Archivi categoria: Angola

5825.- Punto a capo della Françafrique e cosa pensano Usa, Francia, Germania e Italia del colpo di stato in Niger

Macron e la fine della Franceafrique

La Francia non è più il regista, il paladino dell’Africa. Mentre il Governo Meloni, a grandi passi, porta avanti il suo Nuovo Piano Mattei, ai primi di marzo, il capo dell’Eliseo ha visitato quattro Stati: Gabon, Angola, Repubblica del Congo e  Repubblica democratica del Congo, per costruire «una nuova partnership» che vuole creare con le ex colonie francesi dove, dal Sahel, all’Algeria, all’Africa Centrale, si sta facendo sempre più forte un sentimento antifrancese. La partecipazione popolare a favore degli autori del colpo di Stato in Niger ha dimostrato ampiamente questo sentimento. Da Kinshasa, in Congo, abbiamo ascoltato lo storico battibecco, durante una conferenza stampa, tra il Presidente francese Macron  e l’omologo africano Félix Tshisekedi. Qui, Tshisekedi disse: “Volevo essere molto preciso nel dirlo. Deve cambiare il modo di cooperare con la Francia e con l’Europa. Guardarci in modo diverso, rispettandoci l’un l’altro, considerandoci dei veri partner e non sempre con uno sguardo paternalistico.” e, poi, “«L’ho incalzato sull’argomento perché sono convinto che la Françafrique sia obsoleta.”  Macron ha rimproverato a Tshisekedi di cercare i colpevoli dei loro problemi all’esterno, anziché all’interno del Paese, ma, per Parigi, il vento è cambiato.

In molte parti dell’Africa centrale e nella regione del Sahel il vento antifrancese ha portato al ritiro dei militari francesi. Così nel Mali, nel Burkina Faso e nella Repubblica Centrafricana. È la fine dell’influenza francese nelle ex colonie alleate della Francia, ma non deve essere un ostacolo per il Governo italiano. E, infatti, la missione africana del presidente francese non è stata felice. Mentre Macron atterrava in Gabon, a Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, decine di giovani congolesi manifestavano contro di lui davanti all’Ambasciata di Francia, brandendo bandiere russe.

Auspichiamo la staffetta fra la Francia e l’Italia, fra la politica della Françafrique e la politica di solidarietà attiva del Nuovo Piano Mattei, prima che Russia, Cina e Turchia occupino le posizioni. Sempre in Niger e in Congo, i dimostranti sventolavano bandiere russe ed è facile capire chi le avessi distribuite. Gli striscioni e gli slogan dicevano “Macron assassino, Putin in soccorso” e anche molto peggio.

 africa macron fine franceafrique
© LUDOVIC MARIN / AFP – Macron in visita nella Repubblica democratica del Congo
 africa macron fine franceafrique
©  Arsene Mpiana / AFPProteste nella Repubblica democratica del Congo per la visita di Macron

Certamente, l’immagine neocolonialista della Francia soffre anche della sua lotta, manu militari, al jihadismo. Il neocolonialismo non si basa più sull’occupazione militare dei paesi in via di sviluppo e sulla tratta degli schiavi, ma la sostanza è cambiata di poco. Fragili democrazie, specie in Africa, sono vittime di colpi di Stato, conflitti interetnici ed interreligiosi, di corruzione, ma soprattutto dell’ingerenza del capitale straniero e degli “aiuti” militari delle grandi potenze, che scambiano armi con terreni agricoli, licenze di sfruttamento minerario o petrolifero. Meglio i cinesi. Anche i contratti sulle infrastrutture fondamentali di quei paesi parlano francese. La Francia ha attualmente circa 200 società o filiali in Mali, 45 in Burkina Faso, 30 in Niger e una decina nella Repubblica Centrafricana. Soltanto Vincent Bollorè, imprenditore miliardario, azionista di Tim, Mediaset e secondo azionista di Mediobanca, con la sua Africa Logistics, impiega circa 20’800 persone e ha 16 concessioni di terminal container in Costa d’Avorio, Ghana, Nigeria e Gabon. Bollorè è il fautore É questa la strada per la cooperazione nel Mediterraneo allargato e plaudiamo alla retromarcia sull’ultimatum da parte della Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas),all’ipotesi di un intervento militare in Niger a favore del presidente deposto il 26 luglio. La parola ora passi alla diplomazia.

Che cosa pensano Usa, Francia, Germania e Italia del colpo di stato in Niger

Diversità di vedute e tensioni latenti sul Niger. Tutte le mosse di Francia, Germania, Stati Uniti e Italia (con quel tweet del ministro Crosetto…)

Niger

Da StartMag, Marco Orioles, 9 Agosto 2023

Tramontata per ora l’ipotesi di un intervento militare in Niger dopo il colpo di stato del 26 luglio e il successivo ultimatum da parte della Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas), la parola adesso passa alla diplomazia, assecondando anche gli umori di governi come quello tedesco e italiano che ora frenano e fremono alla prospettiva di una conflagrazione generale nel Sahel. Ecco le ultime notizie dal Niger e le posizioni dei vari attori coinvolti.

Alta tensione in Niger

La situazione rimane tesissima nel Sahel dopo che alle 23 di domenica è scaduto l’ultimatum dell’Ecowas, il blocco dei 15 Paesi dell’Africa occidentale di cui anche il Niger fa parte, alla giunta golpista di ripristinare l’ordine costituzionale rimettendo al suo posto il Presidente Bazoum deposto lo scorso 26 luglio. Anziché piegarsi alla richiesta, i militari nigerini hanno chiuso lo spazio aereo e si sono impegnati a difendere il Paese da ogni ingerenza esterna.

Lunedì, in un chiaro segno di sfida, la giunta nigerina ha nominato il nuovo Capo del governo nella persona del Ministro delle Finanze Ali Mahamane Lamine Zeine e ha esortato i numerosi manifestanti scesi in piazza nella capitale Niamey, a combattere contro gli eventuali invasori.

In una dichiarazione letta in televisione e riportata da Reuters un rappresentante della giunta ha promesso che “le forze armate del Niger, appoggiate dall’incrollabile supporto del nostro popolo, sono pronte a difendere l’integrità del nostro territorio”. Qualsiasi tentativo di violare lo spazio aereo nigerino, ha aggiunto il rappresentante, sarebbe stato respinto “con una risposta istantanea ed energica”.

Nel frattempo l’esercito del Mali ha fatto sapere lunedì di essere pronto a mandare una propria delegazione a Niamey per discutere con la giunta, mentre un volo militare proveniente dal Burkina Faso è stato segnalato in atterraggio nella capitale nigerina verso le 11 di lunedì. Sia il Mali che il Burkina Faso sono guidati da giunte militari che hanno minacciato di intervenire a fianco del Niger.

Le mosse dell’Ecowas

Il minacciato intervento armato dell’Ecowas non si è intanto materializzato nonostante la diffusione della notizia, riportata da Reuters, secondo cui i capi della difesa dei Paesi della Comunità si sono riuniti venerdì per discutere di piani militari. 

L’urgenza di una soluzione militare alla crisi ha lasciato spazio alla diplomazia, soprattutto dopo che il Senato nigeriano, riunitosi nel weekend per discutere dell’intenzione del Presidente Bola Timubu di spingere per l’uso della forza, ha visto molti senatori nutrire aperte perplessità. Il voto dell’Assemblea Nazionale nigeriana è necessario per autorizzare ogni tipo di intervento militare.

Nella giornata di lunedì un portavoce dell’Ecowas ha dichiarato che i leader del blocco terranno un summit straordinario giovedì nel quartier generale dell’organizzazione ad Abuja per discutere le prossime mosse. Tramontati i toni bellicosi della prima ora, la parola d’ordine adesso sembra essere: trattiamo.

I passi degli Usa

Sin dalle ore successive al golpe del 26 luglio, gli Usa si sono schierati dalla parte di Bazoum in difesa dell’ordine costituzionale violato dai golpisti.

Come riferisce la Bbc, nella giornata di lunedì, mentre il Dipartimento di Stato minacciava di cancellare “centinaia di milioni dollari” in assistenza se non si fosse tornati allo status quo ante, la Vicesegretaria di Stato Victoria Nuland si è recata a Niamey per incontrare i militari. 

Nuland si è incontrata per due ore con il nuovo Capo di stato maggiore dell’esercito ma non ha visto il leader della giunta Generale Tchani né ha potuto sincerarsi di persona delle condizioni in cui versa Bazoum.

La posta in gioco è altissima per Washington che schiera in Niger la più grande task force del continente africano forte di due basi e di circa 1.000 soldati. Se in un primo momento gli Usa si erano allineati all’orientamento francese nel sostegno a una possibile azione di forza da parte dell’Ecowas, adesso ci sono timori per le conseguenze di una deflagrazione generale e soprattutto per l’ingresso nel Paese della Wagner evocato esplicitamente dal Segretario di Stato Antony Blinken.

Le posizioni di Francia e Germania

Parigi ora morde il freno, mentre il destino dei suoi 1.500 uomini schierati nel Paese rimane incerto. Il Ministero degli Esteri ha sconsigliato ai francesi di recarsi nel Paese e ha sollecitato coloro che vi si trovano a esercitare “la più grande vigilanza”.

I golpisti sono “totalmente isolati”, ha tuonato l’ex rappresentante militare francese all’Onu Generale Dominique Trinquand, il quale ha anche notato che la Nigeria ha smesso di fornire elettricità al Niger. 

Parigi deve fare tuttavia i conti con la posizione della Germania, che ora dichiara di seguire prioritariamente la linea diplomatica. “Sosteniamo l’Ecowas nelle trattative” ha sottolineato a Berlino il portavoce degli Esteri per il quale “Ecowas ha più volte detto che considera la violenza militare come ultimo strumento”. 

Allo stesso tempo, però, dalla cancelleria è partito un monito: “Vorrei sottolineare ancora la una volta il nostro messaggio ai golpisti avvertendoli che dovranno attendersi dure conseguenze personali se dovesse accadere qualcosa al presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum e alla sua famiglia. La riterremmo una escalation e così farebbero i nostri partner africani”.

E l’Italia?

È diventato un caso intanto in Italia un tweet del Ministro della Difesa Crosetto che secondo il quotidiano La Repubblica “è stato interpretato da molte cancellerie come un riconoscimento di fatto degli ufficiali che hanno deposto il presidente Bazoum”.

L’equivoco è stato ingenerato dal mancato uso della parola ‘golpisti’ e dall’essersi riferito ai comandanti ribelli ricorrendo alla sigla CNSP a indicare l’autoproclamato Consiglio nazionale per la salvaguardia della Patria. Il ministro ha inoltre sottolineato la “non ostilità” della giunta verso i militari italiani.

La posizione ufficiale dell’Italia è stata comunque chiarita dal Ministro degli Esteri Tajani in una intervista al quotidiano La Stampa, in cui ha spiegato che “l’unica via è quella diplomatica … L’Europa non può permettersi uno scontro armato, non dobbiamo essere visti come colonizzatori dell’Africa”.