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3928.- Come violenza, occupazione abusiva danneggiamento, minacce, si sono radicati in Italia e come li sostiene Bergoglio

In calce, la sentenza n. 301/2017 del Tribunale di Genova

Ladra di case seriale: nigeriana prende a catenate e a morsi troupe e proprietari. Video sconvolgente

Dal secolo d’Italia, mercoledì 14 Aprile 13:51 – di Alberto Consoli

Aggredita troupe di Fuoridalcoro dall’abusiva nigeriana a Monastier Graffi e morsi per il nostro operatore. Tweet di Eugenia Fiore

“Ti faccio ammazzare”, poi morsi, catenate sulla testa. Un’aggressione sconvolgente ai danni della troupe di Fuori dal CoroMario Giordano ha voluto mostrare il video integrale dell’accaduto: i suoi inviati  stavano lavorando a un servizio sull’occupazione di case private, filone d’inchiesta che il conduttore di Rete 4 segue da tempo. In particolare è la casa di una giovane coppia presente in studio ad  essere occupata da una donna nigeriana estremamente violenta. Gli operatori la individuano e le pongono domande ricevendo da lee e dal suo compagno  colpi con una catena di metallo. “Non avete diritto di farci domande”, ripetono i due comportandosi come i padroni della casa che stanno occupando illegalmenteL’uomo ha poi  mandato in frantumi un finestrinodell’auto di servizio della trasmissione. E, per la foga, ha colpito un passante che stava assistendo alla scena. Hanno cominciato a sibilare: “Tu non hai capito chi sono io”, “Io ti faccio ammazzare”, “Io ti ammazzo”, ha detto l’uomo minacciando la giornalista. Necessario l’intervento immediato delle forze dell’ordine. Il video (qui sotto) è un cazzotto allo stomaco.

Violenza inaudita dell’abusiva nigeriana

Il servizio è stato registrato a Cuneo, in zona IV novembre. “Abbiamo visionato le immagini che sono state acquisite anche dalla polizia: sono impressionanti, una violenza inaudita. Colpi di catena in mezzo alla strada, un’auto sfasciata, la giornalista investita dalle schegge di vetro del finestrino sfondato, con polso e mano sanguinanti”. Il conduttore ha definito quanto successo qualcosa di “impossibile”, “ma la cosa incredibile è che quel signore che avete visto con la catena e quella signora che gridava ‘ti ammazzo’ sono ancora liberi nella casa di due fidanzati che chiedevano aiuto perché sono stati espropriati dalla loro casa”.

Abimbola – questo è il nome dell’abusiva- è una vecchia conoscenza. la redazione di Fuori dal Coro l’ha inseguita anche in altro occupazioni. Ha il vizio delle occupazioni. Gli ospiti in studio sono sconvolti.

Ed è una realtà violenta e minacciosa, ovunque

Ci sono cittadini italiani che vivono, ogni giorno, questa violenza nelle case popolari, e che non possono fare niente perché li ha messi lì il Comune stesso. Più sei violento e più ti lasciano stare. Più sei buono e più tutti ne proffittano. Puoi fare tutte le denunce che vuoi, ma è evidente che le Forze dell’Ordine hanno ricevuto ordini. Meglio non chiamarle, perché non serve a niente. C’era un legge penale e c‘è una pena ridicola di 3.000 € :

Art. 581 c.p. Percosse.

Come vigente dal: 24/09/2020: 

  1. Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire tremila.
  2. Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.

Ma la domanda è: Perché il ministro Lamorgese aiuta gli stranieri anche a scapito degl’italiani? Appena ieri, abbiamo visto all’opera i manganelli sui ristoratori in piazza Montecitorio che chiedevano pietà per le loro famiglie e libertà di lavorare, mentre un delinquente può picchiare e minacciare con la catena tre cittadini davanti alla polizia, che lo tratto con timore e con frasi tipo “calmati”. Presidente, ma che Paese siamo diventati? Quelli di noi che più subiscono vorrebbero che si sottoscrivesse una richiesta di dimissioni del ministro Lamorgese e hanno sacrosanta ragione, ma siamo sicuri che la responsabilità sia da ascriversi soltanto al ministro e che, invece, non si sia davanti a una platea istituzionale vasta e a un reato in danno del popolo italiano? Un altro esempio:

Se censurare questo è razzismo!

Cosa dice la Costituzione

Articolo 42 Costituzione

La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.

La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti [cfr. artt. 4447 c. 2].

La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.

La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

Art. 14 Costituzione

Il domicilio è inviolabile [614615 c.p.].
Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale [244 ss., 316 ss., 332 c.p.p.; 118670 c.p.c.].

Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali..

Il presente articolo sancisce l’inviolabilità ed intangibilità del domicilio. La libertà all’interno del proprio domicilio costituisce una forma di espressione della libertà personale che lega la persona al luogo in cui svolge una parte consistente della sua vita, concretandosi nella proiezione spaziale della persona e delle sue libertà personali, mettendola al riparo da indebite ingerenze. Tale risvolto spiega perché essa sia assistita dalle stesse garanzie previste dall’articolo 13 relativo alla libertà personale dell’individuo.

La libertà di domicilio si esprime nel poter scegliere il luogo dove stabilire il proprio domicilio, nella libertà di svolgere al suo interno qualsiasi attività lecita, nel poter impedire a chiunque di farvi ingresso, se non autorizzato dalla legge.

Il concetto di domicilio va inteso in senso ampio, e quindi non solo come abitazione, ma anche luogo in cui si svolge la propria attività lavorativa, una dimora occasionale e persino la propria automobile. In sintesi, domicili va inteso come quello in cui si ha il poteree la possibilità di escludere la presenza di terzi, al fine di difendere i propri interessi affettivi, spirituali, culturali o sociali.

L’inviolabilità indica, in generale, il diritto di ciascuno ad una sfera privata e delimitata al riparo da ingerenze da parte di terzi. A presidio del suo rispetto il codice penale pone una serie specifica di disposizioni (614 ss. c.p.). Anche l’ordinamento comunitario detta una disposizione che tutela il domicilio, l’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, il quale lo accosta al “rispetto della propria vita privata e familiare“, con ciò stabilendo una tutela di più ampio respiro rispetto alla norma in esame. La nostra giurisprudenza, al contempo, ha esteso la portata del concetto di “domicilio” arrivando ad includervi, tra gli altri, l’ufficio e la sede di un’associazione privata.
La libertà di domicilio è inoltre riconosciuta a tutte le formazioni sociali, che, nel rispetto delle legge, possono ivi riunirsi o associarsi.

Per quanto concerne le limitazioni, non possono essere eseguiti sequestri, perquisizioni ed ispezioni se non nei modi e nei casi stabiliti dalle leggi.

In particolare, anche la tutela del domicilio è garantita da una riserva di legge assoluta e rinforzata e da una riserva di giurisdizione, di modo che solo la legge può stabilire quando e come la libertà in esame può essere sacrificata e solo l’autorità giudiziaria, con provvedimenti motivati, può deciderne, concretamente, il sacrificio.

Tuttavia, l’inviolabilità del domicilio è esclusa quando, per motivi di sanitàincolumità pubblica o a fini economici o fiscali, è necessario procedere ad accertamenti o messe in sicurezza.

Non è comunque ammessa l’adozione di misure coercitive di al tipo senza un provvedimento preventivo o successivo da parte dell’autorità giudiziaria.

La depenalizzazione di Renzi e un’esperienza personale

I vari Lamorgese accolgono e abbandonano, ma chi e quanti accolgono? A Dolo, in un cavedio della caldaia a gas del duomo monumentale, da due anni, una nigeriana dedita all’accattonaggio a Padova, senza nome, attizza alti falò, si barrica con cartoni tutte le notti, ci omaggia dei suoi escrementi e rifiuta alloggio dal parroco e dal comune, perché il duomo è la casa di Dio e, quindi, la sua casa. La vedete nella foto mentre, con attrezzi vari, distrugge il cartello della videosorveglianza del garage. Con gli stessi cacciaviti e forbici mi ha minacciato perché Dio non vuole cartelli: “Pay attention to me!” Nel 2050, i nigeriani saranno 400 milioni, quattro volte gli attuali e noi un pò meno di oggi. Chi e quanti ci stanno invadendo?

Art. 635. c.p. Danneggiamento

Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia ovvero in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto previsto dall’articolo 331, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni [c.p. 424, 427, 431, 638].

  • Cosa ha cambiato il d.lgs. n. 7/2016, Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni … (Governo Renzi) in tema di danneggiamento?

In caso di imputazione di danneggiamento semplice ascritta all’imputata, va rilevato che il d.lg. n. 7 del 15 gennaio 2016, ha abrogato l’art. 635, comma 1 c.p., determinando l'”abolitio criminis” per il danneggiamento semplice, che viene così sottratto alla cognizione del giudice penale e ricondotto a quella del giudice civile, chiamato ad applicare una sanzione civile pecuniaria nel solo caso in cui accolga la domanda risarcitoria eventualmente proposta per il medesimo fatto.

C’è l’occupazione abusiva e ci sono i “nuovi giudici” e c’è il papa. 

L’occupazione abusiva è spesso una delle maggiori preoccupazioni se si viene ricoverati in ospedale e non si può lasciare a casa nessuno. Nel periodo delle vacanze, anche molti proprietari di immobili si fanno la stessa domanda: “La mia casa può essere occupata se vado in vacanza?”. Purtroppo a volte succede che, dopo aver trascorso qualche giorno fuori città, al ritorno i proprietari trovino la propria casa occupata. 

Se, approfittando di una momentanea assenza, una persona, con o senza nome e cognome, con o senza arte né parte, entra in casa tua, si barrica e non vuole più uscire, l’occupazione abusiva dell’immobile è punita con il codice penale. Ma non sempre. Anche sui diritti si è abbattuta l’eversione rossa della magistratura. Anzitutto, se usassi le “cattive maniere”, commetteresti il reato di “esercizio arbitrario delle proprie ragioni”. Ti devi consegnare nelle mani della legge e della burocrazia e sporgere la querela, che esonera il proprietario dall’iniziativa di portare avanti un processo, con tutti i costi che esso comporta perché a farlo sarà la Procura della Repubblica. Ma ci sono dei casi in cui il proprietario, pur mantenendo il suo diritto di rientrare nel possesso dell’immobile, dovrà accontentarsi di esperire la sola procedura civile. Accade nel caso in cui il responsabile la fa franca, viene assolto e diventa assai lungo e difficoltoso mandarlo via. È possibile se l’abusivo si trova in condizioni di necessità e di pericolo. È scritto in una recente sentenza del Tribunale di Genova, sentenza che, venuta meno l’”Autonomia e Indipendenza” della Magistratura a causa della verificata politicizzazione del C.S.M., mi affretterei a impugnare, denunciando il giudice.

Secondo la sentenza del tribunale di Genova nel concetto di «danno grave alla persona», idoneo a far scattare lo stato di necessità e quindi l’assoluzione del colpevole che ha occupato la casa altrui, rientra anche la situazione di emergenza abitativa. Il diritto all’abitazione – rimarcano i giudici liguri – fa parte dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione. Resterebbe, comunque, da dimostrare l’assoluta necessità dell’occupazione abusiva e l’inevitabilità del pericolo che, in caso contrario, incomberebbe sull’occupante e l’urgenza di porre rimedio al suddetto pericolo. Solo in tal caso, infatti, è giustificabile la compressione del diritto dei terzi proprietari. Si può sostenere il ragionamento soltanto se si tratti di una proprietà disabitata o abbandonata temporaneamente e non certo se vi risieda stabilmente qualcuno a ciò legittimato. Il Tribunale di Genova non conosce l’art. 38 della Costituzione che fa carico allo Stato di intervenire

Dispositivo dell’art. 38 Costituzione

Costituzione → PARTE I – Diritti e doveri dei cittadini→ Titolo III – Rapporti economici

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria [2110 c.c.].

Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato(1).

L’assistenza privata è libera (2).

Papa Bergoglio: «La proprietà privata non è intoccabile, serve giustizia sociale»

C’è un solo papa.

In favore di questo attacco, ipocrita, al diritto di proprietà dei privati e di esclusione dello Stato dalle sue responsabilità, si è espresso di recente il sedicente papa Bergoglio, parlando ai giudici di Africa e America: «Non c’è sentenza giusta se produce più disuguaglianza». Un ragionamento ipocrita, che ricompare nell’enciclica Fratelli tutti, firmata ad Assisi due mesi fa: «Il diritto di proprietà è un diritto naturale secondario derivato dal diritto che hanno tutti, nato dal destino universale dei beni creati». Bergoglio parte dal presupposto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata» rispetto al valore del bene comune; ma, in realtà, spezza una nuova lancia a favore del Nuovo Ordine Mondiale.

Questa concezione della Chiesa cattolica non si applica alle proprietà dello Stato della Chiesa, sovrano, alle sue riserve auree:m le più grandi del mondo e non è nuova. È nuovo e destabilizzante, invece, nonché in aperto contrasto con il rispetto delle reciproche sovranità, su cui fondano i Patti Lateranensi, il fatto di rivolgersi ai giudici, che devono interpretare e applicare la legge. «Non c’è giustizia sociale che possa fondarsi sull’iniquità, che presuppone la concentrazione della ricchezza», ha detto il sedicente pontefice (per noi, il papa è soltanto Benedetto XVI), invitando i magistrati «ad acquisire una dimensione più completa della propria missione e della propria responsabilità sociale»

Come il professor Daniele Menozzi spiega Bergoglio al Manifesto

“Nell’appello finale, Francesco rilancia le parole d’ordine dei movimenti popolari: per ripensare l’idea di giustizia sociale, bisogna dimostrarsi «solidali e giusti», lottando «contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, di terra e di alloggio. Terra, tetto e lavoro, techo, tierra y trabajo, le tre ‘T’ che ci rendono degni».

«La proprietà come “diritto naturale secondario” è un’espressione nuova che finora non era emersa nel magistero papale», spiega al manifesto Daniele Menozzi, professore emerito di storia contemporanea alla Normale di Pisa e studioso del papato in età moderna e contemporanea.

«È un linguaggio nuovo ma non è una novità concettuale, si pone all’incrocio di due tradizioni – prosegue Menozzi –: quella millenaria della destinazione universale dei beni, secondo la quale fin dalla patristica si sottolineava che in caso di emergenza era lecito per i poveri appropriarsi di quanto necessario al proprio sostentamento; e quella più recente della Rerum Novarum, in cui Leone XIII afferma che la proprietà privata è un diritto naturale della persona ma lo Stato ha tutto il diritto di “temperarla” per il bene comune di tutti, poi sviluppata da Pio XI che afferma il diritto dello Stato di espropriare (a pagamento) la proprietà privata per il bene sociale».

Non è un discorso dottrinale, perché invita a metterlo in pratica a livello giurisdizionale.

Non è un discorso dottrinale, perché invita a metterlo in pratica a livello giurisdizionale.

Ad essere del tutto nuova secondo Menozzi è la prospettiva: «Francesco non si colloca più sul piano delle relazioni industriali, anche perché non c’è più lo spettro novecentesco della collettivizzazione socialista che vedevano Leone XIII e Pio XI, ma in un orizzonte geografico globale, dove vi è una concentrazione della proprietà che danneggia l’intero pianeta e che quindi rende necessaria un’equità nella distribuzione dei beni. E poi il fatto che parli ai giudici: non vuole fare solo un discorso dottrinale, ma invita a metterlo in pratica a livello giurisdizionale.

Quindi non è una visione astratta dell’organizzazione collettiva, ma è una visione giuridica, per cui coloro che detengono gli strumenti di applicazione delle legge devono metterla in pratica”.

La sentenza 23 gennaio 2017, n. 301 del Tribunale di Genova

Tribunale di Genova – Sezione I penale – Sentenza 23 gennaio 2017 n. 301

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI GENOVA

SEZIONE PRIMA

IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

Dr.ssa LOREDANA LUCCHINI

in data 23/01/2017 ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente

SENTENZA

con contestuale motivazione

nei confronti di:

BU.GI., nato (…), residente in Genova, Via (…), elettivamente domiciliata presso il difensore di ufficio dall’Avv. Mo.Ma. del foro di Genova

ASSENTE IMPUTATA

art. 633 – 639 bis c.p., perché invadeva abusivamente l’alloggio pubblico sito in Genova alla Via (…), con la finalità di occuparlo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI CONTESTUALI DELLA DECISIONE

Con decreto di citazione emesso il 9 giugno 2016 e regolarmente notificato, il PM presso il Tribunale di Genova conveniva in giudizio ex art. 550 c.p.p. dinanzi al medesimo Tribunale in composizione monocratica BU.GI. per ivi rispondere del reato a lui ascritto in rubrica.

All’udienza – filtro del 14 novembre 2016 l’imputato – che ha dichiarato domicilio nel corso del procedimento – non compariva senza addurre alcun legittimo impedimento ed era pertanto dichiarato assente ex art. 420 bis c.p.p.

All’odierna udienza dopo l’ammissione delle prove orali e documentali richieste, era sentito, in qualità di testimoni, l’appartenente alla Polizia Municipale Fr.La. Esaurita la discussione, il PM e il Difensore dell’imputato formulavano le conclusioni come riportate in rubrica.

All’esito è stata data lettura della sentenza con redazione immediata dei motivi ex art. 544 comma 1 c.p.p.

L’odierno imputato è stato tratto a giudizio per rispondere del reato ex artt. 633 – 639 bis c.p. meglio descritto nel capo di imputazione commesso in Genova in epoca anteriore e prossima al 23 gennaio 2015.

Dall’esame del teste escusso risulta che l’appartamento meglio indicato nel DCG era stato occupato senza averne titolo dall’odierno imputato compiutamente identificato mediante carta di identità da personale della Polizia Municipale che aveva fatto accesso in loco in data 23 gennaio 2015 su segnalazione dell’ufficio che gestisce gli alloggi di edilizia pubblica, che avevano bussato, che l’imputato odierno aveva aperto loro la porta, che l’alloggio era completamente arredato e in buone condizioni, che tale alloggio risultava all’ufficio sopra indicato essere libero e “non assegnato” ad alcuno, che l’imputato non aveva esibito alcun documento che legittimasse la sua presenza all’interno dell’alloggio. DIRITTO

L’imputato è stato compiutamente identificato per cui è certa la sua identità ex art. 66 c.p.p.

Sulla base di quanto precede e in assenza di ogni giustificazione in merito da parte dell’imputato che ha scelto di non presenziare al processo risulta pacificamente provato il fatto in contestazione pienamente sussistente in tutte le sue componenti soggettive e oggettive. Ed invero egli ha occupato con coscienza a volontà un alloggio di proprietà dell’ARTE sito in Genova via (…) senza averne alcun titolo abilitativo fatto che integra il reato di cui agli artt. 633 – 639 bis c.p.

Ed invero la norma de quo intende tutelare per l’imprescindibile esigenza di tutelare disordini sociali l’interesse pubblico alla inviolabilità del patrimonio immobiliare e particolarmente il diritto di godimento che spetta al proprietario, al possessore o a chi abbia l’esclusività dell’uso garantita dalla legge contro quelle forme di introduzione nel “fondo altrui” che sostanziano un’intensa aggressione del bene tutelato.

La Cassazione ha precisato che per la sussistenza del reato non sia necessaria che si sia in presenza di un fatto di particolare gravità perché la parola “invasione” non va assunta nel suo significato etimologico che richiama l’idea della violenza fisica o della forza soverchiarne del numero di persone ma sta ad indicare l’accesso o la penetrazione arbitraria nell’immobile altrui compiuto per immettersi nel possesso dello stesso o per trarne un qualunque profitto.

Non può essere applicata ai caso in esame l’esimente di cui all’art. 54 c.p. e che pertanto il fatto ascritto all’imputato sia scriminato per lo stato di necessità.

Si rileva che è particolarmente controversa in dottrina e in giurisprudenza l’applicazione dell’art. 54 c.p. al reato di invasione arbitrari di edifici con riguardo a quelli di edilizia pubblica onero si possa o meno applicare l’art. 54 c.p. nell’ipotesi in cui il soggetto abbia posto in essere il fatto tipico – consistente nell’invasione arbitraria di immobili dell’edilizia pubblica in stato di bisogno economico e abitativo. Si riscontrano in merito diverse posizioni.

A fronte di un indirizzo molto rigoroso della giurisprudenza di legittimità che nega, in linea di principio, che la necessità economica e in specie abitativa possa trovare considerazione nell’ambito della scriminante di cui all’art. 54 c.p. (vedi Cass. 9 aprile 1990, in Riv. Pen. 1991,167; Cass. 3 giungo 1987, in Riv. Pen., 1988, 243) si registrano alcune sentenze più

recenti che pur ammettendo in linea di principio che la mancanza di un alloggio dignitoso possa fondare una situazione di “pericolo di danno grave alla persona” richiedono poi un accertamento particolarmente rigoroso dei requisiti “dell’attualità” e “dell’inevitabilità” del pericolo (vedi ex plurimi,r Cass. Pen. Sez. III 2 dicembre 1997, RV 209047).

In particolare la Cassazione con sentenza n. 239447 del 2008 ha precisato che “ai fini della sussistenza dell’esimente dello stato di necessità nel concetto di danno grave alla persona rientrano non solo lesioni della vita e dell’integrità fisica ma anche quelle situazioni che attentano alla sfera di diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall’art. 2 della Costituzione tra le quali rientra il diritto all’abitazione: l’operatività dell’esimente presuppone peraltro gli ulteriori elementi costitutivi dell’assoluta necessità della condotta e dell’inevitabilità del pericolo.

Ne consegue che tale concetto estensivo di danno grave alla persona comporta la necessità di una più attenta e penetrante indagine diretta a circoscrivere la sfera di azione dell’esimente ai soli casi in cui siano indiscutibili gli elementi costitutivi della stessa – necessità e evitabilità – non potendo i diritti dei terzi essere compressi se non in condizioni eccezionali chiaramente comprovate (Cass. Sez. 07/237305).

Applicando i principi sopra illustrati al caso in esame si evidenza che l’istruttoria dibattimentale non è emerso in alcun modo che quando l’imputato si è introdotto nell’immobile de quo egli dovesse salvarsi da un pericolo attuale di un danno grave alla persona né che tale ipotizzato pericolo fosse non altrimenti evitabile.

Non vi sono alla stato degli atti elementi per concedere all’imputato le attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p.p.

Tenuto conto della complessiva modestia del fatto pare opportuno comminare la sola pena pecuniaria.

Valutati gli elementi di cui all’art. 133 c.p. ed, in particolare, la ridotta gravità del fatto e la minima capacità a delinquere dell’imputato (incensurato), si stima equa per BU.GI. in ordine al reato ex artt. 633 – 639 bis c.p. a lui ascritto nel DCG la pena di 400,00 Euro di multa.

Essendo stata inflitta una pena pecuniaria di non ingente importo non pare conveniente per l’imputato beneficiare della sospensione condizionale della pena tv art. 163 c.p. Si concede invece il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario ex art. 175 c.p.

All’affermazione della responsabilità segue infine la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Visti gli artt. 533 – 535 c.p.p. dichiara BU.GI. responsabile del reato a lui ascritto in rubrica e lo condanna alla pena di 400,00 Euro di multa oltre ai pagamento delle spese processuali.

Visto l’art. 175 c.p. concede all’imputato il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario.

Così deciso in Genova il 23 gennaio 2017. Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2017.

1854.- SUDAFRICA, ECCO COSA FANNO AI BIANCHI; MA IN OCCIDENTE NON SI PUÒ DIRE

Quanto qui si legge è vero. Tutte le indicazioni portano in quella direzione, unica e inequivocabile per chi vuole essere informato e sa vedere..oltre. Senza più fede,l’Europa diventerà un Sudafrica. Prevarranno le orge di ultraviolenza degli africani,la cultura dei riti di stregoneria ancestrali, il cannibalismo, la superstizione e i suoi sacrifici umani rituali, le vendette, i saccheggi, le mattanze islamiche e lo sgozzamento di noi infedeli.

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Sudafrica, è ufficialmente un apartheid contro i bianchi.

di Pietro Ciapponi

C’era una volta la nazione arcobaleno, meglio nota come Sudafrica, che dopo aver abbattuto il regime dell’apartheid, sotto la guida carismatica del Presidente Nelson Mandela eletto nel 1994, aveva realizzato un idillio multirazziale nella quale africani di varie etnie, boeri e bianchi di origine britannica vivevano assieme senza troppi problemi. Peccato però che fin dalla fine del mandato presidenziale di Madiba, forse anche da prima, la situazione non fosse più tale.

Sotto la guida dell’African National Congress, partito egemone nella maggior parte del Sudafrica, il razzismo anti bianco sta dilagando senza che la comunità internazionale si indigni o vengano denunciati soprusi, che a parti invertite sarebbero la colonna sonora della stampa progressista occidentale.

A subire i continui attacchi, perpetrati per lo più da gang criminali e milizie paramilitari di estremisti sono senza dubbio i contadini afrikaner, che ad onor del vero possiedono la maggior parte delle terre coltivate, ma che allo stesso tempo rappresentano il cuore pulsante dell’agricoltura africana. Nelle città il clima è apparentemente più mite, ma solo perché la maggior parte dei bianchi (e dei neri ricchi) vive all’interno di quartieri militarizzati: con cinta murarie, guardie armate agli ingressi e videocamere ovunque.

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La politica non sembra però rispondere in nessuna maniera agli svariati appelli di pace sociale lanciati dalla minoranza bianca, circa l’8% della popolazione, e dalle etnie africane meno avverse agli ex dominatori. Il neo eletto presidente Cyril Ramaphosa, leader indiscusso anche all’interno del partito, ha approvato una legge costituzionale che permetterà al Governo di espropriare le terre di proprietà dei bianchi per darle ai contadini neri, senza che i primi possano ricevere alcun tipo di risarcimento.

Ad alzare i toni, i maniera ben aldilà di quello che può essere un normale scontro politico, è il partito di estrema sinistra Economic Freedom Fighters (EFF), il cui leader Julius Malema era finito al centro della critica per essere stato ripreso mentre cantava la canzone “Shoot the Boer”, letteralmente “Spara al Boero”, non di certo un inno alla pace a alla fratellanza.

Lo stesso Malema, se possibile, si è spinto addirittura oltre, dichiarando: “Noi non chiediamo il massacro dei bianchi, almeno per ora. Noi non stiamo promuovendo la violenza, ma non posso garantire il futuro. Io non sono un profeta”.

Secondo alcune stime dal 1996 ad oggi gli assalti alle farm di proprietà afrikaner sarebbero quasi 12mila, con oltre 1600 morti. Numeri che in altri contesti avrebbero fatto parlare assai di più, spingendo magari qualcuno ad etichettare il fenomeno come pulizia etnica.

Al netto di tutto ciò il Ministro dell’Interno australiano Peter Dutton, esponente del Partito Liberale dell’Australia, si è detto disposto a riconoscere i contadini bianchi sudafricani come profughi. Tutto ciò mentre l’Occidente “democratico” ed “antirazzista” fa orecchie da mercante continuando ad ignorare la faccenda, e senza che nessun paladino dell’accoglienza si dicesse pronto ad accogliere quelli che sono dei veri e propri perseguitati politici nel loro paese.

Una riflessione sorge però spontanea, perché questa vicenda non viene praticamente discussa in Europa? La risposta appare tristemente ovvia, il dogma del politicamente corretto non ammette l’esistenza di un razzismo diverso da quello dei bianchi verso le altre etnie.

L’esterofilia esagerata della sinistra ben pensante, abbinata all’auto razzismo da anni proopagandato sulle “colpe storiche” dell’uomo bianco, hanno ormai inquinato in maniera irreversibile la mente di molti: criticare l’attuale sistema sudafricano sarebbe sinonimo di nostalgia dell’apartheid e retaggio della mentalità colonialista o suprematista bianca.

Fonte: Oltre la linea