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6139.- Il Niger sceglie Mosca e Pechino e rafforza l’alleanza con Mali e Burkina Faso

Da Bruxelles soltanto delusioni

Chi lo dice al presidente Meloni, tornata molto soddisfatta del lavoro che è stato fatto dal Consiglio europeo, che il Nuovo Piano Mattei è sta andando a ramengo? Quanto potrà e quanto reggerà l’Italia nel Sahel dopo la rottura di Niger, Mali e Burkina Faso con Parigi e Bruxelles? Giorgia Meloni e l’amico Rishi Sunak sono entrambi soci della potente associazione Fabian Society, cosa ne pensano della cancellazione degli accordi di difesa e sicurezza siglati dalla giunta militare del Niger con l’Unione Europea, diretti a “combattere il terrorismo, la criminalità organizzata e l’immigrazione irregolare” e, poi, come affronteranno il rafforzamento della presenza militare della Federazione Russa in questi paesi? E la Cina? Non è più questione di una staffetta fra la Francia e l’Italia. Nemmeno di assecondare la politica di Washington per averne un appoggio per la nostra – illuminata politica – in Africa. L’Italia è la porta dell’Africa per l’Europa, ma troppo spesso viene a trovarsi in difficoltà per i giochi, inconcludenti, condotti a Bruxelles. Non ci risulta che questi temi siano stati presenti nell’agenda del Consiglio europeo.

Mario Donnini

Da Pagine esteri, di Marco Santopadre, 14 dicembre 2023

Il Niger sceglie Mosca e Pechino e rafforza l’alleanza con Mali e Burkina Faso

Pagine Esteri, 14 dicembre 2023 – Niger, Mali e Burkina Faso, i paesi del Sahel dove negli ultimi tre anni si sono imposte altrettante giunte militari grazie a colpi di stato, sembrano avviati sulla via di una collaborazione sempre più stretta.
Nei mesi scorsi, infatti, i governi militari di Niamey, Bamako e Ouagadougou hanno già firmato un accordo di cooperazione militare dopo aver espulso le truppe francesi da anni presenti sul loro territorio, indebolendo fortemente l’influenza di Parigi nell’area.

L’Alleanza degli Stati del Sahel si rafforza
Il 16 settembre i leader di Mali, Niger e Burkina Faso avevano ufficializzato la nascita dell’Alleanza degli Stati del Sahel (Aes), un’iniziativa di natura diplomatica e militare diretta a «garantire l’indipendenza dei tre paesi nei confronti degli organismi regionali e internazionali».
Se all’inizio l’Aes è nata come un patto di difesa comune, diretta a unire le rispettive risorse militari per combattere i gruppi ribelli e jihadisti attivi nel Sahel – per contrastare i quali i governi precedenti avevano chiesto in passato l’intervento delle truppe francesi e dell’Onu – sembra che ora le tre giunte golpiste puntino ad allargare la cooperazione anche ad altri campi.

Recentemente i rappresentanti dei tre paesi si sono nuovamente incontrati a Bamako e al termine della riunione hanno annunciato la firma di protocolli aggiuntivi, l’istituzione di organismi istituzionali e giuridici dell’Alleanza e la «definizione delle misure politiche e del coordinamento diplomatico». I tre governi hanno affermato di voler rafforzare gli scambi commerciali, realizzare insieme progetti energetici e industriali, creare una banca di investimenti e persino una compagnia aerea comune.

Il colonnello Yevkurov firma accordi in Niger

Il Niger diventa una potenza petrolifera
Nei giorni scorsi, poi, il generale golpista Omar Abdourahamane Tchiani, salito al potere lo scorso 26 luglio, ha annunciato l’intenzione di avviare con gli altri due paesi una collaborazione di tipo anche politico e monetario. Tchiani ne ha parlato nel corso di un’intervista rilasciata all’emittente nigerina “Rts”, affermando che «oltre al campo della sicurezza, la nostra alleanza deve evolversi nel campo politico e in quello monetario».

Nell’intervista Tchiani ha informato che Niamey intende esportare già a gennaio i primi barili di greggio sfruttando il nuovo oleodotto che collegherà il giacimento nigerino di Agadem al porto di Seme, in Benin. La realizzazione dell’oleodotto, lungo 2000 km e con una capacità di 90 mila barili al giorno, è ormai in fase conclusiva ed è stata avviata a novembre grazie ai finanziamenti di PetroChina. L’infrastruttura permetterà al Niger di diventare una piccola potenza petrolifera aggirando almeno in parte le sanzioni imposte al paese dopo la deposizione del governo filoccidentale. Secondo il capo del settore della raffinazione del petrolio, la produzione petrolifera potrebbe generare un «quarto del Prodotto interno lordo del Paese». La Cnpc, un’impresa di proprietà del governo cinese, è inoltre impegnata nello sfruttamento del bacino del Rift di Agadem e nella costruzione del gasdotto Niger-Benin sostenuto con un investimento da 6 miliardi di dollari.

Che l’avvio della cooperazione monetaria vada in porto o meno, i tre paesi sembrano intenzionati a rompere del tutto i legami con la Cedeao – la Comunità Economica dei Paesi dell’Africa occidentale – che dopo i colpi di stato ha sospeso Bamako, Ouagadougou e Niamey dall’alleanza alla quale fino ad un certo punto Parigi chiedeva di intervenire militarmente per ripristinare i governi estromessi prima di decidere il ritiro delle proprie missioni militari dal Niger chiesta a gran voce dai golpisti.

L’annuncio del generale Tchiani è giunto dopo che domenica scorsa i leader dell’organismo regionale hanno deciso di confermare le sanzioni alla giunta golpista del Niger, che si è rifiutata di rilasciare il presidente deposto Mohamed Bazoum in cambio della loro revoca.

La rottura con Parigi e Bruxelles
Sempre la scorsa settimana i governi di Mali e Niger avevano denunciato, tramite un comunicato stampa congiunto, le convenzioni firmate con la Francia dai governi precedenti miranti al superamento della doppia imposizione fiscale e che disciplinano le norme per la tassazione dei redditi e per le successioni. La decisione di abolire le convenzioni in questione entro tre mesi – afferma la nota – risponde al «persistente atteggiamento ostile della Francia» e al «carattere squilibrato» degli accordi in questione che causano «un notevole deficit per il Mali e il Niger». Se effettivamente attuata, la misura avrà serie ripercussioni sia per i privati che per le imprese domiciliate in Francia e che svolgono attività in Mali e in Niger e viceversa.
Nelle settimane scorse, inoltre, la giunta militare del Niger ha già annunciato la cancellazione degli accordi di difesa e sicurezza siglati con l’Unione Europea, diretti a «combattere il terrorismo, la criminalità organizzata e l’immigrazione irregolare».

Già a fine novembre i golpisti avevano abrogato una legge, precedentemente concordata con la Francia e l’Unione Europea, che puniva il «traffico illecito di migranti» e bloccava il loro transito verso la Libia, spiegando che la decisione risponde alla necessità di una «decolonizzazione dall’occidente».

In un comunicato, lo scorso 4 dicembre il ministro degli Esteri di Niamey ha annunciato di voler revocare anche l’accordo stipulato con l’Ue relativo alla missione civile europea denominata Eucap Sahel Niger, attiva dal 2012 e che attualmente conta su 130 gendarmi e agenti di polizia europei, impegnati finora nell’addestramento dei militari nigerini.

Inoltre la giunta nigerina ha comunicato di aver ritirato il consenso al dispiegamento della “Missione di partenariato militare dell’Ue in Niger” (Eumpm), attualmente a guida italiana. Entro la fine di dicembre, inoltre, si concluderà il ritiro dei circa 1500 militari francesi schierati finora nel paese; secondo quanto riferito da fonti militari francesi citate dall’emittente “Rfi”, rimane da evacuare soltanto la base aérea di Niamey, dove restano circa 400 uomini. In Niger per ora rimangono 1100 militari statunitensi e 250 soldati italiani.

Manifestanti filorussi in Niger

Sempre più vicini a Mosca
Nello stesso giorno dell’annuncio sulla fine della cooperazione con l’UE, a Niamey era giunto in visita il viceministro della Difesa della Federazione Russa, il colonnello Junus-bek Yevkurov, che dopo aver fatto tappa prima in Mali, in Burkina Faso e poi in Libia è stato ricevuto dal generale Tchiani e dal Ministro della Difesa del Niger Salifou Modi con i quali ha siglato un accordo che prevede il rafforzamento della cooperazione militare fra i due paesi.

A Bamako la delegazione russa è stata ricevuta dal capo del “governo di transizione maliano”, il colonnello Assimi Goita. Al termine dei colloqui il ministro dell’Economia e delle Finanze del paese africano, Alousseni Sanou, ha riferito che con i russi si è parlato della costruzione di una rete ferroviaria, di uno stabilimento per la lavorazione dell’oro estratto nelle miniere maliane e di un accordo per la realizzazione di una centrale nucleare. La realizzazione di una centrale nucleare in Burkina Faso è stata invece al centro dei colloqui tra i rappresentanti di Mosca e la giunta di Ouagadougou.

Basta alle missioni Onu
Come se non bastasse, il 2 dicembre il Niger e il Burkina Faso hanno annunciato il proprio ritiro dal gruppo “G5 Sahel”, creato nel 2014 grazie ai finanziamenti dell’Unione Europea per coordinare la lotta contro il terrorismo jihadista. L’anno scorso era stato il Mali ad abbandonare il progetto che coinvolge ora soltanto la Mauritania e il Ciad che però hanno già informato di voler sciogliere il coordinamento ormai privo di senso.

La giunta militare di Bamako, al potere dal 2021, ha invece deciso recentemente di mettere fine a dieci anni di presenza in Mali della Missione militare dell’Onudenominata Minusma, avviata nel 2012 per contrastare l’insurrezione jihadista. L’11 dicembre i vertici della missione internazionale, nel corso di una mesta cerimonia, hanno ammainato la bandiera delle Nazioni Unite dal quartier generale delle truppe dell’Onu. Il ritiro del contingente internazionale dalle 12 basi sparse per il Mali, che ospitavano 12 mila caschi blu e 4300 dipendenti civili, dovrebbe concludersi entro il 31 dicembre proprio mentre le milizie jihadiste intensificano gli attacchi contro l’esercito e conquistano nuovi territori.

I jihadisti avanzano nonostante la Wagner
A fine agosto i miliziano dei “Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani” (Jnim) hanno occupato Timbuctù, infliggendo un duro colpo alle forze fedeli alla giunta militare maliana che, nel tentativo di contrastare l’offensiva jihadista, ha stretto un accordo con le milizie mercenarie russe della Wagner. La decisione ha però scatenato le proteste dei movimenti tuareg che in molte aree costituiscono l’unico baluardo efficace contro i combattenti fondamentalisti. In alcuni territori le milizie tuareg indipendentiste, riunite nel “Coordinamento dei movimenti dell’Azawad”, hanno ingaggiato violenti scontri con l’esercito regolare e i paramilitari della Wagner, che recentemente avrebbe iniziato ad operare utilizzando la denominazione di “Africa Corps”. Secondo molti analisti la compagnia mercenaria, dopo la morte dei suoi vertici in un “incidente aereo” nell’agosto scorso, sarebbe meno autonoma dal governo di Mosca rispetto alla Wagner e dovrebbe limitare le proprie attività proprio al continente africano in stretta sintonia con le esigenze politiche ed economiche del Cremlino. Pagine Esteri

5589.- Geopolitica, Italia e Regno Unito rafforzano la cooperazione strategica

Grande risposta di Giorgia Meloni, a Londra, ai no dell’Unione europea sul sostegno alla Tunisia, a una politica condivisa sull’immigrazione, al pressing di quell’antitaliano di Gentiloni sul Mes, sempre a favore di Parigi e Berlino, ai nostri indirizzi per la crescita sul patto di stabilità: non c’è stabilità dove manca la crescita e non vedo crescita possibile se non c’è stabilità.

Da tempo auspichiamo un grande partito europeo ECR, dei conservatori e dei riformisti. Se non possiamo giurare che il futuro vedrà questo asse dei conservatori, tuttavia la miopia di Bruxelles deve già fare i conti con un asse anglo-italiano. Con il premier britannico Rishi Sunak si è parlato di una futura cooperazione bilaterale, benvenuta, ma non dimentichiamo il bidone datoci dagli inglesi negli anni ’90 con l’armamento dei Tornado IDV, presi molto vantaggiosamente a leasing senza le armi. Per capire l’effettivo valore del percorso seguito da Meloni, Sunak fa parte della Fabian Society, l’associazione istituita a Londra nel 1884 con lo scopo di elevare le classi lavoratrici per renderle idonee ad assumere il controllo dei mezzi di produzione.

  • L’articolo che segue è stato pubblicato da Difesa e Sicurezza, ieri 28 Aprile 2023 ed è di Francesco Bussoletti

Italia e Regno Unito rafforzano la cooperazione strategica. I due Paesi ribadiscono il pieno sostegno all’Ucraina e la condanna dell’invasione russa

Italia e Regno Unito rafforzano la cooperazione strategica. Lo fanno con un Memorandum d’intesa (MoU)appena firmato, in cui si sottolinea che i due Paesi si concentreremo sulle sfide più urgenti: la sicurezza globale e la cooperazione in materia di difesa; il contrasto all’immigrazione clandestina; il rafforzamento della sicurezza energetica; la lotta al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità; la difesa della democrazia; i diritti umani e lo stato di diritto; la realizzazione di una crescita economica in un contesto commerciale aperto; il conferimento di priorità allo sviluppo sostenibile; l’espansione delle frontiere della scienza e dell’innovazione; e la promozione dei rapporti tra società civili. Nel documento si ribadisce inoltre la ferma condanna all’invasione russa in Ucraina e l’impegno a sostenere Kiev. Il supporto sarà sia in ambito militare sia verso la popolazione e la ripresa economica della Nazione europea.

Focus anche su altre aree geografiche e tematiche: dall’Africa alla Cina, passando per Taiwan

Inoltre, Italia e UK riconoscono la crescente rilevanza strategica dell’Africa e del Medio Oriente. Di conseguenza, verrà rafforzata la collaborazione sulle due aree con un focus particolare su Nord Africa, Sahel e Golfo di Guinea, nonché sul Corno d’Africa. Ci sarà anche uno scambio informativo sulla Libia, in quanto entrambi membri del formato P3+2 e alla luce del ruolo del Regno Unito di responsabile redazionale per la Libia nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Nei confronti della Cina, invece, c’è l’invito ad assolvere alle proprie responsabilità di membro permanente del CdS, ivi incluso “non fornendo supporto alla guerra illegale della Federazione russa in Ucraina”, e si riafferma l’importanza della pace e della stabilità nell’area dello Stretto di Taiwan. A riguardo si incoraggia la risoluzione pacifica delle questioni tra le due sponde dello Stretto, senza il ricorso alla minaccia o all’uso della forza o della coercizione.