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6172.- Le mani di Meloni nelle nostre tasche

Il bollo dell’auto va pagato anche se si tiene il veicolo fermo in garage perché è una tassa sul possesso; ma, non basta. Ora, è fatto obbligo anche di assicurare le auto incidentate o, comunque, ferme in area privata; e non basta ancora: Ecco l’IVA al 22% sul Gas. Un altro colpo alle famiglie italiane. Silenzio!

Gas: torna l’Iva ordinaria. Costi in aumento del 13% per le famiglie

Gas: torna l’Iva ordinaria. Costi in aumento del 13% per le famiglie

 Da Finanza.com, di Pierpaolo Molinengo, 11 Gennaio 2024

Ad essere stati coinvolti nel passaggio dal mercato tutelato del gas al mercato liberosono qualcosa come 3,5 milioni di utenti. A renderlo noto è stata direttamente l’Arera, ossia l’Autorità Pubblica dell’Energia.

Complessivamente, in Italia, sono 6.027.000 gli utenti del mercato tutelato del gas, su una platea complessiva di 20.430.000. 2,5 milioni di questi sono delle famiglie vulnerabili.

Sono diverse le novità che vanno ad impattare direttamente sulla bolletta del gas proprio da questo mese di gennaio.

Le famiglie, dopo due anni di aliquota agevolata al 5%, si vedranno addebitare l’Iva ordinaria sulle forniture di gas.

Secondo una stima effettuata da Segugio.it l’imposta sul valore aggiunto ripristinato andrà ad impattare direttamente sulle finanze degli utenti causando un aumento del 13% della spesa, annullando l’effetto positivo del calo del prezzo all’ingrosso della materia prima avvenuto tra dicembre 2023 e gennaio 2024.

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Ma entriamo un po’ di più nel dettaglio.

Bolletta del gas: il passaggio al mercato libero

Stando a quanto reso noto direttamente all’Arera, ad essere stati coinvolti dal passaggio dal mercato tutelato al mercato libero sono 3,5 milioni di utenti.

In Italia, complessivamente parlando, ci sono 20.430.000 di utenti, dei quali 6.026.00 fanno parte del mercato tutelato, di questi:

  • 2,5 milioni rientrano tra i soggetti vulnerabili. Sono, in altre parole, in una situazione economica svantaggiata, malati, disabili o risiedono in zone disastrate o nelle isole che non sono interconnesse. O, più semplicemente, hanno più di 75 anni;
  • 3,5 milioni sono gli utenti considerati non vulnerabili.

I primi hanno la possibilità di continuare a rimanere all’interno del mercato tutelato: potranno beneficiare delle tariffe fissate dallo Stato.

I secondi, invece, sono passati al mercato libero, anche se potranno beneficiare delle tariffe Placet: un assaggio del mercato libero, ma sotto la tutela dell’Arera.

Torna l’Iva al 22% sul gas

Il mese di gennaio 2024 è caratterizzato non solo dalla fine del mercato tutelato del gas, ma anche dalla conclusione dell’aliquota dell’Iva agevolata al 5% sulle forniture.

Secondo una stima effettuata da Segugio.it, il ritorno dell’Iva nella misura ordinaria comporterà un aumento del 13% sui consumi medi delle famiglie, andando ad annullare completamente l’effetto positivo del calo del prezzo all’ingrosso del gas, che è avvenuto nel periodo compreso tra il mese di dicembre 2023 e quello di gennaio 2024.

L’Iva ordinaria è arrivata dopo un periodo di due anni nell’arco dei quali sono state introdotte alcune misure di sostegno per le famiglie.

Ricordiamo, infatti, che nel corso del quarto trimestre 2021, mentre arrivavano i primi segnali di una crisi che sarebbe peggiorata nel corso dei mesi seguenti e per tutto il 2022, attraverso il Decreto Taglia Bollette venne ridotta l’Iva al 5% per il gas.

L’agevolazione veniva garantita indipendentemente dagli scaglioni di consumo. L’Iva ridotta è andata, quindi, a sostituire quella ordinaria – pari al 10% fino a 480 Smc di consumo, che saliva al 22% oltre i 480 Smc e al superamento di alcune quote fisse – fino allo scorso mese di dicembre.

Ma il Governo Meloni non ha rinnovato l’agevolazione: a questo punto sulle bollette del gas verrà applicata l’aliquota ordinaria.

Continuando a rimanere fisse tutte le altre condizioni, Segugio ha messo in evidenza che l’Iva ordinaria comporterà una spesa maggiore del 13% per la famiglia tipo, con un consumo annuo pari a 1.400 Smc e con un’utenza attiva nel comune di Milano.

Su una famiglia con consumi ridotti – inferiori ai 400 Smc annui – l’impatto, ovviamente, è minore e si attesta su un +8%.

Situazione diversa, invece, per chi ha attivato una tariffa indicizzata al PSV.

In questo caso è possibile sfruttare, nel corso del primo mese del 2024, un prezzo più basso del gas:

l’indice del mercato all’ingrosso, infatti, è sceso da 45 centesimi a 38 centesimi per Smc, registrando un -15%.

In generale, il prezzo del gas per il 2024 è previsto attualmente a ridosso dei 40 centesimi per Smc, valore simile a luglio 2021, prima della crisi energetica –spiega Segugio.it -. Combinando l’effetto dell’IVA e il calo dei prezzi all’ingrosso, risulta che una famiglia tipo registrerà un rincaro della spesa del +6% (a parità di consumo) tra dicembre 2023 e gennaio 2024.

5495.- STRETTA ALLA CESSIONE DEI CREDITI FISCALI

UNA OPERAZIONE VERITÀ A BENEFICIO DEL SISTEMA

Centro Studi Livatino, MAR 3, 2023scrivania con calcolatrice e fogli di calcolo

Il decreto legge dell’16 febbraio 2023, n. 11, in materia di cessione di crediti d’imposta ai sensi dell’articolo 121 del d.l. n. 34/2020, pone fine ad alcune anomalie, di rilevante impatto sistematico, aperte dal Decreto Rilancio (d.l. n. 34/2020) e aggravate dai provvedimenti normativi successivi.

La prima anomalia cui il decreto pone fine è rappresentata dalla “trasformazione” di detrazioni fiscali in crediti d’imposta e alla conseguente cedibilità più o meno reiterabile degli stessi. Anomalia la cui sussistenza e necessità di correzione venne già a suo tempo segnalata, quando si evidenziò che “appare indubbia le necessità di razionalizzare il sistema sotto questo profilo, eliminando dall’innesto nell’IRPEF meccanismi agevolativi che, in verità, dovrebbero essere attuati mediante strumenti di finanza pubblica erogativa e non mediante detrazioni d’imposta” (cfr. F. Farri, Spunti di riflessione in tema di riforma dell’imposizione personale sul reddito e principi costituzionali, in Riv. telem. dir. trib., 2021, 2, 271).  

Tutte le misure contenute nell’articolo 119 e nell’articolo 121, comma 2 del d.l. n. 34/2020 sono nate  come detrazioni fiscali, ossia come somme che il contribuente ha diritto di scomputare dall’imposta sul reddito che dovrebbe versare se si limitasse ad applicare l’aliquota alla base imponibile.

Come tale, una detrazione fiscale è di per sé incedibile a terzi.

Il Decreto Rilancio del 2020, invece, ha provveduto a estrapolare la detrazione fiscale dal meccanismo applicativo dell’imposta sul reddito, isolarla da esso e “trasformarla” in credito d’imposta autonomo dalle vicende applicative dell’IRPEF, ossia in una sorta di contributo pubblico che, per sua natura, può essere ceduto a terzi e fatto circolare nell’ordinamento. A completamento dell’intervento, sono state fissate per la circolazione dei crediti d’imposta così “creati” regole diverse e particolarmente agevolate rispetto al regime ordinario fissato dalle leggi di contabilità pubblica (a cominciare dall’art. 69 del R.D. 2440/1923) ed è stata prevista in alcuni casi una moltiplicazione della misura della detrazione trasformata in “credito”, portata a importi finanche superiori alla spesa sostenuta (è il caso del “superbonus” del 110% di cui all’art. 119 del medesimo Decreto Rilancio n. 34/2020).

Tale manovra, oltre a essere criticabile al punto di vista “filosofico”, nella misura in cui conferisce a un istituto giuridico qualificazioni diverse da quelle che realmente gli si confanno, dà vita a un triplice snaturamento, peraltro non del tutto ignoto anche a istituti giuridici precedenti.

Anzitutto, vi è lo snaturamento dell’istituto giuridico di partenza, per le ragioni sopra esposte.

A un livello successivo, vi è una forma di snaturamento del sistema dell’imposta sul reddito: il passaggio della forma di valorizzazione degli oneri personali dal metodo della detrazione a quello del contributo pressoché integralmente acausale rispetto al contesto impositivo di partenza infligge, infatti, un radicale vulnus al carattere personale dell’imposta sul reddito e segna un esito radicale della concezione delle agevolazioni come tax expenditures, cioè come “spese pubbliche” di natura fiscale anziché come riduzioni del prelievo per tutelare determinati valori ordinamentali.

Correlativamente, vi è un terzo livello di snaturamento cui questa trasformazione dà corso, ed è quella attinente alle funzioni di fondo dei diversi comparti della finanza pubblica. Se il fine della trasformazione della detrazione in credito d’imposta è quello di consentire di far fruire del beneficio anche gli incapienti, ossia i soggetti che non pagano l’IRPEF ad esempio perché non titolari di redditi o titolari di redditi particolarmente bassi, tale beneficio non doveva essere veicolato tramite il sistema tributario, bensì trasparentemente tramite quello della finanza pubblica erogativa, ossia mediante contributi pubblici scissi rispetto al sistema tributario. Utilizzare uno strumento fiscale per consentire di far fruire di un beneficio a soggetti che da quel sistema tributario sono esclusi, come gli incapienti, costituisce una autentica contorsione logica, oltre che una potenziale forma di maquillage contabile i cui nodi sono venuti al pettine con il nuovo sistema di rilevazioni Eurostat del gennaio 2023, che ha equiparato i crediti fiscali circolabili a spesa pubblica, con conseguente attitudine a incrementare lo stock del debito pubblico.

Lo snellimento delle forme di circolazione di questi “crediti”, infine, ha dato vita a vendite a catena, talora a vere e proprie attività di trading, anche seriali su piattaforme on-line, con rischi elevati sul piano finanziario e della sostenibilità. L’eventuale insussistenza sostanziale del presupposto per fruire di tali crediti, che non si verifica soltanto in caso di frodi ma anche in ipotesi meno gravi non addebitabili a mala fede dei contribuenti, può infatti prestarsi a generare in queste condizioni effetti a catena sui cessionari e, infine, sui cessionari di ultima istanza, quasi sempre istituti bancari. Il rischio che proseguire con questo sistema potesse prima o dopo dar vita a una crisi del comparto bancario, in caso di crediti inesistenti, sul modello di quanto avvenuto negli Stati Uniti quindici anni fa con la crisi dei subprime, non può considerarsi remoto. Correlativamente, non può considerarsi remoto, ma anzi probabile, il rischio che prima o dopo abusi, frodi e incertezze applicative che il sistema può generare si traducano in consistenti aggravi per la finanza pubblica, costretta a ripianare le conseguenze dell’eventuale inesistenza di tali crediti per evitare impatti potenzialmente imponderabili sul sistema sociale ed economico. 

In questo contesto, il decreto legge n. 11/2023 ha compiuto una indispensabile “operazione di verità”, riportando i “crediti d’imposta” contemplati dal Decreto Rilancio alla loro vera natura di detrazioni fiscali, così impedendo la cessione di quello che cedibile, per natura, non è. “Operazione di verità” già segnalata come indispensabile nel momento in cui l’istituto si trovava in auge (cfr. F. Farri, op. cit., 271) e divenuta ormai improcrastinabile a fronte delle storture cui esso negli ultimi tempi aveva dato corso per autoalimentarsi.

Allo stesso tempo, si è premurato di garantire i legittimi interessi di cessionari e operatori.

Si è premurato, anzitutto, di garantire i cessionari, introducendo una norma che assicura l’esclusione di ogni loro forma di responsabilità colposa nel caso in cui abbiano ottenuto, dal cedente, una serie di documenti indicati dall’art. 1 del decreto, in buona parte peraltro coincidenti con quelli già richiesti dalla legge. Questo dovrebbe valere a escludere quegli effetti di ripercussione a catena degli effetti di eventuali frodi, di cui si è sopra detto, che avrebbe in ultimo potuto provocare conseguenze devastanti sul sistema creditizio. Di più, l’articolo 1 si è premurato di specificare che la documentazione indicata come garanzia di esonero da responsabilità colposa non dove considerarsi avere carattere tassativo e, pertanto, il non possederne parte non costituisce da solo indice di responsabilità del cessionario. Tale assunto costituisce esplicitazione di un principio, di particolare importanza per i contribuenti, non sempre debitamente valorizzato in sede applicativa da parte degli enti impositori, che tendono a rinvenire la responsabilità di un soggetto nel sol fatto di non essere in possesso di determinata documentazione. Risulta, correlativamente, ribadito il principio generale, già desumibile dall’ordinamento e da ultimo ribadito dall’art. 7, comma 5-bis del d.lgs. n. 546/1992, come introdotto dalla L. n. 130/2022, per cui la prova del concorso del cessionario nella frode è onere che deve essere soddisfatto, in positivo, dall’ente impositore che intenda contestare la corresponsabilità in solido del cessionario. Presidii, questi, di assoluta garanzia per i cessionari, ai quali è stato chiarito che soltanto nei casi di reali concorsi nelle frodi perpetrate a monte della cessione possono essere destinatari della richiesta di restituzione delle somme corrispondenti al credito inesistente.

Per quanto attiene agli operatori, il comma 2 dell’art. 2 del decreto si premura di precisare che, per gli interventi già avviati, rimane fermo il regime di cedibilità precedentemente in essere. Il principio sotteso a questa norma vale a garantire adeguatamente la certezza degli operatori e garantisce che gli interventi già avviati possano essere conclusi secondo il piano originario anche sotto il profilo finanziario. In particolare, dalla norma discende che è garantita l’applicabilità degli istituti della cessione del credito e degli sconti in fattura non soltanto per i casi in cui il pagamento sia già avvenuto, ma anche in quelli per i quali il pagamento non sia ancora avvenuto in tutto o in parte (si pensi alle ipotesi dei crediti ceduti per stato di avanzamento lavori), ma il progetto sia già ufficializzato.

Come ogni norma, anche quelle del d.l. 11/2023 sono tecnicamente perfettibili e lo spazio lasciato dalla conversione parlamentare del decreto o da eventuali altri interventi in via d’urgenza potrà senz’altro essere adoperato utilmente a tal fine. Ciò, in particolare, per precisare opportunamente il principio di salvaguardia degli interventi già iniziati, tenendo conto ad esempio di situazioni peculiari come quelle degli interventi per i quali non sia necessaria la formalizzazione di titoli edilizi, nonché per tutelare la situazione degli incapienti, tra cui Onlus ed enti del terzo settore, che con il ripristino dell’originaria natura delle detrazioni tornano ad essere di fatto esclusi dalla fruibilità del beneficio, ciò che potrebbe rendere opportuna per il futuro l’introduzione di misure erogative positive ad hoc. Sarà indispensabile, inoltre e in prospettiva, la configurazione di un quadro organico e appropriato di politica fiscale di incentivazione degli investimenti nell’efficientamento energetico e sismico degli edifici, che dia certezza agli operatori e alla stessa finanza pubblica. Ma l’opera di “ritorno alla realtà” giuridica che il decreto n. 11/2023 ha realizzato è un primo passo che non può che essere accolto positivamente, come merita ogni operazione di verità.  

Francesco Farri

4474.- E dai con la casa!! La ripresa si finanzia con il cervello, non con le tasse!

Per Draghi, la questione non è di saper fare il dittatore, ma di doversi confrontare con un Parlamento che rappresenta bene soltanto i casi suoi. Esattamente il Parlamento mantenuto in carica dal signor Presidente della Repubblica. A questo punto delle cose, è sciocco parlare di Sinistra, di Centro Destra, di maggioranza (quella aritmetica non è una maggioranza politica) e di opposizione, di deleghe al governo e di delega fiscale, perché il dittatore, pardon il signor Presidente del Consiglio fa come cacchio gli pare e tutti questi istituti hanno un valore se promanano da e si applicano in una democrazia. Ridicoli, poi, i dibattiti sulle scalate al Quirinale di chi e come. Se “fate come ve pare”, alla fine, di chi si imbozza nel castello “ce ne pò frega de meno”. Quasi tutte le tasse e quelle sulla casa già in proprietà in particolare, sostanziano una doppia imposizione fiscale. Il problema successivo è come vengono spese le risorse ricavate da questa imposizione. Non guardo soltanto ai redditi elemosinali dispensati ai beneficati giunti da tutto il mondo o a quelli per i quali la Costituzione sanciva il diritto al Lavoro, ai costi assurdi della politica. Guardiamo a cosa offre lo Stato in termini di servizi e di loro qualità, a partire dalla magistratura cosiddetta del rinvio e delle prescrizioni honoris causa, alla salute, che stiamo misurando. E vengono a mente lo scandalo del fratellino di Alfano, lo scandalo C.S.M.: Eversione! questo delle mascherine farlocche, dove, mentre gli italiani crepavano, come e perché, abbiamo visto un tale chiamato dal mainstream “i politici” (altro che “il Milite Ignoto”), ma che abbiamo visto al governo per anni, fare da mediatore in una fornitura miliardaria ed essere ricompensato dalla Cina, si dice, con 70 milioni. Così, per esempio. A questi scandali, ormai, giriamo il naso come per una flatulenza del vicino, perché, come per consuetudine, la parola scandalo si traduce in “tarallucci e vino”, quindi, in “denunciato?? Come fosse autorizzato!” Resta, tuttavia, il costo spropositato dello Stato in cui il vero dittatore non è quel pover’uomo che cerca di fare come lui sa, al meglio, ma è proprio l’inefficienza e la mancanza di amore per la cosa comune e per questo popolo meraviglioso: vero signor “I politici”?

La riforma del catasto arriva in Parlamento, si materializza la patrimoniale sulla casa

Da Il Secolo d’Italia, giovedì 28 Ottobre 9:30 – di Mia Fenice

riforma del catasto
Alta tensione nel governo: Draghi tira dritto sulla riforma del catasto. Fai strilla, Berlusconi pensa al Quirinale e la Lega diserta il Cdm; ma già si prefigura la battaglia inutile sulla prima casa.

Con la riforma del catasto c’è ben poco da stare tranquilli. All’orizzonte si allunga minacciosa per gli italiani l’ombra di una stangata fiscale che ha le caratteristiche di una vera e propria patrimoniale. È il disegno di legge che contiene la delega al governo per la riforma delle imposte dirette e indirette e per la revisione degli strumenti di mappatura degli immobilie la revisione del catasto dei fabbricati. Ovvero la delega fiscale. Il documento che elenca gli obiettivi da raggiungere entro il 2026 è arrivato in Parlamento e ora verrà assegnato alle commissioni competenti. Ma il Parlamento ha pochi margini di manovra. Il provvedimento contiene dieci articoli.

A dire “no” e a parlare di una «patrimoniale occulta sulla casa, alla quale sta tramando il “Governo dei migliori» era stata a settembre la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. «L’aggiornamento delle rendite catastali – aveva scritto su Fb – di cui si parla sempre più insistentemente, rischia di diventare per gli italiani una tassa carissima e inaccettabile tanto più in questo momento di terribile crisi economica». La leader di FdI aveva poi sottolineato: «Cosa significa in concreto rivedere le rendite? Significa aumentare considerevolmente il valore presunto dell’immobile e quindi l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria, l’imposta catastale, l’imposta di successione e l’Imu».

Riforma del catasto, l’articolo 6 della legge delega

Parole che trovano conferma. Come riporta La Verità a preoccupare è l’articolo 6, “Modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e revisione del catasto dei fabbricati”. In particolare – scrive il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro – si legge nel testo, si prevede «la integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati, in tutto il territorio nazionale, da rendere disponibile a decorrere dal 1° gennaio 2026». Il catasto dovrà «attribuire a ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale, secondo la normativa vigente, anche il relativo valore patrimoniale e una rendita annualizzata in base ai valori normali espressi dal mercato». Inoltre, la legge contiene «la previsione di meccanismi di adeguamento periodico dei valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari urbane, in relazione alla modificazione delle condizioni del mercato di riferimento».

Il valore catastale degli immobili

Che cosa significa? «Il gioco è fatto – scrive La Verità – si introduce la possibilità per l’Erario di non tener più conto, quando si tratta di valutare il reddito dei cittadini, del valore catastale degli immobili, ma si potrà invece calcolare tale reddito, con tutte le imposte a esso collegate, sul valore di mercato. Una volta completato l’aggiornamento del catasto ad esempio, l’Imu potrà essere applicata direttamente al valore patrimoniale della casa, del fabbricato o del terreno».

Come aumentano le imposte

In sostanza vedremo innalzare le imposte di registro, ipotecarie e tutte le imposte catastali, «poiché l’Imu diventerà una vera e propria patrimoniale da pagare ogni anno». Un quadro tutt’altro che rassicurante. «Il valore di mercato delle nostre case verrà calcolato 0 scrive ancora il quotidiano – incrociando una serie di banche dati, dalla zona in cui si trova l’immobile a eventuali lavori di ristrutturazione effettuati, dalla eventuale riqualificazione degli spazi comuni e quella delle strade circostanti, e naturalmente dai prezzi degli immobili della stessa zona venduti e acquistati. Non solo: anche l’aver usufruito del bonus per il rifacimento delle facciate potrà rientrare nei parametri in base ai quali l’erario calcolerà il valore di mercato degli immobili, per poi castigare gli italiani con la patrimoniale mascherata».

Confedilizia: «L’urgenza non è la riforma del catasto ma la riduzione dell’Imu»

Una riforma che preoccupa anche Confedilizia. «Se c’è un’urgenza, quella non è la riforma del catasto, che ha già creato un effetto depressivo sul mercato immobiliare, ma la riduzione della patrimoniale sugli immobili, l’Imu», scrive in una nota Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia. «Al suo interno – ricorda – c’è la revisione del catasto, che proprio il Parlamento aveva escluso dal documento di indirizzo approvato lo scorso 30 giugno, sul quale l’esecutivo si era impegnato, anche nella Nadef licenziata pochi giorni fa, a fondare il proprio testo».

Quanto ha pesato l’Imu

Quanto all’Imu, ribadisce il presidente dell’associazione, «nei suoi dieci anni di vita ha pesato per 230 miliardi di euro su famiglie e imprese, determinando una caduta progressiva del valore del risparmio che tanti italiani avevano investito, così ripagati, nel loro Paese». Mentre «per quanto riguarda la delega, siamo interessati anche a sapere quale sarà il futuro della tassazione dei redditi da locazione: la priorità, vista la drammatica crisi del commercio, sarebbe l’estensione agli affitti non abitativi della cedolare secca vigente per il residenziale, ma anche in questo campo si registrano spinte di ben diversa natura».

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Quando sarà, sarà, ma si pagherà di più perché lo vuole il Recovery fund, lo vuole l’Europa, “la quale – è bene evidenziarlo – nei suoi documenti indica espressamente l’aumento della tassazione sugli immobili quale obiettivo dell’aggiornamento degli estimi catastali da essa richiesto. È chiaro il finale del film?” E, allora, chi sono quei geni che plaudono e votano gli artefici di questa fregatura: l’ex ministro e candidato sindaco Roberto Gualtieri? Con o senza 5 stelle, il masochismo degli elettori del PD è senza fine.

Perché Confedilizia contesta l’intervento della delega fiscale sul catasto

da Start Magazine

Catasto

di Giorgio Spaziani Testa, Start Magazine

“Le misure di cui il settore immobiliare ha urgente bisogno sono ben altre, in primis una riduzione dell’imposizione patrimoniale, triplicata dal 2012, e adeguati sgravi per gli affitti commerciali”. L’intervento di Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia

Oggi il Governo ha incluso nel disegno di legge delega sulla riforma fiscale anche un intervento sul catasto.

La prima considerazione da fare è che questa scelta si pone in palese contraddizione con un documento approvato solo la settimana scorsa dal Consiglio dei ministri, la Nadef. In esso, infatti, si legge che la riforma fiscale deve avere come base la relazione di indirizzo approvata dalle Commissioni Finanze del Senato e della Camera lo scorso 30 giugno. Ma in tale testo le forze di maggioranza convennero – dopo un lungo ciclo di audizioni e un ampio confronto fra i partiti – di non inserire un invito ad intervenire sul catasto; era infatti risultata minoritaria la posizione favorevole a includere tale indicazione. La decisione del Parlamento, pertanto, risulterebbe clamorosamente calpestata.

La seconda osservazione è anch’essa di natura politica. Ben due partiti di maggioranza – Lega e Forza Italia – si sono dichiarati fino a ieri sera contrari a qualsiasi ipotesi di intervento sul catasto. Logica vorrebbe, dunque, che queste forze agissero in modo conseguente in seno all’Esecutivo, impedendo tale esito (che vede la netta contrarietà, oltre che di Confedilizia, di Confcommercio e di tutte le associazioni degli agenti immobiliari).

Nel merito, in assenza di indicazioni precise, poco può essere detto, se non commentare le dichiarazioni rilasciate dal Presidente del Consiglio in conferenza stampa qualche giorno fa. Due, in particolare.

La prima è quella secondo la quale «nessuno pagherà di più e nessuno pagherà di meno». Che cosa vuol dire? Rivedere gli estimi catastali e ottenere quel risultato è, evidentemente, impossibile, anche considerati i diversi tributi interessati (Imu, Irpef, imposta di registro, imposta di successione), oltre ai parametri Isee per le prestazioni sociali. Significa, allora, che il nuovo catasto non si applicherà subito? Se il senso dell’affermazione è questo, è evidente che l’appuntamento con i rialzi – prima casa inclusa – è solo rinviato.

L’altra affermazione è quella che si tratterà di «una delega molto generale, che prepara il contesto per i futuri decreti delegati, che sono quelli dove si farà la riforma del fisco». Nulla di più preoccupante. Come è evidente a chiunque, infatti, più la delega è «generale», maggiore è la libertà che il Governo (leggasi Agenzia delle entrate) potrà avere in sede di predisposizione dei decreti delegati. E il Parlamento che ci sta a fare?

Le misure di cui il settore immobiliare ha urgente bisogno sono ben altre, in primis una riduzione dell’imposizione patrimoniale, triplicata dal 2012, e adeguati sgravi per gli affitti commerciali. Ma da un mese a questa parte si parla solo di catasto e della necessità di dare seguito alle richieste della Commissione europea. La quale – è bene evidenziarlo – nei suoi documenti indica espressamente l’aumento della tassazione sugli immobili quale obiettivo dell’aggiornamento degli estimi catastali da essa richiesto. È chiaro il finale del film?

4384.- “Non è una, è tutta una patrimoniale” e la Costituzione è sospesa.

Un passo indietro. Avere rinunciato a remunerare il risparmio privato con rendimenti appetibili certi e garantendo alla scadenza le somme impegnate per incentivare gli investimenti volontari nelle imprese che creano lavoro, ci ha impedito di produrre da soli la crescita del reddito, dell’occupazione e del benessere sociale. Ha reso necessario legarsi mani e piedi alla Commissione europea con il Recovery Fund, la grande vittoria di Mattarella, dei suoi Presidenti del Consiglio e non solo. I romani sembrano aver dimenticato che l’attuale candidato sindaco della capitale Roberto Gualtieri, da ministro dell’Economia condivideva le posizioni del commissario Ue, Paolo Gentiloni (girano sempre gli stessi), sull’esigenza di snellire la gestione dei progetti per ottenere il Recovery Fund.

gualtieri recovery fund task force
© Cristiano Minichiello/AGF – Roberto Gualtieri

“Se non facciamo le opere e gli investimenti nei tempi e secondo i criteri indicati, non è che riceviamo i soldi in ritardo. Li perdiamo proprio”, diceva Gualtieri. Alcune cifre: Per l’Italia, il Recovery Fund significa 208,8 miliardi, di cui 127,7 di prestiti da restituire e 45-55 che ci versiamo noi; quindi, in pratica parliamo di 26-31 miliardi (36 per alcuni). Tragici buffoni! Vedremo presto quanto costerà rispettare tutte le condizioni della Commissione. Altro che patrimoniale! Intanto, la Lega torna ad attaccare il governo, con la ferma intenzione di restarci. Oggi, i romani della sinistra, che sinistra più non è, dimenticano che per accedere alle risorse del Recovery Fund, l’Italia dovrà rispettare 528 condizioni e, immemori, meditano di far convergere su Gualtieri i voti dati a Calenda al primo turno. Facciamo gli auguri a Enrico Michetti, sopratutto dopo l’ennesimo incendio ai depositi degli autobus romani. Si dice che i Casamonica siano seduti sulle scale del Campidoglio in trepida attesa.

“È una patrimoniale“. Salvini alza i toni contro il governo

6 Ottobre 2021 – 12:00

Il leader torna ad attaccare il governo: “La Lega è dentro, se vogliono escono Letta e Conte”. Molinari: “Crisi di governo? Ora tocca a noi decidere cosa fare”. Bagnai alza il tiro: “Così è difficile stare in maggioranza”.

"La delega fiscale è una patrimoniale". Salvini alza i toni contro il governo

A poche ore dal primo turno delle elezioni amministrative piombano sul governo le nuvole di uno scossone politico.

Nel pomeriggio di ieri 5 ottobre è andato in scena un “gesto serio” da parte della Lega, i cui esponenti hanno deciso di non prendere parte al Consiglio dei ministri chiamato ad approvare la legge di delega sul Fisco. Una mossa forte che non ha lasciato indifferenti gli alleati di maggioranza, con Enrico Letta che ha subito riunito i ministri del Pd, i vicesegretari e i capogruppo per valutare “l’ennesimo strappo” del Carroccio. Ma da via Bellerio c’è un forte sospetto: per caso qualcuno vuole la Lega fuori dal governo?

Nel frattempo Matteo Salvini è tornato a tuonare. Il segretario leghista non firmerà alcuna delega in bianco poiché, a suo giudizio, “c’è sostanzialmente una patrimoniale su un bene già tassato e ipertassato, ovvero la casa italiana”. Il suo auspicio è che il Parlamento modifichi alcuni passaggi critici, togliendo “qualsiasi ipotesi di riforma del catasto e di patrimoniale sulla casa”. Quanto a una possibile crisi di governo, Salvini ha rigettato la possibilità di uscire dalla maggioranza: “Noi siamo dentro. Se vogliono escono Letta e Conte”.

La Lega alza i toni

Non si nasconde neanche il leghista Riccardo Molinari, il quale ha denunciato un fatto che ritiene gravissimo: l’esecutivo ha approvato un documento “che contraddice quanto concordato in sede politica e deciso pochi mesi fa dalla commissione Finanze”. Perciò viene considerato un vero e proprio “tradimento nei confronti del Parlamento”.Le ore di tensione tra la Lega e Draghi: ecco cos’è successo in Cdm

Il capogruppo del Carroccio alla Camera, nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha fatto notare con una certa irritazione che quello del governo “non è stato un gesto molto amichevole”. Effettivamente alla fine il testo è stato approvato anche senza la Lega, che ritiene di aver fornito una serie di indicazioni e obiezioni terminata poi nel dimenticatoio. Non a caso lo si giudica come un fatto “molto grave”, una decisione “molto rilevante” dal punto di vista politico.

L’ombra di una crisi di governo

Un precedente che, insegna la storia, solitamente avrebbe spalancato le porte a una crisi di governo. Va però osservato che si tratta di un governo nato per fronteggiare l’emergenza Coronavirus in periodo di pandemia. Comunque Molinari non giustifica un “certo modo di procedere” che da eccezione sta diventando sempre più una costante. “Forse non si apre una crisi perché chi sta al governo pensa di poter fare tranquillamente a meno di noi”, è il sospetto del leghista.

Ieri Salvini aveva provato a ridimensionare i toni, specificando che “non è uno strappo”. Ma dagli ambienti di via Bellerio si teme che qualcuno stia spingendo affinché la Lega sia fatta fuori dall’esecutivo. L’intento è quello di restare in maggioranza, ma viene fatto notare che “ci stanno accompagnando alla porta”. L’avvertimento lanciato da Molinari ai compagni di governo è chiarissimo: “A questo punto tocca a noi decidere cosa fare”.

Nel Consiglio dei ministri di ieri si era capito da subito che più di qualcosa non stesse andando per il verso giusto. La delegazione leghista ha prima lasciato la cabina di regia e poi ha disertato il Cdm. Massimo Garavaglia e Giancarlo Giorgetti hanno intuito che non ci fossero i margini di mediazione. Ma Draghi non ha voluto polemizzare e ha tirato dritto.

Bagnai non ci sta: “Trattati da opposizione”

È evidente che gli animi si fanno sempre più accesi, anche perché con il passare dei giorni – e con un occhio sempre verso i turni di ballottaggio – ci si chiederà ancora se alla Lega convenga effettivamente continuare a sostenere Mario Draghi. Intanto il senatore Alberto Bagnai ha chiaramente rilevato che “è un po’ difficile stare in maggioranza essendo trattati come se si fosse opposizione”.

L’affondo di Letta

Questa mattina invece Enrico Letta del Partito democratico ha ribaltato le accuse, imputando a Salvini un piano disfattista: “Vuole far saltare il banco. Il suo strappo è gravissimo e irresponsabile”. Il numero uno del Pd ritiene che Salvini abbia usato toni esagerati e pesanti all’indirizzo del presidente Draghi: “Gli ha dato del bugiardo e chiede agli italiani di scegliere tra lui e Draghi”. La galassia dem si compatta dunque attorno al premier. Visto da diversi come un “atto ruffiano” mentre si incrociano le dita per tentare di spazzare via la Lega dal governo.
Luca Sablone, Il Giornale.it

Intanto, qualcosa si è ottenuto, ma è poco.

Rinviata al 2026 la stangata del Catasto. Il valore delle case lo farà il mercato. Da subito saranno adeguati gli edifici abusivi e non censiti. La promessa: “Nessuno pagherà di più”. Devo intendere “Nessuno pagherà di più del suo valore”, ma chi e come lo si stabilirà non può essere oggetto di una delega in bianco.

Fonte Antonio Troise

Una paginetta nel cuore della legge delega sulla riforma del fisco approvata ieri dal Consiglio dei ministri. La riforma del catasto si farà. Con tempi medio-lunghi e, soprattutto, senza nessun impatto – almeno nell’immediato – sulle tasche dei proprietari di immobili. Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, anche questa volta, ha confermato il suo metodo di governo: ascoltare i partiti ma poi decidere. Così, nonostante i mal di pancia dell’alleato leghista, dopo 25 anni di tentativi andati a vuoto, il catasto si avvia a cambiare pelle, al momento, con questi criteri. 

L’indicazione dei vani catastali lascerebbe lo spazio ai metri quadrati. Il valore di reddito potrebbe essere affiancato da quello medio di mercato, le molte categorie catastali potrebbero essere drasticamente semplificate, fino al punto di cancellare la separazione tra case popolari e di lusso. Secondo l’astioso modo di legiferare di stampo comunista, a fare la differenza potrebbe invece essere la fattura e tipologia edilizia, l’affaccio, l’«intorno», i servizi. Quindi, attenzione a seminare fiori, abbellimenti ed anche ai Comuni che non introducano attorno a voi elementi di pregio. Interessante sarebbe conoscere le procedure nei casi opposti di deterioramento, di degrado, anche del quartiere. Ma, per fortuna, per tutto questo servirà tempo.

Le nostre considerazioni

Alla riunione per approvare il disegno di legge delega per la riforma fiscale non hanno partecipato i ministri della Lega. Nel corso della cabina di regia, che ha preceduto il Consiglio dei ministri, il ministro del Turismo Massimo Garavaglia, avrebbe infatti chiesto tempo per approfondire il testo, lasciando la riunione. Ministro Garavaglia, il testo di una legge così importante doveva essere conosciuto a memoria ed essere stato valutato, a prescindere da elezioni o altri fatti concomitanti.

La riforma del catasto si deve fare e si farà, ma senza deleghe in bianco “a chi” oggi non si può sapere e senza criteri già vincolanti. È giusto che case accatastate, illo tempore, come popolari e, oggi, in pieni centri storici vedano rivalutate le loro rendite. É ingiusto che si passi dal computo dei vani a quello dei metri quadri e ben potete immaginare cosa significherebbe per i proprietari dei centri storici e delle vecchie case, ovunque queste si trovino, dove, tra corridoi, passaggi e scale, la superficie raddoppia e sono già difficili da mantenere. Pensiamo ai criteri di costruzione, alle superfetazioni che non tenevano conto delle metrature. Pensiamo che, legate alle rendite catastali, ci sono, per esempio, le imposte di registro, le tasse di successione e l’Iva, ma anche la Tari, la tariffa sui rifiuti, la cui aliquota è fissata dai comuni e non dal governo centrale. Pensiamo alle svendite coatte e agli acquisti a man bassa dei soggetti sopratutto stranieri. Pensiamo al dramma degli anziani che si vedranno costretti a migrare dai loro quartieri e anche ai titolari di quelle attività dei centri storici che non vedranno più una buona parte della loro clientela. Desertifichiamo i centri storici? Bisognerà pensare a dei correttivi e non è difficile.

Concludendo, premesso che non credo a una crisi di Governo creata dalla Lega, prima della riforma del Catasto, vedrei giusto un abbassamento del carico fiscale su un bene di assoluta necessità, già pagato e strapagato e con relative tassazioni. Quindi, un sì a un impegno programmatico alla riforma del Catasto, ma senza deleghe, lasciando che l’indicazione dei vani catastali sia sostituita da quella dei metri quadrati, soltanto per le costruzioni a partire da un certo anno e fatte salve le costruzioni coloniche. S’intende, se lo vuole l’Europa!

4375.- E ora arriva la riforma del catasto, Draghi vuole carta bianca: non sappiamo come, ma tira aria di fregatura

“C’è nessun altro?” Draghi si impegna a non cambiare il carico fiscale, ma l’aumento delle rendite catastali non significa solo l’aumento dell’Imu. Legate alle rendite catastali ci sono, per esempio, le imposte di registro, le tasse di successione e l’Iva, ma anche la Tari, la tariffa sui rifiuti, la cui aliquota è fissata dai comuni e non dal governo centrale. Ricordiamo che la riforma vuole che si passi dal computo dei vani a quello dei metri quadri e ben potete immaginare cosa significherà per i proprietari dei centri storici e delle vecchie case, ovunque si trovino, dove tra corridoi, passaggi e scale la superficie raddoppia e sono già difficili da mantenere. Pensiamo al dramma degli anziani costretti a migrare dai loro quartieri e anche ai titolari di quelle attività dei centri storici che non vedranno più una buona parte della loro clientela. Ne abbiamo piene le scatole di governi ostili, di presidenti di questo e di quello, grazie ai quali sono anni che le nostre tasche sono sempre più vuote, quando “perché lo vuole l’Europa”, quando per la solidarietà, per il costo del petrolio e quando gli pare. Pensate alle pensioni mai più rivalutate. Se, però, la riforma del catasto non cambierà proprio nulla per nessuno, caro Presidente, perché farla? Repetita iuvant: “Per accedere alle risorse del Recovery Fund, l’Italia dovrà rispettare 528 condizioni: peggio del Trattato di Pace. Ecco, allora, che lo Stato cercherà di tassare gli immobili e drenare una parte del risparmio privato per aumentare il livello degli investimenti pubblici, senza dovere appesantire il debito”.

 di Federico Punzi, in Politica, Atlantico Quotidiano, del 

Certo, dopo 20 mesi di pandemia in cui una larga maggioranza di italiani ha imparato a convivere, senza farsi troppe domande, con forti limitazioni delle libertà personali supportate da motivazioni spesso illogiche – frastornata e spaventata com’era, e com’è, da una tempesta quotidiana di dati, da un flusso continuo di informazioni (o disinformazioni) contraddittorie, il tutto confezionato con toni apocalittici e aggressivi nei confronti del minimo dissenso – si può ritenere che l’opinione pubblica sia addomesticata o rassegnata a tal punto da accogliere come male necessario qualsiasi provvedimento governativo e bersi qualsiasi supercazzola come giustificazione.

Eppure, se per contrastare un virus inafferrabile l’atteggiamento prevalente è stato quello di consegnarsi nelle mani della “Scienza” (o meglio di chi parla in suo nome e la invoca per far credere che non vi siano alternative a decisioni in realtà politiche, discrezionali), sebbene spesso la direzione apparisse tutt’altro che chiara, vogliamo ancora credere che quando si comincia a parlare di tasse, e in particolare di tasse sulla casa, occhi e orecchie si facciano più vigili e gli italiani siano più propensi a ragionare con la ferrea logica del loro portafogli.

Parliamo della annunciata riforma del catasto. Nonostante il Parlamento abbia espresso la sua contrarietà, escludendo il catasto dalla relazione finale approvata a giugno scorso sulla riforma fiscale, ieri in conferenza stampa il presidente del Consiglio Draghi ha confermato le indiscrezioni che ormai si susseguivano di settimana in settimana: la riforma del catasto si farà e chi in questi mesi ha creduto che la volontà espressa dal Parlamento fosse una sufficiente polizza di assicurazione se ne dovrà fare una ragione (personalmente, agli amici con i quali mi confronto ho sempre detto che valeva zero e che la riforma si sarebbe fatta).

Ieri, 30 settembre Draghi ha assicurato che “il governo vuole fare una operazione trasparenza, determinare le rendite attuali, e si impegna a non cambiare il carico fiscale”. Nonostante la revisione delle rendite catastali, ha specificato, “tutti pagheranno la stessa cosa di prima, nessuno pagherà di più e nessuno pagherà di meno”. Qui, almeno a parole, siamo ben oltre l’invarianza di gettito, che significa che qualcuno andrebbe a pagare di più e qualcuno meno, a gettito appunto invariato: nessuno pagherà di più, dice Draghi.

Un esito “oggettivamente impossibile”, secondo il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa.

E poi, ammesso che mantenga davvero l’impegno, se non cambierà proprio nulla per nessuno, perché farla? Ci torneremo.

Parlando della delega fiscale che dovrebbe arrivare in Parlamento la prossima settimana, Draghi ha anticipato che sarà una “delega molto generale che prepara il contesto per i futuri decreti delegati che sono quelli di riforma del fisco”.

Nelle sue intenzioni parole che dovrebbero suonare come rassicuranti, ma che invece fanno venire i brividi: non mancherà nero su bianco l’ambigua formuletta “a parità di gettito” riguardo il catasto, ma temiamo che una delega “molto generale” significhi di fatto carta bianca al governo (o ai governi). E abbiamo visto cosa è accaduto quando il governo Conte si è dato “pieni poteri” con il decreto del febbraio 2020, in pratica una delega in bianco a governare l’emergenza Covid e restringere libertà fondamentali a colpi di Dpcm (nemmeno impugnabili davanti alla Consulta).

Quindi no, meno generale e più stringente è la delega, meglio è, perché poi sarà molto difficile correggere i decreti delegati in Parlamento. Anche perché non sappiamo quali governi e maggioranze parlamentari ci aspettano. Potrebbero approfittare delle aumentate rendite catastali per nuove patrimoniali e potrebbe persino non essere il governo Draghi ad attuare la delega.

Ma i partiti del sedicente centrodestra che fanno parte della maggioranza e che si sono sempre detti contrari a qualsiasi intervento sulle rendite catastali, sbandierando il documento parlamentare già ricordato, cosa dicono? Come hanno reagito?

Alcuni ministri di Forza Italia avevano già aperto nei giorni scorsi all’ipotesi, purché “a invarianza di gettito”, una condizione tecnicamente molto difficile da realizzare, quando non una mera foglia di fico (invarianza di gettito complessiva?).

Ora, già ci pare di sentirli mentre ci spiegano che hanno evitato il peggio e tentano di giustificare l’ennesimo boccone amaro: “siamo soddisfatti delle rassicurazioni che ci ha fornito il presidente Draghi”; “abbiamo scongiurato la patrimoniale della sinistra”; “se non c’eravamo noi al governo arrivava una mazzata”; “eh ma non possiamo rischiare di perdere i fondi del Pnrr… le riforme, ce la chiede l’Europa” etc etc).

In serata, dopo le parole di Draghi, siamo già passati da “non voteremo mai una riforma del catasto” a “non voteremo un aumento delle tasse sulla casa” (che infatti non aumenteranno, aumenterà la base imponibile). E siamo solo all’inizio…

La realtà è che quando si sta in un governo per mera sopravvivenza, per paura del voto (Forza Italia), o nella convinzione che dal sostegno a Draghi possa arrivare la patente di forza moderata ed europeista, quella legittimazione a governare che mancherebbe (Lega), si finisce per perdere ogni riferimento, per farsi trasportare dall’inerzia. Non ci sono linee rosse oltrepassate le quali si saluta e si pone fine all’esperienza di governo: e ha senso che sia così, perché in quel preciso istante verrebbe dilapidato tutto il capitale politico che si crede di aver accumulato sostenendo Draghi.

Ora, imprenditori ed elettori di area centrodestra potranno anche essersi convinti che l’obbligo di Green Pass sia uno “strumento di libertà”, che l’unica alternativa fossero le chiusure (sebbene ciò sembri valere solo in Italia, mentre ovunque si riapre tutto senza pass sanitari obbligatori), ma quando ci si avvicina alle loro tasche potrebbero essere più sospettosi e meno disposti a sopportare.

Non sappiamo dove sia il trucco, ma ne abbiamo viste troppe ormai per non supporre che da qualche parte ci sia.

Una prima ipotesi è che si prepari il terreno per aumenti futuri, avvicinando le rendite catastali ai valori di mercato o agganciandole al suo andamento (in modo che aumentino automaticamente, senza necessità di intervenire) e superando il sistema farraginoso dei coefficienti decisi a tavolino. Oppure, saranno penalizzate solo le seconde case con la scusa che non sono bene “primario” e spesso sono pure sfitte.

In ogni caso, bisogna tenere presente che l’aumento delle rendite catastali non significa solo l’aumento della tassa sulla casa a cui tutti pensiamo, cioè l’Imu. Legate alle rendite catastali ci sono, per esempio, le imposte di registro, le tasse di successione e l’Iva, ma anche la Tari, la tariffa sui rifiuti, la cui aliquota è fissata dai comuni e non dal governo centrale.

Una provocazione: se la rendita catastale deve aumentare in modo che rispecchi il presunto valore di mercato, allora lo Stato non avrà problemi ad acquistare a quel valore gli immobili che i proprietari decideranno di vendere non riuscendo più a mantenerli per il peso delle tasse. Sarebbe un’ingiustizia, infatti, dover mettere in vendita una seconda casa perché qualcuno dietro la scrivania di un ufficio statale ha deciso che vale “X” per poi scoprire di doverla svendere a “X” -20%…

Una cosa è certa, solo a parlarne si frena il mercato immobiliare e il settore dell’edilizia. A pensar male, si potrebbe sospettare un secondo fine: porre un freno all’inflazione. Se poi dovessero materializzarsi degli aumenti, provocando come nel 2012 una valanga di immobili sul mercato in poco tempo, sarebbe un salasso paragonabile alla “cura Monti”, da cui i valori immobiliari hanno appena iniziato a riprendersi.

Non lo sappiamo, davvero, staremo a vedere. Ma da un presidente del Consiglio che per giustificare l’estensione abnorme dell’obbligo di Green Pass è stato capace di sostenere che “dà la garanzia di trovarsi tra persone non contagiose”, ci aspettiamo di tutto. E da chi ha già calato le brache su tutto, non ci aspettiamo nulla.

4373.- Ecco la riforma del catasto dettata dalla Commissione europea

La casa è l’investimento delle famiglie italiane per tradizione e il 72,9% ne sono proprietari. Un rapporto della Banca d’Italia dice che i proprietari immobiliari in Italia sono 25.500.000: di questi, 1.400.000 hanno un reddito superiore a 55 mila euro, e, di loro, solo 780 mila superano anche i 75 mila euro. Inoltre, il risparmio delle famiglie e il basso livello d’indebitamento del settore privato sono uno dei punti di forza dell’economia italiana. Si disse che le “formiche italiane” lavorano per le “cicale estere”. L’Italia ha un elevato stock di ricchezza finanziaria delle famiglie: circa 4.500 miliardi. Circa 2.000 sono fermi nei conti e depositi.

Quando si diceva di guardare al risparmio privato, quasi o per niente remunerato e di farne il motore della ripresa, si pensava di incentivare la ricchezza delle famiglie a investire volontariamente nelle imprese che creano lavoro, con rendimenti appetibili certi e garantendo alla scadenza le somme impegnate. Addirittura, lo Stato avrebbe potuto emettere «obbligazioni pubbliche irredimibili», perpetue ed esonerate fiscalmente, riconoscendo ai sottoscrittori un rendimento «pari al massimo dell’inflazione del 2%» previsto dalla statuto della Bce. Si sarebbe garantita una rendita certa e un parafulmine da misure eccezionali, ma, sopratutto, non ci sarebbe stata la necessità di legarsi mani e piedi alla Commissione con il Recoveri Fund, la grande vittoria di Mattarella e dei suoi Presidenti del Consiglio. Avremmo prodotto da soli la crescita del reddito, dell’occupazione e del benessere sociale. Non è stato fatto.

Per accedere alle risorse del Recovery Fund, l’Italia dovrà rispettare 528 condizioni: peggio del Trattato di Pace. Ecco, allora, che lo Stato cercherà di tassare gli immobili e drenare una parte del risparmio privato per aumentare il livello degli investimenti pubblici, senza dovere appesantire il debito.

Il contante il più amato dagli italiani, a causa di rendimenti disincentivanti e per paura e incertezza. Per questo motivo gli italiani continuano a ripetersi: meglio non spendere e tenere i soldi fermi e pronti all’uso per ogni evenienza.

Pertanto, l’impegno di recuperare gettito dagli immobili per ridurre la pressione fiscale sul lavoro è nei nostri impegni fino al 2026 con la Commissione UE, altrimenti non arriverà un cent del Recovery Fund.

di Giuseppe Liturri

Che cosa si dice e che cosa non si dice sull’aggiornamento dei valori catastali. L’analisi di Giuseppe Liturri

La riforma dei valori catastali sembra essere la linea del Piave per le forze politiche, soprattutto quelle di centro destra. Ma il rischio che si trasformi in una Caporetto è molto elevato.

Dopo che le Commissioni Finanze di Camera e Senato avevano raggiunto a fine giugno un accordo su un documento conclusivo di un’indagine conoscitiva sulla riforma del fisco durata mesi e che, tra le linee guida, non conteneva alcun riferimento alla riforma del catasto, ecco che il tema torna d’attualità.

E lo fa attraverso le parole dell’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco, totalmente a favore della riforma. Che non convincono affatto. Anzi, autorizzano i peggiori sospetti.

Partendo dalla constatazione che oggi esistono valori catastali fortemente disallineati rispetto ai valori di mercato e che tale distanza è variabile in relazione alla vetustà degli immobili, alla loro collocazione geografica (nord, sud, città, piccoli centri), chiede “una necessaria modernizzazione di una importante infrastruttura del nostro Paese”. Ma chi paga (chiediamo noi)? Visco ammette che l’avvicinamento dei valori catastali a quelli di mercato determinerebbe un evidente aumento di gettito e quindi propone di dimezzare le aliquote per raggiungere questo obiettivo. E già qui sorgono i dubbi: siamo sicuri che l’incremento della base imponibile sia di entità tale, da considerare sufficiente un dimezzamento delle aliquote, al fine dell’invarianza di gettito? Ammesso e non concesso che sia così, Visco poi ci regala una perla, che ci fa dubitare pure della accortezza della precedente stima. Ammette che, a parità di gettito, la riforma avrebbe solo effetto redistributivo – presumibilmente a sfavore degli immobili di pregio del centro delle grandi città e a favore degli immobili di più recente costruzione situati in periferia e nei piccoli centri – il cui impatto è pero “difficile da valutare”.

Insomma, Visco non sa come potrebbe andare a finire, ma lui ci prova ugualmente. E se andasse male? Ci permettiamo di scommettere che alla fine il saldo netto a favore dello Stato sarà positivo. Altro che invarianza di gettito.

Allora bisogna smetterla di nascondersi dietro un dito. Il problema sono gli immobili “fantasma” che sfuggono completamente al censimento o sono censiti e non pagano? Li si vada a cercare. Gli strumenti non mancano. Ma si lascino in pace gli altri. Ma, conoscendo l’efficienza di molti Comuni, nello scovare e tassare anche la stamberga più nascosta (ancorché abusiva), abbiamo pure il sospetto che anche questo degli immobili fantasma sia un falso problema, usato per attaccare nuovamente il patrimonio immobiliare degli italiani.

Gli Ascari nostrani potranno pure trincerarsi dietro apparenti motivazioni tecniche, ma il mandante di tutto ciò è, come al solito, a Bruxelles e usa lasciare pure le impronte digitali.

Sapete cosa c’era scritto nelle raccomandazioni Paese del 2019 rivolte dalla Commissione all’Italia? Ecco:

L’imposta patrimoniale ricorrente sulla prima casa è stata abrogata nel 2015, anche per i nuclei familiari più abbienti. Inoltre i valori catastali dei terreni e dei beni, che costituiscono la base per il calcolo dell’imposta sui beni immobili, sono in gran parte non aggiornati ed è ancora in itinere la riforma tesa ad allinearli ai valori di mercato correnti […] Raccomanda che l’Italia adotti provvedimenti nel 2019 e nel 2020 in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati”.

Ma la pistola fumante è proprio nel Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR), cioè il documento che stabilisce i nostri impegni (riforme e investimenti) al fine di ottenere il finanziamento da 191 miliardi in dieci rate semestrali fino al 2026. Qui leggiamo che “Le CSR rilevanti ai fini del PNRR sono quelle del 2019 e del 2020. La Commissione ha recentemente rilevato un maggiore grado di conformità per quanto riguarda le CSR 2020. Il Piano risponde a gran parte delle CSR 2019 non ancora soddisfatte.

Per quanto riguarda le Raccomandazioni 2019, con riferimento alla politica fiscale, nella CSR 1 il Consiglio raccomanda di ridurre la pressione fiscale sul lavoro, e di compensare tale riduzione con una revisione delle agevolazioni fiscali e una riforma dei valori catastali non aggiornati, nonché il contrasto all’evasione, in particolare nella forma dell’omessa fatturazione”.

L’impegno di recuperare gettito dagli immobili per ridurre la pressione fiscale sul lavoro è nei nostri impegni fino al 2026 con la Commissione UE, altrimenti non arriverà un cent del Recovery Fund.

Il resto è noia.

4369.- La Difesa europea secondo Mario Draghi. Perché bisogna spendere di più.

Spendere di più non basterà. Bisogna assolutamente dare una spina dorsale alla difesa europea e si chiama Costituzione, ma non saranno qualche battaglione o nave o aereo in più ad aumentare la nostra sicurezza e il nostro peso nella NATO, perché dobbiamo guadagnare in efficienza in tutti i settori e promuovere una maggiore cooperazione tra le amministrazioni finanziarie nazionali, anche fiscali.

Di Stefano Pioppi, Formiche.net. | 29/09/2021 – Difesa

La Difesa europea secondo Mario Draghi. Perché bisogna spendere di più

In conferenza stampa a margine del Consiglio dei ministri, Mario Draghi sgombra il campo da facili illusioni sulla Difesa europea: “è chiarissimo che bisognerà spendere di più”. La questione rientra tra quelle che “solo il settore pubblico” può soddisfare, e che dunque rendono “irrealistico” pensare di poter tornare alle regole fiscali dell’Ue pre-pandemiche

Il presidente del Consiglio Mario Draghi è tornato sul tema della Difesa europea. Lo ha fatto nella conferenza stampa tenuta insieme al ministro Daniele Franco a margine del consiglio dei ministri che ha approvato la nota di aggiornamento al Def e fatto emergere “un quadro di gran lunga migliore di quello che pensavamo” sui trend di ripresa dell’economia nazionale.

L’ultima uscita sul tema da parte di Draghi risaliva a metà settembre, a margine del vertice EuMed di Atene. In quell’occasione il premier notata l’esigenza del “rafforzamento della sovranità europea”, includendo come “uno degli aspetti” anche la “difesa europea”, e spiegando che “su questo fronte non c’è molto tempo da aspettare però”.

Oggi il riferimento alla Difesa comune europea si è inserito in un ragionamento più ampio, partito dalla dibattito sulla revisione delle regole fiscali dell’Ue. Per Draghi è “irrealistico” pensare che possano tornare quelle pre-pandemiche, a prescindere dai risultati dei negoziati che in Germania stanno vedendo impegnati i partiti dopo il voto di domenica scorsa. Perché irrealistico? “Perché in questi mesi si sono rivelati dei bisogni importantissimi, esistenziali per la stessa Europa, che non possono che essere soddisfatti dal settore pubblico”. Gli esempi di tali impegni offerti dal presidente del Consiglio sono molteplici: la lotta al Covid (“le vaccinazioni”), l’aiuto ai Paesi in via di sviluppo e il clima, “per accelerare la transizione ecologica e proteggere le classi più deboli”. Si aggiunge un quarto impegno che rende “irrealistico” immaginare di tornare alla precedente regolazione finanziaria europea: la Difesa.

“Le ultime esperienze hanno mostrato che dobbiamo dotarci di una difesa più significativa”, ha spiegato il premier, riferendosi con ogni probabilità al caso che ha innescato il dibattito sul tema delle ultime settimane: l’esito drammatico dell’impegno in Afghanistan. Più di recente si è poi aggiunta l’intesa Aukus, una conferma dello spostamento dell’attenzione degli Stati Uniti verso l’Indo-Pacifico e il confronto a tutto tondo con la Cina. Il risultato è stata l’emersione di un’evidenza: la necessità per l’Europa di rafforzare il proprio peso sullo scenario internazionale, anche dotandosi di una Difesa comune. “Le coperture internazionali di cui eravamo certi – ha detto Draghi – si sono mostrate meno interessate a svolgere questa funzione nei confronti dell’Europa”.

Qui il tema diventa tecnico, spesso concentrato più sugli strumenti (tra battlegroup e unità di reazione rapida) che non sulla strategia di fondo, col rischio di ripetere gli errori del passato, quando si è palesato il vero problema della Difesa comune: la mancanza di volontà politica. Draghi riconosce l’esigenza di un livello d’ambizione maggiore, ma spiega che “non è chiaro come e se si farà, se in Europa oppure no”. Tra le righe una lettura pragmatica della questione, che comprende i rapporti con la Nato (l’Italia lavora affinché la Difesa europea proceda in sinergia con l’Alleanza Atlantica) e la possibilità di spingere l’integrazione al di fuori del rigido perimetro dell’Ue, magari partendo da una coalizione di volenterosi, temi su cui lavora il ministro Lorenzo Guerini. Ancora più pragmatico il passaggio successivo: “è chiarissimo che bisognerà spendere molto di più in Difesa di quanto fatto finora”.

In altre parole, non è possibile pensare di procedere con l’integrazione europea della Difesa senza aumentare i singoli impegni nazionali, a partire dai bilanci, inevitabile presupposto di missioni, investimenti e programmi di cooperazione. La questione rientra tra le esigenze a cui “solo il settore pubblico” può rispondere.

4368.- La riforma del catasto: Anche Mario Draghi ci odia?

Sinistra”Tassa e spendi”, la casa non si tocca”. Il 70% degli italiani proprietario della casa perché siamo un popolo virtuoso che porta sulle spalle 2.000 anni di sudore e di civiltà. Abbiamo inneggiato all’Europa fin da ragazzi. Tutto questo accanimento contro i nostri principi costituzionali e contro le nostre proprietà mira a sottometterci. Mario Draghi si allinea al Pd e alla sinistra e annuncia che il Governo interverrà per rivedere le rendite catastali. Non ci incanta il giustizialismo di “Nessuno pagherà di più, nessuno pagherà di meno”. Tutti, dico tutti dobbiamo pagare meno per quello che ci dà questo Stato! Guardo il nostro Brenta: “Non tradirci, Mario”.

epa09022612 Italian Prime Minister, Mario Draghi, EPA/ROBERTO MONALDO / POOL

La riforma del catasto: una patrimoniale occulta, eterodiretta, sbagliata. Il momento per vedere chi sta con gli Italiani e chi li odia

Da Scenari economici, 29 settembre 2021, di Guido da Landriano

Il governo intende introdurre la riforma del catasto nella prossima manovra di bilancio, nella delega per la riforma fiscale? Questa è la domanda che attanaglia il 70% circa degli italiani proprietari di un’abitazione. Perché?

Prima di tutto la revisione del catasto, e quindi dei valori immobiliari, è il presupposto per l’applicazione di una patrimoniale sugli immobili. Non è un caso che la revisione più pesante degli ultimi decenni avvenne con il governo Monti, che tout court, aumentò gli stessi del 60%. Anche il cosiddetto “Ricalcolo a somma zero” è un pericolo perché:

  • da un lato è comunque una redistribuzione del carico fiscale fra i cittadini e , non essendo basato sul reddito, potrebbe essere ingiusto;
  • nessuno francamente crede nella volontà del governo, di qualsiasi governo, di operare a somma zero.

Perchè questa sfiducia nel governo? Semplice:

  • sotto spinta della Germania Bruxelles vuole tassare la ricchezza degli italiani per una questione di pura invidia. Dato che le famiglie posseggono il 70% del patrimonio Immobiliare, contro cifre molto più basse in Germania, per loro siamo solo dei ricchi furbi;
  • vi è un pregiudizio ideologico piddini per cui il proprietario di case, anche della prima casa, è sempre comunque uno sporco redditiero.

Proprio ieri c’è stata un’interrogazione al MEF sulla materia e la sottosegretaria Castelli ha risposto che “il 26 gennaio 2021 il direttore dell’Agenzia delle Entrate ha disposto l’attivazione progressiva su tutto il territorio nazionale del Sistema Integrato del Territorio – SIT, la nuova piattaforma digitale dell’Agenzia delle Entrate nella quale saranno conservati gli atti e gli elaborati catastali”. Bene, ma dobbiamo fidarci?

Evidentemente no. Comunque c’è un lato positivo: nulla come la riforma del catasto darebbe all Lega una motivazine estremamente popolare per uscire dalla maggioranza e lasciare la responsabilità di tosare gli italiani solo a PD, M5s e qualche fuoriuscito di Forza Italia. Sempre che poi riescano a far passare la cosa alle Camere…

In questo Salvini è stato chiarissimo: la riforma per chi ha una casa una fregatura“. “La casa degli italiani, il negozio degli italiani, il capannone, l’azienda agricola degli italiani, è stata tassata, supertassata e ipertassata. Il Pd voleva la tassa patrimoniale e noi diciamo no, voleva la tassa di successione per chi lascia muore e in tempo di Covid mi sembra di pessimo gusto, per chi lascia qualcosa ai figli, noi diciamo no”.

Anche più chiaro l’economista della Lega Antonio Maria Rinaldi, che poi ha parlato anche di un’iniziativa pratica: “Un plauso al Comuni di Pontecorvo , primo in Italia a dare via libera alla nostra mozione contro la riforma del catasto e l’aumento IMU. Da Bruxelles a Roma e sui territori, dalla Lega un secco no a ogni proposta che preveda di mettere ulteriormente le mani in tasca ai cittadini italiani, fra i più vessati d’Europa. Continueremo a lottare contro le proposte della sinistra”Tassa e spendi”, la casa non si tocca

Vedremo anche chi comanda nella Lega. Mario Draghi, Giancarlo Giorgetti Photo Roberto Monaldo / LaPresse 27-04-2021 Rome (Italy)

Vedremo quanto il governo Draghi Intenda rischiare l’impopolarità in un momento così delicato.

4195.- L’Islam sta battendo la Chiesa di Cristo senza sparare un colpo. Questa non è integrazione.

Due anni di titoli delle agenzie sull’immigrazione

È solo un esempio.

La Danimarca reprime la migrazione di massa Soeren Kern 2021/06/08
La Danimarca reprime le “società parallele” Soeren Kern 2021/03/23
La Danimarca vieta i finanziamenti esteri alle moschee Soeren Kern 2021/03/15
Danimarca: “Il nostro obiettivo è zero richiedenti asilo” Soeren Kern 02/02/02
Ungheria: “I confini dell’Europa devono essere protetti” Soeren Kern 2020/12/18
UE: Nuovo patto su migrazione e asilo Judith Bergman 28/11/2020
Italia: difendi i confini nazionali, finisci sotto processo Giulio Meotti 2020/10/11
Coronavirus: blocco per gli europei, amnistia per gli immigrati illegali Soeren Kern 12/05/2020
UE: Covid-19 non sospende i diritti di asilo Judith Bergman 05/05/2020
UE: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca ha infranto la legge UE Judith Bergman 2020/04/09
Unione Europea: la fine? Judith Bergman 2020/03/21
Unione Europea: chiudere le frontiere? Judith Bergman 14/03/2020
La crisi dei migranti in Grecia: “Una polveriera pronta a esplodere” Soeren Kern 2020/02/28
Spagna: la Corte europea approva le espulsioni sommarie di migranti illegali Soeren Kern 17/02/2020
I terroristi migrano in Europa Judith Bergman 15/02/2020
Italia: Salvini affronta il processo-spettacolo per i migranti “rapiti” Soeren Kern 14/02/2020
Il nuovo rapporto dell’UE sull’integrazione non coglie il punto Judith Bergman 25/01/2020
L’Europa sotto assedio dalle bande di trafficanti di persone Soeren Kern 07/01/2020
Recinzioni di confine spagnole “amichevoli per i migranti” Soeren Kern 2019/12/11
Germania: tutti i membri dell’UE devono accogliere i migranti Soeren Kern 2019/12/05
Francia: “Vogliamo riprendere il controllo della nostra politica migratoria” Soeren Kern 29/11/2019
Italia: La legalizzazione di massa dei migranti è suicida Giulio Meotti 28/10/2019
Quanto deve diventare terribile la Turchia? Burak Bekdil 14/10/2019
La Turchia inonda l’Europa di migranti Soeren Kern 2019/10/10
Gli Stati Uniti gettano gli alleati curdi sotto l’autobus; La Turchia “apre le porte” all’Europa Sezen Şahin 07/10/2019
Italia: Salvini fuori, migranti a Soeren Kern 28/09/2019
Sogni europei contro migrazione di massa Giulio Meotti 01/09/2019.

La tradizione? Chi era costei? Dell’Identità, nemmeno parlarne. Per il Governo e non soltanto per il ministro degli Interni, la voce dei cittadini è muta. Non viene percepito il disagio di un confronto disparitario fra educazione e inciviltà, peggio: tra sicurezza e insicurezza, anzitutto sanitaria. Tutto ciò è, ormai, emergente ovunque. Tali e tanti sono gli ingressi irregolari procurati di soppiatto che è impossibile provare a pensare a una loro collocazione lecita, anche nel lavoro.

La realtà mostra una società divisa; la cronaca la dipinge deteriorata. Siamo per strada, un esempio: giovani coppie per mano, in attesa di vedere benedetta dalla fortuna la loro unione, da una parte e corpulente matrone, dall’altra, con figli in spalla, in braccio, nel carrozzino e per mano: tutti ben vestiti, griffati; voci gutturali, urlate, che non si sa cosa dicano. Chi sono? Chi mantiene queste genti e i loro tenori di vita? Saranno mai, non dico capaci, ma desiderose di integrarsi o saremo noi a lasciargli il campo? Con una punta d’invidia, osserviamo i musulmani. I loro Imam predicano e fanno proseliti, i nostri parroci? Numero uno, per loro, è la sagra annuale e le sue repliche; numero due, una cantata alla domenica e i manicaretti della perpetua. A noi le tasse a orologeria. Li hai guadagnati? Non importa. Se nel 2019 hai anticipato di più, perché poi non hai guadagnato, lo Stato può restituire fino a 5.000 e, intanto, ripaghi. Ecco, chi mantiene quelle genti.

Siamo stati educati nei diritti, nei principi; ancora le rare folle inneggiano alla Libertà, senza più sapere cos’è. La boiata sempre più vulgata dagli struscia sedie: “La mia libertà termina dove comincia quella degli altri!” Sì, belle e belli, magari professori da schermo, “ma io non devo subire o rischiare di subire una danno (art. 32)” e, ai vaccini sperimentali, se dovesse essere, preferisco le cure. Magari con il plasma iperimmune dei Marcucci, con buona pace del Caro Giuseppe De Donno.

Non si è votato un nuovo Parlamento, come avrebbero voluto la rappresentatività e la Costituzione (art. 88), se si fosse voluto prendere atto della crisi dei partiti di maggioranza. I governi sono stati e sono sostenuti sopratutto dal Presidente della Repubblica, che ha anche indicato o rifiutato i ministri. Se, almeno fosse una repubblica presidenziale; ma nemmeno quella. Ormai non si potrebbe più, da oggi; ma siamo nel semestre bianco o è la fine di un settennato nero? Ma che settennato!? Sono 16 anni che presidenti votati dalla sinistra (tale di nome soltanto) incaricano e sostengono governi detti di sinistra e che questi sembrano, tutti – e Mario Draghi, purtroppo, conferma -, protesi verso tre obiettivi: il potere, limitare i diritti e fare entrare più stranieri possibile, sani, malati, contagiosi, onesti o ladri, terroristi, non importa e, poi, comprarli con lo Ius Soli. E lì, ti voglio. Nel frattempo, ai cittadini, tasse, fame e divieti e la pandemia è sembrata un fatto a posta.

Nel loro insieme, gli atti dell’amministrazione dipingono un quadro di uno stato di polizia sudamericano, emergente e fuori controllo. Un quadro in cui ogni attività amministrativa, meglio se emergenziale, è un possibile business; in cui ogni diritto è sub judice. Quelli di noi che non sono d’accordo con l’amministrazione non sono più cittadini, siamo diventati “nemici dello Stato”, discriminati a seconda che abbiano o no il lasciapassare di nazista memoria. Non c’è limite al peggio e siamo già divisi e discriminati fra noi stessi. E, badate, il problema è solo nostro, perché quelli che vengono dall’Africa profonda nulla sanno di regole, di principi. Non conoscono il significato della parola. Conoscono i diritti nel senso che tutto ciò che vedono non è loro, ma può esserlo, deve e lo sarà. E se ne fregano. C’è sempre un vincitore.