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6157.- L’Europa come punto d’incontro tra gli assi. La visione di Gressani

… e il nostro commento.

Dobbiamo leggere questo dialogo di Lorenzo Piccioli perché in questa fase di interregno gli italiani devono essere protagonisti anche se il modello europeo di Angela Merkel non scomparirà.

Il traguardo e lo strumento nucleare della Germania resterà infatti la Force de Frappe della Francia, ma l’Europa e l’Africa, oggi, devono riscriversi e presto nel Mediterraneo, fra Nord e Sud, fra cristiani e musulmani e, qui, il Nuovo Piano Mattei, con la sua idea di solidarietà attiva, rappresenta un vangelo.

Gli europei continuino pure ad aspirare di diventare una gamba della politica NATO, ma dovranno poter garantire sia lo sviluppo delle economie africane sia l’equilibrio necessario a un Occidente che abbia per obiettivo di collegare l’Alaska all’Alaska.

Da Formiche.net, di Lorenzo Piccioli | 30/12/2023 – 

L’Europa come punto d’incontro tra gli assi. La visione di Gressani

“Viviamo in un interregno. Un ordine si è dislocato e assistiamo a una ricomposizione confusa, violenta e disorganizzata su scala planetaria”. Conversazione con il direttore del Grand Continent che vede l’Europa come un sistema in mezzo ai sistemi, e ne sottolinea l’importanza geopolitica come “punto d’incontro”, non solo tra Est e Ovest, ma anche tra Nord e Sud

Il mondo che siamo abituati a conoscere sta attraversando una congiuntura caratterizzata da profonde trasformazioni: trasformazioni che sono tanto naturali, come nel caso del cambiamento climatico, quanto politiche, con l’emergere di un sistema internazionale multipolare. Verso dove porta questo cambiamento? Gilles Gressani, direttore editoriale del Grand Continent, presidente del Groupes d’études géopolitiques dell’École e insegnante a Sciences Po, ha formulato alcune ipotesi dialogando con Formiche.net.

Come definirebbe l’attuale contesto storico-politico che stiamo attraversando in questo momento?

Viviamo in un interregno. Un ordine si è dislocato e assistiamo a una ricomposizione confusa, violenta e disorganizzata su scala planetaria. Alcune trasformazioni sono evidenti: la metamorfosi tecnologica e digitale, l’approfondimento della rivalità tellurica tra Cina e Stati Uniti, l’emergere di focolai attraverso l’intera superficie terrestre e in modo particolarmente impressionante attorno al continente europeo ormai chiaramente circondato da un arco di crisi che nella loro eterogeneità devono essere concepite in modo comune.

Un elemento inedito rende particolarmente difficile la lettura di questa fase. Non stanno cambiando solo le pedine e le regole del gioco — ma sta cambiando anche la scacchiera. La terra è diventata un vero e proprio attore geopolitico, non più soltanto il teatro dove si svolgono gli eventi ma un uno dei fattori di disordine. In questo il cambiamento climatico è un fattore da interpretare con gli occhiali del realismo politico.

Sul piano strettamente geopolitico, quali sono i fenomeni dominanti in questo riassestamento dell’ordine internazionale, almeno dal punto di vista di noi europei?

Il primo fenomeno ha una dimensione economica, sociale e finisce per sfociare sulla questione del riconoscimento. Branko Milanovic parla di una “grande convergenza”: con la mondializzazione, quelli che erano ricchi stanno diventando meno ricchi e quelli che erano più poveri stanno diventando meno poveri. Si tratta di una dinamica centrifuga per i sistemi occidentali fondati – soprattutto dopo la seconda guerra mondiale – su una classe media a cui si prometteva e si riusciva a dare una forma di abbondanza che permetteva di cementificare il sistema istituzionale democratico e politico, calmando le logiche egemoniche e imperiali. La maggior parte dei fenomeni politici più impressionanti a cui stiamo assistendo è probabilmente causato dalla rottura di questo meccanismo, che vedeva nella crescita e nel progresso una delle matrici-chiave dei nostri sistemi politici. Quello che resta è una frattura territoriale tra centri integrati e periferie arrabbiate, tra ineguaglianze e assenza di riconoscimento.

Il secondo fenomeno ha una dimensione più ambigua. Facendo un’analogia con la storia italiana direi che se la seconda parte del Novecento è stata il tempo dei grandi movimenti popolari, delle contestazioni – il tempo dei Comuni – nei nostri anni Venti assistiamo al ritorno del tempo delle Signorie. Il potere si concentra dalla piazza al palazzo, la sua gestione è affidata a tecniche sempre più sofisticate. Il ritorno di forme di potere westfaliano è però contraddittoriamente articolato alla concentrazione di potere nelle mani di tecno-oligarchi della Silicon Valley che ambiscono a ridefinire il modo stesso in cui l’essere umano viene concepito e definito. In questo il ruolo assunto dall’Arabia Saudita, un paese in cui il nome del sovrano coincide con quello dello Stato, è paradigmatico. In entrambi i casi la questione che si pone è quella della possibilità della politica. Con un paradosso inquietante: i mezzi del politico sembrano sempre più difficili per le democrazie.

Nel particolare, qual è l’impatto del conflitto in Ucraina sull’Unione Europea?

La guerra di Putin in Ucraina ha fatto due cose: una è unire l’Occidente, l’altra è disunire il mondo. Per l’Unione, almeno nella sua forma odierna, questo processo produce instabilità. Se la scelta è tra Occidente e il resto, è chiaro che l’Unione Euroepa sarà sempre meno rilevante della Nato. Come europei dobbiamo chiederci se possiamo limitarci a pensare sull’asse orizzontale che va da Washington a Pechino, passando per Kyiv, senza considerare l’asse verticale Sud-Nord e una delle principali sfide del nostro secolo: lo sviluppo dell’Africa. In questo sembra improbabile per l’Europa pensare al futuro, dimenticando il Mediterraneo.

Per l’Unione il 2024 sarà un anno elettorale. Le consultazioni europee potrebbero essere un punto di svolta?

Ci sono due risposte a questa domanda. La prima è che se oggi guardiamo i flussi elettorali non sembra che ci sarà un discostamento radicale, forse uno spostamento verso la destra, ma il baricentro politico dell’Unione Europea dovrebbe rimanere sostanzialmente invariato. A livello di policy i cambiamenti potrebbero essere più conseguenti, in particolare sulla questione del Green deal. Ma attenzione, le elezioni europee si terranno a giugno, mentre quelle americane si terranno a novembre. E questa quasi simultaneità è significativa. Milioni di elettori europei rischiano di essere appesi alla scelta di qualche centinaio di migliaia di elettori del Michigan per definire il futuro sui principali fronti che li riguardano. E questo per le dinamiche di una democrazia che ambisce a giocare un ruolo di guida è un rischio molto profondo.

Ma l’Europa non è solo composta dall’aspetto comunitario. Quanto contano oggi le relazioni bilaterali, in particolare nel triangolo Francia-Germania-Italia?

Il legame che c’è tra la Germania e la Francia anche in ottica comunitaria è un legame strutturante, difficile da comparare con altre relazioni bilaterali. Ma ad oggi questo legame sta vivendo un momento di difficoltà. Non che Parigi e Berlino abbiano sempre avuto interessi condivisi, sia chiaro. Diciamo che ad oggi la leadership tedesca sembra molto meno interessata a trovare dei compromessi con la controparte francese, per via della crisi strutturale di quattro dei suoi pilastri: dall’energia economica alla Cina “fabbrica” del mondo bisognosa di importare, dal basso costo del lavoro alla globalizzazione costante. Con il venire meno di queste caratteristiche, il modello merkeliano smette di funzionare. Con contraccolpi pesanti sul rapporto tra Parigi e Berlino. In questa situazione l’Italia potrebbe avere un ruolo molto più attivo, e il Trattato del Quirinale è un quadro che può permettere di promuovere un’azione molto più proattiva, su alcuni dossier fondamentali come quello del riorientamento geopolitico del progetto europeo attorno al Mediterraneo.

6137.- Il finanziamento occulto della seconda guerra mondiale

Da Tuttostoria, di Yuri Leveratto

Per capire i motivi del perché varie banche e imprese finanziarie del mondo occidentale abbiano direttamente e indirettamente concesso prestiti sia ai bolscevici della rivoluzione d’ottobre di Lenin che ai nazional-socialisti di Hitler bisogna fare un passo indietro di circa cinquant’anni.
Nell’aprile del 1865 la Confederazione sudista firmó la propia resa all’Unione nordista. La guerra civile americana era finita. I capitalisti del nord si erano imposti sui grandi proprietari terrieri del sud. A questo punto successe un fatto importante, l’assassinio del presidente Abramo Lincoln. E’ risaputo che il presidente era favorevole alla stampa di banconote da parte dello stato, per ripianare i debiti di guerra. Erano i cosidetti “greenbacks”. Questa decisione non piacque ai banchieri del nord, perché ovviamente la stampa da parte dello stato di nuove banconote per coprire i debiti avrebbe tolto loro potere.
Secondo alcune tesi complottiste fu questa la ragione dell’assassinio di Lincoln, il 15 aprile del 1865.
In seguito fu bloccata l’emissione dei “greenbacks”, e i capitalisti del nord invasero il sud, comprando a basso prezzo immensi territori e piantagioni. In pochi anni aumentó il numero dei milionari del nord che facevano affari nel sud. I grandi capitalisti che controllavano le banche, le industrie e il petrolio erano: John D. Rockefeller, Andrew Carnegie, Jay Gauld, William Vanderbilt, Edward H. Harriman, John Pierpont Morgan, Jay Coocke, John Jacob Astor.
Nel 1910 il leader republicano Nelson Aldrich viaggió in Germania per studiare il sistema della banca centrale dell’impero teutonico. Aldrich era molto vicino agli interessi di J.P. Morgan e John D. Rockefeller Jr.
Nello stesso anni ci fu la storica riunione dei grandi capitalisti americani presso l’isola Jeckyll, in Georgia. Erano presenti i rappresentanti di: Rockefeller, Kuhn & Loeb Co. J.P. Morgan, oltre a Frank Vanderlip (presidente della National City Bank of New York), Henry Davidson, partner di J.P. Morgan, Charles D. Norton, (presidente della First National Bank of New York), Eduard House, che divenne poi il fondatore del C.F.R., e il banchiere tedesco Paul Warburg.
Il 22 dicembre 1913, in seguito alla riunione di Jekyll Island, fu ufficialmente creata la Federal Reserve Bank, di fatto la banca centrale degliStati Uniti. La facoltá di emettere moneta e di regolare i tassi d’interesse non era piú delegata allo stato ma alla Federal Reserve. Il potere dei banchieri era aumentato notevolmente.
Nell’anno sucessivo, il 1914, ci fu lo scoppio della prima guerra mondiale. Sappiamo che le guerre sono fondamentali per l’alta finanza internazionale, in quanto le nazioni belligeranti hanno bisogno di prestiti per incrementare la produzione industriale e militare. Durante i quattro anni della guerra s’incrementarono i prestiti sia agli imperi centrali, che agli alleati e alla Russia.
Un esempio di finanziamento fu quello dai banchieri tedeschi verso la Russia rivoluzionaria: Alexander Parvus, figura controversa della rivoluzione, convinse i banchieri l’impero tedesco a finanziare le rivolte contro gli zar. Secondo alcune stime il finanziamento tedesco al partito comunista sovietico avrebbe raggiunto complessivamente dal 1915 al 1918 cinquanta milioni di marchi-oro dell’epoca. I fondi partirono dalla Diskonto-Gesellschaft Bank, (che nel 1929 convergerá nella Deutsche Bank), che era la corrispondente della banca Russo-Asiatic di New York e della Nya Bank dello svedese Olof Aschberg, chiamato anche il banchiere dei bolscevici.
Perché mai si tolleró il finanziamento del partito comunista in chiave anti zarista?
Durante la guerra l’impero russo era alleato della Francia e dell’Inghilterra, in contrapposizione agli imperi centrali. Secondo alcuni studiosi la spiegazione di questa contraddizione storica, cioé il finanziamento di un sistema comunista contrario alla proprietá privata da parte di una elite di banchieri internazionali si spiegherebbe con il fatto che l’alta finanza internazionale sarebbe guidata da idee massonico-esoteriche, volte al raggiungimento di un governo mondiale. Il finanziamento della rivoluzione bolscevica sarebbe stato cosí un esperimento di geo-politica che avrebbe avuto come fine ultimo la creazione di un bolscevismo liberale.
Secondo altri studiosi invece, il finanziamento della rivoluzione russa e in seguito del nazional-socialismo di Hitler sarebbe semplicemente servito a creare dei sentimenti di odio opposto che sarebbero poi sfociati in una nuova distruttiva guerra (come in effetti fu: la seconda guerra mondiale). Questa guerra avrebbe ulteriormente indebitato sia l’Europa che la Russia che sarebbero poi stati facile preda di fameliche imprese multinazionali occidentali.
Terminata la prima guerra mondiale i finanziamenti occidentali alla neonata URSS non sono finiti, anzi sono aumentati. Nonostante in URSS si professassero idee contro la proprietá privata e contro la religione, i banchieri internazionali continuavano a finanziare l’industria di questo immenso stato. Cio è una chiara spiegazione del fatto che la finanza internazionale non sia spinta da alcuna ideologia, ma solo da progetti di lucro e dominio.
Nel maggio del 1918 fu creata la lega americana per l’aiuto e la cooperazione con l’URSS.
Nel 1922 viene fondata la RusKomBank, su iniziativa di Olof Aschberg, con l’appoggio della Banca Nazionale di Germania, la Banca d’Inghilterra e il Morgan Guarantee Trust. Si calcola che negli anni successivi alla fondazione dell’Urss le banche statunitensi abbiano investito nel paese sovietico sessantatré miliardi di dollari, con la Chase National Bank dei Morgan e l’Equitable Trust dei Rockefeller in primo piano. Dal 1920 al 1945 circa mille imprese degli USA hanno operato in URSS contribuendo all’elettrificazione e alla creazione del sistema ferroviario del paese.
Spostiamoci in Germania alla fine della prima guerra mondiale. Dopo la caduta dell’impero è iniziata la collaborazione tra l’URSS e la nuova Repubblica di Waimar. Nel trattato di Rapallo del 1922 Mosca rinunciava al pagamento dei danni di guerra da parte dei tedeschi in cambio di una forte collaborazione industriale e militare. Imprese del calibro di Krupp, Yunkers, Dornier, Daimler strinsero accordi per la produzione e collaborazione sul suolo sovietico anche per eludere gli stretti controlli delle nazioni occidentali che erano stati imposti nel trattato di Versailles.
Anche la Repubblica di Waimar e in seguito l’ascesa del nazional-socialismo di Adolf Hitler sono stati finanziati sia dal capitalismo tedesco che da quello anglo-americano.
I tre cartelli industriali tedeschi: Vereinigte Stahlwerke (acciaio), IG-Farben (chimica) e AEG (settore elettrico), vengono finanziati principalmente dalla familia Warburg (Germania), e dalle banche statunitensi National City, Chase Manhattan, Morgan, Kuhn &Loeb che dal 1924 al 1926 trasferirono in Germania un totale di 975 milioni di dollari. Anche l’aiuto materiale all’ascesa bellica della Germania fu notevole: ad esempio la Bendix Aviation controllata dalla Morgan Bank invió migliaia di motori d’aereo in Germania dal 1934 al 1935. Anche altri capitalisti tedeschi, come per esempio Franz Thyssen e Alfred Krupp hanno finanziato l’ascesa di Hitler e le loro imprese hanno continuato ad operare dopo la sconfitta nazista.
Nel 1938 il nazional-socialismo di Hitler raggiunse il culmine della sua ideologia criminale e fanatica, imbevuto di odio razzista. Ma anche la politica expansionista dell’URSS cominció a svilupparsi. Infatti all’invasione della Polonia da parte della Germania nel 1939 seguí l’invasione della Polonia orientale e in seguito degli stati baltici, da parte dell’URSS.
Ormai il gioco era fatto, erano stati finanziati due stati spinti entrambi da ideologie socialiste, che, anche se avevano firmato un patto di non agressione nel 1939, erano destinati a distruggersi uno con l’altro. E cosí fu: la battaglia campale fu quella di Stalingrado (1942-1943), dove morirono circa due milioni di persone tra militari e civili. I due dittatori furono cosí utilizzati per scopi di controllo e dominio da parte dei poteri forti della finanza internazionale.
Una volta che la guerra terminó i banchieri offrirono ulteriori prestiti per la ricostruzione, sia alla Germania, ormai divisa in due e invasa, che all’URSS, vittoriosa, ma provata duramente dal conflitto.

6088.- Il punto sul vertice intergovernativo fra Italia e Germania.

Italia Germania
  • Da Startmag, di Pierluigi Mennitti, 23 Novembre 2023

Tutte le sintonie fra Italia e Germania su energia e non solo

Sintonie fra Italia e Germania su energia e non solo grazie alla caparbietà laboriosa della presidente Meloni

Nessuno a Berlino, al momento della formazione del governo di destra-centro italiano, avrebbe immaginato che nel giro di un anno Germania e Italia avrebbero compiuto uno dei passaggi più significativi della reciproca collaborazione politica. Ma la firma apposta al termine della prima consultazione intergovernativa fra i due paesi dopo sette anni, che si è tenuta proprio nella capitale tedesca, ha sancito tale passaggio.

La firma è stata apposta sul Piano d’azione per il rafforzamento della cooperazione bilaterale e in ambito europeo, un ventaglio di iniziative che abbracciano tutti i principali aspetti della cooperazione bilaterale. Da quella politica a quella economica ed energetica, particolarmente sensibile in questa fase storica, dall’ambito europeo con temi come migrazione, finanza e allargamento dell’Unione ai Balcani occidentali e a Ucraina e Moldova, a quella internazionale, dominata dalle questioni della guerra in Ucraina, del conflitto tra Israele e Hamas e delle crisi africane.

Dopo il grande freddo dell’era populista, durante il primo governo di Giuseppe Conte, quando i rapporti istituzionali fra i due paesi e governi furono ridotti al minimo indispensabile, la strada fra Roma e Berlino è tornata pian piano sempre più trafficata. A far salire di livello la qualità della relazione fra i due paesi è stato Mario Draghi, cui si deve la programmazione delle consultazioni intergovernative. Ma si deve alla buona volontà del pragmatismo socialdemocratico di Olaf Scholz e alla caparbietà laboriosa di Giorgia Meloni lo sviluppo di tale rapporto fino al compimento del primo vertice allargato fra i ministri di Italia e Germania.

E, come notano un po’ tutti i media tedeschi, chi con incredulità, chi con sorpresa e chi in tono neutro come fa il tg della tv pubblica tedesca Adr, il fatto è che “la chimica fra i due capi di governo sembra proprio funzionare”, nonostante le differenze di natura politica. Scholz non si è fatto condizionare da giudizi e pregiudizi sul nuovo governo italiano, nonostante la persistente alleanza della Lega salviniana con l’estrema destra di Afd, che tuttavia resta per Berlino un punto di diffidenza. E Meloni, forte anche di un rapporto sempre più sincero con la presidente tedesca della Commissione europea Ursula von der Leyen, pare essere riuscita a scansare il vicolo cieco dell’euroscetticismo di maniera. L’Italia non è né l’Ungheria né la Polonia, il suo status di paese fondatore di quel che in seguito è divenuta l’Unione Europea le impone un ruolo differente, forse più difficile, ma di sicuro più rilevante, a patto di saperlo interpretare. È il consiglio che Draghi affidò a Meloni al momento del passaggio di consegne e la premier italiana sembra averlo interiorizzato.

Il vertice intergovernativo di Berlino ha impegnato i due capi di governo in una serie infinita di colloqui: tra di loro, con i ministri delle rispettive delegazioni, con il mondo delle imprese italiane e tedesche. E con gli altri leader del G-20, con i quali Meloni e Scholz si sono collegati assieme per il Virtual G20 Leaders Summit.

La premier italiana è giunta a Berlino accompagnata da mezzo governo. Il vertice intergovernativo ha visto infatti incontri bilaterali fra i singoli ministri, oltre alla fine l’incontro plenario con i due capi di governo. Per l’Italia erano presenti i ministri di Esteri, Interno, Difesa, Economia e Finanze, Imprese e Made in Italy, Lavoro e Università.

L’obiettivo dichiarato nel piano d’azione firmato è quello di una cooperazione ancora più stretta. Uno dei temi principali è stato quello della sicurezza e della politica estera. È stato definito il varo di un formato “due più due”, ossia incontri regolari tra i ministri degli Esteri e della Difesa, dossier su cui Italia e Germania vanno già nella stessa direzione, come è stato evidente sia nel caso ucraino che da ultimo in quello di Israele.

“Insieme siamo al fianco dell’Ucraina, che sosteniamo politicamente, finanziariamente, umanitariamente e con armi e addestramento militare”, ha detto Scholz. E Meloni, intervenendo in video al G20 ha affermato che “la Russia potrebbe in ogni momento facilmente riportare la pace in Ucraina ritirandosi dai territori illegalmente occupati e ristabilendo la sovranità e la piena integrità territoriale dell’Ucraina”.

Sul piano industriale, un forum annuale è destinato ad accentuare la collaborazione a livello imprenditoriale fra sistemi complementari e già estremamente intrecciati. Gli imprenditori dei due paesi si sono confrontati nell’apposito Forum Business (cui a un certo punto si sono aggregati Meloni e Scholz) e il parterre era composto dai manager delle principali aziende. Per parte italiana Leonardo, Fincantieri, Snam, Cassa Depositi e Prestiti, Marcegaglia, Seda Group, UniCredit, Beltrame Group, ITA Airways, Generali, Gruppo Ferrovie dello Stato italiane, Brembo e Menarini, per quella tedesca Siemens AG, Open Grid Europe GmbH, Bayernets, 50Hertz Transmission GmbH, Deutsche Bank, Deutsche Lufthansa AG, Schaeffler AG, Renk e Deutsche Bahn.

L’impulso politico renderà questi rapporti più solidi, hanno promesso i due leader, ad esempio nel settore automobilistico, della digitalizzazione e della mobilità verde. Un’attenzione particolare potrebbe essere rivolta all’idrogeno verde, per il quale l’Italia ha già avviato numerosi progetti e la Germania ha programmato ingenti investimenti.
Focus centrale – e non poteva essere diversamente – il tema energetico. Sia Roma che Berlino vogliono espandere il loro approvvigionamento energetico, interiorizzando la lezione derivata dai rischi dall’eccessiva dipendenza da un forte fornitore, nel caso specifico dalla Russia per il gas. I progetti tra i due paesi sono stati studiati già nei mesi scorsi e discussi a livello ministeriale nel corso del vertice e includono la costruzione di un idrogenodotto tra il Nord Africa e la Baviera. L’infrastruttura transfrontaliera del gasdotto sarà ampliata per il cosiddetto Corridoio Idrogeno Centro-Sud (SCHC), che dalla Germania meridionale passerà per l’Italia e arriverà in Nord Africa, consentendo l’importazione di dieci milioni di tonnellate di idrogeno entro il 2030.
I paesi del Nord Africa giocano un ruolo importante nella rinnovata collaborazione fra Italia e Germania, come ha rimarcato Meloni durante la visita. Ci sono importanti punti di accordo per quest’area, in cui vi è necessità di avviare subito nuove forme di cooperazione, in particolare con i paesi della regione mediterranea e del Nord Africa, soprattutto sulle questioni energetiche.

L’importazione di energie rinnovabili dal Nord Africa dovrebbe inoltre collegare l’Italia e la Germania con l’Austria e la Svizzera e contribuire alla creazione di una più ampia rete europea dell’idrogeno. A tal fine, la Germania e l’Italia vogliono anche promuovere sulla sponda meridionale del Mediterraneo la produzione di energie rinnovabili, gas naturale e idrogeno.

“L’Italia – ha confermato Meloni – si candida a diventare un ponte con l’Europa per promuovere partenariati reciprocamente vantaggiosi, sostenendo la sicurezza energetica delle nazioni africane e mediterranee e le esportazioni di energia verde verso il resto del Vecchio Continente”.

Investimenti necessari anche per affrontare una delle emergenze che adesso Roma e Berlino avvertono con la stessa urgenza, quella della immigrazione. I toni restano diversi, su questo aspetto Scholz utilizza toni più morbidi, anche se nella sostanza il giro di vite interno proposto nei giorni scorsi costituisce una svolta rispetto alle politiche più aperte dell’era di Merkel. Da parte italiana è sempre forte il fastidio per i soccorritori marittimi tedeschi e Meloni continua a pensare che non ci sia abbastanza sostegno per frenare la migrazione illegale né da parte dell’Ue né da parte tedesca.
Ma sull’accordo Italia-Albania, accolto con forti critiche dall’opposizione di sinistra interna, non c’è stata alcuna presa di distanza da parte tedesca. Anzi, il cancelliere Scholz aveva detto nei giorni scorsi di osservare con attenzione lo sviluppo di tale accordo e, in alcuni settori dello stesso governo tedesco, non si esclude in futuro di poter sperimentare soluzioni simili.

Infine le questioni fiscali, un tempo temi centrali nei turbolenti rapporti italo-tedeschi. I ministri monitorati sono stati quelli delle Finanze, il leghista Giancarlo Giorgetti e il liberaldemocratico Christian Lindner, l’interlocutore presumibilmente più ostico di questo vertice per la controparte italiana, fautore del ritorno al tetto del debito in patria e del rigore finanziario. Il tg di Ard azzarda che proprio il buon feeling fra Scholz e Meloni potrebbe aiutare ad avvicinare le due parti su questi aspetti. In gioco l’intesa sulle nuove regole del patto di stabilità e crescita entro la fine dell’anno, su cui esercita un ruolo anche la triangolazione con la Francia.

5961.- Chi sono i filo-Hamas che esultano in Europa

Grecia, Regno Unito, Germania e non solo: ecco chi festeggia per l’assalto di Hamas a Israele e perché.

Da Startmag, 9 Ottobre 2023, di Pierluigi Mennitti

Chi sono i filo-Hamas che esultano in Europa

Il ventre molle dell’Europa si annida nei quartieri a forte immigrazione araba delle metropoli, oltre che nei campi profughi ai bordi del continente. Dalla Grecia alla Germania, dal Regno Unito all’Austria, molti angoli d’Europa hanno vissuto ieri una loro giornata della vergogna.

Chi esulta per l’attacco di Hamas in Grecia e a Londra

Video di un campo migranti in Grecia, rimbalzati sulla rete, mostravano palestinesi e altri richiedenti asilo che esultavano in risposta agli attacchi terroristici di Hamas in Israele. Secondo quanto riferito da diversi media greci, il filmato, pubblicato su TikTok, è stato ripreso sull’isola di Samos, nell’Egeo orientale, dove il governo greco ha allestito un campo per migranti “chiuso”, circondato da filo spinato.

Da Londra Rachel Riley, la presentatrice di Countdown, un programma di intrattenimento televisivo trasmesso su Channel 4, ha pubblicato sui social media un video in cui si vedevano persone che sventolavano bandiere palestinesi e suonavano i clacson nel centro di Londra. “Ho appena superato due auto nella zona ovest di Londra che guidavano con bandiere palestinesi che sventolavano da ogni finestrino, rimbalzando su e giù nelle loro auto, apparentemente festeggiando come se stessero organizzando una festa”, ha descritto Riley la scena che osservava per poi concludere: “Non commettiamo errori, questo è un momento pericoloso e terrificante per tutti gli ebrei nel mondo”.

Il ministro dell’immigrazione Robert Jenrick, che ha condiviso il video di Riley, ha richiesto l’intervento della polizia metropolitana, che per il momento ha rafforzato i pattugliamenti delle sue unità nelle strade della capitale inglese.

In un comunicato ufficiale Scotland Yard ha affermato di essere “a conoscenza di una serie di incidenti, compresi quelli condivisi sui social media, in relazione al conflitto in corso in Israele e al confine con Gaza”. “La Metropolitan police ha aumentato le pattuglie di polizia in alcune parti di Londra al fine di fornire una presenza visibile e rassicurante alle nostre comunità”, ha aggiunto, “siamo consapevoli che il conflitto in corso potrebbe portare a proteste nei prossimi giorni. Faremo in modo che sia messo in atto un piano di polizia adeguato per bilanciare il diritto di protestare contro qualsiasi disturbo per i londinesi”.

Chi sono i pro-Hamas di Berlino

Quel che è accaduto a Berlino è invece ben più grave dello scorazzamento di due auto nel cuore di Londra. Centro della scena il multietnico quartiere di Neukölln, dove già nel pomeriggio membri dell’organizzazione Samidoun hanno distribuito dolciumi sul viale Sonnenallee, come detto da loro per “celebrazione della vittoria della resistenza”. Su Instagram la firma del gruppo: “Lunga vita alla resistenza del popolo palestinese”. Negli ultimi anni Samidoun ha ripetutamente organizzato manifestazioni antisemite e anti-israeliane a Berlino. Un tasto dolente proprio per le autorità (politiche e di sicurezza) di un paese come la Germania, che a causa del suo passato non può tollerare manifestazioni antisemite sul proprio territorio.

Dietro Samidoun, secondo quanto riporta il Tagesspiegel, “c’è l’organizzazione terroristica Fronte popolare per la liberazione della Palestina, in breve FPLP, che rifiuta ogni pace con Israele e uccide i civili con autobombe e attacchi suicidi”. E le manifestazioni di sabato rilanciano il dibattito sulle misure da prendere contro questo gruppo.

Dopo la distribuzione festante dei dolci, mentre civili israeliani venivano uccisi o presi in ostaggio, sono seguite le manifestazioni, improvvisate sempre nel centro del quartiere di Neukölln, irrobustite dalla presenza di altre organizzazioni pro-palestinesi e di gruppi di estrema sinistra. Ci sono stati scontri con la polizia e arresti.

D’altra parte, per l’intera notte la Porta di Brandeburgo è stata illuminata dalla bandiera israeliana, mentre la Germania è con il fiato sospeso per il destino della ventiduenne Shani Louk, una ragazza tedesca di Ravensburg che con la madre viveva da qualche anno a Tel Aviv. La ragazza stava partecipando a un festival di musica elettrica per la pace a ridosso del confine con la striscia di Gaza. Il video in cui giace priva di conoscenza sul fondo del cassone di un furgone, mentre intorno uomini incappucciati le sputano addosso gridando “Allahu akbar!”, si è diffuso sui social media, e non si sa se la ragazza è ancora in vita.

Rischio antisemitismo

Nel frattempo il commissario governativo per l’antisemitismo Felix Klein ha messo in guardia contro gli attacchi contro le istituzioni ebraiche in Germania. “Lo sappiamo dal recente passato: se Israele viene attaccato dall’organizzazione terroristica antisemita Hamas, aumenta anche il pericolo per gli ebrei in Germania”, ha detto Klein, “l’antisemitismo legato a Israele in Germania non è una teoria grigia, ma un pericolo reale”.

Scene di giubilo anche nel centro di Vienna, dove decine di giovani sono scesi in piazza in serata celebrando gli attacchi contro Israele con le bandiere della Palestina. Imbarazzo e indignazione da parte degli amministratori locali. Il vicesindaco Christoph Wiederkehr ha scritto su Twitter: “È spaventoso e inaccettabile che gli attacchi di Hamas contro Israele vengano applauditi a Vienna”.

5932.- Quando la Germania finanzia le ONG pro-migranti per agire… in Italia

Andremo a votare per un’Unione europea che non sarà mai unita. Guardiamo al Mediterraneo prima che, tedeschi da una parte e turchi dall’altra, ci dettino le regole.

Da Boulevard Voltaire, dI Marie d’Armagnac, 27 settembre 2023. Traduzione libera.

Gli stracci volano, ancora una volta, tra Germania e Italia. Mentre nelle cancellerie europee si sente parlare solo di promesse di “sostegno all’Italia” e di altre assicurazioni di “solidarietà” per la gestione della crisi migratoria, in realtà sembra che, come sempre, i Paesi membri dell’Unione Europea siano divisi e stiano gestendo di conseguenza la questione in modo dispersivo.

L’Italia esige spiegazioni

Questa settimana, la Germania ha annunciato un finanziamento aggiuntivo da 400 a 800 milioni di euro per due ONG che lavorano in Italia per salvare gli immigrati clandestini in mare e sistemare i migranti in Italia. Come possiamo immaginare, le reazioni del governo italiano non si sono fatte attendere. “Ho appreso con stupore – scrive la Meloni a Olaf Scholz – che il vostro governo – in maniera non coordinata con quello italiano – avrebbe deciso di sostenere con fondi importanti organizzazioni non governative impegnate nell’accoglienza dei migranti irregolari sul territorio territorio italiano e nei salvataggi nel Mar Mediterraneo. Entrambe queste possibilità sollevano interrogativi. » Non esita, inoltre, a ricordare che “il finanziamento alle imbarcazioni delle ONG ha l’effetto diretto di aumentare il numero di partenze di imbarcazioni precarie” e “aumenta il rischio di nuove tragedie in mare”. Una triste verità: che le ONG le cui imbarcazioni stazionano al largo delle coste della Tunisia o della Libia siano un fattore di attrazione per gli immigrati clandestini presi in carico dalle mafie dei trafficanti è noto a tutti. Matteo Salvini, che da anni denuncia il ruolo finanziario della Germania, su base ideologica, nel sostenere le ONG pro-migranti, aggiunge: “È una vergogna, un oltraggio e un atto ostile che paesi stranieri finanzino associazioni private straniere per portare immigrati clandestini in Italia”. . »

Anche il moderatissimo Antonio Tajani, ex presidente del Parlamento europeo e ministro degli Esteri nel governo Meloni, ha protestato per quella che assomiglia molto a un’ingerenza straniera: “Giovedì a Berlino chiederò alla collega Baerbock [Anna Baerbock, ministro degli Affari Esteri della Germania] qual è il motivo del finanziamento delle ONG che devono portare i migranti in Italia. Forse era giusto finanziare le ONG che portano i migranti in Germania. Spero di avere spiegazioni dal governo tedesco. »

Soldi per quali ONG?

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Sea-Watch 4, è la nave dell’Ong tedesca Sos Humanity al centro delle polemiche fra Italia e Germania

Chi sono le ONG che trarranno beneficio da questo ulteriore guadagno? Si tratta della ONG tedesca SOS Humanity, che riceverà 790.000 euro per continuare le sue campagne in mare, cosa che ha molto irritato Guido Crosetto, ministro della Difesa italiano, che ricorda che questo è il ruolo assegnato alle autorità civili italiane. Dal canto suo, la Comunità di Sant’Egidio, molto vicina a Papa Francesco e che da tempo assume una sorta di attività diplomatica parallela della Santa Sede, riceverà 420mila euro destinati all’integrazione dei migranti che arrivano regolarmente in Italia. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, spiega che la Germania collabora con loro fin dalla presidenza di Helmut Khol.

Nel pieno della crisi migratoria, mentre l’Italia beneficia attualmente solo di belle parole di solidarietà, questo finanziamento, che in realtà non è uno scoop – molte ONG che pattugliano il Mediterraneo battono bandiera tedesca -, appare anche come l’espressione dell’ingerenza di un paese terzo in questioni che rientrano nella sovranità nazionale.

Sea-Watch 4, tutto sulla nave dell’Ong tedesca Sos Humanity al centro delle polemiche fra Italia e Germania

Da Startmag, di Maria Scopece, 3 Novembre 2022.

Da un articolo di circa un anno fa, fatti e numeri su Humanity 1, la nave al centro della contesa fra Italia e Germania

Sea-Watch 4, tutto sulla nave dell'Ong tedesca Sos Humanity al centro delle polemiche fra Italia e Germania

La Sea-Watch 4, già Poseidon è tedesca

Sea-Watch 4, tutto sulla nave dell’Ong tedesca Sos Humanity al centro delle polemiche fra Italia e Germania

Il governo tedesco ha chiesto all’Italia di prestare soccorso ai migranti (tra questi 104 minori non accompagnati) salvati nel mare Mediterraneo dalla nave Humanity 1. L’imbarcazione attualmente si trova nei pressi del porto di Siracusa. La sollecitazione di Berlino arriva attraverso una nota, inviata alla trasmissione Il Cavallo e la Torre su Rai3, dopo che il nostro governo, lo scorso 23 ottobre, aveva chiesto alla Germania di farsi carico dei migranti salvati sulle navi delle Ong che battevano bandiera tedesca e norvegese.

Le richieste del Governo Federale all’Italia un anno fa

“Per la Germania – si legge nella nota inviata al nostro paese – le organizzazioni civili impegnate nel salvataggio di migranti forniscono un importante contributo a salvataggio di vite umane nel Mediterraneo. Salvare persone in pericolo di vita è la cosa più importante”. Il Viminale, invece, nei giorni scorsi ha inviato note verbali alle ambasciate degli Stati di bandiera della “Humanity 1” e della “Ocean Viking” di Medici senza frontiere, Germania e Norvegia, sostenendo che “le condotte delle due navi non sono in linea con lo spirito delle norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all’immigrazione illegale”.  Ma “secondo le informazioni fornite da SOS Humanity sulla nave Humanity 1”, hanno fatto sapere da Berlino, “ci sono 104 minori non accompagnati. Molti di loro hanno bisogno di cure mediche”.

Il Governo ha finalmente legiferato sui falsi minori.

Humanity 1: la carta d’identità dell’imbarcazione che fa litigare Roma e Berlino

La nave HUMANITY 1 è una nave general cargo costruita nel 1976 che può trasportare fino a 300 persone. Il nome dell’imbarcazione, di proprietà della Ong tedesca SOS Humanity, è Sea-Watch 4. Prima del suo impiego come nave di soccorso era una nave di ricerca e si chiamava “Poseidon“. L’imbarcazione attualmente naviga sotto bandiera della Germania, del resto il suo precedente proprietario era il Land dello Schleswig-Holstein e veniva gestita dal GEOMAR Helmholtz Centre for Ocean Research Kiel., un istituto di ricerca nato nel 2004 dalla fusione dell’Istituto di scienze marine con il Centro di ricerca per le geoscienze marine. Nel gennaio 2020 la nave viene venduta all’asta alla Sea-Watche all’United4Rescue. Quest’ultima possiede altre due navi: SEA-EYE 4 e Sea-Watch 5Le associazioni riescono ad acquistare la Sea-Watch 4 al prezzo di 1,3 milioni di euro, grazie alle donazioni raccolte in poche settimane nell’ambito della campagna WirSchickenEinSchiff.

Humanity 1: Una delle navi per soccorso meglio equipaggiate del Mediterraneo

Con i suoi 60 metri di lunghezza e 11 di larghezza la Humanity 1 è una delle navi di soccorso più grandi e meglio equipaggiate del Mediterraneo. Sulla nave, che negli ultimi anni ha subito importanti lavori di ristrutturazione, è presente un’area protetta per le donne e i bambini e anche un’infermeria. La sua prima missione di salvataggio risale all’agosto 2020. La nave Sea-Watch 4 appartiene all’organizzazione di salvataggio in mare Sea-Watch e.V., che la gestisce e il 20 febbraio 2020, la nave è stata battezzata con il suo nuovo nome Sea-Watch 4 – con l’aggiunta “powered by United4Rescue”.

SOS Humanity: chi sono i proprietari della Humanity 1

La Sos Humanity (fino al novembre 2022) ha inviato 11 richieste di accesso ai porti di Italia e Malta, tutte rimaste inascoltate. “È inaccettabile e contrario al diritto internazionale lasciare i sopravvissuti bloccati in mare per oltre una settimana e prolungare le loro sofferenze» aveva detto la scorsa settimana Mirka Schaferadvocacy officer della Ong. La Sos Humanity è una Ong nata nel gennaio 2022 come costola della tedesca SOS Mediterranee. L’associazione opera nel Mediterraneo già dal 2015, quando ancora apparteneva al network in qualità di SOS Mediterranee Deutschland. Fino al 2018 hanno utilizzato la nave Aquarius per poi utilizzare la Ocean Viking, un’altra nave che è questi giorni chiede un porto all’Italia, ma batte bandiera norvegese e quindi non dipende dalla Germania.

La M/V Ocean Viking è una nave da supporto per operazioni in piattaforma (PSV) norvegese di proprietà della Hoyland Offshore[2] e noleggiata dal 2019 all’organizzazione umanitaria SOS Méditerranée.

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ChartOcean Viking (SOS

5905.- Tedeschi e francesi scoprono Lampedusa. Salvini carica.

Le prossime europee fanno da sprone ai partiti contro l’immigrazione. Inutile parlare di solidarietà attiva dell’Europa verso l’Africa.

Da Boulevard Voltaire, traduzioni libere

Scholz considera la pressione migratoria “insostenibile”! Anche Meloni!

Prima condizione per poter affrontare il problema immigrazione è lo spostamento dell’Unione Europea verso una destra Orbán-Meloni, ma non dimentichiamo di finanziare il Nuovo Piano Mattei.

Di Frédéric Sirgant 16 settembre 2023

Alcune estati europee furono i periodi di scoppio delle guerre mondiali. Nel XXI secolo, invece, sono questi i periodi in cui esplode il caos migratorio, un colpo alla Grecia, un colpo a Lampedusa, un colpo a Gibilterra. Ricordate: il 2015 e questo 31 agosto quando la Cancelliera Angela Merkel pronunciò il suo famoso: “Wir schaffen das! ” (“Ci arriveremo!”). Una formula alla quale ha poi in parte rinunciato, ma senza mai mettere in discussione la folle politica di accoglienza che sta spingendo l’Europa con le spalle al muro, distorcendone la demografia e l’identità e aggiungendo come bonus l’insicurezza. Otto anni dopo, è proprio Lampedusa, travolta per tutta l’estate da massicci arrivi di migranti, a infliggere ancora una volta un affronto alla politica di accoglienza di Merkel, von der Leyen e Scholz.

Paradossalmente è proprio la cancelliera socialdemocratica che ha appena segretamente dichiarato il fallimento del sistema di immigrazione messo in atto dall’Unione Europea. Abbiamo infatti appreso in questi giorni che la Germania si rifiuta, dalla fine di agosto, di accogliere i migranti provenienti dall’Italia, come dovrebbe fare in applicazione del meccanismo volontario di solidarietà europea che consiste nel ricollocare in un Paese terzo una parte dei migranti in arrivo. uno Stato dell’Unione Europea. Le giustificazioni di Berlino sono interessanti. Il primo, diplomatico, è un classico della bella solidarietà europea: Berlino accusa Roma di non riprendere in carico i richiedenti asilo che vivono in Germania, ma i cui fascicoli dovrebbero essere trattati in Italia, dove sono arrivati ​​per la prima volta, secondo l’Accordo di Dublino. Su 12.452 migranti nel 2023, l’Italia ne avrebbe accolti solo dieci, secondo il Viminale tedesco.

Ma l’altra motivazione addotta dalla Germania di Scholz è molto più interessante: il Viminale tedesco menziona infatti “l’attuale forte pressione migratoria verso la Germania”. Interessante perché Giorgia Meloni ha usato la stessa espressione proprio questo venerdì sera in un videomessaggio, mettendo l’Unione Europea con le spalle al muro!
Che il socialdemocratico tedesco cominci a parlare come l’estrema destra italiana è un segnale incoraggiante.

Ma cosa è successo a Scholz, quando ha fatto notizia per la sua benda sull’occhio dopo un leggero infortunio mentre faceva jogging? Un’improvvisa lucidità di fronte alla realtà migratoria del proprio Paese? Forse. Secondo l’Ufficio federale tedesco per l’immigrazione e i rifugiati (BAMF), infatti, 162.271 migranti hanno presentato domanda di asilo, una cifra in aumento del 77,5% rispetto al 2022: un anno record! Ma questa lucidità è senza dubbio favorita dai sondaggi che vedono la destra e l’estrema destra tedesca (AfD) in crescita. Molti eletti locali, di fronte alle conseguenze concrete di questa follia migratoria, soprattutto in termini di sicurezza, stanno esercitando pressioni sul governo. E il ministro dell’Interno tedesco Nancy Faeser si candida come capolista del Partito socialdemocratico (SPD) per le elezioni regionali dell’8 ottobre in Assia. Tuttavia, all’AfD viene regolarmente assegnato lo stesso livello dell’SPD. Dopo le storiche sconfitte della CDU alla fine del mandato della Merkel, toccherebbe alla SPD mordere la polvere.

Se questo ennesimo caos a Lampedusa permetterà ai leader europei, sotto la pressione dei partiti di destra in campagna per le elezioni europee, di rendersi finalmente conto che i problemi dell’immigrazione non sono innanzitutto questioni di distribuzione da negoziare ma di flussi da interrompere, di fonti da prosciugare, allora non sarà stato inutile. Naturalmente, questa rivoluzione copernicana richiederà una determinazione diversa rispetto al pas de deux di uno Scholz o di un Macron. E la prima condizione è lo spostamento dell’Unione Europea verso una destra Orbán-Meloni. Sì, Lampedusa è proprio il primo turno della campagna per le elezioni europee, come scrive Marc Baudriller. E un’occasione storica per la ripresa.

La nipote di Marine Le Pen, a Lampedusa “manifesta” pubblicamente il sostegno all’Italia.

Gabrielle Cluzel, 15 settembre 2023

Ricordate, era il 2021. HEC, la business school più prestigiosa, si è impegnata a “formare il 100% dei suoi studenti sulla violenza sessuale e di genere, con il gruppo Egaé, fondato da Caroline De Haas”. Per gli studenti non lo sappiamo, ma per gli insegnanti c’è ancora lavoro.

Proprio il politologo belga François Gemenne, autore dell’IPCC, direttore dell’Osservatorio Hugo, che mostra con orgoglio il suo status di professore all’HEC sul suo account X – ha tenuto pochi giorni fa una conferenza sul ritorno a scuola sul tema ” Clima e migrazioni”, il suo argomento preferito -, ha accusato, su LCI, questo venerdì mattina, Marion Maréchal di essere “saltata sul primo aereo per fare la sua pin-up a Lampedusa” (sic).

Ma cos’è, in realtà, una pin-up secondo Larousse? Una “giovane donna con un fisico gradevole e che abbia sex appeal” oppure “una foto o un disegno di una ragazza carina e discinta, usata per decorare una stanza”. Il termine pin-up si riferisce a una puntina da disegno incorporata. Questa espressione è nata nel 1941 per designare le foto “seducenti” e “sexy” – queste le parole che possiamo leggere su Wikipedia (la bibbia della sinistra) – che i soldati americani appendevano alle pareti delle loro stanze o alle porte dei il loro armadietto. Un politico, ex deputato, capolista europeo, in viaggio su un’isola che vive un dramma paragonato “all’apocalisse” del prete locale, è quindi accusato di voler essere seduttivo sotto le palme.

Degno di Mr Bean

Sostituiamo LCI con CNews e Marion Maréchal con Clémence Guetté, e immaginiamo per un minuto e mezzo la sincope generale, lo stupore totale davanti allo tsunami dell’indignazione. Uff, sono SOLO Marion Maréchal. E in passato, gli insulti rimasti impuniti contro Nadine Morano e Marine Le Pen ci hanno dimostrato che bastavano le opinioni di destra per cancellare ogni femminilità e, quindi, ovviamente, il sostegno delle femministe. Questo signore è tuttavia molto imprudente nel muoversi il dibattito sui bikini e sui reggiseni push-up, caratteristica ben nota delle pin-up, perché qualche giorno fa erano state le sue mutandine a fare notizia, durante un video sulla stessa catena. Pensando di essere solo un duro in TV, si era solo messo la parte superiore del vestito. Ma senza contare la sfortunata caduta del suo telefono che ha offerto, per un momento, lo spettacolo della sua biancheria intima, una sequenza degna dei tempi d’oro di Benny Hill o Mr Bean.

I social network ne ridono ancora. Niente di sorprendente, si potrebbe dire: nell’immaginario francese, i belgi fanno ridere. E questo, anche quando parla seriamente, è divertente: “È aprendo meglio le frontiere che controlleremo meglio l’immigrazione”, spiegava François Gemmenne, nell’ottobre 2020, su L’Union ardennaise. Dovevi pensarci. In tutte le sue prediche – perché c’è qualcosa di telepredicatore in quest’uomo – esorta a “smettere di credere che possiamo fermare l’immigrazione chiudendo le frontiere”, ad “accettare il fatto che l’immigrazione è una sorta di trasformazione strutturale delle nostre società e non è un problema temporaneo che dovrà essere risolto”. Quello che segue è senza dubbio un cenno agli studenti HEC: “La cosa migliore che possiamo fare è organizzarli per massimizzare i benefici. » Insomma, conclude, «c’è una politica pragmatica e umanitaria da costruire, nel quadro europeo».

7 milioni di euro offerti dalla Commissione

E conosce bene il quadro europeo: il suo Osservatorio Hugo sulle migrazioni ambientali, sotto la guida dell’Università di Liegi, coordina HABITABLE, “il più grande progetto di ricerca sui cambiamenti climatici e le migrazioni mai finanziato dall’Unione europea”: un consorzio che riunisce venti partner provenienti da 17 paesi di tre continenti. E che ha ricevuto quasi sette milioni di euro dalla Commissione europea… La Commissione di cui avrebbe cattiva grazia, ammettiamolo, non sposare la visione “migratoria”, che distilla da media a media. Questa visione non è quella (non è uno scoop) di Marion Maréchal. Ma un tale esperto non ha trovato altro argomento per contrastarlo se non quello di creare Nabilla alle Seychelles. Marion Maréchal, in un duplex a Lampedusa, si è subito soffiata il naso, vestendolo per l’inverno. Il che, almeno per il fondo, non è un lusso.

Migranti, Salvini: Il governo farà quel che è giusto, non escludendo ogni intervento

Una dichiarazione che è un programma: “Il fatto che domani saremo a Pontida con Marine Le Pen e Giorgia sarà a presidiare Lampedusa è il simbolo di un governo che ha lo stesso obiettivo”, ha sottolineato. Il Centro Destra rimane unito.

16 Settembre 2023, Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Da ministro “ho fatto il mio dovere per bloccare gli sbarchi dei migranti clandestini e questo governo farà quello che è giusto fare, non escludendo ogni intervento possibile per proteggere i figli della nostra terra”. Lo ha detto il ministro delle infrastrutture e mobilità e vice premier Matteo Salvini dal palco di Pontida. “Il fatto che domani saremo a Pontida con Marine Le Pen e Giorgia sarà a presidiare Lampedusa è il simbolo di un governo che ha lo stesso obiettivo”, ha sottolineato. E poi sull’Europa: “Marine Le Pen rappresenta l’Europache vogliamo, l’Europa delle libertà, delle identità, dei popoli, delle nazioni e delle tradizioni”, ha detto Salvini.

“Abbiamo il centrodestra al governo dell’Italia –  ha continuato il ministro – perché il centrodestra ha scelto di essere unito in Italia. Siccome l’anno prossimo ci sono le elezioni europee, sarebbe delittuoso perdere l’occasione, per la prima volta nella storia, di portare il centrodestra unito a vincere anche in Europa. Io farò di tutto per mandare a casa, per la prima volta nella storia, socialisti e comunisti dal governo dell’Europa”.

Sulla politica interna Salvini ha dichiarato che i prossimi mesi saranno mesi “complicati, difficili, con l’economia nazionale che va male” e con “la Germania che non è ferma, ha messo la marcia indietro, e quindi è un problema anche per le nostre fabbriche e per i nostri artigiani”, anche se, ha concluso il leader della Lega, “è bello ritrovarvi con il partito forte che cresce, non solo nei sondaggi”.

5904.- La Francia in allerta su Lampedusa, come uno struzzo.

Come uno struzzo perché, una volta sbarcati in Italia, prima o poi saranno anche in Francia. Il governo tunisino deve onorare igli impegni presi con l’Italia, ma sembra comodare a tutti, in Francia, in Germania, in Italia, ignorare che i migranti sono lasciati partire da Sfax perché il ministero degli Interni della Tunisia non ha i soldi per pagare le sue Forze dell’Ordine. Per fare solidarietà attiva, bisogna mettere mano ai portafogli. Poi, soltanto l’attuazione del Nuovo Piano Mattei potrà far sì che l’invasione retroagisca.

L’Europa deve trasformarsi velocemente in uno stato sovrano, con un suo presidente eletto dai popoli, una sua sovranità, quindi, una sua politica estera e una sua difesa. Altro che eleggere e beneficare altri 705 eurodeputati! Non è in Ucraina che l’Europa difenderà le sue frontiere. Bisogna ridurre il divario economico fra le rive del Mediterraneo, dobbiamo dimenticare il paternalismo colonialista e creare sinergia fra i suoi popoli.

Migranti: il ministro dell’Interno francese ha convocato una riunione su Lampedusa

Darmanin ha convocato la riunione per fare il punto della situazione, cartografare gli impatti sulla Francia e valutare i dispositivi di controllo alla frontiera

15 Settembre 2023, da Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Il ministro dell’Interno francese Gerald Darmanin ha convocato una riunione incentrata sulla situazione degli sbarchi di migranti a Lampedusa. Lo riferisce in anteprima l’emittente televisiva “Tf1”. All’incontro saranno presenti rappresentanti delle forze dell’ordine e la Direzione generale degli stranieri in Francia. Darmanin ha convocato la riunione per fare il punto della situazione, cartografare gli impatti sulla Francia e valutare i dispositivi di controllo alla frontiera.

Lampedusa : l’Italia alla prova del fuoco

Parigi, da Boulevard Voltaire, di Marie d’Armagnac, 14 septembre 2023. Traduzione automatica

Tra i 6.000 e i 7.000 immigrati clandestini sono sbarcati in meno di 48 ore, a Lampedusa, su questa piccola isola del Sud Italia che conta appena 6.000 abitanti. Questo confine marittimo italiano è anche la porta d’ingresso verso il Sud Europa e lo sanno bene i trafficanti e gli altri trafficanti che li spediscono dalla Libia, e soprattutto da Sfax, in Tunisia. Sfax dove, sotto gli occhi di tutti, vengono frettolosamente costruite queste barcone di ferro sulle quali verranno trasbordati i clandestini, una volta raggiunte le acque territoriali italiane.

Le immagini colpiscono: l’arrivo di oltre 110 barconi di migranti, il 12 e 13 settembre, verso il porto di Lampedusa, in coda alla banchina, il caos che ne è seguito, le forze di polizia sopraffatte, gli immigrati clandestini – a vedere le immagini, un stragrande maggioranza di giovani – lottare per una bottiglia d’acqua o un pasto (stiamo tranquilli la buona coscienza della sinistra, nessuno è stato privato di acqua e cibo), il clandestino appena sbarcato che mette le mani sul le natiche di un volontario venuto per aiutare a gestire il caos, il flusso continuo di clandestini in fuga dagli hotspot della piccola isola…

Come una rappresentazione delle scene più terribili del Campo dei Santi, questo romanzo tristemente premonitore di Jean Raspail e, soprattutto, un presagio della crisi migratoria in atto e che sembra assumere le stesse dimensioni di quella 2015, con le conseguenze che conosciamo.

Non sono mancate le reazioni dei tenori della maggioranza di governo italiana a queste terribili immagini che, in poche ore, hanno fatto il giro del mondo. Matteo Salvini tuona: “È un esodo di migranti pianificato dalla criminalità organizzata. È un atto di guerra […] quello che sta accadendo a Lampedusa è morte in Europa. Il neonato morto [un bambino di 5 mesi morto per annegamento, ndr] rappresenta la morte politica, culturale, sociale ed etica. […] L’Italia è sola. Francia e Germania? Non so dove sia finita la solidarietà. Se dobbiamo farlo da soli, non possiamo escludere alcuna modalità di intervento. »

Ciò significa che un intervento di tipo militare a difesa dei confini è possibile, data la totale assenza di solidarietà europea? E questa la solidarietà dei Paesi membri dell’Ue, che l’Onu, ma anche Roberta Metsola, presidente maltese del Parlamento europeo (Malta ha sempre rifiutato la minima nave di migranti sulle sue coste, rimandandola sistematicamente in Italia), o anche Antonio Tajani, italiano Ministro degli Affari Esteri, chiedono a gran voce che ciò si traduca in una redistribuzione forzata degli immigrati clandestini in tutta Europa, cosa che Polonia e Ungheria rifiutano, nonostante tutte le minacce di sanzioni finanziarie che fanno.

Chiacchere! Manca il coraggio di dire quanti milioni, quante centinaia di milioni di africani vogliono le comodità delle città europee e l’assistenza per tutta la vita.

Sembra che Giorgia Meloni abbia un’idea leggermente diversa. Intervenendo ieri su questo argomento su Rai 1, ha spiegato: “Avevo avvertito i miei partner europei che […] non avremmo potuto più continuare ad assumerci la responsabilità [della nostra Dublino] se l’Europa non ci avesse dato una mano per difendere la situazione esterna confini e, quindi, di fermare i movimenti primari [partenze dall’Africa, soprattutto Tunisia e Libia, ndr]. […] Per me il problema non è come liberarci del problema da un capo all’altro dell’Europa, l’unico modo per risolvere il problema per tutti è fermarli e fermare gli spostamenti primari [partenze dal continente di origine , ndr] e, quindi, arrivi in ​​Italia, […] e non vedo ancora una risposta concreta da parte dell’UE”…

E questo, nonostante gli accordi siglati su iniziativa del governo italiano tra l’UE e la Tunisia affinché quest’ultima possa organizzare la sorveglianza delle sue coste e impedire alle navi di salpare verso l’Italia. Curiosamente sembra che i soldi promessi ad una Tunisia incruenta e sull’orlo del collasso tarderanno ad arrivare….

Su questo tema Giorgia Meloni gioca evidentemente parte della sua credibilità in Italia: non aveva parlato diffusamente del blocco navale per fermare l’immigrazione clandestina? Per il momento, gli edifici della Marina Militare Italiana vengono utilizzati per alleviare la congestione a Lampedusa e trasportare i nuovi arrivati ​​in altre regioni italiane.

La storia scorre veloce.

Ieri, giovedì Giorgia Meloni, invitata da Viktor Orbán, è intervenuta al Summit sulla Demografia di Budapest: “Dobbiamo difendere la nostra identità, religiosa e familiare. Dobbiamo difendere i nostri diritti. Senza la nostra identità, senza famiglia, siamo numeri. Dobbiamo difendere Dio e le componenti della nostra civiltà. Vogliono convincerci che non apparteniamo al nostro tempo, ma si sbagliano di grosso. »

Intrappolato tra un’Unione Europea deliberatamente passiva e un’immigrazione africana di proporzioni sproporzionate, data la sua galoppante demografia, il governo italiano dovrà, prima o poi, ricorrere all’uso della forza. Altrimenti queste belle parole non saranno altro che parole vuote. A meno che non ci sia un ipotetico risveglio europeo…

Migranti, Von der Leyen tace sugli egoismi di Francia e Germania. FdI: “La Ue batta un colpo”

Da Il Secolo d’Italia, 13 Set 2023 12:28 – di Stefania Campitelli

Immigrazione, ambiente, Green Deal, femminicidi. Nel discorso sullostato dell’Unione del 2023 la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha delineato le priorità e le iniziative strategia per il prossimo anno. Si tratta dell’ultimo discorso di questo mandato legislativo prima delle elezioni europee del 2024. Mentre Lampedusa è di nuovo al collasso von der Leyen assicura sicurezza e umanità sul fronte dell’immigrazione. Ma non dice una parola sui ricatti di Berlino e Parigi,  che di fatto rinnegano gli accordi Ue.

Migranti, silenzio sui ricatti di Germania e Francia

Di fronte al nuovo record di sbarchi nell’isola siciliana con la Germania che chiude gli ingressi ai migranti italiani e la Francia che aumenta i presidi al confine con Ventimiglia la presidente Ue preferisce glissare e auto-incensarsi per l’ottimo lavoro svolto. “Un accordo sul patto non è mai stato così vicino. Dimostriamo che l’Europa può gestire la migrazione in modo efficace e compassionevole”. Così nel suo intervento, lanciando l’organizzazione di una Conferenza internazionale sulla lotta al traffico di esseri umani. Nessun accenno all’egoismo dei due Stati membri che ostacola l’avanzamento delle trattative a cui lavora da mesi il premier Meloni.

Ancora chiacchere! Migranti, domenica a Roma la prima conferenza internazionale del governo con von der Leyen, ma si comincia parlare di soldi: “L’Europa è con voi, tenete botta”. Von der Leyen alla Meloni: “Pronti 6 mld dal Next Generation Eu”

Von der Leyen: sui migranti l’accordo è vicino

Inevitabile la premesse sul prossimo voto per rinnovare il Parlamento di Strasburgo. “Insieme al Parlamento, agli Stati membri e alla mia squadra di commissari abbiamo realizzato oltre il 90% delle linee guidapolitiche che ho presentato nel 2019. Manteniamo gli impegni oggi e prepariamoci per domani”.

Green Deal, “manteniamo la rotto intrapresa”

“Sul Green Deal europeo manteniamo la rotta. Rimaniamo ambiziosi”, ha aggiunto la presidente della Commissione Ue. “Manteniamo la nostra strategia di crescita. E ci impegneremo sempre per una transizione giusta ed equa. Quando parlo con la nuova generazione di giovani, vedo la stessa visione di un futuro migliore. Lo stesso ardente desiderio di costruire qualcosa di migliore”. Poi ha assicurato che entrando nella fase successiva del Green Deal europeo, si continuerà a sostenere l’industria europea.

Cina, al via l’indagine anti-sovvenzioni

Riflettori puntati anche sulla Cina. Von der Leyen ha annunciato l’avvio di un’indagine anti-sovvenzioni nel settore elettrico dei veicoli provenienti dalla Cina. I mercati globali – ha detto – sono inondati di auto elettriche cinesi più economiche, a prezzi mantenuti artificialmente bassi da ingenti sussidi statali. Questo distorce il nostro mercato. E poiché non lo accettiamo dall’interno, non lo accettiamo dall’esterno”.

Il lapsus: “Honourable Member States…”

Infine un passaggio sulla violenza contro le donne. “Mi piacerebbe che fissassimo nella legge il principio che ‘no vuol dire no’. Non ci può essere vera eguaglianza senza libertà dalla violenza”. Infine una nota di colore. Il numero uno di Bruxelles è incappata in un lapsus. “Honourable Member States…”, cioè “cari Stati membri…”, ha detto a un certo punto, invece di ‘Honourable Members…”, “onorevoli deputati”. A rumoreggiare e alle risatine dell’Aula, la presidente ha ripreso subito il discorso. Sottolineando che Stati membri ed eurodeputati servono tutti lo stesso interesse, quello dell’Europa.

FdI: un manifesto elettorale, l’Europa batta un colpo

Sospeso il giudizio di Fratelli d’Italia-Ecr. “La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, nel discorso sullo stato dell’Unione, ha esposto una sorta di manifesto elettorale”, ha detto il capodelegazione Carlo Fidanza. “In parte condivisibile, in parte no, in parte in estremo ritardo”. Per il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti, “quella dei flussi migratori è una situazione molto grave. Che deve avere una risposta in ambito europeo perché l’atteggiamento di Francia e Germania complica le cose. O l’Europa batte un colpo o diversamente lo dovrà battere autonomamente l’Italia. Anche oltre quello che l’Europa sta facendo o non facendo”.

5498.- Perché la Germania sta frenando sullo stop Ue ai motori endotermici (e come il governo Scholz è spaccato)

di Pierluigi Mennitti, Start mag, 4 Marzo 2023

Perché la Germania sta frenando sullo stop Ue ai motori endotermici (e come il governo Scholz è spaccato)

Tutti i subbugli nel governo tedesco per il divieto europeo sui motori a combustione dal 2035. L’approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino dopo l’astensione della Germania che ha provocato il rinvio dello stop Ue

I paesi dell’Ue dunque non voteranno sul divieto dei motori a combustione interna nelle nuove auto a partire dal 2035 come previsto martedì prossimo. Il voto è stato tolto dall’ordine del giorno della riunione degli ambasciatori Ue, come ha spiegato sconsolato un portavoce della presidenza svedese, che non ha indicato una nuova data per il voto finale sul progetto, sul quale i rappresentanti degli Stati Ue e del Parlamento europeo avevano già raggiunto un accordo di base in ottobre e su cui la stessa assemblea di Strasburgo e Bruxelles aveva espresso voto favorevole il 15 febbraio scorso. Adesso se ne riparlerà a data da destinarsi.

Oltre all’Italia, un peso determinante per giungere allo slittamento è stato quello della Germania. Martedì 28 febbraio, il ministro dei Trasporti Volker Wissing, Fdp, aveva rilasciato un’intervista alla Bild minacciando il veto di Berlino alla proposta del divieto, a meno che la Commissione non avesse accettato la richiesta tedesca di consentire l’uso di auto alimentate con carburanti sintetici, i cosiddetti e-fuel. “Considerando l’enorme parco di autovetture esistente nella sola Germania, per l’Fdp è possibile raggiungere un compromesso sui limiti del parco auto solo se viene consentito l’uso di e-fuel”, aveva detto il ministro.

Il giorno dopo (1° marzo) una votazione preliminare degli ambasciatori dell’Ue era fallita al primo tentativo. Secondo informazioni fornite dallo Spiegel, mercoledì mattina la Presidenza del Consiglio svedese aveva deciso di togliere la questione dall’ordine del giorno con breve preavviso perché non era più garantita una maggioranza qualificata per il compromesso. L’ambasciatore svedese a Bruxelles aveva cambiato i suoi piani a causa delle notizie provenienti dalla stampa tedesca.

In Italia si è parlato subito di un possibile asse Italia-Germania, per puntare a una maggiore gradualità nel percorso di transizione. Due conti sono necessari per capire il complesso gioco in corso. In seno al Consiglio dell’Ue, alla decisione si applica la maggioranza qualificata: è necessario il voto di almeno 15 paesi che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell’Unione. Dopo l’annuncio contrario dell’Italia e le resistenze di Polonia e Bulgaria, l’astensione della Germania escludeva il raggiungimento della maggioranza.

E che Berlino si sarebbe astenuta era ormai cosa certa. Qualche ora prima del rinvio, Wissing aveva confermato che, senza un sì agli e-fuel Berlino non avrebbe potuto votare il divieto.

LA BATTAGLIA SULLE AUTO DENTRO LA GERMANIA

Nel governo tedesco è battaglia da giorni. Liberali da un lato, Verdi dall’altro e il cancelliere con i suoi socialdemocratici nel mezzo. La Fdp questa volta si è messa di traverso, forte anche della titolarità del ministero dei Trasporti, supportata dalla ringalluzzita opposizione cristiano-democratica, ma anche da associazioni automobilistiche e da una parte dell’industria dell’auto. Un blocco che ha consentito ai liberali di imporre all’esecutivo la propria posizione, nonostante gli strali degli alleati ecologisti.

Ma le prime reazioni politiche interne lasciano intendere che la partita non è chiusa e che nel governo il confronto proseguirà acceso. La domanda è se Olaf Scholz, una volta rientrato dalla visita lampo a Washington, prenderà di petto il tema e terrà la barra del governo ferma sulla posizione riaffermata ancora una volta dal ministro Wissing: la Commissione europea deve presentare una proposta su come i carburanti sintetici climaticamente neutri possano essere utilizzati nei motori a combustione dopo il 2035.

Direttamente da Bruxelles gli fa eco Jan-Christoph Oetjen, eurodeputato Fdp: “Con questi carburanti i motori a combustione possono funzionare in modo climaticamente neutro”, ha detto alla tv tedesca Ard, “non dobbiamo impegnarci per una sola tecnologia, ma abbiamo bisogno di tutte le opzioni per raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione e della neutralità delle emissioni di CO2 nei trasporti”. Un punto tenuto anche da Christian Lindner, il leader dell’Fdp nonché ministro delle Finanze e vice-cancelliere: “L’obiettivo dei liberali è di garantire che le nuove auto con motori a combustione siano ancora immatricolate in Germania dopo il 2035. Tuttavia, questi veicoli dovranno funzionare con carburanti ecologici rispettosi del clima, gli e-fuel. Purtroppo, la Commissione europea non ha fatto alcuno sforzo per prendere seriamente in considerazione eccezioni per queste auto nei suoi piani di divieto”.

Ma dall’altro lato della corda premono i Verdi, nonché le piazze ecologiste, come quella dei redivivi Friday for future, che proprio nella stessa giornata in cui l’Ue annunciava il rinvio, ha inondato le strade europee di manifestanti, in particolare quelle di Berlino, nelle quali i liberali sono diventati il nuovo nemico da affrontare. Nel governo Steffi Lemke, ministra dell’Ambiente, preme perché l’esecutivo non ponga condizioni alla Commissione e torni a trattare.

Ancora da Bruxelles, un altro eurodeputato tedesco, questa volta dei Verdi, Michael Bloss, chiama direttamente in causa il cancelliere Olaf Scholz: “Questo è un grande imbarazzo per il governo federale a livello europeo”, ha detto sempre ad Ard, “quel che è accaduto è estremamente poco professionale e caotico le procedure nell’Ue. Quando un governo si impegna poi non può fare marcia indietro all’ultimo passaggio. Ecco perché ora tocca a Olaf Scholz intervenire personalmente”.

La stampa tedesca ritiene quasi unanimemente che né il governo tedesco né la Commissione europea abbiano interesse a far fallire l’intera legge. Le case automobilistiche hanno bisogno di sicurezza nella pianificazione, molte sono già passate da tempo alla mobilità elettrica e alcune aziende vogliono convertire le loro flotte di conseguenza prima del 2035. Anche per questo Ursula von der Leyen arriverà alla riunione a porte chiuse che il governo tedesco terrà nella residenza di Meseberg, alle porte di Berlino, questo fine settimana per consultarsi direttamente con i responsabili.

5402.- Proposta di risoluzione sulla vendita di armi all’Ucraina respinta

Dal Bundestag

Mercoledì 28 settembre 2022, il Bundestag tedesco ha finalmente discusso la richiesta del gruppo parlamentare CDU/CSU al governo federale di dare un “contributo determinato” al rafforzamento delle forze armate ucraine attraverso le consegne di armi tedesche. Una corrispondente proposta di risoluzione dell’Unione (20/2347) sulla consegna di una dichiarazione del governo del Cancelliere federale al Consiglio europeo il 23 e 24 giugno 2022 a Bruxelles, sul vertice del G7 del 26-28 giugno 2022 a Elmau e nel vertice della NATO dal 28 al 30 giugno 2022 a Madrid non ha trovato la maggioranza. 476 deputati hanno votato contro la proposta di risoluzione, 179 hanno votato a favore e c’è stata un’astensione. La votazione in plenaria si è basata su una deliberazione raccomandata dal Comitato Economico (20/2712).

CDU/CSU critica l’atteggiamento esitante del governo

Nella memoria, l’Unione ha accusato il governo federale di non aver rispettato il mandato del Bundestag tedesco. Tutte le consegne di armi pesanti avviate e annunciate dal governo federale, come il veicolo antiaereo Gepard, il Panzerhaubitze 2000, il lanciarazzi multiplo Mars II e il sistema antiaereo Iris-T, non sono andate oltre la fase di annuncio e misure preparatorie.

Siamo sicuri che questi mezzi siano pronti al combattimento?

In particolare, i sistemi d’arma richiesti dall’Ucraina dall’inizio di marzo, come i principali carri armati Leopard 1 e i veicoli da combattimento della fanteria Marder provenienti da scorte industriali, non vengono ancora consegnati dal governo federale.

I cannoni a lunga gittata diventano imperativo umanitario

Invece di dedicarsi all’”imperativo umanitario” di sostenere pienamente l’Ucraina contro la guerra di annientamento russa, la Germania si isola sempre più tra i suoi partner nella NATO e nell’Unione Europea con il suo atteggiamento esitante nei confronti della consegna di armi pesanti. In tal modo, il governo federale rischia di danneggiare irreparabilmente la reputazione della Germania presso i suoi vicini e amici orientali. Questo comportamento non dovrebbe quindi più essere proseguito e deve essere corretto immediatamente secondo la risoluzione del Bundestag del 28 aprile 2022. (ghiaccio/irs/28/09/2022)

5398.- Guerra all’Europa, giù la maschera! Sia Biden sia la CIA avevano avvertito la Germania.

Der Tagesspiegel, Attualità

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Nord Stream 1 e 2 sono stati sabotati nella notte. Quel che è successo è gravissimo, il sabotaggio volontario di una infrastruttura strategica civile è terrorismo o un atto di guerra, a seconda di chi siano gli autori. Il governo tedesco sa, e i tedeschi, che si sentono messi nell’angolo, accusano gli USA pubblicamente. Il governo tedesco farà finta di non sapere, ma sa. Più o meno come dopo gli attentati di mafia. Molti eventi futuri andranno letti alla luce di quanto sopra.

Disse Trump nel 2018: “La Germania diventerà totalmente dipendente dall’energia russa se non cambierà immediatamente rotta.”

Dichiarazione di Biden a febbraio 2022: “Se la Russia invade di nuovo l’Ucraina con truppe, carri armati ecc., non esisterà più un NordStream2. Lo toglieremo di mezzo per sempre”.

Ma l’attacco ai gasdotti è un attacco dei globalisti USA all’Europa. Dai tubi rotti del Nord Streams possono uscire bolle di gas del valore di 2 miliardi di dollari, così ha calcolato Sobko, analista russo dell’industria petrolifera e del gas e della petrolchimica.

L’unica nave nei paraggi del sabotaggio era USA….sono saltati 3 gasdotti quasi in contemporanea….non serve un genio per capire chi è stato

Tre sabotaggi e c’era una nave americana vicino. È per questo che la Russia ha messo in stato di allarme nel Baltico il sottomarino nucleare Yuri Dolgoruki ? Non so più che cosa succede: Vogliamo parlare di delitti contro l’umanità?

Lunedì sera è stato detto che l’indagine sulle cause era stata avviata in entrambi i casi e che le autorità di sicurezza a livello federale si erano occupate dei casi. Così ha appreso lunedì il Tagesspiegel.

Marco Rizzo ha detto: Gli Stati Uniti, esattamente come promesso da Biden, hanno deliberatamente causato danni per miliardi di euro all’economia dell’intera Unione Europea e della Germania. La vicenda del NordStream2 e del suo sabotaggio è un atto di guerra contro tutti i paesi europei.

Gravi danni ai gasdotti: la CIA ha avvertito Berlino in estate di attacchi ai gasdotti del Mar Baltico

La Germania stava accordandosi. Ora è tagliata fuori dal gas russo anche se lo volesse.

Dopo una perdita di pressione nelle condotte Nord Stream 1 e 2, la ricerca della causa continua. Come riporta lo “Spiegel”, si dice che il governo federale sia stato avvertito in precedenza.

Di Jakob Schlandt e Sandra Lumetsberger, oggi, 27 settembre 2022

Lunedì, i sismologi hanno registrato scosse vicino alle perdite identificate nei gasdotti Nord Stream 1 e 2 nel Mar Baltico. Un sismografo sull’isola danese di Bornholm ha registrato un terremoto due volte: una alle 2:00 ora locale e un’altra alle 19:00, ha annunciato martedì il centro di ricerca tedesco GFZ.

Il GFZ non ha voluto dire se le deviazioni del misuratore siano state causate da esplosioni, che indicano atti di sabotaggio sui tubi del gas. Non ci sono prove di terremoti. Bjorn Lund del Centro sismologico svedese dell’Università di Uppsala ha detto a SVT: “Non c’è dubbio che si trattasse di esplosioni”. In più il giornale digitale. Scarica qui gratuitamente.

Poche ore dopo: il ministro danese per il clima e l’energia, Dan Jørgensen, ha confermato le informazioni fornite dagli scienziati. Le linee del gas sono in profondità nell’acqua e sono realizzate in acciaio e cemento. L’entità delle perdite indica che non può trattarsi di un incidente che coinvolge l’ancora di una nave, ad esempio.

La Danimarca presume che l’atto sia stato intenzionale

Secondo il governo danese, le fughe di gas non sono il risultato di un incidente. Le autorità erano giunte alla chiara conclusione che gli atti erano intenzionali e non un incidente, ha detto martedì sera il primo ministro Mette Frederiksen ai giornalisti a Copenaghen. Diverse esplosioni sono state osservate in un breve periodo di tempo. Non ci sono ancora informazioni su chi ci sia dietro.

Esattamente: Lunedì è stato registrato un improvviso calo di pressione sui due gasdotti del Mar Baltico che dovrebbero trasportare il gas dalla Russia all’Europa occidentale. Secondo le autorità svedesi e la società operativa NordStream AG, sono state rilevate tre perdite sui tubi in territorio danese e svedese: due perdite sul Nord Stream 1 a nord-est di Bornholm, una perdita sul Nord Stream 2 a sud-est dell’isola.

La Marina danese ha rilasciato immagini che mostrano la formazione su larga scala di bolle sulla superficie del mare. Dopo le deviazioni sui dispositivi di misurazione, si è sentito un rumore, ha detto un portavoce di GFZ. Non poteva dire se potesse essere fuoriuscita di gas.

Secondo quanto riferito, giungono conferme che la CIA avrebbe avvertito il governo federale

Finora, è tutto così poco chiaro. Molte domande verranno ora rivolte anche al governo federale. Apparentemente, il servizio segreto statunitense CIA li ha avvertiti settimane fa di possibili attacchi ai gasdotti. Come detto, un simile suggerimento dal servizio di intelligence straniero degli Stati Uniti è stato ricevuto a Berlino in estate, ha riferito lo “Spiegel” martedì, citando “persone che hanno familiarità con la questione”.

Protezione dati

Secondo le informazioni di “Spiegel”, anche i danni ai gasdotti Nord Stream 1 e 2 sono maggiori del previsto, perché avrebbero dovuto essere squarciati su una lunghezza maggiore. Il “calo di pressione esplosivo” negli oleodotti non può essere spiegato diversamente, secondo i funzionari del governo.

La caduta di pressione al Nord Stream 2 è stata segnalata per la prima volta lunedì pomeriggio, al Nord Stream 1 in prima serata, poco dopo la seconda delle due scosse registrate. Dopo la caduta di pressione nel gasdotto Nord Stream 1, l’Agenzia federale di rete ha dichiarato che non sono previsti effetti sulla sicurezza dell’approvvigionamento.

“Tutto parla contro una coincidenza”

A causa degli incidenti, l’autorità ha chiesto alla società statale Energinet di essere particolarmente vigile riguardo alla sicurezza delle sue strutture. Le interruzioni delle linee del gas sono estremamente rare, motivo per cui ci sono ragioni per portare il cosiddetto livello di prontezza nei settori del gas e dell’elettricità al secondo livello più alto “arancione”, scrive l’agenzia per l’energia.

A causa della tempistica, delle tre linee interessate e delle gravi perdite di pressione nel Nord Stream 1, si prevede il peggio. “Non possiamo immaginare uno scenario che non sia un attacco mirato”, ha affermato una persona che ha familiarità con la valutazione del governo federale e federale. Ha continuato dicendo: “Tutto parla contro una coincidenza”.

Controffensiva ucraina: La prossima grande svolta potrebbe essere imminente nel Donbass Un simile attacco al fondo del mare è tutt’altro che banale, dovrebbe essere effettuato con forze speciali, ad esempio sommozzatori della marina, o un sottomarino, secondo gli ambienti informati la prima valutazione della situazione.

Klaus Müller, presidente dell’Agenzia federale delle reti, non conosceva ancora le ragioni esatte delle perdite negli oleodotti a partire da martedì mattina. Che si sia trattato di un attacco all’infrastruttura del gas è “tutto altamente speculativo”. Le fughe di notizie non sono in territorio tedesco, afferma Müller. Ora i partner europei esaminerebbero il resto del tubo per individuare eventuali danni. “I cavi stanno attualmente brillando”, ha detto Müller.

Qualcuno è impazzito … probabilmente non è russo. Posto che Putin non può essere (sono i suoi e per di più il rubinetto lo controlla lui), chi sarà stato?

Per quanto riguarda la paternità dei presunti attacchi, sono in discussione due opzioni principali. Innanzitutto, secondo le prime speculazioni, potrebbero essere responsabili le forze ucraine o quelle associate all’Ucraina Test gratuito: Leggi il mirror giornaliero illimitato con un abbonamento. Tutto dal mondo e dalla città cosmopolita.

Con i gasdotti Nord Stream temporaneamente disattivati, le consegne di gas dalla Russia alla Germania e all’Europa centrale sarebbero possibili solo tramite il collegamento Yamal attraverso la Polonia o la rete di gasdotti ucraini.

Le consegne del Nord Stream 1 sono state sospese a fine agosto

In secondo luogo, esattamente lo stesso scenario, ma come una cosiddetta operazione “falsa bandiera” della Russia, è una possibile spiegazione per le perdite negli oleodotti. Ciò potrebbe alimentare ulteriore incertezza e possibilmente far salire nuovamente il prezzo del gas al fine di esacerbare la crisi dei prezzi dell’energia in Europa, che di recente si era minimamente attenuata. Come si dice, “Alcune delle capanne sono già in fiamme” Habeck avverte di “danni permanenti” per l’economia tedesca.

La stessa Russia non ha voluto escludere che le fughe di notizie siano un atto di sabotaggio. “Ora nessuna variante può essere esclusa”, ha detto martedì il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Il Cremlino è “estremamente preoccupato” per il calo di pressione nei gasdotti Nord Stream 1 e 2 del Mar Baltico. “Questa è una situazione assolutamente senza precedenti che deve essere chiarita rapidamente”, ha affermato Peskov.

Martedì, la Polonia ha nuovamente dichiarato di considerare una provocazione russa come possibile sfondo. Siamo in una situazione di forte tensione internazionale, ha affermato il viceministro degli Esteri Marcin Przydacz. “Purtroppo, il nostro vicino orientale persegue costantemente una politica aggressiva. Se è capace di una politica militare aggressiva in Ucraina, è ovvio che non si possono escludere provocazioni, anche nei settori dell’Europa occidentale».

Come previsto, l’Ucraina è stata ancora più esplicita: “La ‘fuga di gas’ su larga scala al Nord Stream 1 non è altro che un attacco terroristico pianificato dalla Russia e un atto di aggressione nei confronti dell’UE”, ha scritto su Twitter il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podoliak .

Il monopolio russo del gas Gazprom ha interrotto le consegne attraverso il Nord Stream 1 alla fine di agosto, catapultando i prezzi del gas in Europa. Presumibilmente, i lavori di manutenzione urgenti non sono possibili a causa delle sanzioni contro la Russia Aumento dovuto ai rifugiati ucraini Per la prima volta, più di 84 milioni di persone vivono in Germania

Sia i fornitori di apparecchiature occidentali che il governo federale negano questa rappresentazione. Negli ambienti della sicurezza berlinese si diceva che non si poteva escludere che fosse stato pianificato un sospetto attacco prima della fermata delle consegne, perché i tempi di consegna di tali operazioni speciali potevano essere lunghi.

Nessun impatto sulla sicurezza dell’approvvigionamento

Un portavoce del ministero federale dell’Economia ha dichiarato lunedì sera: “Stiamo facendo chiarezza sulla situazione qui in cambio delle autorità interessate e dell’Agenzia federale di rete”, ha affermato. Come le autorità danesi, l’Agenzia federale di rete non vede alcun impatto sulla sicurezza dell’approvvigionamento dopo il calo di pressione nel gasdotto Nord Stream 1.

I livelli di stoccaggio del gas continuano a salire nonostante il gasdotto sia stato riempito per quattro settimane. Secondo l’autorità, attualmente sono circa il 91%.

Inoltre:

Gli esperti spiegano perché il prezzo del gas sta di nuovo scendendo e che la tendenza continuerà. È necessaria l’apertura del Nord Stream 2-3.000 persone hanno manifestato a LubminScholz contro la visita negli Stati del Golfo. La Germania riceve gas liquido dagli Emirati Arabi Uniti.

Ci sono già altre informazioni sul calo di pressione nel Nord Dettagli della pipeline Stream 2. Secondo il portavoce dell’operatore del gasdotto, lunedì notte è stato rilevato un calo di pressione in uno dei tubi. Le autorità dei paesi limitrofi di Germania, Danimarca, Svezia, Finlandia e Russia sono state quindi immediatamente informate.

Secondo il portavoce, normalmente c’è una pressione di 105 bar. Ora sono solo sette bar sul lato tedesco.Il rappresentante dell’azienda ora teme che il gasdotto, che è riempito con 177 milioni di metri cubi di gas, possa rimanere vuoto nei prossimi giorni.

La ONG Deutsche Umwelthilfe ha sottolineato che il gas naturale è metano, che è parzialmente solubile in acqua e non è tossico. Più profondo è il gas rilasciato nel mare, maggiore è la proporzione che si dissolve nell’acqua, ha affermato un portavoce del DUH. Anche nel caso di un’esplosione subacquea, ci sarebbero solo effetti locali. (Con Agenzie)

L’ex ministro degli Esteri polacco, un membro in carica del Parlamento europeo, sta elogiando quello che suggerisce essere un attacco degli Stati Uniti a infrastrutture civili in parte di proprietà tedesca, che potrebbe condannare milioni di persone alla povertà in un gelido inverno. Io sono senza parole.

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Radek Sikorski MEP

@radeksikorski