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3021.- Covid-19: si impone una svolta radicale sulla nostra posizione in Europa

GIUDICE PAOLO MADDALENA: RIPRENDERSI LA SOVRANITA’ MONETARIA. di Maurizio Blondet

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La tragedia globale del virus Covid-19 avanza in tutto il mondo. I dati di ieri ci dicono che in Italia i decessi sono 1809 e il totale dei contagi sfiora i 25 mila.

Due sono i problemi gravissimi che dobbiamo risolvere: colmare il più velocemente possibile le inefficienze del sistema sanitario, che, da governi che non hanno capito il senso delle loro azioni, è stato in gran parte privatizzato, tagliando solo negli ultimi 10 anni ben 40 mila posti letto negli ospedali.

È urgente ricostituire i posti letto perduti, acquistare i ventilatori e tutto ciò che occorre per la terapia intensiva, aumentare il personale ospedaliero (medici, infermieri, tecnici ecc.). E si noti che in questi anni ben 8 mila medici andati via non sono stati sostituiti. Occorre, inoltre, tener conto della situazione di bisogno in cui versano le persone contagiate e soprattutto le famiglie delle persone decedute alle quali occorre far sentire lo spirito di solidarietà di tutti gli italiani

Altro problema è quello di fronteggiare i disastrosi effetti economici prodotti dalla diffusione del corona virus.

Sotto questo secondo aspetto emerge con estrema e inconfutabile chiarezza che la pandemia del Covid-19 ha dimostrato che causa unica del disagio economico italiano consiste nel fatto che l’Italia è stata costretta, dai trattati europei, a far parte di sistema economico predatorio neoliberista che avvantaggia i paesi ricchi e riduce in miseria i paesi più poveri.

La prova di ciò sta nel fatto che la Germania, che ha conquistato il primato economico in Europa attraverso violazioni continue di obblighi internazionali (non ha pagato i debiti di guerra, ha fatto pagare a noi il contributo per l’unificazione tedesca, ha nascosto i debiti dei Lander nella banca pubblica KfW, facendo emergere un debito pubblico inferiore a quello reale, ha violato per 5 anni i limiti di Maastricht, non ha mai denunciato il suo surplus commerciale e così via dicendo, senza mai essere ripresa dalla Commissione europea) è oggi il paese europeo che più agevolmente supera gli effetti disastrosi provocati all’economia dalla diffusione del corona virus.

Essa infatti immette nel mercato, tramite la banca pubblica KfW, il cui capitale è per l’80% dello Stato federale e per il 20% dei Lander, almeno 550 miliardi di euro, aiutando così (a dispetto del divieto degli aiuti di Stato previsto dai trattati) le imprese tedesche di ogni tipo e risollevando la situazione economica di ciascun cittadino con l’immissione nel mercato di tanta liquidità.

Ben diversa è la situazione economica italiana, che, messa dal sistema economico predatorio neoliberista, con le spalle al muro, si trova a dover fronteggiare l’emergenza economica con lo sforamento dei limiti di Maastricht di 25 miliardi, naturalmente a debito e, disponendo aiuti alle imprese per circa 350 miliardi con la garanzia dello Stato, cioè di tutti i singoli cittadini italiani, che dovranno pagare con enormi sacrifici le spese ora indispensabili (mentre i tedeschi non pagheranno nulla perché i 550 miliardi emessi dalla KfW con interessi negativi saranno immediatamente comprati dal mercato generale).

In questa situazione di assoluta emergenza a noi non resta che assumere una posizione molto drastica che ci svincoli dai lacci con i quali è stata imbavagliata la nostra economia e lo facciamo in base alla forza che ci proviene dal fatto che al momento 20 mila persone (e i numeri aumentano costantemente) in soli 3 giorni, hanno sottoscritto la nostra petizione alle Camere per rifiutare la ratifica e l’approvazione del MES e nella quale sono stati già espressi iconcetti che di seguito riportiamo.

VAI ALLA PETIZIONE CONTRO IL MES: http://chng.it/wZvzDtGN

Si tratta di uscire dal sistema economico predatorio neoliberista per ricostituire in Italia un sistema economico produttivo di stampo keynesiano, che preveda: nazionalizzazioni, intervento dello Stato nell’economia, distribuzione della ricchezza alla base della piramide sociale, investimenti pubblici nella sanità, nell’istruzione, nella ricerca e così via dicendo.

Si tratta in pratica di abrogare la ratifica dei trattati di Maastricht e di Lisbona,nonché la ratifica avvenuta con legge 23 marzo 1947 numero 132 della partecipazione al Fondo monetario Internazionale e alla Banca Mondiale e infine l’abrogazione della ratifica del trattato di commercio Wto avvenuta con legge 29 dicembre 1994, numero 747.

In ultima analisi si tratta di riconquistare la sovranità monetaria che è essenziale per eliminare il debito pubblico con tutte le sue conseguenze. A questo proposito poi c’è da fare una attenta revisione di questo debito, il quale, in massima parte, è un debito ingiusto perché provocato da speculazioni finanziarie del mercato generale, riconoscendo solo quella parte dello stesso debito (davvero molto piccola) ricollegabile a debiti contratti per le spese pubbliche.

In questo nuovo quadro sarà possibile nazionalizzare l’intero patrimonio pubblico del popolo italiano che è stato dissipato con le privatizzazioni e svenduto a singoli faccendieri privati e fameliche multinazionali.

Tutto questo, nella situazione che stiamo vivendo, è imposto dalla nostra Costituzione e, particolarmente dagli articoli 1 (sovranità popolare), 2 (diritti inviolabili dell’uomo), 3 (eguaglianza economica e sociale), 41 (divieto di contratti contrari all’utilità pubblica), 42 (obbligo del proprietario di assicurare la funzione pubblica della proprietà), 43 (necessità di porre in mano pubblica i servizi pubblici essenziali e le fonti di energia).

Chiudiamo questo discorso ricordando che oggi si commemora il rapimento di Aldo Moro, il quale fu ucciso perché voleva che l’Italia non entrasse nel sistema economico predatorio neoliberista.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

VAI ALLA PETIZIONE CONTRO IL MES: http://chng.it/wZvzDtGN

Il VicePresidente emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena, intervistato da Claudio Messora per #Byoblu24, traccia l’unica strada che secondo lui l’Italia ha oggi per salvarsi: la nazionalizzazione. Il MES? È incostituzionale e la sua ratifica è da considerarsi invalida. Negli ultimi anni siamo stati venduti alla Francia, alla Germania, alla Cina, mentre hanno tagliato 40mila posti letto negli ospedali. Siamo stati governati da traditori della patria. Oggi quello che dobbiamo fare, termina Maddalena, è avere una banca pubblica come la KFW in Germania ed uscire dall’Euro. La soluzione della banca pubblica era già stata proposta, su Byoblu, dall’economista Alberto Micalizzi, per il quale siamo stati “in mano a una banda di venduti e di servi”: 

Invito chiunque lo condivida a sottoscrivere la petizione in oggetto.
Questa soluzione potrebbe forse essere l’unica nostra salvezza.

Se Byoblu venisse davvero oscurata, chi oggi la attacca se ne laverebbe le mani. Proprio come i Torquemada di un tempo i quali, rimirando i riflessi arancioni sulla carne bruciata degli eretici, si auto-assolvevano. Mica l’avevano eseguita loro, la pena…

Parliamo di fame.

Pensionato di 83 anni chiama i Carabinieri piangendo: “Sono 3 giorni che non mangio, aiutatemi, mi basta un pezzo di pane.” La gente non si rende conto di cosa voglia dire “povertà”, sono milioni le persone alla fame.

Alcuni cittadini di Napoli si sono recati a un ipermercato, hanno preso dei beni essenziali, pasta, pelati, olio, pane e una volta arrivati alle casse si sono rifiutati di pagare perchè non hanno i soldi, ma hanno figli a casa… Idem a Palermo.

Le famiglie che hanno perso la propria fonte di reddito non possono aspettare i tempi della burocrazia per ricevere un aiuto dallo Stato. Bisogna dare subito 1000 euro con un semplice click a chiunque ne faccia richiesta (meglio online) direttamente alla propria banca. Si stabilisce in modo semplice chi ne ha diritto come sostegno, chi come prestito, chi non ne ha diritto, ma le verifiche si fanno dopo, finita l’emergenza. Intanto zero burocrazia e zero perdite di tempo. 1000 euro a chi dichiara di averne bisogno. Subito.

In Italia mancano mascherine,respiratori, x non parlare di attività chiuse da parecchio tempo MA CONTINUANO AD EROGARE CONTRIBUTI AL MONDO INTERO: TUNISIA, BOLIVIA, SOMALIA, TRANNE CHE AGLI ITALIANI.

3020.- Draghi: “Stati agiscano subito e con forza per evitare lunga depressione”

In un articolo pubblicato sul Financial Times l’ex numero uno della Bce parla della pandemia e annuncia la sua ricetta per evitare che la crisi diventi profonda depressione.

Draghi chiede:

Un netto cambio da parte degli Stati che devono rispondere alla guerra contro il coronavirus con forza e velocità, aumentando il debito pubblico per soccorrere imprese e tutelare i lavoratori, evitando così che l’inevitabile recessione si trasformi in una depressione. Ebbene, Draghi ci dice di fare tutto il debito pubblico che serve per non far crollare l’economia. Berlusconi lo applaude, Salvini ammicca alla sua ricetta, Meloni, prudente, vuole prima capire. Perché questa spaccatura nel centro-destra e perché la sinistra globalista punta su Draghi, ma si tiene Conte? Draghi, come e più di Monti, è stato un leader del cartello finanziario che vuole controllare una umanità ridotta di tre quarti. Come si porrà il debito pubblico che suggerisce nei confronti del mantra sostenuto dai tedeschi, che per gli stati con un debito pubblico eccessivo devono decidere i mercati? Significherà ancora che: “Gli italiani si riscattino il loro debito pubblico con i loro risparmi”? La Grecia è davanti ai nostri occhi. Credete veramente che Draghi abbia cambiato pelle? Sta cambiando il mondo intero della finanza; è cambiata la politica americana, perché non potrebbe cambiare Mario Draghi? Nel frattempo, agli italiani, Conte sta dando parole, parole e parole: “stiamo, facendo, pensando”, ma soldi niente. Anzi, no, soldi alla Tunisia: 50 milioni e soldi al Bolivia: 21,5 milioni. È cominciato l’assalto finale ai nostri risparmi, alle nostre aziende, alle nostre case.

C’è un PD che ancora dice di confidare nell’Unione europea: “Gli Stati membri dell’Unione Europea ce la faranno a contrastare le terribili conseguenze solo con uno sforzo comune. Sono purtroppo le logiche sovraniste che stanno azzoppando l’Unione”, è la linea del Pd esposta dal responsabile Economia Emanuele Felice: “Come ha sottolineato Mario Draghi, la strada da percorrere è quella di mettere da parte le rigidità del debito e di promuovere ad un livello coordinato massicci investimenti pubblici che sostengano, con azioni immediate, il crollo di quelli privati e il blocco temporaneo della produzione. 

Per questo motivo gli strumenti finanziari europei del passato devono essere adeguati al contesto attuale, mai conosciuto fino ad oggi, di una pandemia mondiale”. E se il nome di Draghi per un possibile avvicendamento a Palazzo Chigi viene caldeggiato da Berlusconi, considerato da Salvini e pronunciato con cautela da Meloni, il suo ‘bazooka’ anti crisi è invocato da più parti come, del resto, l’istituzione di una cabina di regia per la ripartenza.

Ne parla, tra gli altri, Tajani, vice presidente di Forza Italia, già presidente del Parlamento Europeo: “Noi siamo disposti a dare il nostro contributo, ma serve un tavolo politico con Conte e i leader dell’opposizione per confrontarsi sulle grandi decisioni strategiche”, spiega Tajani: “Poi chiediamo un altro luogo di confronto tra il ministro Gualtieri e i responsabili economici dei nostri partiti, e infine un coordinamento parlamentare come quello previsto. In più, serve che ogni provvedimento sia affidato a due relatori, uno di maggioranza e uno di opposizione”.

Draghi: “Da questa guerra si esce con debito pubblico, sussidi e stop alle tasse”.

25 marzo 2020

“Siamo di fronte a una guerra contro il Coronavirus e dobbiamo muoverci di conseguenza”. Così recita il titolo di un articolo pubblicato sul Financial Times a firma Mario Draghi.

Nel giorno in cui circolano voci insistenti su un possibile Governo di unità nazionale proprio con lui alla guida, l’ex numero uno della Bce definisce la pandemia da Covid-19 “una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche”. Definizione molto simile a quella data dal premier Conte, che ha parlato di “tsunami senza precedenti”.

“Una profonda recessione è inevitabile”

“Molti oggi vivono nel terrore o piangendo i loro cari. Le azioni intraprese dai governi per evitare che i sistemi sanitari vengano travolti sono coraggiose e necessarie. Devono essere sostenute” scrive Draghi. Ma quelle azioni comportano un “enorme e inevitabile” costo economico. Draghi sottolinea come “mentre molti affrontano il rischio di perdere la vita, molti di più rischiano di perdere i mezzi di sussistenza. Giorno dopo giorno, le notizie economiche peggiorano. Le aziende fanno i conti con perdite nell’intero sistema economico. Molte già si stanno ridimensionando e licenziano lavoratori. Una profonda recessione è inevitabile”.

Aumentare il debito pubblico

La sfida che affrontiamo riguarda il modo di agire con sufficiente forza e velocità per evitare che la recessione si trasformi in una prolungata depressione, resa più profonda da una sequenza di default che lascerebbero “danni irreversibili”. La risposta, prosegue Draghi, deve coinvolgere un significativo incremento del debito pubblico. “Le perdite del settore privato – e il debito per colmare il gap – devono essere assorbite, in toto o in parte, dai bilanci pubblici. I livelli più alti di debito pubblico diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e sarà accompagnata dalla cancellazione del debito privato”.

Il ruolo proprio dello Stato è utilizzare il proprio bilancio per proteggere i cittadini e l’economia contro gli shock di cui il settore privato non è responsabile e che non può assorbire, spiega. Gli stati hanno sempre agito così davanti alle emergenze nazionali. Le guerre, il precedente più rilevante, sono state finanziate con l’aumento del debito pubblico.

Durante la Prima Guerra Mondiale, in Italia e in Germania tra il 6 e il 15% delle spese belliche è stato finanziato con tasse. In Austria-Ungheria, Russia e Francia, nulla dei costi della guerra fu pagato con le tasse. Ovunque, la base imponibile è stata erosa dai danni di guerra e dalla leva. “Oggi è a causa dell’angoscia umana provocata dalla pandemia e dalla chiusura” imposta dai provvedimenti restrittivi nei vari Paesi.

Tutelare il lavoro

“La domanda chiave non è se, ma come, lo Stato dovrebbe utilizzare il proprio bilancio in maniera opportuna. La priorità non deve essere solo la garanzia di un reddito base a chi perde il lavoro. Dobbiamo evitare che la gente perda il lavoro, innanzitutto. Se non ci riusciamo, usciremo da questa crisi con un’occupazione più bassa in modo permanente”.

Sussidi e stop alle tasse

Draghi conclude con la necessità di garantire sussidi e il rinvio il pagamento delle tasse: “Passi importanti già adottati da molti governi” in un momento in cui la carenza di liquidità rischia di diventare drammatica. Diversi governi, evidenzia, hanno varato “misure per incanalare liquidità verso imprese in difficoltà, ma serve un approccio più complessivo”.

2245.- LA PRESUNTA SUPREMAZIA DEL DIRITTO EUROPEO SULLE COSTITUZIONI. TRA LISSABON URTEIL E JELLINEK: LA LEZIONE INASCOLTATA (SOLO IN ITALIA) DELLA GERMANI.

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Il post è lungo, tecnico ma accessibile a chi vuol capire in quale trappola siamo finiti. Riporto anche i commenti; ma prendetevi tutto il tempo per leggerlo. Vi servirà molto. Ad alcuni moltissimo…

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GUIDA INTRODUTTIVA AL POST.
Ripubblico il post “Breve guida al recupero della sovranità e del senso del voto democratico” per la sua particolare attualità in questi tempi ultimissimi, che segnalano un’accelerazione di eventi, vari, di politica “interna”, ma, soprattutto, di politica economica internazionale.
Vedi alla voce Trump e alla combinazione, in atto, tra svalutazione del dollaro sull’euro, e reintroduzione, strettamente connessa, di dazi alle importazioni; con conseguente “allarme” della Merkel che strilla alla violata “lezione” di una Storia, da lei, del tutto presunta, confondendo “pro domo sua”, ovviamente, tra protezionismo colonialista e protezionismo (cioè, “capitalismo”) intelligente, come diceva Caffè.
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Quando succederà questo, perché succederà, cosa farà?

Il secondo genere di “protezionismo”, – quello a cui dagli USA ai reconditi recessi mediterranei dell’unione monetaria europea (da loro stessi tanto voluta), è quello che serve ad evitare il sottosviluppo permanente e la colonizzazione degli Stati che hanno esigenze di reindustrializzare e tutelare i livelli di occupazione, dopo che il liberoscambismo imposto, con la forza dei trattati o delle armi, da parte di Stati imperialisti & mercantilisti, ha determinato una condizione di impoverimento e di debolezza strutturali

Queste condizioni risultano incorreggibili rimanendo entro il vincolo dei trattati liberoscambisti (ripeto: imposti con la forza della geo-politica o delle armi da chi è già più forte e vuole mantenere e amplificare questa situazione).

Ora, se la forza della geopolitica impone il trattato – e, appunto, pone un Paese di fronte a deindustrializzazione, disoccupazione e sostanziale colonizzazione- occorrerà (democraticamente ma, perciò, necessariamente) preoccuparsi di come ci si possa sottrarre agli effetti di un tale trattato, allorché tali effettti siano divenuti intollerabilmente distruttivi e, perciò, inevitabilmente contrari alla Costituzione di quello stesso Paese.

Di fronte a effetti di tale portata, non occorre nemmeno distinguere tra le varie Costituzioni dei paesi coinvolti, per quanto quella italiana – secondo la rilevante maggioranza dei più importanti costituzionalisti italiani-, contenga previsioni più chiaramente contrastanti, rispetto ad  altre, coi principi informatori dei trattati: tutte le Costituzioni dell’attuale civiltà giuridica, comunque, esistono per tutelare il benessere e gli interessi democraticifondamentali dei rispettivi popoli, perché in ciò, sta la ragion d’essere della sovranità e, appunto, delle Costituzioni, alle quali la medesima civiltà giuridica moderna affida, appunto, il compito di prevedere la sovranità popolare democratica e i modi di suo effettivo, e non sacrificabile, esercizio.

Il post ripubblicato si occupa di questo. 

Ma nella importante selezione dei commenti che erano seguiti allo stesso, vengono affrontati “funditus” altri aspetti coessenziali e coordinati che “agitano” il dibattito politico attuale, con ricorrenti affermazioni ex parte mediatica che risultano essere altamente imprecise (e per sentito dire). 

In particolare viene gettata luce sulla (molto) presunta superiorità del diritto europeo su quello costituzionale (dei vari Stati coinvolti): qualcosa che, se avrete la pazienza di leggere, non solo non è prevista in alcuna norma dei trattati, non solo corrisponde solo ad unilaterali e ambigue affermazioni della Corte europea, – che decide in rem propriam, cioè a vantaggio della propria stessa affermazione unilaterale di supremazia – ma, ovviamente, non disponendo di alcuna base nei trattati, si pronuncia su interessi fondamentali degli Stati che danno vita ai trattati che non sono per essa “giuridicamente disponibili”. Cioè la soppressione o limitazione di tali interessi non corrisponde ad alcuna sua attribuzione di potere fondato su una norma preesistente e di fonte idonea, (cioè sulla Rule of Law, cioè sul principio dello Stato di diritto); come precisa limpidamente Jellinek, uno dei massimi teorici generali del diritto moderno (austriaco e perciò di lingua tedesca…).

Tanto è vero questo che sia la corte costituzionale tedesca, sia la dottrina più autorevole, sempre tedesca, nega recisamente tale supposta supremazia. Che rimane dunque solo un mito inerziale tutto italiano; e come dice Luciani (il costituzionalista italiano probabilmente più autorevole nella materia) un mito, che ha il suo opposto simmetrico nei c.d. “controlimiti”, che va affermandosi solo “per stanchezza”.

Ecco: non stancatevi mai di difendere la vostra Costituzione, cioè la vostra democrazia e il vostro benessere.

Prendetevi il tempo per leggere (o rileggere) il post: e specialmente per leggere i commenti di approfondimento le cui parti salienti ho sottopannato con l’evidenziatore in giallo. Vi servirà. Ad alcuni molto…

  1. La questione che mi accingo a proporvi è di quelle complicate (se non altro perché esige la conoscenza e la padronanza sistematica di un’ampia gamma di principi normativi ed economici).

Dare una risoluzione “tecnica”, esaustiva e soddisfacente, a tale questione richiederebbe un (pesante) volume, non solo interdisciplinare, ma anche volto a chiarire una molteplicità di punti in modo che non vi siano lacune dimostrative: proprio quelle “lacune” che, invece, come vedremo subito, caratterizzano tutta la costruzione €uropea nei trattati e, ancor peggio, la tentata giustificazione di essi che si fornisce sul piano costituzionale.

Un tentativo largamente fallito che, peraltro, ormai non si preoccupa nemmeno più di cercare una qualche rivisitazione delle barcollanti premesse da cui è partito: giungendo infatti a conclusioni palesatesi appunto come sempre più assurde.

Va detto, però, che la questione sarebbe meglio, molto meglio, se risultasse risolvibile come il riflesso di una coscienza diffusa da parte dei cittadini italiani: perché senza tale diffusione di consapevolezza, cioè senza una larga condivisione nell’opinione pubblica, non sarà possibile attivare quel processo politico-elettorale che, come in molti si rendono conto, è il propellente effettivo del recupero della sovranità democratico-costituzionale.

  1. Pongo allora ai lettori la questione: in presenza del quadro normativo attualmente risultante dai trattati europei, come fareste a riaffermare la sovranità democratica secondo un percorso praticabile a livello sia di consenso politico interno che di “relazioni” con gli altri paesi improntate ad un rigoroso rispetto del diritto internazionale?

E per “come”, intendo, non tanto la dettagliata indicazione dei contenuti di atti politici e normativi che portino al risultato voluto. Intendo, più semplicemente, il saper indicare (ma con non minore difficoltà, poiché precisare un indirizzo politico deve preferibilmente conseguire alla chiarezza di idee sulla risolvibilità di tutti i problemi di dettaglio) quali azioni di massimasono corrispondenti, appunto, alle linee di indirizzo politico effettivamente e legittimamente adottabili per l’obiettivo del recupero della sovranità democratica.

  1. Pongo quindi questo interrogativo e cerco di agevolarne la soluzione indicando alcuni riferimenti interpretativi e normativi che risultano logicamente rilevanti.

Partiamo da un “come” diametralmente opposto a quello che è oggetto della questione qui posta; e ciò nell’ovvia considerazione che, se un errore di scelta è stato fatto, il primo rimedio è compiere una scelta di segno opposto che si manifesti in un atto capace di rendere inoperativo quello erroneo o, peggio, viziato in cui si è concretizzata la scelta da correggere.

Partiamo dunque dal “come”, tecnicamente, siamo entrati in questo quadro istituzionale €uropeo.

La risposta pare facile, cioè: attraverso una legge di autorizzazione alla ratifica (art.80 Cost.), elemento che ci consente anche di dire che, quale scelta di segno opposto, non sia praticabile un referendum. E non solo, e non tanto, per via del divieto ex art.75, comma 2, Cost., ma per le ragioni giuridico-politiche e istituzionali spiegate qui.
Ma la risposta al “come ci siamo entrati?” non è (più) così semplice se la si intende nella sua legittimità sostanziale, cioè nei suoi risvolti relativi al rispetto del nucleo inviolabile della sovranità costituzionale ed all’effettivo contenuto dei trattati (che, nel loro significato e portata, diamo per scontati, in base a quanto detto in “Euro e/o democrazia costituzionale” e ne “La Costituzione nella palude“).

  1. Fortunatamente, e paradossalmente, buona parte del problema ce lo ha già risolto…Amato (qui, p.6.1.):

“Cito in argomento un autore insospettabile di antieuropeismo come Giuliano Amato(Costituzione europea e parlamenti, Nomos, 2002, 1, pag. 15):

Quando si ratificano i trattati internazionali, in genere si ratificano quelli che disciplinano le relazioni esterne. Quando si ratifica una modifica dei trattati comunitari non si ratifica una decisione che attiene alle relazioni esterne, ma una decisione che attiene al governo degli affari interni. 

Il processo di ratifica così com’è è congegnato è allora del tutto inadatto ad assicurare ai parlamenti il ruolo che ad essi spetta rispetto agli affari interni

Il procedimento di ratifica è tarato sull’essere ed il poter essere un potere intrinsecamente dei governi esercitato sotto il controllo dei parlamenti. Tant’è vero che la legge di ratifica è una legge di approvazione e non è una legge in senso formale.

Ma il vero clou del paradosso, dicevo, consiste nel fatto che “la politica dei piccoli passi nel processo di integrazione comunitaria ha fatto sì che mai nessuno abbia detto espressamente che, con i Trattati che si andavano stipulando, si stava costruendo una nuova costituzione.” (Luciani, op. cit., pagg. 85-6).

  1. Un secondo punto da conoscere è quello relativo alla pretesa supremazia dei trattati sul diritto nazionale (e citiamo sempre il post di Arturo che, comunque, ha preannunziato di approfondire ulteriormente la questione):

“Dopo il fallimento del progetto di costituzione europea a seguito dei due referendum francese e olandese, il 22 giugno del 2007 la Presidenza del Consiglio Europeo se n’è uscito con questa solenne dichiarazione:

L’approccio costituzionale (ndr; in sede di trattato sull’unione europea), che consiste nell’abrogare tutti i Trattati e rimpiazzarli con un singolo testo definito “Costituzione” è abbandonato. […] Il TUE e il TFUE non avranno un carattere costituzionale

La terminologia usata nei Trattati rifletterà questo cambiamento: il termine “costituzione” non verrà usato […]. Con riguardo alla supremazia del diritto comunitario, la conferenza intergovernativa adotterà una dichiarazione ricordando l’attuale giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea”.

Tale dichiarazione è diventata la numero 17 allegata all’atto finale della conferenza intergovernativa che ha approvato il Trattato di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007, ossia:

La conferenza ricorda che, per giurisprudenza costante della Corte di giustizia dell’Unione europea, i trattati e il diritto adottato dall’Unione sulla base dei trattati prevalgono sul diritto degli Stati membri alle condizioni stabilite dalla summenzionata giurisprudenza.

Inoltre, la conferenza ha deciso di allegare al presente atto finale il parere del Servizio giuridico del Consiglio sul primato, riportato nel documento 11197/07 (JUR 260):

«Parere del Servizio giuridico del Consiglio

del 22 giugno 2007

Dalla giurisprudenza della Corte di giustizia si evince che la preminenza del diritto comunitario è un principio fondamentale del diritto comunitario stesso. Secondo la Corte, tale principio è insito nella natura specifica della Comunità europea. All’epoca della prima sentenza di questa giurisprudenza consolidata (Costa contro ENEL, 15 luglio 1964, causa 6/64 […] non esisteva alcuna menzione di preminenza nel trattato. La situazione è a tutt’oggi immutata. Il fatto che il principio della preminenza non sarà incluso nel futuro trattato non altera in alcun modo l’esistenza del principio stesso e la giurisprudenza esistente della Corte di giustizia.

  1. A questo punto, per agevolare ulteriormente una riflessione sulla soluzione da dare alla questione posta più sopra, vi cito le norme più importanti della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati che rilevano nel caso di assunzione di un obbligo internazionale da trattato, mediante una legge di ratifica che, nel caso dei trattati europei, abbiamo visto essere inadatta a rispettare il ruolo rappresentativo costituzionale dello stesso parlamento, (che si deve presumere necessariamente conforme alla sovranità popolare insita nell’art.1 Cost.), e ciò a causa dei contenuti “peculiari” del trattato sottoposto ad approvazione.

Premettiamo pure che la “denunzia” di Amato, relativa alla non idoneità della legge di ratifica rispetto ai contenuti in quanto incidenti sugli “affari interni”, è una pregiudiziale di ordine “procedurale” (cioè attiene alla legittimità dello strumento costituzionale nel caso di quei contenuti e con quegli effetti), e prescinde dall’autonoma questione se QUALSIASI strumento (previsto dalla Costituzione, ovviamente), e qualsiasi tipo di dibattito parlamentare, possano introdurre nell’ordinamento quei contenuti: tale questione si risolverebbe, negativamente, alla stregua dell’art.11 Cost. e dei c.d. controlimiti…ove mai fossero applicati da…”qualcuno”: v.qui, p.7, infine.

Ne abbiamo parlato nei libri sopra citati e molto, negli ultimi tempi, su questo blog.

  1. Stabilito che sia lo strumento utilizzato per vincolarci ai trattati europei, sia i contenuti degli stessi sono altamente controvertibili sul piano del rispetto di norme costituzionali non revisionabili, perché fondamentali e quindi non modificabili da alcun trattato, queste sono le norme rilevanti della Convenzione (che notoriamente hanno carattere di codificazione del diritto internazionale generale, qui, p.3, quello contemplato dall’art.10 Cost., e, quindi, sono una fonte superiore e prevalente rispetto alla previsioni di qualunque trattato):

Articolo 27 

Diritto interno e rispetto dei trattati
Una parte non può invocare le disposizioni del suo diritto interno per giustificare la mancata esecuzione di un trattato. Questa regola non pregiudica quanto disposto dall’art. 46.

Questione chiusa, sul piano del diritto internazionale?

Non proprio: occorre evidentemente andare a vedere cosa dica l’art.46 (e non fermarsi, come fanno gli spaghetti-liberisti ad affermare che il non sequitur della supremazia del diritto europeo, si estenda al diritto costituzionale nel suo intero perché…lo dice la Corte europea, senza che nessun principio del genere sia affermato esplicitamente nei trattati: e una ragione ci doveva pur essere se non sono stati in grado di farlo: chiedere alla Germania, per esempio, cfr; pp. 1f-1g…).

  1. Ecco allora l’art.46 (riporto anche l’intitolazione della relativa Sezione perché ci fa capire le conseguenze della illegittimità costituzionale che investa, come abbiamo visto, sia lo strumento che ha introdotto il vincolo sia i contenuti di quest’ultimo). Evidenzio le parti che fanno capire come l’apparente eccezionalità della previsione “finale”, non sia affatto tale se si versa in tema di violazione delle norme fondamentali di una Costituzione nazionale:

Sezione 2 NULLITA’ DEI TRATTATI Articolo 46
Disposizioni del diritto interno riguardanti la competenza a concludere trattati

1. Il fatto che il consenso di uno Stato a vincolarsi a un trattato sia stato espresso in violazione di una disposizione del suo diritto interno riguardante la competenza a concludere trattati non può essere invocato dallo Stato in questione come viziante il suo consenso, a meno che questa violazione non sia stata manifesta e non riguardi una norma del suo diritto interno di importanza fondamentale.
2. Una violazione è manifesta se essa è obiettivamente evidente per qualsiasi Stato che si comporti in materia secondo la pratica abituale e in buona fede.

  1. Ed allora; date tutte queste premesse, quale sarebbe secondo voi una soluzione al “come” che abbiamo posto all’inizio?

Consideriamo, infatti, che, le norme fondamentali della nostra Costituzione sono ben definite e notorie nella comunità internazionale e, sicuramente, alla cerchia dei politici e dei giuristi europei: al punto che la nostra Costituzione è servita da modello “positivo” per altri Stati europei, come pure da modello “negativo” per le forze del capitalismo finanziario sovranazionale, (da ultimo, chiedere a De Grauwe).  Dunque è nei fatti, storici e politici, attinenti allo sviluppo dei trattati che non si possa opporre una mancata “evidenza”, se ci si comporta in “buona fede”.

Insomma, sarebbe segno di sicura “cattiva fede” contestare una primaria evidenza: la nostra Costituzione non attribuisce a nessun organo costituzionalmente previsto la “competenza” a sopprimere, o a cedere, la titolarità dell’obbligo della Repubblica di tutelare il lavoro in tutte le sue forme.

Tanto più che questo obbligo statale è affermato anche nello ius cogens del diritto internazionale generale, anch’esso pacificamente prevalente sul diritto contenuto in qualsiasi trattato, e ciò in termini che dovrebbero valere per tutti gli Stati di diritto democratici!

  1. La risposta alla domanda posta sopra al punto 2., sulla scorta delle premesse “agevolative” finora svolte, è dunque una risposta importantissima che ognuno di noi può tentare di dare.

Ed è importantissima perché ogni cittadino dovrebbe poter valutare la ordinaria diligenza e competenza che dovrebbe impiegare chiunque sia coinvolto, su mandato del popolo sovrano nelle forme costituzionalmente previste, nel processo di adesione e applicazione dei trattati. Questa valutazione spettante a ciascun cittadino, adeguatamente informato, è appunto l’esercizio della democrazia (sostanziale).

Utilizzando questo metro di diligenza e competenza, infatti, ciascun cittadino ridiviene giudice consapevole delle responsabilità della sua classe dirigente e, quindi, si riappropria del proprio ruolo di detentore anche a titolo individuale della sovranità, esercitato anzitutto (ma non solo) tramite il processo elettorale.

In pratica, dare questa risposta costituisce l’UNICA via che consente di ridare senso al proprio voto.

Prima che diventi del tutto inutile: non solo nella sostanza, come già si verifica adesso, ma addirittura nella forma, cioè nell’assetto istituzionale prossimo futuro…derivante dai trattati e dalle loro ipotizzate “riforme”, (v.qui p.10), naturalmente.

giovanni b.26 maggio 2017 17:02

Io procederei alla sospensione delle parti del TFUE contrastanti coi nostri principi costituzionali invocando la violazione, da parte della Germania e della Commissione, dei limiti di surplus commerciale.

Credo che in questo caso si possa invocare l’art.60 comma 2 c) e comma 3 b) C. di Vienna.

Questo per restare nel sentiero che avete indicato. Ma come insegnava Theodore Roosevelt, è bene negoziare con un sorriso e un nodoso randello sul tavolo.

Quindi la CdV è il sorriso, d’accordo, ma il blocco unilaterale dei nostri trasferimenti all’UE (che comporterebbe il collasso del bilancio comunitario) dev’essere il randello ben esibito. Anche perché i tedeschi (rectius, le élite tedesche) capiscono soprattutto il linguaggio della forza, visto che è quello che praticano più spesso.
Art. 60 Estinzione di un trattato o sospensione della sua applicazione come conseguenza della sua violazione
(…)
2. Una sostanziale violazione di un trattato multilaterale da parte di una delle parti autorizza:
b) una parte particolarmente danneggiata dalla violazione, ad invocare detta violazione come motivo di sospensione dell’applicazione completa o parziale del trattato nelle relazioni fra di essa e lo Stato autore della violazione;
c) qualsiasi parte diversa dallo Stato autore della violazione, ad invocare la violazione come motivo per sospendere l’applicazione dei trattato completamente o parzialmente per quanto la riguarda, se detto trattato è di natura tale che una violazione sostanziale delle disposizioni compiuta da una parte modifichi radicalmente la situazione di ciascuna delle parti relativamente al successivo adempimento dei propri obblighi in base al trattato.
3. Ai fini dei presente articolo, per violazione sostanziale di un trattato si intende:
(…)
b) la violazione di una disposizione essenziale per la realizzazione dell’oggetto o dello scopo del trattato.

Quarantotto26 maggio 2017 19:15

Beh, non che questa via non sia praticabile…tanto che i tedeschi hanno in via “preventiva” dedicato un apposito studio di espertologi. Ovviamente: non di giuristi di diritto internazionale, sebbene, guarda caso, di giuristi specializzati in “mercati finanziari”.

Rinvio a questi post, dove, in precedenza abbiamo esaminato la c.d. eccezione “inadimplenti non est adimplendum“:
1) http://orizzonte48.blogspot.it/2012/12/per-chinon-guardasse-solo-google-e.html; Cfr.p.4;
2) da cui l’evoluzione in questo: http://orizzonte48.blogspot.it/2013/11/lunione-europea-in-base-ai-trattati-non.html
Il punto però è un altro: se invoco l’art.46 compio un’azione molto più radicale, affrontando in via pregiudiziale il problema sotto il mio punto di vista costituzional-nazionale ed evitando di sottoporre ad un’eventuale Corte europea il mio onere della prova sull’altrui inadempimento (con l’art.46, invece, posso invertire l’onere della prova e comunque subito invocare la violazione del principio di parità ex art.11 Cost., norma di per sè fondamentale, adducendo una simmetria con l’atteggiamento tedesco sulla invalicabilità dei propri limiti costituzionali, che costringerebbe qualsiasi interlocutore sulla difensiva).
In definitiva, poi, questi sono problemi tecnici, che peraltro, con riguardo al secondo post (esteso ne “La Costituzione nella palude”) sono stati da me esposti proprio a un convegno a Parma, la scorsa estate.
Il problema è dunque quello di formulare una risposta di “linee generali”, che indichino obiettivi e strumenti: il primo, assumendo in modo generale il tema da te sollevato, lo hai esposto. Si tratta di svincolarsi.
Ma direi che c’è un passaggio preliminare che, sempre in termini generali, “arriva prima” per poter consentire di rendere realmente praticabile questo obiettivo: prendiamo atto realisticamente che finora, infatti, l’ordinamento costituzionale italiano non è stato in grado, praticamente mai, di abbozzare una qualche reazione alla manifesta illegittimità costituzionale dei trattati (rinvio ai numerosi post in cui si è mostrato come politici che votarono Maastricht e costituzionalisti, fino a un certo punto, diciamo intorno alla metà degli anni ’90, ne sembrassero consapevoli).
Ed è qui, in questo “strano” fenomeno, (che sarebbe incomprensibile in termini tedeschi o francesi) che si annida il primo ostacolo da rimuovere e la prima “mossa” da adottare…

 

 

Arturo28 maggio 2017 16:32

Tra l’altro, almeno in generale, per quanto ne so la Corte di Giustizia non ritiene applicabile il principio “inadimplenti non est adimplendum” nell’ambito del diritto comunitario…
“Quarantotto28 maggio 2017 17:49

E questo perché la Corte €uropea – unilateralmente e autoattribuendosi autonomamente tale potere “dichiarativo”- considera il trattato non soggetto, in linea di principio, alle norme di diritto internazionale generale sui trattati: il trattato sarebbe un tertium genus, di diritto interstatale “comune”.

Questa teoria, ormai irreversibilmente considerata integrativa dei trattati stessi, configura il diritto europeo come fonte di obblighi “primari”, in un sistema giuridico in sè conchiuso e ormai autonomo sia dal diritto interno, su cui prevale, sia dal diritto internazionale, da cui prescinde.
Il punto debole di questo approccio della CGUE è che si assume una sostanziale sovranità dell’organizzazione (interstatale) senza saperne indicare la fonte giuridica e il Potere Costituente che la legittimerebbero: ad es; la Corte cost. tedesca nega che sia valida questa autoattribuzione di sovranità fondata su una fonte pur sempre derivata (il trattato) dai poteri costituzionali di negoziazione degli Stati-parte.

Mi pare che Francesco abbia anche citato lo specifico passaggio in proposito del Lissabon Urteil)”.

E dunque eccoli i fatidici e non equivocabili passaggi della sentenza “Lisbona”, scolpiti dalla Corte costituzionale tedesca

Francesco Maimone14 marzo 2017 14:42

A questa “follia collettiva” nel quale il nostro Paese si ostina ad avere un ruolo da protagonista, i tedeschi, come sappiamo, si sono sottratti. Loro possono.
Il BVerfGE (la Corte costituzionale tedesca, in particolare con la notoria Lissabon Urteil) afferma che gli Stati membri sono e restano i “signori” dei trattati e, di conseguenza, quando parla del diritto e degli istituti giuridici europei, ne parla sempre come dirittoderivato”, laddove una “costituzione” ha carattere necessariamente originario.
Non esiste alcuna fantomatica “costituzione europea”:
33. A differenza del Trattato costituzionale e in conformità con il mandato della conferenza intergovernativa, il Trattato di Lisbona rinuncia esplicitamente al progetto costituzionale che consisteva nell’abrogazione di tutti i trattati esistenti e nella loro sostituzione con un test unico denominato “Costituzione”” (documento del Consiglio n. 11218/07, allegato, par. 1). I trattati sono semplicemente modificati e la concettualità di fondo dei trattati modificati rispecchia la rinuncia al concetto di costituzione. Si abbandona la terminologia in uso a livello statale. Il termine “Costituzione” non viene utilizzato (diversamente invece Pernice, Der Vertrag von Lissabon – Das Ende des Verfassungsprozesses der EU?…)…

231 …La fonte del potere comunitario e della sua costituzione europea in senso funzionale sono i popoli europei democraticamente costituiti nei propri stati. 

La “costituzione dell’Europa”, cioè il diritto dei trattati internazionali ossia le fonti primarie, restano un ordinamento di base derivato

Essa fonda un’autonomia sovrastatuale di portata certamente ampia nella prassi politica quotidiana, ma pur sempre oggettivamente limitata. Per autonomia può essere inteso qui – come abitualmente nel diritto delle autonomie territoriali – solo un potere di imperio a sé stante, ma derivato, cioè concesso da altri soggetti giuridici. 

Viceversa la sovranità del diritto internazionale e del diritto statale pretende come base costituzionale propria l’indipendenza da ogni volontà estranea (cfr. Karl Schmitt, Generalbericht in der Zweiten Sitzung des Plenums des Parlamentarischen Rates am 8.
September 1948)…

298…Dopo il fallimento del progetto di costituzione europea…gli Stati membri restano i signori dei trattati… La Repubblica federale di Germania resta anche dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona uno Stato sovrano e quindi un soggetto giuridico del diritto internazionale. Il potere statale tedesco, incluso il potere costituente, è tutelato nella propria sostanza (aa), il territorio statale resta assegnato esclusivamente al soggetto giuridico della Repubblica federale di Germania (bb) ed è fuor di dubbio la continuità del popolo dello Stato tedesco (cc)…”. (segue)

Francesco Maimone14 marzo 2017 14:43

E non c’è, secondo la Corte tedesca (conscia della sua rigorosa ricostruzione in diritto, alla quale nulla può, sempre in diritto, opporre la Corte europea) alcun primato del diritto comunitario:

“331. Nella Dichiarazione sul primato, allegato n. 17 del Trattato di Lisbona, la Repubblica federale di Germania non riconosce un primato incondizionato in termini di validità (Geltungsvorrang) del diritto dell’Unione, che sarebbe di dubbia costituzionalità, ma conferma esclusivamente la situazione del diritto vigente nell’interpretazione finora praticata dal Bundesverfassungsgericht. Non è esatta l’affermazione del ricorrente sub III. secondo cui l’approvazione del Trattato di Lisbona si introdurrebbe nei trattati in sostanza, così come era stato progettato per il fallito Trattato costituzionale, il primato “illimitato” del diritto prodotto dagli organi dell’Unione nei confonti del diritto degli Stati membri e concederebbe in definitiva un inammissibile primato in termini di validità, come in uno Stato federale, fino a consentire la deroga a eventuali fonti costituzionali contrarie degli Stati membri

339.Il primato di applicazione del diritto europeo resta quindi, anche in caso di entrata in vigore del Trattato di Lisbona, un istituto derivato, fondato su un trattato internazionale che solo in virtù dell’ordine di esecuzione della legge di approvazione produce effetti giuridici in Germania. 

Il fatto che l’istituto del primato di applicazione non sia esplicitamente previsto nei trattati, ma si sia formato, in via interpretativa, per opera della giurisprudenza della Corte di giustizia nella prima fase dell’integrazione europea, non cambia tale nesso di derivazione

340. La Legge fondamentale mira all’inserimento della Germania in una comunità giuridica tra Stati pacifici e liberi. Tuttavia non rinuncia alla sovranità, che è racchiusa nell’ultima parola della costituzione tedesca, come il diritto di un popolo di decidere in modo costitutivo sulle questioni fondamentali della propria identità…”.

E il primato del diritto comunitario è una “finzione giuridica” impostasi di fatto: “…poiché non possono dirsi stricto sensu sovraordinate delle fonti che poggiano la propria legittimazione proprio su una delle fonti che dovrebbero esser loro gerarchicamente sottordinate.
Noi nel frattempo aspettiamo Godot…”

Quarantotto28 maggio 2017 18:02

A noi, peraltro, basta rammentare che l’azione dei controlimiti, rispetto ad un trattato, – a fortiori se in consonanza dell’applicazione di norme cogenti del diritto internazionale-, è legittimamente dichiarabile dalla nostra Corte costituzionale, com’è in effetti già accaduto:
http://orizzonte48.blogspot.it/2014/10/corte-costituzionale-sentn238-del.html

Arturo28 maggio 2017 18:19

La cosa surreale è che la Corte europea dice e non dice.

Come spiega De Witte nel saggio che ho linkato (uno di quelli che intendo usare): “It is striking that, in the many intervening years since Costa, the European Court of Justice never felt inclined to develop a sustained doctrine upholding the specific and non-international nature of the European Community. The Court has often emphasized the autonomous nature of the Community legal order, but never stated with so many words that this autonomous legal order had ceased to be part of international law.
Anche la conclusione circa l’inapplicabilità del principio i.n.e.a. è raggiunta sulla base delle specifiche disposizioni dei Trattati, senza “adopt the premise that the Community was ‘something other’ than an international organization“.
La morale è che dobbiamo obbedire, anche se non si bene perché. Anzi, perché si sa: l’ha detto la Corte di Giustizia Europea. Sia fatta la Sua volontà.

Quarantotto28 maggio 2017 19:02

Il fenomeno rilevato da De Witte è in realtà frutto di una tipica tecnica giurisdizionale a dissimulate implicazioni politiche: quando un giudice sa che il principio che vuole applicare non è sostenuto dalla Rule of Law cui è formalmente soggetto (cioè non c’è una norma chiara e prestabilita su cui fondare le sue asserzioni), presceglie di affermare il principio come…una sorta di “eccezione” – nel caso un’eccezione alla Convenzione di Vienna, ricavata euristicamente e de facto dalla prassi giurisprudenziale (!) applicativa dei trattati: cioè come applicazione concreta di una norma diversa (da quella che…non esiste), rinvenuta caso per caso, in modo da comporre un quadro in cui la regola (che non c’è) sia ricavabile ex post in via di…sistematica giurisprudenziale.

Ovviamente, la forzatura di ciascuna norma specifica, la cui interpretazione compone il “mosaico” che afferma de facto la norma “implicita”, è, in genere, agevolmente evidenziabile.

Ad es; ritenere, come fa la CGUE, che le violazioni del trattato siano sanzionabili dalla Commissione per escludere l’applicabilità dell’art.60 (e che ciò costituirebbe tutela sufficiente per ciascuno Stato contro le altrui violazioni):
a) da un lato esclude, senza alcun fondamento giuridico, l’autonoma legittimazione a far valere l’altrui inadempimento di ciascuno Stato, LADDOVE INVECE L’ART.259 PAR.1 TFUE AMMETTE ESPLICITAMENTE TALE LEGITTIMAZIONE (onde la CGUE fa una inammissibile lettura restrittiva dell’art.60 contraria al diritto dei trattati…ed allo stesso trattato!):
b) dall’altro, esclude che l’inadempimento, da omesso o grossolanamente erroneo “controllo” sul comportamento violativo di uno Stato (ad es; la Germania sulla regola del surplus delle partite correnti entro l’eurozona), sia imputabile alla stessa Commissione (altra lettura inammissibile: in realtà, quella con la Commissione, sulla base di questi presupposti, sarebbe una controversia in cui la Commissione stessa sarebbe portatrice di un interesse a resistere collimante con quello dello Stato inadempiente e, come tale, non “terza” per definizione: E CIO’ PARE CONFERMATO DAGLI STESSI ARTT. 259 par. 2 e 260, che altrimenti perdono di senso applicativo).

Ma si conta sul fatto che l’accumularsi di tali forzature, spesso emanate in forma di parafrasi estenuanti di scarsissimo valore dimostrativo, porti alla rassegnazione degli Stati per “sfinimento”, con l’affermarsi di una prassi applicativa che diviene diritto vivente…(o “morente” per le democrazie dei singoli Stati coinvolti).

Arturo28 maggio 2017 21:23

M’hai fatto venire in mente un passo di un paper di Luciani di cui abbiamo già parlato:

Ricondotta nell’alveo che le è proprio, la questione dei controlimiti si presenta nella sua luce corretta: non una (per taluno odiosa e retriva) resistenza degli Stati-persona ai processi di integrazione sovranazionale e internazionale, ma la rigorosa affermazione della sovranità popolare, perché nei sistemi democratici i cittadini hanno questo, di caratteristico: che vorrebbero contare qualcosa nelle decisioni che toccano l’intera comunità politica. 

In questa prospettiva assume nuovo vigore anche la classica questione del deficit democratico delle istituzioni eurounitarie, che pel solo fatto d’essere risalente alcuni vorrebbero cancellata – diciamo così – per stanchezza”.
Pare quindi che in Europa s’affacci una nuova forma di esercizio del potere costituente: prendere per stanchezza.

Francesco Maimone28 maggio 2017 21:24

“La Corte cost. tedesca nega che sia valida questa autoattribuzione di sovranità fondata su una fonte pur sempre derivata (il trattato) dai poteri costituzionali di negoziazione degli Stati-parte”.
E per farlo, la Corte tedesca richiama G. Jellinek che a me sembra dica cose interessanti già in materia di federazioni di Stati:

… La tesi sostenuta da alcuni ancora di recente che in una federazione di stati viene esercitato un dominio sui poteri degli stati federati fa venire meno il concetto stesso di federazione di stati e, con esso, ogni possibilità di operare una distinzione con lo stato federale per il tramite di una caratteristica essenziale.  

Un potere che eserciti un dominio priva coloro i quali sono oggetto di quel dominio di qualsiasi sovranità. UN DOMINIO ESERCITATO SU STATI SOVRANI COSTITUISCE UNA CONTRADDIZIONE IN TERMINI ed è impossibile sia teoricamente che praticamente

Quando a dominare è il potere della federazione, allora gli stati non sono sovrani, ragion per cui si possono differenziare la federazione di stati e lo stato federale soprattutto sulla base dei relativi scopi, ma non attraverso la loro formazione giuridica.

L’idea di una posizione prevalente del potere federale si può giustificare solamente facendo propria l’idea per cui il trattato, che come è stato riconosciuto costituisce il fondamento giuridico della federazione, si staglia al di sopra di essa e la rende, in questo modo, qualcosa di diverso da quello che è.  

Come sia poi possibile che un trattato possa essere stipulato in modo che non contempli alcuna delle caratteristiche essenziali di un trattato, come il fatto che le decisioni prese da un potere federale istituito dallo stesso riescono a intaccare il dato di fatto di un accordo che poggia sulla comune volontà dei contraenti al punto che esse si trasformano in comandi d’autorità rivolti ai poteri statali, è UN ENIGMA GIURIDICO che i sostenitori di questa posizione non hanno né risolto, né hanno provato a risolvere.

La federazione di stati è una formazione del diritto internazionale. Il diritto internazionale tuttavia non conosce altri soggetti giuridici che non siano gli stati

La federazione di stati, che in quanto tale non è uno stato, non può di conseguenza essere un soggetto giuridico.

Essa è al contrario, come l’hanno correttamente descritta v o n Mo h l e L a b a n d , un r a p p o r t o g i u r i d i c o . 

Essa non è una persona giuridica e non può esserlo. 

Infatti, come che la si pensi sul discusso concetto di persona giuridica, si deve ritenere che essa possa sorgere solamente all’interno dell’ordinamento giuridico statale e che essa, come dice il suo stesso nome, costituisce pur sempre la creazione di un ordinamento giuridico, che deve situarsi al di sopra di coloro i quali con la loro volontà quella persona giuridica l’hanno creata. Tuttavia, l’ordinamento giuridico del diritto internazionale, che ha la sua sanzione giuridica nella volontà degli stati, non può creare una persona giuridica che emana dalle personalità degli stati e si situa al di sopra di esse”.

E L€uropa che conosciamo noi non è nemmeno una federazione di stati. Insomma, dobbiamo obbedire in base ad un enigma giuridico rafforzato, o “finzione” (come la chiama Luciani). In nome della pace.

Pubblicato da Quarantotto

1944.- Le autostrade sono un patrimonio di tutti gli italiani: nazionalizziamo! Fuori i PRENDITORI dallo Stato!

Luigi di Maio da’ le sue linee guida sul Blog delle stelle. Condividiamo e 6 italiani su 10 condividono questo Governo. Non so se sia la prima volta.

dimaioponte

Oggi Autostrade, con un ritardo di dieci anni, si vanta di aver dato il via libera alla pubblicazione della convenzione con il Ministero dei Trasporti. Bella forza! Nel giro di un pochi giorni sarebbe stata comunque pubblicata da Danilo Toninelli, nonostante la diffida a farlo che era arrivata proprio da parte del gruppo controllato dai Benetton. Non so cosa abbia pubblicato Autostrade sul suo sito, so che di quelli che dicevano che il ponte Morandi era sicuro e che non hanno adempiuto alle manutenzioni che dovevano fare non ci si può fidare. E infatti tutto il materiale sarà pubblicato in maniera ufficiale sul sito del Ministero. (ndr: è stato pubblicato qui)

Quel che è certo è che il tema delle concessioni autostradali non si esaurisce con questa trasparenza fuori tempo massimo. Anzi, siamo solo all’inizio. L’unica soluzione è la nazionalizzazione. Non possiamo infatti lasciarle ad Autostrade: non siamo affetti dalla sindrome di Stoccolma. Le altre opzioni sono due. O darle a uno degli altri due concessionari autostradali, ossia passare dalla padella alla brace. O darle agli stranieri, ma non possiamo mettere un’altra infrastruttura strategica in mani straniere, come hanno fatto in passato i partiti ad esempio per le telecomunicazioni. E’ compito dello Stato gestire queste infrastrutture e garantire ai cittadini un servizio all’altezza delle attese (e delle spese). Usciremo dalla logica del profitto, faremo pagare meno i pedaggi, faremo molta più manutenzione e introdurremo innovazioni tecnologiche per migliorare la sicurezza e la mobilità. Chi blatera che nazionalizzare è antiliberale, si faccia un giro in Germania dove le autostrade sono pubbliche e gratuite per tutti, tranne che per i camion. Per inciso i soldi dei pedaggi dei mezzi pesanti saranno utilizzati dallo Stato tedesco per investire 7 miliardi di euro nelle infrastrutture stradali, non andranno certo a riempire le tasche di qualche famiglia amica di chi governa.

Quella della nazionalizzazione è anche una sfida: vogliamo dimostrare che con onestà, trasparenza e competenza lo Stato può garantire ai cittadini ciò che gli spetta di diritto. La rete autostradale è stata infatti pagata dai nostri genitori e dai nostri nonni, non si capisce perchè debba lucrarci una sola famiglia che fino al 2012 aveva una holding con sede in Lussemburgo per pagare meno tasse e fare lauti guadagni e che, una volta beccati, hanno risolto tutto con una mediazione amichevole con l’Agenzia delle Entrate di soli 12 milioni. Sarà un caso che poi il capo delle Agenzie delle Entrate, Befera, è stato nominato nell’organismo di vigilanza proprio della holding dei Benetton? Basta con queste magagne: del patrimonio della Rete autostradale devono goderne tutti gli italiani.

Se a questa società stiamo per togliere le concessioni, figurarsi se le faremo ricostruire il ponte. Loro possono, anzi devono metterci i soldi. E’ il minimo che possono fare dopo quello che è successo. A rifare il ponte dovrà essere per me un’azienda di Stato. Fincantieri è un’eccellenza mondiale, possono realizzare il ponte in meno di un anno e lo faranno nel cantiere di Genova così da portare anche lavoro e lustro alla città e ai genovesi che si stanno già rimettendo in piedi ma hanno bisogno di tutto il nostro supporto. Il fatto che sia Fincantieri, con Cassa Depositi e Prestiti, a occuparsi della ricostruzione permetterà allo Stato di avere un controllo molto forte su tutto il processo. Noi vogliamo che questo lavoro sia perfetto e per essere certi che sia così ci prendiamo tutti gli oneri necessari. La responsabilità non ci spaventa, l’irresponsabilità di chi c’era prima invece sì.

Il primo nodo da risolvere è però quello degli sfollati. Siamo dalla loro parte e non lasceremo che siano costretti ad accettare le elemosine di Autostrade, nè a subire ricatti da parte delle banche. Sarà lo Stato a occuparsi di loro, come già abbiamo iniziato a fare, e sarà garantita a tutti una sistemazione dignitosa.

Il 4 settembre in Parlamento si discuterà di tutti questi temi e auspico che i capigruppo di maggioranza presentino una risoluzione con l’obiettivo di impegnare il Governo sui punti elencati sopra. Spero che tutte le forze politiche si approccino a questa importante discussione mettendo al primo posto gli interessi dei cittadini e non, come è stato in passato, quelli di lobby, famiglie e amici di partito.

Il sistema cercherà in tutti i modi di fermarci, perchè li stiamo toccando sul vivo: il portafogli. Hanno già iniziato con le menzogne quotidiane sui giornali e continueranno in chissà quale maniera. Nessuno di noi indietreggerà. Insieme ai cittadini siamo imbattibili e questo Paese lo cambieremo sul serio.

Fuori i PRENDITORI dallo Stato! E chi li ha aiutati sarà denunciato.

dannoerariale
danno erariale.

Da oggi, con dieci anni di ritardo, tutti gli italiani sanno che la concessione di autostrade ai Benetton è stata un regalo clamoroso che ha consentito loro di fare gli imprenditori non con il loro capitale, ma con quello dei cittadini. Il contratto prevedeva infatti una rendita garantita del 7%: una rendita spropositata!

L’imprenditore a rischio zero è un’invenzione tutta italiana. Di solito è amico di quelli che furono i partiti di governo, non disdegna di assumere nelle sue aziende uomini di partito (trombati o meno), finanzia lautamente in maniera opaca o meno i partiti e i giornali a loro collegati infatti il suo nome non compare quasi mai nella carta stampata. Chiamiamolo col suo nome: PRENDITORE. I prenditori hanno preso possesso delle infrastrutture italiane, pagate dai nostri nonni e dai nostri padri, e grazie a politici compiacenti le hanno trasformate in macchinette mangiasoldideicittadini.

I prenditori delle autostrade per un decennio ci hanno fatto pagare i pedaggi molto più di quanto avremmo dovuto con il benestare della mala politica dei vecchi partiti. I prenditori delle autostrade hanno fatto molto meno manutenzione di quanto avrebbero dovuto. In cambio hanno preso miliardi che fino al 2012 hanno dichiarato in una holding con sede in Lussemburgo. E la cosa più grave è che chi stava al governo li ha sempre protetti, addirittura fino all’anno scorso con il governo di Renzi che ha dichiarato solo dieci giorni fa: “Quando e perché è stata prorogata la concessione? Nel 2017, seguendo le regole europee, dopo un confronto col commissario UE Vestager (altro che leggina approvata di notte, è una procedura europea!), si è deciso di allungare la concessione di quattro anni, dal 2038 al 2042, in cambio di una fondamentale opera pubblica”. Bravo! Anziché preoccuparsi dei piccoli imprenditori e dei loro drammi quotidiani, hanno pensato a prolungare, mantenendoli secretati, i privilegi dei prenditori.

Con il governo del cambiamento il paradigma si inverte. I privilegi dei prenditori vengono pubblicati e saranno eliminati. Ci occuperemo dei piccoli imprenditori che il rendimento garantito al 7% se lo sognano e che quando decidono di fare impresa mettono davvero a rischio il loro capitale, non quello degli altri. E chi ha sbagliato pagherà: è ora che tutti i ministri che hanno autorizzato questa follia paghino di tasca propria. Se chi ha fatto la concessione regalo ad Autostrade e chi non l’ha annullata ha causato un danno alle casse dello Stato sarà denunciato alla Corte dei conti per danno erariale: siamo già al lavoro per questo. E parlando di trasparenza: chiediamo ai Benetton di pubblicare i nomi di tutti i politici e tutti i giornali finanziati nel corso di questi anni. Questo faciliterà il lavoro.

Fuori i prenditori dallo Stato!

luigidimaio
Luigi Di Maio

Nazionalizziamo tutto ciò che è strategico per la crescita del Paese, non solo Autostrade!
Inoltre vorrei che i nostri Ministri andassero a revocare anche l’affidamento alle società di scommesse…dove molti furbi fanno affari d’oro e spesso non pagano neanche il poco dovuto, mentre allo Stato toccano le briciole, lì vi sono veri e propri capisaldi della super delinquenza organizzata…Falcone, usava dire…occorre seguire i flussi di denaro per capire dove s’annida il malaffare!

1838.- L’Aquarius, George Soros e Gino Strada. Le Ong sfidano il governo: è battaglia nel Mediterraneo –

Chiamano l’importazione di migranti SALVATAGGI.MA SI CHIAMA TRUFFA A MEZZO LEGGE.
Li raccolgono in mare, sempre sullo stesso punto, né un miglio più né uno meno, CON L’INTENZIONE di traghettarli in ITALIA, e la Guardia Costiera lo sa bene. E, per farlo, invocano in diritto marinaro….

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Prima due parole sull’Aquarius. L’Aquarius,costa 11.000 € a vari assetti finanziari. Uno dei soci fondatori di SOS MEDITERRANEE è Cospe Onlus, onlus italiana che si occupa di migranti ed integrazione. Cospe è finanziata dalla UE, dai nostri ministeri degli Interni e degli Esteri, e da altre istituzioni pubbliche. Tra i sostenitori troviamo anche la Open Society Foundations di George Soros, come documentato dai file di Wikileaks.

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Aquarius appartiene a SOS Mediterranée. E’ associata con e imbarca pure personale di Medici Senza Frontiere per il supporto medico e anche supporto economico per la locazione della nave Aquarius. Dal febbraio 2016, è in Mediterraneo e si calcola che, fino ad oggi, avrà caricato 40.000 migranti economici (pagano 5-6.000 € l’uno) nel suo avanti e indietro, dalla Sicilia, fino sempre allo stesso punto del mare libico.

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Un sindaco non può disattendere le direttive del Ministro degli Interni perché, per quanto riguarda la sicurezza, è ufficiale di governo,subordinato al Prefetto che, quantomeno, ma molto “meno”, deve diffidarlo.
Facciamo due conti: L’Aquarius, ora, ha imbarcato 123 minori non accompagnati x45€ a testa=5.535 al giorno + 506 adulti x 35 € = 17.710 al giorno per un totale di 23.245 € al giorno, 23.245 €! Quanto spetterebbe a forfait, al sindaco del porto che, da ufficiale del governo trasgredisse l’ordine del governo?ne varrebbe la pena? E vogliamo parlare dei bambini? 28 minori al giorno scompaiono, togliendo i finti minorenni, i bambini veri e non accompagnati si può ben immaginare quale altro traffico alimentino: Pedofilia o organi? Scelgano i buonisti.


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Quando l’inviato di Report salì sulla famigerata nave di Sos Mediterraneé, l’Ong francese che gestisce la nave Aquarius insieme a Medici Senza Frontiere: “DIALOGAVA CON I TRAFFICANTI”. La sequenza svela come avvengono realmente le operazioni di ‘salvataggio’ dei clandestini a largo delle coste libiche. In un sms un volontario delle ONG rivela a Report : «Avevamo l’ordine di non riprendere i barchini con gli scafisti, altrimenti ci avrebbero lasciato a casa». Le immagini confermano quanto scritto nel rapporto riservato di Frontex.
Insomma: Ong complici del traffico con i miliziani libici.

Durante un soccorso del 18 maggio 2017, le telecamere Rai riprendono nello stesso spicchio di mare due barconi carichi di migranti, due un gommone di salvataggio, una motovedetta libica, la nave Prudence di MsF, la Phoenix di Moas, la Iuventa, la Golfo Azzurro di Proactiva Open Arms, Sea Eye e pure un barchino non identificato. A bordo sostengono si tratti di “pescatori”, ma diverse inchieste giornalistiche hanno dimostrato che – in realtà – sono “facilitatori” o trafficanti (a bordo infatti non hanno reti da pesca). Sopra di loro vola un elicottero dell’operazione Sophia di Enuav for Med.

Chi sono quei quattro uomini sulla motovedetta libica? Secondo il comando della Guardia Costiera di Tripoli, sentito da Report, non sarebbero loro uomini. Non è escluso, dunque, che in realtà si tratti di miliziani libici. Ovvero trafficanti. Bisogna ricordare che l’accordo tra Al Serraj e il ministro Minniti che ha permesso al governo libico di prendere il controllo delle coste è successivo alle immagini raccolte dalla trasmissione di Rai3. La motovedetta si avvicina ad uno dei barconi usati per il trasporto di carne umana e lo incendia, non prima però di aver tratto in salvo il motore. A quanto pare a quei libici interessa e non poco recuperare le imbarcazioni: per questo dietro la nave di Medici Senza Frontiere viene consegnato un barcone alla motovedetta libica, nonostante il codice dei soccorsi preveda sia l’Ong a distruggerlo per impedire che torni nelle mani dei trafficanti. Le telecamere di Report riprendono anche una barca di facilitatori che “indica” la barca di Sos Mediterraneé ai migranti, “come a dire: adesso vi vengono a prendere loro”. Un’ulteriore prova di come i trafficanti utilizzassero la presenza delle Ong per aumentare le partenze, incrementare i guadagni e moltiplicare gli sbarchi in Italia. E infatti subito dopo arrivano i soccorsi per recuperare i migranti. Quando i soccorritori delle Ong si allontanano, i facilitatori si avvicinano come a controllare qualcosa. Ed ecco il saluto: ad un certo punto, però, operatori umanitari e scafisti si salutano. Come se fossero amici.
A rendere particolare l’ultimo traghettamento dei trafficanti umanitari, il comunicato post ‘salvataggio’ della stessa Ong, che sembra una sorta di tentativo di crearsi un alibi in caso di indagini.

Durante il soccorso erano presenti nell’area due piccole barche da pesca. Sebbene i loro occupanti non abbiano ostacolato il salvataggio, i nostri team hanno assistito all’estrazione del motore e della benzina dal gommone da parte degli occupanti di questi pescherecci una volta completata l’operazione di soccorso.
Questa è la confessione, di fatto, di una collaborazione con gli scafisti/miliziani islamici. Altro che “non hanno ostacolato”.
Se vuoi nascondere qualcosa, mettilo in bella vista.
Così, se qualcuno ti stava fotografando o seguendo dal satellite mentre prelevavi i clandestini a pochi metri dagli scafisti che te li avevano portati dove era previsto, alla richiesta di chiarimenti di qualche magistrato, puoi dire che sì, c’erano degli strani barchini, ma tu non li conoscevi.
Del resto è il comportamento descritto da Zuccaro nelle inchieste: gli scafisti danno appuntamento alle Ong, portano i barconi e tolgono i motori per riutilizzarli per futuri viaggi. Poi affidano i barconi alle navi delle Ong.
Scrivendolo nel comunicato tentano di derubricare il tutto ad avvenimento occasionale e non concordato. E si creano un alibi.

E, ora, passiamo a Malta con Tiziana Di Giovannandrea 10 giugno 2018
Prosegue il botta e risposta tra le autorità maltesi e l’Italia sulla vicenda della nave Aquarius con a bordo 629 migranti, tra cui 123 minorenni soli, 11 bambini e 7 donne incinte. In serata l’ambasciatore maltese in Italia Vanessa Frazier intervenendo telefonicamente a ‘Non è l’Arena’, programma di La7, ha affermato: “”Non abbiamo chiuso i porti, stiamo rispettando la legge che è molto chiara: i soccorsi non sono iniziati in acque maltesi”. Con il ministro dell’Interno Matteo Salvini “siamo molto in linea con la questione migranti. Ma questa volta ha sbagliato: la deve smettere di fare dichiarazioni forti e provocatorie come questa. Non c’entra nulla ora che Malta accolga i 629 migranti soccorsi a bordo di nave Aquarius, pena la chiusura dei porti italiani” ha ancora detto l’ambasciatore. Il diplomatico ha aggiunto: “I 629 migranti dell’Aquarius non li accogliamo, è una questione di principio. L’operazione SAR (Search and Rescue) nel Mediterraneo, come diffuso da un comunicato del ministero dell’Interno e della Sicurezza Nazionale maltese, è avvenuta nella SAR libica coordinata dal centro RCC di Roma. Per cui è assolutamente escluso che i migranti debbano essere sbarcati a Malta”, ha spiegato Frazier. Per l’ambasciatore la destinazione dei migranti dovrebbe essere “la Libia o Lampedusa. Ma non a Malta. Il centro di coordinamento per il salvataggio di Malta non ha la competenza, e non è neanche l’autorità di coordinamento. E’ senz’altro una questione di principio, una battaglia vera e propria di principio, poiché Malta non è in assoluto contraria all’accoglienza dei migranti, ma è necessario che vengano rispettate le regole, sempre. Ciò che conta non è il porto in cui vengono sbarcati i migranti, quanto piuttosto il luogo in cui avviene il soccorso”. “Voglio ricordare che nel momento dei soccorsi i migranti sono stati tratti in salvo da 4 navi, tra cui 2 italiane e un mercantile. Ebbene, vista anche la posizione geografica del soccorso SAR, non vedo cosa possa entrarci Malta. Noi non abbiamo nulla a che fare con questa vicenda”, ha concluso l’ambasciatore.

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L’ambasciatore di Malta in Italia, Vanessa Frazier: “Su Aquarius La Valletta rispetta la legge. I 629 migranti dell’Aquarius non li accogliamo, è una questione di principio”.

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Le Ong sfidano il governo: è battaglia nel Mediterraneo.

Roma, 10 giu – Da due giorni le ONG tedesche, Sea Watch e Sea-Eye, stanno pubblicamente sfidando a duello il nuovo governo di Giuseppe Conte e in particolar modo il Viminale di Matteo Salvini.

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Le armi in mano agli “umanitari” sono i 342 migranti a bordo delle loro navi, usati come vero e proprio strumento di ricatto rivolto al Ministro dell’Interno.

Sea Watch e Sea-Eye hanno pattugliato per giorni lo specchio di mare antistante la zona di Beni Walid, diventata tristemente nota il 25 maggio perché teatro di una tragedia[1]: i migranti hanno provato a scappare da un rifugio dei trafficanti, e questi per non perdere “la merce” hanno aperto il fuoco sui fuggitivi.

Da qualche tempo, tutte le ONG impegnate nelle operazioni SAR in Libia si sono spostate curiosamente nella suddetta area di Beni Walid, abbandonando quella di Zuwara, a ovest di Tripoli, dove le Autorità di Sicurezza Libiche hanno arrestato diversi trafficanti e liberato centinaia di migranti pronti a partire per l’Italia.

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In tre differenti “salvataggi” tra cui un curioso trasbordo dal Vos Purpose, rimorchiatore appartenente allo stesso armatore Vroon che locava la nave Vos Hestia a Save The Children fino all’ottobre scorso[2], Sea Watch e Sea-Eye, colti dal prevedibilissimo maltempo, hanno iniziato con le solite pressioni per ottenere dall’MRCC di Roma (Centro di Coordinamento Soccorsi Marittimi) l’autorizzazione allo sbarco in Sicilia, ovviamente mobilitando le istituzioni politiche straniere e le organizzazioni internazionali.

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Malta, come al solito, ha negato ogni tipo di assistenza alle due ONG allo sbando, con un rimpallo di responsabilità con le autorità italiane.

L’inadeguata nave Seefuchs di Sea-Eye, in completa balia delle onde con a bordo 120 migranti e chiaramente comandata da dilettanti come già abbiamo documentato, è stata dapprima soccorsa da una nave cargo e successivamente dalla nave Diciotti della nostra Guardia Costiera.

Dopo due giorni di crisi nei quali l’MRCC di Roma ha negato l’accesso ai nostri porti (mai successo prima d’ora) e nonostante ciò Sea Watch ostinatamente si sia posizionata in acque territoriali italiane, le autorità hanno concesso alla ONG l’autorizzazione allo sbarco nel porto di Reggio Calabria.

Nel frattempo, la nave di Sea-Eye è stata scortata dalla Diciotti e da una nave cargo, a causa dell’impossibilità al trasbordo per le avverse condizioni meteo.

Arrivate nei rispettivi porti di sbarco, Sea Watch a Reggio Calabria e Sea-Eye a Pozzallo, i comandanti delle due ONG sono stati prelevati dalle autorità italiane e portati di fronte ai Magistrati negli uffici della Polizia Giudiziaria, per un lungo interrogatorio. Le autorità hanno altresì predisposto il sequestro dei materiali probatori a bordo delle navi, tra i quali i video del giornalista Fabio Butera de La Repubblica, che si trovava a bordo della nave di Sea Watch.

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Oggi, 11 giugno, il premier socialista spagnolo Pedro Sanchez annuncia a sorpresa: “L’Aquarius venga da noi, potrà attraccare a Valencia”. Il premier italiano Giuseppe Conte lo ringrazia: “Avevamo chiesto un gesto di solidarietà da parte dell’Ue su questa emergenza. Non posso che ringraziare le autorità spagnole per aver raccolto l’invito”. E aggiunge che agli incontri di venerdì e lunedì con Macron e Merkel, gia fissati da tempo, chiederà la modifica del regolamento di Dublino.

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18.48 LMT: Qualcuno comunichi la decisione del governo Spagnolo alla nave Aquarius, che continua ad andare avanti e indietro nello stesso punto a velocità 2 nodi (ora prua sulla Grecia). L’Aquarius è diretta verso la spagna? Perche Hanno oscurato la tracciabilità?
21.35 LMT. Per ora pendola. L’equipaggio della nave sta deliberatamente provocando lo Stato Italiano e sta cercando il morto a bordo. Non si dirigono verso Valencia.

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12 giugno. L’Aquarius è stato rifornito ed è scortato a Valencia da due unità, che hanno preso a bordo parte dei migranti. Sono circa 700 miglia.

1830.- Radioso futuro del sovranismo. La sovranità appartiene al popolo: la lotta tra globalisti e identitari

Dal GeopoliticalCenter, Geopolitica, Strategia, Analisi Economiche
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Identitari, molto meglio che sovranisti, ma stiamo assistendo, in Europa e nel mondo occidentale, allo scontro tra globalisti e sovranisti, “liberals” cosmopolitani e conservatori identitari, tra europeisti ed euroscettici, che domina la scena politica contemporanea.

Che brutta parola, sovranità, non più di moda, quasi pericolosa se viene pronunciata. Eppure è un pilastro della nostra costituzione. La sovranità appartiene al popolo, come recita l’art. 1 della Carta costituzionale, e non appartiene all’Unione Europea o ai vertici istituzionali della nostra Repubblica.
La sovranità è del popolo ed il popolo deve decidere se cederne una parte o mantenerla tutta per sé.
E’ inutile tornare a parlare di “destra” o di “sinistra”, destra e sinistra sono due categorie che non possono essere applicate all’attuale situazione europea ed in particolare italiana. Destra e sinistra fanno riferimento ad una situazione politica nella quale le possibilità di scelta del popolo sono pienamente esercitabili e non di una situazione, come quella attuale, dove una parte del popolo, italiano ed europeo, non ha la possibilità morale di esprimere liberamente la propria posizione politica.
E’ indubbio che nella retorica dell’informazione e della politica dei palazzi (soprattutto tedeschi e francesi, o che comunque rendono conto a Parigi o Berlino) esiste una netta differenziazione di giudizio qualitativo tra chi si esprime per la conservazione della residua sovranità nazionale e chi invece preme per una integrale cessione della stessa sovranità ad organizzazioni sovranazionali non pienamente soggette al controllo democratico come l’attuale Unione Europea. Nei discorsi dei vertici istituzionali dell’Unione Europea, così come nelle parole dei capi di stato che seguono la linea globalista e di cessione della sovranità, emerge un ritratto degli individui che cercano di portare avanti il concetto di sovranità che risulta eticamente degradante. Il sovranista è spesso descritto come una figura negativa, di scarsa cultura, minima cultura, scarsa visione del futuro; un quadro che rende perfino difficoltoso per un semplice cittadino dichiararsi o far intendere di essere vicino alle idee di conservazione della sovranità nazionale. Sembra di osservare la descrizione fatta, con grande successo, negli anni 2000, soprattutto negli Stati Uniti del fumatore di sigarette. Lo strumento della denigrazione morale è stato fondamentale per ridurre drasticamente il numero dei fumatori negli Usa. Il tabacco da simbolo di emancipazione e di potere diventava improvvisamente il mezzo di espressione delle classi meno colte della società, dalla parte più reietta della cultura americana, in una parola dei poveri. Il meccanismo ha funzionato alla perfezione, oggi si tenta la stessa via contro chi si erge a difesa della sovranità nazionale.
E’ quindi la lotta tra queste due divergenti linee di pensiero la vera sfida politica dei prossimi mesi nel nostro paese.
Nessuno deve farsi spaventare del rendere pubblico il proprio concetto di società e di stato.
Esiste una via possibile all’integrazione europea, ma non è quella della cessione violenta della sovranità nazionale, non in questa fase dove un piccolo direttorio di stati ha il potere di controllare le sorti dell’intera unione.
Francia e Germania non hanno rinunciato alla loro sovranità. La corte costituzionale tedesca ha mantenuto, in misura maggiore rispetto alla nostra, il diritto di vagliare le decisioni prese in seno all’Unione Europea e la Francia non ha accettato il limite del deficit imposto dai trattati europei, limite ripetutamente e consecutivamente violato nell’indifferenza di Bruxelles.
In questa visione unionista dell’Europa contemporanea emerge chiara la volontà della rinuncia alla definizione delle nostre origini storiche, culturali e religiose, in nome di un oblio funzionale a creare una fusione di popoli senza identità e senza sovranità.
La sovranità (per ora) appartiene al popolo che la esercita nei modi e nei termini stabiliti dalla costituzione. Questo è il secondo capoverso del primo articolo della nostra carta costituzionale, lo ricordino tutti, cittadini e vertici delle istituzioni. La Costituzione della Repubblica non si può interpretare liberamente come il canovaccio di una commedia di avanspettacolo, la Costituzione è la chiave di volta della nostra Repubblica e della nostra Democrazia. I padri fondatori, non a caso, hanno ricordato che la sovranità appartiene al popolo, non ad un monarca, ad un tiranno, allo straniero, alle istituzioni sovranazionali o a chi, pro tempore, impersona i vertici dello stato.
W l’Italia, W la Repubblica, W la Costituzione..

Sul radioso futuro del sovranismo.

Il panorama politico contemporaneo, non solo in Italia, ma in Europa e nel mondo occidentale, è dominato dallo scontro tra globalisti e sovranisti, “liberals” cosmopolitani e conservatori identitari, tra europeisti ed euroscettici. Si tratta indubbiamente della linea di demarcazione fondamentale della politica di questi anni. Un particolare fondamentale è sinora poco notato: il globalismo, l’europeismo per quello che concerne l’Europa e l’Italia, è ciò che in fin dei conti produce il sovranismo, diventando in maniera sempre più accelerata il miglior garante dell’avanzata sovranista, un’avanzata che è ormai fuori da ogni dubbio. I sovranisti possono dormire sonni tranquilli. Vinceranno. Il loro futuro è radioso. Se sarà radioso il futuro delle nazioni europee, si tratta di una faccenda diversa. Ma da un punto di vista ideologico, le dinamiche della marea storica sono ormai molto ben definite.
Prendiamo il caso italiano. L’Italia è un paese sotto tutela BCE dall’estate del 2011, quando divenne incapace di accedere autonomamente ai mercati finanziari senza l’appoggio europeo. La BCE e il sistema delle banche centrali dell’eurozona hanno in questi anni messo in campo vari strumenti per la sopravvivenza finanziaria del paese, partcolarmente il massiccio acquisto, diretto e indiretto, di titoli di stato.
Ovviamente c’è una contropartita: l’Italia si impegna a rispettare il tetto del deficit, e a fare una lunga lista di riforme, che furono dettate da Bruxelles, Francoforte e Berlino con la famosa lettera della BCE al governo italiano. La posizione europea, per quanto possa apparire solida da un punto di vista tecnico, è in realtà fallace sotto almeno due punti di vista.
Innanzitutto, chiunque conosca la realità della politica italiana e le sue strutture costituzionali, sa che il tipo di riforme a dir poco draconiane che la UE richiese a suo tempo non sono percorribili da nessun governo, né ora né mai. Quelle riforme sono semplicemente irrealistiche in un paese in cui la spesa pubblica è la fonte di reddito del grosso della popolazione, e quindi conseguentemente anche il pilastro del consenso politico, ovvero dei voti che servono per l’elezione e ri-elezione del personale politico. Infatti, i vari governi che si sono succeduti dalla crisi del 2011 (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni) sono stati ben lungi dall’attuare le riforme richieste. La loro azione di governo è stata invero abbastanza limitata e non ha pertanto avuto un impatto decisivo sulla struttura fondamentale della spesa pubblica, sull’organizzazione dello stato e dell’economia privata, se non per gli effetti depressivi, spesso devastanti, di una grave recessione (2011-2015) esarcebata anche da manovre che hanno colpito duramente la domanda interna. Va anche notato che nonostante queste manovre, il rapporto debito/PIL è peggiorato progressivamente passando dal 120% del 2011 al 131% attuale, per quanto in stabilizzazione nell’ultimo biennio.
Il secondo errore dell’UE e dei suoi uomini in Italia, tra cui certamente il Partito Democratico nel suo insieme e il Presidente Mattarella, sta nel pensare che un paese possa rimanere per molti anni, magari decenni, in un regime infinito di bassissima crescita, alta disoccupazione, altissima tassazione, bassissimi investimenti, senza che si formino poderosi movimenti di opposizione politica. Come si fa a conservare il consenso politico propugnando una visione del futuro basata esclusivamente su un percorso di stagnazione-recessione, di rassegnazione a vivere in un paese che va stabilmente e inesorabilmente verso una lenta implosione economica, sociale, demografica, e culturale? Questo non è solo contrario allo spirito della democrazia moderna e delle sottostanti ideologie progressiste, è contrario alla politica come arte del governo, democratica o meno.
Questo secondo aspetto è il più grave perché rivela un’incapacità di pensare veramente in termini politici (e specificatamente di consenso). A rafforzare la convinzione che i globalisti non stiano capendo quali siano i costi politici della situazione italiana, vi sono i chiari esempi che si possono trarre dalle vicende europee. In risposta ad ogni azione globalista, è sorta una risposta sovranista.
Negli anni successivi al 2011, le istituzioni europee e i vari esponenti politici “globalisti” hanno devastato la loro stessa credibilità in seguito alle ben note vicende legate alla crisi dei migranti e al dilagare del terrorismo di matrice islamica in tutta l’Europa. Questo è un punto fondamentale per capire l’ascesa dei movimenti euroscettici e sovranisti. Senza le assurde politiche della Merkel nel 2015, non ci sarebbe stata con ogni probabilità né la Brexit né l’elezione di Trump alla Casa Bianca. La Merkel è riuscita nel capolavoro di creare un partito alla destra della CDU-CSU nel Bundestag (non ce n’era uno dal 1961), con vari Länder che potrebbero cadere sotto il controllo di AfD nel giro di pochi anni. Ha consegnanto tutta l’Europa centrale al nazionalismo almeno per una generazione (Gruppo Visegrád e dintorni), e provocato un massiccio spostamento a destra in Austria, Olanda, Danimarca. Ancora oggi l’UE continua a insistere su un piano di ripartizione dei migranti che non ha alcuna possibilità di venire accettato ma che acuisce e rafforza le istanze sovraniste. Il fatto stesso che a Bruxelles non si rendano conto di quanto questo atteggiamento sia controproducente, è testimonianza di una dissociazione dalla realtà che rasenta il patologico. Esso testimonia inoltre l’assenza di capacità comunicative, con un scelta di messaggi circa le priorità dell’azione politica (Juncker: “Vigileremo sui diritti degli Africani in Italia”), che è sempre e puntualmente dannosa per le proprie posizioni. L’europeismo è diventato incapace di pensare in termini di dialettica politica, di azione e reazione. Ossessionato dal tecnicismo economico-giuridico dell’Ordnungspolitik teutonica e dal politically correct di matrice anglosassone, è diventato una struttura di pensiero completamente dogmatica. Gli europeisti-globalisti si trovano in quello che gli psicologi chiamano “tunnel cognitivo”: hanno imposto a se stessi dei limiti invalicabili a quello che può e non può essere contemplato, costi quel che costi. Così facendo, sono incapacitati a fare altro se non una infinita serie di errori, nient’ altro che errori, che avvantaggiano sistematicamente i sovranisti, le forze nazionaliste, le destre euroscettiche, i “populisti”, i “deplorables”. Come se ciò non bastasse, l’attenzione maniacale al dettaglio tecnico-giuridico impedisce loro di vedere il costante allontanamento dell’UE dai veri principi e “valori” dell’integrazione europea sulla base dell’uguaglianza tra gli stati (non dell’innegabile egemonia di Berlino), la mancanza di trasparenza e di democraticità in molti processi decisionali, i limiti di un’istituzione che è crescita troppo e troppo in fretta.
In Italia più che altrove è palese la dissociazione dalla realtà che ha caratterizzato politiche totalmente controproduttive in ogni campo. Come esempio basti citare la guerra in Libia del 2012, la quale ha devastato interessi strategici vitali elementari non solo del paese, ma di tutta l’Europa, gettando il Mediterraneo nel caos, con un flusso di immigrazione che i governo Letta e Renzi hanno gestito e comunicato nel peggiore dei modi. Essi tuttavia non si sono mai resi conto che tali politiche avrebbero minato in modo irrimediabile il loro consenso, lasciando campo aperto ai sovranisti. Altri errori sono stati il maldestro tentativo di riforma costituzionale di Renzi, nonché il suo formidabile storytelling, specie sulle questioni economiche. Se i precedenti governi fossero stati in grado di limitare gli errori ad un solo aspetto della loro politica, dialogando coi sovranisti su altri aspetti, probabilmente avrebbero mantenuto il potere. L’errore è stato voler tentare di imporre in tutto e per tutto una visione europeista e globalista, disconoscendo ogni validità e persino legittimità ad altre forme di pensiero, non comprendendo però che le già difficilmente digeribili politiche di austerità, se combinate con una gestione (e pessima comunicazione) del fenomeno migratorio inqualificabile, avrebbero portato i sovranisti alla vittoria. Se Renzi avesse mediato sul fenomeno migratorio, seguendo la politica di altri paesi europei (anche senza scomodare le ben più lungimiranti politiche del Giappone e altri paesi asiatici), probabilmente sarebbe riuscito a contenere a questo giro l’ondata sovranista. Semplicemente, la sua visione del mondo non prevede l’esistenza di tali opzioni.
Il 4 Marzo scorso è accaduto che, come sommatoria di tutti gli errori di valutazione e le politiche sbagliate di cui sopra, le forze europeiste hanno perso il controllo dell’Italia. Sono insomma riuscite a trasformare movimenti che dieci anni fa detenevano forse il 10%-15% dell’elettorato, a forze che possiedono la maggioranza assoluta degli elettori e dei seggi parlamentari, e viaggiano verso il 60% combinato. Poiché agli europeisti rimane, come ultima carta, il controllo del Quirinale (oltre ovviamente ai grandi media italiani e del mondo euro-atlantico), possono solo tentare di forzare una soluzione presidenziale che ignori la maggioranza parlamentare, una mossa ai limiti (forse oltre) delle prerogative costituzionali. Ma che succederebbe dopo? Una forzatura europeista, centrista, “cerchiobottista” (per usare un’espressione calzante della prima repubblica) rafforzerebbe solo i sovranisti, i quali arriveranno prima o poi a controllare ancora più voti e seggi. Anche l’inquilino del Quirinale arriverà un giorno alla fine del suo mandato. Che succede dopo? Potrebbero le forze europeiste ri-guadagnare una maggioranza? Sulla base di che cosa? Il progetto UE potrebbe forse riprendersi, con quali presupposti e quale visione del futuro?
L’europeismo-globalismo dell’UE nella sua veste attuale, ideologicamente e pragmaticamente, specie in un paese come l’Italia ma in realtà in tutto il mondo occidentale, è fondamentalmente votato all’autoliquidazione, in quanto incapace di autocritica e di cambiamento, incapace soprattutto di capire che le sue fondamenta, anche in termini squisitamente politico-filosofici e persino antropologici, sono sbagliate. L’europeismo produce quindi come sua nemesi il sovranismo. Finché gli europeisti e i globalisti non cambierannno traiettoria, i sovranisti continueranno a vincere. Ma non cambieranno traiettoria, sono impossibilitati a farlo dati i vincoli che si sono auto-imposti. Quindi i sovranisti prevarranno. Quello che accadrà dopo, è un’altra storia.
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Roberto Orsi ha conseguito un dottorato di ricerca in Relazioni Internazionali presso la London School of Economics. Dal 2013 insegna politica internazionali all’Università di Tokyo.