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6054.- La madre di tutte le riforme è…. La riforma è un vincolo imposto del programma

La vera madre delle riforme costituzionali è quella che riguarda gli articoli dedicati al Capo dello Stato e, in particolare, la durata di sette anni del mandato, specialmente, in rapporto alla rieleggibilità, abusiva perché, pur negando valore al parere dei costituenti, se non è negata, non è nemmeno prevista; infine, alle difficoltà frapposte alla sua messa in stato d’accusa, difficoltà che dimostrano come non si fosse disposti a credere in un mandato CRISTALLINO, sempre super partes per sette anni. Infatti, il presidente Napolitano ha ordinato di cancellare le intercettazioni Stato-mafia. Ecco un’occasione per nominare una Commissione d’inchiesta parlamentare ex art. 82. Figuriamoci quante occasioni (per esempio, con lo scandalo C.S.M. o con la Pandemia) per i mandati di 7+7=14 anni o per un duo x14=28, come con Napolitano e Mattarella (teoricamente, se del PD, anche 35).

Mario Donnini

Premierato, le critiche alla riforma del governo Meloni sono una sequela di assurdità: ecco perché

Da Il Secolo d’Italia, 8 Nov 2023 17:04 – Estratto da un articolo di Carmelo Briguglio

Premierato

L’esecutivo Meloni ha presentato quindi una proposta di riforma costituzionale che incide sulla forma di governo: un modello italiano di premierato fondato sull’elezione diretta. Tra politici che si credono costituzionalisti e costituzionalisti a cui piace fare i politici, si legge e ascolta di tutto. “ ….

…”Macché affronto al Quirinale. Il vero vulnus è il non divieto di “bis” per i presidenti

Nel merito, ci sono tre tematiche che vale la pena chiarire. La prima: è un non senso sostenere che riformare le nostre istituzioni in direzione presidenziale sarebbe un “affronto” o qualcosa del genere all’attuale inquilino del Quirinale, Sergio Mattarella. Non c’è nella riforma, ma anche se in futuro diminuissero i poteri del Colle, non ci sarebbe alcuna mancanza di riguardo verso il capo dello Stato: fosse così la Carta del ‘48 non si potrebbe cambiare mai per non turbare i titolari pro tempore delle alte cariche. La riforma, peraltro, entrerebbe in vigore al termine del bis di Mattarella. Il quale – lunga vita e salute al Presidente – starà al Quirinale per 14 anni: questo é il vero vulnus, ultra-presidenzialista e di stampo monarchico, alla Costituzione. Imbarazzante tema, quello del doppio mandato, sul quale i costituzionalisti progressisti – quelli della Carta più bella del mondo et cetera – stanno muti.

Si alimentano timori speciosi per l’elezione diretta del premier, ma ci teniamo in Costituzione una norma che non vieta più settennati al presidente della Repubblica: abbiamo già l’inedito duplo di Napolitano e Mattarella, ma in ipotesi sarebbe possibile un tris, se i partiti decidessero così e l’eletto avesse un’età che lo consentisse; il che significa essere eletti “a vita”; né più, né meno di un regime monarchico; salvo rinuncia o abdicazione dell’interessato se volete chiamarla così, tanto é la stessa cosa: ciò che accadde con Re Giorgio, come veniva definito Napolitano. La “riforma Meloni” non affronta la questione, forse per eccesso di deferenza verso Mattarella, il quale, in ogni caso, non ne sarebbe “toccato”, prevedendo la norma per il futuro. Ma tant’è. Lo scrivo per fare comprendere l’assurdità della paventata “deriva autoritaria” addebitata alla riforma.

I senatori a vita antistorico retaggio monarchico

Consapevole o meno, questa contraddizione é attraversata da unalogica cripto-monarchica; che è antitetica a quella “di portare la legittimazione democratica al più ampio numero possibile di istituti della forma di governo” dichiarata nel ddl costituzionale. Il quale abolisce la categoria dei senatori a vita: pure questa modifica fa registrare critiche per amore di polemica. In verità, anche i senatori a vita sono espressione di un retaggio “regale” che contraddice i principi della Costituzione; per di più, sono una presenza che squilibra la composizione del Senato, i cui membri si sono ridotti di numero, dopo il “taglio” dei parlamentari. Secondo voi perché la Carta prevede i senatori a vita? Semplice: perché cento anni dopo lasciò inalterato lo Statuto Albertino del 1848, esteso allo Stato unitario e rimasto in vigore anche durante il ventennio mussoliniano. Eccolo qua l’articolo 33 dello Statuto:

”Il Senato è composto di membri nominati a vita dal Re, in numero non limitato, aventi l’età di 40 anni compiuti, e scelti nelle categorie seguenti…Coloro che con servizi o meriti eminenti avranno illustrata la Patria…”. Al numero 20 della vecchia norma c’è la traccia letterale della filiazione della Costituzione vigente dal suo antenato Statuto: “avere illustrato la Patria”. L’articolo 59 dell’attuale Costituzione, infatti, riserva alla nomina presidenziale di senatore a vita “cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. Appunto “illustrato la Patria”, lessico identico: vestigia del tempo in cui “Lo Stato è retto da un Governo Monarchico Rappresentativo. Il Trono è ereditario secondo la legge salica”, come recitava l’articolo 2 dell’Albertino. I presidenti della Repubblica hanno ereditato questo potere regio, ovviamente in forma ridotta. I cinque senatori della Repubblica nominati dal Capo dello Stato sono a vita come i senatori nominati dal Re che allora sceglieva l’intero Senato del Regno. Un evidente anacronismo: la riforma vuole superarlo, ma si riesce a criticare persino questa scelta che dovrebbe essere condivisa. Nulla da fare.

Nelle forme di governo la regola in Europa è la differenza non l’uniformità

Ultima questione: la globalizzazione e lo stesso sistema unionale europeo, in quanto alle forme di governo, non hanno dato vita a una tendenza di uniformità dei sistemi politici. É veramente difficile trovare in Occidente e in particolare in nel Vecchio Continente, due sistemi politici perfettamente uguali, dalla forma di governo alle leggi elettorali. Si può sostenere che questo spazio di sovranità assoluta, gli Stati nazionali se lo tengono ben stretto. Anzi, pare proprio che la globalizzazione abbia provocato una compensazione in senso nazionale di istituzioni e dinamiche del governare: è una inclinazione che accomuna tutti i Paesi del mondo libero, oltre le latitudini geografiche e politiche. Quindi, quando si sostiene approssimativamente che il modello immaginato dalla Meloni é un “pasticcio” perché non “imita” quello adottato in altre “democrazie stabilizzate”, non si ha consapevolezza della voluta “alterità” reciproca delle forme di governo nel mondo libero.

I “cercatori” di somiglianze istituzionali

Un solo esempio per rendere l’idea delle “vie nazionali” alle riforme istituzionali: in Francia vige il semi-presidenzialismo di origine gaullista. Il Portogallo – lo cito perché siamo dentro l’attualità, per le dimissioni del premier Antonio Costa – che ha cercato di imitare la V Repubblica, ha prodotto “un’altra cosa”: un finto semi-presidenzialismo, che nulla ha a che vedere con i poteri del presidente della Repubblica francese; il presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, pur eletto dal popolo, ha meno poteri di Mattarella: non ha competenze di diretta direzione politica e non ha alcun ruolo nel “Programa do Governo”; le sue attribuzioni lasciano inalterata la forma di governo che é sostanzialmente parlamentare: il “primato” resta nelle mani del capo del governo. Lo scrivo soprattutto per i cercatori di somiglianze istituzionali,
ad ogni costo. Ma, poi, questa fissa della necessità di avere istituzioni uguali, da dove arriva ?

L’originalità del modello è la regola in Europa e nel mondo

“Per il comparative law in book e il comparative law in action – osserva Tommaso Edoardo Frosini nel volume di diritto pubblico comparato dallo stesso curato per Il Mulino (2022) – rimane e permane il metodo delle differenze, anche l’esaltare le diversità e farlo con particolare riferimento allo scenario del diritto globale, con il suo carattere transnazionale oltre che nazionale e sovranazionale. Bisogna diffidare delle convergenze, ovvero delle consonanze”. Nella comunità scientifica si ragiona così, ma nell’acquario della politica nostrale, sono tutti impegnati a criticare “l’originalità” del modello Meloni; che, invece é “la regola”, in Europa e nel mondo.”

5857.- In Italia non si è parlato dei moti avvenuti a Tripoli. Saranno i Rothschild a pacificare la Libia

I membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU si rammaricano “per la perdita di vite umane e feriti, anche tra i civili, ed esortano tutte le parti a evitare la violenza”

Se in Italia non se ne parla, all’ONU e a Bruxelles, vuoi per i finanziamenti profusi, vuoi per il deterioramento dei diritti umani, gli occhi sono puntati sulla Libia. Cerchiamo di fare luce attraverso una sintesi dei comunicati di eunews di questi ultimi due mesi.

Nel silenzio assoluto dei media italiani, l’altra settimana, a Tripoli, per due giorni, si sono scontrate due fazioni armate: La Brigata 444 allineata con il primo ministro al-Dbeibeh e la Forza Rada, antagonista. A dare il via agli scontri è stato l’arresto del comandante della brigata filogovernativa 444, il colonnello Mahmoud Hamza,.da parte delle forze speciali di deterrenza Rada all’aeroporto internazionale di Mitiga. Gli scontri sembrano cessati, ma hanno causato 55 morti e circa 150 feriti.

Dal febbraio 2022, l’ex Jamahiriya di Muammar Gheddafi è sostanzialmente divisa in due coalizioni politiche e militari rivali: da una parte il Governo di unità nazionale con sede a Tripoli del premier Abdulhamid Dabaiba, riconosciuto dalla Comunità internazionale e appoggiato soprattutto dalla Turchia; dall’altra il Governo di stabilità nazionale, di fatto un esecutivo parallelo basato in Cirenaica, ormai ridotto a una scatola vuota priva di funzioni, dal momento che a comandare nell’est è il generale Khalifa Haftar. Per uscire dallo stallo politico, l’inviato dell’Onu ha lanciato, il 27 febbraio 2023, un piano per redigere gli emendamenti costituzionali e le leggi elettorali necessarie per tenere elezioni “libere, inclusive e trasparenti” entro il 2023. Tuttavia, il termine ultimo proposto da Bathily per preparare la tabella di marcia è scaduto il 15 giugno e lo stesso inviato ha detto che lo “status quo” non è più tollerabile.

Dall’Eurocamera dubbi sui fondi Ue alla Libia. L’ammissione di Johansson: “Chiare indicazioni di infiltrazioni criminali nella Guardia Costiera”

la Commissione Libertà civili e la sottocommissione per i diritti umani esprimono “profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione dei diritti umani dei migranti in Libia”. Dal 2015 l’Ue ha stanziato circa 700 milioni di euro di sostegno a Tripoli. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nella sessione straordinaria del 22 agosto, ha fatto il punto sugli sviluppi della situazione in Libia, tra le preoccupazioni per il ritardo nell’accordo su una legge elettorale che apra la strada alle consultazioni parlamentari e presidenziali entro la fine quest’anno. Parlare di elezioni in questa situazione fragile e di conflittualità fra le fazioni sembra difficile, se non impossibile; ma chi ha avuto interesse a destabilizzare la Libia?

Il 20 agosto la Banca Centrale Libica (Cbl) ha annunciato il completamento della sua riunificazione come istituzione unitaria e sovrana.

“La Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) ha plaudito al ritorno della Banca Centrale Libica a istituzione unificata. Significativo l’auspicio a ché si prosegua nell’unificazione di tutte le istituzioni politiche, di sicurezza e militari del Paese, come il popolo libico desiderava da tempo”. La missione è attiva nel Paese dalla caduta del regime autoritario di Muammar Gheddafi nel 2011. I suoi compiti comprendono il sostegno al governo libico nell’istituzione dello Stato di diritto e nell’organizzazione di elezioni democratiche.

Per l’Ue “il passo di Tripoli e Bengasi è cruciale” per la stabilità del Paese

La sede della Banca centrale libica a Tripoli © ANSA

La sede della Banca centrale libica a Tripoli – RIPRODUZIONE RISERVATA

Da Bruxelles, Simone De La Fedl scrive per eunews:

“Dopo quasi un decennio di separazione – dal settembre del 2014 -, inasprita da disaccordi sulla distribuzione delle entrate petrolifere, le due filiali di Tripoli e di Bengasi hanno trovato un accordo per la riunificazione dell’istituzione finanziaria nazionale. L’annuncio, riportano i media libici, è stato fatto al termine dell’incontro presso la sede di Tripoli tra il governatore della Cbl, Siddiq Al-Kabir, e il suo vice, Mari Muftah Rahil. “Una pietra miliare per migliorare le prestazioni di questa vitale istituzione sovrana”, ha commentato il primo ministro del governo di unità nazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite, Abdel Hamid al-Dbeibeh.

Soddisfazione anche dalla comunità internazionale: l’Unione europea “accoglie con favore questo sviluppo e l’impegno della leadership della Banca centrale ad adoperarsi per affrontare l’impatto di quasi un decennio di divisione”, ha dichiarato un portavoce del Servizio europeo d’Azione Esterna (Seae). Non solo soddisfazione, ma anche la speranza che questo accordo tra Tripoli e Bengasi sia l’anticamera di una pacificazione nazionale. La riunificazione delle due filiali “è un passo cruciale verso una Libia unita, stabile e prospera“, che deve condurre a “concludere con successo i colloqui in corso mediati dalle Nazioni Unite per identificare una soluzione politica a guida libica, attraverso le elezioni nazionali“.

Proprio la Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) si unisce all’appello di Bruxelles affinché la riunificazione della Cbl possa “creare slancio verso l’unificazione di tutte le istituzioni politiche, di sicurezza e militari del paese, come il popolo libico desiderava da tempo”.

Saranno i Rothschild a pacificare la Libia? Nel 2003, in Libia, in una Bengasi dove ancora si sparava, venne fondata una banca Rothschild, così, da un giorno all’altro. Circa una settimana fa, è stata annunciata la riunificazione della Banca centrale della Libia, ancora divisa in due branche. Dobbiamo augurarci che sia la famiglia Rothschild a restituirci una Libia “unita, stabile e prospera“, sotto il loro controllo. E non è un caso che il cerchio, iniziato con la fine di Mu’ammar Gheddafi si chiuda così.

Martedì 25 luglio, la Camera dei rappresentanti eletta nel 2014 ha approvato a Bengasi, capoluogo della Cirenaica, una roadmap per l’insediamento di un ipotetico nuovo mini-governo, incaricato di traghettare la Libia alle elezioni. Le Nazioni Unite e le capitali occidentali hanno però accolto con estrema freddezza la decisione, al contrario invece dell’Egitto, alimentando i dubbi sull’eventuale riconoscimento internazionale del nuovo esecutivo di transizione, qualora quest’ultimo dovesse essere effettivamente nominato. Ora come ora in Libia vige una stabilità parziale, basata su un implicito accordo tra due potenti famiglie – i Dabaiba e gli Haftar al potere rispettivamente a Tripoli (ovest) e a Bengasi (est) – con un crescente ruolo dei “verdi” (vale a dire gli ex gheddafiani) nei gangli dello Stato profondo. Le due parti rivali della scena politica libica frenano sulle elezioni, consapevoli che rischierebbero di mettere in luce il loro scarso supporto popolare. In realtà, nella Libia di oggi è il clientelismo a consentire un sia pur fragile equilibrio e la divisione politica è favorita da chi vedrebbe meglio soddisfatti i propri interessi con la divisione politica del paese..

E l’Italia?

La strategia italiana in Africa e in Libia – il cosiddetto Nuovo Piano Mattei – è volta al conseguimento della cooperazione con i Paesi africani per l’approvvigionamento energetico d’Europa. L’Italia diverrebbe un hub energetico, Paese di transito di gas e petrolio, dal Nordafrica verso i Paesi europei con lo scopo di sostituire l’approvvigionamento energetico dalla Russia. La presenza della Turchia in Libia e, sopratutto, l’intesa energetica stipulata da Erdoğan con il governo di Dabaiba condiziona in parte il Piano. In pratica, la penetrazione della Turchia nei quadranti decisivi per il nostro paese: Nord Africa e Balcani è il frutto di un’azione politica intellegente e mirata del presidente Erdoğan, che non afflitta dai teatrini della sinistra italiana.

[EPA-EFE/FABIO FRUSTACI]

L’8 giugno, dopo il viaggio del presidente Meloni a Tripoli in gennaio, una delegazione del governo libico, condotta dal premier del governo di unità nazionale della Libia Abdul Hamid Ddeibah, ha incontrato i rappresentanti del governo italiano, per discutere di migrazione ma anche per chiudere accordi su energia e commercio, sempre in un ottica “non predatoria e di collaborazione”. Era presente l’amministratore delegato dell’Ente Nazionale Idrocarburi (Eni) Claudio Descalzi.

L’Italia è presente in Libia con la Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (MIASIT) presso il Governo di Accordo Nazionale in Libia, cui fornisce supporto sanitario e umanitario, security force assistance e stability policing e agevolando attività di formazione/addestramento sia in Italia sia in Libia.

Il Comando della Missione è schierato a Tripoli , mentre la dipendente Task Force “Ippocrate”, che include il Field Hospital, è schierata a Misurata.

5853.- E se fosse stata opera della CIA? Lo strano intervento di Biden.

Mosca: “Inaccettabili le parole di Biden su Prigozhin”. E intanto viene rimosso il relitto del jet su cui viaggiava il capo della Wagner

La Russia fa sapere di non aver gradito le parole del Presidente Usa sulla misteriosa morte di Prigozhin. Nel contempo, sul luogo dello schianto sono stati rimossi i resti del jet del capo della Wagner.

Da Il Riformista, Redazione — 25 Agosto 2023

Mosca: “Inaccettabili le parole di Biden su Prigozhin”. E intanto viene rimosso il relitto del jet su cui viaggiava il capo della Wagner

Il vice ministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov ha definito “inaccettabili” le parole del presidente degli Stati Uniti Joe Biden a proposito della morte del fondatore del gruppo Wagner. “Non sono sorpreso”, aveva detto Biden il giorno dello schianto dell’aereo. “Non succede molto in Russia senza che ci sia dietro Putin”, aveva aggiunto.

“Non spetta al presidente degli Stati Uniti parlare di eventi tragici di questo tipo”, ha detto Ryabkov citato dall’agenzia di stampa statale Tass, aggiungendo che un simile intervento dimostra il disprezzo di Washington per la diplomazia.

E intanto, sempre secondo fonti russe, è stato rimosso il relitto dell’aereo Embraer di proprietà di Evgenij Prigozhin, che si è schiantato mercoledì nei pressi del villaggio di Kuzhenkino, nella regione di Tver, in Russia. Lo riporta l’agenzia di stampa Ria Novosti.

5852.- La diplomazia francese non cambia passo e ci trascina.

Niger, l’ultimatum del regime militare all’ambasciatore francese a Niamey: “Ha 48 ore per andarsene”

Da Il Riformista, Redazione — 25 Agosto 2023

Niger, l’ultimatum del regime militare all’ambasciatore francese a Niamey: “Ha 48 ore per andarsene”

Il regime militare che ha preso il potere a Niamey il 26 luglio ha concesso oggi all’ambasciatore francese in Niger, Sylvain Itte, 48 ore di tempo per andarsene, così come dichiarato in un comunicato dal ministero degli Esteri.

La decisione nasce dal rifiuto del delegato di rispondere all’invito del ministero per un colloquio nella giornata di oggi e a seguito di altre azioni del governo francese contrarie agli interessi dello Stato africano. Così, le autorità hanno deciso di ritirare la loro approvazione al signor Sylvain Itte e di chiedergli di lasciare il territorio nigerino entro quarantotto ore. Da Parigi arriva la risposta del Quai d’Orsay: “I golpisti non hanno l’autorità per chiederlo”. Attesi risvolti nella giornata di domani.

5755.- Prigozhin vince il primo braccio di ferro con Putin | lo Zar si piega al mercenario

I 10 milioni di rubli sequestrati a Yevgeny Prigozhin gli sarebbero già stati restituiti, probabilmente perché “è intervenuta una forza maggiore”. Lo scrive Fontanka, un sito di notizie di San Pietroburgo, la città dove il 24 giugno la polizia, all’indomani della rivolta della Wagner, aveva sequestrato alla compagnia di mercenari casse contenenti dieci miliardi di rubli (pari a 111 milioni di dollari), centinaia di migliaia di dollari e cinque lingotti d’oro. 

Da Il Tempo.it, 04 luglio 2023

Prigozhin vince il primo braccio di ferro con Putin: lo Zar si piega al mercenario (Di martedì 4 luglio 2023) I 10 miliardi di rubli sequestrati a Yevgeny Prigozhin sarebbero già stati restituiti al capo della Wagner, probabilmente perché «è intervenuta una forza maggiore». A scriverlo è Fontanka, un sito di notizie di San Pietroburgo, la città dove il 24 giugno la polizia, all’indomani della rivolta della Wagner, aveva sequestrato alla compagnia di mercenari casse contenenti dieci miliardi di rubli (pari a 111 milioni di dollari), centinaia di migliaia di dollari e cinque lingotti d’oro. Gli inquirenti non volevano restituire il denaro sequestrato, ma «a giudicare dal ribaltamento, è intervenuta una forza maggiore». A quanto si legge, i beni sono stati restituiti il 2 luglio all’autista di Prigozhin, che aveva una procura. Secondo alcune notizie Prigozhin si trovava intanto a Mosca. A commentare la notizia ci ha pensato il consigliere del ministero dell’Interno ucraino Anton Gerashchenko: «Non sembra forse che sia stato un ordine personale di Putin? Immagino che Prigozhin possegga alcune informazioni compromettenti su Putin, dato che se la cava dopo un ammutinamento armato e riottiene indietro i suoi soldi. Li userà per finanziare la sua prossima ribellione?». Continuano le polemiche intorno ai mercenari Wagner dopo il similgolpe.

5743.- Immigrazione: e se i polacchi non avessero tutti i torti?

Al termine del Consiglio europeo, al Punto Stampa, il presidente Meloni ha riferito sulle conclusioni del Consiglio, sull’atteggiamento di Polonia e Ungheria, in merito all’immigrazione, in modo più chiaro:

“Non sono delusa dall’atteggiamento di Polonia e Ungheria. Io non sono mai delusa da chi difende i propri interessi nazionali. La scelta di Polonia e Ungheria non riguarda quella che è la mia priorità in tema di immigrazione, cioè la dimensione esterna, riguarda la dimensione interna e, cioè, il patto di immigrazione e asilo. Il punto è proprio questo, finché noi cerchiamo delle soluzioni su come gestire i migranti quando arrivano sul territorio europeo non troveremo mai l’unanimità perché la geografia è diversa, le necessità sono diverse, perché le situazioni sono diverse, perché la politica è diversa. L’unico modo per affrontare il problema tutti insieme è lavorare sulla dimensione esterna ed è su questo che noi siamo riusciti ad imprimere una svolta totale il punto è che quello su cui stiamo lavorando noi, dalla Tunisia in poi, coinvolge tutti i paesi del Consiglio. Su questo c’è un consenso unanime, a 27. … Aiutare l’africa ad avere un’alternativa… Tra l’altro abbiamo interessi convergenti, per esempio, sull’energia… .”

… e se i polacchi non avessero tutti i torti?


Da Scenari economici. Di Guido da Landriano, Pubblicato il 1° Luglio 2023

Ieri il vertice dei capi di governo UE sull’immigrazione non ha avuto il successo sperato. Nonostante la mediazione di Giorgia Meloni la nuova intesa, che prevede una sorta di obbligo alla redistribuzione dei richiedenti asilo, salvo il pagamento di 22 mila euro per ogni richiedente asilo non accettato.

La norma sembra scritta in favore di quei paesi come Italia e Grecia che si trovano, purtroppo, ad essere la frontiera dell’Europa, ma né Polonia né l’Ungheria sono state disposte ad accettare la proposta. L’Ungheria di Orban, in questo momento, ha una posizione eccentrica rispetto al resto della UE, ma la Polonia ha un governo che fa parte di ECR, il gruppo presieduto dalla Meloni, ed è visto un po’ come una guida per gli altri paesi centro europei. Perché non ha accettato la mediazione?

Il sito polacco RP.PL lo spiega con grande chiarezza:

1) Mateusz Morawiecki: la Polonia sostiene il consenso del 2018 sui rifugiati

 La Polonia ha aderito alla nostra posizione, che è stata definita come il consenso del Consiglio europeo nel 2018, confermata nel 2019 ed è ancora il canone vincolante delle decisioni politiche. Poiché il nostro punto di partenza è la sicurezza, e in Polonia la sicurezza è descritta dai polacchi come di alto livello, vogliamo mantenerla a questo livello, ha affermato.

Il 96 percento. dei polacchi ritiene che nel loro quartiere sia sicuro, si può facilmente uscire a fare una passeggiata, al ristorante o al cinema, anche dopo il tramonto. Gli abitanti delle città svedesi, o anche qui a Bruxelles, Parigi, Marsiglia, Lilla, possono dire lo stesso del loro quartiere? Perché i polacchi dovrebbero calare il loro livello di sicurezza?

Mateusz Morawiecki: se apriremo la porta, arriverà un’ondata di clandestini

Il presidente francese Emmanuel Macron, che ho visto questa mattina, ha dovuto lasciare presto il vertice per affrontare le enormi rivolte, auto in fiamme, pneumatici, vetri rotti, furti, rapine e molti crimini che si verificano in Francia. Negozi saccheggiati, ristoranti vandalizzati, auto della polizia incendiate. Barricate nelle strade. Perché la Polonia dovrebbe vedere lo stesso spettacolo? Dice  Morawiecki  “Penso che tutti i polacchi, compresi gli elettori dell’opposizione, risponderanno che questo non è il quadro che vogliamo”.

I confini segnano la vera differenza tra l’Europa come continente di libertà e sicurezza e le aree in cui regnano il caos, l’anarchia e talvolta la tirannia, ha dichiarato il primo ministro Mateusz Morawiecki in una conferenza stampa.

Morawiecki prosegue: “Apriremo la porta – entrerà un intero fiume di migranti illegali, quello con cui abbiamo a che fare, ad esempio, in Francia o in Svezia, lontano dal Mar Mediterraneo “

Morawiecki ha fatto riferimento alla dichiarazione del Commissario UE er gli affari interni, Ylva Johansson.

“Ha detto che tutto questo non significa trasferimento forzato. Se un paese deve pagare una multa di 22.000 euro per un immigrato non accettato, è di fatto una coercizione. E il secondo punto: ho chiesto che se questo è ciò che ha detto la signora Johansen, ho chiesto che, quindi, l’affermazione secondo cui non vi è alcun trasferimento forzato sia inclusa nelle conclusioni. Poiché non c’era consenso a questo, non siamo d’accordo con le conclusioni – penso che tutto sia logico, tutto sia chiaro, ha dichiarato il capo del governo”. 

Non abbiamo accettato di deviare da questo consenso, e quindi non abbiamo accettato di adottare una conclusione in una forma che implichi il nostro consenso tacito o implicito alla migrazione forzata, o a qualsiasi distribuzione, separazione degli immigrati clandestini“, ha aggiunto. “Spero che l’Europa torni in sé e torni in sé“.

Mateusz Morawiecki: periferia di Parigi in fiamme e tranquilli villaggi polacchi

La Polonia ha presentato il piano “L’Europa delle frontiere sicure”, che si compone di pochi semplici punti che hanno incontrato una scissione positiva. In primo luogo, aumentare gli investimenti nella protezione delle frontiere esterne dell’Unione, in secondo luogo, rafforzare Frontex, in terzo luogo, contrastare l’immigrazione di massa alla fonte. In paesi che soffrono anche oggi a causa della grande criminalità del colonialismo. Ne è responsabile la Polonia? 

La Polonia poi propone di ridurre fortemente i servizi sociali per coloro che sono clandestini e non provengano da aree di guerra, come l’Ucraina, di cui una grossa fetta dei rifugiati è ospitata proprio in Polonia. Accusarla di egoismo è scorretto.

Siamo sicuri che questa non sia la soluzione giusta anche per l’Italia?

Facciamoci una domanda: la maggioranza di Centrodestra ha ricevuto i voti per una soluzione all’immigrazione che lascia la UE come una sorta di colapasta penetrabile da qualunque parte, con solo la possibilità di un parziale ricollocamento degli sbarcarti, oppure per fermare in modo definitivo questo flusso irregolare ed estremamente problematico. Il Presidente Meloni è stato eletto per fare accordi con Macron, o per evitare che l’Italia faccia la fine della Francia?

Il problema è che cercare una soluzione europea, qualsiasi questa sia, sembra per lo meno illusorio, o porta il problema a un livello di complessità che neppure Cavour potrebbe gestire anche perché, francamente, la discussione avviene con parti politiche che spesso hanno interesse nel veder fallire l’Italia. Per quanto buono possa essere l’accordo superiore la situazione è tale per cui bisogna essere realisrti e consci che questo potrebbe non essere mai raggiunto, almeno ad un livello utile per l’Italia. Anche perché non possiamo andare avanti molto con 60 mila migranti irregolari ogni sei mesi, come è accaduto nella prima metà del 2023.

5735.- Russia e Cina, quando le dimensioni contano

Key biz, di James Hansen | 25 Febbraio 2022. Un’analisi ancora valida.

Se la Russia di Vladimir Putin ha un problema di sicurezza dei confini, non è dell’Ucraina che si dovrebbe preoccupare: un miliardo e mezzo di cinesi, affamati di risorse, premono su un confine fragile.

Le dimensioni fisiche della Russia sono praticamente aldilà della comprensione. Il paese—la cui superficie occupa un sesto del totale delle terre emerse del globo—è lungo da ovest a est poco meno di 11mila chilometri, compresi in undici fusi orari. Di fusi ne basta uno per la maggior parte dell’Europa Occidentale e sono sufficienti quattro per gli Usa continentali.

Malgrado il territorio immenso, la popolazione russa è modesta, 146 milioni, un po’ più grande di quella del Messico (130 mln). Il paese è quasi vuoto.

Condivide però un lungo e spesso indifendibile confine di oltre 4.200 km con la nazione più popolosa del mondo, la Cina. I cinesi, secondo dati recenti, sarebbero 1.445.119.631. L’Esercito Popolare di Liberazione cinese conta un po’ più di 2 milioni di regolari e un altro mezzo milione di riservisti. È una forza enorme—circa quattro volte quella russa—che si è parecchio modernizzata negli ultimi anni, ma la cui qualità e efficacia sono incerte.

L’ultima volta che è entrata in guerra, con la tentata invasione del Vietnam nel 1979, hanno vinto—con facilità—i vietnamiti.

Tanti numeri per dire che se la Russia di Vladimir Putin ha un problema di sicurezza dei confini, non è dell’Ucraina che si dovrebbe preoccupare. In parole povere, un miliardo e mezzo di cinesi, affamati di risorse, premono su un confine—quello con la vicina Siberia—che in parecchie tratte non è molto più di una linea su una carta geografica, una riga d’inchiostro che li tiene lontani da sterminati estesi vuoti che i russi non possono permettersi il lusso di sviluppare.

C’è già un consistente flusso migratorio “informale” di piccoli agricoltori e commercianti cinesi verso queste terre. C’è anche un’interessante produzione cinese di studi e ricerche che sottolineano le magnifiche potenzialità agricole e minerarie della Siberia—un po’ come dire: “Noi invece sapremmo cosa farcene di questo territorio sprecato” …

All’inizio del mese, il 4 febbraio, la russa Gazprom ha firmato un contratto con l’omologa cinese, CNPC, per la fornitura annuale di 10 miliardi di metri cubi di gas naturale per i prossimi trent’anni—ciò in aggiunta a contratti già in corso per altri 16,5 miliardi di metri cubi annui. Le forniture russe all’Europa prima dell’attuale crisi viaggiavano mediamente su una ventina di miliardi di metri cubi all’anno. Con il nuovo accordo, alla sola Cina andrà più gas russo che all’intera Europa.

C’è però una differenza tra le forniture europee e quelle cinesi. Se i russi chiudono il rubinetto europeo, noi rischieremmo di congelare nelle nostre case durante l’inverno e le nostre fabbriche sospenderebbero la produzione. Se invece toccassero l’altro rubinetto, quello che dirige il gas siberiano verso la Cina, i cinesi molto probabilmente passerebbero il confine fragile per venirselo a riaprire …

Vladimir Putin, nelle circostanze, non potrebbe farci assolutamente niente—un po’ come gli europei e, indirettamente, gli americani nel presente momento ucraino. Stiamo vivendo “history in the making” — ed è maledettamente scomodo.

5584.- Rifornite le basi nucleari USA in Italia

bombe a gravità B-61-12

Un Globemaster dell’Usaf, proveniente dagli Stati Uniti, ha fatto tappa a Ramstein, in Germania e, poi, ha proseguito per Ghedi, poi ancora, per Aviano. Anche se questa guerra americana è combattuta in casa nostra e la pelle è la nostra, possiamo fare solo ipotesi.

L’aereo cargo potrebbe avere avuto a bordo armi nucleari. Gli Stati Uniti, o chiamiamoli Nato, potrebbero avere trasferito al sicuro, dalla Germania in Italia le bombe a gravità B-61-12 dei bombardieri, in previsione di un attacco preventivo della Russia, che, è vero che ha a disposizione più testate di qualsiasi altro Paese al mondo e di tutte le riserve Nato messe insieme, ma, come noto, non avrebbe la possibilità e nemmeno il tempo per rispondere a un attacco americano o della Nato. Oppure, ha portato dagli Usa gli aggiornamenti per le armi nucleari in Europa, il cui piano sappiamo hanno accelerato. Sembra che l’Italia abbia già accolto le 50 testate nucleari bandite dalla Turchia, provenienti dalla base di Incirlik, la base aerea gestita sia dalla United States Air Force che dalla Türk Hava Kuvvetleri, 250 miglia a Sud Est di Ankara.

A due giorni dalla celebrazione della Liberazione, le domande sono: Gli italiani sanno di questa preparazione alla guerra nucleare sulle loro città? e quante testate USA ospitiamo nelle 120 basi americane, più quelle segrete? Lo chiamano “supporto nella lotta contro l’aggressione russa”. Fonti vicine all’intelligence USA hanno avvertito che il rischio di una guerra nucleare è al livello più alto da quando la Russia ha invaso l’Ucraina lo scorso febbraio.

2 USAF United States Air Force Boeing C-17A Globemaster III, U.S. Air Force 07-7177 DOVER, Spirit of Delaware and 10-0215 CHARLESTON. Manufacturer of C17 is McDonnell Douglas / Boeing. C17 is a large military transport aircraft with the role of strategic and tactical airlifter. The airplanes are seen in Chania International Airport that is a joint Public Civil and Military airport, located near Souda Bay on the island of Crete in Greece. (Photo by Nicolas Economou/NurPhoto)

Un Boeing fa il giro dell’Atlantico per collegare la base di Ramstein, in Germania, e quelle di Ghedi e Aviano, in Italia: sul volo sono state fatte diverse supposizioni, essendo un velivolo in grado di trasportare testate nucleari. E’ quanto notano gli esperti del sito Itamilradar, citati dal Messaggero.it. Non è stata infatti chiarita la ragione di tale viaggio né la motivazione che abbia portato a compiere un giro così largo

Globemaster Usaf, l’arrivo in Italia dell’aereo che potrebbe avere a bordo armi nucleari 

Da Sky TG24 del 21 apr 2023

2 USAF United States Air Force Boeing C-17A Globemaster III, U.S. Air Force 07-7177 DOVER, Spirit of Delaware and 10-0215 CHARLESTON. Manufacturer of C17 is McDonnell Douglas / Boeing. C17 is a large military transport aircraft with the role of strategic and tactical airlifter. The airplanes are seen in Chania International Airport that is a joint Public Civil and Military airport, located near Souda Bay on the island of Crete in Greece. (Photo by Nicolas Economou/NurPhoto)

1/9©Getty

Un dubbio è sorto agli esperti del sito Itamilradar, citati dal Messaggero.it, che ha monitorato lo strano tragitto di un volo partito dalla base di Ramstein e atterrato dopo poco più di un’ora a Ghedi, in provincia di Brescia: si tratta di un volo di routine di un velivolo cargo americano oppure significa l’arrivo di nuove testate nucleari destinate a rinnovare l’arsenale tattico di deterrenza atomica allestito dal dopoguerra in Italia?

FOTO MISSINATO

Il nostro Paese, nelle basi aeree di Aviano e Ghedi, ospita le bombe nucleari B-61 statunitensi, nell’ambito del programma di nuclear sharing dell’Alleanza volto a garantire un’efficace deterrenza nucleare sul suolo europeo. 2/9©Ansa

IL CASO – Il tragitto di questo Globemaster III Boeing C-17A dell’Usaf è parso quantomeno singolare: il volo, infatti, dopo essere arrivato a Ghedi, dove è schierato un distaccamento del 704esimo squadrone del Munss americano (Munitions Support Squadron), dopo pochissimo è ripartito per Aviano, in provincia di Pordenone, dove c’è un altro squadrone.

US Troops Load Up Latest Round Of Military Assistance To Ukraine
Senior Airman Natasha Mundt, 14th Airlift Squadron loadmaster, and Airmen assigned to the 305th Aerial Port squadron prepare the upload of Guided Multiple Launch Rocket System munitions to a C-17 Globemaster III at Joint Base McGuire-Dix-Lakehurst, N.J., Aug. 13, 2022. The munitions cargo is part of an additional security assistance package for Ukraine. The security assistance the U.S. is providing to Ukraine is enabling critical success on the battlefield against the Russian invading force.

-PICTURED: General View (US Troops Load Up Latest Round Of Military Assistance To Ukraine)
-LOCATION: McGuire AFB United States
-DATE: 16 Aug 2022
-CREDIT: US Air Force/Cover Images/INSTARimages.com

3/9©IPA/Fotogramma

LA REGOLA – Finora è sempre andata così: i velivoli italiani vengono abilitati al trasporto delle testate nucleari, ma la gestione è affidata agli americani: sono loro infatti che le custodiscono, ne fanno la manutenzione, le consegnano agli armieri dell’aeronautica militare italiana perché le attacchino ai “pod”, cioè sotto le ali, oppure nella “pancia” dei velivoli con la coccarda tricolore.

AVIANO: UN F16 IN PARTENZA

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DOVE SI TROVANO I REPARTI AMERICANI – Ad oggi i Reparti Munss si trovano solo a Ghedi Aviano: in passato, però, hanno operato anche altrove, come ad esempio in Romagna, dove fino ai primi anni Novanta erano di stanza nella base di Miramare di Rimini, oggi non più militare. Qui si trovavano gli F-104, che poi hanno trovato diversa ubicazione, insieme alle non più di 70 testate ospitate dall’Italia, nelle altre due basi

5537.- La Sicurezza del Volo non è “un problema di parte”, la FAA deve indagare sul picco nelle emergenze sanitarie dei piloti. RFK, Jr. a Buttigieg.

Riceviamo sporadiche notizie, ma si parla molto poco dei casi che riguardano gli equipaggi di volo. Motivi di natura commerciale? Non è questo il metodo con cui si opera nella Sicurezza del Volo. Precisiamo che, la Corte Suprema Usa bloccò l’obbligo di vaccino o di test anti Covid introdotto a livello nazionale dall’amministrazione Biden per le grandi aziende (con oltre 100 dipendenti), ma lo lasciò per certi operatori sanitari. Per chi vola, nella maggior parte dei casi occorre un certificato vaccinale e un ESTA. Dal 12 giugno 2022, non è più necessario esibire l’esito di un test COVID19.

Scriveva il Defender Staff che Robert F. Kennedy, Jr. ha invitato (oggi) il segretario ai trasporti degli Stati Uniti Pete Buttigieg a indagare sul picco di mancati incidenti e incidenti aerei evitati per poco a causa di piloti resi incapaci dalle emergenze sanitarie dal 2021, in coincidenza con l’avvio della campagna di vaccinazione COVID-19 negli Stati Uniti.

By The Defender Staff , traduzione libera di Mario Donnini.

rfk jr pete buttigieg pilot health feature

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In una lettera a Buttigieg, Kennedy ha scritto:

“Segretario Buttigieg, la sicurezza dei piloti, dell’equipaggio di cabina, dei passeggeri delle compagnie aeree e del pubblico in generale non è e non è mai stata una questione di parte. Tutto quanto contenuto in questa lettera riguarda questioni fondamentali di salute e sicurezza pubblica, che voi, DOT [U.S. Department of Transportation], la FAA [Federal Aviation Administration] e l’amministrazione Biden professano di sostenere e proteggere.

“Le recenti modifiche alle linee guida della FAA e la mancanza di prove disponibili al pubblico su cui si basano tali modifiche, insieme al numero crescente di incidenti che comportano l’inabilitazione o il ferimento di piloti correlati al vaccino, sono molto preoccupanti”.

Da un’analisi CHD dei dati grezzi ottenuti dalla FAA si è giunti ad affermare che c’è stato un marcato aumento, in volo o prima del volo, delle inoperatività al volo dovute a emergenza di natura medica, sia nel 2021 che nel 2022, rispetto al 2019 e agli anni precedenti, ha affermato Kennedy.

Allo stesso modo, nel 2021, si è registrato un marcato aumento delle emergenze di natura medica per passeggero rispetto al 2019 e agli anni precedenti, mentre la cifra del 2022 è superiore a quella del 2018 e del 2019, indicando un aumento delle emergenze mediche che si verificano in volo, se rapportato al numero ridotto di voli e passeggeri degli anni solari 2021 e 2022 rispetto al periodo precedente al 2020.

Kennedy ha affermato che la FAA ha violato le proprie linee guida raccomandando ai piloti di ricevere i vaccini COVID-19 senza licenza, contrariamente alla politica consolidata dell’agenzia di vietare ai piloti di assumere qualsiasi prodotto medico che sia stato sul mercato per meno di 12 mesi.

La lettera di 13 pagine di Kennedy, che cita 61 fonti, costituisce una prova dettagliata del fatto che la FAA ha allentato le restrizioni mediche per condizioni come la miocardite e la sindrome di Guillain-Barré, entrambi documentati come eventi avversi correlati ai vaccini COVID-19.

Kennedy ha concluso la lettera con queste 12 domande:

  1. I recenti incidenti che hanno comportato l’inoperatività dei piloti in volo saranno indagati in modo completo e approfondito, inclusi casi in cui i problemi medici riscontrati dai piloti siano correlati al vaccino?
  2. Su quali basi lei e l’amministratore ad interim della FAA siete giunti alla conclusione che “una sorta di ruggine” e una recente ondata di pensionamenti sono da biasimare per un “aumento” delle mancate collisioni e dei mancati incidenti negli aeroporti della nostra nazione? La FAA e il DOT hanno esaminato e indagato sulla salute e l’idoneità di tutte le persone coinvolte in tali incidenti, compresi i controllori del traffico aereo (che erano precedentemente soggetti all’obbligo vaccinale dell’amministrazione Biden per i dipendenti federali)?
  3. La FAA indagherà a fondo sul numero crescente di casi di piloti che hanno riportato eventi avversi gravi a seguito delle loro vaccinazioni COVID-19 e utilizzerà i risultati di questa indagine come base per aggiornare e rivedere la sua guida relativa al vaccino COVID-19 per piloti, equipaggi di cabina e per tutti i dipendenti dell’industria aeronautica?
  4. ​Voi, il DOT e la FAA risponderete alla domanda sul perché la FAA, fino ad ora, non abbia rilasciato pubblicamente dati dettagliati e completi sugli incidenti che coinvolgono piloti con sopravvenuta disabilità motoria o intellettiva e/o piloti menomati da vaccino?
  5. Il DOT e la FAA continueranno a raccomandare che i piloti e i lavoratori dell’industria aeronautica ricevano i vaccini e i richiami COVID-19 nonostante l’avvenuto riconoscimento da parte della FAA, in almeno un caso, che coinvolge un pilota, di “possibile” miocardite indotta da vaccino?
  6. La FAA fornirà tutte le prove utilizzate come base per i suoi recenti aggiornamenti (ottobre 2022 e gennaio 2023) alla Guida dell’agenzia per i medici legali, in particolare per quanto riguarda le modifiche apportate alle linee guida riguardanti la sindrome di Guillain-Barré (punto 46) e la prima blocco AV di grado e l’intervallo PR accettabile (articoli 36 e 58) e ritirare la sua dichiarazione secondo cui questa modifica è stata apportata nel 2017 quando la documentazione della FAA fino al 2022 indica il contrario? E spiegherà l’agenzia perché le modifiche alle linee guida relative al blocco AV e all’intervallo PR si sono discostate da quelle riconosciute, fino ad oggi, dall’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale (ICAO) e da affermati esperti medici? Sopratutto, queste modifiche (agli articoli 36, 46 e 58) sono state apportate in risposta a lesioni correlate al vaccino COVID-19?
  7. La FAA fornirà una spiegazione soddisfacente del motivo per cui ha violato le proprie linee guida stabilite, raccomandando vivamente ai piloti, ai dipendenti dell’industria aeronautica e ai loro datori di lavoro di ricevere vaccini COVID-19 rilasciati sotto autorizzazione all’uso di emergenza (EUA) e sul mercato per meno di 12 mesi?
  8. La FAA spiegherà perché continua a raccomandare i vaccini EUA quando, oggi, esistono (presumibilmente) alternative completamente autorizzate dalla FDA, come Comirnaty di Pfizer, e perché l’agenzia raccomanda ancora vaccini, come Johnson & Johnson (Janssen) COVID-19 vaccino, che si è scoperto essere collegato all’aumento dell’incidenza di trombosi e della sindrome di Guillain-Barré? Su quali basi e su quali prove l’agenzia ha preso queste decisioni politiche?
  9. Il DOT e la FAA si impegneranno a mantenere due piloti nella cabina di pilotaggio dei voli passeggeri, commerciali e cargo negli Stati Uniti come parte dell’imminente nuova autorizzazione della FAA? La storia dell’aviazione – anche al di là dei recenti incidenti di sopravvenuta disabilità del pilota – dimostra i pericoli di avere un solo pilota sano nella cabina di pilotaggio e, peggio ancora, i casi in cui un volo passeggeri è rimasto senza pilota a seguito della sopravvenuta disabilità di entrambi i piloti – un rischio che può solo aumentare con un solo pilota nella cabina di pilotaggio, tanto per cominciare. Prendiamo, ad esempio, l’incidente deliberatamente avvenuto del marzo 2015 del volo Germanwings 4U 9525, in cui il primo ufficiale ha impedito l’accesso del capitano alla cabina di pilotaggio, dopo che quest’ultimo presumibilmente si era preso una pausa per il bagno, quindi ha proceduto a variare i comandi di volo per far precipitare intenzionalmente il volo a terra, illustra vividamente i pericoli delle cabine di pilotaggio con unico pilota. Tutti i passeggeri e l’equipaggio sono stati uccisi.
  10. La FAA sta dando la priorità a “mantenere le abilitazioni dei piloti al volo” a scapito del pilota, dei passeggeri e della sicurezza pubblica? Qui, mi riferisco alle osservazioni fatte in un’intervista dell’agosto 2021 con Courtney Scott, DO, MPH, pubblicata nel Bollettino medico del Federal Air Surgeon. In questa intervista, Scott ha dichiarato:

“C’è stato uno spostamento nell’obiettivo degli standard di medicina aerospaziale: dal impedire agli aviatori in determinate condizioni di salute di volare, al consentire ad alcuni aviatori con determinate condizioni mediche di volare dopo aver mitigato i rischi. Questa mitigazione, che possiamo chiamare gestione delle malattie aeromediche, è ciò che rende così importante il ruolo degli AME [esaminatori medici dell’aviazione], in quanto aiuta a identificare e valutare il rischio.

“Gli AME sono essenziali per ottenere e mantenere l’idoneità dei piloti al volo. Occasionalmente, i piloti possono vedere gli AME come un “avversario” perché a volte nella mente di un pilota, l’obiettivo di un AME è impedirgli di volare. Questo atteggiamento va di pari passo con il vecchio obiettivo aeromedico di non permettere a nessuno di volare se viene a trovarsi in determinate condizioni di salute. Ora l’obiettivo è far volare il pilota se può farlo in sicurezza.

Queste dichiarazioni suggeriscono fortemente che la priorità della FAA è quella di “mantenere i piloti idonei al volo” se “possono farlo in sicurezza” – ignorando, tuttavia, che molte condizioni cardiache, come la miocardite, spesso non mostrano alcun sintomo fino a quando non si verifica un disastro.

  1. Perché la FAA e il DOT, insieme al DOJ [U.S. Department of Justice], dando ancora la priorità all’appello contro la decisione di annullare l’obbligo federale per indossare la mascherina di trasporto a scapito di questioni relative a piloti inidonei e piloti menomati da vaccino? Inoltre, perché la FAA e il DOT continuano a perseguire un obbligo di indossare la mascherina quando un numero crescente di studi e meta-studi, incluso uno pubblicato a gennaio dalla prestigiosa e rispettata Cochrane Review, ha scoperto che gli obblighi della mascherina “hanno fatto poca o nessuna differenza” nel rallentare la diffusione del COVID-19? — e anche alla luce dell’esempio della Svezia, un paese che ha evitato rigide contromisure COVID-19 come blocchi e mandati di mascherina, e che ha registrato tra i livelli più bassi di morti in eccesso a livello globale e molte meno morti COVID-19 per milione di persone rispetto al Stati Uniti e altri paesi con misure severe (tra cui Francia, Belgio, Italia, Argentina, Russia, Portogallo, Spagna)?
  2. La FAA risponderà alle richieste FOIA [Freedom of Information Act] di CHD, senza ritardi e redazioni inutili al di fuori dei confini di ciò che la legge prevede?

5462.- La politica di Washington fra Kiev, Cremlino, Pechino e Pyongyang, con l’ulivo in una mano e le bombe nell’altra.

Gli Stati Uniti controllano l’Europa: ora hanno piegato la Germania e vogliono piegare la Russia senza sparare un colpo. E, poi? Poi la Cina. Resta da capire quanto contino le Coree nei rapporti fra Stati Uniti e Cina e fra Cina e Federazione Russa.

I lanci di missili coreani di questo ottobre sono stati una risposta allo spostamento della portaerei nucleare statunitense “USS Ronald Reagan” nel Mare Orientale per un’esercitazione con la Marina sudcoreana

Secondo talune analisi, infatti, la supremazia cinese in Asia sarebbe messa in forse da una riunificazione delle due Coree, con il che assumerebbero un diverso significato la politica USA verso Pyongyang e quella guerresca di ‎Kim Jong-un. Abbiamo vari segnali che questa riunificazione possa essere perseguita. Ad esempio, la sorella di Kim Jong-un, Kim Yo-jong, ha detto che è “necessario accelerare l’unificazione delle due Coree”. Gli stessi inviti che Pyongyang rivolse al presidente Donald Trump indicano un cambiamento di passo della politica nordcoreana, sufficiente a frenare Pechino sulle possibilità di sostenere Mosca nei confronti di Washington. E, allora, quanto contano i lanci di missili balistici, dichiaratamente “Misure di contrasto giustificate”, che Kim Jong-un dirige attraverso il Mar del Giappone, reagendo alle esercitazioni congiunte fra Stati Uniti e Corea del Sud? E, i lanci di risposta di Seul? Sopratutto, esistono patti segreti fra Washington e Pechino e fra Washington e Pyongyang per tenere separate le Coree? Intanto, il Dipartimento di Stato gioca su più tavoli; denuncia la violazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu e fa sapere a Pyongyang che intende proseguire la via diplomatica e, perciò, aprire un dialogo.

Washington va al Cremlino con l’ulivo in una mano e le bombe nell’altra.