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6155.- Ucraina. L’informazione patacca che chiamiamo democrazia

Impossibile parlare di democrazia da quando alle imprese, soprattutto, alle grandi imprese multinazionali, si è lasciato raggiungere livelli nella finanza che le pongono in grado di incidere e influenzare i processi democratici. L’informazione, nei Paesi dell’Occidente, è posseduta, oggi, da personaggi di sicura autorità e prestigio capaci di orientare la vita politica ed economica del proprio paese. Nulla di diverso da quanto accadeva e accade ancora nelle monarchie con i Consigli della Corona.

Ecco alcuni fatti che non vengono riportati sulla guerra russo-ucraina…

Di Sabino Paciolla, 11 Marzo 2024

Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto da Ted Snider e pubblicato su AntiWar. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. Ecco l’articolo nella traduzione da me curata. Sabino Paciolla

Volodymyr Oleksandrovyč Zelenskyy, Presidente dell'Ucraina
Volodymyr Oleksandrovyč Zelenskyy, Presidente dell’Ucraina

Diversi eventi apparentemente di poco conto nella guerra russo-ucraina sono passati di recente in gran parte inosservati nei media occidentali. Ma ognuno di essi, a suo modo, può essere significativo.

La caduta di Avdiivka

Il 25 febbraio, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che 31.000 soldati ucraini sono stati uccisi da quando la Russia ha invaso il suo Paese due anni fa. È stata la prima volta che ha reso noto il numero dei morti. Non ha voluto fornire il numero dei feriti.

Il 4 febbraio ha dichiarato: “Circa il 26% del territorio nazionale è ancora sotto occupazione”, prima di aggiungere che “l’esercito russo non può fare molti progressi. Li abbiamo fermati”.

Entrambe le dichiarazioni sono assurde. Come osserva il New York Times sulla contabilità del campo di battaglia di Zelensky, “differisce nettamente dalle stime degli ufficiali statunitensi, che, la scorsa estate, hanno valutato le perdite molto più alte, affermando che quasi 70.000 ucraini erano stati uccisi e da 100.000 a 120.000 erano stati feriti”.

Il numero di 31.000 potrebbe essere più vicino al numero di morti e feriti delle ultime settimane disastrose che a quello degli ultimi due anni. Il Ministro della Difesa russo Sergey Shoigu ha recentemente dichiarato che oltre 383.000 soldati ucraini sono stati uccisi o feriti dall’inizio della guerra. Yuriy Lutsenko, ex procuratore generale ed ex capo del Ministero degli Affari Interni ucraino, sostiene che 500.000 soldati ucraini sono stati uccisi o gravemente feriti. Un numero di 400.000-500.000 è coerente con le comunicazioni interne ucraine e con i rapporti dal campo di battaglia, secondo i quali sarebbero necessari 20.000 soldati al mese per rimpiazzare i morti e i feriti. Questo numero concorda anche con i 450.000-500.000 che Zelensky ha richiesto per una nuova mobilitazione.

Essere assurdi era appropriato quando Zelensky era un comico; poteva far ridere gli ucraini. Ma essere assurdi quando Zelensky è presidente non è appropriato: potrebbe far morire altri ucraini.

La seconda affermazione, secondo cui la Russia non è in grado di compiere ulteriori progressi significativi perché le Forze armate ucraine li hanno fermati, non è meno assurda. Meno di due settimane dopo aver fatto questa dichiarazione, il 17 febbraio, dopo aver esaurito ogni capacità, le Forze Armate ucraine si sono ritirate in disordine dalla città pesantemente fortificata di Avdiivka, che è caduta in mano ai russi. Si è trattato di un’avanzata molto significativa. La conquista di Avdiivka non è solo una vittoria simbolica, come riportato in Occidente, ma una vittoria strategica che potrebbe aprire alle forze russe la porta del Donbas, consentendo alla Russia di consolidare i confini dei territori recentemente annessi.

Dopo la ritirata da Avdiivka, le dichiarazioni ucraine sulla necessità di fermare la Russia hanno fatto un ulteriore passo indietro, affermando ora che la Russia non sarà in grado di avanzare. Il generale Kyrylo Budanov, capo dell’intelligence militare ucraina, ha riconosciuto che la perdita di Avdiivka è stata dura, ma ha insistito che anche la Russia ha i suoi problemi e che “non ha la forza” per avanzare in modo significativo e conquistare tutto il Donbas.

I funzionari americani hanno fatto eco alla valutazione di Budanov, affermando che “i guadagni russi nell’Ucraina orientale non porteranno necessariamente a un crollo delle linee ucraine e che è improbabile che Mosca sia in grado di seguire un’altra grande offensiva”.

Kiev ha dichiarato che le sue forze armate si sono ritirate da Avdiivka e hanno stabilito nuove linee difensive intorno a Lastochkyne e ad altri villaggi vicini. Ma il 26 febbraio Lastochkyne è caduta e le truppe ucraine si sono ritirate in villaggi più a ovest.

I funzionari occidentali affermano ora che la Russia sta “attaccando in forze lungo quattro assi paralleli nel nord-est” e che sta “avanzando intorno a Lyman e Kupiansk, nella regione di Kharkiv”. Newsweek afferma che le truppe russe sono “avanzate a ovest del villaggio di Lastochkyne”. Il portavoce militare Dmytro Lykhoviy afferma che le truppe ucraine si sono ritirate da Stepove e Severne, due villaggi vicino ad Avdiivka e a nord di Lastochkyne.

Cosa ha ucciso Alexei Navalny?

Non si sa ancora cosa abbia ucciso Alexei Navalny in una prigione russa il 16 febbraio. Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden afferma che “Putin è responsabile della morte di Navalny”. Zelensky è d’accordo, dicendo che Navalny “è stato ovviamente ucciso da Putin”.

Ma il capo dell’intelligence militare ucraina non è d’accordo. Il 25 febbraio, il generale Kyrylo Budanov ha detto ai giornalisti che gli dispiaceva deluderli, “ma quello che sappiamo è che è morto davvero per un coagulo di sangue. E questo è più o meno confermato. Non è stato ripreso da Internet, ma, purtroppo, è stata una [morte] naturale”. La Russia ha affermato che la causa della morte è stata un coagulo di sangue.

Un’affermazione inaspettata fatta dagli aiutanti di Navalny il 26 febbraio ha creato un’altra grinza. Navalny, secondo loro, stava per essere rilasciato in uno scambio di prigionieri. “Navalny avrebbe dovuto essere libero nei prossimi giorni”, ha dichiarato Maria Pevchikh, presidente della Fondazione anticorruzione di Navalny. “Ho ricevuto la conferma che i negoziati erano nella fase finale la sera del 15 febbraio”.

I collaboratori di Navalny hanno presentato questa affermazione come una nuova prova che Putin ha ucciso Navalny. Pevchikh afferma che Putin ha ordinato l’omicidio di Navalny per togliere “la possibilità del suo rilascio dal tavolo”.

Ma sembra inconcepibile che il rilascio di Navalny possa essere negoziato da Mosca senza il consenso di Putin. Non avrebbe dovuto ucciderlo, ma solo togliergli la possibilità di essere rilasciato. Sebbene non ci siano ancora prove sufficienti per giudicare la causa della sua morte, se è vero che la libertà di Navalny era sul tavolo, ciò sembra far propendere per il fatto che Putin non si sentiva minacciato da lui o non sentiva il bisogno di eliminarlo.

Il licenziamento di Zaluzhny

L’8 febbraio, i titoli dei giornali sono stati dominati dal licenziamento da parte di Zelensky del comandante in capo delle forze armate ucraine, Valerii Zaluzhny. Ma i titoli dei giornali hanno messo in ombra il fatto che Zaluzhny non è stato l’unico generale ad andarsene. Zelensky ha licenziato tutto il suo stato maggiore e lo ha sostituito con un nuovo capo di stato maggiore delle forze armate ucraine e con nuovi vicecapi.

Anche se il cambio potrebbe semplicemente riflettere un nuovo comandante in capo che sceglie il proprio staff, potrebbe anche indicare che Zelensky si è assicurato un comando militare a lui fedele in un momento in cui i militari sono arrabbiati per il licenziamento di Zaluzhny e, come ha detto recentemente il Guardian, Zelensky “non è più visto come intoccabile, e la competizione politica sta tornando in Ucraina” e “la società ucraina è esausta dalla guerra”.

Ted Snider

Ted Snider scrive regolarmente di politica estera e storia degli Stati Uniti su Antiwar.com e The Libertarian Institute. Collabora spesso anche con Responsible Statecraft e The American Conservative, oltre che con altre testate. Per sostenere il suo lavoro o per richieste di presentazioni mediatiche o virtuali, contattatelo all’indirizzo tedsnider@bell.net.

6153.- La morsa pm-cronisti soffoca l’Italia.

Diciamo, ridiciamo, sempre la stessa cosa: La vera riforma, la madre delle riforme è quella sul Capo dello Stato e Presidente del C.S.M.. Chi non la farà, sarà perché è parte del sistema. E citiamo il mancato scioglimento del C.S.M., preteso, invece, dall’art. 31 della Legge 24 marzo 1958, n. 195. In sintesi, il C.S.M. è organo super partes deputato a garantire l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura, sopratutto, dalla politica. Se non è super partes – Palamara dixit – , non garantisce nemmeno la separazione dei poteri, quindi, la democrazia e va sciolto. Fossi Presidente, darei le dimissioni…darei le dimissioni!

Maurizio Belpietro, 9 marzo 2014 – Inchiesta dossieraggio.

La ricostruzione della «Verità» sul caso Perugia mette a nudo un sistema che condiziona pesantemente la vita pubblica e la stessa libertà di stampa, che viene invece sbandierata per perpetuare il verminaio. Occorre che si intervenga per smontarlo. E in fretta.

Stanno provando a buttarla in vacca, a fare finta che sotto attacco ci sia la libertà di stampa e che i cronisti facciano semplicemente il loro mestiere, che è quello di scovare notizie e scoperchiare segreti. Ma la storia – anzi, le storie – dimostrano che così non è. La lunga ricostruzione fatta ieri da Giacomo Amadori a proposito degli accessi abusivi compiuti da un cancelliere in servizio nella città umbra rivelano ciò che abbiamo sempre sospettato, ovvero un sistema che lega magistrati e giornalisti, un patto neanche troppo segreto che per anni ha consentito fughe di notizie su inchieste in corso, ma, soprattutto, pesanti condizionamenti della vita pubblica. … Dalla prima pagina del “La Verità” del 9 marzo 2024.

6140.- La sicurezza condiziona il Piano Mattei

meloni migranti

Migranti, Meloni ai ministri: “Serve un modello Caivano per l’Africa: tutti dobbiamo andare”

Da Il Secolo d’Italia del 5 Feb 2024 19:05 – di Sveva Ferri

Un “modello Caivano” per dare seguito agli intenti del Piano Mattei e chiudere spazio ai trafficanti nelle nuove rotte che hanno identificato, dopo gli interventi positivi che hanno frenato gli arrivi di migranti dalla Tunisia: è quello che il premier Giorgia Meloni ha presentato al governo, nel corso della sua informativa in Consiglio dei ministri sul tema dell’immigrazione.

La centralità del Piano Mattei e “il diritto a non emigrare”

“Prima con la Conferenza Internazionale su Sviluppo e Migrazioni, poi con la conferenza Italia-Africa si è avviato il percorso del Piano Mattei. Il tratto che nessuno deve dimenticare è che non abbiamo in mente un modello di cooperazione predatorio con le Nazioni africane bensì collaborativo, e rivendichiamo tra i tanti diritti da tutelare anche il diritto a non emigrare”, ha ribadito Meloni ai ministri.

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La cooperazione condivisa con i Paesi africani anche per colpire i trafficanti

“Dobbiamo insistere con le Nazioni della regione del Mediterraneo allargato e dell’Africa Sub-Sahariana, per un metodo di lavoro condiviso -ha aggiunto Meloni – che faccia contrastare insieme gli sbarchi di migranti sulle nostre coste, cooperando per colpire la rete dei trafficanti e aiutando le economie più fragili per rimuovere le cause che spingono a migrare”. “Crediamo in questo metodo e ci sentiamo confortati da piccoli segnali di speranza. Pensiamo – ha spiegato il presidente del Consiglio – al consistente calo degli sbarchi negli ultimi 4 mesi: comparando le settimane di inizio anno rispetto all’analogo periodo del 2023 siamo al – 41%”.

Sugli sbarchi di migranti “segnali di speranza”, ma nessuna facile illusione

I risultati conseguiti, però, ha di fatto avvertito Meloni, non devono far dimenticare la difficoltà della sfida. “È tuttavia una rincorsa continua”, ha avvertito il premier, ricordando che “contenere gli arrivi lungo una rotta porta all’attivazione o riattivazione di un’altra direttrice”. Così, “se 5 mesi fa la nostra prima preoccupazione erano gli arrivi dalla Tunisia, oggi lo è divenuta la costa della Tripolitania, che sta facendo registrare un incremento di partenze”. Meloni ha ricordato che “fra le nuove fonti di pressione vi sono anche gli arrivi dal Sudan, a seguito del conflitto iniziato nell’aprile 2023: i profughi sudanesi non si fermano più in Egitto, ma giungono in Libia, e da lì vengono da noi; e la decisione della giunta golpista in Niger di decriminalizzare in traffico di migranti, con conseguente aumento dei movimenti migratori da quell’area”.

Il “modello Caivano” per l’Africa, a partire da Libia e Tunisia: tutti i ministri devono andare

Dunque, “dobbiamo tenere alta l’attenzione. E per questo – ha chiarito il premier – ho bisogno di tutto il governo, poiché quello che immagino operativamente, e mediaticamente, è un “modello Caivano” da proporre per il nord del Continente africano, in modo particolare per la Tunisia e la Libia, ben consapevoli delle differenze sussistenti tra Tripolitania e Cirenaica”. “Dobbiamo sforzarci di far sentire ad entrambe le Nazioni la nostra vicinanza e il nostro reale spirito di solidarietà. Pensiamo innanzitutto a impostare tavoli ministeriali che rafforzino la collaborazione”, è stata dunque l’indicazione. “Andiamo tutti in Libia e Tunisia, sviluppiamo progetti, controlliamone l’esecuzione, coordinando, come per Caivano, le presenze, in modo – ha concluso il premier – che siano cadenzate e diano il senso della continuità”.

6135.- Dal Piano Mattei alla Bielorussia, cosa succede in Africa

In Africa, le democrazie partono svantaggiate rispetto alle tempistiche delle autocrazie, salvo che non facciano un uso appropriato, preventivo, offensivo dell’intelligence.

Da Formiche.net, di Francesco De Palo | 23/02/2024 – 

Dal Piano Mattei alla Bielorussia, cosa succede in Africa

Etiopia e Ghana sono solo due dei Paesi che il governo italiano ha messo al centro della propria azione con il Piano Mattei. Ma nelle stesse settimane in cui si celebrava a Roma il vertice Italia-Africa, si è rafforzata la presenza bielorussa in loco

Piano Mattei e Africa: sono due i fatti che si possono unire idealmente sotto le insegne della geopolitica (e della marcatura che Mosca vuole fare all’Italia?). Il primo tocca l’Etiopia e in generale i progetti che si stanno moltiplicando tra Italia e Africa e il secondo verte l’attivismo del Presidente bielorusso.

Qui Etiopia

L’Italia ha restituito all’Etiopia il primo aeroplano costruito nel Paese africano, un gesto che rafforza i legami tra le due nazioni e chiude un capitolo doloroso iniziato quasi un secolo fa. Il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha espresso grande orgoglio per il ritorno di “Tsehay”. Alla cerimonia di consegna, ad Addis Abeba, hanno preso parte il Presidente Sahle-Work Zewde, il primo ministro e il sindaco Adanech Abiebie, nell’ambito della cerimonia di inaugurazione del Memoriale della Vittoria di Adwa. La cessione segue la cerimonia, avvenuta lo scorso 30 gennaio, presso il Musam, quando era stato ufficialmente consegnato il velivolo meticolosamente restaurato, alla presenza del primo ministro Abiy Ahmed Ali e del ministro della Difesa Guido Crosetto.

Su richiesta del primo ministro etiope al presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il velivolo è stato completamente ristrutturato prima della riconsegna e si inserisce all’interno di una relazione italo-etiope già solida dopo i vari incontri bilaterali tra i due leader. In Etiopia, tra l’altro, è presente l’istituto Galilei che quest’anno festeggia i 70 anni, al centro di accordo bilaterale siglato nel dicembre scorso nella capitale etiope dal ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara e personalmente visitato da Giorgia Meloni lo scorso aprile in occasione della sua visita ufficiale. 

Progetto Ghana

Colmare il deficit di manodopera nell’industria friulana: per questa ragione il presidente di Confindustria Alto Adriatico, Michelangelo Agrusti, ha incontrato il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, al quale ha illustrato il “Progetto Ghana”, con l’obiettivo di formare giovani ghanesi, già inseriti nelle scuole tecniche e professionali in quel Paese, con uesti profili richiesti: saldatori, mulettisti, carpentieri, elettricisti ed altro. Il ministero ha già dato la propria disponibilità a sostenere questa iniziativa nell’ambito di quel progetto arioso che prende il nome di Piano Mattei.

Qui Bielorussia

A fare da contraltare all’attivismo italiano, ecco il movimentismo bielorusso: il presidente Aleksandr Lukashenko ha dichiarato che, nonostante molti Paesi africani abbiano ottenuto l’indipendenza politica, devono ancora liberarsi dalla dipendenza economica. Ovvero ha annunciato l’inizio, anzi, la prosecuzione di una più ampia strategia per fer entrare in contatto Minsk con quei Paesi a cui si rivolge anche l’Italia con il Piano Mattei. Èun po’ come se, incrociandola con altre partite geopolitiche primarie, Mosca (per il tramite della Bielorussia) volesse marcare stretta l’Italia sull’Africa. 

Tra l’altro tre settimane fa è stato in Kenya per una visita ufficiale, dopo il precedente incontro avuto con il suo omologo kenyano, William Ruto, che si è tenuto a Dubai il 1° dicembre scorso, in occasione del Summit sul Clima Mondiale. Il viaggio in Kenya è stato per Lukashenko l’occasione di annunciare una più intensa partnership tra i due Paesi, sulla scia di quello che la Bielorussia già fa con Zimbabwe e Guinea Equatoriale. “Il potenziale della nostra cooperazione è enorme” disse nel gennaio 2023 incontrando ad Harare il leader dello Zimbawe Emmerson Mnangawa, dopo aver consegnato delle macchine agricole bielorusse.

Un mese prima aveva firmato una serie di accordi di cooperazione con il presidente della Guinea Equatoriale Teodoro Obiang Nguema Mbasogo nella capitale Malabo come parte di un tour africano per rafforzare i legami nel continente. I progetti nei settori dell’industria, dell’istruzione, della sanità e dell’agricoltura dovrebbero essere completati entro i prossimi due anni.

Strategia binaria

L’obiettivo di Minsk è quello di rafforzare i legami diplomatici ed economici tra i Paesi africani e la Bielorussia, sotto la spinta di Mosca, soprattutto riguardo alcuni settori mirati come l’agricoltura e la produzione alimentare, ambiti in cui il Kenya è più sensibile.

A dimostrazione dell’ulteriore presenza russa in loco ecco i numeri che provengono alla voce grano: l’Algeria è il secondo consumatore di grano in Africa dopo l’Egitto e lo acquista per la maggior parte dalla Russia, che si pone come il principale fornitore di grano davanti ai Paesi dell’Unione Europea. Numeri che hanno permesso al settore russo di esportare circa 400.000 tonnellate di grano in più rispetto all’Ue, che fino a prima della guerra era la prima fonte di approvvigionamento del Paese nordafricano.

6127.- Il “trappolone” del trattato pandemico OMS minaccia l’indipendenza degli Stati e l’unità del pianeta

Senza un freno, un limite, alla crescita delle multinazionali andiamo incontro, rovinosamente, a una dittatura mondiale, capace già di condizionare l’autonomia degli Stati e che, inevitabilmente, cancellerà la democrazia degli States e i principi fondanti del cristianesimo. Lo stato dell’informazione, cui è vietato il solo parlarne, ci mostra già in atto il controllo sociale e mentale sull’intera umanità. L’uso sistematico dell’Intelligenza Artificiale costituirà un potente acceleratore. Avremo, perciò, una risposta il 5 novembre.

Di Redazione Blog di Sabino Paciolla, 13 Febbraio 2024

Sabino Paciolla: Ricevo dagli amici dell’Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân e volentieri pubblico. 

OMS

di Gianfranco Battisti

Nubi nere si avvicinano  

Notizie poco tranquillizzanti stanno giungendo dal fronte medicale. Stavamo appena cercando di dimenticare i tre anni del Covid, ed ecco che ci arrivano le affermazioni catastrofiste circa una ipotetica, prossima pandemia dai caratteri apocalittici. Nessuno sa di cosa si parli, ma la notizia è data per certa dal vertice dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). A ciò si aggiunge la nuova campagna mediatica pro-vaccini, che sponsorizza quelli attualmente in commercio e quelli che saranno prodotti in futuro. Si stanno inoltre preparando le task force che dovranno indottrinare in tal senso gli studenti all’interno delle scuole e delle università. Il tutto rientra chiaramente nella manovra volta a far approvare il cosiddetto “Trattato Pandemico”. Il quale ha per obiettivo l’asservimento di tutti i Paesi del mondo agli interessi plutocratici tramite l’OMS, un’agenzia delle Nazioni Unite che otterrebbe letteralmente i “pieni poteri” a livello planetario.

Le istituzioni, queste sconosciute

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’autorità dell’OMS non è destinata a limitarsi all’ambito della salute. Le politiche sanitarie sono infatti solo il pretesto per assumere il controllo di ogni settore della società: economia, scienza, cultura, politica. Il piano prevede infatti di condizionare qualsiasi decisione politica riconducendola in vario modo a questioni anche solo apparentemente di carattere medicale. È questo l’esito di una strategia che è andata sviluppandosi nell’arco di decenni, attraverso il progressivo ampliamento dell’area di competenza della medicina maturato in seno all’OMS. L’obiettivo attribuitosi da tale organismo nel 2022 parla infatti del “raggiungimento da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute”, definita (già nel 1948) come “uno stato di totale benessere fisico mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”. Nelle sue ambizioni questo programma non solo richiama il Dr. Faust, ma presuppone soprattutto il controllo sociale e mentale dell’intera umanità[1]. Tutto approvato in un momento in cui si presumeva che avessimo superato l’epoca dei totalitarismi. Evidentemente, esiste una tabella di marcia che è nota solo ai potenti.

Se ogni aspetto della vita umana viene a confluire all’interno della salute, appare logico che il governo della stessa finisca col travalicare ogni limite, occupando tutti gli spazi dell’azione politica, nessuno escluso. Ne abbiamo avuto una dimostrazione eclatante durante la dittatura sanitaria introdotta a livello globale (ma di fatto implementata solo nell’Occidente, oltreché in Cina) nel periodo del Covid. La lettura della bozza di Trattato lascia intravvedere, al di là della scarna formulazione, l’enormità dei poteri che verrebbero attribuiti ad un organismo privo non solo di qualsiasi legittimazione democratica, ma di fronte alle cui decisioni non vi sarebbe modo di tutelarsi.

Poteri così illimitati riuscerebbero ad indirizzare la spesa degli Stati verso specifici settori, alterando il funzionamento dei mercati e l’allocazione dei capitali, impedendo di fatto ai governi di effettuare investimenti nei settori che essi considerino strategici per i loro interessi. Si consideri ad es. l’enormità delle somme spese per l’acquisto dei vaccini anti Covid, mediante contratti capestro il cui contenuto rimane tuttora secretato. Né il danno si limiterebbe al campo dell’economia, in quanto per l’implementazione dei diktat onusiani sono esplicitamente previsti interventi drastici sul fronte delle libertà di stampa, di circolazione (di beni e persone), di istruzione e financo di ricerca scientifica. L’indottrinamento della popolazione, rafforzato dalla censura, diverrebbe addirittura un obbligo internazionale. Il risultato sarebbe la nascita di un nuovo regime di colonialismo globale, nel quale i governi nazionali si troverebbero ridotti nella condizione dei consigli tribali di fronte ai governatori imposti dalle potenze europee. Una nuova via, coatta, al sottosviluppo, che questa volta è destinata a coinvolgere anche la (un tempo) ricca Europa. Per tacere dei rischi ormai più che prevedibili in ordine alla nostra salute.

Non a caso, l’ordine di scuderia è “non parlare del Trattato”. Questo svela la realtà delle cose: l’OMS è soltanto la più esterna delle matrioske che compongono la struttura occulta del potere, che si cela dietro una pluralità di controfigure, secondo la logica del Deep State[2]. Naturalmente c’è chi ha fiutato il “trappolone”, a cominciare dal parlamento USA, non del tutto asservito ai poteri occulti. Quest’ultimo ha infatti approvato una mozione con la quale si riserva di decidere se dare attuazione o meno alle singole direttive provenienti dall’OMS. Lo stesso atteggiamento è emerso nei governi di alcuni Stati dell’Unione. A loro volta i Paesi africani si sono subito dimostrati molto scettici, ed i loro rappresentanti in seno all’assemblea hanno votato in massa contro l’evidente tentativo di bruciare i tempi dell’approvazione. In Slovacchia, il presidente ha già annunciato che il suo Paese ne resterà fuori; in Ungheria la protesta viene invece dal partito nazionalista, che milita all’opposizione. Dietro le quinte c’è dunque una certa mobilitazione, nonostante il fatto che i media internazionali dedichino alla questione una scarsissima copertura.

La storia si ripete

La situazione ricorda il tentativo della presidenza Obama di far passare il cosiddetto “Trattato Transatlantico”, che avrebbe dovuto portare alla pratica “annessione” dell’area OCSE all’economia americana. L’operazione, anch’essa portata avanti nel massimo segreto, è poi fallita principalmente per l’opposizione interna agli Stati Uniti, che vedeva comunque minacciati una serie di interessi vitali da parte dell’élite globalista. Lo spettro di una dittatura mondiale che cancelli l’autonomia degli States è una delle questioni che stanno alla base del successo di Trump, e contribuisce a spiegare l’accanimento dimostrato contro il presidente durante il suo mandato ed attualmente contro la sua ricandidatura[3].

Quella attuale appare come l’ennesima “soluzione tecnica” che l’élite al potere sta cercando di attuare da decenni. Come è noto, essa sta progressivamente  monopolizzando le ricchezze ed i poteri, sottraendoli ovunque agli Stati, sia a livello di governi che di singoli cittadini. A livello istituzionale lo fa sovente attraverso organizzazioni private che vengono spacciate per pubbliche – l’OMS, come l’ONU di cui è emanazione, non sono enti pubblici, soggetti al controllo degli elettori – e lo stesso discorso vale per la pletora di OnG ad essa riconducibili, la cui operatività non casualmente viene ufficializzata dalle Nazioni Unite.

Ritornando al caso in questione, i potenti del nostro tempo hanno scoperto che in un mondo dove Dio è stato cacciato, la paura della morte e della malattia è un sentimento che può venire usato per spingere a comportamenti irrazionali e financo autolesionistici. Anche ad accettare una dittatura in confronto alla quale nazismo e comunismo conservavano pur sempre un fondo umanitario. Le modalità con le quali si è reagito quasi ovunque al Covid sono indicative della brutalità che ci aspetta in futuro. Se a ciò aggiungiamo che il virus è un’arma biologica, realizzata con i finanziamenti dell’esercito americano (non si dimentichi che sulla composizione dei cosiddetti “vaccini” grava un segreto militare che l’Unione Europea è costretta a rispettare) si comprende dove si intende arrivare. Apertis verbis, ad attribuire all’OMS il potere di dichiarare – ogniqualvolta farà comodo a “lorsignori”  – l’esistenza di una pandemia, costringendo il mondo intero ad assumere decisioni di portata epocale praticamente senza contraddittorio.

Lo sfilacciarsi della democrazia

Dopo aver sottratto furtivamente ai popoli ogni possibilità di controllo sulla politica, con il Trattato pandemico si vuole adesso sottomettere ufficialmente gli Stati all’OMS, instaurando di fatto un governo mondiale facente capo ad un organismo apparentemente “tecnico”. In realtà, gli amministratori dell’OMS vengono nominati dai politici conniventi, dai quali ricevono una delega in bianco. Questa delega è poi riempita dai padroni dell’industria del farmaco, i quali mirano unicamente ad aumentare le loro ricchezze, direttamente e indirettamente. Dietro all’industria vi sono poi i militari, e dietro ad essi tanti “signori X” che tirano i fili. 

Sulla strada che abbiamo sintetizzato un risultato fondamentale è già stato raggiunto: esiste in effetti un “governo mondiale delle banche”[4], ma questo non è più in grado di far funzionare un mondo che è stato depredato al punto da essere sull’orlo del tracollo. Occorre dunque rafforzare la presa. La prossima crisi di Wall Street, che negli ultimi 16 anni è stata ritardata a prezzo della definitiva compromissione dell’economia mondiale, è ipotizzabile per il 2025. Vale a dire all’indomani delle elezioni presidenziali americane. Da qui il tempismo del Trattato, che mira a dare al nuovo presidente i poteri per salvare l’America a spese del mondo intero. Difatti, gli USA sono ad un tempo il “grande malato” dell’economia mondiale[5] ed il maggior contribuente dell’OMS, più ancora della Cina. E come tali, sono in grado di condizionarne le decisioni.

L’obiettivo è in fondo semplice: si tratta di rinchiudere il mondo in una rete dalla quale rimangano fuori soltanto loro: all’esterno, ma seduti nella stanza dei bottoni. Dalla quale amministrare il resto del pianeta. Come già anticipato, ciò trasformerebbe il mondo intero in una colonia, da amministrare né più né meno di come l’Europa ha trattato il resto del mondo nei secoli passati[6]. Per l’occasione è stato già lanciato il nuovo slogan: “Non possiederai nulla e sarai felice”. Il copyright è del World Economic Forum, un’associazione privata che comprende circa 1.500 tra grandi e grandissimi imprenditori multinazionali (incluso il famoso Klaus Schwab), provenienti dal mondo intero. È questa la vera “assemblea globale” che oggi vuole assumere tutti i poteri. Un’assemblea al cui interno i diritti di voto non sono distribuiti in modo paritetico, ma sono “pesati” secondo le ricchezze formalmente detenute da ciascuno.

Il “Piano B”

Relativamente al Trattato Pandemico, il colpo è talmente grosso che i “furbetti”, a quanto è dato di intendere, temono adesso di non riuscire a farlo approvare. L’operazione richiede infatti una maggioranza qualificata pari a non meno di 2/3 dei membri ONU. Si starebbe allora preparando un “Piano B”, che consisterebbe nello spostare le norme liberticide dal Trattato al Regolamento interno dell’OMS. Questo si può infatti modificare a maggioranza semplice: bastano 98 voti.

Non sarebbe la prima volta che una simile manovra ha luogo. È accaduto lo stesso allorquando il progetto della cosiddetta “Costituzione europea” è crollato di fronte all’opposizione popolare. Nell’occasione, l’élite che ci governa ha reagito collocando a livello di trattati internazionali (soprattutto il Trattato di Nizza) le norme tecniche che trasferiscono i poteri determinanti dai singoli Stati all’Unione europea[7]. Questa è diventata di fatto una sorta di ircocervo, un “quasi Stato”, nel quale il potere è concentrato in pochissime mani ed ai parlamentari, che non possono esprimere il governo, non è consentita nemmeno l’iniziativa legislativa. Il risultato è un deficit democratico ineliminabile, che non è nemmeno equilibrato dalla relativa maggiore efficienza che solitamente caratterizza i regimi autoritari.

Tutto ciò non deve meravigliare. Le storture originarie dell’Unione europea presentano tutti i tratti di un organismo handicappato, fatto nascere a forza dalle stesse élites che su un altro versante si battono ostinatamente per far abortire i bambini, anche e soprattutto se potrebbero nascere sani. Queste caratteristiche istituzionali sono infatti finalizzate a consentire che l’embrione di Stato europeo si sciolga prossimamente nel calderone dal quale dovrà scaturire il futuro governo mondiale. Da quanto è dato intuire, tale governo sarà caratterizzato dalla stessa mancanza di coesione che ravvisiamo nella UE, dove le diverse istituzioni costituiscono delle realtà fra loro disarticolate.

Se tutto procedesse come si vuole “dall’alto”, vedremmo nascere, più che una modalità di governance completamente inedita, una forma “perfezionata” della attuale struttura europea. Una forma ibrida che vede il potere spartito tra le grandi multinazionali e le organizzazioni non governative – ergo, private – che sono state messe in piedi come “braccio” politico dei magnati. Organizzazioni il cui compito è di “costruire” un consenso apparente per le decisioni elaborate dai moderni “padroni del vapore”.

Tempus fugit

Per il “Trattato pandemico” i tempi sono strettissimi: il golpe (o, per chi preferisce usare il “politicamente corretto”: il voto) è calendarizzato per maggio, all’indomani delle elezioni europee. A quel tempo il nostro continente sarà ancora rappresentato dai leader espressi dall’attuale coalizione di centro-sinistra, mentre la nuova maggioranza che probabilmente emergerà dalle urne non avrà avuto il tempo di organizzarsi e prendere in mano le redini del potere. Certe coincidenze non sono mai casuali.

A questo punto la parola passa più che mai ai singoli Stati, che conservano ancora (non si sa fino a quando) l’autorità di aderire o meno al “trappolone”. La situazione è invero assai difficile. La bozza di piano pandemico nazionale recentemente presentata alle Camere contiene già la sottomissione dell’Italia ai diktat dell’OMS, anche se non esplicitamente. Non resta che sperare nella votazione finale in assemblea. Ogni azione di sensibilizzazione mediatica e politica, ovunque avvenga, è dunque benvenuta e potremmo dire, anche “sacrosanta”.

Per i cattolici, doverosa appare una mobilitazione di natura religiosa. Da troppo tempo abbiamo dimenticato il potere della preghiera collettiva. Sarà forse il caso di ricordare come una catena di rosari, portata avanti per anni, da una porzione crescente del popolo austriaco abbia portato nel dopoguerra all’evacuazione delle truppe sovietiche ed al ristabilimento dell’indipendenza del Paese. Se a ciò aggiungiamo che maggio è il mese caro alla Madonna, non ci dovrebbero essere dubbi su quale sia il nostro compito primo.

[1] Nel 1999 si era giunti ad un passo dall’inserire nell’elenco anche il “benessere spirituale”.

[2] Cfr. Il Deep State planetario: la politica manovrata dall’ombra – 15° Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel Mondo, a cura di G. Crepaldi, R. Cascioli, S. Fontana, Siena, Cantagalli – Osservatorio internazionale Card. Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa, 2023.

[3] Questo tema è “convenientemente” omesso dagli organi d’informazione.

[4] Il quale è praticamente in guerra con la Federazione Russa.

[5] Cfr. “Le logiche economiche del Great Reset”, in Proprietà privata e libertà: contro lo sharing globalista – 14° Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel Mondo, a cura di R. Cascioli, G. Crepaldi, S. Fontana, Siena, Cantagalli – Osservatorio internazionale Card. Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa, 2022, pp. 37-60.

[6] Vi sono ancora dubbi sulle ragioni per le quali non il solo Putin ma la maggior parte del pianeta – che si sta organizzando all’interno dei BRICS – si oppone agli Stati Uniti?

[7] Si consideri che la Costituzione italiana esclude le leggi di ratifica dei Trattati internazionali dalla possibilità del referendum abrogativo. Una circostanza che spiega l’apparente “debolezza” che i nostri governanti mostrano nei rapporti con gli altri Stati.

6126.- La “colpa” di Carlson: mostrare il punto di vista di Putin

Tutti contro Carlson, fatto oggetto in Occidente di un oscurantismo maccartista senza precedenti, che impedisce informazioni non allineate. La guerra (come prima il Covid) appare quindi un buon pretesto per imporre censure.

Da La Nuova Bussola Quotidiana, di Gianandrea Gaiani, 13_02_2024

Con l’intervista fiume a Vladimir Putin il giornalista televisivo Tucker Carlson ha fatto arrabbiare tutti al di qua della “Cortina di Ferro”, cioè in quello che ai tempi della prima guerra fredda potevamo definire orgogliosamente il “mondo libero”. Ha fatto arrabbiare i colleghi, anchorman e star dei grandi media mainstream statunitensi perché ha ottenuto un incontro e una intervista con Putin che ad altri è stata negata, Non pago, giusto per aumentare la dose di bile dei colleghi che non gli perdonano né di venire dalla “reazionaria” Fox News né di essere vicino a Donald Trump, Carlson ha ottenuto da Mosca anche di poter intervistare Edward Snowden.

Un’intervista non meno importante di quella a Putin tenuto conto che la fuga di Snowden, prima in Cina poi a Mosca, scatenò nel 2013 quel Datagate che raccontò al mondo intero di come gli Stati Uniti (e i britannici) spiano amici e alleati fino a controllare i cellulari di leader, capi di stato e di governo europei, i quali hanno peraltro reagito con limitate proteste formali, di fatto accettando come un fatto ineluttabile il loro stato di sudditanza. Imprese sviluppatesi peraltro negli anni dell’amministrazione Obama in cui Joe Biden era vice presidente. 

Tornando all’intervista a Putin, Carlson ha fatto arrabbiare anche gli editori delle testate mainstream perché la mole di visualizzazioni che ha totalizzato (oltre 100 milioni nelle prime 24 ore) ha ridicolizzato anche le più affermate testate statunitensi dimostrando che la censura posta dall’Occidente nei confronti dei media russi e delle fonti ufficiali russe non solo non serve a nulla perché non crea consenso (il sostegno all’Ucraina non gode di grande popolarità sulle due sponde dell’Atlantico) ma è contro producente perché evidenzia l’inadeguatezza delle classi dirigenti di Europa e USA, entrambe in crisi di fiducia e consensi presso le proprie opinioni pubbliche. 

Carlson quindi ha fatto arrabbiare anche i governi occidentali perché ha offerto una ampia vetrina a Putin che ha colto l’opportunità per raccontare, fin nei dettagli e negli aspetti storici più lontani, il punto di vista russo sulla crisi con l’Occidente e la guerra in Ucraina. Una narrazione che a tratti ha colto impreparato lo stesso Carlson, apparso in più occasioni spiazzato dai riferimenti di Putin su cui non si era documentato. Ma del resto, c’è forse un leader in Occidente tra quelli che si oppongono alla Russia a poter sostenere con argomenti efficaci un dibattito con Putin sui temi toccati nell’intervista? 

La vera “colpa” di Carlson è di aver mostrato il punto di vista di Mosca e di Putin, un crimine per un Occidente talmente sicuro e forte dei suoi principi da adottare un oscurantismo maccartista senza precedenti per definire fake news o disinformazione le “verità degli altri” e applicare la censura alle fonti non allineate. Se così non fosse oggi non si parlerebbe di possibili sanzioni della UE a Tucker Carlson: primo caso di un giornalista sanzionato per aver intervistato uno dei protagonisti del panorama mondiale ma che oggi non sarebbe certo sorprendente ma costituirebbe una sciocchezza enorme e un autogol.

L’ostracismo verso Carlson è il modo migliore per ingigantirne ruolo e fama spalancandogli le porte di un incarico politico se alle prossime elezioni dovesse vincere Donald Trump. Meglio non dimenticare che (anche qui in Italia) i fustigatori di Carlson sono in molti casi gli stessi che avevano messo in prima pagina le liste di proscrizione dei “putiniani” o quei direttori e giornalisti che sono stati decorati dal presidente Volodymyr Zelensky  per i servigi resi all’Ucraina, per non parlare delle interviste a Zelensky effettuate in totale adorazione dell’interlocutore ucraino e del tutto prive di domande scomode circa.

Le critiche mosse all’intervista di Carlson riguardano quindi solo il personaggio intervistato. Qualcuno sostiene con convinzione che in guerra non si debba intervistare il nemico ma occorre osservare, sgombrando il campo da ogni ipocrisia, che se fossimo davvero in guerra con la Russia i nostri soldati combatterebbero a fianco degli ucraini ad Avdiivka o in altre aree del Donbass e sarebbe lecito attendersi che in Europa non vengano acquistati oltre 42 milioni di metri cubi di gas al giorno dalla Russia, che peraltro giungono da noi nei  gasdotti che attraversano l’Ucraina.

La guerra (come prima il Covid) appare quindi un buon pretesto per imporre censure, limitare la libertà d’espressione e di dissenso e vietare il confronto delle idee che ha reso grande e prospero il “mondo libero”, nella speranza vana che l’opinione pubblica non si renda conto della pochezza della classe dirigente che sta guidando l’Occidente verso il baratro.

Carlson del resto ha dimostrato di aver ben compreso e ragioni dell’astio nei suoi confronti: dopo aver ammesso  di non essere particolarmente popolare tra i colleghi ha ribadito che la gran parte degli americani non ha capito questo conflitto se non superficialmente ed era giusto lasciare che Putin parlasse e spiegasse la sua visione del mondo perché gli americani si facessero un’idea compiuta. 

In termini di informazione l’intervista a Putin contiene alcuni aspetti critici: è troppo lunga, non è stata pianificata dettagliatamente nei tempi delle risposte e l’impressione è che il conduttore abbia ceduto troppo spesso il timone all’intervistato. A ben guardare aspetti abbastanza consueti nelle interviste a leader di primo piano. Inoltre non contiene elementi nuovi se non la disponibilità a uno scambio con gli USA di cittadini in carcere nelle rispettive nazioni.       

«Ho provato per tre anni a fare quest’intervista ma il governo del mio Paese ha fatto di tutto per impedirmelo addirittura lavorando con i servizi, illegalmente, contro di me e questo mi ha mandato su tutte le furie» ha detto ieri Tucker Carlson, invitato sul palco principale del World Governments Summit di Dubai per raccontare la clamorosa intervista diffusa su X.

«Sono americano, ho 54 anni e ho sempre pagato le tasse, eppure per tre anni il governo del mio Paese ha fatto di tutto, ricorrendo anche ai servizi segreti, per impedirmi di intervistare Vladimir Putin. Pensavo di esser nato libero e in Paese libero», aggiunge, raccontando come la CIA abbia fatto pressioni sul Cremlino per far cancellare l’appuntamento. 

«Non mi sarei mai aspettato che il mio Paese e la CIA, che solitamente combatte i nemici, si sarebbero rivolti contro un suo cittadino. Questo mi ha scioccato ma ha anche rafforzato la mia determinazione a fare quest’intervista: non solo per capire quale fosse la visione del mondo di Putin ma perché mi erano state date motivazioni assurde per non farla».

A Dubai Carlson si è vendicato degli sgarbi subiti negli Stati Uniti «evidentemente guidati da un uomo incompetente: è malato, le sue aspettative di vita sono al ribasso e questa non è un’osservazione politica. E’ la realtà delle cose anche se in America è giudicato sconveniente dirlo». Quanto al conflitto in Ucraina ha detto che «Putin vuole uscire da questa guerra e sarà sempre più aperto al negoziato se il conflitto durerà» ma «l’Occidente non ha mai riflettuto abbastanza su quali siano gli obiettivi concretamente raggiungibili di un negoziato: restituire la Crimea a Kiev come alcuni hanno ventilato significa non capire nulla dell’area e non avere il senso di cosa è fattibile».

Parole che sembrano voler tirare la volata a Trump, che ha più volte affermato che se tornerà alla Casa Bianca concluderà il conflitto in Ucraina in 24 ore.

6094.- Chi soffia per spegnere Aifa leaks e inchiesta Speranza

O’ pisce fèta da ‘a capa! È tutto quello che sappiamo.

La grande stampa ignora del tutto l’indagine della magistratura su Speranza. Dal Colle ai media fino ai partiti di sinistra: tutti gli ostacoli di un’inchiesta che potrebbe aprire un capitolo nuovo nel giudicare gli errori e gli orrori della campagna vaccinale.

Da La Nuova Bussola Quotidiana, di Andrea Zambrano, 24_11_2023

Il fatto che nessuno dei giornali ieri in edicola (tranne la Verità) avesse in prima pagina la notizia che l’ex ministro della Salute Roberto Speranza è indagato dalla Procura di Roma nella gestione della campagna vaccinale, è un chiaro segnale di indirizzo che il Procuratore di Roma Francesco Lo Voi non avrà l’appoggio della grande stampa italiana nel caso in cui dovessero emergere responsabilità accertate.

Del resto, la campagna vaccinale per l’ennesima dose di vaccino anti covid è in corso, con risultati disastrosi, e i media mainstream, dal Corriere a Repubblica in giù si stanno spellando le mani per convincere gli italiani riottosi che il vaccino non crea nessun effetto avverso e se li crea – come le stesse case farmaceutiche e l’Ema sono costrette ad ammettere – è roba di poco conto quando addirittura inventata. «Le miocarditi? Frutto di diagnosi sbagliate dei cardiologi», si è provato persino a dire senza temere di essere spernacchiati a dovere. Di mal di vaccino non si deve parlare.

La saldatura tra il potere politico che ha imposto un vaccino sperimentale pena la perdita dei diritti civili e quello mediatico che ha veicolato questa imposizione spacciandola per dovere civico è ancora più forte che mai e non rischia di essere scalfita. Del resto, come potrebbe essere altrimenti se non più tardi di ieri mattina l’Ansa – dicasi l’Ansa! – poteva permettersi di dare la notizia che Speranza, tramite il suo legale, chiederà alla Procura l’archiviazione, senza però aver mai dato precedentemente la notizia della sua iscrizione – e di quella di Nicola Magrini, ex dg Aifa – nel registro degli indagati per svariati reati, tra cui l’omicidio plurimo.

Scene che si vedono solo in certe democrazie guaste del Latinoamerica, quelle dove la stampa è così asservita al potere da non ritenere nemmeno degna di una riga in cronaca una notizia di un ex ministro indagato per omicidio plurimo dalla più importante Procura d’Italia.

Va detto che la remissività vile del sistema mediatico nostrano di fronte alle migliaia di danneggiati da vaccino – stiamo parlando di invalidi e di morti che non trovano un riconoscimento -, trova come sua unica eccezione il coraggio di una sola trasmissione tv che si staglia nel panorama nazionale come mosca bianca in mezzo a tanti talk show urlati e accomodati e che non solo ha avuto il merito di portare all’attenzione della Magistratura l’indagine sugli Aifa leaks, ossia i silenzi e le censure dell’ente del farmaco circa reazioni avverse durante la campagna vaccinale, ma ha tenuto l’osso senza temere intimidazioni, come deve fare un cane da guardia e non un cane da riporto.

La determinazione e la solitudine con la quale i giornalisti Mediaset Mario Giordano e Marianna Canè hanno condotto l’inchiesta sugli Aifa leaks dovrebbero essere studiate nelle scuole di giornalismo e far gridare tutti gli altri giornali per lo meno per spirito di corporazione; invece, è stata coperta dal chiassoso vociare di un mainstream stancamente asservito a un potere sempre più autoreferenziale.

Perché se non è una notizia il fatto che quello che è stato propagandato come un vaccino sicuro, efficace e panacea di tutti i mali, in realtà non lo era e questo era risaputo e taciuto dalle istituzioni sanitarie, allora che cosa è una notizia degna di tal nome?

Ma se il Procuratore di Roma non avrà il fiato sul collo della grande stampa, avrà invece – si perdoni il gioco di parole – il “fiato del Colle”. Un’inchiesta del genere è destinata a scontrarsi con un dogma che abbiamo visto imporsi in tutti i modi: «Il vaccino ci ha salvato, chi dice che ha fatto male a qualcuno mente e non segue la scienza». A garanzia di questa narrazione bugiarda – oggi lo possiamo dire per almeno un centinaio di ragioni scientifiche – c’è sempre stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che anche nella limitazione degli ambiti di indagine della Commissione bicamerale Covid, ha mostrato come si possa azzoppare qualunque attività ispettiva rischi di mettere in discussione questo costrutto.   

Dal Quirinale ai partiti di Sinistra passando per i media: chi soffia contro questa inchiesta, minimizzandola o censurandola, è lo stesso, dunque che cercherà di rendere infruttuosi il lavoro della Bicamerale Covid.

Non è affatto scontato poi, che il Tribunale dei ministri darà il via libera per indagare su Speranza, oppure che non si vada oltre la fase istruttoria. Di sicuro questa indagine può aprire un nuovo capitolo oppure chiuderlo per sempre: i danneggiati da vaccino hanno avuto se non altro la dignità di essere considerati da un potere dello Stato – quello giudiziario – che finora era stato silente sul loro dramma. Chiaramente non si sta dicendo che la Procura accusi chicchessia, ma almeno si può affermare che le accuse contro Speranza e Magrini sono ritenute credibili e meritorie di essere approfondite.

Mentre la medicina di Stato e la politica, in tutte le sue forme, è ancora colpevolmente assente dall’ascolto di quello che la presidente di Ascoltami ha definito “il nostro inferno”, un Procuratore, come alto rappresentante di un potere dello Stato riconosce che quell’inferno potrebbe esistere e qualcuno potrebbe anche esserne responsabile. Gli errori e gli orrori della vaccinazione coatta potrebbero venire alla luce aprendo un nuovo capitolo nel giudicare quella stagione. 

Certo non sarà facile perché il difficile viene adesso. Infatti, c’è anche chi, ieri mattina, tra i corridoi del Senato commentava con disincanto questa decisione clamorosa. Come noto la Bicamerale Covid, che sarà chiamata a dare un giudizio politico sulle decisioni prese in pandemia dai due governi che l’hanno gestita, dovrà ascoltare anche l’ex ministro Speranza su varie questioni, compresi gli effetti avversi. Ma se l’esponente del Pd ed ex ministro è indagato dalla Procura di Roma, allora, com’è nel regolamento, potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere proprio perché sottoposto a indagine della Magistratura. Se poi l’inchiesta di Roma dovesse concludersi con un’archiviazione, ecco che Speranza la “farebbe franca” sia sul versante politico che su quello giudiziario e nessuno potrà chiamarlo a rendere conto della gestione sciagurata della campagna vaccinale, così come del folle protocollo Tachipirina e vigile attesa.

Uno scenario sconfortante, ma che va tenuto in conto. È bene però tenere sempre di fronte un orizzonte concreto. E questo è rappresentato dagli oltre 4200 danneggiati riunito nel Comitato Ascoltami che sono rimasti feriti sul campo e che chiedono cure, un ambulatorio dedicato e un codice esentivo per visite ed esami. Pochi o tanti che siano, per loro almeno siamo sicuramente in grado di poter affermare che “i benefici non hanno superato i rischi”, come recitava un altro mantra imposto sciaguratamente in campagna vaccinale secondo una logica eugenetica. È a loro e non ad altri, i quali dal vaccino non hanno avuto conseguenza alcuna, che si devono le risposte sull’eventuale dolo di chi li ha trascinati in questo vortice.

5895.- Storica sentenza negli Usa: “L’amministrazione Biden ha violato il primo emendamento censurando notizie sul Covid”

Il primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti garantisce la terzietà delle leggi, anche degli Stati, rispetto al culto della religione e il suo libero esercizio, nonché alla libertà di parola e di stampa (libertà di espressione), al diritto di riunirsi pacificamente; e al diritto di appellarsi al governo per correggere torti subiti. Esso, inoltre, proibisce al Congresso degli Stati Uniti di “fare alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione”. Fu approvato nel 1789 e ratificato con altri 12 emendamenti nel 1791. 

L’azione di controllo sui social, ha costretto o incoraggiato le società di social media a rimuovere, sopprimere o ridurre, anche attraverso l’alterazione dell’algoritmo, post che avevano contenuti protetti dalla libertà di espressione”, ma che contrastavano con le informazioni ufficiali su Covid ed elezioni. Per esempio, ha fatto sì che Donald Trump fosse bandito dalle principali piattaforme dopo l’assalto al Congresso. Anche questa è stata una violazione della libertà di espressione. La Corte d’appello lo ha chiarito: “La censura nei social sulle elezioni e sul Covid ha violato la libertà d’espressione”

Emendamento 1: «Il Congresso non potrà promulgare leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione o per proibirne il libero culto, per limitare la libertà di parola o di stampa o che limitino il diritto della gente a riunirsi in forma pacifica e a presentare petizioni al governo per riparare ai torti subiti.»

Sarebbe utile che una copia di questo emendamento giungesse anche al Quirinale.

Da ByoBlu, 11 Settembre 2023 Rassegne Italia

La Casa Bianca ha ammesso la censura sul Covid.

Da ByoBlu – Nelle scorse ore tre giudici della Corte d’appello del Quinto distretto hanno accolto il ricorso presentato dallo Stato del Missouri, della Louisiana e da tre scienziati contro Joe Biden, Anthony Fauci, l’Fbi e i Cdc per aver censurato opinioni contrarie alla narrazione ufficiale rispetto al Covid-19 sui social.

I giudici hanno stabilito che l’amministrazione pubblica “ha costretto o incoraggiato in modo significativo le piattaforme di social media a moderare i contenuti” in violazione del Primo Emendamento.

È stata una vittoria per tutti noi che abbiamo subito la censura governativa”ha scritto in un lungo post su X il giornalista Michael Shellenberger, che insieme ad altri colleghi aveva nei mesi scorsi diffuso i famosi “Twitter files” da cui emergeva chiaramente l’azione coercitiva e censoria delle agenzie governative nei confronti dei contenuti ritenuti di disinformazione.

5699.- Ma quale informazione!

Alessandro Di Battista su Facebook fa una rapida rassegna dei silenzi dei media italiani sulle questioni vitali in campo, cui fa da contraltare la morbosità dei commenti, meglio, dei pettegolezzi intorno alle esequie di un Grande uomo, politico, imprenditore. Neanche i 500 migranti affogati in Grecia, hanno fatto notizia. Dalla pagina di Riccardo Giuseppe Di Martiis.

C’era una volta il tricolore…

Il FUNERALE DELLA LIBERTA’ DI INFORMAZIONE

I primi tentativi da parte ucraina di sfondare le linee russe si sono trasformati in vere e proprie carneficine. Una tragedia. Ragazzi morti su carri armati occidentali e russi che hanno catturato alcuni Leopard. I famigerati carri armati tedeschi che avrebbero dovuto cambiare la guerra. Le immagini ci sono (alcune davvero tremende) ma in Italia non vanno mostrate. Meglio i funerali di B. a reti unificate.

L’altro ieri William Ruto, Presidente del Kenya (colonia britannica fino al 1963) ha invitato tutti i leader africani ad abbandonare l’uso del dollaro per gli interscambi nel loro continente. Una notizia enorme. Ma nel nostro Paese non se ne parla. Si parla solo esclusivamente di Berlusconi.

Decine di migliaia di cittadini italiani hanno firmato per i referendum contro l’invio di armi in Ucraina e a favore della sanità pubblica. Un referendum vergognosamente silenziato dal mainstream. Questo anche prima della morte di Berlusconi ovviamente.

L’Egitto (uno dei Paesi con i quali la Meloni voleva strutturare il “piano Mattei” per il Mediterraneo, un paese ricco di petrolio e ricchissimo di gas) ha fatto ufficialmente domanda per entrare nel gruppo dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Anche il Venezuela e l’Iran (rispettivamente primo e quarto paese per riserve petrolifere al mondo) stanno pensando la stessa cosa. Le economie dei Brics (se non l’hanno già fatto) presto supereranno quelle del blocco occidentale. Ma da noi non se ne parla. Tutti zitti davanti alla Nato e nei prossimi mesi tutti impegnati in modo morboso a tentare di capire che fine farà l’eredità di B.

Ieri Xi Jinping ha ricevuto a Pechino il Presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas con tutti gli onori. Un’accoglienza davvero impressionante. La Cina sta tentando di mediare tra Palestina (quelli invasi) e Israele (gli invasori). Compito arduo anche se era arduo riavvicinare Iran e Arabia Saudita e i cinesi ci sono riusciti. Ad ogni modo con questa mossa Pechino sta diventando sempre più punto di riferimento nel mondo arabo. Quel mondo sul quale fino a pochi decenni fa era l’Europa ad avere influenza. Ma di questo non si parla. Figuriamoci se i nostri media parlano della questione palestinese.

Sei giorni fa l’Alta corte britannica ha respinto un nuovo ricorso degli avvocati di Assange contro l’estradizione in USA. Centinaia di dirette, forse migliaia da Arcore e da Piazza Duomo e nessuna (dico nessuna) dal carcere di Belmarsh, la Guantanamo britannica dove un Giornalista marcisce in una cella 2×3 per averci dato notizie vere. Alcune tra l’altro che riguardavano le nefandezze di politici che ieri si battevano il petto in chiesa.

Il Wall Street Journal in tutto ciò (citando fonti USA) ha parlato di un prossimo invio da parte statunitense di proiettili ad uranio impoverito in Ucraina. Mosca ha risposto che se ciò dovesse avvenire loro faranno altrettanto. Si parla di armi che provocheranno danni ambientali per i prossimi decenni. Ma d’altro canto, come ha detto Draghi, “l’Ucraina deve assolutamente vincere la guerra”. Anche di questo non si parla. Far commentare questa notizia ai sedicenti ambientalisti di sinistra che spingono per l’invio di armi a Kiev sarebbe davvero troppo in effetti.

Lo spettacolo indecoroso fornito dal 99% dei media italiani in questi ultimi giorni ha oscurato notizie decisive per il nostro futuro e per quello dell’Europa intera (che si è infilata in un vicolo cieco e non lo vuole ammettere). Normale amministrazione in un Paese sempre più a sovranità politica ed intellettuale limitata.

5359.- Il capitalismo non offre soluzioni all’ecocidio: note dal limite della matrice narrativa.

Caitlin Johnstone, 4 Settembre 2022

Capitalism Has No Solution To Ecocide by Going Rogue With Caitlin JohnstoneGoing Rogue With Caitlin Johnstone

“Coloro che rendono impossibile la rivoluzione pacifica possono semplicemente rimanere al potere indefinitamente e non subiscono conseguenze significative di alcun tipo”.
~ John F Kennedy (parafrasato)

L’ecocidio continuerà finché l’ecocidio sarà redditizio. Nessuna possibile iterazione del capitalismo può affrontare questo problema. Questo, in sé e per sé, è un argomento sufficientemente forte che il capitalismo deve essere abbandonato.

Nessun modello in cui il comportamento umano rimane guidato dal profitto può affrontare il problema che l’ecocidio continuerà finché l’ecocidio sarà redditizio. Ecco perché così tanti sostenitori del capitalismo si riducono semplicemente a fingere che l’ecocidio non sia un problema.

Eco-coscienza e anticapitalismo vanno di pari passo, ma i liberali stanno dominando il discorso ambientalista mentre i comunisti spesso lo trascurano. Questo è un errore strategico e morale. Questo è l’argomento più forte contro il capitalismo, ed è uno che deve essere portato avanti.

Può volerci un po’ prima che una sinistra tale di principio contro la guerra impari che nel quadro generale hanno ben poco in comune con i cosiddetti progressisti che per lo più ignorano l’imperialismo statunitense e vogliono solo che l’impero perdoni i loro prestiti studenteschi. La differenza tra una persona di sinistra che si oppone al capitalismo e all’impero e il tuo progressista medio di Bernie Sanders è considerevolmente maggiore della differenza tra il tuo progressista medio di Bernie Sanders e il tuo clintonista medio dell’MSNBC.

Niente di tutto ciò significa che non si può lavorare con i progressisti sui punti di convergenza, significa solo che sono ideologicamente diversi e che non serve a nessuno fingere il contrario. Lo stesso vale per i libertari di destra contro la guerra. Alla fine c’è una comunanza ovunque gli interessi di classe si allineano.

Sono diffidente come chiunque altro nelle nuove narrazioni tradizionali sugli UFO, ma quando il Congresso afferma che gli UFO sono una minaccia che si “espande in modo esponenziale”, probabilmente merita attenzione. Non so perché lo dicono, ma non lo dicono senza motivo. C’è un’agenda qui, sia che si tratti di armare lo spazio o di coprire la nuova tecnologia militare o semplicemente di assicurarsi più soldi per il complesso militare-industriale. Non sono disposto a impegnarmi in alcuna posizione su ciò che esattamente stanno facendo, ma chiaramente hanno in mente qualcosa.

Non molte persone del mio settore, della mia frangia politica stanno guardando a questo, e penso che ciò accada in parte perché c’è così tanta incertezza e in parte perché non si adatta davvero a nessuno dei nostri modelli di comprensione del mondo. Ma qualunque cosa sia, merita almeno un po’ di attenzione.

Più informazioni vengono fuori sull’efficacia degli psichedelici nel trattamento del trauma psicologico, più sembra scandalosamente criminale che questi farmaci siano stati soppressi per generazioni mentre il mondo veniva distrutto da una specie altamente traumatizzata.

Tutti abbiamo avuto l’esperienza di voler cambiare qualcosa di indesiderabile nel nostro comportamento, ma non essere in grado di farlo. Ciò accade perché le forze che guidano quel comportamento non sono ancora coscienti. Questo è ciò che sta accadendo anche con il comportamento autodistruttivo dell’umanità nel suo insieme.

C’è un malinteso nella nostra società secondo cui le persone interrompono il loro comportamento autodistruttivo quando applicano la “forza di volontà”, che in realtà è solo un rumore di testa vuota. In realtà le persone cambiano quando c’è un’espansione della coscienza. Questo è ciò che stiamo aspettando anche con la specie umana.

Questo è in definitiva il motivo per cui stiamo distruggendo il nostro pianeta pur sapendo che è un male per noi. Possiamo parlare quanto vogliamo di capitalismo, corruzione, impero ed ecocidio, ma sotto tutto ciò che stiamo veramente guardando è la lotta di una specie pensante per diventare una specie consapevole.

Quindi per me la risposta al “cosa possiamo fare?”, di solito, è espandere la coscienza. Diffondi la consapevolezza di ciò che sta accadendo nel mondo, espandi la nostra coscienza di ciò che sta accadendo in noi stessi, qualsiasi cosa tu possa fare per portare consapevolezza su questioni importanti precedentemente inconsce. E le persone lo stanno già facendo.

Questo è tutto un sano attivismo in genere: persone che lavorano per diffondere la consapevolezza su un tema importante. Questo è anche il vero giornalismo, il vero dissenso politico e l’autentica spiritualità. Si tratta di espandere la consapevolezza.

Lavorare per una sana umanità è essenzialmente il fine del passeggiare per i corridoi oscuri del nostro inconscio collettivo e accendere le luci, una per una. Non è facile, ma più luci si accendono più le persone sveglie ci aiuteranno ad accendere il resto di loro.