Archivio mensile:agosto 2016

714.-LA FINANZA, LA CHIESA, IL TERRORE E LA SANITA’.

Berlusconi: Marina in visita al padre, 'sta bene'
A general view of the San Raffaele hospital in Milan, Italy, Wednesday, June 8, 2016, where the ex-Premier Silvio Berlusconi has been hospitalized since Tuesday for scheduled tests after doctors discovered a small irregular heartbeat during an earlier appointment. (ANSA/AP Photo/Luca Bruno) [CopyrightNotice: Copyright 2016 The Associated Press. All rights reserved. This material may not be published, broadcast, rewritten or redistribu]
Il camaleontico Vaticano gesuita si riprende la creatura di Don Verzè. Il fallimento del San Raffaele ha fatto si che le strutture siano finite in mano alle banche, ma solo temporaneamente. Non più. Il percorso cominciato tre anni fa si completa con l’ospedale di Olbia, che viene comprato dall’emiro Al-Thani, ma il cui “partner scientifico” sarà l’ospedale Bambin Gesù di Roma.

Che significa? Che l’emiro mette i soldi, e il vaticano la gestione.

Ma non è lo stesso emiro che finanzia Hamas (il capo di Hamas gira tranquillo per le strade di Doha), Isis, i “ribelli” siriani, le “primavere” arabe?

Non è lo stesso emiro emanazione diretta della massoneria inglese? Quello che si è fatto tutta la trafila nelle scuole giuste del Regno Unito? Harrow-on-the-hill, e poi l’accademia militare di Sandhurst?

Si, è lui.

E perchè mai il vaticano fa affari con questa brava persona?

 

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L’asse gesuito-massonico, la piramide di potere frutto dell’infiltrazione reciproca che le due sotto-piramidi hanno portato avanti per secoli, è oramai vincente su tutta la linea da anni. Vincente sulla sua principale rivale mondiale, la piramide che potremmo definire opusdeista-massonica. A conferma di ciò, basta guardare a chi sono in mano le principali cariche istituzionali americane ed europee, nonchè, ovviamente, il vaticano. (Il bello del web è che ognuno può andare a guardare i curricula di questi grandi personaggi, vedere dove hanno studiato, chi gli ha conferito onoreficenze, a quali club appartengono, ecc…)

Questo asse vincente è quello che sta organizzando lo scontro occidente-islam, per controllarci tutti meglio e spingere verso il super-stato mondiale, e lo fa con i soldi di chi? Indovinato. Principalmente lo fa con i soldi dell’emiro.

San Raffaele. L’emiro non solo finanzia i maggiori e più sanguinari gruppi terroristi, ma poi, con Al-Jazeera, che è sempre sua, racconta all’occidente (e non solo) la “verità” su quello che accade nei posti dove scoppiano le guerre da lui finanziate.

A questo proposito, presto Vi parlerò di Mrs rita Katz, colei che fornisce immancabilmente e in esclusiva tutte le immagini del terrore.

Qatar, è una roba degli inglesi, lo sanno tutti, sono loro che hanno creato l’emirato nel 1971. L’emiro è un fedelissimo, altrimenti non sarebbe li. Per inglesi intendiamo la corona inglese, ovvero la massoneria per eccellenza.

E chi ha piantato le tende a Doha per istruire a dovere le nuove e future classi dirigenti e burocratiche dell’emirato? Una pletora di università, americane, ma anche italiane, tra cui però spicca la Georgetown University, ricca di cotanto nome, e magnete per i rampolli con aspirazioni politiche. Di chi è la Georgetown? Ma dei gesuiti, no? E’ quel posticino a Washington D.C. che sforna gente tipo Kissinger, e che sfornerà la classe dirigente del Qatar.

Ed ecco che come per magia, qualche anno fa il gruppo fondato da Verzè (che faceva parte della piramide opusdeista che ora è perdente), improvvisamente va in crisi: le banche, come d’incanto, si accorgono dopo decenni, che il gruppo è un castello di carte con miliardi di debiti, e lo fanno fallire. Il Vice Presidente del gruppo, Mario Cal, si suicida. Il vaticano (indovinate quale parte?) si pappa il San Raffaele grazie ad un miliardo di Euro pagati da George Soros, che ai gesuiti piace come fosse un figlio, e che è talmente una brava persona da regalare loro un miliardo di euro a scopi di didattica e ricerca. Ah, queste anime pie…
Poi l’ospedale milanese passerà ufficialmente nelle mani del gruppo San Donato, di Rotelli. Ma è la stessa cosa…

Ora il quadro si completa con il riacquisto di uno degli asset che era rimasto in mano alle banche: l’ospedale San Raffaele di Olbia.

La Qatar Foundation Endowment investirà 1,2 miliardi di euro nei prossimi 12 anni e avrà come alleato il Bambin Gesù di Roma. Alle banche creditrici del fallito gruppo di don Verzè andranno 33,8 milioni, la metà di quanto sarebbe loro spettato. 

Finora la proprietà è stata delle banche, ora è del Qatar. E tra poco cambierà anche l’unica certezza del palazzone bianco all’ingresso sud di Olbia che punta a diventare ospedale d’eccellenza: il nome. Non più San Raffaele, o ex San Raffaele. Spazio alla fantasia, anche se è altamente probabile un omaggio al partner scientifico del progetto, l’ospedale Bambin Gesù di Roma. Il Qatar mette i soldi, il Vaticano le competenze e parte del personale medico.

Tutto corre sul fil di lana, per l’incompiuta doc lasciata in eredità alla Gallura dal crac della casa madre San Raffaele di Milano e della Fondazione Monte Tabor. Sullo scoccare della mezzanotte delll’ultimo giorno disponibile, sabato 9 agosto, è arrivato l’accordo tra le banche creditrici, proprietarie dello stabile, e la Qatar Foundation Endowment. Che gestisce i fondi dell’Emirato e metterà sul piatto 1,2 miliardi di euro di investimenti in dodici anni. La cifra che invece arriverà a Sardaleasing e alle società di leasing che fanno capo a Banca Intesa, Monte dei Paschi di Siena e al gruppo bancario delle Casse di credito cooperativo e casse rurali viaggia sui 33,8 milioni di euro. Si tratta di circa metà dei crediti vantati nei confronti dell’ex gruppo di don Luigi Verzé, il prete manager della sanità.
Ma il dado dell’ultimo investimento degli arabi in Sardegna è tratto e per il decollo del progetto, sostenuto sia dal governo Renzi sia dalla giunta di centrosinistra di Francesco Pigliaru, manca solo un via libera del tribunale fallimentare di Milano. Un affare internazionale (e diplomatico) di lunga data: prima delle strette di mano, ci sono stati i viaggi a Doha dei presidenti del Consiglio Mario Monti e Enrico Letta. Nove mesi fa la firma del primo protocollo, con l’impegno formale e le tappe forzate da rispettare. Ma anche l’ombra della concorrenza tedesca e di un possibile accordo parallelo a Francoforte, poi sfumato.

L’incompiuta – Di San Raffaele e dell’ospedale dei sogni si parla in Sardegna dagli anni Ottanta. La costruzione è iniziata 20 anni più tardi e l’apertura è stata sempre rinviata, fino al crac della fondazione Monte Tabor che l’ha definitivamente affossato. Un buco milionario che ha trascinato la Metodo impresa e quindi le ditte subappaltatrici sarde. Tra le ipotesi che si sono accavallate nel tempo anche quella di far diventare il casermone un enorme albergo vista mare. Poi l’arrivo dei “salvatori” del Qatar, che completeranno l’opera con 100 milioni di euro iniziali e l’acquisto di macchinari e arredi.

Gli affari del Qatar e il modello pubblico-privato – L’emiro Tamim Al Thani gioca in casa. Due anni fa ha infatti rilevato il controllo della Costa Smeralda holding, che gestisce il patrimonio immobiliare e gli alberghi prima in mano al miliardario libano-statunitense Tom Barrack e prima ancora al leggendario fondatore, il principe Karim Aga Khan. Un passaggio da circa 600 milioni di euro su cui si indaga per evasione fiscale. Quello del Qatar, da realizzare entro il 2016, sarà quindi anche l’ospedale della Costa, ma non solo.

Il progetto prevede 242 posti letto ad assistenza convenzionata, quindi pagata con soldi pubblici ai gestori del Qatar per una spesa di 55 milioni di euro all’anno che verserà la Regione. L’ipotesi è quella di tamponare così la migrazione dei malati sardi che costa 62 milioni di euro l’anno a un sistema perennemente in perdita. I proprietari batteranno invece cassa con la parte totalmente privata, in sostanza una clinica, anche per stranieri, da 50 posti letto. O meglio vere suite.

La realizzazione andrà a scaglioni: il primo anno di attività sarà il 2015, con 178 posti letto, mentre nel corso del secondo anno si completerà l’offerta. Le specialità comprendono tra le altre pediatria, cardiologia, neurologia e unità coronarica. Ci sarà poi un centro nazionale e internazionale per la diagnosi, la cura, la riabilitazione e la ricerca scientifica. In particolare si studierà una delle malattie che uniscono Sardegna e Qatar per le percentuali record: il diabete.

I dubbi locali e la promessa del “piano Marshall” per la Sardegna – I pareri contrari alla maxi-operazione restano sotto traccia. L’assessore alla Sanità Luigi Arru ha chiesto alcuni approfondimenti durante il frenetico iter, ma ora tutti sembrano lavorare per una buona riuscita. I dubbi sollevati, soprattutto in sede di commissione nazionale Sanità, riguardano l’effettiva utilità della struttura e il timore che il maxi presidio spazzi via le altre eccellenze regionali, l’ospedale pubblico di Olbia o quelli piccoli distribuiti sul territorio, sempre a rischio tagli ma a cui le comunità, spesso isolate, non vogliono rinunciare. Questione di tetti spesa e posti letto, in una rete regionale da riorganizzare. Si, ma a che prezzo?

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Bella cravatta. Mi ricorda un simbolo antico: Il fiore della vita.Unknown

Quindi, ricapitolando, i gesuiti hanno sfilato un bel giocattolino dalle mani dei rivali grazie ad un improvviso risveglio delle banche, e lo hanno fatto senza pagare un soldo: hanno pagato Soros e l’emiro del Qatar, con un simpatico miliardino cadauno. Uno è quello che ha pagato la “rivoluzione” in ucraina (e non solo), l’altro è quello che paga chi versa il sangue in medio oriente. Una buonissima fetta dei casini del mondo, non trovate?

La prossima volta che vedremo questo Papa gesuita affacciarsi a San Pietro, e dire che le guerre sono una cosa brutta e cattiva, e che i bimbi buoni non le devono fare, prima di spellarci le mani applaudendo le belle parole, magari chiediamoci perchè, pur disponendo del miglior servizio informazioni del mondo, non riesca mai ad indicare e criticare i finanziatori di quelle guerre. Non è così difficile sapere chi sono.

713.- SOROS E “FRANCESCO” UNITI NELLA LOTTA…SE LA CHIESA CADE NELLE MANI DI SOROS.

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L’argomento tocca troppo da vicino questo passaggio epocale della nostra storia. Leggiamo, ora, “SOROS E “FRANCESCO” UNITI NELLA LOTTA…” dell’amico Blondet & Friends e, a seguire “SE LA CHIESA CADE NELLE MANI DI SOROS” di Riccardo Cascioli.

Ormai da settimane ignoti hackers hanno messo in linea 2500 e-mail riservate fra Georges Soros, i dipendenti delle sue fondazioni – capeggiate dalla casa-madre, la Open Society Foundation e i riceventi dei suoi doni. I media ne tacciono, perché sono ovviamente imbarazzanti. Si vede per esempio che lui ha dato direttive ad Hillary Clinton quando era segretaria di stato, su una crisi in Albania (sic) e su come risolverla: direttive che Hillary ha seguito alla lettera. Si vede anche che alla campagna di Hillary ha versato 30 milioni di dollari, il che ne fa’ il maggior donatore singolo.

Ma non basta. Se una cosa risalta in queste mail, è la megalomania di questo gran burattinaio. Non c’è area del mondo dove non finanzi attività (sovversive, o “filantropiche”); non una politica pubblica che non si proponga di “riformare” in ogni parte del pianeta, sganciando soldi ai locali “riformatori”, che hanno sempre un carattere sinistroide e libertario. Megalomane e insieme, micro-gestore di tutta la realtà. Come abbiamo visto, Soros finanzia Arcigay in Italia, e Planned Parenthood (in Usa (l’ente pro-aborto che l’hanno scorso s’è scoperto faceva commercio di organi di feti); ha pagato rivoluzioni colorate e l’opposizione ad Orban in Ungheria; istiga la giunta di Kiev a fare la guerra alla Russia; gestisce (attraverso apposite ONG) l’inondazione di immigrati in Europa, e nello stesso tempo eccita organizzazioni di minoranze etniche latinos in Usa, allo scopo di far cambiare la demografia dei collegi elettorali in modo da favorire Hillary contro Trump. Per lo stesso scopo, paga organizzazioni razziali come Black Lives Matter (650 mila dollari) perché interrompano i comizi di Donald. Ha finanziato ripetuti tentativi di manifestazioni LGBT a Mosca, pagando le trasferte di celebri travestiti e sodomiti; in Europa, ha ‘gestito’ certe elezioni, facendo eleggere candidati favorevoli all’immigrazione senza limiti, e finanzia gruppuscoli che in Usa si battono non solo per il “diritto delle donne” e LGBT di entrare nelle unità combattenti, ma il dovere di allogarle in caserme unisex; o gruppi che stanno conducendo la meritevole battaglia per toilettes pubbliche per trans. Tutto in nome di un evidente scopo finale: la dissoluzione di ogni ordine, gerarchia e stabilità nelle società umane.

Poteva tal miliardario mancare di estendere le sue cure lobbistiche al Vaticano, dal momento della elezione di un “Francesco” così attivo nella dissoluzione. Dai documenti rivelati si scopre che Soros ha progettato subito di influenzare il Vaticano “impegnando il Papa sui temi della giustizia economica e razziale”.

Nel maggio 2015, il consiglio direttivo in Usa della Open Society di Soros prende un’iniziativa che viene così riferita:

Pope Francis Visit – $650,000 (USP) – vengono ciè stanziati alla bisogna 650 mila dollari. Segue la veloce delineazione della strategia:

“La prima visita di Papa Francesco in Usa a settembre includerà una storica allocuzione al Congresso [un privilegio mai concesso ad alcun pontefice in un sistema politico ostile ai ‘papisti’. Ndr], un discorso alle Nazioni Unite, e una visita a Philadelphia per “l’incontro mondiale delle famiglie”. Per approfittare del momento, noi sosterremo le attività di PICO per coinvolgere il Papa sui temi della giustizia economica e razziale; useremo l’influenza del cardinal Rodriguez, primo consigliere del Papa, e contiamo di spedire una delegazione in Vaticano in visita, a primavera o estate, per fargli sentire direttamente la voce dei cattolici di basso reddito in America”.

http://soros.dcleaks.com/view/?q=vatican&div=us

L’ente percettore dei soldi, PICO (People Improving Communities through Organizing) è una organizzazione fondata da un gesuita, John Baumann, nel 1972. Baumann faceva parte di una organizzazione creata nella Grande Depressione da un agitatore ebreo, Saul Alinsky, che intendeva scatenare la rivoluzione socialista; svanito il progetto, la PICO resta un movimento di estrema sinistra che unisce comunità su base ‘religiosa’ che si propone la redistribuzione della ricchezza, fra l’altro “mettendo leader religiosi nei consigli di amministrazione delle banche”. Dio sa quanto il capitalismo americano abbia bisogno di redistribuire le ricchezze; potrebbe cominciare proprio Soros. Ma come il miliardario coniughi le aspirazioni di PICO con i finanziamenti miliardari che fa’0 ad organizzazioni per l’aborto, l’eutanasia, il ‘gender’, il matrimonio Gay e la distruzione della famiglia, è un mistero che non abbiamo il modo di sviscerare.

Più interessante i rapporti cordialissimi che la Open Society Foundation di Soros , mostra di avere per il cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga; honduregno, personaggio ambiguo nei suoi rapporti (favorevoli) con un potere golpista nel 2010 in Honduras, ragion per cui fu invitato a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio a parlare sul tema: “Oltre la violenza e la povertà. Proposte di cambiamento per l’America Latina”. Uomo di fiducia di El Papa, che lo ha elevato al ruolo di ‘coordinatore’ del gruppo di 8 cardinali da cui si fa’ affiancare nella ‘riforma della Chiesa”, ossia nel governo senza controllo – come si fa nei golpes sudamericani. In pratica è il capo della Junta Suramericana che sta schiacciando, umiliando e terrorizzando la Curia.

Il direttorio della Foundation di Soros sottolinea la ‘intima amicizia” che El Papa mostra al cardinal Rodriguez Maradiaga e del fatto che già adesso sta “usando la sua influenza” nel Vaticano per promuovere le idee più radicali sulla eguaglianza economica, che sono quelle che Soros caldeggia e propone (e piacerebbe sapere perché). Del resto è noto che la Open Society finanzia gruppi cattolici di sinistra in Usa,e e insieme MoveOn org, un gruppo neocon ferocemente anticattolico che pesca nella destra repubblica (attualmente preme sugli esponenti del partito perché depennino Trump come candidato..) e che si è distinto per una campagna calunniosa contro Benedetto XVI accusato di coprire i preti pedofili.

Ma ora c’è “Francesco” e tutto cambia. Attenzione: i progetti di influenzare EL Papa da parte di Soros sembrano perfino timidi, rispetto all’ardimento mostrato da “Francesco”: le mail risalgono all’anno scorso, e ora la personalità modernista (forse massonica) del nostro è molto più chiara. In ogni caso, non va dimenticato che nel dicembre 2015 El Papa non ha esitato di farsi pagare da protagonisti dell’ideologia globali sta la scenografica profanazione di San Pietro, su cui han proiettato gigantesche immagini di belve, scimmie e selvaggi – un trionfo della “natura” sulla cultura e sulla storia, dal titolo simbolico “Fiat Lux”, a segnalare che finalmente la luce del progresso illuminava l’oscurantismo clericale. Lo spettacolo osceno era stato pagato dalla Banca Mondiale, e specificamente dal suo programma per il terrore del riscaldamento climatico (bisogna ridurre le emissioni..), dal numero due della Microsoft Paul Allen e da una organizzazione chiamata Okeanos Fondazione per il Mare. Ma per la Junta vaticana era semplicemente la celebrazione ed apoteosi della enciclica “Laudato Sì”, prima enciclica ambientalista mai emessa da un Papa, ma soprattutto quasi franca proclamazione della speciale gnosi panteista-evoluzionista che è la vera fede di “Francesco”: un immanentismo che deve molto a Theilard De Chardin, per il quale Cristo essendosi fatto materia, ha divinizzato non solo il genere umano ma l’intera natura. Onde El Papa esorta, come nuovo dovere cattolico, a sviluppare in noi la coscienza eco-New Age “di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale” (nº 220). Niente più accettazione della Croce, ma sì alla raccolta differenziata e al governo globale del clima.

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Secondo il vostro cronista, El Papa non ha certo bisogno di farsi suggerire programmi da Soros. Sta “conducendo” la Chiesa “per nuovi cammini” ignorati dalla Chiesa e dal suo Fondatore per duemila anni. Bisognerà riparlarne. Qui sotto potete trovare qualche spunto essenziale sulla ideologia di El Papa:

Nel prossimo saggio

http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1294_Da-Silveira_Note_su_Laudato-si.html

proporremo uno studio più approfondito dei princípi metafisici che ispirano l’Enciclica Laudato si’ .

“L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore,
e così raggiungere la salvezza;
le altre realtà di questo mondo sono create
per l’uomo e per aiutarlo a conseguire il fine per cui è creato.
Da questo segue che l’uomo deve servirsene
tanto quanto lo aiutano per il suo fine,
e deve allontanarsene tanto quanto gli sono di ostacolo.”
(Sant’Ignazio di Loyola – Esercizi Spirituali)

Non sarà uno studio esaustivo, ché comporterebbe l’esame dettagliato di ogni tesi in essa difesa, secondo le buone regole dell’apologetica cattolica tradizionale; cosa che però non ci sembra necessaria in queste brevi note, che hanno soprattutto un carattere di pubblica denuncia e di avvertimento per i fedeli. Vedremo che tra le reazioni sfavorevoli alla recente Enciclica di Papa Francesco, vi è un aspetto che nelle pubblicazioni antimoderniste è stato poco considerato: la sua nebulosa “visione filosofica e teologica dell’essere umano e della creazione” (n° 130).

E tuttavia, questa nuova Antropologia e questa nuova Cosmologia, di sapore panteista  ed evoluzionista, sono inaccettabili alla luce della Teologia cattolica e della sana Filosofia.

Un’altra organizzazione cattolica finanziata da Soros e nominata dai direttivo è la FPL (Faith in Public Life, 1111 14th St NW, Suite 900, Washington, DC, 20005, US), ad essa, in concomitanza della donazione, vengono impartiti gli ordini.

FPL, “Fede nella vita pubblica” è un centro della strategia di portare la fede nella pubblica piazza come una forza positiva e unificante per la giustizia, la solidarietà e il bene comune.

FPL ha il fine di massimizzare la capacità unica della comunità di fede nel modellare dibattiti pubblici; la fede nella vita pubblica identifica e crea momenti di opportunità, costruisce e supporta ampie coalizioni, e progetta e realizza campagne innovative, audaci iniziative e strumenti di sviluppo delle capacità. L’approccio della Fede alla vita pubblica dona enfasi ai risultati e garantisce risposta rapida, competenze d’avanguardia e buon senso dei media.

La FPL deve organizzare sondaggi per “dimostrare che i votanti cattolici rispondono con favore alla concentrazione del Papa sull’ineguaglianza di reddito” e una azione militante per convincere i cattolici “pro family”; che essere “pro-family” richiede affrontare il problema della iniquità economica. Il che è giustissimo, Non si vede però che bisogno ci sia di pagare per ottenere sondaggi “a priori” favorevoli a una data tesi; e che un gruppo anti-capitalista sia finanziato riccamente dal più famoso speculatore dei nostri tempi: La Open Society ha anche un “advisory board”, un gruppo di consiglieri fra cui appaiono giornalisti, anche importanti, come l’opinionista della Washington Post DanielleAllen, e Steve Coll, del New Yorker. Il che può contribuire a spiegare come mai la fuga delle email di Soros non ha fatto notizia in Usa: non è proprio comparsa nemmeno come breve di cronaca. Un altro motivo è che l’intera classe mediatica americana sta sostenendo la Clinton con i mezzi più vergognosi, abbandonando ogni minima pretesa di oggettività, e quasi suicidandosi in questa operazione, buttando al macero la propria reputazione, in modo – direi – terminale, come se non ci fosse un domani.
A che scopo tutto ciò?, si chiederà il lettore, a questo punto completamente smarrito – e con ragione. Esiste tuttavia un possibile bandolo della matassa, che è utile tenere in mano nel groviglio delle donazioni di Soros. Si trova nelle e-mail dove il direttivo della Open Society segnala il pericolo rappresentato dal fatto che “La Russia cerca di aumentare la propria influenza nella vita politica europea”. Bisogna assolutamente contrastare “il sostegno della Russia a movimenti che difendono i valori tradizionali”. E’ non la “reazione” o “il populismo”, ma esattamente la Tradizione che viene qui indicata come il nemico – il nemico della Dissoluzione – da stroncare. Per il progetto, si chiedono 500 mila dollari. Da aumentare per “bisogni imprevisti”.

 

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SE LA CHIESA CADE NELLE MANI DI SOROS

di Riccardo Cascioli
28-08-2016

l finanziere George Soros ha dato consistenti contributi ad organizzazioni cattoliche per «spostare le priorità della Chiesa cattolica americana» dai temi vita e famiglia a quelli della giustizia sociale: occasione particolare, la visita di Papa Francesco negli Usa nel settembre 2015. È quanto emerso nei giorni scorsi, in aggiunta alle precedenti rivelazioni, dai numerosi documenti riservati hackerati alla sua Open Society Foundation. La notizia è circolata soprattutto negli Stati Uniti, focus dell’azione di Soros, ma merita di essere ripresa e conosciuta ovunque perché le sue implicazioni riguardano la Chiesa universale.

Partiamo dai fatti contenuti nei documenti pubblicati da DC Leaks: nell’aprile 2015 la Open Society ha versato 650mila dollari nelle casse di due organizzazioni legate ad ambienti cattolici progressisti, PICO e Faith in Public Life (Fpl), con lo scopo di «influenzare singoli vescovi in modo da avere voci pubbliche a sostegno di messaggi di giustizia economica e razziale allo scopo di iniziare a creare una massa critica di vescovi allineati con il Papa». Le due organizzazioni destinatarie dei versamenti sono state scelte, spiegano i documenti, perché impegnate in progetti a lungo termine che hanno lo scopo di cambiare «le priorità della Chiesa cattolica statunitense». La grande occasione è data dalla visita del Papa negli Stati Uniti e la fondazione di Soros punta esplicitamente ad usare i buoni rapporti di PICO con il cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga, tra i principali consiglieri di papa Francesco, per «impegnare» il Pontefice sui temi di giustizia sociale e anche avere la possibilità di inviare una delegazione in Vaticano prima della visita di settembre in modo da far ascoltare direttamente al Papa la voce dei cattolici più poveri in America.

C’è poi un Rapporto del 2016, un bilancio dell’anno precedente, in cui la fondazione di Soros si ritiene soddisfatta di come sia andata la precedente campagna in vista della visita del Papa e anche per il numero di vescovi che, in vista delle presidenziali, hanno apertamente criticato i candidati che puntano sulle paure della popolazione, con evidente riferimento a Donald Trump ed altri candidati repubblicani.

Se questa soddisfazione sia giustificata o meno e quanto la visita del Papa sia stata effettivamente influenzata da questa azione di lobby, è certo materia di discussione. Ma ognuno può trarre le sue conclusioni ripercorrendo discorsi, incontri, conferenze stampa e polemiche legate a quella visita. Quello che qui preme sottolineare sono invece due realtà che tali documenti portano alla luce e che hanno un valore ben oltre la contingenza di una visita papale.

Il primo e più importante è il grande investimento che organizzazioni filantropiche tradizionalmente anti-cattoliche stanno facendo per sovvertire l’insegnamento della Chiesa. È questo il vero scopo del cambiamento di priorità invocato, dai temi su famiglia e vita a quelli di giustizia sociale. In questo Soros si colloca nel solco di una tradizione ultradecennale che vede protagoniste le principali fondazioni americane, dai Rockefeller ai Ford, dai Kellog a Turner e così via. È un progetto di “protestantizzazione” che il sottoscritto aveva già documentato in un libro pubblicato venti anni fa (Il complotto demografico, Piemme). Il motivo? La Chiesa cattolica che, in sede di organizzazioni internazionali ha come obiettivo fondamentale di difendere la dignità dell’uomo, è l’ultimo baluardo che si oppone all’instaurazione di un nuovo ordine mondiale che vuole ridurre l’uomo a semplice strumento nelle mani del potere.

Parte fondamentale di questo progetto è la diffusione universale del controllo delle nascite, dell’aborto come diritto umano, della distruzione della famiglia e della promozione dell’ideologia di genere. Proprio negli anni ’90 del secolo scorso, in un ciclo di conferenze internazionali dell’ONU (dal vertice di Rio de Janeiro sull’ambiente nel 1992 fino al summit di Roma sull’alimentazione nel 1996) si scatenò una battaglia diplomatica senza precedenti tra Stati Uniti e Unione Europea da una parte e Santa Sede dall’altra proprio su questi temi. Sebbene possiamo oggi notare come quell’agenda abbia fatto passi da gigante a livello mondiale, la strenua resistenza della Chiesa, che aveva trascinato con sé molti Paesi in via di sviluppo (vittime di questo neo-colonialismo) ha ritardato e sta ostacolando quel progetto. Molto lo si deve a Giovanni Paolo II, il quale ha sempre avuto chiaro che la famiglia e la vita sono oggi il principale terreno su cui si gioca la battaglia per la dignità dell’uomo. Vale la pena ricordare per inciso che proprio per questo motivo e per questa battaglia, il Papa istituì allora il Pontificio Consiglio per la Famiglia e anche l’Istituto per gli studi su Matrimonio e Famiglia presso la Pontificia Università Lateranense (l’Istituto Giovanni Paolo II che nei giorni scorsi ha visto un cambiamento significativo alla sua guida).

Si può capire quindi come si siano intensificati gli sforzi internazionali per indebolire la Chiesa su questo fronte. Negare l’esistenza di princìpi non negoziabili e la promozione quasi esclusiva della giustizia sociale a scapito dei temi di famiglia e vita è la via maestra per raggiungere questo scopo. E i soldi di Soros sono parte di questi sforzi che però vanno ben oltre l’attività della sua Fondazione.

Del resto – e qui è la seconda questione – questi personaggi e queste organizzazioni trovano una facile sponda all’interno della Chiesa stessa in certi ambienti progressisti che già per conto loro condividono questo approccio. Proprio le due organizzazioni finanziate da Soros nel 2015 ne sono una dimostrazione. PICO, ad esempio, è stata fondata nel 1972 dal padre gesuita John Baumann e si propone di affrontare i problemi sociali attraverso l’organizzazione di cellule fondate sulle comunità delle varie religioni presenti, per intenderci un modello evoluto di comunità di base di sudamericana memoria. Proprio per questo PICO si è guadagnata il supporto del cardinale Maradiaga (c’è un video promozionale del 2013 in cui il cardinale invita a sostenere PICO). Ma tale organizzazione è anche ispirata dal “guru” comunista Saul Alinski, conosciuto come il “profeta” dell’organizzazione delle comunità di base e delle minoranze etniche. Del resto nell’elenco dei finanziatori di PICO troviamo le Fondazioni Ford e Kellogg in aggiunta a un’altra decina di fondazioni dalla forte identità liberal. Curiosamente, poi, si trova Alinski anche all’origine della carriera politica di Hillary Clinton e non può quindi sorprendere l’impegno di PICO, tra l’altro, nella campagna elettorale per le presidenziali.

Impegno ancora più esplicito per l’altra organizzazione finanziata da Soros, Faith in Public Life, che tra i successi del 2015 – oltre alla “preparazione” della visita del Papa, tra cui un sondaggio ad hoc sui cattolici americani teso a supportare l’agenda liberal – cita anche la mobilitazione per bloccare la legge sulla libertà religiosa della Georgia, finalizzata tra l’altro a garantire l’obiezione di coscienza contro l’imposizione dell’ideologia gender e delle nozze gay.

Quanto il cardinale Maradiaga e altri esponenti dell’episcopato sono coscienti o partecipi di questo disegno decisamente anti-cattolico? Non lo sappiamo e non ci azzardiamo a processarne le intenzioni. Possiamo solo notare come certi esponenti ecclesiali di primo piano vengano individuati come omogenei ai progetti di chi vuole distruggere la Chiesa, a prescindere poi dal successo o meno che abbiano certi tentativi di approccio.

Però qui corre l’obbligo di aggiungere un dato inquietante ai documenti rivelati. Si può infatti facilmente capire che di tale progetto di cambiamento nella dottrina della Chiesa faccia parte anche un’opera di infiltrazione di specifici personaggi nei centri decisionali della Chiesa. E non si può non andare immediatamente al caso di Jeffrey Sachs, l’economista dell’ONU e direttore dell’Earth Institute che ha avuto un ruolo importante nell’enciclica “Laudato Sii”, tanto da essere chiamato dal Vaticano sia per le presentazioni dell’enciclica sull’ambiente sia per i convegni internazionali sullo sviluppo sostenibile.

La sua inspiegabile onnipresenza è stata contestata nei mesi scorsi – oltre che dal nostro giornale (clicca qui, qui e qui) – dalle principali organizzazioni pro-life e pro-family internazionali perché Sachs è ben noto come grande sostenitore delle politiche di controllo delle nascite. Ma è stato difeso a spada tratta dal presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, il vescovo argentino Marcelo Sanchez Sorondo, che ne ha anche sponsorizzato la nomina da parte di papa Francesco nella Pontificia Accademia da lui presieduta. Ebbene, ciò che forse non è stato detto, è che Sachs è anche conosciuto per essere un uomo di Soros (peraltro entrambi sono ebrei originari dell’Est Europa), da diversi decenni impegnato nella concezione e diffusione di teorie economiche a sostegno dell’Open Society perseguita da Soros.

Alla luce dei documenti che attestano le strategie di Soros nei confronti della Chiesa cattolica, la presenza di Sachs nei piani alti del Vaticano risulta meno inspiegabile, sebbene ancora più inquietante. A questo punto sarebbe però opportuno che a spiegarsi siano il vescovo Sorondo, il cardinale Maradiaga e quanti altri sono coinvolti in questa rete.

712.-L’UOMO PIÙ POTENTE DEL MONDO “IL PAPA NERO”

Adolfo Nicolás Pachón (Villamuriel de Cerrato, 29 aprile 1936) è un gesuita spagnolo. È divenuto Preposto generale della Compagnia di Gesù il 19 gennaio 2008. 

Al secondo turno di votazioni della 35ª Congregazione Generale (GC XXXV) della Compagnia di Gesù, Nicolás è stato eletto trentesimo Superiore Generale il 19 gennaio 2008, succedendo all’olandese P. Peter Hans Kolvenbach. Come da prassi, tale elezione è stata subito comunicata all’allora Papa Benedetto XVI, che ha confermato la carica. Molti hanno sottolineato le somiglianze tra Padre Nicolás ed il precedente Preposito P. Pedro Arrupe. Padre Arrupe, come il suo attuale successore, era missionario spagnolo in Giappone; Nicolás ha descritto Arrupe, che aveva avuto come Padre Provinciale, quale “grande missionario, eroe nazionale, uomo di fuoco”. Padre Nicolás è ora alla guida della sua congregazione, composta attualmente da 18.500 gesuiti.

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L’attuale ” PAPA NERO ” CAPO DEI GESUITI E’ ADOLFO NICOLÁS e controlla tutto il sistema bancario, massoneria e servizi segreti (CIA, FBI, NSA, SIS, MI6, Scotland Yard, Mossad, CSIS, DGSE, FSB). Controlla Il Vaticano che possiede il 60% di tutte le terre di Israele e la Terra del Monte del Tempio di Salomone .
Quindi il Superiore Generale dei Gesuiti, cioe’ Il Papa Nero e’ al di sopra di tutti i poteri e controlla :
Gli Illuminati, sionisti, Elite globalisti, Council on Foreign Relations, Bilderberg Group, Massoni , Consiglio della 300, il concilio di trento, i Cavalieri Templari, Cavalieri di Colombo e dei Cavalieri di Malta.
I gesuiti si sono infiltrati in tutti i governi e i leader come Obama, Rudd, Blair, Jintao, Sarkozy, Peres sono solo dei burattini che eseguono gli ordini da loro .

A oggi alcuni commentatori e studiosi sottolineano il peso, in termini di potere, del Superiore dei gesuiti, il cosiddetto «papa nero» chiamato così per via del colore della tonaca, la durata a vita dell’ incarico e l’ influenza dell’ ordine nel cattolicesimo. L’ attuale Superiore dei Gesuiti è lo spagnolo padre Adolfo Nicolás, eletto il 19 gennaio 2008. La compagnia ha attualmente sede a Roma e continua a coinvolgere nelle sue molte attività persone, credenti e non credenti, in più di 100 Paesi.

Esercizi spirituali, scuole e missioni

Al centro dell’ aspetto spirituale della Compagnia di Gesù ci sono gli «esercizi spirituali» codificati dallo stesso Ignazio Da Loyola: periodi ricorrenti di meditazione sulla vita di Cristo, curate da un direttore spirituale.

LA COMPATTEZZA DOTTRINARIA. Dal punto di vista dell’ organizzazione è di rilievo l’ assoluta compattezza dottrinaria che li ha portati a fondare istituti educativi di altissimo livello (per esempio l’ Università Gregoriana a Roma), e a incorporare gli insegnamenti classici dell’ Umanesimo nella struttura scolastica del pensiero cattolico. E a memorabili scontri con le correnti di pensiero gianseniste. Ma altrettanto importante è il fatto che i gesuiti, a differenza di altri ordini, non sono legati a un unico convento. Caratteristica che li ha portati a essere protagonisti dell’ evangelizzazione in tutto il mondo. Attività missionarie ed educative, quindi, sono al centro del loro apostolato.

«SONO UN’ ORGANIZZAZIONE MILITARE». Dal punto di vista dell’ organizzazione gesuita Napoleone scrisse: «I gesuiti sono un’organizzazione militare, non un ordine religioso. Il loro capo è il generale di un esercito, non il semplice abate di un monastero». È evidente che caratteristiche come queste abbiano eccitato interpretazioni, più o meno fantastiche. Per certi periodi, nel linguaggio comune, il termine «gesuita» è stato evocatore di sovversioni, intrighi, complotti. E quello di «cospirazione gesuitica» (con il «papa nero» nel ruolo di oppositore occulto del pontefice) è ormai un classico delle suggestioni fantapolitiche e dell’ immaginario apocalittico. Che, certamente la frase pronunciata dal nuovo pontefice «Vengo dalla fine del mondo» non mancherà di rinfocolare.

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Confessione nr.16: l’ex vescovo del Guatemala dichiara che i gesuiti controllano il Vaticano e il Nuovo Ordine Mondiale.
Mons. Gerard Bouffard afferma che il generale dei gesuiti, padre Peter Hans Kolvenbach, impartirebbe ordini al Papa. Conferma inoltre le accuse rivolte all’Ordine dei Gesuiti dal defunto padre Alberto Rivera.
L’ex vescovo sostiene inoltre che il Vaticano sia in realtà “il controllore spirituale” degli Illuminati e del Nuovo Ordine Mondiale.
Bouffard, che ha lasciato la Chiesa ed attualmente vive in Canada da cristiano rinato, fonda le proprie conclusioni su una esperienza di vita personale di sei anni come sacerdote interno al Vaticano assegnato alla trasmissione della corrispondenza sensibile tra il Papa ed i capi dell’Ordine dei Gesuiti.
“Sì, l’uomo conosciuto come il Papa Nero controlla tutte le decisioni più importanti assunte dal Papa, il quale a propria volta controlla gli Illuminati,” ha dichiarato il vescovo Bouffard a maggio nella trasmissione radiofonica di Greg Szymanski, The Investigative Journal, in onda suwww.gcnlive.com, presso i cui archivi le sorprendenti dichiarazioni possono essere riascoltate gratuitamente, e in versione integrale.

“Sono giunto a tali conclusioni negli anni in cui lavorai in Vaticano e viaggiai al seguito di Papa Giovanni Paolo II. Il Papa riceve gli ordini dal Papa Nero, vertice dei gesuiti, i quali sono i leader del Nuovo Ordine Mondiale con il compito di infiltrare le altre religioni ed i governi del mondo al fine di realizzare un unico governo mondiale fascista ed una religione mondiale basata su Satanismo e Luciferanesimo.
“La gente non può immaginare quanto male e distruzione abbiano causato e continuino a causare sfruttando la loro perfetta copertura delle tuniche nere e della finta cristianità.”

La testimonianza diretta offerta dal vescovo Bouffard circa qualcosa di malevolo in agguato all’interno della gerarchia del Vaticano ed in particolare dell’Ordine dei Gesuiti conferma la testimonianza di altri ricercatori, tra cui Bill Hughes, autore dei libri scioccanti The Enemy Unmasked e The Secret Terrorists, ed Eric Jon Phelps, studioso dell’Ordine dei Gesuiti ed autore di Vatican Assassins .

Oltre a dipingere un cupo ritratto del Papa Nero, Bouffard afferma che il potere malefico dei Gesuiti si estenderebbe in tutto il mondo, nel governo degli Stati Uniti, nel Council on Foreign Relations (CFR) e nelle principali organizzazioni religiose.
Bouffard sostiene che i Gesuiti agiscano come perfetti camaleonti, assumendo l’identità di protestanti, mormoni, battisti ed ebrei con l’obiettivo di provocare un crollo dell’America e sosingerla verso una religione mondiale con sede a Gerusalemme e controllata dal loro leader: Lucifero.

“So per testimonianza diretta che il Vaticano controlla Israele con l’intenzione di distruggere gli ebrei”, dice Bouffard, aggiungendo che il vero scopo dell’Ordine dei Gesuiti sarebbe quello di orchestrare e controllare tutti i leader del mondo al fine di realizzare un grande conflitto mondiale che finirà per distruggere l’America, il Medio Oriente ed Israele. “Distruggono ogni cosa dall’interno e vogliono provocare la distruzione della Chiesa Cattolica al fine di inaugurare una religione mondiale satanica. Ciò è riscontrabile anche nelle modalità con cui i sacerdoti officiano messa. In realtà adorano i defunti. Tracce di satanismo si riscontrano inoltre in molti simboli esteriori, costumi e paramenti sacri esposti dalla Chiesa.”
Dopo il servizio a Roma il vescovo Bouffard decise di lasciare la Chiesa e trascorse qualche tempo in Africa e Guatemala. La sua propensione alla spiritualità confluì nella decisione di entrare a far parte della massoneria, di cui è diventato membro di 37° grado, una cosa disapprovata dalla Chiesa cattolica romana in quanto secondo il diritto canonico l’appartenenza ad una loggia massonica comporta la scomunica .

Secondo Bouffard la Massoneria sarebbe strumentalizzata dalla Chiesa per scopi di potere. Molti ecclesiastici di alto livello tra cui vescovi, cardinali e persino papi del passato e del presente appartengono a società segrete, e operano con gli alti gradi di altre religioni e governi per promuovere l’agenda degli Illuminati.

Dichiarazioni confermate dalle relazioni dei giornali italiani e francesi dei primi anni ’80, da cui emergeva chiaramente che oltre 150 ecclesiastici di alto livello facessero parte della Massoneria, in particolare della Loggia massonica P2.
“Finalmente sono rinato, e ho deciso di denunciare la Chiesa cattolica”, prosegue Bouffard, che ora è un cristiano praticante e segue la parola di Dio attraverso la Bibbia. “Dobbiamo sempre pregare per i nostri leader denunciando apertamente il male e denunciando i Gesuiti per ciò che sono realmente.”
Dopo aver lasciato la Chiesa il vescovo Bouffard decise di fare ammenda e si recò a chiedere il perdono del sacerdote ex gesuita padre Alberto Rivera. Rivera è stato uno dei pochi sacerdoti gesuiti che trovò il coraggio di denunciare le malefatte della Compagnia di Gesù, confessando di avere lavorato in America in qualità di infiltrato dell’Ordine dei Gesuiti con il compito di sabotare le chiese Protestante e Battista.

“Quando ero vescovo ed ancora fedele alla Chiesa, ricordo che scrissi una lettera denunciando padre Rivera e auspicando la sua uscita di scena,” racconta Bouffard. “Quando compresi quale fosse la verità, mi misi alla ricerca di padre Rivera per domandagli perdono. Diventammo buoni amici e adesso so che diceva la verità. Un uomo onesto che ha trovato Dio.
“So che i Gesuiti hanno provato a manipolare la verità, affermando che Alberto non fosse mai stato un vero sacerdote e distruggendo tutte le prove a sostegno. Hanno cercato di fare lo stesso a me, ma padre Rivera stava solo dicendo la verità senza fare domande. Mi è stato riferito da persone che gli erano accanto diverse settimane prima della morte, che soffriva terribilmente dopo essere stato avvelenato. Come ho già detto, non potete immaginare la sofferenza e la distruzione che è stata causata e sarà causata dai Gesuiti.”

In un articolo intitolato Alberto: the Big Brou-haw-haw, uno scrittore sconosciuto che ha seguito la carriera del vescovo Bouffard ed il suo rapporto con padre Rivera scrisse di comprendere le difficoltà che il Vaticano stava incontrando nel tentativo di insabbiare le accuse ricevute da Rivera e Bouffard.
Esiste un’altra testimonianza interessante fornita da Gerard Bouffard. Un vescovo di alto rango nato in Quebec, Canada. Risalì dai ranghi più bassi dei suoi ordini fino a diventare assistente per molti anni di Papi quali Paolo VI e Giovanni Paolo II. Poi si convertì al protestantesimo e affermò di essere stato l’uomo che impartì l’ordine di eliminare Rivera. In un documentario dal titolo Unveiling the Mystery Behind Catholic Symbols, mostra una penna placcata oro a 18 carati contenente un inchiostro speciale con cui le autorità del Sant’Uffizio firmano i documenti classificati. L’ex vescovo sostenne di avere firmato con quella penna l’ordine di uccidere Rivera. Roba drammatica, del tipo mantelli e pugnali! La sua precedente posizione di alto profilo lo renderebbe facile bersaglio di querele e discredito … eppure tutto tace.

Il Vaticano deve anche fare i conti con i propri problemi di credibilità. Anche da un punto di vista storico, ciò che Rivera sostenne, ossia di essere stato un gesuita che lavorò sotto copertura con l’obiettivo di sabotare le chiese protestanti potrebbe non essere assurdo come appare. Storicamente è assodato che i gesuiti furono istituiti nel 1541 da Ignazio Di Loyola, proprio per questo scopo (ma alcuni gesuiti contestano tale versione, ovviamente).
Sono immischiati in molte porcherie, omicidi e complotti. L’Ufficio della Inquisizione scaturì dalla loro missione, e condusse alla tortura e uccisione di milioni di persone innocenti con la accusa di “eresia.” L’Ufficio fu poi ribattezzato Sant’Uffizio, però i gesuiti non si sono mai presi la briga di cambiare il loro nome. Quanto i loro obiettivi potrebbero essere cambiati nel tempo non è dato di saperlo. Una cattiva reputazione non si cancella facilmente.

Se la versione di Rivera è una frottola, allora si tratta di una storia sorprendentemente coerente. Sono state teorizzate certamente molte altre cospirazioni vivide e intricate. Mi vengono in mente la cospirazione per l’assassinio di JFK e quella dell’UFO / Majestic 12. Ma esse di solito sono arricchite da centinaia di persone per un lungo periodo di tempo, e poi i diversi pezzi vengono messi insieme e riarrangiati fino a formare un narrazione plausibile. Dopo una ventina d’anni di revisioni, viene adottata una versione “ufficiale”. Se una determinata parte della storia si dimostra falsa, la storia si trasforma, espellendo la parte confutata.
Alberto non poteva contare su simili risorse. La sua storia proveniva solo da lui. Non è stata limata per decenni prima che diventasse di dominio pubblico. Al contrario, fu pubblicata nella sua interezza e poi sublimata da volumi addizionali che fornirono ancora più nomi e date, ma senza ritrattazioni. Per cui se si fosse “inventato tutto” meriterebbe sicuramente un premio per la sua genialità letteraria.
Dopo venti anni di indagini, tutte le risorse del Papa non sono riuscite a provare che la versione di Alberto fosse una bufala. Naturalmente, nemmeno Alberto riuscì a provare le proprie accuse contro il Vaticano. Quindi nella migliore delle ipotesi al momento è un pareggio.

Forse i futuri sviluppi produrranno qualcosa di drammatico. Ma non ci contate troppo. Noialtri probabilmente non sapremo mai se Rivera mentisse, per lo meno fino a quando il Papa in persona un giorno non decida di dire tutta la verità. (è più facile che un disco volante atterri sul prato della Casa Bianca.) Si tratta di cibo delizioso per la mente, che suona molto più spaventoso di qualsiasi episodio di X-files.

Per leggere una difesa di Alberto sul sito Chick, andate qui (articolo in lingua inglese):
http://www.chick.com/reading/books/199/0199cont.asp

Nel corso della sua storia l’Ordine dei Gesuiti è stato associato a molte guerre e genocidi, e formalmente bandito da diversi paesi, tra cui Francia e Inghilterra. Anche molti ricercatori affermano che i Gesuiti siano i veri controllori spirituali del Nuovo Ordine Mondiale. Lo scrittore Phelps ha chiesto la messa al bando dell’Ordine dagli Stati Uniti.
Tuttavia, possedendo più di 28 grandi università da costa a costa, l’Ordine può ormai contare negli USA su un forte appoggio politico e finanziario, compreso il controllo segreto del CFR e il controllo di molte banche come Bank of America e il sistema bancario della Federal Reserve. Ciò rende questo obiettivo molto difficile se non improbabile.

Lo scopo della Compagnia di Gesù è la difesa e la propagazione della fede, lavorare per il progresso spirituale dei fedeli mediante tutte le forme del ministero della parola (esercizi spirituali, sacramenti) e l’assistenza ai bisognosi (soprattutto in ospedali e carceri).[1]

I gesuiti sono impegnati nell’istruzione e nella ricerca scientifica, nella formazione dei sacerdoti, nella catechesi per gli adulti, nell’apostolato verso il mondo giovanile e le comunità di vita cristiana, nei mass media, nell’assistenza spirituale a categorie svantaggiate (profughi, persone emarginate).[126]

La loro forma preferita di attività sono le case per esercizi spirituali: gli esercizi vengono generalmente dati a gruppi omogenei di persone per tre o otto giorni (anche meno, secondo le necessità). È tuttavia possibile compiere l’intero ciclo mensile.[142]

Il principale centro di studio diretto dai gesuiti[143] è la Pontificia Università Gregoriana, fondata nel 1553 a Roma da Ignazio di Loyola e Francesco Borgia con il nome di Collegio Romano, eretta in università da papa Paolo IV nel 1556 e restaurata da papa Leone XII nel 1824;[144] a essa nel 1924 papa Pio XI ha consociato il Pontificio Istituto Biblico, fondato da papa Pio X nel 1909, e il Pontificio Istituto Orientale, fondato da papa Benedetto XV nel 1917.[145]

L’ordine pubblica numerose riviste come Gregorianum, Analecta Bollandiana e Archivum Historicum Societatis Iesu, semestrale fondato nel 1932 che pubblica articoli di ricerca storica, documenti inediti, recensioni, bibliografie.[146] Tra gli altri periodici nati per iniziativa della Compagnia: La Civiltà Cattolica, Etudes, Recherches de science religieuse, Revue d’ascétique et de mystique, Stimmen der Zeit, Letture, Popoli, Aggiornamenti sociali, Messaggio del Sacro Cuore.

Nel loro apostolato missionario viene data sempre maggiore importanza al tentativo di incarnare nelle diverse culture l’annuncio del messaggio di Gesù (inculturazione).[147]

711.-Pansa: tutte le falsità sulla Resistenza

1343497793410.jpg--giampaolo_pansa da Libero.it

Gli anniversari dovrebbero essere aboliti. Soprattutto quando celebrano un evento politico che si presta a una giostra di opinioni non condivise. Accade così per il settantesimo del 25 aprile 1945, la festa della Liberazione. Una cerimonia che suscita ancora contrasti, giudizi incattiviti e tanta retorica. A volte un mare di retorica, uno tsunami strapieno anche di bugie e di omissioni dettate dall’ opportunismo politico. Per rendersene conto basta sfogliare i quotidiani e i settimanali di questa fine di aprile. È da decenni che studio e scrivo della nostra guerra civile. Ma non avevo mai visto il serraglio di oggi. Una fiera dove tutto si confonde. Dove imperano le menzogne, le reticenze, le pagliacciate, le caricature. È vero che siamo una nazione in declino e che ha perso la dignità di se stessa. Però il troppo è troppo.

Per non essere soffocato dalla cianfrusaglia, adesso proverò a rammentare qualche verità impossibile da scordare. La prima è che la guerra civile conclusa nel 1945, ma con molte code sanguinose sino al 1948, fu un conflitto fra due minoranze. Erano pochi i giovani che scelsero di fare i partigiani e i giovani che decisero di combattere l’ ultima battaglia di Mussolini. Il «popolo in lotta» tanto vantato da Luigi Longo, leader delle Garibaldi, non è mai esistito. A perdere furono i ragazzi di Salò, i figli dell’ Aquila repubblicana. Ma a vincere non furono quelli che avevano preso la strada opposta. L’ Italia non venne liberata da loro. Se il fascismo fu sconfitto lo dobbiamo ad altri giovani che non sapevano quasi nulla di un Paese che dal 1922 aveva obbedito al Duce e l’ aveva seguito in una guerra sbagliata, combattuta su troppi fronti. La vittoria e la libertà ci vennero donate dalle migliaia di ragazzi americani, inglesi, francesi, canadesi, australiani, brasiliani, neozelandesi, persino indiani, caduti sul fronte italiano. E dai militari della Brigata Ebraica, che oggi una sinistra ottusa vorrebbe escludere dalla festa del 25 aprile.

Gli stranieri e gli italiani si trovarono alle prese con una guerra civile segnata da una ferocia senza limiti. Qualcuno ha scritto che la guerra civile è una malattia mentale che obbliga a combattere contro se stessi. E svela l’ animo bestiale degli esseri umani. Tutti gli attori di quella tragedia potevano cadere in un abisso infernale. Molti lo hanno evitato. Molti no. Eccidi, torture, violenze indicibili non sono stati compiuti soltanto dai nazisti e dai fascisti. Anche i partigiani si sono rivelati diavoli in terra.

In un libro di memorie scritto da un comandante garibaldino e pubblicato dall’ Istituto per la storia della Resistenza di Vercelli, ho trovato la descrizione di un delitto da film horror. Una banda comunista, stanziata in Valsesia, aveva catturato due ragazze fasciste, forse ausiliarie. E le giustiziò infilando nella loro vagina due bombe a mano, poi fatte esplodere.
La ferocia insita nell’ animo umano era accentuata dalla faziosità ideologica. La grande maggioranza delle bande partigiane apparteneva alle Garibaldi, la struttura creata dal Pci e comandata da Longo e da Pietro Secchia. È una verità consolidata che tra le opzioni del partito di Palmiro Togliatti ci fosse anche quella della svolta rivoluzionaria. Dopo la Liberazione sarebbe iniziata un’ altra guerra. Con l’ obiettivo di fare dell’ Italia l’ Ungheria del Mediterraneo, un Paese satellite dell’ Unione Sovietica.

I comunisti potevano essere più carogne dei fascisti e dei nazisti? No, perché chi imbraccia un’ arma per affermare un progetto totalitario, nero o rosso che sia, è sempre pronto a tutto. Ma esiste un fatto difficile da smentire: le stragi interne alla Resistenza, partigiani che uccidono altri partigiani, sono tutte opera di mandanti ed esecutori legati al Pci.
La strage più nota è quella di Porzûs, sul confine orientale, a 18 chilometri da Udine. Nel pomeriggio del 7 febbraio 1945, un centinaio di garibaldini assalgono il comando della Osoppo, una formazione di militari, cattolici, monarchici, uomini legati al Partito d’ Azione e ragazzi apolitici. Quattro partigiani e una ragazza vengono soppressi subito. Altri sedici sono catturati e tutti, tranne due che passano con la Garibaldi, saranno ammazzati dall’ 8 al 14 febbraio. Un assassinio al rallentatore che diventa una forma di tortura.
In totale, 19 vittime.

La strage ha un responsabile: Mario Toffanin, detto “Giacca”, 32 anni, già operaio nei cantieri navali di Monfalcone, un guerrigliero brutale e un comunista di marmo. Ha due idoli: Stalin e il maresciallo Tito. Considera la guerriglia spietata il primo passo della rivoluzione proletaria. Ma l’ assalto e la strage gli erano stati suggeriti da un dirigente della Federazione del Pci di Udine. Di lui si conosce il nome e l’ estremismo da ultrà che gioca con le vite degli altri.

È quasi inutile rievocare le imprese di Franco Moranino, “Gemisto”, il ras comunista del Biellese. Un sanguinario che arrivò a uccidere i membri di una missione alleata. E poi fece sopprimere le mogli di due di loro, poiché sospettavano che i mariti non fossero mai giunti in Svizzera, come sosteneva “Gemisto”. Il Pci di Togliatti difese sempre Moranino e lo portò per due volte a Montecitorio e una al Senato. Anche lui come “Giacca” morì nel suo letto.

Tra le imprese criminali dei partigiani rossi è famoso il campo di concentramento di Bogli, una frazione di Ottone, in provincia di Piacenza, a mille metri di altezza sull’ Appennino. Dipendeva dal comando della Sesta Zona ligure ed era stato affidato a un garibaldino che oggi definiremmo un serial killer. Tra l’ estate e l’ autunno del 1944 qui vennero torturati e uccisi molti prigionieri fascisti. Le donne venivano stuprate e poi ammazzate. Soltanto qualcuno sfuggì alla morte e dopo la fine della guerra raccontò i sadismi sofferti.
A volte erano dirigenti rossi di prima fila a decidere delitti eccellenti. Le vittime avevano comandato formazioni garibaldine, ma si rifiutavano di obbedire ai commissari politici comunisti. Di solito questi crimini venivano mascherati da eventi banali o da episodi di guerriglia.

Uno di questi comandanti, Franco Anselmi, “Marco”, il pioniere della Resistenza sull’ Appennino tortonese, dopo una serie di traversie dovute ai contrasti con esponenti del Pci, fu costretto ad andarsene nell’ Oltrepò pavese.

Morì l’ ultimo giorno di guerra, il 26 aprile 1945, a Casteggio per una raffica sparata non si seppe mai da chi.
Negli anni Sessanta, andai a lavorare al Giorno, diretto da Italo Pietra che era stato il comandante partigiano dell’ Oltrepò. Sapeva tutto del Pci combattente, della sua doppiezza, dei suoi misteri.

Quando gli chiesi della fine di Anselmi, mi regalò un’ occhiata ironica. E disse: «Vuoi un consiglio? Non domandarti nulla. Anselmi è morto da vent’ anni. Lasciamolo riposare in pace».
Un’ altra fine carica di mistero fu quella di Aldo Gastaldi, “Bisagno”, il numero uno dei partigiani in Liguria. Era stato uno dei primi a darsi alla macchia nell’ ottobre 1943, a 22 anni. Cattolico, sembrava un ragazzo dell’ oratorio con il mitragliatore a tracolla, coraggioso e altruista. Divenne il comandante della III Divisione Garibaldi Cichero, la più forte nella regione. Era sempre guardato a vista dalla rete dei commissari comunisti della sua zona.

Nel febbraio 1945, il Pci cercò di togliergli il comando della Cichero, ma non ci riuscì. Alla fine di marzo Bisagno chiese al comando generale del Corpo volontari della libertà di abolire la figura del commissario politico. E quando Genova venne liberata, cercò di opporsi alle mattanze indiscriminate dei fascisti.

Non trascorse neppure un mese e il 21 maggio 1945 Bisagno morì in un incidente stradale dai tanti lati oscuri. In settembre avrebbe compiuto 24 anni. Ancora oggi a Genova molti ritengono che sia stato vittima di un delitto. Sulla sua fine esiste una sola certezza.

Con lui spariva l’ unico comandante partigiano in grado di fermare in Liguria un’ insurrezione comunista diretta a conquistare il potere. Scommetto mille euro che nessuno dei due verrà ricordato nelle cerimonie previste un po’ dovunque. Al loro posto si farà un gran parlare delle cosiddette Repubbliche partigiane. Erano territori conquistati per un tempo breve dai partigiani e presto perduti sotto l’ offensiva dei tedeschi. Le più note sono quelle di Montefiorino, dell’ Ossola e di Alba.

Nel 1944, Montefiorino, in provincia di Modena, contava novemila abitanti. Con i quattro comuni confinanti si arrivava a trentamila persone. L’ area venne abbandonata dai tedeschi e i partigiani delle Garibaldi vi entrarono il 17 giugno. La repubblica durò sino al 31 luglio, appena 45 giorni. Fu un trionfo di bandiere rosse, con decine di scritte murali che inneggiavano a Stalin e all’ Unione Sovietica.

Vi dominava l’ indisciplina più totale. Al vertice c’ era il Commissariato politico, composto soltanto da comunisti. Il caos ebbe anche un lato oscuro: le carceri per i fascisti, le torture, le esecuzioni di militari repubblicani e di civili.

Ma nessuno si preoccupava di difendere la repubblica. Infatti i tedeschi la riconquistarono con facilità.

La repubblica dell’ Ossola nacque e morì nel giro di 33 giorni, fra il settembre e l’ ottobre del 1944. Era una zona bianca, presidiata da partigiani autonomi o cattolici. E incontrò subito l’ ostilità delle formazioni rosse. Cino Moscatelli, il più famoso dei comandanti comunisti, scrisse beffardo: «A Domodossola c’ è un sacco di brava gente appena arrivata dalla Svizzera che ora vuole creare per forza un governino pur di essere loro stessi dei ministrini».

La repubblica di Alba venne descritta così dal grande Beppe Fenoglio, partigiano autonomo: «Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre 1944». Durata dell’ esperimento: 23 giorni, conclusi da una fuga generale. Sentiamo ancora Fenoglio: «Fu la più selvaggia parata della storia moderna: soltanto di divise ce n’ era per cento carnevali. Fece impressione quel partigiano semplice che passò rivestito dell’ uniforme di gala di colonnello d’ artiglieria, con intorno alla vita il cinturone rossonero dei pompieri…».
In realtà la guerra civile fu di sangue e di fuoco. Con migliaia di morti da una parte e dall’ altra. Dopo il 25 aprile ebbe inizio un’ altra epoca altrettanto feroce. L’ ho descritta nel libro che mi rende più orgoglioso fra i tanti che ho pubblicato: Il sangue dei vinti. Stampato da un editore senza paura: la Sperling e Kupfer di Tiziano Barbieri. Un buon lavoro professionale. Dal 2003 a oggi, nessuna smentita, nessuna querela, ventimila lettere di consenso, una diffusione record. Ma le tante sinistre andarono in tilt. E diedero fuori di matto.

Più lettori conquistavo, più venivo linciato sulla carta stampata, alla radio, in tivù. Mi piace ricordare l’ accusa più ridicola: l’ aver scritto quel libro per compiacere Silvio Berlusconi e ottenere dal Cavaliere la direzione del Corriere della Sera. Potrei mettere insieme un altro libro per raccontare quello che mi successe. Qui preferisco ricordare i più accaniti tra i miei detrattori: Giorgio Bocca, Sandro Curzi, Angelo d’ Orsi, Sergio Luzzatto, Giovanni De Luna, Furio Colombo, qualche firma dell’ Unità, varie eccellenze dell’ Anpi, del Pci e di Rifondazione comunista.

Tutti erano mossi dalle ragioni più diverse. Se ci ripenso sorrido.

La meno grottesca riguarda l’ ambiente legato al vecchio Pci. Dopo la caduta del Muro di Berlino e la svolta di Achille Occhetto nel 1989, gli restava poco da mordere.
Si sono aggrappati alla Resistenza.

E hanno inventato uno slogan. Dice: la Resistenza è stata comunista, dunque chi offende il Pci offende la Resistenza. Oppure: chi offende la Resistenza offende il Pci e gli eredi delle Botteghe oscure.

Ecco un’ altra delle menzogne spacciate ogni 25 aprile. Insieme alla bugia delle bugie, quella che dice: le grandi città dell’ Italia del nord insorsero contro i tedeschi e li sconfissero anche nell’ ultima battaglia. Non è vero. La Wehrmacht se ne andò da sola, tentando di arrivare in Germania. In casa nostra non ci fu nessuna Varsavia, la capitale polacca che si ribellò a Hitler tra l’ agosto e il settembre 1944. E divenne un cumulo di macerie. In Italia le uniche macerie furono quelle causate dai bombardamenti degli aerei alleati.
Che cosa resta di tutto questo?

Di certo il rispetto per i caduti su entrambe le parti. Ma anche qualcos’ altro. Quando viaggio in auto per l’ Italia, rimango sempre stupito dalla solitaria immensità del paesaggio. Anche nel 2015 presenta grandi spazi vuoti, territori intatti, mai violati dal cemento.

È allora che ripenso ai pochi partigiani veri e ai figli dell’ Aquila fascista. E mi domando se avrei avuto il loro stesso coraggio se fossi stato un giovane di vent’ anni e non un bambino. Si gettavano alle spalle tutto, la famiglia, gli studi, l’ amore di una ragazza, per entrare in un mondo alieno, feroce e sconosciuto. Erano formiche senza paura e pronte a morire. L’ Italia di oggi merita ancora quei figli, rossi, neri, bianchi? Ritengo di no.

di Giampaolo Pansa

710.-CHI È ENRICO SASSOON, PADRINO DI “CASALEGGIO ASSOCIATI” E “MOVIMENTO 5 STELLE”???

Enrico Sassoon, alias Shashons. Tre lauree, la prima in economia alla Bocconi nel 1973, Sassoon proviene da una famiglia di origini ebraiche, imparentati con i Rothschild, la famiglia di banchieri ebraica che detiene il 40% di tutta la ricchezza mondiale
Fondatore e principale azionista della Casaleggio & Associati, una carriera fondata all’insegna dei think tank, dove le lobby economiche incontrano il potere politico per decidere le sorti future di uno stato.
Sapevamo dei legami della Casaleggio Associati con la banca JP Morgan (vedi nostro GRILLO: QUELLO CHE NON DICE SU BANCHE & CASALEGGIO ), ma non fino a questo punto. .

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Nel 1974, le altre due sono state conseguite in Scienze Politiche e Storia, Enrico Sassoon mette piede nell’Ufficio Studi della Pirelli, “allora considerato un think tank tra i migliori d’Italia in campo economico”. Una carriera fondata all’insegna dei think tank, dove le lobby economiche incontrano il potere politico per decidere le sorti future di uno stato (o di un insieme di stati). E deve averne fatta di strada il nostro Sassoon se è vero com’è vero che nel tempo è diventato Board Member e Presidente del Comitato Affari Economici dell’American Chamber of Commerce in Italy, la camera di commercio americana in Italia, “un ponte qualificato tra Italia e Stati Uniti con un network di cinquecento soci che include il cuore del mondo produttivo italiano, un gruppo di aziende ad alto tasso di internazionalizzazione capace di rappresentare il 2% del PIL nazionale.”

Praticamente una super lobby di multinazionali, banche e grandi gruppi che unisce le forze per proteggere in maniera più efficace i propri interessi e che promuove lo sviluppo dei rapporti commerciali tra Italia e USA.

Per rendere bene l’idea di quanto esteso sia questo cartello basta leggere i nomi di alcuni dei gruppi presenti in Amcham: Standard & Poor’s, Philip Morris, IBM, Microsoft, ENI, Enel, Intesa San Paolo, Sisal, Rcs Editori, Esso, Bank of America, Coca Cola, Fiat, Fincantieri, Finmeccanica, Italcementi, Jp Morgan, Pfizer, Rai, Sky, Unicredit…

Tutti i migliori/peggiori gruppi che hanno generato la crisi economica in cui versiamo.

Enrico Sassoon, primo e più importante socio della Casaleggio, siede fianco a fianco con certi personaggi. Che poi sono gli stessi componenti dell’Aspen Institute Italia, think tank tecnocratico, diretta emanazione del gruppo Bilderberg. Quando il Sistema si organizza è capace di tutto: persino di creare un Comitato Esecutivo Aspen formato – oltre che da Enrico Sassoon della Casaleggio – anche da Mario Monti, John Elkann, Romano Prodi, Giulio Tremonti, tutti componenti italiani del Bilderberg.

Ora: come diavolo è possibile che la Casaleggio, a detta di molti spin doctor e influencer di Grillo e del Movimento 5 Stelle, abbia il suo membro più importante all’interno di un Istituto popolato da quelli che dovrebbero in realtà essere i nemici dichiarati proprio di Grillo? Qual è la ragione per cui questo accade?

Le stranezze, purtroppo, non finiscono qui: a parte il fatto che il dominio beppegrillo.it risulta intestato ad un certo Emanuele Bottaro di Modena, e potrebbe trattarsi di un normale prestanome (ma la trasparenza?), a destare sospetti è la domiciliazione del gestore tecnico del dominio, Via Jervis 77 a Ivrea. Lo stesso indirizzo della sede legale Olivetti, gruppo Telecom Italia.

Cosa c’è di così strano? C’è che Gianroberto Casaleggio, il secondo socio per importanza della Casaleggio, fa partire la sua avventura professionale proprio nella Olivetti, guidata all’epoca da Roberto Colaninno, attuale presidente di Alitalia e padre di Matteo, deputato Pd. Poi Gianroberto inizia la scalata sociale e diventa amministratore delegato di Webegg, joint venture tra Olivetti e Finsiel. A fine giugno 2002 Olivetti cede la propria quota del 50% in Webegg S.p.A. a I.T. Telecom S.p.A., che nel frattempo partorisce Netikos Spa, dove il più famoso dei Casaleggio partecipa al Cda con Michele Colaninno (secondogenito di Roberto e presente nel Cda Piaggio). Questo fino al 2004, quando decide di fondare la Casaleggio Associati, attuale editore di Beppe Grillo, con altri dirigenti Webegg. Tra cui proprio Enrico Sassoon.

La Casaleggio parte forte e chiude due contratti importanti, prima con Grillo poi con l’Italia dei Valori, quest’ultimo finito a male parole quando Di Pietro e De Magistris capiscono chi si sono messi in casa. Grillo, invece, decide di continuare il suo percorso di crescita con gli strateghi legati ai più noti gruppi di potere italiani e non.

A questo punto le domande che sorgono sono tante: può Grillo non sapere che Sassoon siede, fianco a fianco, con Monti, Tremonti e gli altri? Può Grillo non sapere che la gestione tecnica del suo dominio è domiciliata nella sede di un’azienda legata al Gruppo Telecom, contro cui lui si è scagliato più e più volte?

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Oggi i Sassoon non sono meno potenti. Posseggono la David Sassoon & Co. Bank, la ED Sassoon Bank, l’Oriental Life Insurance e controllano The Observer e il Sunday Time. Uno degli ultimi discendenti di questa ricca famiglia di banchieri, commercianti di oppio e scatenatori di guerre, è proprio Enrico Sassoon.

 

APPUNTI DI STORIA:
LA FAMIGLIA SASSOON, alias SHOSHANS

Famiglia ebraica tra le più ricche ed antiche del mondo, probabilmente di origine mesopotamica. I Sassoon infatti deriverebbero dai Shoshans, uno dei cui esponenti più importanti fu il Principe (“Nasi”) spagnolo Ibn Shoshans (Yazid ibn Omar ha-Nasi). Nel Cinquecento, per sfuggire alle persecuzioni spagnole, i Sassoon si rifugiarono a Baghdad. Alla fine della Prima Guerra Mondiale furono tra i protagonisti della formazione dell’Irak, il cui primo Ministro delle Finanze fu proprio Eskell Sassoon, che diresse questo ministero per ben sette governi consecutivi. In questo ruolo Sir Eskell firmò l’accordo con British Petroleum, pretendendo che i proventi iracheni per l’estrazione del petrolio fossero corrisposti in oro e non in sterline. L’idea si sarebbe rivelata geniale, poiché nonostante l’abbandono del Gold Exchange Standard degli anni Trenta, con conseguente flessione della sterlina, l’Iraq non avrebbe risentito della crisi internazionale.

Nella prima metà dell’Ottocento il nonno di Sir Eskell, David Sassoon, fondò una grande banca a Bombay, la David Sassoon & Co, diventando una delle personalità più influenti dell’India. Il fratello di David, Albert Abdallah David Sassoon, per i giganteschi guadagni procurati alla Corona inglese, nel 1890 fu addirittura nominato Barone dalla Regina Vittoria.

David, tramite la sua banca ed i virtù del prestigio della sua famiglia, ottenne dalla Banca d’Inghilterra (controllata dai Rothschild), il monopolio in India per lo sfruttamento del cotone, della seta e dell’OPPIO. Soltanto in un anno, tra il 1830 ed il 1831, David vendette 18.956 casse di oppio. I suoi otto figli, inviati in tutti i posti chiave del commercio in Oriente con la solita tattica Rothschild, riuscirono ad estendere il loro monopolio dell’Oppio in Cina ed in Giappone. In quei Paesi i Sassoon hanno naturalmente aperto importanti filiali della loro banca, a cui hanno aggiunto, società finanziarie, gigantesche aziende tessili ed agricole ed imponenti società di assicurazioni come la Oriental Life Insurance.

La scintilla che fece scoppiare la Guerra dell’Oppio tra Inghilterra e Cina vide proprio i Sassoon come i principali protagonisti. Nel 1839 l’Imperatore cinese Dao-Guang proibì l’assunzione ed il commercio di questa sostanza. I suoi soldati gettarono nei fiumi migliaia di casse di droga appena uscite dai laboratori di Canton della famiglia Sassoon, che chiesero aiuto al Governo britannico tramite l’intermediazione dei Rothschild (i quali, insieme alla Regina, fino a quel momento avevano fatto grandi affari con i Sassoon proprio grazie all’oppio). E la guerra iniziò.

Dopo tre anni il Trattato di Nanchino sanciva la piena legalizzazione dell’oppio in Cina, la sovranita della vittoriosa Inghilterra su diverse aree costiere del Paese e un forte risarcimento (pari a due milioni di sterline) ai “danneggiati” Sassoon. Da notare che i cinesi dovettero pagare interamente anche le spese di guerra agli inglesi, per la favolosa cifra di 21 milioni di sterline.

Il monopolio della droga da parte dei Sassoon, però, si limitava alle zone costiere della Cina, così alla ricca famiglia fu necessaria una seconda Guerra (1858-1860), per sperare di raggiungere finalmente l’obiettivo dell’esclusiva sulla vendita di oppio in tutto il territorio nazionale. Il nuovo conflitto fu sanguinosissimo, gli inglesi non esitarono a radere al suolo e saccheggiare i templi ed i santuari di Pechino. Il successivo Trattato di Pace, stipulato il 25 ottobre 1860, assicurò ai Sassoon l’esclusiva del commercio di droga sui sette ottavi della Cina. L’Inghilterra riuscì ad annettersi Hong Kong oltre ad una serie di altre zone strategiche all’interno della nazione. Gli affari di famiglia si moltiplicarono, grazie anche al contributo della società Russell & Company, che armava per conto dei Sassoon le navi commerciali che trasportava oppio dall’India alla Cina tornando indietro cariche di Tè. La società (fondata dal cognato di William Huntington Russell, co-fondatore della discussa società segreta Skull & Bones), era in mano a Warren Delano, principale azionista, nonno materno del futuro Presidente degli USA Franklin Delano Roosevelt, il quale ereditò una gigantesca fortuna proprio grazie a questa joint venture con i Sassoon.

All’inizio degli anni ’80 dell’Ottocento la famiglia Sassoon poteva ormai contare su un immenso commercio di oppio, che nella sola Cina superava le 105 mila casse all’anno. Nel 1887 Edward Albert Sassoon sposò Caroline Rothschild e l’alleanza economica tra le due famiglie fu consacrata definitivamente.

Un’alleanza Rothschild/Sassoon/Delano Roosevelt che causò – e causa ancora – la morte di milioni di cinesi.

I Sassoon, al giorno d’oggi, possiedono la ED Sassoon Bank, la David Sassoon & Co Bank, l’Oriental Life Insurance e controllano, tra gli altri, The Observer ed il Sunday Time.

Enrico Sassoon – Direttore dell’Harvard Business Review Italia, Amministratore delegato di StrategiQs Edizioni, Presidente di Leading Events e di Global Trends, esponente di spicco dell’Aspen Institute Italia (di cui è Presidente Giulio Tremonti), nonché fondatore e principale azionista della Casaleggio Associati (società di comunicazione informatica che gestisce, tra l’altro, le edizioni ed il blog di Beppe Grillo) – è fratello del noto sociologo Joseph Sassoon, che è anche fondatore e Presidente della Alphabet. Il loro padre, Léon Sassoon – importante imprenditore siriano con un forte giro d’affari in Siria ed in Italia – è stato Presidente e Tesoriere della Sinagoga sefardita di Holland Park, a Londra.

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Per approfondimenti vedi anche JewishEncyclopedia e Finanza In Chiaro.it

Fonte: Pietro Ratto da http://blog.libero.it/pensio/11596434.html

ORGANIGRAMMA & GERARCHIA DEL “MOVIMENTO 5 STELLE”: DA GRILLO A CASALEGGIO FINO A SASSOON

 

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Per chi non lo sapesse la “Casaleggio Associati” è l’azienda che ha ideato e gestisce, insieme a Beppe Grillo, il Movimento 5 Stelle, uno pseudo partito travestito da lista civica.

La Casaleggio Associati è costituita da cinque persone (le vere 5 stelle???), una delle quali era Gianroberto Casaleggio, personaggio sconosciuto alla maggior parte degli italiani prima che il fuorionda di Giovanni Favia ai microfoni di Piazzapulita, lo rendesse famoso (particolare attenzione dal min. 01:00 in poi).

Ma – attenzione! – la Casaleggio non era solo Gianroberto e, oggi, penso suo figlio, la Casaleggio è formata da altre quattro persone.

casaleggio            Per comprendere meglio chi sia l’ideatore di un partito che ha raggiunto in pochi anni una percentuale tanto alta, quasi al livello di colossi come il PD e il PDL (di cui, spero, si conoscano gli aggangi con l’elite), abbiamo analizzato la figura del membro più importante dell’azienda, un certo Enrico Sassoon.

Leggiamo sul sito della Casaleggio (http :// www . casaleggio.it/ca/es.php) che

Enrico Sassoon è direttore responsabile del mensile di management Harvard Business Review Italia (rivista edita da StrategiQs Edizioni, di cui è co-fondatore e amministratore delegato), Presidente di Leading Events (The Ruling Companies Association) e Presidente di Global Trends, società di studi, ricerche e comunicazione. E’ inoltre Board Member e Presidente del Comitato Affari Economici di American Chamber of Commerce in Italy e Board Member e di Aspen Institute Italia.
Dal 1998 al 2006 è stato Amministratore delegato della American Chamber of Commerce in Italy. Dal 1999 al 2005 è stato Presidente della Procos (sistemi informatici gestionali). Dal 1977 al 2003 nel gruppo Il Sole 24 Ore, ha ricoperto numerosi incarichi, prima come Inviato Speciale, poi come Direttore responsabile delle riviste Mondo Economico, L’Impresa e Impresa Ambiente. Dal 2005 al 2008 è stato Direttore responsabile della rivista online Affari Internazionali.

Mamma mia che personaggione importante! Senza fretta andiamo ad analizzare quello che a prima vista sembrerebbe un curriculum di tutto rispetto.

Iniziamo parlando dell’Aspen di cui Sassoon è un membro. Da Wikipedia leggiamo che l’Aspen Institute

Si autoproclama finalizzata a incoraggiare le leadership illuminate, le idee e i valori senza tempo e il dialogo sui problemi contemporanei.

L’Aspen Institute è finanziato ampiamente da fondazioni come la Carnegie Corporation, la Rockefeller Brothers Fund e la Ford Foundation.

Giulio Tremonti è l’attuale presidente dell’Aspen Institute Italia.

Altri membri italiani sono:

Giuliano Amato
Lucia Annunziata
Fedele Confalonieri
Francesco Cossiga
Umberto Eco
John Elkann
Franco Frattini
Cesare Geronzi
Enrico Letta
Gianni Letta
Emma Marcegaglia
Paolo Mieli
Tommaso Padoa Schioppa
Corrado Passera
Romano Prodi
Cesare Romiti
Carlo Scognamiglio

…e per finire: Mario Monti! [Fonte]

Praticamente Enrico Sassoon, oltre ad essere imparentato con i Rothschild, fa parte di un’organizzazione internazionale finanziata dai Rockefeller di cui fanno parte importanti uomini del PD, del PDL e gli uomini delle banche a capo dell’attuale governo! Wow, che belle frequentazioni per la mente del Movimento 5 Stelle! Per ragioni di spazio/tempo eviteremo in questa sede di analizzare le connessioni tra l’Aspen Institute, il Gruppo Bilderberg, la Trilateral Commission e il CFR, Council on Foreign Relations. Basti sapere al lettore che tanti personaggi di un’organizzazione si trovano anche nelle altre o nei vari Istituti Affari Internazionali di cui il CFR è l’analogo degli Stati Uniti.

Enrico Sassoon è anche presidente di Global Trends, un’azienda fondata da Sassoon e da sua moglie, Cristina Rapisarda Sassoon. Questa è la Homepage del sito:

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Lo slogan non vi ricorda quello che secondo Gaia succederà nel 2043? Cito il video:

2043: Movimenti dal basso nascono in tutto il mondo per gestire i problemi locali di energia, cibo, ambiente e salute.

Mah! Sarà una coincidenza… Come sarà una coincidenza che tra i clienti di Global Trends, come possiamo leggere sul loro sito, troviamo proprio l’Istituto Affari Internazionali!

Su Wikipedia leggiamo che l’Istituto Affari Internazionali è un

Ente privato con la capacità di interagire e cooperare con il governo, la pubblica amministrazione, i principali attori economici nazionali e i più accreditati centri studi stranieri. Sono questi ancora oggi i tratti distintivi dello IAI.

Capito che clienti ha la Global Trends? Alla faccia dell’aziendina di famiglia… Tra gli altri clienti, che non sono da meno, troviamo:

American Chamber of Commerce in Italy (di cui Sassoon è il Presidente del Comitato Affari Economici)
Harvard Business Review Italia (di cui Sassoon è direttore responsabile)
Sole 24 Ore Spa (in cui Sassoon ha ricoperto numerosi incarichi)
Manpower Italia
Philip Morris Europe
Camera di Commercio di Bergamo
Camera di Commercio di Lecco
Camera di Commercio di Lucca
Camera di Commercio di Mantova
Camera di Commercio di Milano
Camera di Commercio di Pavia
Camera di Commercio di Varese
Camera di Commercio del Verbano, Cusio, Ossola
Provincia di Milano
Provincia di Siena
Unioncamere Lombardia
…e Italcementi Spa

A proposito di Italcementi, segnaliamo un’altra strana coincidenza. Un certo Walter Ganapini, ex Presidente di Greenpeace, quando era assessore all’ambiente della Regione Campania, voleva bruciare i rifiuti nei cementifici. In questo articolo leggiamo che

Ganipini il 21 Luglio scorso ha firmato un protocollo d’intesa con l’associazione dei cementieri per incenerire i rifiuti. I cementifici a cui si fa riferimento sono l’Italcementi di Pontecagnano, Cementir di Maddaloni e Moccia di Caserta.

Ecco la coincidenza: la moglie di Enrico Sassoon, Cristina Rapisarda Sassoon, scrive in questa presentazione:

ho fatto della tutela dell’ambiente la mia professione. Sono stata coordinatrice del Comitato Agenda 21 per Milano a fianco dell’Assessore all’ambiente Walter Ganapini.

Capito? La co-fondatrice di Global Trends che ha Italcementi Spa tra i propri clienti, conosceva Walter Ganapini che voleva far bruciare i rifiuti da una ditta che – guarda il caso – si chiama Italcementi… e non è finita qui! Giusto ieri Walter Ganapini è stato ospitato proprio sul blog di Beppe Grillo!

 

710.- Renzi e Moretti, la svendita dello Stato Maggiore per liberarsi della Nazione. (Dardo)

Un articolo da meditare,dopo attente verifiche, perché, qualunque sia il destino dell’Unione europea, è impensabile il ritorno a una semplice comunità economica. Una Confederazione di Stati Sovrani sarebbe una ipotesi possibile, chiaramente con una Politica Estera e una Difesa in comune. Buona lettura.

 

Carissimi, siamo giunti al redde rationem del progetto perverso che l’attuale governo, insieme alla complicità di parte dei nostri generali legati ad ambienti europei e pseudo Think tank, congiuntamente all’AD di Leonardo- Finmeccanica stanno portando avanti per smantellare il comparto industriale militare italiano e metterlo sotto bandiera franco-tedesca.

Le scelte scellerate che l’attuale capo di Leonardo ha compiuto dal punto di vista strategico portano ad un peggioramento continuo delle relazioni internazionali in sede Nato e ad una chiara virata verso la creazione di un gigante della difesa europea, il mostro Airbus Thales.

Pochi di voi sanno che le eccellenze italiane del settore siano legate soprattutto alle relazioni con gli USA e il Regno Unito, pur avendo preferito i precedenti governi fare invocare le quote delle controllate Finmeccanica sia con la Francia, in Thales e MBDA, che in Regno Unito con Agusta Westland. La Brexit ha accelerato il piano franco tedesco di conquista delle risorse strategiche italiane in cambio di mezzo punto di PIL per accontentare Renzì nelle prossime elezioni, oltre al pericoloso referendum sulla Riforma della Costituzione.

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Mario Moretti, grande AD di Finmeccanica

Vanno analizzati tre fattori chiave per poter comprendere la piega che tali scenari comportano. Mario Moretti, grande AD di FS, andando a ricoprire lo stesso ruolo in Finmeccanica deve fare un compromesso con i francesi per avere il via libera della sua nomina, approfittando anche degli scandali Agusta per non avere condizionamenti inglesi nella partita. Non solo, non avendo alcuna esperienza internazionale nel settore, si getta ai piedi dello IAI e dei commis d’etat francesi, quali Darnier e altri, per poter portare a termine un progetto che lo vede restare in sella a vita senza andare a bussare in giro per il mondo alle porte di governi vari rischiando le manette come i suoi predecessori. Uno dei maggiori esperti di sistemi ferroviari al mondo cede per primo proprio le attività industriali legate al successo della sua carriera in FS. C’era un segnale in tal senso da quando di colpo egli preferì a Finmeccanica, Ansaldo Sts e Breda, i cugini di Alstom per la fornitura di carrozze e trenini regionali. Non bisogna meravigliarsi quindi che i vertici delle nostre controllate pubbliche siano scelti dagli interessi francesi e comunitari, prima nei governi di centro sinistra e poi fino ad arrivare alla nomina del Capo security Rai senza Nulla Osta di Sicurezza. Sia lo IAI che l’ISPI sono finanziati da Leonardo Finmeccanica e da Bruxelles direttamente, annoverando ai vertici sempre Ambasciatori e Generali della Repubblica tra i più filo europei. È curioso rilevare che uno come Moretti abbia tralasciato le forniture internazionali con le consociate americane e britanniche alle attività diplomatiche nazionali e preferisca dedicarsi solo a quelle che è riuscito a imporre nel Libro Bianco della Difesa per conto del comparto militare europeo. Quando la richiesta di trasporti ferroviari in tutto il mondo aumenta a dismisura Morettì preferisce disfarsi dei contratti in essere consegnando anche le proprie competenze all’oblio e quelle delle ex controllate ad attori terzi che non impediscano la supremazia francese nel mercato europeo ed internazionale. Strani casi della vita.

Passiamo ora all’attacco multiplo che ex Generali e Ammiragli hanno riservato alle attuali rappresentanze di governo ed ai Capi di Stato Maggiore della Difesa, consiglieri militari ecc.

Il blocco strategico del rinnovo della nostra flotta navale, che è costato il posto a De Giorgi, l’impedimento continuo che la ministra Pinotti e i Generali a servizio della politica hanno posto nei confronti dei vertici delle Forze Armate durante la compilazione del Libro Bianco della Difesa, portano la sigla di Bruxelles e dei vari amici francesi che accompagnano le strategie dei nostri vertici della Difesa e dell’industria della Sicurezza. Mai si era visto sostituire il ministro della Difesa ad un convegno proprio dal Capo dello SMD, semmai da un sottosegretario che ne portasse i saluti. Non bisogna poi dimenticare che la scelta di chiamare Leonardo Finmeccanica sia da raffinati palati storici. Presso la corte dei Medici a Parigi il grande Leonardo compì la seconda parte dei suoi capolavori e morì. La Gioconda sorride sempre più enigmatica al futuro della nostra Repubblica.

Ma veniamo al nostro premier, Renzì, il quale è stato mollato dagli ambienti militari e diplomatici americani sospettosi di uno strano immobilismo militare in Libia e altri scenari di crisi da parte dei nostri vertici della diplomazia e della difesa. Dopo hanno optato per un intervento chirurgico in Libia mandando un segnale aperto al governo ed ai francesi che stanno giocando a doppio filo tra le parti in causa, persino in Yemen. Non solo, in ambito Nato i nostri vertici sono compressi tra forzatura sul futuro esercito europeo e minore capacità di impiego su fronti strategici quali Afganistan, Baltici e paesi Balcanici. I nostri politici e i vari Morettì e compagnia non ne vogliono sapere di rinforzare il perimetro di sicurezza del Paese nel Mediterraneo allargato con politiche commerciali e di collaborazione strategica militare, preferiscono molleggiare nelle strategie altrui per non restare invischiati in dispute commerciali con i colleghi francesi. Non deve sorprendere proprio che gli incontri segreti che il nostro Premier ha avuto a Parigi riguardavano proprio un salvacondotto per lui e i suoi sodali, la continuità del piano di aggressione finanziaria alle nostre ricchezze industriali, assicurative e bancarie, nell’unico modo possibile per i decisori d’Oltralpe, incluso il futuro di Italo, compartecipato dai francesi e da Della Valle. Guarda caso il renziano AD delle FS sarà costretto a comprare Italo e salvarla dai debiti.

L’entrata dei grandi fondi americani nelle proprietà bancarie italiane e speriamo a breve alcuni segnali geopolitici indipendenti dalle elezioni americane porteranno ad una chiara virata necessaria per salvare il nostro paese dalle orde libere di predatori di conoscenze, competenze e capitali. Facciamo nostro l’appello dei Generali e Ammiragli alla Sovranità Nazionale delle Forze Armate e ricordiamoci di votare No a chiunque voglia imporre il proprio pensiero calpestando la Costituzione e i valori cui i liberi pensatori e i padri della Repubblica anelavano anche da Ventotene. Il vertice del Pensiero Unico Europeo sta macchiando la nostra storia democratica e liberale, Napolitano, Ciampi, Monti e i loro figliocci che hanno svenduto il Paese si preparino ad una Giustizia sovrana che li consegni ai posteri quali sono, membri della Legion Etranger. Siam pronti alla Morte l’Italia chiamò, così cantano tutti i Giovani Italiani a 70 anni della nascita della Repubblica Italiana…

709.- La scomoda verità del terremoto di Messina e Reggio del 1908 conservata negli archivi russi

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Immagine di Messina a due giorni dal rovinoso sisma del 1908

Antonio Petrone 11-7-2016

Fin da ragazzo sono stato pervaso da un profondo desiderio di conoscenza , per la storia del passato e per le mancate verità, che spesso la “ragion di stato” o il più bieco affarismo politico hanno teso occultare. Proprio in questi giorni ho terminato un libro di Pino Aprile “Giù al Sud” in un capitolo si fa menzione dei tragici fatti di Messina, seguiti a vere e proprie ruberie territoriali effettuate da truppe governative nei confronti di inermi cittadini gia provati dal terribile sisma. Ciò, che all’epoca fu accuratamente occultato per difendere una assurda ragione di stato riemerge dopo 100 anni, grazie alla caduta del segreto di stato voluta dal presidente Putin su documenti dell’ex Polizia segreta la NKVD. Contemporaneamente all’arrivo del monumento a loro dedicato, giungono nuovi documenti direttamente dall’Archivio governativo di Mosca tutti dedicati alle vicende dei soccorsi prestati dai marinai russi. Un patrimonio di notevole interesse non solo per lo studioso ma anche per tutti i messinesi che vogliono saperne di più su quelle vicende ormai leggendarie. Il materiale è stato messo a disposizione dell’ “Associazione culturale Messina-Russia” dal console generale della Federazione Russa a Palermo, Vladimir Korotkov. Si tratta della corrispondenza diplomatica intercorsa tra i rappresentanti del governo russo in Italia e i loro referenti in patria: rapporti, relazioni, resoconti fin nei minimi dettagli di quanto fatto dai marinai, da ogni singola squadra di soccorso. Colpiscono fra il resto gli elenchi stilati dalle navi “Bogatyr” e “Cesarevic” con il numero esatto di persone estratte dalle macerie da ciascuna squadra, di cui si dà il nome dell’ufficiale o del guardiamarina che la comanda: di ogni salvato si forniscono dati generali (uomo donna, giovane anziano etc.) ma alle volte anche qualche dato in più e in un caso anche il nome, come quello di “Carolina Sicardi, artista di una compagnia drammatica”. Abbiamo ritrovato fra i capisquadra anche quello di Steblin Kamenskij (che successivamente diventerà sacerdote, poi fucilato ed oggi venerato come martire e santo dalla Chiesa ortodossa) che salva “una ragazza di 17 anni, figlia di un generale”. Una lettera (1 gennaio 1909) del Console danese a Messina rivolta al ministro russo della Marina si premura di raccontare l’episodio del salvataggio di una donna da parte dei russi citando con precisione la squadra dei soccorritori proveniente della nave “Slava”.

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Quel 28 dicembre 1908 una scossa sismica lunga 37 secondi rase al suolo Messina e Reggio . Ci furono circa 120 mila morti, in un italia immatura e ancora giovane, incapace di affrontare quella tragedia. Un Italia così immatura, che non sarebbe cresciuta neanche negli anni successivi. Nel suo libro Pino Aprile, tratta l’argomento citando fonti storiche scomode e taciute e sintetizza: cosa muove il risentimento generale di un intera città come Messina definita (babà per la sua bellezza) contro il governo? Incredibilmente, il recupero della memoria storica stessa dei soccorsi dopo il terremoto. Arrivarono si, ma preceduti da 10000 Bersaglieri, con un milione di pallottole, i quali cominciarono a sparare sulla folla inerme dei superstiti, definiti “sciacalli” anche se a perpetrare lo sciacallaggio furono gli stessi militari, e in parlamento si penso anche di liquidare l’intera faccenda bombardando le macerie dal mare. Quelle stesse macerie dove c’erano ancora persone vive, ma ferite. Risulta anche, che in quei giorni di vero terrore instaurato dalle truppe del Generale Mazza, furono aperti addirittura uffici postali mobili delle neonate poste italiane, riservate ai soli militari italiani. Inspiegabilmente ingente somme di denaro e preziosi finirono in altre regioni del nord. Proprio in questi mesi l’Associazione culturale “Messina-Russia”, il consolo generale della Federazione Russa a Palermo Vladmir Korotkov mette a disposizione del materiale epistolare, che getta nuove ombre sulla vicenda. Si tratta della corrispondenza diplomatica intercorsa tra rappresentanti italiano e Russo e i loro referenti in patria, rapporti resoconti e relazioni sul lavoro di soccorso presentato e attuato dai Russi e dagli Inglesi.

Ecco cosa emerge da una delle tante relazioni:
Nella relazione si legge (6 Gennaio 1909)del vice-console di Catania “bisogna notare anche l’opera dei marnai inglesi delle navi “Sutley” e “Minerva” che in accordo hanno aiutato i nostri. Invece nonostante la presenza a Messina di tre sue navi militari italiane (vedi narrazione in calce.ndr), il Governo Italiano, fino al 1 Gennaio, non ha fatto nulla per prestare soccorso alle vittime e non ha neanche adottato alcuna misura per la lotta allo sciacallaggio…. I nostri marinai non hanno subito per fortuna alcuna perdita e i marinai dispersi dell’unità Imperiale “Cesarevic” sono stati ritrovati. Per quanto è dato sapere a Messina non erano presenti residenti russi ad eccezione del figlio del nostro Console a Nissa (Serbia) Tchakhotine con la moglie e il bambino. Lievemente feriti e trasportati all’”Ospedale di Catania” Vittorio Emanuele. Nonostante accertamenti fatti, non risulta sapere nulla sul destino del nostro viceconsole messinese, ma il suo ufficio e la sua casa risultano distrutti.”

Ed ancora apprendiamo da altra lettura di altra relazione: Nello stralcio che segue l’incaricato temporaneo per gli affari della Russia in Italia, M.N. Korf, così tenta di spiegare al suo Ministro degli Esteri, le ragioni della straordinaria e preferenziale simpatia degli italiani per i marinai russi. “nelle discussioni private avute con esponenti delle svariate classi sociali, con il desiderio di chiarire la causa di tale e chiara preferenza manifestata nei confronti dei nostri soldati e della Imperiale Marina nostra , ho avuto modo di sentire, che essi hanno suscitato la simpatia generale non soltanto per l’impavido ed esemplare adempimento del dovere, nella qual cosa non sono stati da meno gli Inglesi, ma soprattutto perché, i nostri hanno mostrato una sensibilità, che gli altri marinai non hanno avuto. A conferma di ciò che affermo mi hanno narrato esempi dell’attiva e cristiana partecipazione dei nostri marinai al dolore delle vittime: così, ad esempio durante una sepoltura di una giovane e sconosciuta donna in una delle tante fosse comuni, un marinaio si è calato sul fondo della buca per coprirne il corpo nudo. Nella stessa distribuzione dei viveri essi non si limitavano come gli inglesi alla distribuzione delle razioni severamente ponderate e precisamente definite, ma donavano tutto ciò che avevano con grande generosità e amore. Per tutto questo i cittadini Messinesi, hanno chiesto di intitolare in loro onore una piazza principale della città che risorgerà: “Piazza dei marinai russi” e di chiamare le strade che condurranno ad essa con i nomi delle nostre unità navali, e dei loro comandanti .(15-1-1909). Inglesi, Tedeschi e Russi si adoperarono in modo incisivo ed esemplare nel soccorrere quelle persone e quella popolazione afflitta duramente dall’immane sciagura al punto che i Messinesi come abbiamo visto fin dal 1909 hanno questo desiderio di dedicare una piazza ai militari russi, ma non a quelli italiani. Una parte, sociologicamente accattivante, dei nuovi documenti è costituita dai bigliettini da visita lasciati presso le sedi consolari russe italiane da cittadini italiani di diversa estrazione sociale, da quello del deputato italiano Eugenio Valli a quello di due persone, certi Francesco ed Elvira Pira, il cui nome non è stampato ma semplicemente scritto a penna. In tutti espressioni, più o meno elaborate, di toccante e spontanea gratitudine; la frase più “curiosa” è proprio quella dei signori Pira: “Gesù è con la Russia. Grazie!”. Numerosi anche i documenti a testimonianza di somme raccolte e versate in favore dei terremotati messinesi. Ne segnaliamo in particolare due. La lettera (14 febbraio 1909) del vice console russo in Persia che trasmette la notizia della raccolta di 135 rubli da parte di una colonia russa presente in quel paese a Astara. E l’altra, accompagnata da relativa ricevuta, da parte dei ferrovieri della Siberia che trasmettono 896 rubli e 46 copechi. Colpiscono fra il resto gli elenchi stilati dalle navi “Bogatyr” e “Cesarevic” con il numero esatto di persone estratte dalle macerie da ciascuna squadra, di cui si dà il nome dell’ufficiale o del guardiamarina che la comanda: di ogni salvato si forniscono dati generali (uomo donna, giovane anziano etc.) ma alle volte anche qualche dato in più e in un caso anche il nome, come quello di “Carolina Sicardi, artista di una compagnia Quest’ultima sembra richiamare, con le dovute differenze, gli avvenimenti di questi giorni nella città: infatti il monumento ai marinai russi è dono di una fondazione al cui vertice c’è il presidente delle Ferrovie Statali Russe. Perché? Perché gli stessi diplomatici russi si stupirono della loro poca incisività nei soccorsi. Tutto questo non ci stupisce? Personalmente credo che il terremoto fu solo una ennesima occasione per continuare il saccheggio delle regioni meridionali intrapreso nel 1861. Ecco perché forse andrebbe rivisto e riscritto l’interò periodo storico degli ultimi 170 anni. Sono sicuro che molte cose si ribalterebbero.

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bigliettino_2altri_bigliettiniAlcune lettere e biglietti di ringraziamento achi tra il personale della Imperiale Marina Russa

Fonte tratta da:

http://www.russianecho.net
http://www.russianecho.net/index.php?option=com_content&view=article&id=512%3Amosca-si-aprono-gli-archivi-di-stato-sul-terremoto-di-messina&catid=9%3Amessina&Itemid=13&lang=it

Un ringraziamento particolare va all’autore dello studio dei fondi archivistici russi, Prof.Giuseppe Iannello

 

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Il Sindaco di Messina, nel febbraio 2006, ha consegnato una targa commemorativa alla Marina Militare Russa per il soccorso prestato nel terremoto del 1908.

E ora, dai nostri archivi.

Ore 5,21 del 28 dicembre 1908 un grande boato sconvolse lo stretto di Messina. La terra tremò con un movimento sussultorio seguito da uno ondulatorio. L’intensità del terremoto che si abbatté sulla costa siciliana e calabrese fu di 11 gradi della scala Mercalli (su 12 previsti). Sulla costa il mare prima si ritirò e poi onde alte circa 10 metri trascinarono in acqua uomini e cose. La Scossa durò 37 interminabili secondi; dopo, prima il silenzio della morte e a seguire i lamenti dei feriti e dei sepolti vivi.
Sul numero dei morti non c’è mai stato una stima precisa. Alcune fonti riportano che siano morte in totale 160.000 persone di cui circa 80.000 a Messina (su 140.000 abitanti) e 15.000 a Reggio Calabria (su 45.000 abitanti). Nel 1998, in occasione del 90° anniversario dell’evento, il giornale “La Sicilia”, ha rivalutato sensibilmente la predetta stima incrementando il numero delle vittime a 200.000 per la provincia di Messina e in 180.000 per la provincia di Reggio Calabria. Messina fu quasi interamente distrutta con il 90% delle abitazioni crollate. Nei giorni successivi la terra continuò a tremare e si contarono altre 138 scosse dopo la prima.
Messina era la sede della 1° Squadriglia Torpediniere della Regia Marina ed il 28 erano ormeggiate in porto le torpediniere “Saffo”, “Serpente”, “Scorpione”, “Spica” e l’incrociatore “Piemonte” che a causa del maremoto entrò in collisione con la torpediniera Spica senza tuttavia riportare gravi danni. Il Comandante del Piemonte, Capitano di Corvetta Francesco Passino, la sera prima aveva raggiunto la famiglia ed era deceduto nel crollo della sua abitazione con tutto il nucleo famigliare.
I corpi del Comandante Passino e dei suoi parenti furono recuperati dai marinai del Piemonte e furono imbarcati inizialmente sull’incrociatore del quale, il Comandante in Seconda, Capitano di Corvetta Costanzo Ciano, aveva assunto il Comando. Le prime 400 persone raccolte, tra feriti e profughi, furono trasportati via mare con la torpediniera “Spica” a Milazzo. La stessa Torpediniera, al Comando del Tenente di Vascello A. Bellini, da Marina di Nicotera riuscì a trasmettere un dispaccio telegrafico per informare dell’evento il Ministro delle Marina e quindi il Governo.
Il mattino alle ore 08.00 del 28 gli uomini della torpediniera “Saffo” e dell’Incrociatore “Piemonte” riuscirono a scendere a terra ed iniziarono le operazioni di soccorso. A bordo del “Piemonte” furono organizzati, con le autorità civili, i primi soccorsi con il personale disponibile.

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Il Ministro dei Lavori Pubblici, On. Pietro Bertolini, raggiunse Messina partendo da Napoli con l’incrociatore “Coatit” allo scopo di verificare l’entità dei danni, l’esercito mobilitò molti Reparti e la Marina dirottò su Messina la Divisione Navale che in quel momento si trovava in Sardegna ed era composta dalle corazzate “Regina Margherita”, “Regina Elena”, “Vittorio Emanuele” e dall’incrociatore “Napoli”.

Il Re e la Regina partirono il 29 da Napoli con il “Vittorio Emanuele”, che stava imbarcando in quel porto materiale sanitario e generi di conforto.
Il mattino del 29 giunse a Messina la squadra navale russa che era alla fonda ad Augusta con le navi “Makaroff”, “Guilak”, “Korietz”, “Bogatir”, “Slava”, “Cesarevitc” e subito dopo arrivarono in quel porto anche le navi da guerra inglesi “Sutley”, “Minerva”, “Lancaster”, “Exmouth”, “Duncan”, ”Euryalus”. I russi agli ordini dell’Ammiraglio Ponomareff oltre a prestare soccorso svolsero anche opera di ordine pubblico.
Gli equipaggi scesero a terra e parteciparono attivamente ai soccorsi. I primi stranieri che, comunque, furono impiegati nei soccorsi a Messina furono i tedeschi del piroscafo “Salvador” già in sosta in porto.
Il Re e la Regina giunsero il mattino del 30, accompagnati dai Ministri Bertolini, Mirabello e Orlando. Successivamente arrivò la Squadra navale Italiana.
Sulla banchina del porto erano ad attendere la coppia reale il Prefetto Adriano Trinchieri ed il Sindaco di Messina Gaetano D’Arrigo Ramondini che si lamentò che i soccorsi alla città fossero giunti subito dai russi e non dagli italiani. Il re lo interruppe dicendo “E lei si fa vivo adesso che tutto è finito?”; poco prima il Prefetto aveva comunicato al Re che il Sindaco, impaurito, si era reso irreperibile per un giorno. D’Arrigo venne destituito immediatamente e furono conferite le funzioni e pieni poteri al Generale Francesco Mazza.

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La problematica dei soccorsi arrivati in ritardo scatenerà, nei giorni seguenti, una inutile e sterile polemica sulla stampa italiana.
La presenza dei sovrani, secondo alcuni storici, costituì il primo vero contatto umano fra la dinastia piemontese ed il sud. Il Re, subito dopo aver visto l’immane tragedia, inviò al Primo Ministro Giolitti il seguente telegramma:

“Qui c’è strage, fuoco e sangue. Spedite navi, navi, navi e navi”.

Alcune Unità della Marina Italiana furono impiegate quali navi ospedali mentre altre vennero impiegate per portare i feriti a Napoli e per il trasporto, nel viaggio di ritorno, a Massina degli uomini dell’Esercito e dei Carabinieri.
A Reggio Calabria il Comando della “Piazza” e delle operazioni di soccorso fu assunto dal Comandante Umberto Cagni della R.N. “Napoli”.

In zona, nei giorni successivi, arrivarono a dare il loro contributo anche Unità da guerra francesi, tedesche, spagnole, greche, e di altre nazionalità. Il mondo si mise in moto per portare aiuto alle popolazioni colpite.
Il 5 gennaio 1909 il Re emanò un Ordine del Giorno indirizzando al personale militare italiano e straniero il seguente elogio:

«All’Esercito ed all’Armata,
Nella terribile sciagura che ha colpito una vasta plaga della nostra Italia, distruggendo due grandi città e numerosi paesi della Calabria e della Sicilia, una volta di più ho potuto personalmente constatare il nobile slancio dell’esercito e dell’armata, che accomunando i loro sforzi a quelli dei valorosi ufficiali ed equipaggi delle navi estere, compirono opera di sublime pietà strappando dalle rovinanti macerie, anche con atti di vero eroismo, gli infelici sepolti, curando i feriti, ricoverando e provvedendo all’assistenza ai superstiti.
Al recente ricordo del miserando spettacolo, che mi ha profondamente commosso, erompe dall’animo mio e vi perdura vivissimo il sentimento di ammirazione che rivolgo all’esercito ed all’armata. Il mio pensiero riconoscente corre pure spontaneamente agli ammiragli, agli ufficiali ed agli equipaggi delle navi russe, inglesi, germaniche e francesi che, mirabile esempio di solidarietà umana, recarono tanto generoso contributo di mente e di opera.»

28.12.1908-terremoto-messina

La Marina Militare, durante tutto l’intervento, e nonostante il periodo natalizio, dislocò a Messina ben 48 unità (sei corazzate, due incrociatori corazzati, tre arieti torpedinieri, tre incrociatori torpedinieri, cinque cacciatorpediniere, 15 torpediniere, 14 navi ausiliarie e di uso locale) impiegando complessivamente 6.788 uomini.
Secondo alcune fonti giornalistiche l’intervento dei marinai russi ed inglesi consentì di salvare nei primi tre giorni ben 15.000 persone ma successivi dati governativi ridimensionarono questi dati e stimarono in circa 17.000 le persone salvate di cui 13.000 dai militari italiani, 1.300 dai russi, 1.100 dagli inglesi e 900 dai tedeschi. Inoltre, la Marina Militare Italiana trasferì negli ospedali di altre città circa 10.300 feriti mentre la Marina Inglese né trasferì 1.200 e quella Russa 1.000. Le perdite subite dai militari italiani furono di circa 1.000 uomini. Le vittime della Marina furono 78 tra Ufficiali, Sottufficiali e Marinai della base e delle Unità di Messina.
La ricostruzione fu lenta, difficile e costellata da notevole polemica giornalistica sull’impiego dei fondi assegnati dal Governo. Furono necessari circa 30 anni per la riedificazione, ci pensò però la Seconda Guerra Mondiale a distruggere quello che era stato così faticosamente ricostruito.
Il Duca di Bronte Alexander Nelson Hood nel suo diario annotò:

“Le ultime due settimane sono state un inferno, un orribile incubo, là dove si è toccato il fondo della miseria. La penna di Euripide avrebbe avuto difficoltà a dipingere tutto ciò. Tutti gli orrori dell’universo: fuoco e acqua, lo sprigionarsi della furia della terra; e tutta la sofferenza che l’umanità può patire: perdita della famiglia, degli amici dei vestiari, dei beni. Tutto ciò si riversò all’improvviso sulla gente, che il giorno prima viveva felice in pace e ben disposta verso gli altri”.

708.- DENUNCIA/QUERELA contro chi ha imposto/sottoscritto/ratificato il FISCAL COMPACT e chi ha imposto/inserito in Costituzione il vincolo del PAREGGIO DI BILANCIO, a cura di Giuseppe PALMA

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Costituzione
Parte I
Diritti e doveri dei cittadini
Titolo IV
Rapporti politici

Articolo 52
La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.

Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.

L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.

Note:

(1) Secondo il dettato della disposizione in esame la difesa della patria, come espressione di un dovere di solidarietà che grava su tutti i cittadini (v. 2 Cost.) si persegue soprattutto con il servizio militare. Tuttavia, si deve considerare come esistano anche altre forme di espressione di questa solidarietà. Inoltre, la legge stessa, in un’ottica di tutela del diritto del singolo all’obiezione di coscienza (con la quale, per motivi religiosi o altre convinzioni, si rifiuta l’uso della guerra e delle armi), ha introdotto la possibilità di svolgere un servizio civile, alternativo alla leva, introducendo un vero e proprio diritto di scelta in tal senso per il soggetto (l. 15 dicembre 1972, n. 772, sostituita dalla l. 8 luglio 1998, n. 230). Altresì, a causa dell’evolvere del contesto internazionale dal secondo dopoguerra ad oggi nonchè delle nuove tecnologie con le quali si fronteggiano i belligeranti, lo stesso legislatore ordinario ha preso atto che era ormai obsoleta la previsione della leva obbligatoria: pertanto, con con la legge 6 marzo 2001, n. 64, essa è stata eliminata e sostituita dal servizio militare su base volontaria (tutto ciò a decorrere dal 1 gennaio 2005), dopo che era stato introdotto il servizio militare professionale con la legge 14 novembre 2000, n. 331. Parallelamente, lo stesso servizio civile alternativo alla leva ha perso il carattere di obbligatorietà acquisendo quello della volontarietà.
(2) In applicazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., la l. 20 ottobre 1999, n. 380 ha ammesso anche le donne alla possibilità di entrare nelle forze armate e nel corpo della guardia di finanza. Peraltro, poichè nel frattempo anche il servizio di leva era divenuto volontario, lo stesso arruolamento femminile è tale.
Ratio Legis
La difesa della patria è stata disciplinata dal costituente come dovere sia giuridico, in quanto espressione di solidarietà politica, sia sacro, in quanto con essa si dimostra anche di condividere i valori che ispirano l’ordinamento.

Relazione al Progetto della Costituzione

(Relazione del Presidente della Commissione per la Costituzione Meuccio Ruini che accompagna il Progetto di Costituzione della Repubblica italiana, 1947)

52Sono affermati con vigore i doveri di difesa della Patria e del servizio militare; e quelli generali di essere fedeli alla Repubblica e di adempiere le proprie funzioni «con disciplina ed onore»; vecchie parole che rivivono nelle più giovani carte, quale la russa. Sono doveri che incombono su tutti i cittadini; anche se si è limitato a poche categorie l’atto formale del giuramento.

Ecco a disposizione di tutti i cittadini italiani l’atto di DENUNCIA/QUERELA predisposto dagli avvocati Giuseppe PALMA e Marco MORI in merito ai fatti avvenuti dal 2011 in avanti, e, più precisamente, in ordine alla sottoscrizione e all’autorizzazione alla ratifica del Trattato intergovernativo denominato “Fiscal Compact”, quindi al vile inserimento in Costituzione del vincolo del pareggio di bilancio. Depositatela presso la Procura della Repubblica competente in ordine al luogo ove ciascuno di voi risiede, oppure presso la stazione dei carabinieri o della polizia di Stato di competenza del vostro luogo di residenza: • denuncia fiscal compact e pareggio di bilancio Andiamo avanti!

all’Ecc.Ma PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale ordinario competente

ATTO DI DENUNCIA/QUERELA Io sottoscritto/a, sig./sig.ra __________________________________________________, nato/a a ___________________________________________________________ prov. ( ), il _________________________________________________________________ residente in ___________________________________________________________ prov. ( ), Codice Fiscale ___________________________________________________________, numero di telefono _________________________________________ (Fax e/o PEC solo se in possesso): __________________________________________________________________ ESPONGO QUANTO SEGUE PREMESSO IN FATTO E IN DIRITTO CHE: In data 02 marzo 2012 il Governo italiano sottoscriveva, insieme ad altri 24 Stati dell’Unione Europea (fatta eccezione per il Regno Unito e per la Repubblica Ceca) il “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria” (detto anche Patto di Bilancio europeo o “patto finanziario”, o, più comunemente, Fiscal Compact), con il quale gli Stati firmatari si impegnavano ad inserire nei propri ordinamenti statali – tra le altre cose – i seguenti vincoli: obbligo del perseguimento del pareggio di bilancio (art. 3, c. 1); obbligo di non superamento della soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% del PIL (e superiore all’1% per i paesi con debito pubblico inferiore al 60% del PIL); significativa riduzione del rapporto fra debito pubblico e PIL, pari ogni anno a un ventesimo della parte eccedente il 60% del PIL; impegno a coordinare i piani di emissione del debito col Consiglio dell’Unione e con la Commissione europea (art. 6); Svolgendo una breve premessa, si precisa che il contenuto del Trattato di Maastricht del 1992 (o Trattato sull’Unione Europea – TUE, sottoscritto dagli allora dodici Paesi della Comunità Europea), in uno dei suoi Protocolli prevedeva – tra le altre cose – l’introduzione di 1 1) 2) 3) 4) 5) c) una moneta unica per gli Stati europei aderenti, subordinando l’adozione della medesima da parte di ciascuno Stato al rispetto dei seguenti criteri di convergenza: rapporto tra deficit pubblico e PIL non superiore al 3%; rapporto tra debito pubblico e PIL non superiore al 60% (Belgio e Italia furono tasso d’inflazione non superiore dell’1,5% rispetto a quello dei tre Paesi più tasso d’interesse a lungo termine non superiore al 2% del tasso medio degli stessi permanenza negli ultimi 2 anni nello SME senza fluttuazioni della moneta d) Ciò premesso, tornando al “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria” (da qui in avanti citato anche Fiscal Compact), questo dovrebbe spiegare i suoi effetti dopo quattro anni (alcuni studiosi sostengono tre) dall’uscita di un Paese dalla “sorveglianza speciale” dell’U.E. all’interno della procedura di disavanzo eccessivo, vale a dire quando ha portato il proprio rapporto deficit/PIL entro il parametro del 3% (l’Italia è uscita dalla predetta procedura nel giugno 2013), quindi la regola del 5% (o dell’1/20 che si voglia dire) dovrebbe trovare attuazione nel nostro Paese non prima del 2016/2017. Tuttavia, il Governo italiano ha da pochi mesi ottenuto dalle Istituzioni europee che il pareggio di bilancio si applichi al nostro Paese a partire dal 2019, pertanto i fatti odiernamente denunciati/querelati sono ancora in corso di esecuzione. Si precisa, inoltre, che con l’entrata in vigore del Fiscal Compact, il parametro del 3% nel rapporto deficit/PIL previsto dal Trattato di Maastricht – e ribadito da quello di Lisbona – è da ritenersi ormai superato, infatti è previsto un obbligo di non superamento della soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% del PIL (e superiore all’1% per i Paesi con debito pubblico inferiore al 60% del PIL), in aperto contrasto anche con il contenuto del c.d. Trattato di Lisbona, il quale ammette esplicitamente la possibilità di spesa a deficit nella medesima misura di quanto previsto dal Trattato di Maastricht (rapporto deficit/PIL 3%); Il Parlamento italiano (XVIa Legislatura: dal 29 aprile 2008 al 14 marzo 2013) provvedeva quindi ad autorizzare la ratifica del “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria” (Fiscal Compact) attraverso la seguente votazione: il 12.07.2012 al Senato della Repubblica con 216 SI, 21 astenuti e 24 NO; il 19.07.2012 alla Camera dei deputati con 368 SI, 65 astenuti e 65 NO. Il Presidente della esentati); virtuosi; tre Paesi; nazionale. 2 e) Repubblica Giorgio Napolitano promulgava la legge di autorizzazione alla ratifica in data 23.07.2012. In pratica, nel giro di appena dodici giorni, il Fiscal Compact entrava a far parte dell’ordinamento giuridico italiano. Ciò detto, quando si tratta di esautorare e “stuprare” i principi fondamentali sui quali si fonda la Costituzione, il bicameralismo paritario non ha mai costituito un problema. La ratifica del Fiscal Compact ne è un esempio lampante; La Repubblica italiana, unica tra i Paesi firmatari del Fiscal Compact, in ossequio a quanto previsto da quest’ultimo e prima della sua ratifica ha provveduto velocemente alla modifica dell’art. 81 della Costituzione, prevedendo la seguente nuova disposizione: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale” (così come sostituito dalla Legge Costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 «Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale»). La legge costituzionale appena citata prevede l’entrata in vigore del vincolo del pareggio di bilancio a partire dall’esercizio finanziario 2014; La predetta revisione costituzionale con la quale il Parlamento italiano provvedeva a modificare l’art. 81 della Costituzione avveniva attraverso la procedura “rafforzata” prevista dall’art. 138 Cost.; La modifica dell’art. 81 Cost. è avvenuta – in seconda votazione – a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna camera, quindi non è stato possibile sottoporre la predetta revisione a referendum popolare di tipo confermativo previsto dal medesimo art. 138 Cost.; Si precisa che i deputati e i senatori della Repubblica italiana (della XVIa Legislatura) votavano sia l’autorizzazione alla ratifica del “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria”, sia la modifica costituzionale dell’art. 81 Cost., sotto il ricatto dei mercati, delle Istituzioni europee, del Governo presieduto da Mario Monti e del famigerato spread (un vero e proprio ricatto/imbroglio), quindi il loro voto non f) g) h) 3 i) veniva espresso in piena libertà ed indipendenza così come dovrebbe essere secondo il dettato costituzionale, infatti le predette votazioni espresse dai parlamentari italiani venivano coartate ed imposte sulla base di una diffusa e falsa rappresentazione della realtà e sotto il ricatto di un pericolo finanziario grave ed imminente per la Repubblica, pericolo del tutto inesistente e montato ad arte da potentissimi gruppi di potere sovranazionali – ben supportati all’interno della nostra Repubblica – che l’Ill.Ma Procura vorrà dettagliatamente individuare e perseguire come per legge, supportati da una campagna di informazione del tutto indegna per un Paese che vorrebbe definirsi libero, civile e democratico; Ciò premesso, la sacrosanta tutela sancita dall’art. 68 Cost. non può trovare né efficacia né applicazione al caso di specie in quanto, come sopra già evidenziato, il voto espresso dai deputati e dai senatori della Repubblica italiana (della XVIa Legislatura) in merito sia all’autorizzazione alla ratifica del Fiscal Compact (Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria), sia alla revisione costituzionale dell’art. 81 Cost., non era né libero né indipendente, bensì imposto da una fortissima coercizione proveniente da fattori esterni rappresentativi di una realtà criminale e del tutto falsata di pericolo grave ed imminente per lo Stato. La volontà espressa da parte dei deputati e dei senatori in merito alle votazioni ut supra citate è stata pertanto coartata da fattori esterni e da gruppi di potere sovranazionali e nazionali che l’Ill.Ma Procura della Repubblica vorrà dettagliatamente individuare e perseguire come per legge. Ciò detto, i deputati ed i senatori che votavano in favore sia della legge di autorizzazione alla ratifica del Trattato c.d. Fiscal Compact, sia della modifica costituzionale dell’art. 81 Cost., non avendo espresso il proprio voto così come previsto dalla Costituzione (ossia in piena libertà ed indipendenza) non possono invocare la sacrosanta tutela costituzionale di insindacabilità dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni (art. 68 Cost.) in quanto la funzione di parlamentare veniva esercitata senza alcuna libertà ed indipendenza, e senza che venisse rispettato l’interesse della Repubblica, quindi in aperto contrasto con i “principi supremi” dell’ordinamento costituzionale (in parte coincidenti con i Principi Fondamentali sanciti dall’art. 1 all’art. 12 Cost.) e la Parte Prima della Costituzione (dall’art. 13 all’art. 54 Cost.); I fatti contestati hanno inizio presumibilmente nel maggio/giugno 2011 e sono ancora in corso di svolgimento ed esecuzione, infatti il c.d. Fiscal Compact dovrebbe iniziare a produrre i suoi effetti nel nostro Paese a partire dal 2018/2019; Ciò premesso, si precisa altresì che il c.d. Trattato di Lisbona [con il quale si sono riformati sia il Trattato sull’Unione Europea (TUE o Trattato di Maastricht) che il Trattato che istituisce la Comunità Europea (TCE); per cui il primo ha mantenuto la sua denominazione, mentre il secondo è stato denominato Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea j) k) 4 l) (TFUE)] prevede per ciascuno degli Stati firmatari la possibilità di indebitamento nel limite del 3% del PIL (rapporto deficit/PIL), confermando quanto previsto dal Trattato di Maastricht, mentre il “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria” (Fiscal Compact) prevede la possibilità di indebitamento (si fa per dire!) solo nel limite dello 0,5% del PIL (praticamente ZERO, quindi nessuna possibilità di indebitamento), destinando almeno quattro generazioni di italiani a povertà certa e diffusa; Il divieto di indebitamento da parte dello Stato italiano imposti dal Fiscal Compact e dalla nuova formulazione dell’art. 81 della Costituzione è palesemente in contrasto con le disposizioni di cui agli artt. 1 co. I, 4 (rubricati nei “Principi Fondamentali”), oltre agli artt. 35, 36, 37, 38, 39 e 40 (rubricati nella “Parte Prima”) della Costituzione. Si evidenzia, ancora una volta, che la sottoscrizione del cosiddetto Fiscal Compact (con successiva autorizzazione alla ratifica), accompagnate dalla costituzionalizzazione del vincolo del pareggio di bilancio, hanno CON VIOLENZA esautorato/”stuprato” i Principi Fondamentali e la Parte Prima della Costituzione; Precisazione tecnica: in merito al “terrore mediatico” scaturito dallo spread, è opportuno sottolineare quanto segue: lo spread BTP-BUND (sul quale è stato appositamente costruito un vero e proprio “terrore finanziario” che ha messo sotto ricatto il nostro Paese sin dal maggio/giugno 2011) è il differenziale tra il rendimento dei Titoli di Stato italiani e il rendimento dei Titoli di Stato tedeschi, ma con una precisazione: lo spread si forma sul mercato finanziario secondario, quindi in relazione ai Titoli già in circolazione (cioè transazioni tra privati che non influiscono direttamente sulla finanza pubblica) e non a quelli oggetto delle aste mensili indette dal Tesoro (mercato finanziario primario). Per dirla con altre parole, lo spread non porta a quantificare l’onere che lo Stato sostiene per il servizio del debito: quest’ultimo, infatti, si forma esclusivamente sul mercato primario. Sull’imbroglio dello spread è stato volutamente costruito una sorta di terrorismo finanziario e mediatico di proporzioni gigantesche, tant’è che in nome dello spread sono stati sacrificati Governi nazionali eletti democraticamente, sostituiti con Governi tecnici voluti – o addirittura imposti – dai grandi interessi sovranazionali. Per mera precisazione, si evidenzia che l’intera tempesta degli spread nel 2011 è costata allo Stato italiano – in termini di servizio del debito – appena 5 miliardi di Euro in più rispetto al 2010. Ciò detto, si sono sacrificate democrazia e Costituzione per appena poco più di un punto percentuale di IVA; m) 5 1) CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO CHE: Si ritiene anzitutto opportuno sottolineare che la costituzionalizzazione del vincolo del pareggio di bilancio (revisione dell’art. 81 Cost.), oltre a rappresentare un vile attentato a quelle che sono le funzioni necessarie e indispensabili che uno Stato deve poter svolgere ed esercitare nell’interesse dei suoi cittadini, è del tutto contraria soprattutto al dettato costituzionale di cui al primo comma dell’art. 1: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. E’ la norma più importante della Costituzione, il faro dell’intera legislazione, la rotta maestra che tutte le Istituzioni della Repubblica devono necessariamente percorrere! Se i Padri Costituenti decisero di fondare la Repubblica sul lavoro, vuol dire che ammettevano – sia implicitamente che esplicitamente – la possibilità di indebitamento al fine di creare piena occupazione. Se così non fosse, avrebbero potuto scrivere – ad esempio – che la Repubblica si fonda sulla democrazia rappresentativa, oppure sulla lotta ai totalitarismi, ovvero si sarebbero potuti spingere addirittura a fondarla (per assurdo) sul pareggio di bilancio o sulla stabilità monetaria, e non sul lavoro. Perché hanno scritto “sul lavoro”? E’ ovvio che l’intenzione della Costituente era quella di creare uno Stato democratico che garantisse a tutti la possibilità di vivere liberi dal bisogno, garantendo a chiunque un medio benessere non scaturente dalla rendita o dalla proprietà, bensì dal lavoro. A tal proposito, è sufficiente ascoltare il discorso che uno dei più autorevoli Padri Costituenti, Piero Calamandrei, fece agli studenti milanesi nel gennaio 1955 (facilmente reperibile sul canale youtube); L’Assemblea Costituente si spinse addirittura oltre scrivendo sia l’art. 4 co. I e II (“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”), sia gli artt. 35 e seguenti. Di fronte a tali principi, scalfiti con il fuoco e con il sangue in una Carta fondamentale dello Stato, ogni diversa interpretazione da quella predetta è del tutto contraria al dettato costituzionale e alle intenzioni della Costituente. L’aver sottoscritto il Fiscal Compact, averne autorizzato la ratifica e aver inserito in Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio rappresenta, senza ombra di dubbio, un vile attentato ai “principi supremi” dell’ordinamento costituzionale, i quali rappresentano un limite implicito al processo di revisione costituzionale, sia che esso avvenga attraverso lo strumento tipico previsto dall’art. 138 Cost., sia che avvenga – seppur solo nella sostanza – tramite la sottoscrizione e la ratifica di Trattati che sono in aperto contrasto con il dettato costituzionale. Nello specifico: se l’art. 139 Cost. rappresenta un limite esplicito di revisione costituzionale 2) 6 3) (“La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”), esistono anche i c.d. limiti impliciti alla revisione medesima. Tra questi, oltre ai diritti inviolabili (ossia quelli di cui all’art. 2, ovvero quelli sanciti dagli artt. 13, 14 e 15) e al principio di unità ed indivisibilità della Repubblica (art. 5), troviamo soprattutto i “principi supremi”, cioè i principi fondanti dell’ordinamento costituzionale, in parte coincidenti con i valori scolpiti dall’art. 1 all’art. 12 (rubricati nei Principi Fondamentali). Inoltre, tra i limiti impliciti di revisione costituzionale (quanto meno in senso peggiorativo) vanno altresì annoverate le disposizioni di cui alla Parte Prima della Costituzione (dall’art. 13 all’art. 54), ossia quell’intera enunciazione dei principi programmatici che rappresentano il campo della “specificazione” degli stessi diritti fondamentali. La Parte Prima è quindi costituita da quelle previsioni che segnano un percorso in assenza del quale i principi-fini rimarrebbero in costante pericolo di rimanere irrealizzati. Ciò detto, in materia di diritto al lavoro e di tutela dello stesso, all’interno della Parte Prima della Costituzione sono da menzionare gli artt. 35, 36, 37, 38, 39 e 40 (tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni; diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e in ogni caso sufficiente ad assicurare sia al lavoratore che alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa; riconoscimento della durata massima della giornata lavorativa, del diritto al riposo settimanale e delle ferie annuali retribuite e irrinunciabili; tutela della donna lavoratrice; forme di tutela previdenziale per far fronte all’inabilità al lavoro, alla malattia, all’infortunio, alla disoccupazione involontaria, all’invalidità e alla vecchiaia; libertà di organizzazione sindacale e riconoscimento del diritto di sciopero), i quali – come si è già detto – rappresentano anch’essi un limite implicito di revisione costituzionale; Si consideri inoltre che: a) ciascun deputato e senatore della Repubblica italiana rappresenta l’intera Nazione e deve svolgere le proprie funzioni unicamente nell’interesse della Repubblica e nel rispetto della Costituzione; b) il Presidente del Consiglio dei Ministri, al momento dell’accettazione del conferimento dell’incarico da parte del Presidente della Repubblica, giura nelle mani di quest’ultimo di adempiere alle sue funzioni nel rispetto della Costituzione; c) i ministri (quindi i componenti del Governo), prima di assumere l’incarico, giurano fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione nelle mani del Presidente della Repubblica; d) il Presidente della Repubblica, prima di assumere l’incarico, giura fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione dinanzi al Parlamento riunito in seduta comune; A seguito di quanto avvenuto nel novembre 2011 (dimissioni del Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi democraticamente eletto alle elezioni politiche del 2008) e per tutto il periodo successivo – fino ad oggi –, si sono alternati ben tre Presidenti del Consiglio dei ministri senza che questi avessero alcuna legittimazione popolare scaturente da elezioni 4) 7 5) 6) 7) 8) politiche, i cui governi (Monti, Letta e Renzi) hanno ottenuto la fiducia in corso di Legislature elette con meccanismi elettorali dichiarati incostituzionali dalla Consulta (Sent. Corte Costituzionale n. 1/2014). Dal novembre 2011 in poi sono state poste le basi dell’austerità in aperto contrasto sia con la Costituzione della Repubblica italiana che – addirittura – con il contenuto del Trattato di Maastricht e con il contenuto del cosiddetto Trattato di Lisbona; Alla luce di quanto premesso, si ricorda che i deputati, i senatori, il Presidente del Consiglio dei Ministri, i Ministri e il Presidente della Repubblica, devono svolgere le loro funzioni sia nell’interesse della Repubblica che nel pieno e fedele rispetto della Costituzione, sulla quale alcuni di essi addirittura prestano giuramento solenne. Nei fatti sopra esposti non si è avuto alcun rispetto né della Costituzione né della Repubblica italiana, la quale, è bene ricordarlo, si fonda sul lavoro e non sul pareggio di bilancio o sulla stabilità dei prezzi; Si ribadisce che la sottoscrizione, l’autorizzazione alla ratifica e la ratifica del Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria da parte del nostro Paese costituisce – senza ombra di dubbio – un attentato gravissimo ai danni della Repubblica italiana e della sua Costituzione (soprattutto nei confronti dei “principi supremi” dell’ordinamento costituzionale); Si ribadisce, altresì, che la costituzionalizzazione del vincolo del pareggio di bilancio (revisione costituzionale dell’art. 81 Cost. avvenuta con Legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1) rappresenta un ulteriore e più grave attentato – come sopra specificato – sia nei confronti della Repubblica italiana che nei confronti della Costituzione; Nei fatti sopra esposti sono quindi ravvisabili una serie di atti, fatti e comportamenti che attentano non solo alla Repubblica e alla sua Costituzione, ma riducono a povertà, instabilità e precarietà diffusa sia questa generazione che almeno quattro generazioni future. Si consideri, inoltre, la pronuncia della Corte Costituzionale (Sent. n. 1/2014), con la quale la Consulta dichiarava l’incostituzionalità della legge n. 270/2005 (legge elettorale denominata porcellum) con la quale veniva eletto il Parlamento alle elezioni politiche del 2006, 2008 e 2013 (XVa, XVIa e XVIIa Legislatura): ciò detto, l’autorizzazione alla ratifica del Fiscal Compact e la costituzionalizzazione del vincolo del pareggio di bilancio avvenivano nel corso della XVIa Legislatura; Contro l’inserimento in Costituzione del vincolo del pareggio di bilancio si sono espressi anche alcuni premi nobel per l’economia in un appello accorato rivolto al Presidente degli USA Barak Obama, nel quale venivano esposti i gravissimi aspetti di criticità e di pericolosità di un’eventuale costituzionalizzazione del predetto vincolo; 9) 8 IN DIRITTO: IN MERITO ALLE NORME PENALI ASSERITAMENTE VIOLATE: In merito ai reati ipotizzati si significano le seguenti fattispecie criminose, tutte ricomprese nel titolo I del libro II del codice penale: “Dei delitti contro la personalità dello Stato”. A) L’art. 241 c.p. punisce chi: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti ed idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni. La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l’esercizio di funzioni pubbliche”. In primo luogo si sottolinea come la norma in esame sia stata modificata con L. 24.02.2006 n. 85. Nella previgente formulazione la parola “violenti” non era inserita. I fatti copiosamente narrati nelle premesse del presente atto rientravano perfettamente all’interno della condotta punita dall’art. 241 c.p. prima della poco comprensibile riforma del 2006. Infatti il “pareggio in bilancio in Costituzione”, imposto con il Trattato cd. Fiscal Compact, è una pacifica limitazione alla sovranità e dell’indipendenza nazionale. La scelta del pareggio in bilancio mette infatti al bando politiche di espansione monetaria ed in definitiva il perseguimento dei principi fondamentali della nostra Costituzione e dei diritti inalienabili dell’uomo. Ad ogni buon conto, nonostante la citata modifica normativa, chi scrive ritiene che la fattispecie di cui all’art. 241 c.p. sia, in ogni caso, ancora ampiamente applicabile per le cessioni della sovranità e dell’indipendenza del Paese iniziate dal 1992 e, passo dopo passo, divenute più incisive fino all’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione. Ciò detto, la sottoscrizione del cosiddetto Fiscal Compact, l’autorizzazione alla sua ratifica e la costituzionalizzazione del vincolo del pareggio di bilancio rappresentano – senza alcun dubbio – ATTI VIOLENTI che hanno esautorato sia i “Principi Fondamentali” della Costituzione che la Parte Prima della Carta medesima. Ma andiamo con ordine. In primo luogo occorre esaminare approfonditamente gli art. 1 ed 11 Cost. e valutare la loro compatibilità, in particolare, la riforma costituzionale che, in ossequio al Trattato cd. fiscal compact, ha modificato gli artt. 81, 97, 117 e 119 Cost. 9 Come noto l’art. 1 della Costituzione recita: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Fermo il diritto al lavoro, diritto peraltro ampiamente frustrato dagli effetti deflattivi delle politiche di austerità protratte all’infinito e dirette alla distruzione della domanda interna, il riferimento ai limiti alla sovranità popolare porta alla necessaria lettura dell’art. 11 Cost., il quale dispone: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. La ratio della norma costituzionale era dunque quella di favorire la pace tra le Nazioni consentendo a tale fine una limitazione della sovranità purché compiuta in condizioni di reciprocità. Trattasi di norma nata alla fine del secondo conflitto mondiale che si riferiva esclusivamente all’ONU, e non di certo concepita pensando alla nascita dell’UE o della BCE. Tantomeno era una norma pensata per imporre vincoli alla politica economica e monetaria della Nazione. Tanto più che, in sede di lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, tutti gli emendamenti all’art. 11 Cost. – che prevedevano di estendere le “limitazioni di sovranità” anche ad un eventuale e futuro livello europeo – furono respinti!!! (vedesi ad esempio emendamento Lussu, respinto!). Ovviamente, la rinuncia alla sovranità economica ed alla possibilità di svolgere in maniera indipendente politiche espansive, messe al bando per sempre dalla costituzionalizzazione del vincolo del pareggio di bilancio e dalla ratifica del Fiscal Compact, non rientra – neppure in astratto – nei limiti di cui all’art. 11 Cost. Peraltro è semplice considerare che se una Nazione avesse applicato il pareggio in bilancio fin dalla sua nascita non avrebbe mai potuto avere qualsivoglia sviluppo sociale ed economico essendo evidente che, al crescere di un’economia, serve sempre maggior moneta per scambiare beni o servizi. Se non è possibile spendere più di quanto si tassa, da dove può essere presa la moneta necessaria alla crescita? Il concetto potrebbe apparire banale, ma, da sempre, le politiche economiche sono anticicliche. Austerità in crescita, politiche espansive in recessione. Il pareggio in bilancio, invece, impone la perenne scelta dell’austerità, austerità che pratichiamo dal 1992 con i drammatici risultati sotto gli occhi di tutti. Appare inoltre evidente che le politiche di austerità stanno aumentando l’odio tra le Nazioni, aprendo la strada al concreto rischio dello scoppio di un nuovo conflitto. Questa dunque è la posta in palio. 10 La crisi del 2011, iniziata con l’invio della lettera della BCE al Governo Berlusconi IV per richiedere l’applicazione delle misure di austerità (via via più aspre e che ha poi condotto all’avvento di Mario Monti), è stata la vera leva con cui fare accettare alle Nazioni ulteriori e sempre più consistenti cessioni di sovranità privandole dei pur esigui margini di manovra che il Trattato di Maastricht prima, e Lisbona poi, ancora lasciavano. Tale leva, nel caso di specie, è stata addirittura utilizzata per destituire un governo legittimamente eletto con un altro gradito alla finanza. Come testualmente dichiarato da Monti Mario la crisi è divenuta l’arma necessaria per fare sì che l’Europa potesse fare dei passi avanti che, sempre secondo Monti, sono appunto l’illecita cessione di sovranità in favore del mercato, così abbattendo definitivamente le singole sovranità nazionali. Sotto il profilo della fattispecie penale dell’art. 241 c.p. è dunque indubbio che la sovranità nazionale sia stata sottratta in favore di organi stranieri, e che l’indipendenza dello Stato non solo sia stata limitata ma addirittura completamente cancellata. Si ricorda che l’art. 47 Cost. dispone che la Repubblica debba incoraggiare e tutelare il risparmio in tutte le sue forme, ciò ovviamente è l’esatto contrario di ciò che si può fare con il pareggio in bilancio (addirittura in Costituzione!). Il risparmio è infatti per definizione il risultato di una politica di deficit, ovvero di uno Stato che spende più di quanto toglie ai cittadini. Ciò detto, il pareggio di bilancio in Costituzione è un attentato alla Costituzione primigenia! In diritto, ai fine della ricorrenza del reato in parola, occorre unicamente disquisire ancora circa il presupposto consumativo del reato così come modificato nel 2006 e dunque trattare anche del concetto di “atti violenti” inserito nell’art. 241 c.p. Tuttavia la risoluzione giuridica del problema appare più semplice di quanto possa in un primo momento apparire. La giurisprudenza, infatti, è assolutamente unanime e consolidata sull’interpretazione ampia del concetto di violenza che non comprende solo l’atto fisico dell’agente. La violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza “impropria”, che si attua attraverso l’uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione. L’austerità è l’atto “impropriamente” violento (anche se forse si potrebbe parlare addirittura di atto apertamente violento in re ipsa viste le conseguenze di morte che ha comportato e comporta) imposto dall’UE e dalla BCE con la famosa missiva del 2011, e pedissequamente posto in essere dal Governo Monti prima, Letta poi e Renzi oggi, i quali, distruggendo la 11 domanda interna e conseguentemente riducendo la popolazione in una condizione di paura e dilagante povertà, ha determinato l’accettazione popolare di qualsiasi cosa venga imposta; il tutto sulla base di una falsa rappresentazione della realtà, seguita dalla forza maggiore costituita dall’adozione e dall’applicazione di ogni atto con cui la sovranità italiana è stata man mano cancellata. Il reato, dunque, è perfettamente consumato. Lo stesso può dirsi anche con specifico riferimento alla falsa crisi dello spread del 2011. In tale circostanza l’atto violento si estrinseca in quelle stesse manovre poste in essere dalla BCE che determinarono l’insostenibile aumento dei tassi d’interesse al punto di ottenere la sostituzione di un Governo eletto con quello gradito alla finanza e alle Istituzioni europee. Il tutto, a prescindere dalla sovranità popolare e dalla democrazia costituzionale. Sul punto vi sono una serie di dichiarazioni pubbliche di carattere spiccatamente confessorio. Quella più clamorosa fu quella resa da Mario Monti: “Io ho una distorsione che riguarda l’Europa ed è una distorsione positiva, anche l’Europa, non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi e di GRAVI crisi per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario . E’ chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini, ad una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico di non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto visibile conclamata. Certamente occorrono delle autorità di enforcement (n.d.s. costrizione traducendo in italiano) rispettate che si facciano rispettare che siano indipendenti e che abbiano risorse e mezzi adeguati oggi abbiamo in Europa troppi Governi che si dicono liberali e che come prima cosa hanno cercato di attenuare la portata la capacità di azione le risorse l’indipendenza delle autorità che si sposano necessariamente al mercato in un’economia anche solo liberale” B) L’art. 243 c.p. punisce: “Chiunque tiene intelligenze con lo straniero affinché uno Stato estero muova guerra o compia atti di ostilità contro lo Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti allo stesso scopo, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni. Se la guerra segue, si applica la pena di morte; se le ostilità si verificano, si applica l’ergastolo”. Trattasi di disposizione normativa che mira a tutelare l’interesse del mantenimento della pace e dell’esclusione, nello svolgimento delle relazioni internazionali, di interferenze da parte di soggetti non autorizzati, conniventi con lo straniero, capaci di compromettere i rapporti e la pacifica convivenza tra i popoli. Il verificarsi dell’evento bellico non è elemento necessariamente richiesto per la consumazione del reato in parola, per il quale è sufficiente l’avvenuta intelligenza con lo 12 straniero a tale fine o a quello di compiere anche altri atti altrimenti ostili alla Nazione, che è proprio ciò che interessa in questa sede. Tenere “intelligenze” significa semplicemente stringere un accordo con lo straniero, accordo che ai fini del reato in parola può anche essere assolutamente palese e non già occulto. La stipula di un Trattato è pacificamente un atto d’intelligenza con lo straniero. La qualificazione giuridica meno immediata è invece quella che definisce appunto il concetto di “atto ostile”. Atti di ostilità sono tutte le azioni d’inimicizia diverse dalla guerra stessa che risultino dannose degli interessi del Paese anche qualora non coercitivi o non violenti. Ecco dunque spiegata la ragione per cui, non aderendo a quanto precedentemente asserito, l’art. 243 c.p. diventa norma residuale rispetto al 241 c.p. L’ordinamento democratico della Repubblica Italiana si fonda ovviamente sulla nostra Costituzione che all’articolo 1 attribuisce espressamente la sovranità al popolo. Tale passaggio costituisce l’essenza di una democrazia nel senso proprio del termine. Un atto d’intelligenza con lo straniero che comporta la sottrazione della sovranità e dell’indipendenza nazionale in violazione degli artt. 1 e 11 Cost. deve necessariamente qualificarsi come “atto ostile” a quel bene giuridico che si può definire personalità dello Stato Italiano. Non vi è infatti azione più ostile nei confronti di una Nazione di quella diretta a cancellarne la sovranità o a menomarne l’indipendenza. Ogni evento bellico è per sua definizione il tentativo di sottomettere un altro Stato menomandone proprio la sua sovranità e la sua indipendenza. Oggi la compromissione dell’indipendenza e della sovranità nazionale non avviene più con l’uso dei carri armati ma con i vincoli di bilancio imposti dai Trattati, i quali spogliano la Nazione di qualsivoglia capacità giuridica in materia politica ed economica. Una Nazione che non può più svolgere autonomamente la propria politica economica perde personalità giuridica, che è il bene tutelato dalla fattispecie incriminatrice. Se si parla di interessi nazionali la valutazione dovrà quindi essere esclusivamente giuridica e non di mera opportunità. Anche se si ritenesse che la cancellazione dell’Italia come Stato possa considerarsi – per assurdo – atto compiuto nell’interesse del popolo stesso, ciò non toglierebbe la qualifica di atto ostile ad un Trattato che disponga suddetta cancellazione. Ergo il carattere ostile di un atto è in re ipsa nella cessione di sovranità e nella menomazione d’indipendenza compiuta con il fiscal compact, menomazione avvenuta indipendentemente dal fatto che si possa pensare o meno che tale cessione possa migliorare la qualità della vita nel nostro Paese e del popolo italiano. Ciò premesso, i discorsi come quelli più volte espressi da parte di Mario Monti, Giorgio Napolitano, Mario Draghi e Matteo Renzi, nelle parti ove 13 questi enfatizzano il disegno criminoso di voler continuare a “cedere” (dichiarano apertamente che non si tratta di limiti!) la sovranità nazionale in favore della sovrastruttura UE e dei mercati, non fa altro che evidenziare indiscutibilmente l’elemento psicologico del reato in parola. Ovvio che, nel momento stesso in cui uno Stato non può più espandere sovranamente la base monetaria perché vincolato dal pareggio in bilancio, lo stesso sarà definitivamente annullato vedendo ogni sua funzione definitivamente congelata come durante un’occupazione militare. Il fatto che gli ultimi tre Presidenti del Consiglio imposti dagli stranieri sponsorizzino la fine dell’Italia quale Nazione sovrana ed indipendente è per evidenza logica un atto ostile all’Italia stessa, posto che la perdita della sovranità comporta la fine del Paese quale Nazione e la conseguente perdita della personalità giuridica. In merito all’elemento psicologico per la consumazione del reato non rileva che il soggetto agente voglia il male della popolazione italiana ma unicamente che il soggetto agente abbia il dolo specifico di compiere un atto ostile alla sopravvivenza della Nazione (l’Italia) quale entità indipendente e sovrana dotata di propria personalità giuridica. C) L’art. 283 c.p. punisce: “Chiunque con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato e la forma di governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni”. Le considerazioni giuridiche sono in tutto e per tutto analoghe alle precedenti. La Costituzione, in forza della crisi, è stata effettivamente modificata (in peius) proprio a seguito del trattato intergovernativo denominato fiscal compact. In particolare sono cambiati gli artt. 81, 97, 117 e 119 Cost. con la messa al bando di qualsivoglia politica economica espansiva da parte del nostro Paese (e non solo!). Il pareggio in bilancio, una follia macroeconomica manifesta, è dunque diventata norma di carattere costituzionale. E, stando alle argomentazioni fin qui esposte, avendo la costituzionalizzazione del vincolo del pareggio di bilancio esautorato e “stuprato” il principio fondamentale del lavoro (artt. 1 co. I e 4 Cost.), la ratifica del Fiscal Compact e il successivo inserimento in Costituzione del vincolo del pareggio di bilancio rappresentano senz’altro ATTI VIOLENTI diretti a mutare la Costituzione dello Stato, quindi rientranti nella fattispecie criminosa di cui all’art. 283 c.p.! Anche la fattispecie penale in esame, infatti, ha visto aggiungere al proprio testo il termine “violenza”. Anche in questo caso la violenza è quella posta in essere grazie alla tecnica del “terrore” indotto dalle conseguenze dell’austerità chiesta da UE e BCE, e da queste più volte “minacciate” se il nostro Paese non si fosse adeguato (o non si adegui) a determinate richieste, le quali, il più delle volte sono aspramente confliggenti con i “principi supremi” del nostro ordinamento costituzionale! Terrore che ha consentito, subito dopo l’insediamento del 14 Governo Monti, di approvare con tempi record la vergognosa riforma costituzionale menzionata, contraria ai principi fondamentali della nostra Carta. La configurazione del reato in parola appare dunque evidente e ciò per le ragioni già abbondantemente esposte. Si è infatti inserito in Costituzione una cessione di sovranità economica incompatibile con gli scopi delle limitazioni consentite ex art. 11 Cost. e contraria alla stessa forma Repubblicana dello Stato che pone al centro l’occupazione e il suo sostegno, possibile unicamente con politiche di deficit di bilancio. L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e non sul pareggio in bilancio, né sulla stabilità dei prezzi! ** * Tutto ciò premesso, presento all’Ecc.Ma Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario competente il presente atto formale di DENUNCIA/QUERELA affinché l’Ill.Ma Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario competente – Sost. Procuratore della Repubblica procedente – individui, dai fatti sopra esposti e dall’auspicata indagine cui si darà corso, l’eventuale sussistenza di reati con l’ulteriore individuazione delle persone o gruppi di persone, ovvero gruppi di potere nazionali e/o sovranazionali di qualsiasi tipo, che li hanno commessi o che hanno indotto e/o addirittura ne hanno ordinato ad altri la commissione e/o l’esecuzione ai danni del popolo italiano, della Repubblica italiana e della sua Costituzione, e, più nello specifico, dei “principi supremi” dell’ordinamento costituzionale italiano (in parte coincidenti con i Principi Fondamentali sanciti dall’art. 1 all’art. 12 Cost.) e della Parte Prima della Costituzione medesima. Ciò fatto, una volta individuato tutto quanto sopra richiesto, si avanza formale istanza di punizione nei confronti dei colpevoli per tutti i reati che l’Ill.Mo P.M. ravvisi nei fatti sopra esposti, e si chiede venga esercitata l’azione penale in ossequio a quanto previsto dal nostro ordinamento giuridico e costituzionale, con ulteriore richiesta di applicazione – se ritenute necessarie – delle misure cautelari occorrenti nei confronti dei soggetti eventualmente ritenuti responsabili. Chiedo altresì di essere espressamente informato, presso il mio indirizzo di residenza sopra comunicato, dello stato di proseguimento delle indagini e, ai sensi dell’art. 408 c.p.p., dell’eventuale denegata e non creduta ipotesi in cui fosse avanzata richiesta di archiviazione. Con ogni più ampia riserva di costituirmi parte civile nell’eventuale processo penale. 15 Si precisa altresì che esiste copiosa letteratura scientifica (e divulgativa) – nazionale ed internazionale – sui temi e sui fatti denunciati nel presente atto. Con ogni più ampia riserva e facoltà di specificare e dettagliare ulteriormente i fatti sopra esposti, oltre che di produrre ulteriore idonea documentazione. Il presente atto di denuncia/querela si compone di num. 16 pagine numerate. Con ogni più ampia riserva e facoltà di legge. Con Osservanza e Salvezze Illimitate. Luogo e data ________________________________ Letto, confermato e sottoscritto __________________________________________________

707.-A CARTE SCOPERTE! Le forze USA combattono contro il governo di Damasco a favore dei separatisti curdi e hanno protetto la ritirata dei jihadisti da Manbij.

Buttata la maschera, l’America minaccia MILITARMENTE Siria e Russia; ammette di avere sul territorio siriano truppe e commandos americane che combattono contro il governo di Damasco a favore dei separatisti curdi; crea un “no fly-zone” di fatto sulla particella di territorio siriano che ha promesso ai curdi di rendere indipendente. Il generale Stephen Townsend, comandante delle forze Usa in Irak e Siria, ha dichiarato: “Abbiamo informato i russi di cosa siamo pronti a fare —-ci difenderemo se minacciati”. Vedremo, poi qui, che la diplomazia di Obama registra più di un’altra cilecca e quanto gli accadimenti esteri stiano mettendo a rischio il nostro Continente. Non solamente, Putin ha ricucito i rapporti con la Turchia, ma ha ottenuto basi aeree dall’Iran per colpire l’Isis in Siria e, ora, anche dallo Yemen. 

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L’inviato Usa Brett McGurk ha incitato i curdo-siriani a dichiararsi autonomi – Kobani, gennaio 2016

L’antefatto sono i combattimenti in corso nel nord, ad Hasakah, tra le truppe siriane e la milizia curda dell’YPG, spalleggiata da centinaia di commandos americani. Qui è una specie di situazione analoga a quella di Aleppo, ma rovesciata: l’esercito siriano occupa la città, ma è circondato dalle milizie curde. Lo YPG ha intimato ai regolari di abbandonare Hasakah; ma l’esercito di Assad lì è il solo protettore della grossa minoranza cristiana (assira) ed altre, che temono – a ragione – di dover subire la pulizia etnica che i curdi hanno la meglio. Per loro infatti Hasakah deve diventare una delle città del futuro stato curdo, secondo un programma ben collaudato: 1) pulizia etnica delle minoranze,2) indizione di “libere elezioni” con plebiscito per l’appartenenza allo stato curdo prossimo venturo, garantito da Usa e Sion. Non è stata fatta così anche l’unione risorgimentale dell’Italia al regno sabaudo?

La milizia curda è assistita dagli americani con la scusa che “combatte lo Stato Islamico” – che nella zona non c’è. Combatte invece l’armata legittima di Damasco. Qualche giorno fa gli aerei di Assad hanno bombardato le posizioni YPG, per aprire una strada di rifornimento alle sue forze (regolari e milizie cristiane) chiuse nel centro città. In questo bombardamento – così accusa il Pentagono – poco è mancato che le truppe americane venissero colpite; di qui una prova di forza Usa, con caccia F-22 lanciati all’inseguimento dei caccia siriani; il Pentagono ha accusato Mosca, che ha risposto di non entrarci nel bombardamento di Hasakah; invece di appianare la situazione, gli americani si sono impegnati in una gravissima esclalation, di fatto minacciando di abbattere gli aerei che sorvolano Hasakah, russi o siriani che siano.

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Hasakah – E una Aleppo a rovescio. Ad essere assediati sono i siriani e i cristiani, i curdi li hanno chiusi dentro.

Sarà bene ricordare che – in base al diritto internazionale – non c’è alcuna base legale alla presenza di forze armate USA. Per questo, quando l’Air Force (dice) di aver cercato di contattare le forze siriane che stavano colpendo i militari americani sul terreno, Damasco ha ignorato il richiamo – altrimenti sarebbe stato ammettere che gli Usa sono un nemico occupante. Per tutta risposta, il Pentagono – invece di sloggiare le sue truppe da Hasakah, ne ha rafforzato il contingente. L’enormità della situazione è stata rilevata dal giornalista tedesco Thomas Wiegold che ha twittato: “Come? Ora gli Usa praticano il divieto di operare alle forze di un paese sul suo territorio?”.

Il punto è che il voltafaccia di Erdogan ha messo in grave pericolo la promessa fatta da Usa e Israele ai curdi, di ritagliare per loro uno stato indipendente (e loro satellite) nella zona tra Turchia, Siria, Irak e Iran. Erdogan si è recentemente pronunciato, in inaudita coordinazione con Teheran per “il mantenimento dell’integrità territoriale della Siria”, di cui quindi Turchia e Iran si fanno garanti (insieme ai russi e a Pechino): quindi nessuno smembramento della Siria per linee etniche e religiose; capendo finalmente che la Turchia, dal progetto, ha solo da perdere – un terzo del suo territorio, abitato dai curdi. Lo ha ripetuto qualche giorno fa il nuovo primo ministro turco Yildirim: “Nei prossimi sei mesi giocheremo un ruolo più attivo in Siria, voglio dire non permetteremo che la Siria sia divisa secondo linee etniche – ci assicureremo che il suo governo non sia basato su etnie”.

Il fatto è che l’anno scorso, i rappresentanti della regione curda (già autonoma sotto la costituzione siriana) hanno elevato un annuncio di federalizzazione: annuncio unilaterale, non concordato, incostituzionale – su aperta istigazione statunitense, che ha dato ai secessionisti addestramento, armi, munizione e 350 milioni di dollari “per combattere l’IS”.

Ancora una volta si noti: secondo le convenzioni di Ginevra una potenza occupante non ha il diritto di separare, occupare, ritagliare un pezzo di un paese che occupa. Ma ormai è chiaro che per i neocon che hanno occupato la poltitica estera Usa, i trattati internazionali sono stracci di carta; la forza è la sola ‘ragione’; e “la pulizia etnica funziona”, come dicono al Pentagono.

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“Un convoglio di circa duemila veicoli è riuscito ad evacuare Manbij e raggiungere Jarabulus, erano combattenti di Daesh con le loro famiglie e civili usati come scudi umani”: così attesta un abitante di Manbij, Adnan al-Hussein, raggiunto al telefonod al New York Times. Lo stesso grande quotidiano raconta che quel convoglio è stato sorvegliato dall’alto da droni delle forze armate Usa, che non l’hanno disturbato. In pratica, hanno coperto la ritirata dei jihadisti da Manbij. Manbij, ricordate?, è la città dove pochi giorni fa le tv occidentali hanno mostrato la popolazione felice di essere stata liberata dai wahabiti: donne che si strappavano il chador e lo bruciavano, uomini che si facevano tagliare le barbe e fumavano ostentatamente (i wahabiti glielo vietavano), abitanti che abbracciavano gli ‘eroici peshmerga liberatori’ ossia curdi – ma così moderati che meritano uno stato tutto loro. Vedete anche voi che le loro ragazze non indossano chador, bensì mimetiche della NATO: quindi sono moderne, e dunque democratiche.

Ora i bei servizi tv assumono un altro sapore. Il portavoce delle forze Usa, colonnello Chris Garver, ha dovuto spiegare ai giornalisti, in conferenza stampa, come mai gli Usa avessero permesso l’ordinata evacuazione dei jihadisti (sono oggi per lo più mercenari importati). La risposta: c’erano dei civili in quei veicoli coi guerriglieri, e gli Usa vogliono evitare vittime civili (mai, mai vittime civili!). Ha anche aggiunto che i comandanti delle Syria Democratic Forces (sono sempre loro, gli ‘eroici-pesmerga’) avevano “deciso di lasciar passare il convoglio IS”, e chi sono gli americani per opporsi? Qualche giornalista ha osato chiedere: dunque c’è stato un accordo preventivo fra gli eroici peshmerga e Daesh per lasciar andare via senza colpo ferire le migliaia di terroristi su quel convoglio? Il colonnello ha detto che non sapeva. Il che è perfettamente logico: gli eroici peshmerga sono armati, addestrati da addestratori NATO, anche italiani; stipendiati dagli americani, vestono mimetiche NATO; a Manbij erano assistiti (dice il NYT) da “almeno 300 elementi delle Forze Speciali americane” – ma mica si consultano con gli americani prima di consentire la ritirata strategica ai terroristi. E’ la prova di quanto sono autonomi, i curdi, e meritino uno stato autonomo tutto loro.

Oltretutto, gli eroici peshmerga sono utilissimi perché, mentre “combattono lo Stato Islamico” (nel modo che si vede), sono ferocissimi a combattere contro le truppe del mostruoso dittatore Assad, contemporaneamente: come attesta il sito Palaestina Felix:

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Ora i bei servizi tv assumono un altro sapore. Il portavoce delle forze Usa, colonnello Chris Garver, ha dovuto spiegare ai giornalisti, in conferenza stampa, come mai gli Usa avessero permesso l’ordinata evacuazione dei jihadisti (sono oggi per lo più mercenari importati). La risposta: c’erano dei civili in quei veicoli coi guerriglieri, e gli Usa vogliono evitare vittime civili (mai, mai vittime civili!). Ha anche aggiunto che i comandanti delle Syria Democratic Forces (sono sempre loro, gli ‘eroici-pesmerga’) avevano “deciso di lasciar passare il convoglio IS”, e chi sono gli americani per opporsi? Qualche giornalista ha osato chiedere: dunque c’è stato un accordo preventivo fra gli eroici peshmerga e Daesh per lasciar andare via senza colpo ferire le migliaia di terroristi su quel convoglio? Il colonnello ha detto che non sapeva. Il che è perfettamente logico: gli eroici peshmerga sono armati, addestrati da addestratori NATO, anche italiani; stipendiati dagli americani, vestono mimetiche NATO; a Manbij erano assistiti (dice il NYT) da “almeno 300 elementi delle Forze Speciali americane” – ma mica si consultano con gli americani prima di consentire la ritirata strategica ai terroristi. E’ la prova di quanto sono autonomi, i curdi, e meritino uno stato autonomo tutto loro.

Oltretutto, gli eroici peshmerga sono utilissimi perché, mentre “combattono lo Stato Islamico” (nel modo che si vede), sono ferocissimi a combattere contro le truppe del mostruoso dittatore Assad, contemporaneamente: come attesta il sito Palaestina Felix:

Esfiltrazione “concordata” dai curdi coi jihadisti

Insomma sembra che i pesherga non abbiano “espugnato Manbij”, come hanno scritto Il Foglio e il Fatto….quella di Manbij è stata una liberazione concordata d’accordo fra i combattenti (tutti e due anti-Assad), coi peshmerga in favore di telecamere , mentre i mercenari dell’IS erano esfiltrati sotto lo sguardo protettore dei droni Usa? Chissà. Oltretutto, gli abitanti della cittadina, che sono arabi, non sono molto contenti di essere stati liberati da curdi. Va’ a sapere .

Ma, come spiega il New York Times, “Manbij è uno dei soli due punti di passaggio rimasti fra Turchia e Siria; l’altro, al-Rai, è sotto continuo attacco delle fazioni ostili allo Stato Islamico. La strada fra Manbij e Jarabulus, e stata usata dai jihadisti esteri per unirsi allo Stato Islamico dalla Turchia e lasciare per raggiungere di nuovo le loro destinazioni Europee”. E’ umano che i mercenari venissero convogliati e messi al sicuro, prima che quel passo venisse definitivamente chiuso dai bombardamenti russi e dalle forze siriane-iraniane ed Hezbollah. I mercenari costano, specie quando cominciano a scarseggiare le vittorie – quelli sono buoni per un’altra volta. Così hanno fatto trapelare i comandi russi, naturalmente non ripresi da alcun media: stanno difendendo il “mostruoso dittatore Assad” (come dicono i radiogiornali Rai), quindi silenzio.

I media – come non potete ignorare – hanno titoli, lacrime e strilli solo per “i civili di Aleppo”, dove “si rischia la catastrofe umanitaria” – l’ha detto BAn ki Mon, l’ha detto Avvenire, il giornale di El Papa; anzi dipiù: “C’è già una catastrofe umanitaria senza precedenti”, dato che “nella città martoriata vivono 130mila bambini”: siccome il numero dei bambini addirittura aumenta sotto i bombardamenti (di ospedali, sempre di ospedali) e l’assedio, ed ora sono 130 mila, vuol dire che i jihadisti preferiti dall’Occidente hanno proprio bisogno di un cessate-il-fuoco per riorganizzarsi. O magari esfiltrare sotto l’occhio protettore del Grande Drone.

Intanto però, con i loro contrattacco (costosissimo in vite) ad Aleppo, i mercenari preferiti dall’Occidente hanno comunque ritardato un’offensiva prevista dai russi e dagli iraniani per liberare Al-Sukhanah, città petrolifera che si trova lungo il confine dei governatorati di Homs e Deir Ezzor. L’offensiva era previsat per agosto, ma l’offensiva dei ribelli jihadista nel governatorato di Aleppo ha richiesto due unità della Guardia Repubblicana da ridistribuire a nord della Siria, al fine di proteggere il capoluogo di provincia (da Al Masdar). E’ uno dei motivi per cui i russi hanno avvicinato i loro bombardieri Tupolev , facendoli decollare dall’iraniana Hamadan (Tratto da Blondet & Friends di Maurizio Blondet).

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Putin a colloquio con l’ex presidente yemenita, Abdullah Saleh, che, prima di essere deposto da proteste di massa nel 2011, fomentate dal Dipartimento di Stato nell’insieme delle cosiddette “primavere arabe”, era proprio un alleato degli Usa nell’ambito della lotta al terrorismo.

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In apertura, abbiamo cenato ai rischi che gli accadimenti esteri pongono sul nostro continente. Nel silenzio generale dei media, è accaduto qualcosa di geopoliticamente enorme. Interessante, per inquadrare i nuovi equilibri che si stanno instaurando nell’area medio-orientale, è il fatto che il Pentagono ha ritirato dall’Arabia Saudita il personale che lavorava in coordinamento con la campagna di Ryad in Yemen, oltre ad aver ridotto drasticamente il numero di personale impiegato in quella missione altrove. Ora sono soltanto cinque i militari Usa assegnati a tempo pieno alla “Joint Combined Planning Cell”, unità creata lo scorso hanno per coordinare il supporto statunitense con operazioni come il rifornimento in aria dei caccia e una limitata cooperazione nell’intelligence. Lo ha confermato il luogotenente, Ian McConnaughey, portavoce della Marina statunitense in Bahrain. Ma, dopo sole 48 ore, l’ex presidente yemenita, Abdullah Saleh, ha dichiarato nel corso di un’intervista a Sana’a, che “il nuovo consiglio di governo del Paese” – di fatto sciita e anti-saudita – “potrebbe lavorare con la Russia per combattere il terrorismo, anche permettendo a Mosca di utilizzare le nostre basi militari e i nostri porti. Siamo pronti a offrirli alla Federazione Russa”.  Poco cambia, in sostanza: il messaggio all’Arabia Saudita, principale sponsor del terrorismo salafita e wahabita al mondo, è stato inviato: dietro lo Yemen, ora c’è la Russia. La quale, dopo aver aumentato la presenza militare in Siria e Iran, ora vede la Turchia aprire all’ipotesi di utilizzo, addirittura, della base aerea Usa di Incirlik, da dove gli Stati Uniti intendono infatti spostare le armi strategiche e le 90 testate nucleari B-61 e anche lo strategico Yemen le offre le sue infrastrutture.  Il tutto, soltanto a una settimana dalla decisione della Cina di fornire aiuto e addestramento militare al governo di Assad, di fatto sigillando un patto con Mosca a difesa di Damasco e del suo governo legittimo contro ribelli più o meno moderati e l’Isis.

La Russia ha centrato un altro risultato di primo piano nella sua strategia mediorientale di influenza. Dopo Turchia, Iran e Siria, ha conquistato anche lo Yemen. La risposta Usa è alle porte? Il problema per noi non è che Putin sia uno stratega, ma è che Obama è un fallito e che la politica estera dell’Unione europea è a rimorchio della NATO.

706.- Punto e a capo su questa politica

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Qui, la politica è un mare di confusione, con i leader superstiti che arrancano senza speranza e con i cittadini, impotenti di fronte all’usurpazione delle istituzioni da parte dei kapò della dittatura finanziaria. Li chiamo, senza più riguardo, per il loro nome perché non basta farsi nominare presidente di questo o quello scranno per rappresentare i cittadini di una repubblica democratica parlamentare. E, già che sovviene il “parlamentare”, siamo sepolti dalle miriadi di leggionzole che provengono da un parlamento europeo che parlamento non è e non conta proprio niente. Pensate cosa sarebbero i decantati Stati Uniti d’Europa; quale democrazia potrebbe trovarvi casa; quale campagna elettorale e quale dialogo democratico sarebbe possibile con  24 lingue ufficiali e circa 60 tra lingue regionali e minoritarie. Burocraticamente parlando, tutti i cittadini dell’UE hanno il diritto di accedere a tutti i documenti nelle lingue ufficiali del proprio paese e devono avere la possibilità di scrivere alla Commissione e ricevere una risposta nella loro lingua; ma il dialogo democratico? Il nome Stati Uniti si avvale dell’esperienza nordamericana, ma il cittadino dell’Ohio e il senatore del Wisconsin parlano la stessa lingua. Un lavoratore potrà trasferirsi ovunque nei suoi States, grazie alla lingua e non al dollaro. La verità è che Unione o Stati Uniti, di europeo, hanno solo il nome: una maschera, perché sono organi al servizio di una dittatura finanziaria neoliberista che prevede due soli livelli dell’umanità: i servi e i padroni. I kapò, quei traditori che oggi siedono sugli scranni, credono scioccamente di essere assurti al primo livello. Aspettino e vedranno.

Ma tutto deve passare attraverso la demolizione degli Stati sovrani e degli Stati sociali, con le loro Costituzioni. Ecco il Jobs Act, La loi Travail, la battaglia contro l’art. 138, la procedura con cui si può e si deve aggiornare la Costituzione e che la rende rigida allo scopo di dare un valore giuridico alla sua trama di principi costituzionali: Libertà, Eguaglianza, Dignità, Solidarietà e, primo fra tutti, il Lavoro, perché le libertà hanno un costo e si devono poter pagare. Non avremo Libertà, senza Dignità e non avremo Dignità senza il Lavoro. Per questo “La Repubblica è fondata sul Lavoro” e la politica economica dello Stato deve perseguire la piena occupazione; ma contro e per questo l’Unione europea ha voluto il Pareggio in Bilancio: per impedire gli investimenti in disavanzo che lo Stato usa per creare lavoro. Non è vero che questi creano il debito pubblico perché creano debito, si, ma sovrano; cioè, lo Stato è creditore e debitore di se stesso a un tempo. Il debito pubblico è cresciuto con l’€uro, perché possiamo investire solo chiedendo denaro ai cittadini con le tasse o prendendolo a prestito dal padrone dell’€uro: alla Banca Centrale Europea, una filiazione del cartello delle banche mondiali che tengono “a paghetta” i nostri kapò. Questa Unione europea non ha niente a che fare con la precedente Comunità Europea  e non è stata votata dal popolo. Ha creato una serie di trattati, da Maastritch, a Lisbona, al Fiscal Compact, al MES e, poi, che impongono un debito truffa, permanente e crescente, quale strumento di impoverimento a scopo di dominio.

Il governo (“g” minuscola), in quest’ultimo anno, ha svenduto a Hitachi la Breda Treni, fondata da Cavour, con un portafoglio ordini da paura, quasi la metà di Poste italiane e dell’Ente Nazionale di Assistenza al Volo, cioè, il controllo dello Spazio Aereo, che è territorio. Ha ceduto mari pescosi, che sono territorio e si appresta a chiederci altri 30 miliardi. “Se gli italiani vogliono restare in Europa, devono fare dei sacrifici” e si appresta a tassare anche il WI-FI (non ai migranti, però). Siamo correndo su un treno dove paghi, ma non hai mai pagato. I nostri maestri e amici: Rodotà, Carlassale, Azzariti, Barnard, Barra Caracciolo, Bagnai, Rinaldi, Galloni, Palma, ma potrei continuare, hanno spiegato, pubblicato più e più volte dove ci stanno conducendo i trattati europei e questa tragicommedia. Noi, modesti discepoli, facciamo del nostro meglio; ma il governo e i media ci nascondono il piano demenziale. Il Presidente del Consiglio (non è un premier anglosassone) è focalizzato sul referendum costituzionale, cioè, su una proposta portata dal Governo, organo esecutivo e non dal Parlamento, organo legislativo e, perciò, già di per se, poco costituzionale. Era stato detto dai costituenti che il governo avrebbe dovuto essere assente in aula quando si discuteva di una legge costituzionale e invece,  il governo ha sottoposto a se stesso la RAI e  fonda e finanzia i comitati del “Si”. Evita un dibattito onesto su una materia già ostica per chi lavora o tenta di sbarcare il lunario tutto il giorno e ci porta a discutere di temi secondari, sia pure importanti, ma secondari, perché il primo problema è sopravvivere.

L’attenzione e il dialogo sono artatamente condotti tramite i media, asserviti ormai al 97%, ora sull’accoglienza di giovani pasciuti e insaziabili, ora sull’omosessualità. Del qualche migliaio di suicidi se ne frega e se ne frega pure la Chiesa. Altra multinazionale, con le mani in pasta nell’industria degli armamenti, etc.. Papa Francesco (nato Jorge Mario Bergoglio), dal 13 marzo 2013, 266° papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma, è un appartenente all’ordine dei Gesuiti e primo pontefice di quest’ordine religioso, nonché il primo proveniente dal continente americano.

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Dopo l’accoglienza, porto l’esempio della cosiddetta legge Cirinnà. Mi ha offeso. Ha offeso l’intelligenza del Parlamento e profittato delle persone omosessuali, ottenendo dai media servili grande risonanza. La realtà e i problemi di ordine psicologico e sociale dell’omosessualità hanno fatto da sfondo a un tentativo di auto celebrità e di proselitismo politico a favore di un Governo senza pregi. La legge ha applicato il principio della pari dignità fra i due sessi, anche alle loro devianze, che, siano pure espressioni fatali della natura, ma, tuttavia, devianze restano. In fatto, ha realizzato l’omologazione legale dell’omosessualità, affermandone la dignità di genere fra i generi. Ha fatto un torto a queste persone e a tutte le persone, ma, appunto, all’intelligenza del Parlamento, perché la finzione non può diventare realtà per volontà di legge.

La finzione, infatti, accompagna l’essere omosessuale: il maschio si atteggia con i modi della femmina, restando però un maschio e la femmina assume i comportamenti del maschio, restando una femmina, entrambi – care creature – nel desiderio impossibile di essere una cosa diversa da se stessi. Questa desiderio e a un tempo rifiuto della realtà li accompagna rendendo spesso drammatica la loro vita. Visti così, susciterebbero sentimenti benevoli, se non fosse che tendono a trasferire e a circondarsi di questa bivalenza, caratterizzando tutto ciò che li circonda, compreso il lavoro.

Per dare risalto e attribuire fondamenta realistiche alla proposta, poi legge, il dibattito è partito dai diritti civili e amministrativi delle coppie omosessuali e, in un crescendo parossistico, al loro diritto di sottomettere alla loro finzione dei bambini, fin dalla nascita. Un noto profittatore della politica ha assunto il ruolo di portabandiera e un bambino acquistato come un animale d’allevamento, è stata la vittima, creando il precedente; ma un precedente tragico che ha fatto venir meno tutte le tutele a favore dei minori, incapaci d’intendere e di volere e della loro dignità di essere umani. Non è difficile prevedere casi di suicidio fra queste vittime di un ignoranza e di una confusione plebea, che mi fanno disperare del valore della democrazia e propendere per una sua visione solo utopica e perniciosa.

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Lasciamo da una parte la legge Cirinnà, perché essa si inserisce in un disegno, ormai, plateale di demolizione dei valori fondanti della società democratica, prima di tutti la famiglia e della trama dei principi costituzionali. Il popolo plebeo, vittorioso due secoli or sono alla Bastiglia, ha fatto karakiri, dando il proprio sostegno politico a un progetto di demolizione progressiva, prima della sovranità, ceduta di fatto in modo permanente al potere finanziario che gestisce la NATO; poi della sovranità monetaria, ceduta anch’essa al potere finanziario che gestisce l’Unione europea, la cosiddetta Troika: Banca Centrale Europea, Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale. A questo punto, si è passati all’”adeguamento” della Costituzione della Repubblica ai principi dell’Unione europea, contenuti nella proposta di costituzione bocciata dai referendum del 2005, francese e olandese e reintrodotta con la frode nel Trattato di Lisbona, del 2007, appunto detto “la de-costituzione europea”. Qui si sovvertono i principi costituzionali del Lavoro, della Dignità e, anche, della Uguaglianza, vista in chiave relativistica, affermando, su di essi, il principio della competitività e del profitto a scopo di profitto. Vale anche per la salute, unico diritto che la Costituzione della Repubblica definisce fondamentale, poiché il welfare rappresenta un costo che va a scapito del profitto. Vedete bene il solco nel quale si colloca l’opera dei tre governi Napolitano, imposti agli italiani, senza il loro voto.

La cosiddetta legge Cirinnà mi ha offeso. Ha offeso l’intelligenza del Parlamento e profittato delle persone omosessuali, ottenendo dai media servili grande risonanza. La realtà e i problemi di ordine psicologico e sociale dell’omosessualità hanno fatto da sfondo a un tentativo di auto celebrità e di proselitismo politico a favore di un Governo senza pregi. La legge ha applicato il principio della pari dignità fra i due sessi, anche alle loro devianze, che, siano pure espressioni fatali della natura, ma, tuttavia, devianze restano. In fatto, ha realizzato l’omologazione legale dell’omosessualità, affermandone la dignità di genere fra i generi. Ha fatto un torto a queste persone e a tutte le persone, ma, appunto, all’intelligenza del Parlamento, perché la finzione non può diventare realtà per volontà di legge.

La finzione, infatti, accompagna l’essere omosessuale: il maschio si atteggia con i modi della femmina, restando però un maschio e la femmina assume i comportamenti del maschio, restando una femmina, entrambi – care creature – nel desiderio impossibile di essere una cosa diversa da se stessi. Questa desiderio e a un tempo rifiuto della realtà li accompagna rendendo spesso drammatica la loro vita. Visti così, susciterebbero sentimenti benevoli, se non fosse che tendono a trasferire e a circondarsi di questa bivalenza, caratterizzando tutto ciò che li circonda, compreso il lavoro.

Per dare risalto e attribuire fondamenta realistiche alla proposta, poi legge, il dibattito è partito dai diritti civili e amministrativi delle coppie omosessuali e, in un crescendo parossistico, al loro diritto di sottomettere alla loro finzione dei bambini, fin dalla nascita. Un noto profittatore della politica ha assunto il ruolo di portabandiera e un bambino acquistato come un animale d’allevamento, è stata la vittima, creando il precedente; ma un precedente tragico che ha fatto venir meno tutte le tutele a favore dei minori, incapaci d’intendere e di volere e della loro dignità di essere umani. Non è difficile prevedere casi di suicidio fra queste vittime di un ignoranza e di una confusione plebea, che mi fanno disperare del valore della democrazia e propendere per una sua visione solo utopica e perniciosa.

Lasciamo da una parte la legge Cirinnà, perché essa si inserisce in un disegno, ormai, plateale di demolizione dei valori fondanti della società democratica, prima di tutti la famiglia e della trama dei principi costituzionali. Il popolo plebeo, vittorioso due secoli or sono alla Bastiglia, ha fatto karakiri, dando il proprio sostegno politico a un progetto di demolizione progressiva, prima della sovranità, ceduta di fatto in modo permanente al potere finanziario che gestisce la NATO; poi della sovranità monetaria, ceduta anch’essa al potere finanziario che gestisce l’Unione europea, la cosiddetta Troika: Banca Centrale Europea, Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale. A questo punto, si è passati all’”adeguamento” della Costituzione della Repubblica ai principi dell’Unione europea, contenuti nella proposta di costituzione bocciata dai referendum del 2005, francese e olandese e reintrodotta con la frode nel Trattato di Lisbona, del 2007, appunto detto “la de-costituzione europea”. Qui si sovvertono i principi costituzionali del Lavoro, della Dignità e, anche, della Uguaglianza, vista in chiave relativistica, affermando, su di essi, il principio della competitività e del profitto a scopo di profitto. Vale anche per la salute, unico diritto che la Costituzione della Repubblica definisce fondamentale, poiché il welfare rappresenta un costo che va a scapito del profitto. Vedete bene il solco nel quale si colloca l’opera dei tre governi Napolitano, imposti agli italiani, senza il loro voto.

Ora un annuncio:

In previsione che la legge costituzionale di riforma della Costituzione sarà sottoposta a referendum nel prossimo novembre, stiamo preparando una riunione, aperta a chiunque lo desideri, per illustrarne i pro e i contro, con la partecipazione della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova. L’argomento, infatti, chiama tutti noi alla partecipazione per un voto consapevole e, probabilmente, la riforma segnerà una svolta decisiva per la democrazia. Sono tre mesi decisivi, lo capite bene. Il Comune di Pianiga ha dato la disponibilità dell’Auditorium. Sono 230 posti a sedere, vale a dire una partecipazione all’altezza dei relatori, che richiede impegno. Vi chiedo di confermare sia la Vostra partecipazione sia la Vostra assenza per la data del 16 settembre, alle ore 20,45 e sia il Vostro gradimento per contribuire al dibattito, ponendo ai relatori i Vostri quesiti. A questo ultimo fine, ci troveremo l’8 sera, stessa ora, a Dolo, in via Dauli, per una pizza e chi sarà disponibile potrà scegliere uno degli argomenti e il quesito da porre nella riunione del 16 o nelle prossime. Sarebbe opportuno che l’8 foste almeno 7-8, ma venga chi vuole. Dal numero dei partecipanti dipenderà anche la continuazione di questo gruppo, impegnativo, non poco; quindi, date una mano. Attendo le altre Vostre conferme alla email <gendiemme@gmail.com>