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6222.- La Russia si sta bloccando. Ed è anche colpa della Cina

Ma la domanda per noi è; “Fino a che punto le sanzioni possono bloccare l’economia russa senza scatenare una catastrofe… in Europa?”

Da Formiche.net, di Gianluca Zapponini, 10/05/2024

Per Mosca è sempre più difficile vendere e comprare beni dai suoi mercati amici, come Cina e Turchia. Con le banche terrorizzate dalle sanzioni, per le imprese è infatti impossibile effettuare gli scambi, come dimostra il crollo dei flussi nel primo trimestre. E così il denaro smette di circolare

Qualcosa scricchiola, pericolosamente, dentro l’economia russa. La propaganda, quella che vuole le finanze dell’ex Urss a prova di bomba, arriva fino a un certo punto (qui l’intervista all’economista Alberto Forchielli). Poi ci sono quei muri che è difficile abbattere e quei muri si chiamano sanzioni. Sono mesi, infatti, che le imprese dei Paesi alleati della Russia, Cina in testa, hanno difficoltà a vendere o comprare le merci di Mosca, per il semplice fatto che le banche si rifiutano di processare i pagamenti per timore di finire invischiate nelle sanzioni.

Tutto questo ha un prezzo, anche perché non c’è solo il fronte cinese per il Cremlino, ma anche quello della Turchia. Oggi, infatti, è molto più difficile spostare denaro dentro e fuori la Russia. I volumi commerciali di Mosca con partner chiave come Turchia e Cina sono infatti letteralmente crollati nel primo trimestre di quest’anno, dopo che gli Stati Uniti hanno preso di mira le banche internazionali che aiutano Mosca a comprare o vendere merci. Il famoso ordine esecutivo statunitense, attuato alla fine dello scorso anno e che prevede la possibilità di colpire con sanzioni tutte quelle imprese o istituti che mantengono rapporti con la Russia, sta insomma dando i suoi frutti.

Al punto, “che è diventato difficile per la Russia accedere ai servizi finanziari di cui ha bisogno per pagare i beni comprati all’estero”, ha affermato Anna Morris, vice segretario ad interim per il finanziamento del terrorismo e i crimini finanziari presso il Tesoro degli Stati Uniti. “L’obiettivo è sicuramente quello di rendere molto più complesso il flusso di quel denaro, di aumentare i costi per i russi l’attrito nel sistema”. E la preoccupazione, come ha rivelato al Financial Times un imprenditore russo, aumenta anche all’interno. “Un mese sono dollari, il mese successivo sono euro: entro sei mesi praticamente non potrai fare nulla. Il logico risultato di ciò è trasformare la Russia in Iran”.

D’altronde, anche sul versante cinese le cose si stanno mettendo male. C’è un dato, diffuso dalle agenzie doganali cinesi, poche settimane fa, che racconta una verità amara per la Cina. E cioè che le esportazioni del Dragone in Russia sono diminuite di quasi il 16% a marzo rispetto all’anno precedente, registrando il peggior calo da inizio 2022, quando le sanzioni contro l’ex Urss non erano ancora scattate. Le esportazioni del Dragone, infatti, si sono contratte a marzo dopo essere cresciute nei primi due mesi dell’anno. I dati doganali poc’anzi citati mostrano che le vendite sono diminuite del 7,5% a marzo rispetto all’anno precedente, mentre le importazioni sono diminuite dell’1,9%. Entrambi i valori sono stati inferiori alle stime. E anche questa non è una buona notizia.

5760.- Il rischio caos in Russia e la valigetta nucleare di Putin

aggiornato il 5 luglio 2023

Vladimir Putin ha già dimostrato di saper neutralizzare le opposizioni e di saper convincere le figure utili alla sua politica. Il controllo del potere, delle forze armate e di sicurezza sarà certo recuperato, ma non è escluso che Putin debba venire a patti con le figure che hanno avuto parte o hanno accompagnato questo evento. Putin ha capacità di reazione e conosce bene il suo popolo; ma questo ammutinamento ha fatto emergere settori che palesano il loro disagio per l’incapacità di saper concludere questa guerra e temono il caos e l’anarchia. Peggio, chi invoca l’escalation nucleare suscita preoccupazione. É evidente la mancanza di un piano, come ha denunciato Prigozhin.

Dal punto di vista militare, si è temuto il collasso dell’esercito alla frontiera, come conseguenza della rivolta. Il caso del gen. Sutovikin è importante ed è ancora da chiarire. Non si parla più di non fare concessioni, ma di creare una fascia di sicurezza fra la Russia, l’Ucraina e la Nato. É emersa la corruzione nei vertici. É un fatto poco commentato, almeno per ora, ma é stata mostrata una villa di Shoigu con dentro qualche ben di Dio. I blog militari russi, commentando il sabato della rivolta, hanno parlato di fughe di personaggi, oligarchi? con i loro aerei, ma è un sintomo dell’insicurezza. Quei personaggi prendono il volo tutti i sabati e tornano il lunedì.

Sul rischio nucleare, ricordiamo l’avviso di Xi Jinping, a marzo. Il presidente cinese ha messo personalmente in guardia il collega Vladimir Putin contro un attacco nucleare russo in Ucraina. Un tale innalzamento del conflitto non è compatibile con i piani di sviluppo cinesi. Sull’instabilità della Russia, è bene ricordare che il confine fra i due stati misura 4.250 km. C’è il rischio che il caos che potrebbe degenerare in Russia, si trasmetta alla Cina. La Russia deve evitare che ci sia un’altra rivolta.

Il rischio caos in Russia i pericoli per il suo arsenale nucleare

Da Affari Internazionali, di Ettore Greco, 3 Luglio 2023

In pochi giorni Vladimir Putin sembra aver ripreso il pieno controllo delle leve del potere in Russia. Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov si è detto anzi convinto che il regime uscirà ritemprato dallo scontro con il capo della Wagner Evgenij Prigozhin. Resta il fatto che è stato proprio il capo del Cremlino a evocare, in più occasioni, lo spettro della guerra civile. L’intento è evidente: convincere una popolazione scossa dagli ultimi eventi che lui e l’establishment che lo circonda sono l’unica alternativa al caos e all’anarchia. Ma le fragilità del potere putiniano sono emerse in piena luce, come mai prima. In Russia la propaganda cerca di proiettare l’immagine di un ritorno alla normalità, non si sa con quanto successo, ma nelle cancellerie occidentali una crisi del regime è ora considerata più probabile.

Crisi interna e rischio nucleare

Lo scenario di una Russia in preda a convulsioni interne e a rischio di implosione o di un traumatico cambio di leadership suscita in Occidente varie preoccupazioni, compresa una possibile perdita di controllo sull’arsenale nucleare. È quest’ultima una minaccia reale?

Non è facile misurare il malcontento popolare in un regime in cui il governo ha il controllo assoluto dei media e le manifestazioni di dissenso sono brutalmente represse. Ma non si colgono oggi in Russia i segni di un’incipiente guerra civile.

Lo scontro con la Wagner potrebbe però avere strascichi non trascurabili. Putin, ma anche, e soprattutto, i vertici militari ne escono parecchio indeboliti. Vari gruppi di opposizione – interni ed esterni al regime – potrebbero esserne incoraggiati a sfidare apertamente la presidenza. Inoltre, come notato in un precedente articolo su questa rivista, nuovi rovesci militari in Ucraina metterebbero a repentaglio la tenuta del regime e un’eventuale nuova campagna di reclutamento per frenare la controffensiva ucraina avrebbe molto probabilmente un effetto boomerang.

Dinamiche conflittuali che sfocino in una defenestrazione di Putin non si possono quindi escludere. Per eventuali nuovi inquilini del Cremlino mantenere il controllo sull’arsenale nucleare sarebbe un’assoluta priorità, ma un regime ancora più accesamente nazionalista, intenzionato a riscattare la Russia dai fallimenti di Putin – un incubo ben presente in Occidente – potrebbe arrivare a contemplarne concretamente l’uso. Nel caso estremo di un collasso verticale delle strutture statali, crescerebbe anche il rischio che le armi nucleari finiscano nelle mani di gruppi in grado di agire autonomamente dalle catene di comando istituzionali.

Quest’ultimo scenario appare al momento alquanto remoto. La disgregazione dell’Unione Sovietica suscitò acute apprensioni sul destino del suo arsenale nucleare, una parte del quale era dispiegato sul territorio di alcune repubbliche secessioniste (Bielorussia, Kazakhistan, Ucraina) ma sotto il controllo militare russo. All’epoca la Casa Bianca – con George Bush prima e Bill Clinton poi – si adoperò con successo per facilitare il trasporto e la messa in sicurezza in Russia delle armi nucleari rimaste in quelle repubbliche. Da allora si è sempre fatto affidamento sulla capacità di Mosca di garantire una gestione competente e professionale dell’apparato nucleare anche grazie a uno sperimentato sistema di comando e controllo.

Il rischio che leader irresponsabili o persino gruppi terroristici possano prendere possesso di armi nucleari o del materiale necessario per produrle è in realtà sempre stato considerato non trascurabile. Ma si avevano in mente perlopiù paesi nucleari dal futuro imperscrutabile, come la Corea del Nord, o perennemente instabili e che si trovano a fronteggiare forti gruppi di opposizione radicali, come il Pakistan.

Chi decide sulle armi nucleari

Ovviamente la decisione finale sull’uso delle armi nucleari di qualsiasi tipo, comprese quelle tattiche destinate al campo di battaglia, spetta in Russia al presidente. È lui ad avere continuamente con sé la cosiddetta valigetta che attraverso, sembra, due bottoni – “lancia” o “cancella” – gli consente di impartire ordini sull’impiego delle armi nucleari ai più alti comandi militari e per il loro tramite alle unità militari che le hanno in dotazione insieme ai relativi codici di lancio.

Si pensa che anche il ministro della difesa Sergei Shoigu e il capo delle forze armate Valery Gerasimov abbiano delle proprie valigette nucleari. Come funzioni più in dettaglio la catena di comando, controllo e comunicazione delle armi nucleari resta ovviamente segreto, ma, nel caso che sia accertato un attacco nucleare contro la Russia, la decisione se e come rispondere dovrebbe essere presa in pochi minuti, la catena si accorcerebbe, e maggiore potrebbe essere il ruolo delle strutture locali di comando e dei programmi dei computer predisposti per questa evenienza. In caso di falsi allarmi, la valutazione dei comandi inferiori potrebbe rivelarsi decisiva per bloccare la rappresaglia.

In via teorica, non si può escludere uno scenario in cui i militari, a un livello più o meno alto, scelgano di opporsi a un comando del presidente sull’impiego delle armi nucleari che ritengano irrazionale. Un simile ammutinamento non appare però molto probabile. È infatti lecito dubitare che della catena di comando nucleare facciano parte ufficiali con sufficiente determinazione e coraggio per sfidare apertamente il presidente.

La minaccia delle armi nucleari tattiche

L’attenzione è oggi puntata sulle armi nucleari tattiche che si teme Mosca possa usare nell’ambito della guerra in Ucraina, dando seguito alle ripetute minacce di un escalation nucleare. La Russia ne possiede circa 2 mila – dieci volte quelle americane – e ha cominciato a dispiegarne una parte, non si sa quante, in Bielorussia, come orgogliosamente confermato dal presidente bielorusso Alexander Lukashenko.

La procedura per il loro impiego è la stessa sopra descritta, ma il potenziale lancio dovrebbe essere preceduto dalle installazioni delle testate, che ora si trovano nei depositi, sui veicoli di trasporto e dall’attivazione delle relative unità militari. Tutte azioni che potrebbero essere rilevate, senza grandi difficoltà, dai satelliti. Inoltre, Mosca stessa potrebbe essere interessata a non nascondere queste misure preparatorie se lo scopo è quello di brandire l’arma nucleare a scopo di intimidazione.

Infine, nel caso di un’effettiva volontà di impiegare le armi nucleari tattiche, il Cremlino dovrebbe, di necessità, mettere in uno stato avanzato di allarme anche le sue armi strategiche in vista di una possibile risposta nucleare degli Usa. Anche questa mossa non rimarrebbe però celata.

Da quando si è profilato il rischio nucleare nel contesto della guerra in Ucraina, Washington ha ripetutamente espresso fiducia nella propria capacità di monitorare le attività delle forze armate russe adibite alle armi nucleari e anche di recente ha dichiarato di non aver rilevato nessun cambiamento degno di nota nella dislocazione delle testate nucleari russe destinate a un uso tattico. Non meno importante, continuano ad essere attivi i canali di comunicazione tra i due paesi sulle questioni nucleari.

Le minaccia nucleare russa rimane però, come ammesso dallo stesso Biden, “reale”. Le probabilità che si materializzi potrebbero aumentare nel caso Putin subisse nuovi rovesci militari in Ucraina e la controffensiva in corso avesse successo. E non si può certo dare per scontato che, nel caso di una sua defenestrazione e di un cambio ai vertici del Cremlino, lo spettro di una guerra nucleare potrebbe essere più facilmente esorcizzato.

5757.- Cina. La Nuova Via Della Seta

Cos’è la Nuova Via Della Seta

Di Lorenzo Riccardi a Corriereasia.com

Il progetto One Belt One Road (OBOR) prevede il rilancio in chiave contemporanea della storica via della seta.
Il governo cinese ha previsto la costituzione di due percorsi commerciali.

Il progetto abbraccia oltre 120 paesi, che si sono resi disponibili ad allineare i propri piani di sviluppo a quello cinese. 

L’iniziativa One Belt One Road (OBOR) è supervisionata dalla Commissione nazionale di sviluppo e riforma, dal ministro degli affari esteri e dal ministro del commercio. L’OBOR ricopre un ruolo primario nei piani del governo di Pechino in quanto fattore coadiuvante agli obiettivi di lungo periodo di raddoppiamento del PIL e di creazione di nuovi legami internazionali, già enunciati a marzo 2016 con la pubblicazione del 13° piano quinquennale.

https://www.youtube.com/embed/M-nZy9Ee2_U?feature=oembedVideo La nuova via della seta

Percorso

percorsi della nuova via della seta

Percorso terrestre

Comprensivo di tre diverse rotte atte a connettere la Cina con Europa, Medio Oriente e Sud-est asiatico.

Percorso marittimo

Diviso in due rotte – una che dalla Cina si snoda attraverso l’Oceano Indiano, il Mar Rosso e infine si collega all’Europa, l’altra che connette Pechino con le isole pacifiche attraverso il mare di Cina.

L’idea di costruire una via che potesse potenziare i flussi commerciali fu proposta dal presidente cinese Xi Jinping nel settembre 2013 durante un discorso tenuto alla Nazarbayev University in Kazakistan, e successivamente durante una visita al parlamento indonesiano. In tali occasioni “Xi” auspicava la creazione di una tratta commerciale che potesse permettere di stringere profondi legami economici e di rinsaldare la cooperazione fra i paesi beneficiari al fine di facilitare lo sviluppo della zona eurasiatica.

percorso nuova via della seta
percorso via della seta
mappa paesi nuova via della seta

Le Rotte Commerciali

Il progetto prevede la creazione di nuove tratte commerciali e il potenziamento di quelle già esistenti. Le rotte terrestri di riferimento sono tre:

  1. una delle vie terrestri parte da Xi’an (la prima delle quattro antiche capitali Cinesi), città situata nel centro del paese, e si snoda attraverso il centro dell’Asia, ossia attraverso Kazakhistan, Russia (Mosca) e dirigendosi infine nel Mar Baltico;
  2. Da Xi’an inizia un secondo percorso terrestre che attraversa il Medio Oriente, nello specifico Islamabad (Pakistan), Teheran (Iran), Istanbul (Turchia);
  3. Infine una terzia via parte da Kunming a attraversa il sudest asiatico, attraverso paesi quali Tailandia e Myanmar, finendo la sua corsa a Delhi in India.

Le principali rotte marittime sono due: una inizia dal porto di Fuzhou e attraversa l’oceano Indiano toccando Malesia, Sri Lanka e il mar Rosso, collegando l’Europa a Rotterdam; la seconda parte sempre da Fuzhou e arriva alle isole Pacifiche attraverso il Mar di Cina.

rotte commerciali via della seta
La Nuova Via della Seta tra politica e finanza globale

Il progetto in totale coinvolgerà circa 4,4 miliardi di persone, ossia circa il 63% della popolazione mondiale, e il 29% del PIL mondiale, corrispondente a 21 miliardi di dollari.

Nello specifico, riguardo la via terrestre, la Cina sta pianificando una ferrovia ad alta velocità che parta da Kunming e si espanda verso il Laos, Cambogia, Malesia, Myanmar, Singapore, Tailandia e Vietnam. Inoltre viene prevista la creazione di un ulteriore network di strade, ferrovie e condotti che inizi da Xi’an e si snodi ad Ovest verso il Belgio.

Pechino ha già iniziato la costruzione di una ferrovia per il trasporto merci di 8 mila miglia che connetta Yiwu a Madrid e una linea che inizi Kashgar e si diriga verso il Pakistan e successivamente verso il mare Arabico. La Cina non ha bisogno di costruire molte delle tratte richieste, ma solo di collegarle fra loro in modo efficiente.

linea ferroviaria che lega Cina e mare arabico attraverso il Pakistan

Il governo di Pechino ha inoltre annunciato lo stanziamento di 40 milioni di dollari derivanti dagli istituti di credito legati all’iniziativa, al fine di supportare attivamente la costruzione delle infrastrutture necessarie alla realizzazione del progetto. La Japan-led Asian Development Bank ha previsto la necessità di investimenti pari a 8 mila miliardi di dollari complessivi per il continente asiatico nelle infrastrutture entro la fine del 2020. L’Indonesia, la più grande economia del Sud-Est asiatico, spende il 3% del proprio PIL nel settore sopracitato, il che sottolinea la volontà del paese di adeguarsi a standard di strutture e trasporti efficienti atti a consentire un sostenuto sviluppo economico e commerciale.

Obiettivi

la nuova via della seta nell’assetto geopolitico globale

One Belt One Road si figura come una risposta alla campagna statunitense “Rebalance to Asia”, alla politica di standardizzazione giapponese, alla celere crescita economica dell’India e alla crescente attenzione verso lo sviluppo dei partner commerciali di Pechino. Per la Cina, l’iniziativa mira allo sviluppo di legami internazionali per porre rimedio a tematiche quali l’assorbimento della sovraccapacità produttiva delle aziende locali e il mantenimento un’elevata percentuale di crescita del PIL, all’approvvigionamento di risorse e ad altri temi regionali.

Il progetto OBOR include elementi economici e strategici. Fra i primi vi è la volontà da parte di Pechino di investire nello sviluppo infrastrutturale dei paesi coinvolti. Questa inclinazione riflette lo sforzo di incrementare la capacità produttiva dei partner commerciali così come il grado di connessione fra la Cina e i paesi Occidentali. Pechino ha previsto diversi strumenti al fine di supportare gli investimenti infrastrutturali, quali la fondazione di istituti come il Silk Road Fund e la Asian Infrastructure Investment Bank e il supporto di Bank of China e della China International Trust & Investment Corporation. Sono diversi i progetti di rilievo che la Cina sta gestendo nei paesi interessati dalla nuova via della seta.

Cina investimenti nuova via della seta
progetti relativi iniziativa OBOR nei vari continenti
ammontare in US$ di progetti relativi all’iniziativa OBOR nei vari continenti – Fonte: PWC

L’iniziativa One Belt One Road può rivestire un ruolo importante nella crescita economica dei paesi asiatici, medio orientali ed est-europei più arretrati, offrendo loro uno sbocco commerciale di prim’ordine e un collegamento diretto con mercati più lontani e difficilmente accessibili. Nello specifico, una conseguenza sarà data della crescente domanda di merci da parte delle aziende cinesi impegnate nella costruzione delle strumentazioni e infrastrutture necessarie all’attuazione del piano. Queste nuovi legami commerciali stimoleranno di conseguenza la creazione di nuove partnership tra imprese locali ed estere, nel settore delle costruzioni e delle tecnologie.

Opportunità

aperture e opportunità della nuova via della seta

Con la nuova via della seta, da un punto di vista diplomatico, la Cina si prefigge cinque obiettivi fondamentali: il coordinamento politico, l’incremento della connettività e dei flussi commerciali fra i paesi, l’integrazione finanziaria e culturale tra i diversi paesi.

In sintesi, gli obiettivi dell’iniziativa OBOR possono essere evidenziati nei seguenti punti:

  1. Connettere i paesi, facilitando la comunicazione fra i governi;
  2. Connettere le infrastrutture, per facilitare il trasporto di merci e il passaggio di persone fra i diversi paesi.
  3. Connettere le economie, al fine di aumentare i volumi commerciali.
  4. Connettere i capitali, al fine di incentivarne i flussi.
  5. Connettere le persone, facilitare gli scambi tra diverse culture e sistemi educativi, incentivare la condivisione delle tecnologie e degli usi.

Al fine di raggiungere questi obiettivi, la Cina deve cercare di applicare politiche volte alla stabilizzazione del proprio mercato, ed evitare la svalutazione dello Yuan. Il progetto One Belt One Road ha la potenzialità di dare ulteriore stimolo all’economia Cinese, accompagnandola verso la crescita prospettata dal governo di Pechino.

Criticità

potenziali instabilità della nuova via della seta

Un progetto politico di tale portata non può essere esente da criticità. Primo fra tutte vi è l’opposizione statunitense alla fondazione della Asian Infrastructure Investment Bank. Tale istituto si figura come la risposta agli elevati standard d’accesso e all’ingerenza negli affari degli stati affiliati da parte di entità quali la Asian Development Bank, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Di conseguenza esso rappresenta, secondo i piani di Pechino, sia elemento complementare che concorrenziale rispetto agli istituti sopra menzionati.

Altro elemento di criticità potrebbe essere rappresentato dall’invasività del progetto, che andrebbe ad oscurare gli accordi tra paesi precedentemente stipulati. Inoltre potrebbero sorgere difficoltà nell’applicazione della modalità di business tipicamente cinesi in contesti tradizionalmente e culturalmente differenti, così come nell’implementazione di politiche comuni in sistemi economici e giuridici eterogenei.

L’instabilità politica e le difficoltà economiche di alcuni paesi interessati dal progetto OBOR possono giocare un ruolo fondamentale, così come la percezione dei vantaggi connessi all’adesione all’iniziativa stessa: il livello di cooperazione dei partecipanti tenderebbe a scendere se il beneficio percepito fosse solo a vantaggio di Pechino.

Il processo di investimento domestico nel settore delle infrastrutture è stato largamente supportato dal governo cinese nelle ultime decadi. Esso risulta essere più celere rispetto al procedimento di investimento estero, che richiede maggiori autorizzazioni ed e’ in linea con la maggiore cautela degli istituti finanziari, i quali prediligono progetti chiari ed elevati ritorni sugli investimenti.

Secondo gli analisti, vi sono criticità allargate: il 55% dei progetti per la costruzione di linee ad alta velocità non ha ancora una data di inizio e il governo Cinese non ha accesso al 40% di progetti per la costruzione di treni veloci oltreconfine.

Infine la più grande sfida e relativa all’incerta situazione economica cinese: la crescente svalutazione dello Yuan e la conseguente politica monetaria adottata dal governo, così come la recente uscita dall’Europa da parte della Gran Bretagna, pongono quesiti sulla futura stabilità dell’economia di Pechino. La volatilità dei mercati e la diminuzione di crescita percentuale del PIL preoccupano gli investitori e mettono a rischio la realizzazione degli obiettivi di lungo periodo quali il mantenimento della crescita del 6,5% annuo del PIL, il raddoppiamento del PIL pro-capite entro il 2020 e il passaggio della Cina ad un’economia di consumo.

settori investimento cinesi

L’Italia e la nuova Via della Seta

Un polo portuale e varco per l’Europa

I porti italiani si identificano come importante snodo commerciale e strategico per il progetto One Belt One Road. Il mediterraneo è il punto di arrivo della tratta marittima che da Fuzhou si dirige in direzione Sud-Est verso Malesia, Thailandia, Indonesia, India, passando per l’Oceano Indiano prima e il Mar Rosso dopo, e dirigendosi infine nel Mediterraneo dove, dopo Atene, raggiungerà l’Italia.

Già nel 2016 il porto di Venezia aveva assunto particolare rilevanza per il progetto cinese, in quanto la rotta Marittima facente approdo a Venezia si figura come la più efficiente, per via della possibilità di ridurre al minimo i tempi e i costi relativi alla movimentazione delle merci. Il porto permetterebbe il collegamento più rapido tra l’Europa la Cina: la tratta Nord Adriatico – Shanghai, lunga 8.630 miglia, è di 2.000 miglia più vicina rispetto alla tratta Amburgo-Shanghai, della lunghezza di 11 mila miglia, comportando un risparmio di tempo di navigazione di 8 giorni.

Recentemente, in occasione della visita ufficiale di Xi Jinping a fine Marzo 2019, l’Italia ha assunto un ruolo ancora maggiore in quanto i porti di Palermo, Genova e Trieste potrebbero diventare importanti snodi nel mediterraneo. In particolare, quest’ultimo avrebbe attirato l’attenzione cinese poiché per la Cina, avere uno scalo in uno dei porti storici dell’Europa porterebbe condizioni doganali favorevoli, una rotta commerciale più veloce nel cuore del continente e un accesso diretto alle ferrovie per lo spostamento delle sue merci nell’Unione europea. Una soluzione già offerta da Venezia, ma che la Cina preferisce per via della più facile realizzazione.

L’apertura dei porti italiani alla Nuova Via della Seta e i conseguenti ingenti investimenti nelle infrastrutture condurranno non solo l’Italia ma l’intera Europa a essere collegate in maniera più efficiente con la Cina e tutti i paesi interessati dal progetto.

pil paesi via della seta

Memorandum Italia Cina nuova via della seta

Il 23 marzo 2019 il presidente Conte e il Presidente Xi hanno siglato a Roma un accordo strategico per l’ingresso dell’Italia nell’iniziativa Belt and Road come il primo paese G-7 ad aderire alla nuova Via della Seta. Il Memorandum è stato firmato unitamente a 29 accordi, istituzionali e commerciali, tra Italia e Cina nei settori del commercio, dell’energia, dell’industria, delle infrastrutture e del settore finanziario, al fine di promuovere un rafforzamento delle relazioni economico-commerciali tra i due Paesi.
Il Governo italiano ha aderito al grande progetto di connettività eurasiatica. Un progetto che l’Italia guarda con favore promuovendo la sua posizione al centro del Mediterraneo per promuovere il rafforzamento dell’export, l’aumento degli investimenti tra i due Paesi e l’inclusione dei porti italiani nelle rotte del commercio internazionale.

Gli accordi istituzionali Italia Cina

  • Memorandum d’Intesa tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo della Repubblica Popolare Cinese sulla collaborazione nell’ambito della “Via della Seta Economica” e dell’“Iniziativa per una Via della Seta marittima del 21° secolo”.
  • Protocollo d’Intesa per la promozione della collaborazione tra Startup Innovative e tecnologiche tra il Ministero dello Sviluppo Economico della Repubblica Italiana e il Ministero della Scienza e Tecnologia della Repubblica Popolare Cinese.
  • Memorandum d’Intesa tra il Ministero dello Sviluppo Economico della Repubblica Italiana ed il Ministero del Commercio della Repubblica Popolare Cinese sulla cooperazione nel settore del commercio elettronico.
  • Accordo tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo della Repubblica Popolare Cinese per eliminare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni e le elusioni fiscali.
  • Protocollo sui requisiti fitosanitari per l’esportazione di agrumi freschi dall’Italia alla Cina tra il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo della Repubblica Italiana e l’Amministrazione Generale delle Dogane della Repubblica Popolare Cinese.
  • Memorandum d’Intesa tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali della Repubblica Italiana e l’Amministrazione Nazionale per il Patrimonio Culturale della Repubblica Popolare Cinese (NCHA) sulla prevenzione dei furti, degli scavi clandestini, importazione, esportazione, traffico e transito illecito di beni culturali e sulla promozione della loro restituzione.
  • Restituzione di 796 reperti archeologici appartenenti al patrimonio culturale cinese.
  • Piano di Azione sulla collaborazione sanitaria tra il Ministero della Salute della Repubblica Italiana e la Commissione Nazionale per la Salute della Repubblica Popolare Cinese.
  • Protocollo tra il Ministero della Salute della Repubblica Italiana e l’Amministrazione Generale delle Dogane della Repubblica Popolare Cinese in materia di ispezione, quarantena e requisiti sanitari per l’esportazione di carne suina congelata dall’Italia alla Cina.
  • Protocollo tra il Ministero della Salute della Repubblica Italiana e l’Amministrazione Generale delle Dogane della Repubblica Popolare Cinese sui requisiti sanitari per l’esportazione di seme bovino dall’Italia alla Cina.
  • Memorandum d’Intesa tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale della Repubblica Italiana e il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese sulle consultazioni bilaterali.
  • Memorandum di Intesa fra Ministero per i Beni e le Attività Culturali della Repubblica Italiana e Amministrazione Nazionale per il Patrimonio Culturale Cinese (NCHA) della Repubblica Popolare Cinese sul Progetto di Gemellaggio volto alla promozione, conservazione, conoscenza, valorizzazione e fruizione dei siti italiani e cinesi iscritti nelle Liste del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.
  • Memorandum di Intesa tra il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca della Repubblica Italiana e il Ministero della Scienza e Tecnologia della Repubblica Popolare Cinese sul Rafforzamento della Cooperazione sulla Scienza, Tecnologia e Innovazione.
  • Patto di gemellaggio tra la Città di Verona e la Città di Hangzhou per la promozione della conoscenza, valorizzazione e fruizione dei rispettivi siti iscritti nelle liste del Patrimonio mondiale dell’Unesco. 
  • Gemellaggio tra l’Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato e il Comitato di gestione per il Patrimonio dei “Terrazzamenti del Riso di Honghe Hani” dello Yunnan volto alla promozione della conoscenza, valorizzazione e fruizione dei siti iscritti nelle Liste del Patrimonio Mondiale UNESCO italiani e cinesi.
  • Protocollo di Intesa tra l’agenzia Spaziale Italiana e la China National Space Administration sulla cooperazione relativa alla missione “China Seismo-Electromagnetic Satellite 02” (CSES-02). 
  • Memorandum di Intesa tra RAI–Radiotelevisione italiana S.p.a. e China Media Group.
  • Accordo sul servizio Italiano Ansa-Xinhua.
  • Memorandum of Understanding between TOChina Hub China Global Philanthropy Institute and China Development Research Foundation.

Intese commerciali Italia cina

  • Intesa di partenariato strategico tra Cassa Depositi e Prestiti S.p.A (CDP) e Bank of China Limited
  • Memorandum of Understanding sul partenariato strategico tra ENI S.p.A. e Bank of China Limited
  • Intesa di collaborazione tecnologica sul Programma di Turbine a Gas tra Ansaldo Energia S.p.A. e China United Gas Turbine Technology Co.-UGTC
  • Contratto per la fornitura di una turbina a gas AE94.2K per il progetto Bengang tra Ansaldo Energia S.p.A., Benxi Steel Group Co., e Shanghai Electric Gas Turbine Co
  • Memorandum of Understanding tra Cassa Depositi e Prestiti S.p.A (CDP), Snam S.p.A. e Silk Road Fund Co
  • Intesa di cooperazione strategica tra Agenzia ICE e Suning.com Group Co per la realizzazione di una piattaforma integrata di promozione dello stile di vita italiano in Cina
  • Accordo di cooperazione tra Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale – Porti di Trieste e Monfalcone e China Communications Construction Company (CCCC)
  • Accordo di cooperazione tra il Commissario Straordinario per la Ricostruzione di Genova, l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure
  • Memorandum of Understanding tra Intesa Sanpaolo S.p.A. ed il Governo Popolare della città di Qingdao 
  • Contratto tra Danieli & C. Officine Meccaniche S.p.A. e China CAMC Engineering Co per l’installazione di un complesso siderurgico integrato in Azerbaijan

Agevolazioni fiscali Italia Cina

Al fine di rendere più agevole la realizzazione degli obiettivi prefissati dalla Cina e favorire gli investimenti delle società cinesi nei Paesi inclusi nel progetto “Belt and Road”, le Autorità cinesi hanno emanato successivamente diversi provvedimenti che chiariscono le modalità e i punti su cui concentrare le attività. 

Nell’aprile 2017 lo State Administration of Taxation (SAT) ha emesso la Circolare no. 42 (2017) “Circular on further improving tax services for the Belt and Road Initiative”, indirizzata alle sedi locali con l’obiettivo di promuovere concretamente l’iniziativa Belt and Road e chiarire il ruolo della tassazione nel processo di apertura e investimenti delle società cinesi verso l’estero. I punti cardine della circolare sono:

  • ottimizzare l’implementazione dei trattati fiscali e degli accordi bilaterali contro la doppia imposizione (DTA), in modo da creare un ambiente favorevole alla tutela degli interessi delle società cinesi che intendono investire all’estero. Attualmente la Cina ha siglato 107 accordi contro la doppia imposizione, di cui 77 firmati con i Paesi coinvolti nel progetto Belt and Road. Tra questi vi sono alcuni accordi che sono stati aggiornati per renderli maggiormente utili al progetto, come ad esempio il nuovo DTA Cina Russia che riduce la withholding tax sulle royalties dal 10% al 6% e su interessi e dividendi dal 10% al 5%.;
  • migliorare il dialogo tra State Administration of Taxation e le varie unità locali che lo compongono, e tra State Administration of Taxation con le Autorità fiscali dei Paesi coinvolti;
  • implementare efficientemente le politiche fiscali domestiche relative ai rimborsi ed esenzioni fiscali, nonché le politiche fiscali preferenziali garantite a società operanti in certi settori tecnologici e in determinate aree del centro-ovest della Cina, al fine di ridurre il carico fiscali delle società cinesi che partecipano a progetti di investimento e cooperazione internazionale;
  • snellire le procedure fiscali per i rimborsi VAT e gli altri adempimenti fiscali, per consentire alle società di adempiere alle proprie obbligazioni fiscali in maniera rapida ed efficiente;
  • raccogliere maggiori informazioni sui sistemi fiscali in vigore nei Paesi coinvolti, creando guide ad hoc per le società cinesi interessate a valutare progetti di investimento cross – border;
  • rendere più accessibile le informazioni sulle politiche fiscali domestiche e internazionali in vigore, tramite un servizio telefonico dedicato (12366) altri canali quali WeChat, Weibo etc.…per fornire una migliore consulenza e chiarire eventuali dubbi sull’applicazione di determinate norme fiscali.

Gli scambi commerciali tra i Paesi coinvolti nel progetto sono inoltre incentivati dalla progressiva riduzione dei dazi doganali applicati dalla Cina su diverse centinaia di categorie merceologiche; nel corso degli ultimi anni il Ministero delle Finanze ha infatti emesso diverse Circolari che annunciavano il taglio dei dazi doganali, con l’obiettivo, per molti beni, di azzerare le aliquote nel giro di 3-5 anni. Una delle principali riduzioni dei dazi è stata annunciata alla fine del 2017 (Circolare Ministero delle Finanze no. 25 (2017)), tramite cui vengono tagliati i dazi applicati su 187 articoli. Dazi temporanei ridotti sono inoltre applicati su numerose altre categorie merceologiche, che diminuiscono ulteriormente il carico fiscale sulle importazioni. 

Sostenibilità nuova via della seta

Nel giugno 2017 la Circolare no. 24 (2017) del Ministero delle Finanze chiarisce invece le linee guida e le misure che devono essere intraprese dalle SOE (State owned companies/società a controllo statale) per gestire gli investimenti verso l’estero e i rischi finanziari che ne derivano. Le SOE sono uno dei principali attori cinesi che investono all’estero e la Circolare si focalizza sulla gestione finanziaria delle società statali coinvolte nell’acquisizione di partecipazioni di controllo in entità che hanno sede al di fuori del territorio della Repubblica Popolare Cinese. Al fine di migliorare la gestione degli investimenti finanziari, ridurre i rischi legati a tali investimenti e migliorarne l’efficienza, le SOE devono mettere a punto un adeguato sistema gestionale che permetta loro di delineare i ruoli, le funzioni e le responsabilità, nonché migliorare la reportistica, la misurazione della performance e le attività di controllo e auditing interno. Tali società devono quindi dotarsi di strutture adeguate a valutare i rischi e la fattibilità degli investimenti all’estero mediante apposite due diligence e prendere decisioni sulla base delle informazioni raccolte. 

Al fine di promuovere uno sviluppo sostenibile, il Ministero dell’Ambiente ha emesso nel maggio 2017 la Circolare 65 (2017) “The Belt and Road Ecological and Environmental Cooperation Plan”, nel quale vengono definite alcune linee guida che incoraggiano le società cinesi a rafforzare il management ambientale, facilitare il commercio di prodotti eco-sostenibili e facilitare lo scambio di informazioni in materia ambientale. L’idea di implementare politiche eco-sostenibili in progetti trentennali dimostra come la Cina abbia maturato una visione strategica di lungo periodo, idea rafforzata anche dalla recente introduzione della Environmental Protection Tax, che colpisce le industrie particolarmente inquinanti.

Vista l’importanza data al progetto, è plausibile attendersi nei prossimi anni ulteriori provvedimenti finalizzati a stimolare le società cinesi ad effettuare investimenti all’estero, a rafforzare la cooperazione e le relazioni tra Cina e gli altri Paesi e creare un ambiente normativo che tuteli gli operatori coinvolti.

Il progetto One Belt One Road (OBOR) prevede il rilancio in chiave contemporanea della storica via della seta.
Il governo cinese ha previsto la costituzione di due percorsi commerciali.

Il progetto abbraccia oltre 120 paesi, che si sono resi disponibili ad allineare i propri piani di sviluppo a quello cinese. 

L’iniziativa One Belt One Road (OBOR) è supervisionata dalla Commissione nazionale di sviluppo e riforma, dal ministro degli affari esteri e dal ministro del commercio. L’OBOR ricopre un ruolo primario nei piani del governo di Pechino in quanto fattore coadiuvante agli obiettivi di lungo periodo di raddoppiamento del PIL e di creazione di nuovi legami internazionali, già enunciati a marzo 2016 con la pubblicazione del 13° piano quinquennale.

5756.- Le vie cinesi al dominio del mondo. Dalla Cina all’Algeria, la rete di sorveglianza della Belt and Road Initiative (BRI)

La Tecnologia LiDAR: che cosa è? come funziona?

Poche persone sanno esattamente cosa sia la tecnologia LiDAR, come funziona e come mai sia sempre più importante come tecnologia per lo sviluppo dei nuovi veicoli a guida autonoma e per gli ADAS (Advanced Driver Assistance Systems).

L’acronimo LiDAR (Light Detection And Ranging) identifica la tecnologia che  misura la distanza da un oggetto illuminandolo con una luce laser e che al contempo è  in grado di restituire informazioni tridimensionali ad alta risoluzione sull’ambiente circostante. Un LiDAR utilizza tipicamente diversi componenti: laser, fotorilevatori e circuiti integrati di lettura (ROIC) con capacità di tempo di volo (TOF) per misurare la distanza illuminando un bersaglio e analizzando la luce riflessa. La tecnologia LIDAR ha applicazioni in geologia, sismologia, archeologia, telerilevamento e fisica dell’atmosfera e ambiti militari. Lo scanner LiDAR è integrato negli iPhone Pro e negli iPad Pro da 2020 in poi (lo scanner in questione è integrato in: iPhone 12 Pro e Pro Max,iPhone 13 Pro e Pro Max, iPhone 14 Pro e Pro Max ma anche negli iPad Pro 2020, 2021 e 2022 da 11″ e 12,9″) e offrendo funzioni evolute di rilevamento della profondità, permette di determinare la distanza di un oggetto o di una superficie utilizzando un impulso laser.. 
Di base il LIDAR è una tecnica simile a un radar basata sul principio dell‘eco. Lo stesso principio utilizzato dai radar, che utilizza come “segnale” la luce (pulsata) anziché un segnale radio.

LiDAR vs RADAR: What's the Difference? - FlyGuys

LiDAR o RADAR: Qual’è la differenza?

Il funzionamento della tecnologia LiDAR si basa su un principio “immediato”: sapendo che la velocità di propagazione della luce è fissa (C 300.000 km/s),si può calcolare facilmente il tempo impiegato da un raggio luminoso per andare da una sorgente verso un bersaglio (riflettente) e per tornare indietro verso il rilevatore di luce (posto accanto alla sorgente luminosa emittente, si veda immagine sottostante).
Questo principio di misura viene solitamente indicato come ‘Time of Flight’ (ToF) o tempo di volo. Il tempo di volo può essere ottenuto inviando mediante un laser un segnale impulsivo, ma anche misurando la fase e la frequenza del segnale luminoso riflesso rispetto a un segnale di riferimento.

 una volta cronometrato il tempo impiegato dal raggio di luce per effettuare il “tragitto” (raggiungere il bersaglio e tornare indietro), possiamo calcolare la distanza moltiplicando il ‘tempo di volo’ per la velocità della luce e dividendo per 2 (perché il raggio va e torna), come da formula indicata.
Ipotizzando che il tempo impiegato sia di 60 nanosecondi otteniamo una distanza di 9 m.
Applicando questo principio a livello tridimensionale, si può ottenere una ‘nuvola’ di punti che rappresentano la distanza degli oggetti dal sensore LiDAR . L‘immagine rappresentata dalla nuvola dei punti può essere poi elaborata digitalmente per identificare oggetti fissi o in movimento, o più semplicemente per ricostruire fedelmente le superfici dell‘ambiente circostante.

Nuvola di punti misurata tramite un sensore LiDAR che riproduce  l’ambiente circostante in 3D (Fonte Elettronica Plus).

Le metodologie di realizzazione dei sistemi LiDAR

I sistemi LiDAR sono costituiti da componenti piuttosto sofisticati e a seconda del loro tipo contengono: sorgenti laser e diodi laser, elementi ottici (lenti, specchi e diffusori), elementi per orientare il fascio emesso nello spazio, fotorivelatori e unità di elaborazione del segnale.
I sistemi LiDAR sono generalmente realizzati secondo due principali metodologie:

  • quella a scansione meccanica  (scanner). Un sensore LiDAR fa ruotare fisicamente il laser e il ricevitore a 360° per ottenere una visione molto ampia.
  • quella a immagine fissa (flash). La metodologia Flash LiDAR: non prevede alcuna parte o componente in movimento e assomiglia come concetto di più a una fotografia istantanea. Il campo visivo di sensore LiDAR Flash viene determinato sostanzialmente dalle caratteristiche dell’ottica che emette e riceve il fascio di luce (si veda la Figura che segue).

Raffigurazione grafica tecnologia LiDAR Flas

Quali sono i vantaggi della tecnica LIDAR?

L’utilizzo della tecnologia LiDAR comporta diversi vantaggi legati alla sua implementazione:

  • Garantisce una misurazione veloce e precisa.
  • Ampia risoluzione: la luce ha lunghezze d’onda minori rispetto alle onde radio e questo aumenta la risoluzione del rilevamento e permette quindi di classificare meglio gli oggetti. Un LiDAR riesce per esempio a capire la direzione nella quale un pedone sta guardando.
  • Semplicità e la facilità d’utilizzo, i sistemi LiDAR sono di facile utilizzo ed installazione caratteristiche che consento un notevole risparmio di tempo in fase di applicazione e prototipazione dei sistemi.

Diversi utilizzi e mercati: edilizia, mapping , automotive

La tecnologia LiDAR  data la sua semplicità di applicazione ed utilizzo ,  si può definire una tecnologia Trasversale, detto ciò ci sono tre principali settori/mercati che la stanno ampliamente utilizzando, vediamo quali:

1) Edilizia: il LiDAR è utilizzato nell’ambito delle costruzioni/edilizia poiché aiuta a riprodurre la realtà della costruzione in una maniera molto facile e altamente affidabile.

2) Mapping: negli ultimi anni questa tecnologia viene sempre di più impiegata in tutto ciò che riguarda la mappatura delle morfologie/ telerilevamento di precisione: essa aiuta a stabilire i dislivelli tra i terreni con un particolare occhio alla morfologia di un determinato territorio (anche potenzialmente grossolano). In questo modo, i lavoratori addetti a operare con la tecnica LIDAR possono creare numerosi Modelli Digitali del Terreno (anche tramite Droni), la cui precisione sarà altissima e il margine di errore piccolissimo

3) Automotive: più recentemente, i sensori LiDAR sono al centro dell’attenzione del settore automobilistico, come strumento ‘visivo’ per realizzare veicoli a guida autonoma. In questo contesto, i sistemi LiDAR sono utilizzati per individuare gli ostacoli, come altri veicoli o pedoni, o l’ambiente che circonda il veicolo.

Perché Pechino costruisce un osservatorio in Tagikistan. Perché?

Pubblicato da Scenari economici il 4 Luglio 2023. Di Giuseppina Perlasca

Una nuova “super” stazione di osservazione cinese per il monitoraggio del clima e dell’ambiente è stata inaugurata in Tagikistan, mentre la Cina mira ad avanzare in un’arena tecnologica in via di sviluppo e a migliorare le sue credenziali ecologiche in Asia centrale e meridionale

La stazione – situata a Shahritus, una città del Tagikistan sud-occidentale vicino al punto di incontro dei confini del Paese con l’Afghanistan e l’Uzbekistan – è stata menzionata per la prima volta dall’agenzia di stampa cinese Xinhua il 16 giugno, ma i media tagiki non ne hanno parlato.

Fa parte di una crescente costellazione di stazioni nei Paesi lungo la Belt and Road Initiative (BRI) di Pechino, gestite dall’Università di Lanzhou o in collaborazione con essa.

È l’ultima aggiunta a una rete crescente di sistemi LiDAR (una sorta di radar a luce laser) che si estende lungo un corridoio importante della BRI, soggetto a condizioni meteorologiche estreme e intrecciato con le più ampie ambizioni tecnologiche di Pechino.

Ma la posizione della stazione e la stretta collaborazione del governo tagiko con Pechino hanno anche sollevato dubbi sul fatto che possa essere utilizzata per scopi di sorveglianza e sicurezza.

Sebbene la sua portata non sia chiara, Bradley Jardine, direttore generale della Oxus Society for Central Asian Affairs, ha dichiarato a RFE/RL che stazioni come quella di Shahritus “si basano su palloni stratosferici meteorologici – forse di natura simile all’oggetto che ha recentemente attraversato gli Stati Uniti”.

All’inizio di quest’anno, un pallone aerostatico cinese ad alta quota, che secondo Pechino aveva scopi strettamente climatici, ha sorvolato l’Alaska, il Canada occidentale e gran parte degli Stati Uniti prima di essere abbattuto dall’aviazione statunitense. I funzionari statunitensi hanno detto che trasportava grandi quantità di attrezzature utilizzate per spiare aree sensibili. Anche l’esercito canadese ha dichiarato che è stato utilizzato per la sorveglianza.

“Potrebbero esserci capacità di sorveglianza al confine con il Tagikistan”, ha detto Jardine.

I sistemi LiDAR aiutano gli scienziati a mappare ed esaminare con precisione gli ambienti naturali e artificiali, caratteristiche che sono una componente chiave dei veicoli intelligenti, autonomi ed elettrici, un settore in cui la Cina è un leader globale emergente.

Progetti come la rete LiDAR sono stati concepiti principalmente per consentire alla Cina di perfezionare la propria tecnologia interna, affinare il proprio vantaggio nel settore dei veicoli autonomi ed elettrici e contribuire a migliorare i propri risultati ambientali all’estero. Il LiDAR è una tecnologia molto utilizzata nella guida autonoma, anche se tesla, ad esempio, non la usa.

Oltre il LiDAR

La rete LiDAR inizia nella città cinese nord-occidentale di Lanzhou e si estende attraverso la provincia dello Xinjiang fino al Pakistan, al Tagikistan, all’Iran, a Israele e all’Algeria, con oltre 20 stazioni.

Huang Jianping, professore dell’Università di Lanzhou che lavora al progetto, ha dichiarato a Xinhua che la stazione fornisce dati completi sulle polveri, gli inquinanti e le condizioni meteorologiche in aree chiave dell’Asia centrale e che può contribuire a mettere in guardia da condizioni meteorologiche estreme, oltre a fornire dati sui cambiamenti climatici.

La nuova struttura in Tagikistan si trova in una delle aree più calde del Paese e il team dell’Università di Lanzhou – che ha costruito la rete di stazioni dal 2016 – afferma che la posizione aiuterà le mappe 3D generate al laser delle regioni con impatto climatico.

Il presidente tagiko Emomali Rahmon assiste alla tavola rotonda durante il vertice Cina-Asia centrale a Xi’an, in Cina, il 19 maggio.
Ma se da un lato la Cina afferma che la nuova stazione in Tagikistan ha una chiara dimensione ambientale, dall’altro si inserisce in una lista crescente di progetti cinesi a doppio uso o segreti nel Paese dell’Asia centrale.

L’Università di Lanzhou ha chiari legami con l’industria della difesa cinese e, secondo un rapporto del 2019 dell’Australian Strategic Policy Institute (ASPI), è tra almeno altre 68 università cinesi che sono “ufficialmente descritte come parti del sistema di difesa o [che] sono supervisionate dall’agenzia dell’industria della difesa cinese, l’Amministrazione statale della scienza, della tecnologia e dell’industria per la difesa nazionale”.

La Cina ha anche finanziato, costruito e in alcuni casi aiutato a gestire avamposti e strutture di sorveglianza e sicurezza in Tagikistan, lungo il suo lungo e poroso confine con l’Afghanistan. Una di queste strutture è gestita vicino a Shaymak e fa parte di una più ampia iniziativa congiunta cinese-tagika per rinnovare e modernizzare le vecchie pattuglie di epoca sovietica vicino al corridoio Wakhan dell’Afghanistan, che confina con un piccolo tratto della provincia dello Xinjiang.

Dushanbe ha anche approvato la costruzione di un avamposto di polizia finanziato dalla Cina vicino al confine del Paese con l’Afghanistan nel 2021.

Pechino continua a temere che i militanti islamici in Afghanistan possano entrare in Cina o destabilizzare la regione, e si ritiene che gran parte della sua impronta di sicurezza in Tagikistan sia legata a questo problema.

Nel 2021, inoltre, la Cina ha aperto una stazione di osservazione sul lago Sarez, in Tagikistan, per la ricerca ambientale e la “riduzione e prevenzione dei disastri internazionali”, secondo l’Accademia cinese delle scienze.

Sebbene siano disponibili poche informazioni sul suo funzionamento, alcuni analisti hanno notato che la struttura potrebbe essere utilizzata anche per la sorveglianza e il monitoraggio al di là dei suoi obiettivi ambientali.

Non si sa come la nuova stazione di Shahritus si inserirà in questa tendenza, se mai lo farà.

Jardine aggiunge che l’attenzione della Cina per la sicurezza si è concentrata in gran parte sulle montagne del Pamir e sul corridoio di Wakhan, mentre la nuova stazione si trova in una parte diversa del Paese “dove gli imperativi di sicurezza per la Cina sono meno immediati”.

5735.- Russia e Cina, quando le dimensioni contano

Key biz, di James Hansen | 25 Febbraio 2022. Un’analisi ancora valida.

Se la Russia di Vladimir Putin ha un problema di sicurezza dei confini, non è dell’Ucraina che si dovrebbe preoccupare: un miliardo e mezzo di cinesi, affamati di risorse, premono su un confine fragile.

Le dimensioni fisiche della Russia sono praticamente aldilà della comprensione. Il paese—la cui superficie occupa un sesto del totale delle terre emerse del globo—è lungo da ovest a est poco meno di 11mila chilometri, compresi in undici fusi orari. Di fusi ne basta uno per la maggior parte dell’Europa Occidentale e sono sufficienti quattro per gli Usa continentali.

Malgrado il territorio immenso, la popolazione russa è modesta, 146 milioni, un po’ più grande di quella del Messico (130 mln). Il paese è quasi vuoto.

Condivide però un lungo e spesso indifendibile confine di oltre 4.200 km con la nazione più popolosa del mondo, la Cina. I cinesi, secondo dati recenti, sarebbero 1.445.119.631. L’Esercito Popolare di Liberazione cinese conta un po’ più di 2 milioni di regolari e un altro mezzo milione di riservisti. È una forza enorme—circa quattro volte quella russa—che si è parecchio modernizzata negli ultimi anni, ma la cui qualità e efficacia sono incerte.

L’ultima volta che è entrata in guerra, con la tentata invasione del Vietnam nel 1979, hanno vinto—con facilità—i vietnamiti.

Tanti numeri per dire che se la Russia di Vladimir Putin ha un problema di sicurezza dei confini, non è dell’Ucraina che si dovrebbe preoccupare. In parole povere, un miliardo e mezzo di cinesi, affamati di risorse, premono su un confine—quello con la vicina Siberia—che in parecchie tratte non è molto più di una linea su una carta geografica, una riga d’inchiostro che li tiene lontani da sterminati estesi vuoti che i russi non possono permettersi il lusso di sviluppare.

C’è già un consistente flusso migratorio “informale” di piccoli agricoltori e commercianti cinesi verso queste terre. C’è anche un’interessante produzione cinese di studi e ricerche che sottolineano le magnifiche potenzialità agricole e minerarie della Siberia—un po’ come dire: “Noi invece sapremmo cosa farcene di questo territorio sprecato” …

All’inizio del mese, il 4 febbraio, la russa Gazprom ha firmato un contratto con l’omologa cinese, CNPC, per la fornitura annuale di 10 miliardi di metri cubi di gas naturale per i prossimi trent’anni—ciò in aggiunta a contratti già in corso per altri 16,5 miliardi di metri cubi annui. Le forniture russe all’Europa prima dell’attuale crisi viaggiavano mediamente su una ventina di miliardi di metri cubi all’anno. Con il nuovo accordo, alla sola Cina andrà più gas russo che all’intera Europa.

C’è però una differenza tra le forniture europee e quelle cinesi. Se i russi chiudono il rubinetto europeo, noi rischieremmo di congelare nelle nostre case durante l’inverno e le nostre fabbriche sospenderebbero la produzione. Se invece toccassero l’altro rubinetto, quello che dirige il gas siberiano verso la Cina, i cinesi molto probabilmente passerebbero il confine fragile per venirselo a riaprire …

Vladimir Putin, nelle circostanze, non potrebbe farci assolutamente niente—un po’ come gli europei e, indirettamente, gli americani nel presente momento ucraino. Stiamo vivendo “history in the making” — ed è maledettamente scomodo.

5600.- Cina: le quattro innovazioni smart che stanno cambiando il volto delle città

L’articolo che ripubblichiamo è stato scritto con il freno a mano tirato. Non possiamo perdere la libertà in nome del progresso e, poi, di chi? L’apertura del ministro Piantedosi al riconoscimento facciale, in nome della sicurezza, ci ha fatto sussultare. Apre la strada a un vulnus per la Costituzione e per l’Umanità, ma direte: Esiste già. Infatti, l’ordine liberale sta cedendo rapidamente ai risultati dell’ingegneria sociale cinese , già applicati nello Xinjiang con i marcatori biometrici, che consentono di “aprire i cancelli”, come anche di sbarrarli. Quali cancelli? Tutti! Le tecnologie di sorveglianza, i controlli on line della ricchezza, gli archivi dei social sono già in grado di seppellire le nostre libertà, i diritti, fino ai valori del Cristianesimo. Siamo giunti già a questo quando il concetto di eutanasia dei “mangiatori inutili” si è contrapposto al verbo “Ama il prossimo tuo come te stesso”. La pandemia ha consentito di provare tutto ciò e la Cina non è più così lontana.

Cina: le quattro innovazioni smart che stanno cambiando il volto delle città

Da Scenari economici del 2 Maggio 2023. Di Guido da Landriano

In alcune nuove stazioni della metropolitana di Pechino, Guangzhou e di altre città cinesi, le persone non devono più strisciare una carta o scansionare il proprio telefono per prendere un treno. Il cancello si apre con una rapida scansione del viso e il processo dura meno di due secondi. Non solo, ma il servizio viene adattato a seconda dell’affollamento. Questo garantisce una grande efficienza, ma questo avviene a scapito della privacy perché, è ovvio, tutti sono identificati passo passo e la società di trasporti, quindi il governo, sa benissimo dove sono e dove vanno.

Lo sviluppo delle città intelligenti integra tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale, l’Internet delle cose (IoT), i big data e il cloud computing in vari settori, come i trasporti, la sicurezza pubblica, l’ambiente e la produzione. La rete connessa di sensori e dispositivi di comunicazione consente la raccolta, l’analisi e il feedback dei dati in tempo reale, portando a una gestione più efficiente ed efficace di risorse e servizi. Città come Pechino, Shanghai, Guangzhou, Shenzhen e Hangzhou sono all’avanguardia nell’adozione di tecnologie avanzate e approcci innovativi alla pianificazione e alla gestione urbana. Questo avviene però a scapito della privacy delle persone, sempre più oggetti controllati dal governo.

Comunque eccovi i settori in  cui la AI è stata maggiormente integrata ed ha avuto un impatto superiore

1. L’Internet delle cose (IoT)
Uno schermo di Techphant, un fornitore di soluzioni e apparecchiature IoT, mostra in tempo reale le immagini degli alberi che crescono a Guangzhou. Il livello di umidità del terreno viene monitorato attraverso dei sensori e le informazioni vengono caricate in un sistema di gestione intelligente che permette di curare gli alberi in modo adeguato.
L’IoT descrive reti di oggetti di uso quotidiano, tra cui veicoli ed elettrodomestici, che sono connessi a Internet e possono comunicare tra loro. Gli oggetti hanno capacità di elaborazione e possono scambiare dati per ottimizzare la vita quotidiana. Le persone hanno acquisito familiarità con i dispositivi presenti nelle loro case, come i termostati intelligenti, che sono connessi a Internet e possono essere controllati tramite un’applicazione per smartphone, comunicando anche con altri dispositivi, come i sistemi di illuminazione intelligenti, per coordinare e ottimizzare l’uso dell’energia, ma la tecnologia può essere estesa a una rete molto più ampia.
Ad esempio, in passato un addetto si recava di porta in porta per raccogliere le letture dei contatori del gas, ma ora un contatore del gas intelligente svolge il lavoro e può persino facilitare il pagamento automatico.
Dal miglioramento dell’efficienza nel settore manifatturiero e dei trasporti al potenziamento dell’assistenza sanitaria e dell’automazione domestica, l’uso della tecnologia IoT sta diventando sempre più evidente per contribuire a snellire i processi, ridurre i costi e migliorare il processo decisionale nello sviluppo delle smart city cinesi. Quando un numero maggiore di oggetti potrà essere collegato tra loro, entreremo in una fase di connessione intelligente, che migliorerà l’efficienza e ridurrà l’impiego di manodopera”, ha dichiarato Zheng Lin, Chief Technology Officer di Techphant. Molte case produttrici stanno sviluppando strumenti IoT domestici. Ovviamente più oggetti intelligenti ci sono, maggiore sarà il controllo sulle abitudini delle persone.

2. Riconoscimento facciale
L’applicazione della tecnologia di riconoscimento facciale è ampiamente conosciuta dai cinesi, in quanto tali scansioni sono richieste al check-in di aeroporti e hotel. Anche la pandemia di Covid-19 ha acceso i riflettori su questa tecnologia grazie a un codice che tracciava la cronologia dei viaggi di una persona. Tuttavia, la tecnologia viene utilizzata ancora più diffusamente nelle infrastrutture delle smart city.
Ad esempio Pcitech è un fornitore di tecnologie e prodotti di intelligenza artificiale, tra cui il riconoscimento facciale e la tecnologia intelligente dei big data. L’azienda ha contribuito allo sviluppo di sistemi di trasporto intelligenti a Guangzhou e Changsha che utilizzano una tecnologia avanzata di riconoscimento facciale che consente ai pendolari di pagare il biglietto della metropolitana con una semplice scansione del viso. Il vostro volto diventa la chiave per accedere al vostro denaro, ai vostri dispositivi e per superare i controlli di sicurezza. A differenza delle impronte digitali, il vostro viso può essere scansionato a distanza senza che voi lo sappiate.  Il viso viene misurato in più di 80 “punti nodali” e l’intervallo tra di essi viene utilizzato per creare un lungo numero univoco chiamato impronta facciale.
Ma la tecnologia di riconoscimento facciale non si limita ai trasporti. Viene utilizzata anche nel settore della sicurezza per raccogliere dati in tempo reale da utilizzare per garantire la sicurezza pubblica.
L’azienda applica algoritmi di riconoscimento 3D per ottenere corrispondenze più precise e la tecnologia è in grado di rilevare l’identità di una persona anche quando il suo volto è ostruito. Può anche analizzare la forma del corpo e il colore dei vestiti per identificare una persona e aiutare la polizia a prevedere comportamenti ad alto rischio in base ai movimenti, come ad esempio gli scontri fisici. Il tutto senza che voi abbiate dato nessun consenso all’uso dei vostri dati biometrici. Ovviamente centralizzare tutto sul controllo facciale permette anche di escludere una persona facilmente dal sistema. E poi attenzione a fare una plastica facciale! Ecco un video su come funziona

3. Fabbriche intelligenti – Smart factories
Quando un robot di saldatura a Changsha abbassa la torcia di saldatura, vari indicatori appaiono in tempo reale sul grande schermo collegato alla sede centrale di Rootcloud Technology, un fornitore di piattaforme IoT industriali a 600 km di distanza, a Guangzhou.
Lo schermo visualizza lo stato di lavoro in tempo reale dei lavoratori e delle attrezzature in diverse fabbriche e linee di produzione di macchine edili Sany in tutto il Paese.
Le fabbriche intelligenti, strutture produttive altamente automatizzate e digitalizzate, sono diventate onnipresenti in Cina, grazie all’utilizzo di tecnologie avanzate come l’IoT, l’analisi dei big data, l’intelligenza artificiale e la robotica per ottimizzare i processi produttivi e migliorare l’efficienza. I dati guidano il futuro della produzione intelligente Lo sviluppo delle fabbriche intelligenti in Cina è guidato anche dal piano “Made in China 2025”, che mira a trasformare la Cina da hub produttivo a basso costo a leader globale nelle tecnologie produttive avanzate. Il piano incoraggia l’adozione di tecnologie di produzione intelligenti e sostiene lo sviluppo di una forte industria hi-tech nazionale.
Integrando tecnologie di produzione intelligenti e piattaforme digitali, le fabbriche cinesi mirano a raggiungere livelli più elevati di automazione, produttività e flessibilità, riducendo al contempo i costi e gli sprechi.
Le fabbriche intelligenti in Cina fanno spesso parte di complessi o cluster industriali più grandi, che forniscono infrastrutture, logistica e altri servizi di supporto per aiutare i produttori ad adottare le tecnologie intelligenti e migliorare la loro competitività. Ovviamente più una fabbrica è intelligente, meno operai vengono impiegati. Che succederà alla forza lavoro in eccesso?

4. Il futuro dell’agricoltura
I coltivatori di litchi nei sobborghi di Guangzhou non hanno più bisogno di svolgere un lavoro faticoso nei campi. Possono invece utilizzare un drone per spruzzare pesticidi e applicare fertilizzanti grazie a un sistema di agricoltura intelligente di XAG, fornitore di droni, robot, intelligenza artificiale e IoT nella produzione agricola.
I piccoli agricoltori e i proprietari di aziende agricole che dispongono di soluzioni intelligenti per la gestione delle aziende agricole possono ora ridurre i costi di manodopera e migliorare la sostenibilità. I registri di monitoraggio e gli strumenti per l’agricoltura di precisione rendono inoltre più meticolosa la gestione della produzione.
L’ampia rete di infrastrutture digitali per l’agricoltura costruita dall’azienda può essere collegata a strumenti di telerilevamento e a dispositivi IoT per l’agricoltura, consentendo agli agricoltori di aumentare l’efficienza agricola, gestire i piani di produzione e raggiungere gli obiettivi.
I droni per l’irrorazione dei pesticidi sono all’altezza delle ambizioni della Cina in materia di “agricoltura intelligente”.

Tutte queste innovazioni sono straordinarie, ma a quale livello siamo disposti a vederle entrare nella nostra vita privata. Il cambiamento nei sistemi produttivi sarà proficuo o produrrà dei sommovimenti sociali come fece l’industrializzazione nel XIX secolo ? La tecnologia è stupefacente, ma bisogna anche chiedersi quali siano le conseguenze.

5566.- L’Europa deve aggiornare la sua strategia sulla Cina

Gli imperativi di Washington, le ambizioni di Pechino sono in relazione diretta con il vuoto politico dell’Unione europea.

Da Linkiesta del 19 aprile 2023, di Matteo Castellucci

L’Ue sarà «più assertiva quando necessario», dice alla plenaria la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ed «è contraria a qualsiasi modifica dello status quo su Taiwan». Ma la dimensione geopolitica dell’Unione non esiste ancora.

«Lasciate dormire la Cina, perché quando si sveglierà scuoterà il mondo». Si cita Napoleone nell’aula di Strasburgo, mentre la plenaria esamina la necessità di «una strategia coerente per le relazioni tra Cina e Ue». Pechino si è svegliata da un pezzo, è dal 2019 che Bruxelles la considera una «rivale sistemica» e allo stesso anno risale la linea di condotta che la Commissione si impegna ad aggiornare. Il frasario ottocentesco, riesumato in questo caso da Manfred Weber del Ppe, è emblematico del ritardo accumulato.

Il proverbiale elefante nella stanza non sta all’Europarlamento, ma all’Eliseo. Il dibattito è stato calendarizzato dopo la processione di leader europei alla corte di Xi Jinping e, in particolare, dopo le parole di Emmanuel Macron. Tornato dalla Cina senza risultati per la risoluzione del conflitto in Ucraina, il presidente francese ha rilasciato una discussissima intervista a Politico dove ha rispolverato l’«autonomia strategica», per non diventare «vassalli», e ha prescritto un disallineamento dall’«agenda americana» sulla questione di Taiwan.

Se siete appassionati di politica estera, avrete letto spesso di «cancellerie», una figura retorica con cui ci si riferisce agli ambienti diplomatici dei vari Stati membri. Ecco, questo è il caso tipico in cui le famigerate «cancellerie» non parlano d’altro, per giorni, e con loro la bolla di Bruxelles. Tanto che il viaggio della ministra tedesca degli Esteri, Annalena Baerbock, ha rappresentato per certi versi un tentativo di disinnescare il virgolettato di Macron e di ribadire la (frammentaria) postura europea su Taipei.

«Siamo contrari a qualsiasi modifica dello status quo, soprattutto se con l’uso della forza», chiarisce infatti la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Tra le quattro parole sui cui basare la strategia Josep Borrell, insieme a «valori, sicurezza economica e Ucraina», indica Taiwan. «È fondamentale per l’Europa», spiega l’Alto rappresentante dell’Ue, «Se vogliamo essere una potenza geopolitica dobbiamo essere presenti in tutte le regioni del mondo».

La dottrina è «tutelare i nostri interessi senza buttare benzina sul fuoco». Vanno riconosciute come tali, continua von der Leyen, le provocazioni del partito comunista, come le dimostrazioni di forza nel mar cinese meridionale. La presidente ribadisce il suo mantra, il de-risk, affine soprattutto alla sicurezza economica. Servono «maggiore coraggio e assertività, quando necessario» nell’uso dei sistemi di difesa commerciale, per «rivedere le nostre relazioni e orientarle a trasparenza, prevedibilità e reciprocità».

Il lessico è quello di un equilibrio da ritrovare. «La Cina sta riducendo la sua dipendenza del resto del mondo, ma al tempo stesso sta aumentando la dipendenza del resto del mondo nei suoi confronti», ripete von der Leyen. «È come se avesse già iniziato il processo per prevenire eventuali sanzioni: mentre noi ne parliamo, loro l’hanno già fatto», aggiunge Borrell. Un ultimo punto è l’ambiguità strategica, che per Bruxelles resta una red flagproblematica nelle interazioni con la repubblica popolare.

«Il nostro messaggio è chiaro – conclude l’Alto rappresentante –. Le nostre relazioni non possono svilupparsi normalmente se la Cina non usa la sua influenza sulla Russia per convincerla a ritirarsi dall’Ucraina. Qualsiasi neutralità che non distingua tra aggressore e aggredito significa mettersi dalla parte dell’aggressore. Quando Macron dice a Xi che spera lo aiuti a far ragionare Putin, sembra che il presidente cinese non ritenga che Putin abbia perso il senno, bensì che abbia ragione».

Vladimir Putin incontra a Mosca il ministro della difesa cinese Li Shangfu

Vladimir Putin incontra a Mosca il ministro della difesa cinese Li Shangfu (Ap/LaPresse)

Una parte della platea a cui parlano von der Leyen e Borrell è ancora sottoposta a sanzioni. Nel 2021 Pechino ha colpito cinque eurodeputati e la sottocommissione Diritti umani del Parlamento (che ha trenta membri titolari e ventisei sostituiti) come rappresaglia per la condanna sugli abusi patiti dalla minoranza uigura nello Xinjiang. Finché le misure non saranno ritirate, l’assemblea vieterà nuovi accordi, dice il capogruppo di Renew Europe Stéphane Séjourné. «Non possiamo ignorare questi atteggiamenti inaccettabili del governo cinese», rincara Fabio Massimo Castaldo (M5S).

Le valutazioni su Macron si prendono minutaggio nel dibattito. Weber arriva a paragonare le sue dichiarazioni a un «tradimento di valori e interessi europei». La leader dei Socialisti e Democratici Iratxe García Pérez plaude invece a un’«offensiva diplomatica» che «risulta indispensabile per evitare la polarizzazione e un ritorno» a logiche di blocchi contrapposti. C’è una rara concordia bipartisan. «Non possiamo più chiudere gli occhi sulle ambizioni politiche di Pechino», per Philippe Lamberts (Verdi). Anche Manon Aubry (Sinistra) rivendica un «non allineamento» che «non ha nulla a che fare con la neutralità».

Non ha tutti i torti il leghista Marco Zanni (Id) quando dice che «la dimensione geopolitica dell’Unione europea non esiste o è inconsistente». Forse dovremmo scrivere che non esiste ancora. «Non ci può essere autonomia strategica sulla Cina – tuona Zanni –. Esistono alleati credibili con cui dobbiamo andare fianco a fianco e regimi autocratici, come Russia e Cina, da cui dobbiamo differenziarci. Non può esistere, in questo, una terza via». Sacrosanto.

Un intervento da registrare su cassetta e spedire in via Bellerio. Per il fiancheggiamento a Putin, da scambiare con Mattarella o stam

pare sulle t-shirt, e su Mosca – o era l’hotel Metropol? – dove sentirsi più a casa che nelle capitali europee, si era distinto in un passato temporalmente non troppo lontano, ma politicamente lontanissimo il capo del suo partito, Matteo Salvini. La Lega vanta(va) anche un’intesa con Russia Unita, partito del dittatore, oggi impensabile.

L’invasione dell’Ucraina ha reso il Cremlino un interlocutore tossico e i buoni rapporti, prima esibiti, una scoria da smaltire il più in fretta possibile. Un’escalation a Taiwan innescherebbe la stessa dinamica per Pechino. Ha ricordato Borrell: «Mai finora abbiamo definito esplicitamente la Cina come una “minaccia diretta alla nostra sicurezza”, come invece abbiamo fatto nei confronti della Russia». Lui e la presidente della Commissione hanno insistito sulla necessità di dialogare con il gigante asiatico, e ci mancherebbe.

Hanno collocato il confronto in termini soprattutto economici, ma «una strategia di sicurezza economica è una strategia di sicurezza, non concentriamoci sull’aggettivo invece che sul sostantivo», è sempre Borrell. Adesso va capito come e se queste parole si tradurranno. Se questa nuova «assertività» resterà verbale o si convertirà in atti concreti, e con quali conseguenze. Un problema di fondo, poi, resta quello dell’aneddoto apocrifo su Henry Kissinger: quale numero telefonico va composto per parlare con l’Europa?

A riguardo, l’Alto rappresentante ha sguazzato nel cerchiobottismo: «È necessario allineare la nostra posizione, esprimendola non solo con una voce, perché abbiamo una molteplicità di voci, ma con un coro di voci sintonizzate, per lo meno dicendo la stessa cosa». Dopo il 24 febbraio 2022, il mondo pare entrato in una fase di Risiko più che di de-risk e, sulla Cina, in Europa sembra ancora, per restare sulle metafore acustiche di Borrell, prevalere la cacofonia.

5541.- L’asse tra Erdogan e Xi arriva fino in Siria. Ecco perché

Da Formiche, di Francesco De Palo | 04/04/2023 – 

L’asse tra Erdogan e Xi arriva fino in Siria. Ecco perché

A Mosca si tiene un incontro sulla Siria con i ministri di Turchia, Russia, Iran e Siria, mentre il responsabile degli Esteri russo Sergey Lavrov si recherà in visita ad Ankara immediatamente dopo. Bri e 5G governano l’asse tra Turchia e Cina

Un triangolo geopolitico, economico e anche “personale” quello in piedi tra Turchia, Russia e Cina che ha riverberi non solo sulle dinamiche interne dei singoli Paesi, ma anche sulle aree di riferimento più prossime, come la Siria e la nuova fase di Assad. Ieri e oggi a Mosca si tiene un incontro sulla Siria con i ministri di Turchia, Russia, Iran e Siria, mentre il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov si recherà in visita ad Ankara immediatamente, dopo.

Per cui dopo il focus sui rapporti tra Ankara e Mosca, ecco una panoramica sulle relazioni sino-turche, sia con tutto l’insieme delle conseguenze che impattano anche sulla contingenza, come il tragico terremoto dello scorso febbraio e la corsa (anche elettorale di Erdogan) per la ricostruzione con il sostegno di Pechino, sia con l’intreccio con due dossier altamente strategici: Bri e 5G.

Bri

La Cina è uno dei principali investitori asiatici in Turchia, dimostrato da solidi rapporti economici e da costanti investimenti bilaterali, il maggiore dei quali si trova nel porto container di Kumport, che opera all’interno delle strutture portuali di Ambarlı a Istanbul. Dal 2015 Ankara ha aderito alla Belt and Road Initiative assumendo il ruolo di 23esimo maggior destinatario di investimenti cinesi tra gli Stati che vi hanno aderito. I numeri dello scorso anno lo dimostrano: la Cina aveva 1148 imprese registrate nel Paese con un investimento totale di poco più di 1 miliardo di dollari.

È datato 2018 l’accordo siglato tra le Ferrovie dello Stato turche e il ministero dei Trasporti cinese per realizzare una ferrovia ad alta velocità tra i due lembi turchi, Edirne a Kars, ovvero occidentali e orientali, anche se ad oggi solo una minima porzione del progetto ha visto la luce, anche per tutto ciò che, logisticamente, la guerra in Ucraina ha determinato accanto alla sostenibilità finanziaria dei progetti su cui Pechino (in silenzio) riflette.

Ankara inoltre è parte attiva dell’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), ovvero la banca d’investimento internazionale guidata dalla Cina creata per sostenere finanziariamente i progetti Bri: ha preso più di tre miliardi e mezzo di dollari in prestito per i suoi 18 progetti, ponendosi così come secondo mutuatario dopo l’India.

Ma i flussi in arrivo sul Bosforo non si limitano alla Bri: la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) ha annunciato un prestito ponte di 140 milioni di euro a Fraport Tav Antalya Yatırım e Yapım e İşletme (Fta) per il nuovo aeroporto nel Mediterraneo, soldi che si sommano ad un’altra tranche fornita dall’International Finance Corporation (Ifc) e ancora dall’Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib), player ormai certificato nel Paese. Lo scorso 7 dicembre inoltre Aiib ha annunciato una linea di prestito da 200 milioni di dollari per gli sforzi di mitigazione del clima.

Follow the money: la Bank of China opera in Turchia dal 2017, incorniciandosi all’interno di una strategia altamente penetrante tramite la quale le banche cinesi hanno partecipato al finanziamento di progetti significativi della gestione Erdogan, come il ponte Çanakkale, la centrale termica di Hunutlu, il Salt Lake Natural Gas Storage Project. L’Icbc cinese, la più grande banca al mondo in termini di valore di mercato e attività totali, ha acquisito Tekstilbank ed è entrata nel mercato turco nel maggio 2015.

IL 5G

Il termine infrastrutture, sull’asse sino-turco, non si limita alle ferrovie o ai porti, ma abbraccia il settore delle telecomunicazioni come il 5G. Nonostante le reiterate segnalazioni da parte degli Usa, la Turchia ha instaurato solide relazioni con Huawei: due accordi del 2017 e del 2019 daranno vita alla più grande rete centrale All-Cloud orientata al 5G in Turchia. Huawei ha raggiunto accordi simili con Vodafone Turchia e Türk Telekom di proprietà pubblica. Nel 2019 Huawei e il Parco scientifico e tecnologico turco Bilişim Vadisi hanno firmato un protocollo d’intesa per espandere i progetti di cooperazione nelle città intelligenti.

Da segnalare anche due iniziative: la mossa di Alibaba che ha inglobato il sito di shopping Trendyol per 728 milioni di dollari e la strategia dei vaccini durante il Covid, quando il governo turco ha deciso di acquistare il vaccino cinese come policies eurasiatica, smorzando le sue precedenti critiche alla situazione dei diritti umani nella regione autonoma cinese dello Xinjiang.

Il cappello conclusivo di queste interrelazioni tocca la comunicazione e la percezione turca sul player cinese: dal momento che nel Paese non c’è stato terreno fertile, sia nella classe media che in quella politicamente orientata, Pechino ha deciso di operare un ulteriore sforzo per accreditarsi dinanzi ai cittadini turchi. Per questa ragione ha lavorato a fari spenti su un migliore accesso ai media tradizionali turchi principalmente sfruttando i suoi legami favorevoli con il governo turco, che ha un’influenza precisa nella sfera mediatica interna: l’obiettivo finale è stato quello di mettere in una luce migliore le narrazioni cinesi in Turchia, così come emerso da un paper tematico realizzato da Carnegie del novembre scorso.

5456.- WUHAN-GATES – 61. NEL SARS-Cov-2 “IMPRONTE DIGITALI” DI VIRUS DA LABORATORIO. Origine Artificiale confermata da Studio di Scienziato Tedesco e due Americani

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

Si allunga l’elenco dei ricercatori che sostengono l’origine artificiale del SARs-Cov-2!

Ora anche la ricerca di uno scienziato tedesco e di due americani si aggiunge all’ormai lunghissimo elenco che conferma che l’agente patogeno del Covid-19, molto letale soprattutto nel primo genotipo di Wuhan, è un organismo geneticamente modificato, che ha provocato un allarmante pandemia aggravata da risposte sanitarie scorrette e dalla disinformazione imposta dai governi, anche per nascondere la provenienza di laboratorio del virus.

https://www.gospanews.net/en/2022/10/23/judge-orders-fauci-psaki-top-officials-be-deposed-in-big-tech-censorship-case/embed/#?secret=VWmWCA9BXx#?secret=ewWXdFZHKW

I primi a sostenerlo furono i biologi indiani, evidenziando anche tracce inspiegabili di HIV all’interno del SARS-Cov-2, poi confermate da una ricerca del compianto virologo Luc Montagnier, premio Nobel per la Medicina proprio per la scoperta del virus dell’immunodeficienza umana. La sua pubblicazione è stata ulteriormente accreditata da quella del bioingegnere Pierre Bricage.

Gospa News fu tra i primi media al mondo ad analizzare nel dettaglio la ricerca dei nove scienziati della Kusuma School Of Biological Sciences di New Delhi in quanto era stata ritirata 24 dopo la sua presentazione e, pertanto, risultava difficile da reperire sulle riviste scientifiche internazionali. Il nostro sito online fu anche l’unico a scoprire e analizzare quella di Bricace, esperto di bio-armi ed ex consulente NATO.

Quindi arrivò il documento di una ricercatrice cinese, whistleblower protetta dall’FBI, e poi lo studio di un americano.

https://www.gospanews.net/2021/08/28/wuhan-gates-41-sars-2-e-bio-arma-denuncia-alla-corte-dellaja-con-perizia-di-montagnier-lintelligence-usa-smentisce-ma-non-troppo/embed/#?secret=aZ788MEYpL#?secret=v0y4fdYueE

Successivamente si scoprì che anche un altro scienziato USA aveva segnalato l’origine articiale al direttore del NIAID Anthony Fauci che aveva però occultato le e-mail, portate poi alla luce da alcuni legislatori americani del Congresso.

L’ex colonnello dell’Esercito USA Lawrence Sellin, specializzato in armi batteriologiche durante il suo lavoro nel centro biologico militare di Fort Detrick, ne spiegò poi i dettagli esattamente come il bio-ingegnere francese Bricage.

https://www.gospanews.net/2022/01/13/wuhan-gates-45-fauci-occulto-studio-su-sars-2-da-laboratorio-microbiologo-usa-alterazioni-artificiali-nelle-spike-gia-scoperte-da-9-indiani-e-montagnier/embed/#?secret=r2wmaQP3qJ#?secret=XdQlFSwctU

In ultimo una ricerca internazionale firmata anche dal virologo italiano Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) svelò l’identità genetica di alcune parti del SARS-Cov-2 con un gene umano costruito in laboratorio nel 2016 da Moderna, accusata da vari medici di aver brevettato il vaccino antiCovid 9 mesi prima della scoperta della pandemia.

Inoltre anche alcuni esperti di genomica russi hanno segnalato l’origine artificiale non solo del SARS-cov-2 del 2019 ma anche del suo antenato SARS del 2003.

https://www.gospanews.net/2022/08/12/wuhan-gates-55-sars-del-2003-e-del-2019-bioarmi-esperti-russi-di-genomica-e-biologia-accusano-gli-usa/embed/#?secret=ZFE54hPmAe#?secret=7wTB0tDTBJ

IL SOMMARIO DELLA RICERCA PUBBLICATA SU BIORXIV IN PREPRINT

«Per prevenire future pandemie, è importante capire se SARS-CoV-2 si è riversato direttamente dagli animali alle persone o indirettamente in un incidente di laboratorio. Il genoma di SARS-COV-2 contiene un modello peculiare di siti di riconoscimento dell’endonucleasi di restrizione unici che consentono un disassemblaggio e un riassemblaggio efficienti del genoma virale caratteristico dei virus sintetici».

Si legge nell’Abstract della ricerca pubblicata su Biorxiv in preprint (ancora soggetta a revisione) col titolo inequivocabile “L’impronta digitale dell’endonucleasi indica un’origine sintetica di SARS-CoV-2” (Endonuclease fingerprint indicates a synthetic origin of SARS-CoV-2).

https://www.gospanews.net/2022/02/07/wuhan-gates-46-colonnello-usa-sars-2-bioarma-spike-costruita-tossica-puo-replicarsi-nei-vaccini/embed/#?secret=UavR2Y7ruL#?secret=nyzmvvgBIn

«Qui, riportiamo la probabilità di osservare un tale schema nei coronavirus senza storia di bioingegneria. Scopriamo che SARS-CoV-2 è un’anomalia, più probabilmente un prodotto dell’assemblaggio del genoma sintetico che dell’evoluzione naturale. La mappa di restrizione di SARS-CoV-2 è coerente con molti genomi di coronavirus sintetici precedentemente riportati, soddisfa tutti i criteri richiesti per un sistema genetico inverso efficiente, differisce dai parenti più stretti per un tasso significativamente più alto di mutazioni sinonimi in questi siti di riconoscimento dall’aspetto sintetico , e ha un’impronta digitale sintetica che è improbabile che si sia evoluta dai suoi parenti stretti. Riportiamo un’alta probabilità che SARS-CoV-2 possa aver avuto origine come un clone infettivo assemblato in vitro»

E’ quanto scrivono gli scienziati Valentin Bruttel dell’Università tedesca di Wuerzburg, Alex Washburne del centro di ricerca Selva Analytics con sede negli Stati Uniti e Antonius VanDongen della Duke University, sempre negli USA. 

Il ciclo Wuhan-Gates, avviato da Gospa News per fare luce non solo sugli aspetti scientifici ma anche sugli intrighi politici dietro questa folle e criminale cospirazione sanitaria, è giunto oggi all’inchiesta n. 61, ma nonostante questa pandemia abbia sconvolto il pianeta, soprattutto nelle democrazie occidentali trasformate in dittature, ancora non sembra essere spuntato un magistrato temerario intenzionato a svelare le trame del complotto che inizia negli Usa, passa per la Cina con l’aiuto dell’Unione Europea, coinvolgendo anche l’Australia, il Canada e il Regno Unito. Seguendo la rete dei paesi anglosassoni dell’Intelligence Five-Eyes, dove fanno la parte dei leoni il controspionaggio americano della CIA e quello britannico dell’MI6.

5413.- L’Impero dei bombardamenti di condotte non sa nemmeno bombardare una condotta correttamente

Questi gasdotti non possono rompersi. Possono essere minati, bombardati, ma bisogna saperlo fare. Il Nord Stream 2 è composto da due linee parallele di condutture e si aggiunge alle due già presenti di Nord Stream 1, che è lungo 1.224 chilometri. Si tratta di 200 mila tubi di acciaio spessi 4 cm, ricoperti da 6-10 pollici di cemento e rinforzati con un’armatura di ferro, ognuno della lunghezza di 12 metri e dal peso di 24 tonnellate. Era stata proprio la nostra Saipem a progettare e costruire il principale gasdotto Nord Stream fra il 2011 e il 2012. Nella progettazione si previde di dover intervenire per ripararlo, quindi, se, p. es., si dispone di gru da 3.000 tonn. di portata, è possibile portarlo in superficie. Con la pressione interna scesa a 10 bar, quanto quella esterna, si sono fermate le perdite. Pe le riparazioni, ci sono almeno quattro ipotesi allo studio, ma serve la cooperazione internazionale.

Da Maurizio Blondet,  4 Ottobre 2022. Di Pepe Escobar

Gazprom PJSC ha detto ai clienti europei che è in grado spedire gas attraverso una delle linee non danneggiate e sta lavorando per rilevare e riparare i danni sulle altre linee

https://bloomberg.com/news/articles/2022-10-03/gazprom-ready -to-ship-gas-via-shelfed-nord-stream-2-oleodotto

confermato da Gazprom:

La linea B del Nord Stream 2 NON è stata danneggiata da Pipeline Terror la scorsa settimana.

Nord Stream è una meraviglia della tecnologia. Anche la linea A di NS2 ed entrambe le corde di Nord Stream sono state solo FORATE. I tubi sono tremendamente forti.

Tutto ciò fa parte della mia prossima rubrica.

“Gazprom sta lavorando per depressurizzare la linea B del gasdotto Nord Stream 2 per ridurre i potenziali rischi ambientali derivanti da possibili perdite di gas. Se viene presa la decisione di avviare le consegne di gas tramite il Nord Stream 2 stringa B, il gas naturale verrà pompato nel gasdotto”.

Questo apre un capitolo completamente nuovo. Tutto dipenderà dal fatto che il governo tedesco sarà costretto dal generale Winter a crescere una coppia, agire in base ai loro interessi nazionali e rovinare l’Impero.

è….

Le perdite finanziarie coinvolgeranno alcuni giocatori importanti. Gli azionisti di Nord Stream AG sono Gazprom (51%); Wintershall Dea AG (15,5%); PEG Infrastruktur AG, controllata di E.ON Beteiligungen (15,5%); NV Nederlandse Gasunie (9%) ed Engie (9%).

Quindi questo è un attacco non solo contro Russia e Germania, ma anche contro le principali compagnie energetiche europee.

NS2 è una meraviglia dell’ingegneria: oltre 200.000 segmenti di tubo rivestiti con 6 pollici di cemento, ciascuno del peso di 22 tonnellate, disposti sul fondo del Mar Baltico.

E proprio quando sembrava che tutto fosse perduto, beh, non proprio. Il tema della meraviglia ingegneristica è riemerso: i tubi sono così resistenti che non sono stati rotti, ma semplicemente forati. Gazprom ha rivelato che esiste una stringa intatta di NS2 che potrebbe essere “potenzialmente” utilizzata.

La conclusione è che la ricostruzione è possibile, come ha sottolineato il vice primo ministro russo Aleksandr Novak: “Ci sono possibilità tecniche per ripristinare le infrastrutture, richiede tempo e fondi adeguati. Sono sicuro che si troveranno opportunità adeguate”.

DPA:

Ungheria potrà pagare solo una parte del gas che acquista dalla Russia “in un secondo momento”

Il differimento degli importi parziali si estenderà inizialmente a sei mesi, ha affermato il ministro dello Sviluppo economico ungherese Marton Nagy in una discussione di fondo con i giornalisti. Il pagamento differito riguarda importi che superano un prezzo base non specificato a causa delle attualmente massicce fluttuazioni dei prezzi di mercato, ha proseguito Nagy.

Per il prossimo inverno, ciò significa che per il momento l’Ungheria non dovrà mettere a disposizione fondi aggiuntivi per le sue importazioni di gas dalla Russia, anche in caso di aumento dei prezzi. Nella discussione di fondo di lunedì, che è stata riportata dai media martedì, Nagy ha ammesso per la prima volta che l’Ungheria non riceve uno sconto sulle sue importazioni di gas russe, ma nel complesso paga il prezzo del mercato spot.

Il fatto che la Russia rinvii parzialmente il pagamento delle importazioni di gas a un paese dell’UE e della NATO è considerato insolito. Il primo ministro ungherese Viktor Orban intrattiene da anni buoni rapporti con il presidente russo Vladimir Putin. Mentre Mosca ha tagliato il gas a molti paesi occidentali, la scorsa estate ha promesso all’Ungheria forniture aggiuntive.

I commentatori a Budapest si stanno ora chiedendo che tipo di quid pro quo Mosca si aspetta da Orban per un trattamento preferenziale. Nell’UE, l’Ungheria ha finora sostenuto le decisioni sulle sanzioni contro la Russia, che devono essere prese all’unanimità. Dall’estate, tuttavia, Orban ha scatenato senza inibizioni sanzioni anti-UE. Questi danneggerebbero gli europei più della Russia.

Nelle prossime settimane il capo del governo ungherese vuole utilizzare un questionario per far prendere posizione alla popolazione contro le sanzioni. (Dpa)

La Cina vende gas russo all’Europa a caro prezzo

La Cina acquista gas liquefatto dalla Russia a prezzi estremamente bassi. I cinesi possono rivendere il GNL da altre fonti in Europa con un enorme profitto.

L’impianto di esportazione di Sakhalin-2 GNL nell’Estremo Oriente russo ha venduto diverse spedizioni in Cina in una gara conclusa all’inizio di questa settimana, la cui consegna è prevista entro dicembre a quasi la metà del prezzo spot attuale, secondo i commercianti coinvolti nella questione.

Poiché i prezzi globali del gas sono aumentati notevolmente quest’anno, il progetto russo può ancora generare profitti da queste vendite alla Cina, ben al di sotto dei prezzi di mercato.

Quindi il commercio è vantaggioso per entrambi i paesi. La Russia può continuare a vendere il carburante con profitto. La Cina blocca il gas a basso costo e rivende forniture da esportatori più costosi alle utility in Europa e in Asia.

Giappone e Corea del Sud, tradizionalmente i principali acquirenti di Sakhalin LNG, non hanno ricevuto forniture spot dall’impianto da quando la Russia ha invaso l’Ucraina a febbraio.

Esportazioni di GNL russo in Cina ai massimi livelli dal 2020

“L’offerta russa sta ancora trovando la sua strada nel mercato, solo con una ristrutturazione dei flussi commerciali da parte dei partecipanti al mercato che non hanno obiezioni ad accettare merci russe”, ha citato Saul Kavonic, analista energetico di Credit Suisse.

“Sembra che la Cina stia accettando felicemente i carichi di GNL russi a prezzi scontati, compensando forniture alternative che possono quindi essere convogliate in Europa a prezzi più elevati”.

Le importazioni cinesi di GNL dalla Russia sono salite al livello più alto in almeno due anni ad agosto, secondo i dati di tracciamento delle navi compilati da Bloomberg. Nel frattempo, le spedizioni dagli Stati Uniti sono diminuite poiché gli importatori cinesi dirottano i carichi verso l’Europa con alti profitti.

In risposta alle sanzioni occidentali, il 30 giugno il progetto Sakhalin-2 è stato trasferito a un operatore russo con decreto del presidente Vladimir Putin. Come il vecchio operatore, questo nuovo operatore è di proprietà di maggioranza di Gazprom PJSC. Tuttavia, il gruppo energetico britannico Shell ha perso la sua quota del 27,5% nel progetto come parte del cambio di operatore.