Archivio mensile:novembre 2018

2127.- Siria, Damasco accusa: “attacco con gas ad Aleppo”. E la Russia bombarda i ribelli.

People suffering suffocation symptoms in Aleppo

Perché nessuno parla dell’attacco chimico al cloro ad Aleppo? «Perché sono stati i ribelli ?»

Un attacco chimico al cloro ha colpito la città di Aleppo:

Sabato 24 novembre sono stati sparati dalla provincia di Idlib, nel nord della Siria controllato dai terroristi islamici, diversi mortai da 120 mm verso la città di Aleppo, che è in pace da due anni. I missili contenevano cloro e 107 civili, tra cui donne e bambini, sono rimasti intossicati, 41 invece i contaminati, di cui due gravi. La notizia, diffusa dall’agenzia di Stato siriana e confermata dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, vicino ai ribelli, è stata pressoché ignorata da media e governi occidentali.

PERCHÉ NON FA NOTIZIA?

Micalessin: «Questa volta però nessuno si indigna e difende i civili, perché questi non sono quelli “giusti”». Perché l’attacco non ha fatto notizia come quello a Ghouta del 2013 o quello a Khan Shaykun del 2017 o quello di Douma dell’aprile 2018? Non solo perché non ci sono state vittime. Perché in questo caso nessuno si indigna né si scandalizza per l’utilizzo di armi chimiche? «Perché l’attacco è provenuto da un territorio controllato esclusivamente dai ribelli», spiega a tempi.it l’inviato di guerra Gian Micalessin. «E i ribelli sono stati alleati dell’Occidente, armati dall’Occidente e infine dimenticati. Non interessa nulla a nessuno se dei civili cadono sotto i loro colpi. Perché l’obiettivo politico dell’Occidente è sempre stato far cadere il regime di Bashar al-Assad e loro sono funzionali a questo scopo».

Europa e Stati Uniti hanno sempre tuonato contro le armi chimiche dal punto di vista dei diritti umani e della difesa dei civili. Ma quando i civili non sono quelli “giusti”, improvvisamente cala il silenzio. «Il silenzio su questo attacco è la perfetta dimostrazione che dei diritti umani e dei civili non è mai importato niente a nessuno», continua la firma del Giornale. «Sono morte in questa guerra già 400 mila persone. Se avessimo voluto portare la democrazia in Siria, avremmo trattato con Assad, non appoggiato bande estremiste e jihadisti, che poi hanno portato il terrore anche in Europa».

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Siria, ancora bombe su Aleppo. L’esplosione in diretta. La fiammata all’interno di un ospedale della zona est ripresa dalle telecamere di sicurezza di una struttura ospedaliera di Aleppo, dove i bombardamenti russo-governativi hanno messo in ginocchio i servizi sanitari dell’area ancora controllata dai ribelli anti-Assad. Le registrazione indica che la bomba ha colpito alle 10.41 del 18 novembrescorso. Oms e direzione sanitaria cittadina riferiscono di “interruzione totale dei servizi”.

 

GUERRA SIRIANA IN STALLO

La guerra siriana si trova ora in un momento di «stallo»: «Diecimila jihadisti e ribelli si trovano a Idlib. Turchia e Russia hanno raggiunto un accordo il 17 settembre per evitare una strage, ma l’accordo non funziona perché alla Turchia non interessa davvero convincere i militanti estremisti a deporre le armi. La Russia, del resto, non vuole rompere i rapporti con Recep Erdogan perché gli serve in chiave anti-Trump», spiega Micalessin. «I giornali siriani però cominciano a rilanciare l’idea di un’offensiva militare e io temo che sia inevitabile prima o poi l’uso della forza».

Tornando all’attacco ignorato di Aleppo, l’inviato di guerra punta il dito anche contro l’informazione: «I giornali si sono disinteressati della notizia perché sono sempre stati allineati politicamente con le cancellerie occidentali», conclude. «Dopo il presunto attacco chimico di Douma si è parlato di prove certe, ma nessuno le ha ancora viste e i giornali ne hanno parlato senza verificare e senza porsi il problema. Il fallimento della guerra in Siria non è solo il fallimento dell’Occidente, che ha finito per appoggiare i propri nemici, ma anche quello dell’informazione, che ha scelto di combattere a fianco dei jihadisti».

Sappiamo chi ha armato e sostiene i ribelli. La risposta di Putin.

 

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Mosca ha confermato di aver compiuto dei raid sulla periferia della città, che si trova nel nord-ovest della Siria.

Il governo di Damasco ha denunciato che lo scorso 24 novembre, “gruppi terroristici” hanno attaccato con “il gas tossico” alcune zone residenziali di Aleppo e ha inviato una lettera al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e al Consiglio di Sicurezza per chiedere una condanna dell’attacco.

Il ministero degli Esteri siriano ha esortato le Nazioni Unite a prendere “misure deterrenti, immediate e punitive” contro gli Stati e regimi che finanziano il terrorismo, come si legge in una nota.

Secondo il governo siriano, ci sarebbero stati 107 casi di persone con difficoltà di respirazione ad Aleppo. Secondo l’ong Osservatorio Siriano per i Diritti umani, i casi di persone che hanno fatto ricorso a cure mediche sono stati 94.

Gran parte di queste sono state dimesse, ma 31 rimangono ancora in gravi condizioni.

 

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Alcune ore dopo la denuncia dell’attacco, l’aviazione russa ha confermato di aver compiuto dei raid sulla periferia della città, che si trova nella zona demilitarizzata negoziata tra Russia e Turchia nel nord-ovest della Siria.

 

L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito che il bombardamento ha colpito il quartiere di Al Rashidin, alla periferia di Aleppo, e la località di Khan Tuman, a sud-ovest della città.

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Si tratta dei primi bombardamenti sul settore da oltre due mesi. Non è ancora chiaro se ci siano vittime civili. Lo scorso 2 novembre 2018, almeno otto persone erano morte a seguito di un nuovo bombardamento che aveva colpito la provincia di Idlib, l’ultima roccaforte ancora in mano ai ribelli. Il raid, condotto dalle forze siriane appoggiate dalla Russia, ha messo fine alla tregua che era stata raggiunta il 17 settembre per fermare un nuovo attacco armato contro la regione ed evitare così un bagno di sangue.

2126.- La sicurezza europea è ostaggio dei giochi geopolitici di Washington – Lavrov

La cecità dei burocrati europei consente agli Stati Uniti di avviare pericolose attività militari vicino ai confini russi, mettendo a repentaglio la sicurezza del continente europeo, ha affermato Sergey Lavrov, ministro degli Esteri russo.
La crisi ucraina, usata come giustificazione per le sanzioni contro Mosca, è “il risultato di giochi geopolitici, svolti dagli Stati Uniti e dai loro alleati in diversi paesi”, ha aggiunto Lavrov, in una intervista pubblica a un giornale locale durante la sua visita di sabato scorso in Portogallo, dicendo che tutto ciò dipende dalla cecità dei burocrati di Bruxelles.

© Global Look Press / Alex Cavendish

‘Spero che vogliano controllarli per la loro salute’: così reagisce la russa FM al generale del Regno Unito, che ha dichiarato ‘Mosca peggio dell’ISIS’
La leadership dell’UE “non solo ha sacrificato i suoi principi e valori chiudendo un occhio sul colpo di stato a Kiev, ma ha seguito la guida di Washington e si è unita alle sanzioni anti-russe”, ha aggiunto.

Nel febbraio 2014, il presidente ucraino, Viktor Yanukovich, è stato sollevato dall’incarico  con la violenza, nella quale hanno avuto un ruolo di primo piano i gruppi nazionalisti radicali. Pochi mesi dopo, il nuovo governo a Kiev ha lanciato la cosiddetta “operazione anti-terrorismo” nel sud-est del paese dopo che la popolazione locale aveva rifiutato di riconoscere i risultati del golpe.

Il conflitto nel Donbas, che, finora, ha causato più di 10.000 morti, è tuttora in corso dato che le autorità ucraine, non è sembra che abbiano l’intenzione di impegnarsi nella tregua con le repubbliche di Donetsk e Lugansk.

“E cosa abbiamo adesso?” Si è chiesto Lavrov. “L’architettura del dialogo tra Russia e UE è seriamente danneggiata; Perdite multimiliardarie europee [dovute a sanzioni e a contromisure da parte di Mosca]; C’è un nuovo conflitto in Europa “ (Chi può negarlo? ndr).

Nel frattempo, gli americani, che sono i diretti responsabili per questa “situazione malata” in Europa, “non hanno sofferto alcuna perdita”, ha detto.

“Inoltre, affermano che questa situazione sia pericolosa” e la usano per intraprendere attività militari pericolose vicino ai confini russi, schierando nuove armi dove voglio sperare “non vi sia spazio per una nuova Guerra Fredda”

La sicurezza dell’Europa e delle sue nazioni “sta diventando un ostaggio delle politiche distruttive esportate dall’altro lato dell’Atlantico”, ha aggiunto, alla FM, riferendosi al massiccio ammassamento della NATO nell’Europa dell’Est in questi ultimi anni.

2125. – Il giorno dopo dopo lo scontro navale fra russi e ukraini nello stretto di Kerch

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Innanzitutto, ecco un riassunto di ciò che è accaduto (inclusi i video) pubblicato da RT:

Aggiungo che al momento in cui è stato compilato questo rapporto (07:38 UTC), la nave da carico che impediva il passaggio sotto il ponte è stata rimossa, il traffico navale è ripreso e la situazione è tornata alla normalità.

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Detto questo, possiamo passare all’elemento più importante per capire cosa sta e cosa non sta accadendo: il Mar d’Azov e il Mar Nero, in un ottica militare russa sono “laghi russi”. Ciò significa che la Russia ritiene di dover eliminare qualunque e tutte le navi (o aeroplani) in questi due mari: sul Mar Nero l’aspettativa di sopravvivenza di ogni intruso dovrebbe misurarsi in termini di minuti, sul Mar d’Azov in pochi secondi. Permettetemi di ripetere, anche qui, che qualunque e tutte le navi che vengono dislocate nel Mar Nero e nel mare di Azov vengono rilevate e tracciate dalla Russia e che tutte queste possono essere facilmente distrutte in pochi secondi. I russi questo lo sanno, gli ucraini lo sanno e, naturalmente, l’”Impero” lo sa. Ancora una volta, teniamo presente questo dato quando cerchiamo di dare un senso a quello che è successo.

Terzo punto, il fatto che le acque in cui si è verificato l’incidente appartengano o no alla Russia è del tutto irrilevante. Tutti sanno che la Russia considera come proprie queste acque e che quanti non intendono riconoscerlo hanno a loro disposizione una infinità di possibilità per contestare la legalità della posizione russa. Cercare di violare con le navi da guerra questi due mari che la Russia considera propria area vitale è semplicemente irresponsabile e francamente, semplicemente stupido (specialmente considerando il punto precedente). Questo è semplicemente ciò che non ci si dovrebbe aspettare da nazioni civili (e ci sono molti esempi di acque contestate sul nostro pianeta).

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Considerando i sondaggi a una singola cifra sull’attuale popolarità di Poroshenko e il fatto che non ha probabilità di essere rieletto (almeno non in elezioni minimamente credibili) il fatto che il regime di Ukronazi a Kiev abbia deciso di scatenare ancora un’altra crisi, per, poi, incolpare di questo la Russia, è un fatto negativo. L’ultimo cosa, veramente, di cui ha bisogno la Russia è un’altra crisi, specialmente, prima dell’incontro fra Putin e Trump, al vertice del G20 di Buenos Aires, che aprirà domani. Infatti, i blogger ucraini hanno immediatamente visto questa ultima provocazione come un tentativo di evitare le prossime elezioni.

Allora, cosa accadrà dopo?

 

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Il G20 del 2018 si terrà domani 30 novembre e il 1º dicembre 2018 nella città di Buenos Aires, in Argentina. Sarà la tredicesima riuniune del Gruppo dei Venti (G20). Sarà la più rovente, più di quella del 2009 che vide le maggiori potenze economiche mondiali affrontare la più grave crisi finanziaria del dopoguerra. Oggi, in cima alle preoccupazioni dei leader politici, degli economisti e degli osservatori internazionali c’è lo scontro sino-americano sul commercio: una tenzone cui il resto del mondo assiste con inquietudine viste le ripercussioni che può avere sulla crescita economica globale.

 

Bene, le opzioni più probabili sono solo un altro Ukie che borbotta “l’aggressione russa” con la speranza che questo:

a) aumenti il ​​valore del regime di Poroshenko agli occhi dell’Impero e

b) mandi all’aria la prevista riunione di Trump-Putin.

Non sono sicuro che a Poroshenko venga data la possibilità di annullare semplicemente le elezioni. Sì, non può vincere, ma l’Impero può sostituirlo. Non solo, ma l’annullamento definitivo delle elezioni sarebbe un disastro PR (a volte, viene scelto dai “figli di buona donna” dell’Impero come, ad esempio, Mahmoud Abbas). C’è ancora una buona possibilità che la dieta degli Ukronazis sentendosi come se non avesse niente da perdere, possa fare questo passo senza precedenti.

Da un punto di vista militare, qualunque sorta di operazione militare, ancorché limitata, dell’Ukronazi contro Russia, Novorussia, Crimea o contro il ponte di Kerch costituirebbe  un suicidio, ma, dal punto di vista della politica sarebbe molto vantaggiosa poiché  consentirebbe a Poroshenko di:
a) addebitare alla Russia tutti i problemi dell’Ucraina;
b) richiedere ancora più sostegno per poter “resistere all’aggressione russa “.
Il problema di questa opzione è che, da numerosi segnali, risulta che molti militari ucraini non se la sentono di combattere i russi in questo momento  (per esempio: si guardi a come tutti i soldati dell’Ukie hanno dato forfait in Crimea; anche i rapporti del blog del “Colonnello” Cassad “, dicono che delle tre navi che tentarono di violare la linea di demarcazione russa, almeno una era comandata da un ufficiale disposto a consegnare, volontariamente, ai russi la sua nave; e, infine, sembra che un marinaio ukraino sia stato fucilato perché si era rifiutato di aprire il fuoco contro i russi).
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È uno degli eventi più recenti nella storia della Federazione Russa o dei russi in quanto russi. Vale la pena di ricordare che domenica gli Ukronazis hanno mandato alcune altre navi, ovviamente perché dessero appoggio alle unità intercettate dai russi, ma non appena i russi hanno interdetto il passaggio e i Su-25 e Ka-52 russi sono apparsi nei cieli, si sono arrestate immediatamente e alla fine hanno lasciato la scena. Lo hanno fatto eseguendo un ordine o perché non erano disposti a morire? Non lo scopriremo mai.

Tirando le somme, c’è una possibilità molto reale di una guerra su vasta scala contro la Russia. Sì, gli Ukronazis sarebbero durati un paio di giorni, ma tenete presente che il loro obiettivo non sarebbe vincere, ma forzare la Russia in un’operazione militare aperta che l’intero “Occidente alleato” dovrebbe condannare come è accaduto per l’attacco alla Georgia l’08.08.08. (sapete bene come si sono comportati , in nome della “solidarietà”, durante la sceneggiata di Skripal). Per quanto riguarda i leader dell’impero anglo-sionista, essi sarebbero ben lieti di combattere la Russia, fino all’ultimo soldato ukraino, questo lo capiamo tutti.

Infine, lasciate che mi rivolga a quanti potrebbero pensare che la Russia in qualche modo abbia reagito in modo eccessivo o non avrebbe dovuto usare la forza. Innanzitutto, vorrei ricordare che stiamo parlando di navi armate e militari, non di barche da pesca. In secondo luogo, gli Ukronazis hanno, letteralmente, sognato ad occhi aperti di abbattere questo ponte ancor prima che fosse costruito. Allora, in che modo i russi avrebbero potuto sapere che quelle navi non erano piene di esplosivi?  In terzo luogo, vorrei ricordare che alcuni mesi fa gli Ukronazis inviarono alcune piccole navi militari a passare sotto il ponte. In quella prima occasione, chiesero il permesso e imbarcarono un pilota russo che li guidasse nell’attraversamento dello stretto. Eppure il regime di Kiev presentò l’evento come una grande “vittoria” contro i Moskal. Questa volta stava cercando di sgattaiolare senza chiedere. Se i russi li avessero lasciati, cosa pensate che avrebbero osato la prossima volta?

La verità è che il regime ucraino sostiene da anni di essere in guerra contro la Russia, che la Russia ha invaso l’Ukraina, che tutti coloro che si oppongono al regime o prendono la parola, financo dicendo la verità fondamentale, sono “agenti del Cremlino / FSB”. La cosa divertente non è che sia la prima volta nella storia di questo paese che la Russia sia accusata di fare una guerra alla quale non ha mai preso parte – è molto più ridicolo non che gli Ukronazis sostengano di essere in guerra con la Russia, ma che abbiano avuto una crisi di isterismo quando una delle loro (minuscole) navi è stata arrestata per aver violato il confine russo. C’è una guerra in corso o no ?! Che diavolo stavano pensando quando hanno cercato di forzare il passaggio ?!

Nota: Non vi è alcun dubbio su questo fatto: al personale militare ucraino viene chiesto perché combattono nel Donbass. Rispondono “perché i russi sono lì”. Poi viene loro chiesto perché non stiano * combattendo in Crimea e loro rispondono “perché i russi sono veramente lì !!”. In conclusione: tutti sanno molto beneche non ci sono forze russe in Novorussia]

Come provi che la controparte è uno “stato aggressore”? Semplice – costringendolo ad attaccarti. Considerando la “cecità selettiva” dell’Occidente collettivo, il fatto che tu sia stato il primo a usare la forza non farà assolutamente alcuna differenza (di nuovo, rivedi 08.08.08).

È ovvio che il regime nazista a Kiev si è venuto a trovare in una via senza uscita e che, se non ricorresse a una di queste azioni drammatiche, Poroshenko sarebbe già spacciato. La maggior parte della ghenga che lo circonda non è disposta a fare di più, specialmente se Timoshenko dovesse ottenere la presidenza (cosa che potrebbe accadere se l’Impero decidesse di dirlo a Poroshenko). Per loro le opzioni sono lasciare l’Ucraina o affrontare un periodo di carcere molto serio (all’incirca, la stessa situazione che Saakashvili ha dovuto affrontare).

Ci stiamo avventurando in un periodo di tempo molto pericoloso, quello in cui un regime Nazista totalmente corrotto è determinato a combattere con ogni stratagemma possibile pure di salvarsi. Se questo si tradurrà in una acutizzazione delle ostilità verso la Novorussia o la Russia è cosa impossibile da prevedere, ma noi dobbiamo tenere in conto che questa è una ulteriore possibilità.

Fonte: The Saker, traduzione Mario Donnini

 

A chiunque appartengano il Mare d’Azov e lo stretto di Kerch,dal punto di vista militare,fanno parte della zona vitale della Russia, resa più vitale dalla pressione esercitata dalla NATO a ridosso delle frontiere russe da Nord a Sud

 

Il presidente dell’Ucraina Petro Poroshenko

 

Aggiornamento: Lunedì 26 Novembre alle 11:11UTC:

Si è avuta l’impressione che Poroshenko abbia incontrato dei problemi seri nella Rada. Non sorprende che quasi tutte le parti politiche abbiano compreso immediatamente a cosa sarebbero andate incontro e abbiano categoricamente respinto il testo presentato da Poroshenko. Si sono limitate a adottare una nuova versione più blanda del provvedimento, nella quale la legge marziale verrà introdotta soltanto per un mese, anziché due e hanno riconfermato che le elezioni si terranno secondo quanto previsto. Così il nostro “favorito” Uber-perdente Poroshenko ha fallito di nuovo con il suo piano e noi, in questo frangente, dobbiamo guardarci da qualche altra iniziativa folle, perché il regime non cadrà senza rumore. Restiamo in guardia!

2124.- Hans Werner Sinn sulla crisi economica Italiana

Sinn, Hans-Werner, Germany - President ifo institute, May 21, 2015.

 

  • L’Italia non ha capacità competitiva all’interno dell’eurozona. L’Italia, per Sinn, non ha fatto niente per recuperare la sua competitività.
  • Allo stesso tempo nella popolazione gli euroscettici sembrano essere numerosi come in nessun altro Paese europeo.

Sinn, in un articolo sul blog <Voci dalla Germania>, interrogandosi “sulle ragioni dell’ascesa dei partiti populisti in Italia, ne individua la causa negli euro-salvataggi. Secondo Sinn le scelte “interventiste” della BCE si configurano sempre più come scelte politiche keynesiane più che come politiche monetarie; il Quantitative Easing ha di fatto impedito la fondamentale contrazione dei salari italiani per riacquistare competitività”.

Sinn cita, invece, come un caso di successo, l’Irlanda, dove non vi sono stati interventi-tampone e dove l’aggiustamento verso il basso di retribuzioni e prezzi ha favorito la successiva ripresa. La ripresa per chi, chiedo io?

L’ex presidente dell’IFO è ormai in pensione, ma non sembra voler lasciare la scena e ritirarsi definitivamente. In un’intervista con il quotidiano “Welt” spiega quale, secondo lui, sarà il primo Paese a lasciare l’Euro. Non si tratta della Grecia: Sinn ritiene che il Paese che per primo abbandonerà la moneta unica sarà proprio l’Italia. “La probabilità che l’Italia resti in maniera permanente parte dell’eurozona scende di anno in anno”, dice l’economista, “il Paese non sa gestire la moneta unica. L’economia italiana non è competitiva e non ha negli anni scorsi compiuto gli sforzi necessari per tornare a esserlo”.

“Davvero mi chiedo quanto l’Italia riuscirà a rimanere ancora nell’Eurozona”

La situazione economica nel Paese sembra essere così disperata che la fuoriuscita dall’Euro parrebbe solo una questione di tempo. “Davvero mi chiedo quanto l’Italia riuscirà a rimanere ancora nell’Eurozona”, afferma l’ex presidente dell’istituto di Monaco.

Rispetto agli anni precedenti alla crisi la produzione è scesa del 22% e sono sempre di più le imprese che falliscono. La disoccupazione giovanile si attesta poco sotto al 40%. “Nessun Paese sopporta una situazione così catastrofica per molto tempo”, afferma l’economista.

Sinn stesso non vorrebbe che l’Italia uscisse dall’Euro, ma, afferma, nell’establishment italiano non si vedrebbero scelte alternative. “La metà degli italiani vuole uscire dall’Euro. Si tratta della percentuale più alta registrata in tutti i Paesi in cui è stata svolta un’indagine a questo proposito”, dice l’economista.

“Lo scetticismo nei confronti dell’Euro continua ad aumentare”

“Sia considerando la classe dirigente che gli elettori, lo scetticismo nei confronti dell’Euro continua ad aumentare.”

Nonostante la gravissima situazione economica non vengono però, secondo Sinn, implementate le riforme necessarie: “Si dovrebbe lavorare sulla competitività dell’economia, ma non sta cambiando niente. In Italia si parla molto, ma non si fa nulla.”

L’economia italiana continua a produrre a prezzi eccessivi per essere competitiva a livello internazionale, sostiene l’economista. Il livello dei prezzi era eccessivamente alto già prima della crisi finanziaria del 2008, e da allora non è sceso minimamente. Dal 1995 il costo di produrre in Italia è anzi salito del 42% rispetto a quello che si sostiene in Germania (Articolo pubblicato in origine su HuffPost Germania. Tradotto in italiano da Lisa Di Giuseppe).

L’Italia non ha fatto nulla per rilanciare la propria competitività

e “PER I TARGET2 SE USCIAMO DALL’EURO”.

Target2 è un sistema di pagamento di proprietà dell’Eurosistema, che ne cura anche la gestione. È la principale piattaforma europea per il regolamento di pagamenti di importo rilevante; viene utilizzato sia dalle banche centrali sia dalle banche commerciali per trattare pagamenti in euro in tempo reale.

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Cosa sono i sistemi di pagamento?

Le economie moderne devono poter contare su un flusso di operazioni sicuro ed efficiente; i sistemi di pagamento sono la “rete idraulica” che permette alla moneta di fluire nell’economia. Target2 è un sistema di pagamento che consente il trasferimento di moneta tra le banche dell’UE in tempo reale. Questa funzione è definita regolamento lordo in tempo reale (real-time gross settlement, RTGS).

Hans Werner Sinn lo spiega chiaramente: “I crediti Target della Bundesbank rappresentano ormai quasi la metà (49%) delle attività nette sull’estero tedesche”. Al contrario, i debiti Target dei paesi sud-europei, Grecia, Italia, Portogallo e Spagna (GIPS) alla fine di ottobre avevano raggiunto 811 miliardi di Euro. Per i paesi GIPS queste transazioni sono un affare: possono scambiare titoli con una scadenza, un rendimento da pagare e in mano a investitori privati potenzialmente problematici con un debito puramente contabile, senza interessi, senza scadenza e nei confronti della loro banca centrale – istituzioni che secondo il Trattato di Maastricht avrebbero dovuto avere una responsabilità limitata e senza alcun obbligo di intervenire con pagamenti aggiuntivi.

Se il sistema dovesse saltare e questi paesi dovessero uscire dall’Euro, le banche centrali nazionali sarebbero fallite, in quanto i loro saldi Target sono denominati in Euro e i loro crediti nei confronti dei rispettivi stati e delle banche nazionali sarebbero convertiti nella nuova moneta svalutata. I crediti Target si dissolverebbero nell’aria, la Bundesbank e la banca centrale olandese potrebbero solo sperare che le altre banche centrali rimanenti intendano partecipare alle perdite.

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Chi ci vuole fuori dall’euro? non sono gli euroscettici italiani, ma gli economisti tedeschi

Hans Werner Sinn, anzitutto, considera il nostro saldo negativo Target 2 come un “Debito” della Banca Centrale Italiana nei confronti della controparte tedesca, la BuBa, che al contrario presenta un saldo positivo, quindi, osserva che non esiste nessuna garanzia per il credito della BuBa nei confronti degli altri paesi debitori.

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Come si generano i saldi target 2? Per esser telegrafici:

  • dai pagamenti della bilancia commerciale fra Italia e Germania, in squilibrio a favore di Berlino per alcuni miliairdi di euro, ma nulla di drammatico;
  • dagli investimenti italiani in Germania;
  • dalle operazioni di acquisto titoli presso la borsa di Francoforte o comunque in Germania;
  • dall’apertura di conti correnti di italiani in Germania (cioè da debiti del sistema bancario tedesco verso italiani).

Appare chiaro che l’effetto dei desiderata di Sinn sarebbe:

  • l’azzeramento del saldo commerciale positivo della Germania verso l’Italia , da sostituirsi con produzioni italiane;
  • la limitazione degli investimenti di italiani nel paese teutonico;
  • la limitazione di operzioni di italiani sulla borsa di Francoforte, ed il ritorno all’utilizzo di operatori italiani;
  • la chiusura delle aperture di CC in Germania o , in generale, dell’acquisto di attivi finanziari tedeschi da parte  di italiani.

Si avrebbe, allora, un “Euro tedesco”, che avrà un valore superiore ad un “Euro Italiano” o ad un “Euro greco”; infatti se volessi comprare in Germania dovrei offrire un premio, perchè, ad esempio, dovrei rendere ad un tedesco più conveniente comprare in Italia. Invece, la moneta unica deve valere lo stesso a Helsinki come ad Cipro. La base della moneta unica (non solo europea, ma di qualsiasi parte del mondo), sarebbe rotta ed avremmo più aree con più monete, con valori diversi. Una situazione simile a quella che sussisteva nell’epoca dei comuni, quando esistevano il “Grosso” tortonese ed il “Grosso ” genovese o milanese, ognuno però con valori diversi.

Quindi la strada di Sinn e della superbia germanica, ma, spero, non dell’IFO, è quella di spezzare l’euro creandone uno forte, dei paesi con target 2 positivo, ed uno debole con i paesi del target 2 negativo, e, paradossalmente, il commercio fra le due aree sarebbe più complesso che con l’estero: perchè se esistono cambi ufficiali fra euro e dollaro, yen, yuan, o rublo, chi o cosa fisserebbe il cambio fra un euro forte ed un euro debole ?

 

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A cura di @PaMar

Sinn ha recentemente pubblicato sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, FAZ, un articolo in due parti dal titolo “Italiens regierung will mehr schulden machen als bruessel erlaubt”,  La tragedia Italiana, recuperabile dal suo sito personale. Il Blog <Voci dalla Germania> ne pubblica una traduzione italiana. Lo troviamo su Scenari economici.

Le 4 vie d’uscita dalla situazione attuale per l’ordoliberismo tedesco. I sogni di Hans Werner Sinn (ed il Golpe di Berlusconi)

Come abbiamo detto, Hans Wener Sinn è membro de think tank ufficiale del governo tedesco IFO, quindi le sue parole sono piuttosto pesanti e , per quanto apparentemente non sensate, o basate su presupposti fallaci, sono da prendere con serietà e con peso.

Nella seconda parte, dell‘articolo per la FAZ, dal titolo leggermente drammatico: “La tragedia Italiana” Sinn commenta, in maniera molto realistica, l’ultimo atto della crisi dell’eurozona e indica le  4 vie d’uscita che lui vede alla situazione di stallo attuale.

Prima di tutto descrive la situazione che ha prodotto l’euro, prendendo però un abbaglio, quando considera che l’Italia dei primi anni 90 era fallimentare: lo era , ma perché aveva accettato il “Pre euro” del cambio “peggato“.

Peg

Peg è un termine inglese che letteralmente significa “fissare” e che viene utilizzato in finanza ed economia per indicare la politica monetaria, attuata da un governo o da una banca centrale, che consiste nel fissare il tasso di cambio della valuta nazionale, rispetto ad un’altra valuta.

Il peg può essere regolabile nel tempo e può consentire un range di oscillazione dei prezzi attorno al prezzo stabilito. Esempi possono essere quelli dello Yuan Cinese (CNY), fissato contro il Dollaro USA (USD), o il Franco Svizzero (CHF), fissato contro l’Euro (EUR). È questo il cambio “peggato”.

A cosa serve il Peg?

I peg imposti sulle valute permettono agli esportatori di sapere esattamente quale sarà il valore del tasso di cambio al momento delle loro transazioni, semplificando così il commercio. Contribuisce a tenere sotto controllo l’inflazione.

 

Sciolto quel vincolo, dopo il 1994 il debito era tornato a decrescere ed ha proseguito su quella strada sino al peg con l’euro:

Quindi, semplicemente, l’Italia non è adatta ad una politica ordoliberista. Fatta questa premessa, però, Sinn conferma quello che tutti sappiamo: dopo la crisi del 2008 la produzione industriale del sud Europa non si è ripresa:

Naturalmente, tutta colpa della nostra innata pigrizia mediterranea. Interessante è l’affermazione, o la ripresa della notizia, delle trattative segrete di Berlusconi nel 2011 per sganciarci dall’Euro, contemporanee ad identiche tratative di Papandreou, che costarono a questi due leader la carriera politica. Furono costretti a lasciare dalle Banche, il che mostra come i banchieri siano di corte vedute.

Naturalmente Monti “il Buono ” ha provato a  riformare, peccato che abbia fatto salire di 15 punti il rapporto debito PIL (ma questo dato gli sarà sfuggito, come molte altre cose), comunque, vediamo le 4 soluzioni che vede Sinn per l’impasse attuale:

  • La garanzia congiunta europea del debito pubblico e privato con sostituzione dei titoli nelle banche (pensiamo italiane, ma non solo) con garanzie europee. Naturalmente questa soluzione non piace al nostro ordoliberista austero, perchè trasformerebbe tutta l’Italia in un “Mezzogiorno”. Certo magari in Italia si comprano BMW, come una volta a Palermo si compravano Alfa Romeo, ma non sottilizziamo;
  • Deflazionare violentemente il sistema italiano con un forte  calo (nell’ordine dell’8-12%)  delle remunerazioni, da ottenersi attraverso profonde riforme, disoccupazione etc. Del resto, dice Sinn, la Grecia e la Spagna  ci sono riuscite, ed, infatti, adesso hanno un gradevole tasso di dsoccupazione del 18% la prima e del 15% la seconda, dopo anni a tassi attorno al 20%. Quindi, dopo 5-10 anni di disoccupazione DOPPIA dell’attuale (e con i criteri ISTAT…) FORSE saremmo efficienti e “più tedeschi”. Lo stesso Sinn ritiene la cura poco sopportabile, oltre che foriera dell’esplosione del sistema creditizio;
  • Il terzo è una maggiore inflazione per la Germania e per il Nord Europa, circa il 2%,  una via teoricamente indolore perché basterebbe proseguire con il QE e che incrementerebbe la ricchezza finanziaria nordica. QUINDI non verrà perseguita, perchè, altrimenti, questi popoli potrebbero diventare spendaccioni…
  • Il quarto è l’uscita dell’Italia dalla zona euro seguendo la guida stabilita dell’Ecofin per la Grecia in modo informale (ne parla anche Varoufakis che ne discusse con Schaeuble). In quel caso il problema sarebbe la fuga dei capitali ed i danni per le banche estere dalla svalutazione per ridenominazione del debito italiano. Problemi, quindi, sono per la Francia e per i mercati, come se con le perdite dei  corsi High Tech del 40% e con la crisi politica in atto, a Parigi, non ci fossero già problemi.

Chiaramente Sinn, come Schaeuble a suo tempo, sostiene la quarta opzione, anche se non ha capito nulla, o pochissimo delle posizioni del ministro Savona, che evidentemente non ha mai letto. Invece, Macron punterà sul punto primo, oppure, sul secondo. La nostra opposizione interna, PD e FI puntano decisamente alla numero due, cioè alla forte deflazione salariale pur di restare nell’euro, a cui sono politicamente legati mani e piedi: Ci vedete Tajani riacquistare una qualsiasi funzione politica in Italia? Questo è il campo di battaglia della situazione attuale, dove si affrontano forze non trasparenti ed incontrollabili. L’importante è mantenere la calma ed agire in modo coerente e razionale.

Infine, ma non ultima: sull’immigrazione e lo stato sociale

Dal sito Hookii, traggo un’analisi in cui Hans Werner Sinn (l’articolo pubblicato su Project Syndicate è disponibile sul sito di Hans-Werner Sinn in versione completa) ha analizzato la relazione tra welfare state e libertà di movimento nell’Unione Europea. È datato, ma attuale:

Welfare states are fundamentally incompatible with the free movement of people between countries if newcomers have full access to public benefits as soon as they arrive. If we are to take the free movement of people seriously, we should slaughter the sacred cow of immediate eligibility.

MUNICH – The armed conflict destabilizing some Arab countries has unleashed a huge wave of refugees headed for Europe. About 1.1 million came to Germany alone in 2015. At the same time, the adoption of the principle of freedom of movement within Europe has triggered massive, but largely unnoticed, intra-European migration flows.

Lo traduco perché meditiate:

26 gennaio 2016 HANS-WERNER SINN
Gli stati fondati sul welfare sono fondamentalmente incompatibili con la libera circolazione dei nuovi arrivati, man mano che arrivano. Se vogliamo prendere sul serio la libera circolazione delle persone, dovremmo massacrare la vacca sacra dell’ammissibilità immediata (Faccio notare che, oggi, al Governo, si litiga, o si finge di litigare per la sottoscrizione del Global Compact for Migration. Ndr).
MONACO – Il conflitto armato che destabilizza alcuni paesi arabi ha un’ondata di profughi diretti verso l’Europa. Circa 1,1 milioni sono arrivati solo in Germania nel 2015. Allo stesso tempo, l’adozione del principio della libertà di circolazione in Europa ha innescato massicci flussi migratori intra-europei, ma in gran parte inosservati.

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Aggiungo quanto affermato da un articolo dell’Economist riprendendo un’analisi del Centre for Global Development, think-tank nonprofit americano, da leggere avendo presente le politiche di Visegrad e del presidente Donald Trump, in particolare, nei riguardi del Messico e del suo rifiuto di sottoscrivere il Global Migration Compact, al contrario di Conte e Moavero (il No della Lega cui accennavo è un artifizio a scopi elettorali? Lo vedremo presto perché l’alternativa alla sottoscrizione, per Salvini, senza tirare in ballo la sovranità del Parlamento, è l’uscita e la caduta del Governo):

Se gli abitanti dei paesi poveri del mondo potessero muoversi liberamente nei paesi sviluppati guadagnerebbero molto di più che stando nei loro paesi d’origine.

“Labour is the world’s most valuable commodity—yet thanks to strict immigration regulation, most of it goes to waste,” argue Bryan Caplan and Vipul Naik in “A radical case for open borders”. Mexican labourers who migrate to the United States can expect to earn 150% more. Unskilled Nigerians make 1,000% more

“Bryan Caplan e Vipul Naik sostengono che si tratta della materia prima più importante – eppure quella di una regolamentazione rigorosa sull’immigrazione”, sostiene un caso radicale di apertura delle frontiere “. I lavoratori messicani che emigrano negli Stati Uniti possono aspettarsi di guadagnare il 150% in più. I nigeriani non qualificati guadagnano il 1.000% in più..

Si stima che, in caso di frontiere aperte, circa 630 milioni di persone potrebbero decidere di spostarsi dal loro paese – non importa se questi numeri potrebbero essere sovra o sottostimati a seconda delle circostanze.

Le preoccupazioni dei “nativi” riguardano principalmente la possibilità che gli stranieri minino le basi dello stato – sia a livello di diritti che a livello di stato sociale – portino più crimine, più terrorismo ed abbassino gli stipendi dei lavoratori locali. Queste considerazioni devono essere parallelate al tipo di migrazione e tengo a puntualizzare che in Europa arrivano masse di fannulloni maschi, senza né legge né morale e con una percentuali di malattie varie, anche letali, intorno al 50%.

2123.-BOTTA E RISPOSTA FRA UKRAINA E RUSSIA, MA PUTIN SA COSA VUOLE.

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Putin ha risposto alle sanzioni di Kiev con le contro-sanzioni russe, ma, dal conflitto politico, si è passati alle armi.

Dopo la Crimea, i russi hanno annesso il mar d’Azov e, ora, difendono lo stretto di Kerch con le armi dal tentativo delle navi da guerra ucraine di violarlo.

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Alla radice del confronto, c’è l’annessione, meglio, la cancellazione del trasferimento della Crimea alla Repubblica Sovietica dell’Ukraina, voluto da Breznev, ma sempre nell’ambito dell’URSS. Descrivemmo Sevastopol come la base della flotta russa del Mediterraneo, fin dai tempi degli zar e che paragonammo alla base di Pearl Harbour per gli Stati Uniti. Putin difende la Russia e la pace dall’avanzata della NATO sulle sue frontiere e ha annesso il Mar d’Azov, cruciale per la sicurezza russa. All’epoca del crollo dell’Unione Sovietica, nel dicembre 1990, l’allora presidente Bush (“41”) rassicurò la dirigenza russa che per gli Stati Uniti l’Ucraina sarebbe restata nella “sfera d’influenza russa”. Per comprendere le ragioni di questa annessione, ricordo il via vai della US NAVY dal Mar Nero, ma anche la strategia degli USA, che mira a impegnare le forze strategiche russe sugli obbiettivi di frontiera, prima che a quelli sul suolo americano. Da parte ucraina, le contro-sanzioni e l’annessione del Mar d’Azov sono considerate da Kiev come la continuazione dell’aggressione russa iniziata nel 2014, un ulteriore atto che mira a destabilizzare lo scenario politico e le relazioni con i principali attori economici che hanno interessi in Ucraina. una incredibile e arrogante ingerenza da parte degli Stati Uniti negli affari interni di uno Stato sovrano. Il presidente del consiglio Mikola Azarov dichiarò: “Venne da me la consigliera diplomatica del presidente Obama, Victoria Nuland, a pormi una sorta di ultimatum: o accettavo di formare un nuovo governo di unità nazionale che accontentasse gli anti russi oppure l’America non sarebbe stata a guardare”. Victoria Nuland ebbe un ruolo di primo piano e l’ambasciata USA a Kiev fu il centro operativo. E venne Piazza Maidan.

L’Ukraina, la Grecia e l’Italia sono l’immagine triste di ciò che la finanza USA farà dell’Europa: in Ucraina con le armi, in Grecia con la finanza e in Italia con i massoni.

l’Ukraina è il terzo maggior esportatore di mais,
l’Ukraina è il quinto esportatore mondiale di grano,
l’Ukraina ha 32 milioni di ettari di terra coltivabile equivalente a un terzo totale della terra produttiva dell’Unione Europea.

Grazie al conflitto armato ucraino, le multinazionali USA del settore agricolo Monsanto, Cargill e DuPont hanno fatto crescere i loro investimenti nel paese in modo esponenziale.

Il controllo del sistema agricolo ucraino è un fattore fondamentale nel maggior conflitto tra Est e Ovest dalla fine della Guerra Fredda.

 

Le contro sanzioni russe hanno costituito un avvertimento per l’elité politico-finanziaria ucraina, tuttora, compromessa economicamente con la Russia, perché non avranno ricadute sui colossi industriali ucraini del sud est europeo, soprattutto, della produzione e commercializzazione di prodotti alimentari; infatti, è dal 2014, che questi non esportano più in Russia. Fin qui, il conflitto è stato politico. Ed è un botta e risposta perché le contromisure russe verrebbero cancellate nel caso in cui Kiev decidesse di revocare le proprie; altrettanto e veniamo ad oggi, le navi russe non avrebbero, prima ingaggiato e, poi, attaccato quelle ucraine se queste non avessero tentato azioni di forza. Le navi russe controllano lo stretto di Kerch da luglio, ma non c’è nessun blocco navale russo e nessun impedimento al traffico marittimo internazionale, non solo ucraino, quindi . Infatti, un protocollo del 2003 consente e garantisce il libero transito mercantile. in seguito a ripetuti atti di pirateria da parte dell’Ukraina, per esempio, arresto illegale di navi commerciali sotto bandiera russa, la marina russa ha istituito un controllo, non più solo formale, ma reale, del traffico marittimo. Come risultato, nel porto di Mariupol, il principale scalo ucraino sul Mar d’Azov, non attraccano più navi, vuoti sono i container che giacciono sulla banchina, ferme le gru che puntellano un paesaggio immobile. Così, Matteo Zola, per East Journal:“La quiete di Mariupol, snodo per le merci prodotte nella regione, è lo specchio della tensione che ancora agita il paese.

La città è stata circondata dai filorussi e ancora adesso è stretta nella morsa dei check-point. Da qualche tempo, anche nel mare – unico sfiatatoio della città – è stato eretto un muro: navi da guerra russe bloccano lo stretto di Kerch impedendo l’accesso al mar d’Azov. Mercantili e pescherecci restano come imprigionati in uno stagno. I commerci verso il mar Nero sono bloccati.”Zola non vuole ammettere che la base della flotta russa sia stata e sarà in Crimea e prosegue: “Quelle che erano acque divise fra Russia e Ucraina e, in base a un accordo del 2003, liberamente navigabili dai navigli dei due paesi, sono diventate acque -illegalmente- russe dopo l’annessione -altrettanto illegale- della Crimea.” “Le acque territoriali ucraine sono state ridotte della metà. La Russia afferma che il blocco è una misura preventiva per difendere il ponte di Kerch, recentemente costruito ad unire le due sponde dello stretto omonimo, dall’attacco di terroristi ucraini. Kiev ribatte che si tratta di un tentativo, peraltro riuscito, di isolare la città in vista di futuri attacchi.

Le poche navi cui le autorità russe consentono l’accesso subiscono lunghi ed esasperanti controlli da parte delle guardie di frontiera marittime russe, causando ulteriori perdite finanziarie sia per i porti, sia per le compagnie di navigazione. “Il controllo dura da tre a quattro ore, ma aspettare gli ispettori richiede fino a cinque giorni”, ha dichiarato il direttore del porto di Mariupol, Oleksandr Oliynyk. La naturale conseguenza di questi controlli è l’abbandono del porto di Mariupol da parte degli armatori e delle aziende di trasporto marittimo.” Fino a ieri, Kiev era consapevole che provocare i russi sarebbe stato un regalo per loro. Da oggi, non più.

UKRAINA: I russi hanno attaccato nel mar d’Azov, feriti tra i soldati ucraini

La vicenda è iniziata domenica 25 novembre, quando una nave della Guardia costiera russa ha speronato un rimorchiatore ucraino durante un trasferimento di navi ucraine dal porto di Odessa al porto di Mariupol nel Mar d’Azov, causando danni al motore e allo scafo. Le tre navi ucraine – il “Berdiansk”, il “Nikopol” e il “Yany Kapu” – avevano ignorato “le richieste formali di fermarsi” e “eseguivano manovre pericolose” e le navi da guerra russe dovettero aprire il fuoco per costringerli a fermarsi, dice l’FSB. Le tre navi furono poi sequestrate e rimorchiate nel porto di Kerch in Crimea .

Oleksiy Bondarenko  

Sale la tensione tra Ucraina e Russia nel mar d’Azov dopo che navi militari russe hanno attaccato domenica scorsa alcune imbarcazioni con bandiera ucraina. Si riportano almeno una mezza dozzina di feriti tra i militari ucraini. E’ il primo vero scontro ufficiale tra Mosca e Kiev da quando la Russia ha annesso la Crimea nel 2014.

Le premesse

Da alcuni mesi le acque del mar d’Azov sono diventate lo scenario di un confronto sempre più muscolare tra Mosca e Kiev. Quelle che erano acque divise fra Russia e Ukraina e, in base a un accordo del 2003, liberamente navigabili dai navigli dei due paesi, sono diventate acque russe dopo l’annessione della Crimea. Gli ucraini accusano i russi di aver chiuso lo stretto di Kerch attraverso un blocco militare impedendo il regolare accesso delle loro imbarcazioni.

I fatti

Domenica mattina tre navi militari ucraine avevano lasciato Odessa, dirigendosi verso Mariupol, il principale porto ucraino sul mar d’Azov. Nel momento del loro avvicinamento allo stretto di Kerch, l’unico punto di passaggio verso il mar d’Azov, i vascelli sono stati intercettati dalla marina militare russa che ha prima cercato di speronare una delle imbarcazioni per poi aprire il fuoco. Il conflitto ha provocato diversi feriti tra i militari ucraini, con un soldato che rimane in gravi condizioni. Le tre navi ucraine sono state scortate fino al porto di Kerch, illegalmente sotto la giurisdizione russa, dove rimangono sotto ‘sequestro’.

Lo scambio di accuse

L’escalation ha provocato un duro scambio di accuse tra Russia e Ucraina. Kiev ha definito lo scontro come una diretta aggressione da parte di Mosca. Secondo la marina ucraina, infatti, la controparte russa era stata avvisata con largo anticipo della manovra. In seguito allo scontro, una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale è stata convocata con massima urgenza, mentre tutti gli organi di difesa nazionale (esercito, guardia nazionale e polizia) sono stati messi in stato d’allerta.

Il Cremlino da parte sua dichiara la manovra delle navi ucraine presso lo stretto di Kerch come una provocazione e una violazione delle acque territoriali russe. Infatti, nonostante sia ancora in vigore un accordo del 2003 che permette la libera navigazione da parte dei due paesi del mar d’Azov, la Russia considera de facto quelle acque come proprie.

 

 

La reazione internazionale

Una delle più gravi escalation tra Russia e Ucraina non ha lasciato indifferente la comunità internazionale. Una riunione straordinaria delle Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è stato convocato per la serata di oggi. Sempre nella giornata di oggi sarà tenuto un incontro straordinario anche della commissione Ucraina-NATO. A Bruxelles intanto i rappresentanti UE hanno espresso tutta la loro preoccupazione per la crescente instabilità, invitando le parti ad adottare misure volte a stemperare la tensione e ripristinare la liberta di navigazione attraverso lo stretto di Kerch. Dopo alcune ore, infatti, questa mattina lo stretto di Kerch è stato riaperto alla navigazione di mezzi mercantili.

Leggi marziali a Kiev?

Il presidente ucraino Petro Poroshenko intanto ha dichiarato che nella serata di oggi presenterà in parlamento la proposta di introdurre le leggi marziali. Anche se il reale contenuto della proposta potrà essere valutato solamente dopo l’eventuale approvazione da parte del parlamento (seduta prevista per oggi a partire dalle 15 ore italiane), in linea generale le leggi marziali potranno comportare una riduzione delle libertà civilipolitiche (compresa la sospensione delle elezioni) ed economiche per un determinato periodo di tempo (probabilmente almeno 60 giorni), concedendo poteri straordinari al governo e al presidente. Il tutto sullo sfondo della campagna elettorale in vista delle prossime elezioni presidenziali (marzo 2019), in cui il rating dell’attuale presidente continua – almeno fino alla giornata di ieri – a colare a picco. In attesa di capire gli ulteriori sviluppi, questa nuova crisi tra Russia e Ucraina rimane, a ben vedere, indissolubilmente legata alle vicende politiche interne.

2122.- Contromarcia: L’Ue non sanzionerà l’Italia, aspetta che i mercati soffino sullo spread. L’analisi del prof. D’Antoni di Redazione Start Magazine.

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Le previsioni sballate della Commissione europea in passato sul Pil, la decisione di Bruxelles sull’Italia, l’iter della procedura d’infrazione e le vere mire del governo Ue. Tweet, commenti e analisi di Massimo D’Antoni, docente di Scienza delle Finanze all’università di Siena: “Il vero elemento di pressione sull’Italia verrebbe cioè esercitato dalla difficoltà a collocare i titoli di Stato presso gli investitori”

 

Di seguito brevi stralci dell’intervista del prof. D’Antoni a Lorenzo Torrisi del Sussidiario.net

LA VERA PORTATA DELLA PROCEDURA DI INFRAZIONE CONTRO L’ITALIA

La procedura di infrazione non è di per sé un evento eccezionale. Per esempio, noi ne siamo usciti nel 2013, la Francia ne è uscita l’anno scorso e la Spagna quest’anno. Si tratta di un diverso regime di controlli da parte dell’Europa che comporta richieste più pressanti di aggiustamento dei conti. La storia recente dimostra comunque che si può essere in regime di infrazione per diversi anni senza subire conseguenze pesanti.

LE SANZIONI POTENZIALI E LE MIRE REALI DI BRUXELLES SULL’ITALIA

In tal caso c’è la possibilità di comminare sanzioni, ma non mi risulta che in passato si sia mai arrivati a questo punto. Ho l’impressione che la stessa Commissione più che sui meccanismi politico-sanzionatori conti sull’effetto indiretto che la situazione di conflitto che si è venuta a creare provoca via mercati finanziari. Il vero elemento di pressione sull’Italia verrebbe cioè esercitato dalla difficoltà a collocare i titoli di Stato presso gli investitori. Bruxelles sa benissimo che la pressione dei mercati finanziari potrebbe indurre un Paese molto indebitato come il nostro a cedere.

PERCHE’ NON CI SONO VIE D’USCITA PER L’ITALIA

All’Italia non siano state date vie d’uscita diverse dal ritiro della manovra e dal rispetto delle regole. C’è una visione proprio diversa su quello che è necessario fare: il Governo ritiene che occorra rilanciare la crescita attraverso la domanda. Nei rapporti della Commissione leggiamo che dall’anno prossimo l’economia italiana avrà raggiunto il suo potenziale, e quindi non è più possibile per il nostro Paese invocare come in passato il persistere di una situazione di crisi.

LE CONTESTAZIONI DELLA COMMISSIONE EUROPEA ALL’ITALIA E AL GOVERNO CONTE

La Commissione rimprovera all’Italia di non ridurre il debito in maniera adeguata, in linea con le regole del patto di stabilità, ma nello stesso tempo si ammette che con la manovra il debito in rapporto al Pil non aumenterebbe, nemmeno alla luce delle sue stime che sono meno generose di quelle utilizzate dal Governo e dall’Istat. Insomma, il motivo della bocciatura non è un debito fuori controllo, ma la scelta del Governo di stabilizzarne la dimensione in rapporto al Pil invece di ridurlo in modo deciso come sarebbe richiesto dalla cosiddetta regola del debito. Si tenga conto a questo riguardo che tale regola non è stata rispettata nemmeno negli anni passati.

2121.-Perché si cela una mazzata all’Italia nel patto Merkel-Macron su conti statali e debito pubblico.

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Che cosa può nascondere per l’Italia il patto Francia e Germania al centro dei lavori dell’Eurogruppo. Il commento di Gianfranco Polillo

Dopo la vicenda un po’ burlesca dei termovalorizzatori (se ne farà uno in ogni provincia o si chiuderanno quelli della Lombardia?) un’altra tegola rischia di abbattersi sul governo giallo verde. E riguarda le prospettive europee. I lavori dell’Eurogruppo, che si sono appena conclusi, sono riservati, per non dire segreti. Al termine della riunione solo generiche assicurazioni da parte dei principali protagonisti. Ed ecco allora il ministro delle Finanze tedesche, Olaf Scholz, esultare, al termine della seduta: “Il 90-95 per cento del lavoro è fatto, resta ancora una parte cruciale da fare ma nel complesso è un successo”.

Sembrerebbe, quindi, che il treno della riforma del bilancio europeo sia partito, senza incontrare resistenze. “Sono stato felice di vedere – ha aggiunto il ministro tedesco nella conferenza stampa tenuta insieme al collega francese Bruno Le Maire – che nessuno è stato offeso dalla proposta franco-tedesca ma al contrario tutti sono stati d’accordo e c’è stato un dibattito molto cooperativo”. Quindi anche l’Italia non sembrerebbe aver posto obiezioni. Ed allora le prese di posizione nettamente contrarie di Matteo Salvini?

Riavvolgiamo il nastro. Il nodo del contendere era l’istituzione di un bilancio dell’Eurozona, la cui finalità doveva essere quella di aiutare i Paesi membri a realizzare le riforme indispensabili per conseguire una crescita più sostenuta. Riforme in genere costose dal punto di vista politico e sociale, a causa del loro impatto su abitudini consolidate. Avere a disposizione maggiori risorse può essere, quindi, lo strumento indispensabile per oliare giunture da tempo ossificate e promuovere i necessari processi di cambiamento. In passato erano i singoli Stati nazionali a realizzare progetti simili, com’era avvenuto in Germania con le riforme del mercato del lavoro, portate avanti da Peter Hartz. In quel caso le maggior risorse derivavano dalla possibilità di fare un deficit di bilancio anche superiore al 3 per cento del Pil, senza incorrere nei rigori della Commissione europea.

Che Bruxelles pensi di razionalizzare l’intero sistema, appostando a bilancio una cifra di 22,2 miliardi da redistribuire ai Paesi più virtuosi è cosa buona e giusta. Salvo naturalmente un giudizio finale sull’eventuale consuntivo. La coda del diavolo è nei dettagli. Da queste provvidenze – ma anche questo ha una sua logica – saranno esclusi quei Paesi che non rispettano le prescrizioni indicate dalla stessa Commissione, in sede d’esame dei programmi nazionali. A rigore, quindi, l’Italia dovrebbe essere fuori, essendo candidata ad essere l’imputato principale del delitto di violazione della “regola del debito”. Si spiega pertanto la dura reazione di Matteo Salvini: porremo il veto. Ma così, stando almeno alle dichiarazioni rese, non sembrerebbe essere stato.

Nel labirinto degli specchi, che caratterizza i lavori della Commissione, è difficile cogliere i punti di caduta delle discussioni in corso. Specie se il contesto è ancora estremamente fluido. Inoltre l’Italia si trova esposta su più fronti. Deve far digerire – se mai ci riuscirà – la “manovra del popolo” che a Bruxelles è vista come il fumo negli occhi. Forse aprire un altro fronte di scontro, prima di conoscere quali saranno le decisioni sull’eventuale procedura d’infrazione, non conveniva. Questo spiegherebbe le dichiarazioni sibilline di Scholz. In che cosa consiste esattamente “la parte cruciale” che resta da fare? Incorpora le riserve italiane? O altro? Visto che su un tavolo parallelo si sta anche discutendo di rinegoziazione dei titoli del debito pubblico.

Com’è noto i titoli aventi durata superiore ad 1 anno sono caratterizzati dalla cosiddetta clausola CAC’s (class actions). Sulla scorta degli avvenimenti greci, ogni rinegoziazione delle originarie clausole di emissione deve essere sottoposta ad una trattativa tra l’Ente emittente ed i suoi creditori. Trattandosi di titoli a larga diffusione, le attuali regole prevedano che la controparte privata sia costituita dalla maggioranza dei relativi possessori. L’eventuale trattativa, che può riguardare le scadenze, i livelli di interesse, l’abbattimento del capitale – l’hair cut – fino a giungere alla ridenominazione in valuta locale, nel caso di exit, è portata avanti da una maggioranza qualificata, che può escludere i possessori retail. Quei risparmiatori cioè che, spesso in modo inconsapevole, hanno seguito le indicazioni della propria banca.

A livello europeo si sta discutendo delle eventuali modifiche delle relative regole. Discussione che ha incontrato l’opposizione del ministro Tria, stando almeno ad informazioni stampa. L’elemento di riservatezza, che circonda queste discussioni, non consente di avere contezza della posta in gioco. Che comunque, nel caso italiano, dato il livello del debito, è rilevante. Per fortuna si tratta ancora di un livello istruttorio. Ma sarebbe comunque opportuno conoscere il dettaglio, onde evitare il bis del “bail in”. Quelle misure passarono nell’assoluta indifferenza generale. Lo stesso Parlamento si limitò a mettere il bollo, salvo poi trovarsi scoperto a seguito dei fallimenti bancari, i cui costi li pagheremo nell’attuale manovra. Evitiamo pertanto gli errori del passato, con una discussione aperta, fuori da circuiti misteriosi.

Come si vede la carne al fuoco è tanta. Si va dalla forse ormai inevitabile procedura d’infrazione, che alimenta il tormentone degli spread (oggi intorno a 330 punti base), all’eventuale esclusione dell’Italia dalle risorse del nuovo bilancio europeo, per giungere fino alle regole che garantiscono il rimborso dei titoli emessi, anche nell’eventualità di un’Italexit. Si può allora dar torto a Renato Brunetta, responsabile economico di Forza Italia, quando sollecita il premier Giuseppe Conte a recarsi in Parlamento per fornire un’adeguata informativa su tutta la vicenda?

 

2120.- Violences sur les Champs-Elysées :

RUPTLY ha fatto la cronaca diretta dai Campi Elisi per ore. Polizia in difficoltà, barricate e roghi, con la polizia francese a guardare i francesi e con i pompieri de Paris che hanno fatto dietro front. Se per stare in democrazia si deve arrivare a tanto…! Credo bene che Macron auspichi un esercito europeo da mandare in piazza.

Macron dovrebbe, deve dimettersi, ma non è libero neanche di questo. Sterile e sciocca la polemica instaurata dal ministro dell’interno contro Marine Le Pen. Anzi, stupida per l’inconsapevolezza del sentimento popolare che il ministro dimostra.

Le ministre de l’Intérieur a mis en cause, ce samedi midi, la présidente du Rassemblement national.

Il governo sta attaccando Marine Le Pen. Il ministro dell’Interno Christophe Castaner ha accusato il deputato e il presidente dell’Assemblea nazionale di essere la fonte della presenza di “sediziosi” nella dimostrazione dei giubbotti gialli sugli Champs-Elysées sabato mattina e fino a notte. Ha detto: “Una manifestazione che è degenerata con scontri tra forze dell’ordine e teppisti”. In realtà Marine Le Pen aveva interrogato il governo sul perché non ha autorizzato la pacifica dimostrazione dei Gilets Jaunes sui Champs-Elysées. Il ministro Castaner

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Christophe Castaner

Il ministro Castaner ha sottolineato  “una mobilitazione dell’estrema destra” tra i 5.000 manifestanti presenti sulla famosa strada. Secondo lui, le forze di polizia hanno dovuto “respingere i sediziosi” che “hanno risposto alla chiamata di Marine Le Pen e vogliono attaccare le istituzioni perché vogliono attaccare i parlamentari della maggioranza”.

Il presidente della RN ha risposto prontamente, soprattutto perché il termine “sedizioso” si riferisce storicamente – e il ministro Castaner probabilmente lo ha usato apposta – alle rivolte sanguinose del 6 febbraio 1934, quando gli estremisti – minacciarono l’Assemblea nazionale. “Ho chiesto al governo perché non permettesse ai giubbotti gialli di dimostrare sugli Champs-Elysees”, ha scritto Le Pen sul suo account Twitter.

Qu’est-ce qui justifie que le peuple français ne puisse pas manifester sur les Champs-Elysées, où beaucoup d’autres rassemblements (Coupe du Monde, Nouvel An,…) ont lieu ? MLP  GiletsJaunes  

“Oggi, il signor Castaner usa questa mia domanda per prendermi di mira. È squallida e disonesta l’immagine dell’autore di questo politico manipolatore “, fondata sul social network. “Ovviamente non ho mai chiesto alcuna violenza”, ha detto il presidente Le Pen.
Il ministro dell’Interno si riferiva a quel precedente tweet di Marine Le Pen. Venerdì, correttamente, si è interrogata su “cosa può giustificare il fatto che i francesi non possano protestare sugli Champs-Elysees, dove si svolgono molti altri incontri (Coppa del Mondo, Capodanno …)”.

Un’altra figura dell’opposizione, il leader della “Francia insubordinata” (che bel nome!) Jean-Luc Mélenchon, ha pure attaccato il ministro degli Interni. “Castaner vorrebbe che la dimostrazione di Gilets Jaunes fosse di estrema destra e di piccole dimensioni, ma la verità è che è una manifestazione in massa di tutta la gente. E questa è la fine per Castaner “, ha twittato il deputato di Bouches-du-Rhone.

La france est en marche! Ma di fronte alla marcia del suo popolo, Macron vuole riacquistare la sua marcia, imbastendo un grande dibattito a livello nazionale, sul modello della sua campagna elettorale porta a porta del 2016, coinvolgendo sindacati, associazioni, ONG, personalità. Anche i francesi sono attaccati alla poltrona. «Macron est dans son carrosse, nous, on meurt de faim» : paroles de Gilets jaunes. Così titola un video de Le Parisien.

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Se la politica italiana non ci soddisfa, i francesi non stanno molto meglio. Alla radice dello scontento e della rabbia di entrambi i popoli c’è l’austerità e il caro vita portatoci dall’Unione dei burocrati e dei banchieri da Bruxelles.

Ho seguito la telecronaca dei disordini di questa sera, con apprensione, per ore e, anche se c’è stata guerriglia di movimento da entrambe le parti, sono state erette soltanto alcune barricate e dato alle fiamme quanto poteva alimentare i roghi di sbarramento. Non ho visto teppisti, come li vidi nel ’68, al tempo in cui la banda di Gino Strada sprangava i poliziotti con le chiavi inglesi da mezzo metro: le famigerate Hazet 36.

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Nelle strade non c’è un partito dei Gilets Jaunes o la destra di Le Pen, c’è la protesta del popolo francese contro l’austerità e contro Macron. Lascio la parola alle immagini.

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2119 .- La bocciatura è stata una decisione politica, non tecnica

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Come scanzonato ricercatore di fake truth trovo divertente come molti di noi abbiano comunicato la prossima apertura della procedura di infrazione europea. Pierre Moscovicì contesta all’Italia anzitutto il percorso di riduzione del debito e poi quello del deficit. Ho usato il grassetto perché la ciccia della manovra è tutta qua: avendo messo avanti il debito anziché il deficit significa forse che i tempi siano diversi nell’implementazione della punizione? La risposta sarà sì? Da non esperto di trattati immagino proprio di sì. Allora la conclusione sarebbe ovvia: quella della Commissione verso l’Italia non è una decisione tecnica ma politica. Pochi l’hanno scritto in modo chiaro: certo, privilegiando il deficit anziché il debito il processo sarebbe stato più lento, con il debito al centro di tutto invece si cade nei tempi delle elezioni di maggio. Quindi una scelta birbante, voluta, tipica di una campagna elettorale giocata sull’infezione populista italica. Questa scelta taglia sì i tempi però ha un’implicazione: in termini pratici colpisce il governo giallo verde ma in termini di responsabilità inchioda le élite politiche passate (Pd e Fi).

Infatti, enfatizzando il debito la Commissione ha dovuto mettere sotto accusa tutti i governi (amici) dal 2011 in avanti (Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni), proprio quelli che si sono sempre adeguati alle loro indicazioni. Quindi, costoro sono stati i veri fabbricatori dell’ultima parte della deriva debito, visto che il Governo Conte, in carica da pochi mesi, non è ancora riuscito a fare danni in tal senso. Immagino come siano furibondi i quattro ex premier, tutti fumantini in modo diverso. Infatti hanno incassato il colpo tacendo, facendo finta di nulla e i media di regime li hanno coperti (amo alla follia queste fake truth in purezza).

Affranti gli economisti di regime, non è più la stagione dei loro modellini econometrici, non servono più le loro analisi pelose ma sempre uguali, ripetitive fino alla nausea, siamo entrati nel magico mondo dell’execution. La politica, bene o male poco importa, ha ripreso il suo ruolo. Anche i due vice premier sono arrivati all’appuntamento molto nervosi, molto stanchi, hanno viaggiato come trottole, hanno parlato troppo, spesso sconsideratamente. Hanno bisogno di mettersi in pausa per qualche tempo per rigenerarsi. Eccoci allora arrivati al momento in cui si palesa il ruolo di Giuseppe Conte, giudicato fin dal primo giorno in modo negativo dai “competenti” sulla base di una frasetta vanitosa del suo curriculum. Ora tocca a lui? Se sì, come finirà?.

È tempo di goderci lo spettacolo. Il mossiere Pierre Moscovici ha dato il via al Palio di Natale: caduto il nastro, asini, muli, ronzini sono partiti a razzo. La sensazione è che nessuno sappia per dove, lo scontro mortale fra burocrati e inetti si preannuncia divertente. Comunque tutti, ottusamente corrono, corrono. I “competenti” parlano, parlano. Gli euro burocrati minacciano, minacciano. Noi media scriviamo, scriviamo. I lettori si difendono dalle nostre fake truth non leggendoci. E allora, concediamoci un sereno Natale. Almeno quello.

Riccardo Ruggeri, 23 novembre 2018, RASSEGNA STAMPA DEL CAMEO di Nicola Porro.

E, a proposito di Babbo Natale…

denuncia-moscovici

 

2118.- LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO SI SOTTOMETTE ALL’ISLAM

di Judith Bergman • Gatestone Institute, 23 novembre 2018. La mia traduzione libera e i commenti devono essere approvati.

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La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) non solo è errata per stabilire un precedente per l’adesione alla sharia, alle leggi sulla blasfemia islamica, ma sembra essere basata su una serie di false premesse.
▪ Il vero messaggio che la CEDU ha inviato, poiché ha ceduto alle paure di “turbare la pace religiosa”, è che se le minacce funzionano. Continuate a minacciare! Che tipo di protezione dei diritti umani è quella?
▪ Sotanto, a proposito, chi è che arriva a decidere cosa è “incriminante”? Un tempo, era l’Inquisizione.
Le leggi islamiche sulla blasfemia sono state ora elevate alla legge naturale in Europa.
▪ Il 25 ottobre la Corte europea dei diritti umani ha dichiarato che il profeta islamico Muhammad “amava farlo con i bambini” e “… Un 56enne e un bambino di sei anni … ” va “oltre i limiti ammissibili di un dibattito oggettivo” e potrebbe essere classificato come “un attacco abusivo al Profeta dell’Islam, che potrebbe suscitare pregiudizi e minacciare la pace religiosa”.
▪ Il giudizio della Corte ha una lunga storia.

• Nel 2011, l’attivista della libertà di parola e dell’anti-jihad, Elisabeth Sabaditsch-Wolff, è stata giudicata colpevole da una corte austriaca di “denigrazione dei simboli religiosi di un gruppo religioso riconosciuto” dopo aver tenuto una serie di piccoli seminari: “Introduzione alle basi dell’Islam “,” L’islamizzazione dell’Europa “e” L’impatto dell’Islam “.[1]

Ndr: Come può essere riconosciuto dallo Stato un gruppo religioso incostituzionale e che va contro la Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea (CDFUE, Titolo Primo, articoli  1,  2, 3  e 10, almeno), in Italia anche nota come Carta di Nizza? Cito i primi tre articoli del Titolo Primo:

Articolo 1

Dignità umana

La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata.

Articolo 2

Diritto alla vita

Ogni persona ha diritto alla vita.
Nessuno può essere condannato alla pena di morte, né giustiziato.

Articolo 3

Diritto all’integrità della persona

Ognipersonahadirittoallapropriaintegritàfisicaepsichica.

• La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) non è solo sbagliata per stabilire un precedente per l’adesione alla sharia alle leggi sulla blasfemia islamica, ma sembra essere basata su una serie di false premesse.
• Il vero messaggio che la CEDU ha inviato, poiché ha ceduto alle paure di “turbare la pace religiosa”, è che se le minacce funzionano, continua a minacciare! Che tipo di protezione dei diritti umani è quella?
• Solo chi è, a proposito, che arriva a decidere cosa è “incriminante”? Precedentemente, era l’Inquisizione.
• Le leggi islamiche sulla blasfemia sono state ora elevate alla legge della terra in Europa.
▪ Nessun musulmano sembra aver frequentato i seminari di Sabaditsch-Wolff. La causa legale contro di lei è nata solo perché una rivista, NEWS, ha presentato una denuncia contro di lei dopo aver segretamente piantato un giornalista ai suoi seminari per registrarli.
▪ Wolff è stato condannato per aver detto che Muhammad “amava farlo con i bambini” e “… Un 56enne e un bambino di sei anni? … Come vogliamo chiamarla, se non è pedofilia?
▪ Il 15 febbraio 2011, la Corte penale regionale di Vienna – secondo la sintesi della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) – ha rilevato che “queste affermazioni implicavano che Muhammad avesse avuto tendenze pedofile”, e condannato Sabaditsch -Wolf “per aver denigrato le dottrine religiose” ai sensi dell’articolo 188 del codice penale austriaco, che recita:

“Chiunque denigra o deride pubblicamente qualsiasi persona o cosa che sia oggetto di culto di una chiesa o di una società religiosa esistente sul suo territorio … tra cui la sua condotta è suscettibile di causare un legittimo fastidio, è punibile con la reclusione fino a sei mesi o una multa fino a 360 tariffe giornaliere “.

▪ La Sabaditsch-Wolff è stata condannata a pagare una multa di 480 euro e le spese del procedimento. La Corte d’appello di Vienna ha confermato la decisione nel dicembre 2011.

Sabaditsch-Wolff ha poi presentato ricorso contro le sentenze della corte austriaca alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ha dichiarato
▪ Il 25 ottobre, la CEDU ha concluso che non c’è stata “nessuna violazione dell’articolo 10 (libertà di espressione) della Convenzione europea sui diritti umani”.
▪ Nella sua sentenza, la CEDU ha dichiarato:
▪ “La Corte ha rilevato in particolare che i tribunali nazionali valutavano esaurientemente il contesto più ampio delle dichiarazioni del richiedente e bilanciavano attentamente il suo diritto alla libertà di espressione con il diritto degli altri di proteggere i loro sentimenti religiosi e servivano allo scopo legittimo di preservare la pace religiosa In Austria, ritenendo che le affermazioni contestate andassero oltre i limiti ammissibili di un dibattito obiettivo e classificandole come un attacco abusivo al Profeta dell’Islam che potrebbe suscitare pregiudizi e minacciare la pace religiosa. I tribunali nazionali avanzarono ragioni pertinenti e sufficienti. ”
▪ La sentenza della CEDU non è solo sbagliata per stabilire un precedente per l’adesione alla sharia alle leggi sulla blasfemia islamica, ma sembra essere basata su una serie di premesse false.

▪ In primo luogo, la CEDU ha deciso che “l’oggetto della presente causa era di natura particolarmente delicata”. L’oggetto della causa non sembra, infatti, essere più “sensibile” di altri argomenti portati dinanzi alla CEDU. Dopotutto, si tratta di casi riguardanti la violenza contro i bambini, i diritti riproduttivi, le malattie mentali e le questioni relative alla fine della vita, tra gli altri. Ha anche affrontato questioni politicamente “sensibili”, come il caso di Sürek V. Turkey (n. 1) in cui hanno pubblicato Kamil Tekin Sürek e Yücel Özdemir, il maggiore azionista e redattore capo della rivista settimanale turca Haberde Yorumda Gerçek, due lettere di lettori che esprimevano simpatia per la lotta kurda per l’indipendenza dalla Turchia. A causa delle lettere, la Turchia ha condannato Sürek e Özdemir a multe e carcere. La CEDU ha riscontrato che le condanne violavano il diritto alla libertà di espressione. La questione della libertà di parola sull’indipendenza curda in Turchia è, probabilmente, non meno “sensibile” della questione della libertà di espressione sul comportamento di Maometto.
▪ In ogni caso, la CEDU non dovrebbe essere un attore politico che si diletta nella correttezza politica e si allontani dai problemi con i quali i suoi giudici potrebbero sentirsi a disagio o trovare problemi. La CEDU dovrebbe giudicare le questioni più complesse, delicate e difficili nel diritto europeo in materia di diritti umani. Ironia della sorte, questa sentenza potrebbe far sì che la vita in Europa diventi più problematica.

▪ Anche la CEDU ha rilevato che:
▪ “gli (potenziali) effetti delle affermazioni contestate, in una certa misura, dipendevano dalla situazione nel rispettivo paese in cui sono state fatte le dichiarazioni, al momento e nel contesto in cui sono state fatte. Di conseguenza … le autorità nazionali avevano un ampio margine di apprezzamento nel caso di specie, poiché erano in una posizione migliore per valutare quali dichiarazioni avrebbero potuto disturbare la pace religiosa nel loro paese “.
▪ I tribunali nazionali non sembrano aver avuto una posizione migliore o peggiore per valutare le dichiarazioni rispetto alla CEDU. Dopotutto, come ha detto Sabaditsch-Wolff in un’intervista del 2011:
▪ “I miei seminari sono iniziati all’inizio del 2008, prima di un gruppo di non più di sei o sette persone … Col tempo questi seminari hanno attirato l’interesse di ancora più persone, e nell’ottobre 2009 c’erano più di 30 uomini e donne di tutte le passeggiate della vita che ascoltava quello che dovevo dire “.
▪ L’unica ragione per cui i commenti di Sabaditsch-Wolff divennero pubblici al di fuori del suo piccolo gruppo di seminari fu l’evidente desiderio di un giornale austriaco di “disturbare la pace religiosa”. Sabaditsch-Wolff ha detto all’epoca: il suo presunto “crimine” era “vittima”. Sembra improbabile, quindi, dato il pubblico limitato, che c’era molto rischio di “turbare la pace religiosa” e se tale “disturbo” si è effettivamente verificato, non è affatto menzionato nel giudizio della CEDU.
▪ Qual è il compromesso per non “turbare la pace religiosa” – arrendersi? Di solito, questo è ciò che chiamiamo accettando un risultato dannoso per evitare un conflitto. La capitolazione della censura non serve certamente a rafforzare la fiducia in tribunale.
▪ Il vero messaggio che la CEDU ha inviato, poiché ha ceduto alle paure di “turbare la pace religiosa”, è che se le minacce funzionano, continuate a minacciare! Che tipo di protezione dei diritti umani è quella?
▪ Sembra che la CEDU stia sostenendo un ficcanaso permanente per evitare la verità che può solo portare alla totale autocensura e alla totale cessazione della libertà di espressione, come i sostenitori della legge della sharia globale hanno sollecitato per anni.

▪ La CEDU conclude il proprio giudizio nel caso con una discussione sulla sentenza dei tribunali austriaci secondo cui le dichiarazioni di Sabaditsch-Wolff “non erano state fatte in modo obiettivo contribuendo a un dibattito di interesse pubblico, (ad esempio sul matrimonio infantile), ma potevano solo essere inteso come mirato a dimostrare che Maometto non era degno di culto “. La CEDU ha concordato con i tribunali nazionali:
▪ “… la signora S. [Sabaditsch-Wolff] doveva essere consapevole che le sue affermazioni erano in parte basate su fatti non veri e suscettibili di suscitare indignazione negli altri. I tribunali nazionali hanno scoperto che la signora S. aveva etichettato soggettivamente Muhammad cultore della pedofilia, come suo preferenza sessuale generale e che non è riuscita a informare in modo neutrale il suo pubblico del background storico, che, di conseguenza, non ha permesso un serio dibattito su tale questione. ” [enfasi aggiunta]
▪ “Fatti non veri”? Non vi è nulla di simile. Le parole sono un ossimoro, una contraddizione in termini.
▪ In termini di “background storico”, sfortunatamente non è possibile accertare se Muhammad abbia sposato o meno Aisha quando aveva sei anni e abbia consumato il matrimonio quando aveva nove anni; tuttavia, il rapporto che ha fatto è diventato per molti un testo sacro ufficiale; quindi, nella misura in cui possiamo determinare, questa è la “verità” ufficiale. La sentenza sta affermando che la “verità” non è più una difesa?
▪ Il problema è anche che mentre il rapporto sessuale con un bambino di nove anni può non essere stato considerato pedofilia nel settimo secolo (Bukhari 5.58.234), gli uomini usano questa pratica nel XXI secolo come valida giustificazione per i rapporti sessuali che offendono i bambini (vedi qui, qui e qui).
▪ Secondo la giurisprudenza precedente della CEDU e secondo il Consiglio d’Europa: [2]

A tale riguardo, la Corte ha dichiarato che l’articolo 10 protegge non solo
▪ le informazioni o idee che sono accolte favorevolmente o considerate inoffensive o indifferenti, ma anche quelle che offendono, turbano o disturbano; tali sono le esigenze di quel pluralismo, tolleranza e ampiezza di pensiero senza le quali non esiste una società democratica.

NOTA DEL TRADUTTORE

L’Islam va anche contro l’Articolo 10 della CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA. Attraverso le malintese interpretazioni del principio di eguaglianza e della democrazia, si va consumando il suicidio di una civiltà! 

CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA

Articolo 10

Libertà di pensiero, di coscienza e di religione

1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o convinzione, così come la libertà di manifestare la propria religione o la propria convinzione individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti.

 

▪ Anche le opinioni espresse in un linguaggio forte o esagerato sono protette …
▪ Con la sentenza in corso, la CEDU si è allontanata da questa precedente giurisprudenza creando un rilevante problema sociale – discutendo, così, sul comportamento di Maometto, che continua ad essere un modello per oltre un miliardo di musulmani – off limits, decidendo che, discutendo degli aspetti del suo comportamento, non si è coperti dal diritto alla libertà di parola.
▪ Non solo la CEDU sembra discostarsi da posizioni precedentemente sostenute; ma è andata oltre, dichiarando che:

▪ “… anche in una vivace discussione, non era compatibile con l’Articolo 10 della Convenzione “impacchettare” dichiarazioni incriminanti nell’involucro di una espressione di opinione, altrimenti accettabile e affermare che ciò rendeva passibili tali affermazioni di eccedere i limiti ammissibili della libertà di espressione “.
▪ L’articolo 10 poteva essere usato per proteggere discussioni vivaci, perché, in una società democratica, questo è il significato della libertà di espressione. Le opinioni con cui molte persone sono d’accordo non hanno bisogno di protezione; la libertà di parola esiste proprio per proteggere la minoranza dalla maggioranza (ma anche dal potere, rappresentato un tempo dal sovrano. Ndr).
▪ Ora, tuttavia, la CEDU ha stabilito un chiaro confine: anche se si sta vivendo una discussione vivace, che di solito sarebbe protetta, il riferimento a Maometto – in presunte “dichiarazioni incriminanti” – è proibito, anche se non si usa linguaggio sconvolgente o scioccante, ma si formula la diffamazione “inserendola in una espressione di opinione altrimenti accettabile”. E, allora, ripeto:
▪”Chi è, a proposito, che arriva a decidere cosa è “incriminante”? Precedentemente, era l’Inquisizione. Le leggi islamiche sulla blasfemia sono state ora elevate alla legge della terra in Europa.”
▪ Secondo questo ultimo giudizio, diffamare il profeta islamico Muhammad, anche se inavvertitamente, è semplicemente inaccettabile, indipendentemente dal linguaggio che si usa.
▪ Le leggi sulla blasfemia islamica sono state ora elevate alla legge della terra in Europa.

di Judith Bergman, giornalista, avvocato e analista politico, è Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute.

NOTE______________________________________
▪ [1] Sabaditsch-Wolff ha spiegato di averlo visto come il suo “lavoro e dovere di informare i cittadini sulla dottrina del supremacismo islamico e sui suoi effetti disastrosi sulle nostre società libere”. Ha vissuto per diversi anni, sia da bambina che in età adulta, in paesi musulmani in Medio Oriente.
▪ [2] Monica Macovei: una guida per l’attuazione dell’articolo 10 della Convenzione europea sui diritti umani, p 16, (Manuale sui diritti umani, n. 2, 2004).
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