Archivi categoria: Politica USA in Europa

6208.- Balcani in Ue, la ricetta di Tremonti per l’Europa di domani

Grande mossa di Giulio Tremonti, che surclassa sia Joe Biden sia Jens Stoltenberg: Da un lato, come isolare la Federazione Russa con una semplice mossa geopolitica; da un altro, come usare il potenziale geopolitico europeo senza dover fondare uno Stato sovrano, anzi, rafforzandone con l’ulteriore allargamento la debolezza in politica estera. Infine, una mano non da poco all’Erdoğan balcanico. Rispetto alle dichiarazioni sul disarmo europeo a pro di Kiev di Stoltenberg possiamo esprimere differenti pareri. Mario Donnini

Da Formiche.net, articolo di Francesco De Palo

L’ex ministro dell’Economia, dal palco della convention pescarese di Fratelli d’Italia, sostiene che per evitare nuovi sconvolgimenti globali all’Europa occorre un’accelerazione sulle politiche di allargamento con il coinvolgimento dell’intero costone balcanico

26/04/2024

Tutti i Paesi del costone balcanico entrino domattina in Europa: solo in questo modo l’Ue farebbe una mossa geopolitica di lungo periodo. Lo ha detto il presidente della Commissione Esteri della Camera, Giulio Tremonti, dal palco della conferenza programmatica di FdI in corso a Pescara. L’occasione è una riflessione sulla difesa europea dinanzi ai fronti bellici in atto, ma non solo, visto il coinvolgimento oggettivo tanto della cybersicurezza, quanto delle frizioni sul Mar Rosso accanto ai fronti caldi di Kyiv e Gaza. Ma proprio le prospettive di reazione europea rappresentano, da un lato, il vero elemento di novità di questa fase di guerre e, dall’altro, il possibile terreno comune dove iniziare a costruire politiche europee davvero unitarie.

Riunificazione balcanica

Perché un’accelerazione europea nei Balcani significa sanare potenziali nuovi fronti di tensione? Secondo Tremonti quando finirà la guerra in Ucraina non inizierà al contempo la pace. Ovvero i problemi dell’Europa non saranno risolti semplicemente con il cessate il fuoco, dal momento che i luoghi di contrasto restano quelli fuori dai sicuri confini dell’Ue. E cita un nome su tutti, i Balcani, che secondo Churchill sono luoghi in cui si fabbrica più storia di quanta ce ne sia. “Un’ipotesi plausibile secondo me è che dobbiamo accettare tutti i Balcani ora nell’Ue, salvo l’obbligo di adempiere a tutti i criteri. Sarebbe una rivoluzione”, spiega l’ex ministro dell’economia. Ovviamente un attimo dopo bisognerà modificare i criteri di voto, “ma sarebbe una mossa lungimirante, non puoi cancellare la democrazia, ma cambiare le maggioranze di governo sì”.

Un passaggio, quello della riunificazione balcanica, da sempre oggetto delle riflessioni europee di Giorgia Meloni soprattutto in merito alle politiche di allargamento, in un settore dove l’Italia può agire da pivot.

E aggiunge che al netto delle difficoltà di questa scelta, difficile e dura, non vi sono alternative dato il progressivo spiazzamento che l’Europa ha rispetto al resto del mondo, “dopo 20 anni di gestione fatta da tecnici non eletti”. Ragionare sulle politiche per l’Europa, secondo Tremonti, è l’unica strada da seguire per evitare di dover affrontare emergenze dopo emergenze sempre con l’acqua alla gola.

Spese per la difesa

Ma come provvedere alla messa in sicurezza di politiche ad hoc se non con maggiori investimenti nella difesa? Lo sottolinea con veemenza il sottosegretario alla Difesa Isabella Rauti, intervenendo al dibattito “Forte, libera e sovrana” quando dice che occorre investire il 2% del Pil in difesa, “un impegno assunto da tutti i Paesi Nato”, dinanzi alla media attuale europea dell’1,5%: “Il ministro Crosetto ha insistito in Europa perché questo impegno venisse svincolato dal Patto di stabilità, si è persa un’occasione non da noi ma da Bruxelles. All’indomani del voto delle prossime elezioni europee mi auguro si delinei una maggioranza diversa che potrà assumere una nuova visione in questa direzione”.

Di cambio di passo ha parlato il presidente di Leonardo Stefano Pontecorvo con riferimento agli investimenti in difesa, panorama che nemmeno la guerra in Ucraina ha cambiato. E cita dei numeri significativi: nel 2023 l’Europa ha investito come acquisizioni di sistema 110 mld di euro, gli americani 250. I nostri 110 miliardi sono stati distribuiti su 30 diverse piattaforme, quelli americani su 12. Il risultato finale è che su ogni piattaforma gli americani investono 20 mld di ricerca, noi 4 mld. Quale sarà il prodotto migliore? Per cui la prospettiva è quella di lavorare tramite aggregazioni europee rispetto ai grandi giganti mondiali russi, cinesi e americani. “Si tratta di un problema di visione”.

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6166.- Dal ripudio della guerra al trasporto di bombe nucleari per conto terzi.

C’era una volta l’art. 11… Vogliono suscitare in noi un moto di orgoglio perché, nei QRA delle solite basi della Guerra Fredda, i nostri F-35 potranno montare d’allarme con appese le bombe nucleari B-61-12 di proprietà americana, evidentemente, per sganciarle sui russi. Ecco, senza fare il filo a Putin, a noi di far la guerra al popolo russo non passa neanche per l’anticamera del cervello. Vorremmo che la guerra nucleare la faceste con il vostro … Meglio e più chiaro ancora, con la vostra incapacità di instaurare una nuova politica occidentale, ci avete rotto gli zibidei.

F-35 Bombe Nucleari
  • Da Startmag.it, di Chiara Rossi, 18 Marzo 2024

Difesa, il caccia F-35A trasporterà anche bombe nucleari

Il caccia multiruolo F-35 prodotto dall’americana Lockheed Martin ha ottenuto la certificazione per il trasporto di bombe nucleari. Nello specifico, la bomba a gravità termonucleare B61-12. Tutti i dettagli.

Che bello!

L’F-35 Lightning II è ora in grado di sferrare attacchi nucleari.

Il caccia di quinta generazione, prodotto dal gruppo aerospaziale statunitense Lockheed Martin, ha ottenuto a ottobre del 2023 la certificazione per il trasporto di bombe nucleari.

È quanto ha dichiarato un portavoce dell’F-35 Joint Program Office (JPO) a Breaking Defense lo scorso 8 marzo. In caso di guerra, gli F-35 dovranno trasportare le bombe atomiche sul bersaglio nel quadro della “condivisione nucleare” della Nato. La designazione segna la prima volta che un caccia stealth può trasportare un’arma nucleare, in questo caso la bomba a gravità termonucleare B61-12.

Tutti i dettagli.

DOPPIA CAPACITÀ PER L’F-35A

In una dichiarazione alla testata americana, il portavoce della JPO Russ Goemaere ha affermato che l’F-35A ha ottenuto la certificazione il 12 ottobre 2023, mesi prima della promessa agli alleati Nato di concludere il processo entro gennaio 2024. Alcuni F-35A saranno ora in grado di trasportare ufficialmente i B61-12, rendendo il caccia stealth un aereo a “doppia capacità” in grado di trasportare sia armi convenzionali che nucleari.

“L’F-35A è il primo velivolo con capacità nucleare di quinta generazione di sempre e la prima nuova piattaforma a raggiungere questo status dall’inizio degli anni ’90″, ha spiegato Goemaere. “L’F-35A ha ottenuto la certificazione nucleare prima del previsto, fornendo agli Stati Uniti e alla Nato una capacità critica che supporta gli impegni di deterrenza estesi degli Stati Uniti prima del previsto.”

LA TIPOLOGIA ARMI NUCLEARI

In particolare, l’F-35 è certificato come vettore di bombe termonucleari B61-12. Secondo un’analisi della Federazione statunitense degli scienziati, circa 100 esemplari del precedente modello B61 sono immagazzinati in Belgio, Germania, Italia (a Ghedi e Aviano), Paesi Bassi e Turchia.

Il B61-12 è un programma di estensione della vita utile che ha avuto origine durante l’amministrazione Obama e sta sostituendo i vecchi modelli -3, -4, -7 e -10. La prima unità di produzione del B61-12 risale al novembre 2021, con la produzione prevista fino alla fine dell’anno fiscale 2025. Si stima che il programma costerà 9,6 miliardi di dollari nell’anno fiscale 22 nel corso della sua durata, sebbene gran parte di tale costo sia già stata spesa, rileva ancora Breaking Defense.

Lo scorso ottobre l’amministrazione Biden ha annunciato che avrebbe sviluppato una nuova variante dell’arma denominata B61-13. Si prevede che il nuovo -13 avrà una resa simile al -7, hanno detto i funzionari, che corrisponderebbe approssimativamente a un’esplosione equivalente a 360 kilotoni, spiega la testata americana.  Tecnicamente, né le B61-12 né le -13 sono “nuove” armi nucleari che aumentano le scorte, poiché prendono le testate delle bombe più vecchie e le collocano in nuovi alloggiamenti.

LA CERTIFICAZIONE NON RIGUARDA LE ALTRE VARIANTI

Infine, non va dimenticato che la certificazione non si estende alle varianti gemelle del jet stealth: ovvero la variante a decollo corto/atterraggio verticale F-35B e la variante per portaerei F-35C. Il jet a decollo e atterraggio convenzionale F-35A è l’unico certificato per trasportare bombe nucleari.

L’aeronautica americana non ha ancora rivelato se qualche altro paese o i suoi F-35A abbiano ricevuto la certificazione per schierare il B61-12. Nell’ottobre 2021 l’Air Force degli Stati Uniti ha concluso i test di volo necessari per garantire che il design della bomba nucleare tattica B61-12 sia compatibile con l’F-35A Lightning II, completando il processo di certificazione. Tuttavia, non tutti gli F-35A saranno dotati di capacità nucleare.

NON TUTTI GLI F-35A SARANNO DOTATI DI CAPACITÀ NUCLEARE

“Non tutti gli aerei diventeranno abilitati al nucleare dopo la certificazione completa”, ha dichiarato in quell’occasione l’Air Force. “Solo le unità con una missione nucleare riceveranno l’hardware e la manodopera necessari per configurare e mantenere gli F-35 con capacità nucleare” sottolineava Ares Difesa. “Ciò potrebbe includere la RAF Lakenheath in Inghilterra e la base aerea di Aviano in Italia”, aveva affermato a Airforcetimes Hans Kristensen, direttore del Nuclear Information Project presso la Federazione statunitense degli scienziati.

6188.- La Nato con 90.000 uomini ai confini russi, altri 60 attacchi in Yemen. Dove vogliono arrivare?

Dopo i morti in Ucraina, contiamo ancora quelli di Gaza e, ora, quelli yemeniti. Ultime notizie dai Media: Israele ha attaccato la Cisgiordania, invaso Betlemme; il Pakistan ha bombardato l’Iran; la Cina fiuta l’occasione e vola su Taiwan. Tensione alle stelle! A Gaza si muore di fame, di bombe. Non fa più notizia e dagli Usa giunge niente più di una nuova proposta per il dopo guerra. Si è già pericolosamente allargato il conflitto in Medio Oriente, dopo l’attacco anglo-americano allo Yemen, dopo l’attacco del Pakistan all’Iran. Quanto ancora reggeranno gli Ayatollah con le sole minacce? Nuovo raid dell’US Navy nello Yemen, contro l’esercito “ribelle” degli Houthi (ribelli a chi?). Gli Fa-18 delle portaerei hanno colpito 14 rampe di lancio degli Houthi, con i missili pronti al lancio. Quel “pronti” immaginario vuol giustificare la violazione del diritto internazionale?

Il generale Christopher Cavoli (foto Ansa)

Il generale Christopher Cavoli ha detto: “A Steadfast Defender partecipano più di 90mila soldati provenienti dagli alleati e dalla Svezia. L’alleanza dimostrerà la sua capacità di trasferire truppe dal Nord America, in uno scenario di risposta a una minaccia militare”. Bravo Cavoli, ma i marines avranno con se un arma individuale, cerotti e gallette. Tutto l’armamento pesante, gli Abrams, la logistica sono e li troveranno in Germania e in Polonia e, allora, di chi è la minaccia? Ecco il perché, la giustificazione dell’ipotesi millantata sulla grande offensiva di Mosca di quest’anno, contro Kiev e Kharkiv. L’esercitazione Nato “Steadfast Defender 2024” anti-Russia, ai confini della Russia, dalla Germania, alla Polonia, al Baltico. Una dimostrazione di potenza a ridosso del corridoio di Suwalki, lo stretto passaggio terrestre polacco-lituano tra la Bielorussia e Kaliningrad, uno dei punti più deboli e di probabile collisione per l’alleanza, stando ai documenti top-secret dei tedeschi citati dalla Bild-Zeitung, la prima testata europea per diffusione. Durerà 4 mesi, fino a maggio. Ci saranno svedesi, tedeschi, americani piovuti dall’America, Ci siamo anche noi nella mega esercitazione Nato, ma si tace, come è silenzio sul milione di tedeschi in strada, da giorni, alla fame, come si tace sulle decine di migliaia di israeliani scesi in strada a Tel Aviv chiedendo le dimissioni di Netanyahu e del suo governo. Non si parla delle dimostrazioni contro la guerra a Washington D.C., a Tokio. Sono tanti gli ebrei ai vertici degli USA, per esempio, Antony John Blinken, ma non si parla degli ebrei di Boston che cantano “Cessate il fuoco” e “Non in mio nome.” L’informazione delle democrazie è stata comprata facilmente. Tanto poco vale? Intanto, sul fronte ucraino, intercettati numerosi droni russi diretti verso Odessa, mentre Mosca denuncia, a sua volta, l’attività dei droni di Kiev nelle regioni della capitale e l’attacco a un deposito di petrolio a San Pietroburgo, incendiato.

Joe Biden ha un motivo di più per comprare altre armi per Kiev e, sorridendo agli arabi, replica dalla Casa Bianca, a Netanyahu: “Sicurezza Israele non può esserci senza Stato palestinese. “Biden crede in soluzione due Stati”. Ma dai? Per quanto riesca ancora a recitare, Biden è quello che, ponendo il veto al cessate il fuoco nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ha firmato il massacro di migliaia di bambini palestinesi. Biden sta fornendo a Netanyahu quantità enormi di missili, bombe, munizioni e denaro. A Gaza non c’è più un metro quadrato dove i bambini possano rifugiarsi. Ma se Gaza, il Libano, la Cisgiordania sono o possono essere obiettivi di Israele, che ne sarà della Siria che ha offerto un porto del Mediterraneo alla Russia? Quanta gente dovrà morire, da qui a novembre, prima che Trump spodesti il sicario?

Per la sicurezza di Israele si discute e, intanto, si ammazza.

Dal Sole24ore:

“Non c’è alcun modo’’ di risolvere la questione di sicurezza di Israele e della regione ’’senza la creazione di uno Stato palestinese’’. Lo ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller nel corso di una conferenza stampa. ’’Non c’è modo di risolvere le sfide a lungo termine per garantire una sicurezza duratura e non c’è modo di risolvere le sfide a breve termine di ricostruire Gaza, stabilire una governance a Gaza e garantire sicurezza a Gaza senza la creazione di uno Stato palestinese’’, ha detto Miller. La sua è una risposta al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che oggi ha detto di respingere l’idea di uno Stato palestinese e di condividere solo un accordo che consenta a Israele di ottenere il controllo della sicurezza sull’intera Striscia di Gaza “.

Il commento di John Kirby alle dichiarazioni di Benjamin Netanyahu che ha detto di aver comunicato agli Usa di essere contrario allo Stato palestinese.

I palestinesi hanno il diritto di riposare in pace in uno stato indipendente

Ancora dal Sole24ore:

“Niente cambia nella posizione del presidente Biden che la soluzione dei due Stati è la soluzione migliore nell’interesse non solo degli israeliani ma anche dei palestinesi”. Così John Kirby risponde, durante un briefing con i giornalisti a bordo di Air Force One, a “E’ nel miglior interesse per la regione e non smetteremo di lavorare verso questo obiettivo”, ha aggiunto il portavoce del consiglio di Sicurezza della Casa Bianca, sottolineando i punti di vista diversi con Netanyahu. “Noi crediamo che i palestinesi abbiano il diritto di vivere in uno stato indipendente in pace” ha detto ancora sottolineando che il focus rimane che “Israele abbia quello di cui ha bisogno per difendersi da Hamas”. “Ma ci sarà una Gaza del dopo conflitto, non ci sarà una nuova occupazione di Gaza – ha concluso – siamo stati chiari su questo, vogliamo una governance che rappresenti le aspirazioni del popolo palestinese”.

6145.- Ucraina nell’Ue, un’ammissione di sconfitta, ma a nostre spese: 500 miliardi di dollari

Abbiamo scelto sempre alleati bugiardi: francesi, tedeschi, americani. Siamo proprio sicuri che gli Stati Uniti, il fratello maggiore, siano alleati sinceri e non padroni? Solo a pensarci, indossiamo il lutto. Prima dell’Operazione speciale di Putin, tre colossi americani o a capitale americano, hanno acquistato da un governo di loro comodo metà dell’Ucraina coltivabile. Poi, è stato bombardato il bombardabile e, ora, sotto il nome di una Unione, che unione non è, dovremo prima sminare e, poi, ricostruire il paese a nostre spese. L’ingresso dell’Ucraina, antidemocratica, nell’Ue prelude al suo ingresso nella Nato, cioè, alla GUERRA: Guerra in Europa, naturalmente. La Russia ha detto chiaro che non vuole missili Nato ai suoi confini. Non lo ripeterà! Vedrete! Ma di chi è la colpa? É soltanto nostra.

Ucraina nell’Ue, un’ammissione di sconfitta a nostre spese

Da La Nuova Bussola Quotidiana, di Eugenio Capozzi, 18 dicembre 2023

L’avvio dei negoziati dell’Ucraina porterà in Ue a una situazione di totale assistenza, con oneri fiscali maggiori imposti sugli europei. Le scelte sbagliate del bellicismo bideniano saranno pagate, come già sulle forniture energetiche, in primo luogo da noi.

L’avvio dei negoziati per l’adesione dell’Ucraina all’Unione europea da parte del Consiglio europeo rappresenta una mossa tattica (varata in evidente connessione con gli Stati Uniti e la Nato) il cui significato effettivo è molto diverso da quello propagandistico proposto dalla leadership di Kiev e dai governi dei principali paesi del Vecchio Continente schierati al suo fianco.

Volodymyr Zelensky ha parlato di una “grande vittoria” per il popolo ucraino e per tutta l’Europa. E i commentatori euro-atlantisti più entusiasti e militanti nei media occidentali hanno enfatizzato la notizia come se essa rappresentasse una risposta decisiva all’invasione russa (anche sottolineando la caduta del veto finora opposto dal premier ungherese Orbàn), e ancor più, oggi, un modo per controbilanciare efficacemente le resistenze del Congresso statunitense a maggioranza repubblicana a continuare a fornire aiuti finanziari all’Ucraina.

Ma la realtà, come quasi sempre accade dall’inizio del conflitto, è molto diversa dalla propaganda e dalla narrazione ufficiale.

Innanzitutto, l’inizio del percorso per l’ingresso nell’Unione per il momento è poco più di un atto simbolico e di una dichiarazione d’intenti. Il processo verso l’adesione durerà sicuramente molti anni, e attualmente Kiev è molto lontana dal soddisfare molte tra le condizioni fondamentali richieste. Peraltro, il semplice annuncio del suo inizio non può in alcun modo influenzare l’andamento della guerra, o costituire un disincentivo di alcun genere alla continuazione dell’invasione russa. Esso può solo avere un valore psicologico, confermando la perdurante volontà da parte dei paesi dell’Unione di continuare a sostenere l’Ucraina, non abbandonandola alla sfera di egemonia di Mosca.

In secondo luogo, la mossa del Consiglio europeo assume, proprio rispetto alle sorti della guerra, una valenza implicita ben diversa da quella apparente, e molto meno rassicurante per Zelensky e l’attuale leadership ucraina. Come è ovvio, infatti, il paese ex sovietico potrebbe entrare nell’Ue soltanto in una situazione in cui i suoi confini fossero assolutamente certi e internazionalmente riconosciuti: esigenza primaria tanto più valida per una eventuale adesione alla Nato, che proprio per questo finora è rimasta alla stregua di una pura ipotesi. Ma allo stato attuale delle cose sul campo di battaglia ci sono ben poche probabilità che il territorio dell’Ucraina si ricostituisca nella sua integrità precedente il conflitto, e anzi precedente al 2014, inclusiva del Donbass e della Crimea.

La tanto sbandierata controffensiva della scorsa primavera-estate si è risolta in un sostanziale fallimento, infrangendosi contro le ferree linee di difesa russe, con un costo ulteriore di enormi perdite sia umane che materiali, in prospettiva sempre meno compensate dal supporto statunitense e occidentale (che comincia, appunto, a vacillare per crescente sfiducia e per crescente insofferenza delle opinioni pubbliche, a partire proprio da quella americana), e anzi si fanno sempre più frequenti i tentativi di contro-controffensiva da parte russa. Laddove è invece chiaro che Mosca è preparata a sostenere una guerra di posizione e di logoramento come questa anche per periodi molto lunghi, che le risorse sia economiche che demografiche a tale scopo non le mancano, che l’illusione occidentale di un suo collasso economico a causa delle sanzioni è da accantonare definitivamente, e che soprattutto la leadership di Vladimir Putin, eliminata brutalmente la fronda della Wagner di Prigozyn, è più salda che mai, e sfocerà in tutta probabilità in un nuovo mandato presidenziale.

Insomma, annunciare oggi l’inizio delle trattative per l’adesione di Kiev all’Ue significa praticamente dare per scontato che lo stato che fra cinque o dieci anni entrerà nelle istituzioni comunitarie non sarà certo quello diventato indipendente nel 1991, ma sarà uno stato più piccolo, ridimensionato, che nel frattempo avrà dovuto non soltanto “congelare” il conflitto grosso modo secondo l’attuale linea del fronte, ma siglare un trattato di pace ufficiale con i russi, accettando la divisione tra la sua parte che tende politicamente verso Occidente e quella che preferisce rimanere nell’orbita “imperiale” russa.

Quell’annuncio non deriva allora dalla speranza tangibile di una vittoria ucraina, ma appare al contrario come la realistica previsione di una sua sconfitta, per quanto parziale, e come il tentativo di limitarne i danni, dal punto di vista occidentale, creando quanto meno la cornice per l’incorporazione nel proprio sistema di alleanze e di rapporti politici ed economici di una parte del suo territorio originario. Un tentativo che va nello stesso senso della previsione del funzionario della Nato Stian Jenssen trapelata l’estate scorsa: quella di una soluzione della guerra fondata, in prospettiva, su uno scambio tra annessione russa di Donbass e Ucraina e adesione della parte del paese rimasta in mano a Kiev all’Alleanza occidentale; poi in parte smentita, ma evidentemente rivelatrice della visione disincantata che i vertici militari e politici statunitensi coltivano da tempo sulle sorti del conflitto.

Questa evidente tendenza, oggi ulteriormente rafforzata, chiamerebbe in causa innanzitutto la responsabilità di chi ha più spinto, per due anni, il pedale dell’acceleratore sulla guerra, veicolando l’idea che l’Ucraina potesse vincerla e la Russia crollasse sotto i colpi della compatta reazione occidentale, piuttosto che cercare di disinnescarla al più presto attraverso una soluzione diplomatica: ossia Joe Biden e la sua amministrazione.

Ma il presidente statunitense non sembra avere alcuna intenzione di ammettere di aver sbagliato totalmente strategia, nonostante lo scacco attuale e la reazione a catena di innalzamento della tensione provocata dalla contrapposizione radicale con Mosca e i paesi che continuano ad avere con essa rapporti su altri fronti, come quello mediorientale, con le conseguenze drammatiche che sappiamo per la sicurezza di Israele.

Biden non ha e non sta sbagliando strategia. Sulle orme di Hitler, per fronteggiare la Cina, l’India, la Corea, ha sottomesso l’Europa e tenterà di sottomettere la Russia, ma, come Hitler, fallirà.

Al massimo egli è disposto a cercare un compromesso con l’opposizione interna su una limitazione del supporto a Kiev, cercando di assicurarsi la rielezione, e rimandando il momento dell’inevitabile redde rationem. E contemporaneamente cerca di scaricare il più possibile i costi delle sue scelte rovinose sugli alleati europei, imponendo loro crescenti spese in armamenti e aiuti economici per l’Ucraina.

Ora l’avvio dei negoziati per l’adesione all’Ue di Kiev si inserisce proprio in questo solco, incoraggiato da Washington pro domo sua. Se e quando l’Ucraina entrerà nell’Unione, infatti, essa verserà in condizioni materiali ed economiche talmente disastrose da essere, ancor più di altri stati esteuropei, completamente dipendente dagli aiuti comunitari, e la sua entrata imporrà un imponente e lungo impegno finanziario, che ricadrà naturalmente sui paesi che sono maggiori contributori al bilancio comune, tra cui l’Italia.

Insomma, l’Ucraina diventerà un paese totalmente assistito, con oneri fiscali sempre maggiori imposti a tale scopo sui cittadini europei, che rappresenteranno una zavorra ulteriore – oltre le altre autoprocurate come la “riconversione” animata dai deliri apocalittici sul clima – alle possibilità di crescita del continente. Le scelte sbagliate del bellicismo bideniano saranno pagate, come già sulle forniture energetiche, in primo luogo da noi.

6123.- Siamo, saremo sempre in guerra!

L’Ucraina è lì. lì per gettare le bocce. Zelensky porterà con sé i morti. La Federazione Russa possiede risorse umane e materiali immense che la NATO non è in grado di vincere, nemmeno armando gli ucraini con i datati F-16 e con i delicati carri M-1 USA. L’ennesima ritirata degli Stati Uniti accade in Ucraina, ma non segnerà una sconfitta, anche questa volta. Questa guerra, costruita da Washington durante dieci anni, ha preso il via da Piazza Maidan o, meglio, dal tragico “Fack Europe” di Victoria Nuland e ha realizzato ben altri obiettivi che non fermare l’orso russo Putin. Con qualche centinaia di migliaia di morti europei si sono soddisfatti precisi interessi americani: Un indebolimento della Federazione Russa e, insieme, un rafforzamento del dollaro, ottenuto anche con l’incremento della vendita di armi e vaccini; un forte degrado delle economie europee, uno stop al loro commercio (sopratutto tedesco) con la Russia. Il sabotaggio del gasdotto Nord Stream 2 si è reso necessario per evitare che il gas proveniente dalla Russia, attraverso il Mar Baltico, alimentasse la crescita dell’Europa Occidentale. Contemporaneamente, ha facilitato la vendita del petrolio americano – per niente conveniente – agli europei. Tutto questo – e non citiamo il freno calato dalla pandemia – ha contribuito a ridefinire il rapporto dell’economia USA con quelle degli alleati europei. Era senz’altro questo rafforzamento della leadership USA a cui si voleva e si è voluto arrivare e – lo dico agli illusi – non importa con quale presidente. Se questi sono gli strumenti con cui gli Stati Uniti “del dollaro” (certo, non più d’America) intendono mantenere la loro leadership in un mondo multipolare, dovremo attenderci nuove guerre e nuove pandemie: Israele e l’O.M.S. ci stanno lavorando.

È unanime: la neutralità ucraina avrebbe potuto portare la pace

Di Sabino Paciolla, 10 dicembre 2023

Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto da Ted Snider e pubblicato su AntiWar. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. Ecco l’articolo nella traduzione da me curata. 

Putin-Zelensky-e-Victoria-Nuland
Putin-Zelensky e Victoria Nuland

Un importante politico ucraino ha dichiarato in un’intervista del 24 novembre che già nell’aprile 2022 la Russia era “pronta a porre fine alla guerra se avessimo accettato la… neutralità”.

Il 13 giugno 2022, quando il Presidente russo Vladimir Putin ha annunciato che Russia e Ucraina avevano “raggiunto un accordo a Istanbul” e che l’accordo era stato siglato da entrambe le parti, Davyd Arakhamiia è stato il funzionario ucraino identificato da Putin: “Non ricordo il suo nome e potrei sbagliarmi, ma credo che il signor Arakhamia fosse a capo della squadra negoziale ucraina a Istanbul. Ha anche siglato questo documento”.

Che un accordo provvisorio fosse stato raggiunto a Istanbul era già stato riferito da Fiona Hill e Angela Stent in un articolo del 25 agosto 2022 su Foreign Affairs. Nella sua recente intervista, Arakhamiia, che è il capo del partito Servitore del Popolo di Zelensky e che ha guidato la squadra negoziale ucraina sia in Bielorussia che a Istanbul, nega che l’accordo sia stato siglato. Ma conferma che la Russia era disposta ad interrompere la guerra in cambio della promessa che l’Ucraina non sarebbe entrata nella NATO.

Secondo Arakhamiia, l’assicurazione che l’Ucraina non sarebbe entrata nella NATO era il “punto chiave” per la Russia: Tutto il resto era semplicemente retorica e “condimento” politico”.

“Era la cosa più importante per loro”, ha detto Arakhamiia. “Erano disposti a porre fine alla guerra se avessimo accettato, come fece la Finlandia, la neutralità e ci fossimo impegnati a non entrare nella NATO”.

Anche l’allora primo ministro israeliano Naftali Bennett, l’intermediario nei colloqui che si erano svolti solo pochi giorni prima, ha detto che questo era il punto chiave: “Ditemi che non entrerete nella NATO”, ha detto Putin a Zelensky tramite Bennett, “non vi invaderò”.

L’affermazione che un accordo fosse a portata di mano a Istanbul era stata fatta in precedenza da tutte le parti coinvolte nei negoziati, tranne che dall’Ucraina. Putin ha affermato che un accordo è stato raggiunto. Il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha affermato che “abbiamo avuto colloqui nel marzo e nell’aprile 2022. Abbiamo concordato alcune cose; tutto era già stato siglato”. Tra le cose concordate nel comunicato di Istanbul, la Russia si sarebbe ritirata entro i confini prebellici e l’Ucraina avrebbe promesso di non chiedere l’adesione alla NATO.

E non è solo la parte russa ad aver fatto questa affermazione. Una serie di intermediari, compresi quelli scelti da Kiev, hanno fatto la stessa affermazione. Il fatto che il leader del team negoziale ucraino abbia ora fatto la stessa affermazione la rende unanime. La pace era possibile nelle prime settimane di guerra.

Arakhamiia si distacca da tutti gli altri resoconti negando che l’Ucraina abbia accettato la soluzione della neutralità in cambio della pace. Hill e Stent riferiscono che “i negoziatori russi e ucraini sembravano aver raggiunto un accordo provvisorio sui contorni di una soluzione provvisoria negoziata”. Putin e Lavrov dicono che è stato siglato.

In tutti gli altri resoconti, una pace negoziata era a portata di mano finché l’Occidente non è intervenuto e l’ha bloccata. “L’abbiamo fatto davvero”, ha detto Putin, “ma poi l’hanno semplicemente buttato via e basta”. “Le autorità di Kiev… hanno gettato [i loro impegni] nella pattumiera della storia”. Lavrov afferma che il cambio di idea è avvenuto “su insistenza di Washington e Londra”.

L’affermazione non è solo russa. Gli intermediari turchi fanno lo stesso ragionamento. Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu afferma che i colloqui erano in corso per porre fine alla guerra, ma che “ci sono Paesi all’interno della NATO che vogliono che la guerra continui”. “Dopo la riunione dei ministri degli Esteri della NATO”, ha spiegato, “si è avuta l’impressione che… all’interno degli Stati membri della NATO c’è chi vuole che la guerra continui, che la guerra continui e che la Russia si indebolisca”.

Il vicepresidente del partito di governo turco, Numan Kurtulmus, riferisce la stessa cosa: “In alcune questioni sono stati fatti dei progressi, raggiungendo il punto finale, poi improvvisamente vediamo che la guerra sta accelerando… Qualcuno sta cercando di non far finire la guerra. Gli Stati Uniti vedono il prolungamento della guerra come un loro interesse… C’è chi vuole che questa guerra continui… Putin-Zelensky stava per firmare, ma qualcuno non ha voluto”.

All’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder è stato chiesto da Kiev di svolgere un ruolo di mediazione nei colloqui di Istanbul. Schröder afferma che “non è potuto accadere nulla perché tutto il resto è stato deciso a Washington… Gli ucraini non hanno accettato la pace perché non gli è stato permesso. Dovevano prima chiedere agli americani tutto quello che avevano discusso”.

Bennett ha fatto la stessa affermazione sui negoziati precedenti: “C’erano”, dice Bennett, “buone possibilità di raggiungere un cessate il fuoco”. Ma l’Occidente, dice Bennett, “lo ha bloccato”.

Arakhamiia insiste sul fatto che Kiev non ha firmato perché l’abbandono delle aspirazioni dell’Ucraina alla NATO avrebbe richiesto una modifica della costituzione e perché non si fidava del fatto che la Russia avrebbe lasciato l’Ucraina al sicuro in assenza del sostegno della NATO.

Esprimendosi sulla prima ragione, Arakhamiia afferma che sarebbe “necessario cambiare la Costituzione. Il nostro percorso verso la NATO è scritto nella Costituzione”. L’affermazione di Arakhamiia presenta due problemi. Il primo è che modificare la Costituzione è possibile. Così come, nel febbraio 2019, l’allora presidente ucraino Petro Poroshenko sostituì l’impegno a rimanere neutrali e a non aderire alla NATO, che era sancito nella Costituzione ucraina, con il nuovo impegno ad aspirare all’adesione alla NATO, ora il presidente Volodymyr Zelensky potrebbe cambiarla di nuovo.

Il secondo problema del caso di Arakhamiia è che Zelensky aveva già espresso in diverse occasioni la volontà di fare proprio questo. Nei primissimi giorni di guerra, Zelensky ha dichiarato chiaramente la sua disponibilità ad abbandonare la ricerca dell’adesione dell’Ucraina alla NATO: “Non abbiamo paura di parlare con la Russia. Non abbiamo paura di dire tutto sulle garanzie di sicurezza per il nostro Stato. Non abbiamo paura di parlare dello status di neutralità”.

Arakhamiia afferma che la seconda ragione per cui l’Ucraina non ha potuto accettare di abbandonare le sue aspirazioni alla NATO è che non c’era fiducia che la Russia avrebbe lasciato l’Ucraina al sicuro. L’Occidente “ci ha effettivamente consigliato di non accettare garanzie di sicurezza effimere”, afferma Arakhamiia. Ma “questo poteva essere fatto”, continua Arakhamiia, “solo se ci fossero state garanzie di sicurezza”.

Ma c’erano. Nella serie di negoziati mediati da Bennett, egli afferma che Putin e Zelensky hanno entrambi accettato “il modello israeliano” dell’aiuto dell’Occidente alla costruzione di forze armate ucraine forti e indipendenti, in grado di difendersi da sole. Nel comunicato di Istanbul, le due parti hanno concordato che l’Ucraina avrebbe abbandonato le sue aspirazioni alla NATO in cambio di garanzie di sicurezza da parte di una serie di Paesi, tra cui forse Russia, Cina, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Turchia, Germania, Canada, Italia, Polonia e Israele.

Ma se le prime due ragioni di Arakhamiia non sono sufficienti, egli le integra con una terza. “Inoltre, quando siamo tornati da Istanbul”, dice Arakhamiia, “Boris Johnson è venuto a Kiev e ha detto che non avremmo firmato nulla con loro, e che avremmo solo combattuto”.

La dichiarazione di Arakhamiia è la prima conferma ucraina o occidentale del resoconto di Ukrainska Pravda del dicembre 2022, secondo cui il 9 aprile 2022 l’allora primo ministro britannico Boris Johnson si precipitò a Kiev per dire a Zelensky che Putin “doveva essere messo sotto pressione, non si doveva negoziare con lui” e che, anche se l’Ucraina era pronta a firmare alcuni accordi con la Russia, “l’Occidente non lo era”.

L’intervista rivelatrice di Arakhamiia conferma, ancora una volta, la tragica consapevolezza che la guerra in Ucraina sarebbe potuta finire prima con un accordo ucraino di non adesione alla NATO; un accordo che Zelensky era disposto a fare. E si aggiunge alle prove già consistenti che quella speranza è stata bloccata dall’intervento occidentale.

Ted Snider

5805.- “C’è solo un Paese al mondo che può garantire la pace in Ucraina e la sicurezza dei suoi confini. Quel Paese è la Russia!”

Vale per l’Ucraina e vale per l’Europa.

Di Redazione Blog di Sabino Paciolla|Luglio 28th, 2023

Analisi spietata e lucida, e anche convincente.

Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo pubblicato su Moon of Alabama. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. Ecco l’articolo nella nostra traduzione. 

Biden e Zelensky febbraio 2023
Biden e Zelensky febbraio 2023. Papa Benedetto XVI, il Papa, non volle che Biden fosse presente al suo funerale.

Uno dei principali interrogativi dell’Ucraina, da quando è diventata uno Stato indipendente, era chi o cosa potesse potenzialmente garantire la sua sicurezza.

Nei primi anni dopo il 1991, il governo ucraino pensava di poter garantire la propria sicurezza. Aveva ereditato alcune armi nucleari sovietiche e aveva cercato di utilizzarle. Ma non riuscì a eludere i blocchi di sicurezza che gli ingegneri russi avevano integrato nelle testate nucleari.

C’erano anche pressioni da parte degli Stati Uniti per sbarazzarsi di quei dispositivi, dato che all’epoca l’Ucraina era prolifica nel vendere le armi di epoca sovietica a vari loschi attori in tutto il mondo.

L’Ucraina, insieme a Bielorussia e Kazakistan, fu spinta ad aderire al Trattato di non proliferazione nucleare. In cambio ottenne il Memorandum di Budapest, una debole promessa di non interferenza:

Il memorandum, firmato nella Sala Patria del Centro Congressi di Budapest con la presenza dell’ambasciatore statunitense Donald M. Blinken, proibiva alla Federazione Russa, al Regno Unito e agli Stati Uniti di minacciare o usare la forza militare o la coercizione economica contro l’Ucraina, la Bielorussia e il Kazakistan, “se non per autodifesa o in altro modo in conformità con la Carta delle Nazioni Unite”. A seguito di altri accordi e del memorandum, tra il 1993 e il 1996, Bielorussia, Kazakistan e Ucraina hanno rinunciato alle loro armi nucleari.


Due note a margine sono interessanti:

1) L’ambasciatore Donald M. Blinken è il padre dell’attuale Segretario di Stato Anthony Blinken.

2) Formalmente la Russia non ha violato il Memorandum di Budapest. Ha riconosciuto le Repubbliche popolari di Luhansk e Donetsk come Stati indipendenti. Ha firmato con loro accordi di sicurezza e poi è entrata nella guerra in Ucraina, in corso dal 2014, in base all’articolo 51 – autodifesa comune – della Carta delle Nazioni Unite. I giuristi discuteranno per anni su questo argomento, ma non è dissimile dall’argomento usato dalla NATO per giustificare la violenta disgregazione della Jugoslavia.

Dopo la firma del Memorandum di Budapest, le armi nucleari sovietiche che l’Ucraina e altri paesi ancora possedevano furono rispedite in Russia.

A metà del primo decennio del terzo millennio la Russia si era ampiamente ripresa dagli shock che avevano seguito la disgregazione dell’Unione Sovietica. Nel frattempo l’Ucraina si era ulteriormente disgregata. La popolazione era diminuita drasticamente, le sue industrie erano fallite e la corruzione diffusa stava divorando ciò che restava delle sue ricchezze. Il suo esercito, sebbene sulla carta ancora ben armato, non era più in grado di difendere il Paese. A quel tempo andava bene così, perché nessuno era realmente interessato a minacciarlo.

Ma la NATO, violando le promesse fatte alla Russia, si è espansa e si è avvicinata al confine ucraino. Nel 2008, sempre a Budapest, gli Stati Uniti hanno utilizzato un vertice della NATO per fare pressione sugli altri Paesi della NATO affinché offrissero all’Ucraina un Piano d’azione per l’adesione (MAP). A tale promessa, tuttavia, non era associata alcuna data futura.

Nel 2013 l’Unione Europea ha fatto pressione sull’Ucraina affinché firmasse un accordo di libero scambio. La Russia, che era il principale partner commerciale dell’Ucraina, ha fatto una controfferta finanziariamente migliore e con meno restrizioni politiche. Il Presidente ucraino Victor Yanukovych ha quindi dovuto rifiutare l’accordo UE. Gli Stati Uniti, insieme al servizio segreto tedesco BND, avevano legami di lunga data con i gruppi di destra dell’Ucraina occidentale che in precedenza avevano collaborato con la Germania nazista ed erano stati legati alla Germania nazista-Wehrmacht. La CIA ha riattivato questi gruppi e ha istigato una violenta rivoluzione colorata a Kiev.

Questa rivoluzione portò a una guerra civile, poiché gran parte dell’etnia russa nell’Ucraina orientale rifiutò il nuovo regime che era stato installato da una minoranza ucraina occidentale.

Se da un lato l’etnia russa in Ucraina ha perso il controllo della maggior parte delle sue aree originarie, dall’altro ha presto sconfitto ciò che restava dell’esercito ucraino. Lo hanno fatto due volte.

Dal 2015 il conflitto è rimasto in stallo. Gli accordi di Minsk, in base ai quali l’Ucraina avrebbe dovuto federarsi, sono stati firmati, ma l’Ucraina ne ha bloccato l’attuazione. Nel frattempo, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno sfruttato il tempo per reintegrare e riarmare l’esercito ucraino.

Nel 2021 l’Ucraina era pronta ad attaccare le Repubbliche popolari di Luhansk e Donetsk. La Russia ha attivato il suo esercito e ha avvertito che avrebbe dovuto interferire con tali piani. L’imminente lancio di un attacco ucraino fu annullato. All’inizio del 2022 gli Stati Uniti hanno dato il via libera agli ucraini per lanciare il loro attacco programmato da tempo. La Russia è intervenuta e la guerra attuale è iniziata.

I piani statunitensi dietro la guerra prevedevano che le sanzioni occidentali precoordinate che seguirono immediatamente avrebbero rovinato la Russia, che la Russia sarebbe stata evitata dal resto del mondo e che una sconfitta militare dell’esercito russo avrebbe portato a un cambio di regime a Mosca.

L’Ucraina si aspettava che, dopo aver vinto una guerra contro i suoi separatisti, sarebbe diventata immediatamente membro della NATO.

Nessuna delle due aspettative (totalmente irrealistiche) è stata soddisfatta.

Ora l’Ucraina sta ovviamente perdendo la guerra. Presto dovrà firmare un accordo di capitolazione con la Russia, simile a un cessate il fuoco.

Ma chi o cosa può garantire che un tale accordo sarà mantenuto?

L’adesione alla NATO non è più un’opzione.

L’11 luglio, a Vilnius, un vertice del Consiglio Nord Atlantico ha dichiarato che l’Ucraina non dovrà seguire il piano d’azione formale per l’adesione. Ma ha poi sostituito le condizioni formali del MAP per l’adesione con una formulazione molto più vaga:

Saremo in grado di estendere all’Ucraina l’invito ad aderire all’Alleanza quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte”.

Il Segretario generale della NATO è stato ancora più esplicito:

… a meno che l’Ucraina non vinca questa guerra, non ci sarà alcuna questione di adesione da discutere.
Non ci sarà alcuna adesione alla NATO o garanzia di sicurezza della NATO per l’Ucraina, né ora né mai.

Anche una garanzia di sicurezza completa diretta da Washington a Kiev è impossibile. Creerebbe un’alta probabilità di una guerra diretta tra Stati Uniti e Russia che diventerebbe presto nucleare. Gli Stati Uniti non vogliono correre questo rischio.

Così, quando durante i preparativi del vertice di Vilnius è apparso chiaro che gli alleati non avrebbero accettato l’adesione dell’Ucraina, il Presidente americano Biden ha presentato un’alternativa:

Gli Stati Uniti sono disposti a offrire a Kiev una sorta di accordo di sicurezza attualmente offerto a Israele invece dell’adesione alla NATO, ha dichiarato il presidente Joe Biden alla CNN in un’intervista anticipata venerdì.

“Non credo che sia pronta per l’adesione alla NATO”, ha detto Biden dell’Ucraina. “Non credo che ci sia unanimità nella NATO sull’opportunità o meno di portare l’Ucraina nella famiglia NATO ora, in questo momento, nel bel mezzo di una guerra”.

“E una delle cose che ho indicato è che gli Stati Uniti sarebbero pronti a fornire, mentre il processo è in corso, e ci vorrà un po’ di tempo, una sicurezza simile a quella che forniamo a Israele: fornire gli armamenti di cui hanno bisogno, la capacità di difendersi”, ha detto Biden, aggiungendo: “Se ci sarà un accordo, se ci sarà un cessate il fuoco, se ci sarà un accordo di pace”.

Questo però è ancora più irrealistico di un’adesione alla NATO. Come sostiene in modo convincente Geoffrey Aronson:

La pertinenza del modello di Israele abbracciato da Biden per la sicurezza dell’Ucraina è profondamente errata dal punto di vista concettuale e pratico.

In termini operativi, il modello di Israele è a malapena rilevante per la situazione in cui si trova l’Ucraina e non è certo un buon modello su cui costruire l’auspicata relazione di sicurezza tra Stati Uniti, NATO e Ucraina. In termini concettuali, c’è poco al di là di un confronto superficiale tra Gerusalemme e Kiev per raccomandare il concetto.

I legami di sicurezza tra Stati Uniti e Israele sono nati da tre elementi principali: (1) la competizione della Guerra Fredda in Medio Oriente; (2) la schiacciante vittoria di Israele nel giugno 1967; (3) lo sviluppo surrettizio di Israele di una capacità di armamento nucleare a partire dagli anni Cinquanta.

È praticamente impossibile che l’Ucraina possa uscire dalla guerra con la Russia con il tipo di vittoria territoriale totale che ha fornito la base per i legami tra Stati Uniti e Israele dopo il giugno 1967.

In questo contesto, è possibile che in Ucraina (ma si spera non a Washington) ci sia chi vede il modello di Israele – creare un’opzione integrata di armi nucleari mantenendo l’ambiguità nucleare fintanto che la pipeline di armi convenzionali da Washington è aperta – come istruttivo.

Ma anche qui la realtà si intromette. L’accordo degli Stati Uniti con Israele mira esplicitamente a garantire la superiorità di Israele nelle armi convenzionali contro qualsiasi combinazione di nemici arabi/iraniani. A tal fine, fino all’anno fiscale 2020, gli Stati Uniti hanno fornito a Israele 146 miliardi di dollari in finanziamenti militari, economici e per la difesa missilistica – 236 miliardi di dollari nel 2018.

Nel solo primo anno di guerra, l’Ucraina ha ricevuto da Washington 77 miliardi di dollari, circa la metà dell’assistenza militare, economica e umanitaria totale.

Nella migliore delle ipotesi, il sostegno militare degli Stati Uniti agli attuali livelli storici è valso a Kiev uno stallo militare. L’Ucraina, certamente fuori dalla NATO e probabilmente anche come membro, non godrà mai di un Quality Military Edge (QME) in stile israeliano rispetto a Mosca, né potrà comandare l’agenda strategica o di sicurezza della regione come ha fatto Israele in Medio Oriente.

La potenza della Russia rende troppo costoso per gli Stati Uniti, e quindi semplicemente impossibile, anche il tentativo di garantire all’Ucraina una sicurezza simile a quella di Israele.

C’è solo un Paese al mondo che può garantire la pace in Ucraina e la sicurezza dei suoi confini. Quel Paese è la Russia!

Ma qualsiasi garanzia di questo tipo sarà ovviamente accompagnata da condizioni. O l’Ucraina le accetta o non sarà mai al sicuro da interferenze esterne.

Questo è semplicemente un dato di fatto con cui l’Ucraina ha dovuto e dovrà convivere.

Moon of Alabama

5798.- Cieli tempestosi

Di Mario Donnini, 22 luglio 2023, aggiornato il 26 luglio 2023.

Non sarà che quelli che blaterano di scie chimiche hanno ragione? Quelle ragnatele di scie che vediamo nei nostri cieli non corrispondono né ad attività militari né civili né alle aerovie e lasciamo da parte la nota diatriba tra “scie chimiche”(chemtrails) e “scie di condensazione” (contrails), più volte dissertata. Nelle cosiddette missioni di irrorazione si parla di sostanze chimiche, come: solfuro di alluminio e ossido di bario e altri metalli, insieme ad altamente tossici polimeri di nano particelle, silicati, virus e batteri. Tralascio l’analisi delle sostanze, che è stata ben rappresentata dall’Arpav del veneto e la descrizione dei dispositivi di bordo ben descritta da chi li ha installati a Oberpfaffenhofen. La possibilità di manipolazione del clima non è, inoltre, una novità. Sono attività di irrorazione, magari sperimentali, che hanno bisogno di un’autorizzazione che riservi e interdica ad altri traffici quello spazio aereo. Sono molti gli esperimenti che studiano come modificare artificiosamente il clima, causare pioggia o siccità, innescare tornado e nubifragi.

Se il fenomeno reale detto scie chimiche ha sia una serie di caratteristiche prettamente “chimiche”, sia una natura legata alla condensazione del vapore acqueo, anche il fenomeno meteorologico della recente tempesta ha mostrato accanto alla grandine, non esageratamente eccezionale, anche formazioni cristalline con diametri fino a 15 cm. L’immagine mostra un blocco simile a ghiaccio, di quelli che durante la tempesta del 19 luglio hanno colpito il Veneto e, in particolare, ha danneggiato il blindato di casa, sfondato Velux, pannelli solari e molto altro. Dopo tre giorni, questo blocco è tal quale era il 19 luglio e non accenna a sciogliersi. La grandine grande come uova, invece, si è sciolta, ma queste bombe, che gli somigliano, capaci di uccidere sono da analizzare. Cosa ci stanno facendo?

Mi soffermerei sulle autorizzazioni che necessita l’uso dello spazio aereo, tanto civile che militare, per dire che nessuno potrebbe usare lo spazio aereo nel modo che siamo abituati a vedere o vi avrebbe interesse. Senza entrare nella discussione con i pasdaran del cambiamento climatico, ricordo che ci sono anche gli esperimenti climatici dell’USAF (United States Air Force) dell’accordo firmato nel 2001 tra Berlusconi e Bush per far irrorare i nostri cieli. L’accordo era stato preceduto da un bilaterale con gli Stati Uniti per la ricerca climatica, firmato dal prof. Franco Prodi (parente di Romano).

Dicevamo che queste attività sperimentali interferiscono con il traffico aereo e richiedono che le autorità aeronautiche rilascino un’autorizzazione, cosiddetta riserva di spazio aereo. Lle autorizzazioni che necessita l’uso dello spazio aereo, sono rilasciate dalle autorità sia civili che militari, le quali, nel caso specifico, necessitano a loro volta di un’autorizzazione governativa. Siamo andati a cercare questa autorizzazione.

La troviamo nell’Atto di sindacato ispettivo n. 4-01960, pubblicato dal Senato della Repubblica il 27 marzo 2014, seduta 218. Infatti, l’USAF fu autorizzata nel 2003 dall’allora ministro della Difesa Antonio Martino (che ricordiamo, scomparso sabato 5 marzo 2022, come non sappiamo), con atto visibile al Senato al n.ro 0960 del 2014 citato.

Dall’atto 4-01960, citiamo che nel 1999 il Parlamento europeo con delibera n. 4-0005/99 del 14 gennaio 1999 si era espresso contro le sperimentazioni militari HAARP (High Frequency Active Auroral Research Program) condotte dalla base di Gakona, nell’Alaska, a fini di ricerca scientifica sugli strati alti dell’atmosfera e della ionosfera, e sulle comunicazioni radio per uso militare. Che relazione c’è fra le attività di irrorazione dei cieli e l’HAARP?

Le antenne dell’installazione dell’HAARP

In una relazione di iniziativa adottata dalla Commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa del Parlamento europeo il 23 settembre 1998 e contenente una proposta di risoluzione (mai effettivamente adottata dal parlamento) vengono ripresi alcuni dei temi di tali teorie del complotto; nella relazione viene, infatti, affermato che «malgrado le convenzioni esistenti, la ricerca militare si applica attualmente alla manipolazione dell’ambiente come arma, come è il caso ad esempio del sistema HAARP». 

“L’8 agosto 2002, 90 parlamentari della Duma di Mosca firmarono un appello diretto all’ONU in cui chiedevano la messa al bando degli esperimenti elettromagnetici portati avanti dall’HAARP. Un mese più tardi altri 130 deputati russi avevano sottoscritto l’appello. I parlamentari accusarono gli Stati Uniti di stare creando attraverso l’HAARP «nuove armi geofisiche integrali», capaci di influenzare gli elementi naturali con onde radio ad alta frequenza.”

Che male c’è a fare esperimenti? direte. Nessuno, tranne che quando si vede che portano danni, bisogna sospenderli. Errare est humanus, sed perseverare è da bischeri. E a quei bischeri saccenti, arroganti, che intitolano queste anomalie soltanto al cambiamento climatico chiediamo perché non ne intitolano un pò anche agli esperimenti, guarda caso, degli americani in Europa?

Fermiamo i Cambiamenti Climatici, Diciamo basta alle Scie Chimiche!

Leggiamo la petizione lanciata da Sonia Valente il 14 aprile 2023. Petizione diretta a Presidenza del consiglio dei ministri, Governo Italiano

Perché questa petizione è importante

Scie Chimiche: ecco l’accordo firmato nel 2001 tra Berlusconi e Bush per far irrorare i nostri cieli

Ebbene si, fu proprio Berlusconi ad aver dato l’autorizzazione agli Usa ai tempi di Bush,di avvelenare i nostri cieli per le loro sperimentazioni climatiche

Veleni di Stati dal cielo. A rischio l’integrità ambientale, la salute umana e la libertà. Un’altra storia sotterranea, nebulosa, criminale. Sulle scie chimiche, grazie ad un’ inoppugnabile ricostruzione giornalistica, ora non vi è più alcun mistero. Per dirla con Honoré de Balzac (Le illusioni perdute): «Dovete sapere che ci sono due storie: quella ufficiale, piena di menzogne, che insegnano a scuola, la storia “ad usum delphini”; e poi c’è la storia segreta, quella che contiene le vere cause degli avvenimenti, una storia ignominiosa».

I militari hanno trasformato il Belpaese e l’Europa in una gigantesca camera a gas, grazie alle complicità istituzionali e all’omertà dilagante degli scientisti. Ecco quello che combinano ogni giorno, scaricando veleni nell’aria.

Le operazioni clandestine di aerosol sono state realizzate nei primi anni ’60 del XX secolo, ma hanno avuto un incremento decisivo in Europa, a partire dal 2002. I primordi dell’operazione di copertura erano insiti nella mente perversa di Edward Teller, inventore della bomba all’idrogeno, che sulla scorta del Memorandum Groves del 1943, consigliò di usare armi nucleari in regioni abitate per fini economici di spopolamento. Teller è stato direttore emerito del Lawrence Livermore National Laboratory, dove furono elaborati i piani per le armi nucleari, biologiche e ad energia diretta.

Nell’agosto 1997 Teller inviò un progetto in Italia, in un simposio svoltosi ad Erice sotto l’egida di Antonino Zichichi. Vale a dire: il suo proposito di usare l’aviazione civile per diffondere nella stratosfera milioni di tonnellate di metalli elettroconduttivi; ufficialmente per ridurre il riscaldamento globale. Teller ritenne che anche l’aviazione militare potesse essere usata per nebulizzare a bassa quota queste particelle tossiche nell’aria.

Detto e fatto qualche anno più tardi, nel 2001, a seguito dell’accordo Italia-U.S.A. definito “Piano dettaglio accordo Italia U.S.A. sul clima”, correlato all’inganno universale del cosiddetto “riscaldamento globale”. Si tratta di accordi internazionali, indirizzati a costituire un alibi per le inevitabili violente mutazioni climatiche che la diuturna diffusione di metalli e polimeri in atmosfera ha determinato. Tra questi un innaturale “effetto atmosfera” indotto proprio dalle cosiddette “scie chimiche” e dalle emissioni elettromagnetiche. La stessa NASA, pur definendole in modo menzognero “contrails” ovvero “scie di condensazione”, imputa a queste coperture artificiali un riscaldamento anomalo della bassa atmosfera.

Il 19 luglio 2001 nel corso del G8 a Genova, durante la mattanza della pacifica popolazione giunta da gran parte d’Italia e l’omicidio di Carlo Giuliani – con il fascista Fini in cabina di regia – i capi di governo Usa (BushGeorge W. ) & Italia (Berlusconi Silvio) sottoscrivono un accordo segreto sulla sperimentazione climatica in Italia.

Nel Belpaese come al solito non vi è traccia di un evento militare così pericoloso e compromettente per il sistema di potere. La popolazione viene mantenuta all’oscuro di tutto, mentre si mandano in onda disinformatori sgangherati, pennivendoli prezzolati e negazionisti quotati in tivvù.

Attingo le informazioni cruciali dalla White House e dal Dipartimento di Stato USA, anche se il “Clear Skies Iniziative” è top secret. Lo scandalo Watergate – fatto emergere da due giornalisti statunitensi – per fortuna ha aperto una breccia negli States: lì almeno la trasparenza politica è leggermente visibile, mentre nello Stivale è appunto solo apparenza cartacea. Ecco, tra l’altro, cosa è scritto nel sito web della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato a Washington, a differenza di quello che non compare nel portale di Palazzo Chigi e del Quirinale: « On July 19, 2001, President George W. Bush and Prime Minister Silvio Berlusconi pledged that the two countries would pursue joint research programs on climate change and low-emission technology development. On January 22, 2002, the Italian Ministry of the Environment and Territory, the U.S. Department of State and the White Office of Science and Technology Policy agreed to promote scientific and technological cooperation…».

Dunque, cambiamenti climatici indotti e collaborazione, si fa per dire della serie USA l’Italia. Dalla documentazione delle autorità nordamericane emerge che in questa vasta operazione gestita in prima battuta dalPentagono, dalla Nasa e dalla Nato, sono coinvolte addirittura le industrie e le multinazionali più inquinanti al mondo: Exxon Mobil, BP Amoco, Shell, Eni, Solvay, Fiat, Enel, eccetera. Tutti insieme appassionatamente, compreso il settore scientifico: università italo-americane, Enea, Cnr, INGV, Arpa e così via. Insomma, controllori e controllati. L’Enacaddirittura ha partecipato ad un test “chemtrails” in Italia insieme a Ibm, ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Aeronautica e ovviamente Nato.

Nell’allegato 4 (“Cooperazione Italia-USA su scienza e Tecnologia dei Cambiamenti Climatici), oltretutto si legge: «sviluppo di nuovi sistemi per la realizzazione di esperimenti di manipolazione dell’ecosistema che permettano di esporre la vegetazione a condizioni ambientali simili a quelle attese in scenari di cambiamento globale; 2. lo studio, l’analisi e la comprensione dei principali meccanismi di risposta della vegetazione e degli ecosistemi mediterranei ai diversi fattori di cambiamento (temperatura, precipitazioni ed aumento della concentrazione di CO2 atmosferica); 3. la quantificazione degli effetti complessivi del cambiamento sulla produttività e sulla vulnerabilità degli ecosistemi (fertilizzazione da CO2, variazione della disponibilità idrica ed aumento di temperatura). In dettaglio le attività saranno: 1. l’esecuzione di attività di ricerca eco-fisiologica su diversi siti sperimentali italiani dove vengono modificate artificialmente le condizioni ambientali a cui è esposta la vegetazione 2. l’approfondimento e la migliore conoscenza dei meccanismi di risposta delle piante attraverso la misura diretta dello scambio gassoso in condizioni di pieno campo 3. la verifica in campo di ipotesi sviluppate nell’ambito di esperimenti di laboratorio 4. la progettazione di tecnologie per la manipolazione delle condizioni ambientali con particolare riferimento al controllo della temperatura e della concentrazione atmosferica di CO2 Italia e Stati Uniti collaborano già da tempo su queste tematiche e hanno sviluppato insieme progetti di ricerca e metodologie sperimentali. Questo WP si inserisce anch’esso fra gli obiettivi del Progetto CARBIUS nella prospettiva di fornire elementi conoscitivi utili per prevedere le future traiettorie della risposta globale degli ecosistemi terrestri al cambiamento globale. Questa risposta sarà studiata ed analizzata in termino di produttività e di vulnerabilità con esplicito riferimento al futuro ruolo dei sink biosferici e alla loro capacità di sequestrare Carbonio…».

Se non c’è non niente di pericoloso per la salute collettiva, perché nascondere ed occultare? Forse perché la vasta e complessa operazione va ad intaccare i cicli biologici e compromette la qualità della vita. A livello politico l’iniziativa, almeno durante il Governo Berlusconi è stata gestita dal ministro Altero Matteoli, di professione ragioniere, ma anche dal redivivoCorrado Clini. A livello tecnico (CNR), in prima linea c’è soprattuttoFranco Prodi, fratello di Romano Prodi. Lo stesso Franco Prodi che in un’intervista del giornale AAM TERRA NUOVA (numero 229 del 23 maggio 2008) nell’articolo intitolato “Allarme scie chimiche: cosa c’è di vero?” ha sostenuto ovviamente:

«Non mi consta che esistano esperimenti militari con dispersione di aerosol, tanto meno a danno della popolazione. Se ci fossero, sono certo che noi l’avremmo comunque saputo».

Chi è Franco Prodi? Un lancio d’agenzia giornalistica, ai tempi dell’ultimo governo Prodi, informa che «Il consiglio dei ministri di ieri ha confermato il professor Franco Prodi, fratello del premier, alla presidenza dell’Istituto del Cnr che studia la scienza dell’atmosfera e del Clima».

Proprio nel l 2003 il ministro della difesa, Antonio Martino, ha autorizzato le forze aeree USAF a sorvolare lo spazio italiano per provvedere alle irrorazioni chimiche, come da accordo USA l’Italia.

Tutto torna. Non a caso, il primo atto parlamentare (interrogazione a risposta scritta 4-05922) sull’aerosolterapia bellica in Italia risale al 2 aprile 2003. Ed è stato indirizzato da un deputato dell’allora PDS, ovvero da Italo Sandi al ministro della Salute. Dopo 11 anni, quell’atto interrogativo non ha ancora avuto una risposta da ben 6 Governi tricolore (Berlusconi, Prodi, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi). Matteo Renzi si è limitato ad annunciare in televisione (al programma Ballarò della Rai) addirittura il trattamento sanitario obbligatorio agli iscritti del Pd che si azzardano a parlare di scie chimiche). Insomma, censura di potere da rispedire al mittente.

Anche una successiva interrogazione a risposta orale a firma degli onorevoli (PDS) Piero Ruzzante e Italo Sandi (interrogazione a risposta orale 3-02792 presentata lunedì 27 ottobre 2003 nella seduta 379 al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute, al Ministro della difesa, attende ancora una spiegazione dal Governo italiano.

Nel 2005 una risposta ambigua, menzognera e contraddittoria è stata fornita dal ministro della Difesa Antonio Martino.

Le leggi della fisica non sono mere opinioni. Le scie di condensa si formano notoriamente al di sopra degli 8 mila metri di altitudine, con meno 40 gradi centigradi e umidità inferiore al 70 per cento.

Anche l’interrogazione a risposta scritta 4-05994 depositata da Katia Belillo giovedì 20 dicembre 2007 nella seduta numero 262, e indirizzata al ministro della Salute, non ha avuto alcuna risposta dal governo di centro sinistra e dai governi di centro destra. Se è tutto a posto, e non c’è alcun problema, allora perché chi governa lo Stato non risponde a simili interrogativi?

A parte il ministro Alfonso Pecoraro Scanio – un verde di facciata – che ha fornito una spiegazione menzognera, al ministro Antonio Di Pietro in una trasmissione televisiva è scappato di bocca quanto segue:

Qui sotto riporto i termini esatti pronunciati da Antonio Di Pietro alla televisione locale Canale Italia. Parole con le quali egli ammette con evidente imbarazzo l’esistenza delle scie chimiche attribuendole, con un incredibile giro di eufemismi, all’attività militare delle basi USA-NATO presenti nel nostro territorio.

Domanda del telespettatore: Mi piacerebbe che lei facesse chiarezza davanti a tutti gli italiani e a tutto il Parlamento su due elementi fondamentali che assillano gli italiani, e poi vorremmo sapere come mai degli aerei della NATO ci sorvolano sopra la testa rilasciando scie chimiche con metalli pesanti e bario?

Di Pietro: «Immediatamente, sul signoraggio bancario questo è uno scandalo davvero, il signoraggio bancario è peggio di un’ estorsione, è peggio di un’estorsione proprio perché legalizzato. Con riferimento invece alla questione degli aerei qui è un problema ancora più complesso; i nostri spazi, ma non solo i nostri spazi, i nostri siti marini e terrestri ancora oggi sono occupati (Soru sta facendo una grande battaglia), sono occupati da realtà militari non italiane. Ora, che ci debba stare dislocato nel territorio mondiale dei luoghi di ammassamento, accumulamento e detenzione, per l’amore di Dio, ma che debba essere tutto questo fatto senza nemmeno il coinvolgimento, noi in Italia non sappiamo neanche se e quante bombe atomiche abbiamo».

Conduttore della trasmissione: Pare che ce ne siano …

Di Pietro: «Ce ne siano …».

Conduttore della trasmissione: Pare, si è parlato di Aviano, insomma …

Di Pietro: «Ma non è possibile che altri decidano per noi, è una limitazione di sovranità, dopo di che tutti noi dovremmo assumerci le nostre responsabilità, ci mancherebbe altro. Tutti quanti vorremmo, io sento dire molte persone, non ci deve stare … ho sentito anche in alcune discussioni di programmi la polizia deve essere disarmata; eh mi piacerebbe pure a me».

Mister Di Pietro non ha negato l’esistenza delle scie chimiche, e ciò nel linguaggio dei politicanti è già fin troppo esplicito, ma ha pure tirato in ballo le basi USA-NATO affermando che lì fanno quello che vogliono. Ha poi giustificato questa triste realtà facendo intendere che purtroppo, come la polizia ha bisogno delle sue armi, così gli eserciti hanno bisogno delle loro.

15 anni fa il Parlamento europeo con delibera A 4-0005/99 del 14 gennaio 1999 si e espresso contro le sperimentazioni HAARP (con base in Alaska-Usa ed impianti fissi e mobili diffusi in gran parte della Terra). Come si evince dal report 2013 dell’Agenzia europea per l’Ambiente “Air Quality in Europe”, il vecchio continente è pesantemente inquinato. La spettrometria e lo spettroscopia ha evidenziato nell’aria che i popoli europei respirano attualmente mistere di veleni tossici, aerosol di dimensioni microniche e submicroniche.

L’aerosolterapia bellica coattiva, infatti, ha pesanti ripercussioni sulla salute e sull’ambiente. Le sostanze tossiche utilizzate per le operazioni di aerosol sono composte da metalli, polimeri, silicati, virus e batteri. L’alluminio, notoriamente (un fattore determinante nell’Alzheimer) è una sostanza neurotossica che danneggia sia il sistema nervoso centrale, che i processi omeostatici cellulari. L’’intossicazione di metalli, soprattutto il bario, produce un abbassamento delle difese immunitarie. Alluminio e bario modificano il ciclo vegetale ed uccidono la flora batterica dei terreni.

La diffusione in atmosfera di metalli pesanti come bario, alluminio, manganese etc. costituisce il colpo finale all’ambiente ed alla salute umana, giacché questi elementi chimici sono neurotossici e perciò inducono patologie neudegenerative come il Parkinson, l’Alzheimer, la Sla, nonché leucemie, tumori, malattie respiratorie gravi come la bronchiolite costrittiva.

L’unico punto ancora determinare è il livello di inquinamento e il grado di compromissione della salute collettiva. Che influenza che le operazioni di scie chimiche dal 2003 ad oggi hanno avuto sulla salute pubblica e sulle singole persone, in particolare a danno dei bambini? Quali malattie infettive dell’apparato respiratorio sono state già provocate dalle scie chimiche? Quali allergie sono state scatenate dall’intossicazione acuta e cronica da metalli pesanti?

La Corte costituzionale con la sentenza del 24 maggio 1977 numero 86 ha sancito che «il segreto può trovare legittimazione solo ove si tratti di agire per la salvaguardia di supremi, imprescindibili interessi dello Stato (quali l’indipendenza nazionale, l’unità e indivisibilità dello Stato, la democraticità dell’ordinamento), la Corte dichiara che mai il segreto potrebbe essere allegato per impedire l’accertamento di fatti eversivi dell’ordine costituzionale».

Naturalmente, non è il caso di questo avvelenamento di massa perpetrato per 12 anni, da chi controlla lo Stato italiano addirittura dall’estero, violando apertamente l’articolo 32 della Costituzione repubblicana, calpestando la Convenzione europea di Aarhus del 1998 (ratificata dalla legge dello Stato italiano 108 dell’anno 2001).

Ebbene si, fu proprio Berlusconi ad aver dato l’autorizzazione agli Usa ai tempi di Bush, di irrorare i nostri cieli per le loro sperimentazioni 

5786.- C’è ancora un’autorità morale di Washington?

La cessione delle bombe cluster vietate dalla Convenzione dell’ONU, quella dei cacciabombardieri atomici F-16, hanno richiamato l’attenzione sulla politica del governo USA e sulla sua autorità morale all’interno della NATO. Di quale autorità morale vogliamo parlare, di quella di un popolo perennemente in guerra? Di quella della cocaina e della marjuana alla Casa BIanca? Di un Paese dove la sanità è per chi i soldi li ha? Di chi ha fatto della destabilizzazione delle nazioni la strategia del suo primato? Di chi ha ceduto la propria sovranità monetaria a soggetti sovranazionali che gli hanno ammazzato un Presidente, che, ieri, gliene hanno sostituito un altro e, oggi, impongono all’umanità, a suon di bombe, i loro esperimenti medicali vietati dalla Convenzione di Norimberga e, addirittura, il numero totale di individui sulla Terra, comodo ai loro interessi viziosi?  Sembra che ogni Presidente degli Stati Uniti, a prescindere dalla sua appartenenza politica, debba assolutamente fare almeno una guerra durante il proprio mandato. Per magra fortuna, conosciamo abbastanza il popolo americano per non disperare del domani.

Dal NYT: Kiev ha perso il 20% delle sue armi nelle prime settimane della controffensiva 

Redazione Adnkronos, 16 luglio 2023

Ucraina, controffensiva Kiev: le perdite secondo il New York Times

Ucraina, controffensiva Kiev: le perdite secondo il New York Times

“Nelle prime settimane della controffensiva ucraina, le forze di Kiev hanno distrutto o danneggiato il 20% degli armamenti e veicoli a loro disposizione. Lo riporta il New York Times, sottolineando che questo ha spinto Kiev a ripensare la sua strategia e rallentare il ritmo, con le perdite scese al 10%, con l’obiettivo di “preservare di più le truppe e gli armamenti necessari per la grande spinta offensiva che gli ucraini affermano deve ancora venire”.

Gli ucraini, spiega ancora il quotidiano americano, hanno cambiato tattica concentrandosi maggiormente nel martellare le forze russe con artiglieria e missili a lunga gittata. Ma è anche vero – conclude il New York Times – che si è rallentato il ritmo delle perdite perché la controffensiva stessa si è rallentata, in alcune parti completamente fermata, con gli ucraini che hanno difficoltà di fronte alle linee difensive russe. “

Questa notte c’è stato il tentativo di una offensiva ucraina a Pethatki, in Donbass. Il tentativo è stato più che fallimentare. Più di 1500 morti ucraini e un terzo di tutti i veicoli persi. Inoltre, dall’esercito russo, è stato fatto saltare un palazzo dove si trovavano alti ufficiali ucraini e NATO. I soldati della brigata d’assalto ucraina “Edelweiss” si sono arresi in massa.

Ancora nella notte, l’Ucraina ha attaccato con droni marittimi il ponte di Crimea. Morti uomo e una donna che transitavano in auto sul ponte, mentre la loro figlia, di 14 anni, è rimasta ferita e orfana. Il traffico stradale è bloccato e le autorità hanno avvertito la cittadinanza di cercare strade alternative. La circolazione dei treni riprenderà in mattinata.

Da © Agenzia Nova – Riproduzione riservata

L’attacco subito questa mattina dal ponte di Crimea è stato sferrato da droni marittimi. Lo sostiene il canale Telegram russo “Ru-Voenkory” (Corrispondenti di guerra russi), ore dopo le due esplosioni che hanno scosso la principale arteria stradale e ferroviaria che collega la penisola alla Russia meridionale. Il ministero della Salute del territorio russo di Krasnodar ha confermato che a causa delle esplosioni, verificatesi attorno alle 3:04 e alle 3:20 (ora locale), hanno perso la vita un uomo e una donna che transitavano in auto sul ponte, mentre la loro figlia, di 14 anni, è rimasta ferita. La famiglia era di Belgorod, città russa al confine con l’Ucraina nord-orientale, spesso soggetta negli ultimi mesi ad attacchi ucraini con missili e droni.

Ucraina-Russia, bombe a grappolo e controffensiva Kiev: come cambia la guerra. La Russia avanza a Kupyansk.

(Adnkronos) – Le bombe a grappolo inviate dagli Usa all’Ucraina sono arrivate ai difensori al fronte, ha spiegato Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca. Intanto però Kiev ammette che la Russia avanza a Kupyansk e che le forze ucraine sono sulla difensiva in una fase cruciale della guerra. 

“Ci sono combattimenti furiosi e le posizioni delle parti cambiano dinamiche più volte nello stesso giorno”, ha dichiarato la vice ministra ucraina della Difesa, Hanna Maliar, riconoscendo che i russi “stanno attivamente avanzando” nei pressi della città di Kupyansk, nella regione nord orientale di Kharkiv, da due giorni di seguito. “Noi siamo sulla difensiva”, ha aggiunto. Maliar ha anche spiegato che le due parti si stanno scontrando intorno a Bakhmut, con le forze ucraine “che stanno gradualmente andando avanti sul fianco meridionale”.  

“Avevamo detto prima che questa controffensiva iniziasse che sarebbe stata difficile, ed è difficile, questa è la natura della guerra, ma gli ucraini continuano ad andare avanti”, ha detto Sullivan, negando però che la controffensiva si sia arenata in una situazione di stallo. “Stiamo continuando a fornire loro le armi e la capacità necessarie e loro continueranno a cercare di riprendere il territorio che la Russia ha illegalmente occupato”, ha aggiunto, intervistato da Abcnews, facendo riferimento a quelli che definisce “progressi sia ad Est che a Sud”.  

Mentre per il presidente russo Vladimir Putin “tutti i tentativi del nemico di sfondare le nostre difese non hanno avuto successo durante l’intera offensiva. Il nemico non ha successo”, ha affermato il leader del Cremlino. “Le nostre truppe si stanno comportando in modo eroico”, ha aggiunto il presidente russo, in un’intervista a Rossiya 1. “Inaspettatamente per il nemico, in alcune zone loro stesse passano all’offensiva, prendono le posizioni più vantaggiose”, ha detto ancora.  

Biden chieda scusa ai contadini ucraini o russi che salteranno in aria sulle sue maledette bombe

Sullivan ha confermato, intervistato dalla Cnn, che le forniture Usa delle controverse bombe a grappolo sono state già consegnate agli ucraini. “Sono state rapidamente inviate e sono nelle mani dei difensori ucraini al fronte”, ha dichiarato. Riguardo al loro effettivo utilizzo, Sullivan ha detto che “se non sono state già dispiegate ora, lo saranno nelle prossime ore o giorni”.  

Poi è tornato a difendere la decisione di Joe Biden di inviare questo tipo di bombe, considerate estremamente pericolose per i civili e per questo vietate da una convenzione firmata da oltre 100 Paesi, facendo riferimento al fatto che sono “basse” le scorte di munizioni negli arsenali Usa.  Non solo, ma con il parere contrario degli “alleati”.

Per Sullivan, “la nostra autorità morale e quella dell’Ucraina in questo conflitto viene dal fatto che stiamo sostenendo un Paese che affronta un brutale, feroce attacco da parte di un vicino, con missili e bombe che piovono sulle sue città, uccidendo civili, distruggendo scuole, chiese e ospedali”. Sullivan, intervistato da Nbc, ha replicato a chi afferma che Washington ha perso la sua autorità morale fornendo a Kiev le controverse bombe a grappolo, bandite dalla convenzione firmata da oltre 100 Paesi, ma non da Stati Uniti, Russia e Ucraina.  

Davvero stiamo sostenendo un Paese innocente che affronta un brutale, feroce attacco? Falsi. Quanto vale la morale di un leader che sguazza nel ridicolo? ndr.

“Trovo discutibile l’idea che fornire all’Ucraina un’arma per difendere la propria terra, proteggere i civili sia in qualche modo una sfida alla nostra autorità morale”, ha poi aggiunto. “Io dico che ci stiamo facendo avanti per dare all’Ucraina quello di cui ha bisogno per non essere senza difese di fronte alla carneficina della Russia, non lasceremo l’Ucraina senza difese”, ha continuato il consigliere di Biden. Sullivan ha comunque spiegato che l’amministrazione Biden non intende “ricostituire gli arsenali” delle controverse bombe, concentrandosi sulla produzione di altre munizioni.  

Putin ha avvertito che la Russia si riserva il diritto di utilizzare bombe a grappolo in risposta al loro utilizzo da parte dell’Ucraina. Intervistato dal canale Russia 1, il presidente russo ha sostenuto che Mosca finora non ha mai usato questo tipo di munizioni. “In Russia esiste uno stock sufficiente di vari tipi di bombe a grappolo, di vario genere. Fino ad ora non l’abbiamo fatto, non l’abbiamo utilizzato e non ne abbiamo avuto tale necessità”, ha detto. Ma ha ribadito che se verranno usate contro la Russia, si riserva “il diritto di rispecchiare le azioni”, si legge sulla Tass.  

Putin ha poi affermato che la fornitura di bombe a grappolo da parte degli Stati Uniti e il loro utilizzo da parte di Kiev devono essere considerati un crimine. “La stessa amministrazione americana ha dato una valutazione di queste munizioni per bocca dei suoi dipendenti qualche tempo fa – ha dichiarato – quando l’uso di munizioni a grappolo è stato definito un crimine dalla stessa amministrazione americana. Penso che sia così che dovrebbe essere trattato”. 

5782.- Biden il guerrafondaio sfida Putin alla guerra nucleare, ma in Europa.

Ci porta dritti, dritti alla guerra atomica. Questo non è un alleato. Siete disposti a crepare per lui? Ecco il risultato dell’appecoronamento degli europei a Vilnius. Questo ….. americano destina altri 3.000 soldati in Europa al fine di “rafforzare la sicurezza europea” – dice – e ne ha già più di 100.000; dà a Kiev le bombe a grappolo, che soltanto USA, Ucraina e Russia non hanno vietato; invita all’invio di caccia F-16 all’Ucraina, che Putin non vuole; preme con la NATO sulle frontiere russe.

L’Italia è occupata. Ospita più di 110 basi e 20.000 militari USA: ad Aviano, i loro F-16V e, tra Aviano, Ghedi, Pisa e Sigonella, più di un centinaio di testate nucleari … e saremmo alleati! C’è solo da sperare che la Federazione Russa colpisca per prima e non in Europa. Fack Biden! Viva Trump!

Svolta sugli F-16: cade il veto Usa sui caccia occidentali

Da Insideover, di Federico Giuliani , 19 MAGGIO 2023

Via libera degli Stati Uniti agli alleati europei per l’invio dei caccia F-16 all’Ucraina. L’amministrazione guidata da Joe Biden avrebbe comunicato di non opporsi ad un eventuale trasferimento a Kiev dei suddetti jet, in dotazione a varie nazioni dell’Europa. L’indiscrezione, riportata dalla Cnn, è emersa da fonti della delegazione Usa presenti al G7 in corso a Hiroshima in Giappone. 

La mossa della Casa Bianca arriva nel momento in cui l’amministrazione statunitense sta subendo pressioni da parte di Democratici e Repubblicani per aiutare Volodymyr Zelensky a procurarsi aerei in una fase delicata della guerra, mentre gli attacchi russi danno l’impressione di intensificarsi. 

Eppure, fino a poche ore fa, Washington dava l’impressione di essere molto scettica in merito al dinamismo europeo mostrato, in particolare, dal primo ministro britannico, Rishi Sunak, e dal leader olandese, Mark Rutte. Direttamente da Londra, i due leader hanno infatti lanciato una coalizione internazionale per aiutare il governo ucraino a procurarsi gli aerei da combattimento F-16. 

Un’iniziativa rilevante, ma che si sarebbe rivelata inutile senza la fumata bianca di Biden, visto che i jet in questione sono prodotti da Washington, e che i Paesi che li hanno in dotazione (25, per un totale di circa 3mila velivoli) devono ricevere l’autorizzazione Usaprima di trasferirli, eventualmente, all’Ucraina.

La decisione degli Usa su gli F-16

A quanto pare, l’azione congiunta di vari Paesi europei sugli Stati Uniti ha dato i suoi frutti. Washington, autorizzando l’invio degli F-16 all’Ucraina, ha così superato un’altra delle linee rosse che Biden aveva tracciato per evitare una escalation del conflitto. Come se non bastasse, questa mossa è rilevante perché la tecnologia a bordo di questi jet è di fabbricazione americana. 

Nel frattempo, un portavoce del dipartimento della Difesa Usa consultato dal sito Politico ha dichiarato che la Casa Bianca, pur avendo escluso l’invio diretto di aerei da combattimento a Kiev, non si opporrebbe a iniziative in tal senso da parte di Paesi terzi.

Altri passi in avanti potrebbero essere fatti nell’addestramento dei piloti. Secondo quanto riportato da Yahoo News, che ha ottenuto in esclusiva una valutazione interna dell’aeronautica americana, servirebbero solo quattro mesi per addestrare i piloti ucraininell’utilizzo dei caccia F-16, e cioè un lasso di tempo molto più breve di quanto immaginato in un primo momento. 

Il documento conterrebbe una valutazione dettagliata effettuata alla fine di febbraio e all’inizio di marzo presso la Morris Air National Guard Base di Tucson, in Arizona, sede del 162esimo Stormo della US Air Force.

Un F-16 Falcon americano ripreso da una cisterna volante nel 2023. Foto: Daniel Asselta/Us Air Force. 

Le ragioni dell’incertezza

Ci si potrebbe chiedere per quale motivo gli Stati Uniti abbiano cambiato idea sull’invio degli F-16 a Kiev soltanto adesso. L’analista militare Tom Cooper elenca alcune ragioni. 

Innanzitutto, tra le varie analisi, c’è da fare un discorso economico, visto che, a seconda del loro equipaggiamento, gli F-16 revisionati costano 30-40 milioni di dollari ciascuno, mentre un’ora del loro tempo di volo si aggira sui 40-70mila dollari. Sono poi stati concepiti per essere utilizzati con il supporto di agenzie di intelligence e altri supporti, senza i quali la loro utilità rischia di essere ridimensionata. 

Certo è che l’obiettivo dell’Ucraina consiste nel rafforzare il suo sistema di protezione aerea. E gli F-16, agli occhi di Kiev, risultano i mezzi più ideali, visto che sono in grado di intercettare i missili russi o effettuare attacchi mirati.

Sono anche vettori delle bombe nucleari all’idrogeno B-61-12. Attualmente i paesi europei parte del sistema di condivisione nucleare dell’Alleanza Atlantica – Germania, Belgio, Italia, Paesi Bassi e Turchia (?) – ospitano sul loro territorio le testate B61-12.

Fonte immagine: https://www.voltairenet.org/article193231.html

Ad ottobre il piano di sostituzione degli ordigni nucleari statunitensi in Europa è stato accelerato. Le bombe aggiornate dovrebbero già essere state consegnate. ra capite perché gli Stati Uniti le vogliono stanziare in Europa.

Ricordiamo, infine, che Washington e altri Paesi della Nato hanno progressivamente inviato a Zelensky razzi guidati, droni, carri armati, blindati e da ultimo missili a lungo raggio inglesi e francesi. Adesso potrebbe presto arrivare la volta degli F-16.

*****

L’ordine firmato dal presidente Biden è rimane rilevante perché designa per la prima volta l’”Atlantic Resolve” come un’operazione di emergenza, il che consente al Pentagono di richiamare riservisti e fornire con maggiore velocità assistenza e materiale alle truppe impiegate in Europa.  Già il 29 giugno 2022, il presidente Usa Biden aveva annunciato un rafforzamento delle operazioni militari statunitensi in Europa in occasione del summit di Madrid. Un impegno generale che ha interessato le operazioni di Washington in Polonia, Romania, Paesi baltici, Spagna, Regno Unito, Germania e Italia. Ripeto ITALIA.

Attenzione: Le squadre di combattimento della brigata corazzata Abct, assegnate ad Atlantic Resolve, non sono integrate come parte della Enhanced Forward Presence della Nato, in Polonia o negli Stati Baltici, dipendono direttamente dal Pentagono, quindi non sono forze controllate dal Comando europeo degli Stati Uniti (Eucom)”.

Lavrov: “Gli F-16 saranno considerati una minaccia nucleare”

Il ministro degli Esteri Russo lancia un messaggio agli Usa, sulla possibile fornitura all’Ucraina di aerei da combattimento in grado di trasportare anche armi nucleari. E all’indomani del vertice di Vilnius, fa sapere: Mosca risponderà “con tutti i mezzi” alle “minacce della Nato . Zelensky: ” Kiev più vicina che mai all’Alleanza, ma dovrà vincere la guerra”tempo di lettura: 3 min

Da AGI, di Luca Mariani, aggiornato il 13 luglio 2023

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© John Lamparski / NurPhoto / Afp 
– Sergey Lavrov 

AGI – Il fatto stesso della comparsa in Ucraina di caccia F-16 in grado di trasportare armi nucleari sarà considerato dalla Russia come una minaccia dall’Occidente in ambito nucleare. Lo ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov in un’intervista al quotidiano Lenta.ru. La notizia è rilanciata dalla Tass.

“Un esempio di sviluppo estremamente pericoloso è il piano degli Stati Uniti di trasferire aerei da combattimento F-16 al regime di Kiev. Abbiamo informato le potenze nucleari di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia che la Russia non può ignorare la capacità di questi aerei di trasportare armi nucleari armi. L’Ucraina sarà considerata da noi come una minaccia dall’Occidente nella sfera nucleare”, ha sottolineato Lavrov.

Per Lavrov gli Stati Uniti e i suoi satelliti Nato creano il rischio di uno scontro armato diretto con la Russia, che è irto di “conseguenze catastrofiche”. In Occidente, secondo Lavrov, stanno intraprendendo azioni che costringono ripetutamente la Russia a sottolineare i rischi di natura strategica, che sono generati da un’aggressiva politica anti-russa.

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F16 (Afp) 

Per Lavrov “la Russia condivide molte delle proposte dei partner per una soluzione in Ucraina, ma l’Occidente e Kiev rifiutano qualsiasi iniziativa di pace. Condividiamo molte delle proposte dei nostri partner. Ad esempio, come rispettare il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite, abbandonare la mentalità della guerra fredda, risolvere la crisi umanitaria, garantire la sicurezza delle centrali nucleari, porre fine alle sanzioni unilaterali, rifiutare l’uso dell’economia mondiale per scopi politici. Il regime di Kiev ha rifiutato direttamente e immediatamente la possibilità di negoziati basati su iniziative di pace proposte da Cina, Brasile e paesi africani”, ha affermato Lavrov.

Secondo il capo del ministero degli Esteri russo, Mosca ha studiato “molto attentamente” tutte le iniziative di pace ricevute. “Abbiamo tenuto consultazioni speciali con un certo numero di partner, discusso le loro idee in dettaglio. A metà giugno, a San Pietroburgo, il presidente Vladimir Putin ha ricevuto i capi di diversi stati africani. Abbiamo avuto un colloquio significativo con l’assistente del presidente del Brasile per gli affari internazionali Celso Amorim, che ha visitato la Russia a fine marzo”, ha aggiunto il ministro russo.

Tuttavia, come ha sottolineato Lavrov, a Kiev non hanno trovato niente di meglio che “chiedere prove di affidabilità a coloro che vorrebbero diventare un mediatore nel processo negoziale. In particolare, il ministro della Difesa ucraino Oleksiy Reznikov ha chiesto alla Cina di convincere la Russia a ritirare le sue truppe dall’Ucraina. Altrimenti, i contatti con i negoziatori cinesi sarebbero, secondo questa figura di Kiev, una perdita di tempo”, ha detto Lavrov.

Putin: “Colpiremo le basi F-16 anche fuori dall’Ucraina”

Di: Redazione Metronews

Colpiremo basi

Il presidente Vladimir Putin ha lasciato intendere che le forze russe potrebbero colpire eventuali basi degli F-16 destinati a Kiev, anche fuori dai confini ucraini.

Se i jet, «saranno in basi fuori dall’Ucraina, vedremo cosa fare di queste basi, come colpirle», ha minacciato Putin parlando al Forum di San Pietroburgo. «Esiste un rischio significativo per la Nato di essere trascinata ulteriormente nel conflitto», ha aggiunto. Riguardo alle forniture occidentali di F-16 all’Ucraina, uno dei temi è individuare basi sicure per il loro decollo, l’atterraggio ed eventuale riparazione, mentre diversi aeroporti ucraini sono stati bombardati dalla Russia. A volte viene menzionata l’idea di stazionare questi aerei nelle basi dei Paesi confinanti, parte dell’alleanza a sostegno di Kiev. «Certamente, la Nato è coinvolta nella guerra in Ucraina. I suoi carri armati, i Leopard bruciano e bruceranno anche gli F-16», ha aggiunto il presidente russo.

Caccia F-16

“Colpiremo basi F-16 ovunque”

«Distruggere un qualsiasi edificio al centro di Kiev non costa nulla, ma non lo facciamo per una serie di considerazioni». Il monito ulteriore arrivato da Putin nel suo intervento a San Pietroburgo. Commentando gli attacchi ucraini sul territorio russo, compresi i droni sul Cremlino a Mosca, Putin li ha definiti come «tentativi di provocare gravi azioni di ritorsione da parte della Russia». «Se abbiamo distrutto cinque complessi Patriot vicino Kiev, cosa ci costa distruggere un qualsiasi edifico o infrastruttura a Kiev?», ha aggiunto. E in effetti sulla capitale ucraina si è scatenato un massiccio attacco. «Così la Russia ha voluto salutare la delegazione africana, arrivata proprio oggi in missione diplomatica a Kiev – ha detto Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri ucraino – Putin sta “costruendo fiducia” lanciando il più grande attacco missilistico su Kiev nelle ultime settimane, proprio sullo sfondo della visita dei leader africani nella nostra capitale». La missione vede le delegazioni di sei paesi – Zambia, Senegal, Congo-Brazzaville, Uganda, Egitto e Sudafrica – in visita prima a Kiev e poi a Mosca.

5780.- Biden ordina l’invio di riservisti in Europa a sostegno di Nato e Ucraina e le cluster bomb

Agli USA piace far la guerra in Europa, a sostegno di qualcuno. Il continente è una caserma e un campo di battaglia.

Lo scopo è di rafforzare l’operazione Atlantic Resolve, lanciata dall’Alleanza atlantica nel 2014 in risposta all’annessione della Crimea da parte della Russia

Washington, 14 Luglio 2023. Da Agenzia Nova – Riproduzione riservata. Commenti di associazioneeuropalibera.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato ieri un ordine esecutivo che autorizza l’invio di 3mila riservisti delle forze armate statunitensi in Europa, a sostegno della Nato e in risposta al conflitto in Ucraina.

Lo scopo dell’ordine, ha spiegato il presidente, è di rafforzare l’operazione Atlantic Resolve, lanciata dalla Nato nel 2014 in risposta all’annessione della Crimea da parte della Russia. “Sin dal 2014 il Comando Usa in Europa ha fornito forze adeguate al combattimento per lo schieramento a rotazione in Europa (…) a dimostrazione del nostro impegno nei confronti della Nato”, ha commentato il tenente generale Douglas Sims, direttore delle operazioni dello stato maggiore congiunto Usa.

“Questo (provvedimento) riafferma il nostro sostegno e impegno incrollabili a difesa del fianco orientale della Nato in risposta alla guerra illegale e non provocata della Russia all’Ucraina”.

Il generale Tarnavskij: “Abbiamo ricevuto le munizioni a grappolo dagli Usa”

“Non le abbiamo ancora usate, ma potrebbero cambiare radicalmente la situazione sul campo di battaglia.

L’Ucraina ha già ricevuto le munizioni a grappolo dagli Stati Uniti ma non li ha ancora usati contro la Russia. Lo ha detto il comandante del gruppo operativo strategico delle truppe Tavria, generale Oleksandr Tarnavskij, intervistato dall’emittente “Cnn”. “Le abbiamo appena ricevute (munizioni a grappolo), non le abbiamo ancora usate, ma potrebbero cambiare radicalmente la situazione sul campo di battaglia”, ha affermato il generale. Secondo Tarnavskij, la Russia capisce che dopo aver ricevuto queste munizioni, l’Ucraina avrà un vantaggio. Inoltre, il comandante ha aggiunto la decisione dove esattamente queste munizioni possono essere utilizzate spetta al comando ucraino. Tarnavskij ha specificato che ci sono le restrizioni sull’uso delle munizioni in aree densamente popolate, anche se si trovano sotto il controllo delle forze russe. “I russi pensano che le useremo in tutti i settori del fronte. Questo non è corretto. Tuttavia, i russi sono molto preoccupati”, ha concluso il generale.

Le cluster non sono armi di distruzione di massa e Biden non rischia l’impiccagione

Le munizioni a grappolo (cluster) sono armi di grandi dimensioni, lanciate da aeromobili oppure da sistemi di artiglieria, lanciarazzi e lanciamissili, che si aprono a mezz’aria spargendo ad ampio raggio centinaia (o, nel caso di quelle di artiglieria, decine) di submunizioni più piccole.

Le submunizioni sono progettate in modo da esplodere al momento dell’impatto al suolo. I tassi di mancata esplosione sono tuttavia legati non solo a fattori tecnici ma anche alle condizioni del terreno e all’altezza da cui sono lanciate. Ne consegue che nel caso in cui le submunizioni non funzionino come previsto, esse si depositano nel terreno, diventando particolarmente pericolose, dal momento che possono esplodere al minimo tocco o spostamento. Di fatto le submunizioni inesplose si comportano come mine antipersona.

La questione essenziale è stata a lungo se la produzione e l’utilizzo delle munizioni cluster costituisse una violazione del diritto internazionale.

La questione è stata risolta con l’adozione nel 2008 della:

Convenzione sulle munizioni a grappolo.

Alcune bombe a grappolo inesplose in attesa della rimozione

Dopo 10 anni di difficile iter parlamentare, il 31 dicembre 2022 è diventato concretamente operativo il divieto di finanziare le imprese produttrici di mine antipersona e di munizioni a grappolo.

Apertura alla firma: 30 maggio 2008

Entrata in vigore: 1 agosto 2010

Durata: illimitata

Governi depositari: Segretario Generale dell’ONU

Obblighi: (a) Ciascuno Stato membro s’impegna a distruggere o assicurare la distruzione di tutte le munizioni a grappolo menzionate nel paragrafo 1 del presente articolo il più presto possibile, ma non più tardi di otto anni dopo l’entrata in vigore della presente Convenzione per tale Stato parte. Ciascuno Stato membro s’impegna a vigilare a che i metodi di distruzione rispettino le norme internazionali applicabili per la protezione della salute pubblica e dell’ambiente. (art. 3.2).

(b) Ciascuno Stato membro s’impegna a rimuovere e a distruggere, ad assicurare la rimozione e la distruzione, i residui di munizioni a grappolo situati nelle zone contaminate dalle munizioni a grappolo e sotto la propria giurisdizione o il proprio controllo (art. 4.1).

(c) Ciascuno Stato membro con riferimento alle vittime di munizioni a grappolo nezzo zone sotto la propria giurisdizione o il proprio controllo fornirà, conformemente al Diritto internazionale umanitario e al Diritto internazionale dei diritti umani applicabile, una assistenza che prenda in considerazione l’età e le specificità di genere, che includa cure mediche, riabilitazione e sostegno psicologico, oltre a provvedere alla loro inclusione sociale ed economica. Ciascuno Stato membro dovrà compiere ogni sforzo per raccogliere dati affidabili e pertinenti riguardo le vittime di munizioni a grappolo (art. 5.1).

(d) Ciascuno Stato membro in condizione di farlo fornirà assistenza tecnica, materiale e finanziaria agli Stati parte affetti dalle munizioni a grappolo, al fine di implementare le obbligazioni contenute nella presente Convenzione. Questa assistenza può essere fornita, inter alia, attraverso l’assistenza degli organismi delle Nazioni Unite, delle organizzazioni o istituzioni internazionali, regionali o nazionali, delle organizzazioni o istituzioni non governative oppure su base bilaterale (art. 6.2).

(e) Gli Stati membri convengono di consultarsi e cooperare riguardo l’applicazione delle disposizioni della presente Convenzione, e di lavorare in uno spirito di cooperazione al fine di facilitare il rispetto, da parte degli Stati membri, degli obblighi derivanti dalla presente Convenzione (art 8.1).

Recesso: Ogni Stato membro avrà, nell’esercizio della propria sovranità nazionale, diritto a recedere da questa Convenzione. […] Il recesso avrà effetto dopo sei mesi dalla comunicazione al depositario, a meno che lo Stato che eserciti tale diritto sia impegnato in un conflitto armato. In tal caso, il recesso non potrà avere effetto prima della conclusione del conflitto armato. (art 20.2).

Conferenze di riesame: Ai sensi dell’art.12, una Conferenza di riesame sarà convocata dal Segretario Generale delle Nazioni Unite cinque anni dopo l’entrata in vigore della presente Convenzione.

Assemblea degli Stati Membri: L’art.11 dispone che gli Stati Membri dovranno incontrarsi con regolarità per esaminare ogni eventuale questione relativa alla applicazione o implementazione di questa Convenzione.

Così fu scritto, ma, poi … A quando una guerra sul territorio americano?