Come consuetudine della Cina, a lavorare negli impianti “esportati” dal governo di Pechino sono infatti soprattutto cittadini cinesi, senza ricadute positive sul territorio. Questo ha portato a una crescita del livello di tensione tra il governo centrale, che ha permesso questo, e la popolazione baluci.

Di Emanuele Rossi | 21/08/2021 – Formiche, Esteri

Un altro attentato contro la Cina in Pakistan

La Cina ha un test di sicurezza in Pakistan, dove deve proteggere i propri interessi dai gruppi armati che potrebbero prendere fiducia e spinta da quanto accade in Afghanistan

L’ambasciata cinese in Pakistan ha “condannato fermamente” un attacco suicida contro un veicolo che trasportava cittadini cinesi nel distretto portuale di Gwadar, nel Baluchistan, chiedendo a Islamabad “di adottare misure pratiche ed efficaci” per prevenire il ripetersi di tali “incidenti” — non nuovi — in futuro.

Almeno due bambini sono stati uccisi e tre persone sono rimaste ferite molto gravemente quando un attentatore suicida si è fatto esplodere vicino a un veicolo lungo la East Bay Road — erano intorno alle 19 (ora locale) di venerdì 20 agosto. Il portavoce del governo del Baluchistan ha confermato la rivendicazione della Brigata Majeed dell’Esercito di liberazione del Baluchistan (Bla), un gruppo indipendentista attivo nella regione a cavallo di Pakistan, Afghanistan e Iran. Il Baluchistan Post riporta un bilancio più alto: nove morti, tutti cinesi (viene da chiedersi se i numeri, ossia la dimensione dell’accaduto, siano filtrati per esigenze di minimizzazione narrativa di Pechino).

È la materializzazione delle preoccupazioni cinesi di cui parlava su queste colonne Andrea Ghiselli (China Med). Per la Repubblica popolare la questione sicurezza è predominante perché è un contesto stabile che favorisce gli investimenti. Come quello importante — da 60 miliardi di dollari — nel porto di Gwadar, dove la Belt & Road Initiative tocca il mare. Lo chiamano il Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC), il segmento in cui la componente marittima incrocia quella terrestre dell’infrastruttura geopolitica cinese. Deviazione  sull’Oceano Indiano che ne fa un punto altamente strategico.

Le ricostruzioni dicono che l’attentatore ha preso di mira un convoglio di ingegneri cinesi vicino al cantiere di una strada che fa parte del Corridoio. Erano protetti, ma l’ultima auto, quella colpita, era scoperta. L’attentato è il culmine di una settimana di proteste contro la Cina, accusata dai cittadini baluci di sfruttare le risorse, alterare le falde (e sottrarre risorse idriche) e le aree di pesca. Proteste chiaramente sostenute dal Bla — che in passato ha anche colpito cittadini cinesi al consolato di Karachi, dove la scorsa settimana altre venti persone sono state uccise in un attacco.

Se certe tensioni si sommano a una potenziale destabilizzazione proveniente dalla riconquista dell’Afghanistan da parte dei Talebani, ossia all’ipotetica formazione di un safe-haven per i gruppi radicali islamici, la questione diventerebbe altamente delicata. Tanto più se si considera che l’effetto ispirazione prodotto dal successo degli insorti afghani può toccare corde sensibili in Pakistan così come nello Xinjiang. Per questo la Cina cerca da tempo un dialogo con i Talebani, in modo da poter gestire l’azione di governo dell’organizzazione e controllare le loro relazioni con i gruppi armati della regione.

Un mese fa, un autobus che trasportava lavoratori è stato attaccato sempre in Pakistan, nella provincia di Khyber-Pakhtunkhwa, provocando la morte di nove cittadini cinesi e altre quattro persone. Le autorità pakistane avevano inizialmente affermato che l’incidente è stato causato da un guasto meccanico che ha portato a una fuga di gas, ma i cinesi hanno da subito parlato di attentato. Islamabad è in imbarazzo: ha aperto il proprio territorio agli investimenti cinesi per acquisire ulteriore centralità, ma ha un evidente problema di sicurezza interno connesso alle presenza di diversi gruppi ribelli combattenti.

La possibilità di complicazioni legate a quel che succede in Afghanistan è evidente, mentre per la Cina si tratta di un grande test. Pechino evita di farsi coinvolgere con operazioni di sicurezza sul terreno, ma il rischio è che con Kabul senza forze occidentali e in mano ai Talebani e con le instabilità del Pakistan gli investimenti finiscano per non essere protetti. Il ritiro americano dall’Afghanistan crea più che un problema a Pechino.

4262.- Panjshir, la provincia afgana inespugnabile dove nasce la resistenza ai talebani

Ahmad Massoud Jr

20 AGOSTO 2021 – di Redazione Mondo

Negli anni ’80 era stata la roccaforte contro i sovietici. Oggi la Valle dei cinque leoni può diventare la base d’appoggio per chi vorrà ribellarsi agli “studenti di religione” 

Il Panjshir (pienshir), nel nord est dell’Afghanistan, è la provincia inespugnabile: negli anni Ottanta era stata la roccaforte afghana contro i sovietici, per diventare negli anni Novanta il territorio della resistenza ai talebani. Oggi la Valle dei cinque leoni è ancora disseminata di carri armati arrugginiti dai combattimenti di quei decenni. E ora i militari stanno radunando le forze per opporsi alla presa di potere da parte dell’Emirato islamico. Sono oltre tremila gli uomini dell’estremo bastione anti-sharia nell’ultima valle libera dell’Afghanistan. La resistenza questa volta ha contorni diversi da quella del passato: i leader non controllano il territorio di cui avrebbero bisogno per aprire una linea di rifornimento attraverso i confini settentrionali dell’Afghanistan, né sembrano avere alcun supporto internazionale significativo. Ma non hanno alcuna intenzione di arrendersi, anzi.

I relitti lasciati dall’Armata Rossa nel Panjshir.

I nuovi leoni della resistenza 

Come spiega il New York Times che cita Amrullah Saleh, uno degli uomini che organizzano la resistenza, il loro obiettivo è negoziare un accordo di pace con i talebani per conto dell’ormai defunto governo afghano. Il vicepresidente, Amrullah Saleh, nato e addestrato a combattere lì, ha promesso che riprenderà quel ruolo, dopo essersi dichiarato capo di stato “custode” in base alla costituzione che i talebani sembravano aver spazzato via. Sull’ipotesi di una trattativa ha già fatto sapere che «negozieremo se sono veramente interessati a una soluzione pacifica che garantisca i diritti e la libertà di tutti. Non accetteremo un regime tirannico degli Emirati». In caso contrario «siamo pronti a combattere contro ogni tipo di aggressione e oppressione». L’ambasciatore dell’Afghanistan in Tagikistan, il tenente generale Zahir Aghbar, ha promesso che il Panjshir costituirà la base d’appoggio per tutti coloro che vorranno unirsi alla battaglia. «Il Panjshir è forte contro chiunque voglia schiavizzare le persone», ha detto. «Non posso dire che i talebani abbiano vinto la guerra. No, è stato solo Ashraf Ghani – ex presidente dell’Afghanistan – a rinunciare al potere dopo colloqui “infidi” con i talebani», ha aggiunto nel corso di un’intervista a Reuters.

Ed ecco Massoud Jr

Amrullah Saleh in Panjshir with Ahmad Massoud and some commanders and planning to start a resistance from there.

A guidare la resistenza è Ahmad Massoud, il figlio del comandante dell’Alleanza del Nord che impedì l’ingresso in Panjshir a sovietici e talebani. Come spiegò un suo fedelissimo, Ali Maisam Nazary, il 32enne ha usato strategie e tattiche in appoggio all’offensiva dei fondamentalisti.

Le altre città che si ribellano: Jalalabad e Khost

Ma ci sono anche altre zone che non si arrendono. A Jalalabad, capoluogo della provincia del Nangahar, da cinque giorni in mano agli eredi del movimento del mullah Omar, mercoledì 18 agosto centinaia di residenti sono scesi per le strade. Nel corso della manifestazione tre persone sono state uccise e più di una dozzina ferite dopo che i talebani hanno aperto il fuoco. I testimoni hanno raccontato che la sparatoria è seguita a un tentativo da parte dei residenti locali di installare la bandiera nazionale dell’Afghanistan in una piazza della città. Anche a Khost, capoluogo dell’omonima provincia,  la protesta è degenerata e i talebani hanno aperto il fuoco «in modo indiscriminato». 

Il simbolo che ha radunato i manifestanti è la bandiera afgana. O meglio: la sua ultima versione, che contiene l’aggiunta a fianco della Mecca nello stemma di colore bianco, molto simile a quella in vigore dal 1970 al 1973. Negli ultimi due decenni è diventata un simbolo dell’identità degli afghani. Per questo è stata ammainata dai talebani che al suo posto hanno innalzato la loro a Kabul e in tutte le province conquistate in questi giorni. E per lo stesso motivo è comparsa nelle piazze in segno di sfida nei confronti degli “studenti di religione”. Che a quel punto hanno ricominciato a sparare.

Qual è la più grande minaccia per il Pakistan? I militanti del TTP rilasciati dall’Afghanistan.

Ci sono segni di una rinnovata militanza del Tehrik-e-Taliban Pakistan, Ttp, gruppo armato estremista deobandi-wahabita, che stava riguadagnando posizioni strategiche nella cintura tribale nordoccidentale del Pakistan, l’area delle Fata. Il Pakistan dovrà affrontare nuove minacce terroristiche se, come è certo, i militanti del TTP che operavano con l’appoggio dei Talebani e, che, con la pace, hanno perso i loro rifugi al confine con l’Afghanistan, già da mesi stanno passando i confini con il Pakistan per tornare a casa. Con loro, ora, anche i militanti che erano stati presi prigionieri e che sono stati rilasciati. Non è chiaro quanti siano gli affiliati a Ttp in Afghanistan, anche se si ritiene che siano migliaia.

L’attacco terrorista che appena il 3 giugno costò la vita a due poliziotti pakistani fece comprendere che i militanti talebani del Pakistan avevano stabilito delle basi in una tra le città più sicure del Paese, ovvero la capitale.

Militanti del gruppo talebano Tehrek-e-Taliban Pakistan (TTP)

Dopo l’attentato del 21 aprile scorso alle forze di sicurezza di scorta all’ambasciatore cinese nel Paese, Nong Rong, a Quetta, il ministro dell’Interno del Pakistan aveva parlato di “una mano straniera” nell’indicare chi fosse responsabile dell’accaduto. Il ministro pakistano Ahmed aveva affermato che le agenzie di sicurezza del Pakistan avrebbero combattuto “gli sforzi profusi da Paesi confinanti per riorganizzare il TTP”. Il primo ministro pakistano, Imran Khan, poi, aveva dichiarato che il Paese non avrebbe permesso a “questo mostro” di riemergere, aggiungendo che le autorità si trovano in uno stato di massima allerta, controllando sia le minacce interne, sia quelle esterne.

Islamabad ha più volte accusato l’India di utilizzare gruppi di ribelli, anche in Afghanistan, per intraprendere una guerra per procura celata contro il Pakistan.  Lo scorso, 24 novembre, le autorità pakistane avevano consegnato al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, un dossier in cui l’India era stata formalmente accusata di alimentare il terrorismo in Pakistan. Il governo pakistano aveva sostenuto di essere in possesso di prove che confermerebbero il legame e il sostegno dell’India alle organizzazioni terroristiche pakistane quali il TTP e i separatisti di etnia baloch. L’India, da parte sua, ha sempre negato tali insinuazioni e, al contrario, ha accusato Islamabad di sostenere e armare i militanti presenti nella porzione di Kashmir che ricade sotto l’autorità di Nuova Delhi.

In rosso, il Pakistan

Il nodo centrale delle tensioni tra India e Pakistan riguarda in realtà il Kashmir, una regione asiatica a maggioranza musulmana, situata tra l’India, il Pakistan e la Cina che, al momento, ne amministrano aree distinte e dove Nuova Delhi e Islamabad rivendicano la propria sovranità l’una sulle parti dell’altra.

Chi sono i taliban pachistani

Ecco in cosa si differenziano i militanti dei taliban afgani dai taliban pachistani.

  • Origini e leader
  • Il Tehrik-i-taliban Pakistan (Ttp) è una coalizione di gruppi jihadisti attivi nelle zone tribali semiautonome nel nordovest del Pakistan, al confine con l’Afghanistan. Il Ttp è nato nel 2007 sotto la guida di Baitullah Mehsud, ucciso nel 2009. L’attuale leader è Maulana Fazlullah. 
  • I taliban afgani sono nati nel 1994 sotto la guida del mullah Mohammed Omar, che è tuttora il loro comandante e leader spirituale. Il gruppo ha governato l’Afghanistan tra il 1996 e il 2001 ed è stato deposto dagli Stati Uniti dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001. 
  • I leader del Ttp sono principalmente dei veterani che hanno combattuto in Afghanistan e poi sono tornati in Pakistan. Nel tempo si sono aggiunti anche elementi criminali che praticano sequestri e saccheggi. 
  • I taliban afgani sono principalmente dei combattenti pashtun nazionalisti. Molti di loro sono dei mujahidin che avevano lottato contro l’occupazione sovietica appoggiati dagli Stati Uniti. 
  • Obiettivi
  • Gli obiettivi principale del Ttp sono quasi esclusivamente bersagli dello stato pachistano. 
  • I taliban afgani, invece, sono contrari a colpire il Pakistan, uno dei loro principali finanziatori. Il Pakistan, inoltre, aveva formalmente riconosciuto il governo taliban in Afghanistan nel 1996. L’obiettivo principale del gruppo è quello di formare uno stato islamico in Afghanistan. 
  • I rapporti con Al Qaeda
  • Il Ttp ha stretti legami con Al Qaeda, con cui condivide denaro ed esperti in esplosivi. Secondo gli esperti di terrorismo statunitensi i militanti del Ttp e quelli di Al Qaeda si addestrano insieme e progettano insieme attentati e operazioni militari. Il Ttp prende da Al Qaeda l’orientamento ideologico, mentre Al Qaeda si affida al Ttp per avere un rifugio sicuro nelle aree pashtun lungo il confine afgano-pachistano. 
  • I taliban afgani sono stati accusati di aver nascosto Osama bin Laden e i terroristi di Al Qaeda accusati degli attacchi dell’11 settembre. Ma, a parte le alleanze periodiche, i due gruppi sono rivali. 
  • Principali attacchi
  • I taliban pachistani sono stati collegati all’assassinio dell’ex premier pachistana Benazir Bhutto nel 2007 e all’attacco contro Malala Yousafzai nel 2012. 
  • I taliban afgani combattono le forze di sicurezza afgane e i loro addestratori Nato: secondo il ministero dell’interno afgano nel 2012 hanno ucciso 1.800 poliziotti e 900 soldati.

2299.- CENTO, A CENTINAIA ISLAMICI SFONDANO CONFINE ORIENTALE A TRIESTE

Fonti di Polizia e Carabinieri confermano l’arrivo a Trieste di afghani e pakistani attraverso i boschi della val Rosandra: sono almeno sette i minorenni. Sono in corso le fotosegnalazioni. E poi?

Stanno arrivando le avanguardie della carovana islamica. Diversi gruppi di clandestini sono stati rintracciati dalla Polizia a Domio, frontiera orientale nella zona di Trieste, mentre scendevano dai boschi della val Rosandra nella mattinata di oggi.
In tutto sarebbero un’ottantina. Quelli individuati. E’ probabile che quelli passati siano centinaia. Al momento la Polizia, con il supporto dei Carabinieri, sta procedendo alle fotosegnalazioni degli irregolari. Si conferma quindi l’allarme:


Invasione: 25mila islamici in marcia verso l’Italia


APRILE 9, 2019

Stanno arrivando le avanguardie della carovana islamica. Diversi gruppi di clandestini sono stati rintracciati dalla Polizia a Domio, frontiera orientale nella zona di Trieste, mentre scendevano dai boschi della val Rosandra nella mattinata di oggi.

In tutto sarebbero un’ottantina. Quelli individuati. E’ probabile che quelli passati siano centinaia. Al momento la Polizia, con il supporto dei Carabinieri, sta procedendo alle fotosegnalazioni degli irregolari. Si conferma quindi l’allarme:

«Mi dispiace che li abbiano presi, perchè questo significa che dobbiamo tenerceli».
Commenta così l’ex consigliere comunale di Rifondazione Comunista Marino Andolina nel corso del tg di Telequattro la notizia.
«I motivi? – conclude Andolina. Sta migliorando il tempo, quindi non ci sono più le morti dei migranti che muoiono nella neve e quindi le famiglie hanno la possibilità di muoversi nei boschi croati e sloveni, in più sono spinti dalla disperazione».

Carovana islamica stile ‘America’ verso l’Italia: Questi si approfittano del fatto che si è persa, in Europa, l’attitudine a sparare contro l’invasore. Urge ristabilire il confine con la Slovenia. 

Ma il commissario Ue per le migrazioni, il greco Dimitris Avramapoulos, invita i paesi che applicano i controlli all’interno dell’area Schengen a fare un passo indietro.

“Se Schengen dovesse cessare di esistere, l’Europa morirà”, afferma Avramapoulos nel suo incontro con i giornalisti a Washington. Tra questi paesi, vi è la Germania: dal 2015 Berlino, dopo l’ondata migratoria straordinaria dovuta all’emergere della cosiddetta “rotta balcanica”, ha alle frontiere controlli riguardanti anche i cittadini dell’area Schengen.

Una manovra poi emulata da altri paesi: Austria, Danimarca, Svezia e Norvegia. Non a caso, tutte nazioni che sul finire del 2015 vivono l’incubo dell’arrivo di migliaia di migranti che risalgono la penisola balcanica. La decisione di introdurre maggiori controlli alle frontiere, arriva anche sulla scia degli attentati di Parigi del novembre 2015 e dalla successiva esigenza di maggiore sicurezza avvertita da molti cittadini.

La tendenza di introdurre più controlli anche all’interno dello spazio Schengen appare comunque aumentare. A cavallo delle elezioni europee, diversi governi del vecchio continente sarebbero pronti ad introdurre provvisoriamente controlli più rigidi alle frontiere. Tanto che uno degli ultimi atti del parlamento europeo uscente, riguarda proprio una mozione che impegna i futuri europarlamentari ad esaminare una norma volta a dare meno discrezionalità almeno agli Stati dell’Ue nell’applicazione di controlli più rigidi interni alle frontiere di Schengen.

“Non possiamo continuare così – continua poi Dimitris Avramapoulos, così come riporta l’AdnKronos – Lo spazio Schengen deve tornare alle normali operazioni perché è un approccio molto ingenuo credere che i controlli alle frontiere possano garantire maggiore sicurezza”.

Infatti lui lascia la porta di casa aperta, la notte. La verità è che Schengen è il parco giochi di trafficanti, clandestini, spacciatori, terroristi e puttane.