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6144.- Fallimento, sì; ma dello Stato del Presidente Mattarella

Si vuole far passare l’esistenza di una situazione politica dell’Italia in tumulto. Tale e tanta è stata l’eversione rossa che ha inquinato la vita democratica e le istituzioni degli italiani che ogni occasione è sfruttata dall’opposizione e dai media per chiedere le dimissioni di qualche ministro e per scatenare l’opinione pubblica contro i tutori dell’Ordine Pubblico. Ciò viene facilitato dall’ignoranza, in questo caso, dalle modalità con cui si possono e devono esercitare le c.d. libertà collettive. Avremmo preferito che il messaggio del Capo dello Stato mirasse a chiarire queste modalità. Proviamo a fare chiarezza, quello che il servizio pubblico dell’informazione non fa.

La Costituzione – Articolo 17

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Articolo 17.

cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.

Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.

Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

Commento all’articolo

La libertà di riunione rappresenta una manifestazione della libertà personale dei singoli (13 Cost.) attraverso la quale essi realizzano la propria personalità (2 Cost.). In una nuova ottica democratica i costituenti scelgono di garantirla e tutelarla per i cittadini, ma nel rispetto della sicurezza ed incolumità altrui. Vale anche per gli stranieri riuniti in associazioni, purché soggiornino regolarmente sul territorio in quanto possono “partecipare alla vita pubblica locale”.

Le c.d. libertà collettive si sostanziano nella libertà di associazione e di riunione (art. 18), cioè, nel diritto di darsi convegno, volontariamente e temporaneamente, in un luogo determinato e, in seguito a preventivo accordo con i promotori o su loro invito, soddisfare un proprio interesse politico, sociale, culturale, religioso, sportivo ecc., p. es., scambiandosi opinioni. Altra cosa sono l’assembramento per un evento fortuito, le dimostrazioni per motivi politici e, quando in movimento, i cortei. A livello comunitario la “libertà di riunione pacifica” e la “libertà di associazione” sono garantite dall’art. 12 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Per le riunioni pubbliche, cioè accessibili da parte di chiunque, è obbligatorio avvisare il questore almeno tre giorni prima, affinché l’autorità giudiziaria possa adottare eventuali provvedimenti, o comunque controllare lo svolgimento della riunione. Per i luoghi privati o aperti al pubblico non serve preavviso.

Nello specifico, la disciplina normativa di riferimento è contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (R.D. 18 giugno 1931, n. 773), che regola, tra l’altro, le modalità ed i tempi del preavviso ed i presupposti che legittimano il divieto delle riunioni stesse, individuati dall’art. 18 nella tutela dell’ordine e la sanità pubblici e della moralità. In ogni caso, il riferimento ai “comprovati” motivi implica la necessità che le limitazioni siano espressamente motivate.

Va comunque precisato che il preavviso non rappresenta un presupposto necessario per potersi riunire in pubblico. L’omissione non può infatti determinare l’illegittimità della riunione, e l’autorità può infatti intervenire solamente per motivi di sicurezza ed ordine pubblico.

Commento ai fatti

Nel caso di specie sarebbe stato sufficiente che i caporioni del corteo non autorizzato avessero risposto alla legittima richiesta della Questura di indicare il percorso pianificato e che questo non mirasse a indirizzi sensibili. Così, signor Presidente, non è stato e non basta nascondere gli intenti destabilizzatori di una parte politica, appellandosi all’età giovanile di molti dimostranti, certo, non di tutti. Le squadracce dei centri sociali – Lei sa perché esistono – non differiscono, quanto ai metodi e agli obiettivi dalle squadracce comuniste e da quelle fasciste. Vorremmo che la democrazia fosse lasciata indenne da questi metodi per non dover gridare, Noi, al fallimento del Suo Stato.

Newsletter

Leggo dalla “Verità”; “È partita la caccia allo sbirro. Al G7 si rischia il bis di Genova”

Caro Sergio Mattarella, il vero fallimento è lo Stato che non difende le forze dell’ordine che fanno il loro dovere: sbarrare la strada a cortei non autorizzati e ostili. E che crea intorno a loro un clima infame alla vigilia di appuntamenti delicati.

Cortei: Piantedosi alla Camera spiega cos’è successo davvero

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Mentre sinistra e 5stelle continuano la loro vergognosa campagna di delegittimazione delle Forze dell’Ordine, il Ministro Piantedosi chiarisce cos’è successo alle manifestazioni di Pisa e Firenze

Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nel corso della sua informativa alla Camera dei Deputati ha spiegato cosa è successo davvero nel corso delle manifestazioni, non autorizzate, che si sono svolte a Pisa e Firenze. La sinistra e i 5stelle continuano la loro campagna di delegittimazione verso le Forze dell’Ordine, arrivando addirittura a sostenere che i poliziotti si sarebbero meritati gli sputi. Tale clima d’odio ha portato anche a conseguenze sfociate in atti gravissimi, come l’assalto ad una voltante della Polizia da parte dei centri sociali a Torino. Noi, invece, non lasceremo sole le Forze dell’Ordine: le donne e gli uomini che con la divisa difendono e rappresentano tutti i giorni gli italiani non resteranno senza il pieno sostegno delle Istituzioni.

La carica a Pisa è stata fatta per garantire l’incolumità degli Agenti

Nella sua audizione il Ministro Piantedosi ha spiegato che a Pisa la carica è stata fatta per garantire incolumità agenti che erano compressi contro un automezzo. Alla manifestazione di Pisa di venerdì scorso, “per garantire l’incolumità degli operatori di polizia, compressi contro l’automezzo collocato alle loro spalle, veniva effettuata una carica di alleggerimento, consentendo al personale di avanzare di qualche metro e di allentare così la pressione dei manifestanti”. Così la ricostruzione del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nella sua informativa alla Camera. 

In precedenza gli agenti avevano tenuto la posizione “utilizzando i soli scudi, nonostante i manifestanti continuassero a mettere in atto una pressione con spinte, calci, insulti, sputi e tentativi di sottrarre gli scudi”. In occasione della manifestazione, il ministro ha ricordato che “personale della questura ha preso contatti con esponenti del Collettivo universitario e di Spazio Antagonista “Newroz”, lì presenti, ai quali, senza alcun esito, venivano chieste indicazioni sulle modalità dell’iniziativa per consentirne un regolare svolgimento in condizioni di piena sicurezza.

I manifestanti hanno rifiutato ogni tentativo di interlocuzione con le Forze dell’Ordine

Personale della Digos, una volta partito il corteo, invitava più volte i manifestanti a dare indicazioni sul percorso e a non procedere verso Piazza dei Cavalieri, dove non sarebbe stato consentito il transito per evitare il possibile prosieguo verso obiettivi sensibili tra cui Piazza dei Miracoli, per la quale in sede di Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica era stata valutata l’interdizione alle manifestazioni. I manifestanti, nonostante ogni tentativo di interlocuzione, hanno rifiutato di fornire indicazioni e si sono mossi in corteo per poi raggiungere uno degli accessi a Piazza dei Cavalieri, dove era stato schierato, a scopo dissuasivo, un contingente del Reparto Mobile della Polizia di Stato”. 

“Le Forze di polizia – prosegue il titolare del Viminale – hanno intimato ai manifestanti di fermarsi, ribadendo ancora una volta, senza alcun risultato, la richiesta di fornire indicazioni sul percorso. Il corteo continuava, invece, ad avanzare, costringendo il cordone delle Forze di polizia, in un primo momento, a indietreggiare di diversi metri per evitare scontri, fino ad arrivare a contatto con un mezzo posizionato per impedire l’accesso a Piazza dei Cavalieri”. 

I manifestanti hanno superato la barriera di sicurezza

In questa fase, rileva, “una decina di manifestanti superava la barriera, raggiungendo le spalle dello schieramento degli operatori in servizio. Venivano, pertanto, bloccati dal personale delle Forze di polizia e condotti nell’adiacente Piazza dei Cavalieri. Tra questi, una nota esponente antagonista. Atteso il perdurare della forte pressione, sopraggiungeva un secondo contingente dei reparti”. C’è stata a questo punto la carica di alleggerimento. 

Negli scontri sono rimasti contusi 17 manifestanti, di cui 11 minorenni, e 2 funzionari della Polizia di Stato. L’attività investigativa avviata nell’immediatezza ha consentito di deferire in stato di libertà 4 persone per il reato di resistenza aggravata a pubblico ufficiale e per violazione dell’articolo 18 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Si tratta di maggiorenni, tutti con precedenti per reati attinenti all’ordine pubblico”.

Città a ferro e fuoco e calci e pugni alla Polizia: per la sinistra va tutto bene

Per la sinistra va bene che chiunque possa mettere a ferro e fuoco le città e picchiare la polizia, perchè come ha anche dichiarato una consigliera del Movimento cinque stelle le Forze dell’ordine meritano gli sputi? 

E’ un dato di fatto quello che pensa la sinistra delle forze dell’ordine e lo hanno dimostrato anche oggi in aula a Montecitorio: la Polizia, secondo loro, dovrebbe far manifestare chiunque, anche i violenti, secondo noi no. La libertà di qualcuno si ferma quando limita la libertà di una altra persona, noi manifestiamo da una vita ma vorrei ben vedere se è mai esistita una manifestazione dei giovani di destra che abbiano messo a ferro e fuoco le citta.

6137.- In assenza di contenuti, l’opposizione sfida il Governo con manichini capovolti, bruciati e cortei non autorizzati.

Manifestare è un diritto se si seguono le pur semplici prescrizioni. Invece, prima si violano le regole e, poi, “Basta manganelli”. Andando alla radice, il messaggio del Presidente Mattarella può essere letto come una scusa per gli organizzatori, ma non richiesta. Discutere degli oltraggi continui all’autorità da parte di una parte politica elettoralmente sconfitta ci porta lontano. Bisogna farlo anche se vengono in campo le massime istituzioni. Anche la guerra in Medio Oriente, che suscita orrore, esprime una situazione complessa fuori della portata delle piazze, che ci riguarda e su cui informare e dibattere.
La manifestazione irregolarmente tenuta avrebbe potuto essere preannunciata e, eventualmente, autorizzata, anziché tradursi in una violazione dell’autorità. Questo dovrebbe essere oggetto di discussione in Parlamento e di un richiamo del Capo dello Stato. La condivisione del ministro rispetto al richiamo vale come segno di grande rispetto. Detesto i manganelli, ultima ratio, quindi, “ratio” e non fallimento. Il fallimento comincia quando l’autorità non viene rispettata e se ne contesta in piazza l’autorevolezza violando le regole. Non è questo il modo di tenere l’agone politico e, perciò, il messaggio del Presidente può presentarsi parziale. Sono modi di sentire diversi.
Il sentire di un popolo muta e si evolve. Oserei dire che un doppio mandato, per quattordici anni, non consente a nessun Presidente della Repubblica, nemmeno se fosse Gesù Cristo, di rappresentare sempre e al meglio sia il Popolo sia il Governo espresso dalle urne. Sarebbe molto democratico riprendere i lavori dei costituenti e dibattere civilmente su questo vulnus creato da Giorgio Napolitano e proseguito da Lei, sicuramente buona mente, ma con effetti che, nel tempo, possono risultare politicamente divisivi. Dall’Africa al Medio Oriente, all’Asia Transcaucasica la scena in cui operano i Governi è rovente. Con fiducia e con rispetto, ambirei chiederLe se pensa di poter mettere un freno a questo modo almeno irrituale di fare politica, oppure, se insulti, manichini capovolti, bruciati e cortei non autorizzati debbano accompagnare i governi espressi dai partiti diversi da quelli all’opposizione, che l’hanno anche eletta.

Mattarella sente Piantedosi: “I manganelli esprimono un fallimento”. Nel ministro trova “condivisione”

Da Il Secolo d’Italia, 24 Feb 2024, di Sveva Ferri

mattarella piantedosi

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto sugli scontri di piazza che si sono verificati ieri a Pisa e Firenze, con una telefonata al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, resa pubblica dal Quirinale. Il Capo dello Stato, si legge nella nota del Colle, “ha fatto presente al ministro dell’Interno, trovandone condivisione, che l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi – è la conclusione – i manganelli esprimono un fallimento”.

Mattarella “trova condivisione” in Piantedosi

È notizia di stamattina, inoltre, che Piantedosi ha avuto una serie di contatti telefonici con i leader sindacali per fissare un incontro, previsto lunedì alle 12, sui “recenti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine”, come confermato dal Viminale. Ieri, lo stesso Dipartimento di Pubblica sicurezza aveva rilasciato una nota nella quale aveva contestualizzato gli scontri nelle difficoltà che si generano “dal mancato rispetto delle prescrizioni adottate dall’autorità ovvero dal mancato preavviso o condivisione dell’iniziativa da parte degli organizzatori”, ribadendo che il proprio impegno ”è da sempre proteso a garantire il massimo esercizio della libertà di manifestazione e nel contempo ad assicurare la necessaria tutela degli obiettivi sensibili presenti sul territorio nazionale”.

La “riflessione” del Dipartimento di pubblica sicurezza su Firenze e Pisa

Nella nota, però, era stato aggiunto anche un altro passaggio: “Quanto verificatosi nelle città di Firenze e di Pisa costituirà, come sempre, momento di riflessione e di verifica sugli aspetti organizzativi ed operativi connessi alle numerose e diversificate tipologie di iniziative, che determinano l’impiego quotidiano di migliaia di operatori delle forze dell’ordine”. Dunque, prima ancora del netto richiamo di Mattarella, lo stesso Viminale nelle sue articolazioni amministrative si era posto il problema della dinamica di piazza. Quanto alla sua guida politica, appare chiaro che la riunione fissata con i sindacati è un segnale che Piantedosi vuole dare.

L’appello di FdI ad abbassare i toni

Sulla necessità di abbassare i toni e fare il possibile per contemperare il diritto alla libertà di manifestare con le esigenze di sicurezza si è espresso anche il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli. Il ministro, Francesco Lollobrigida, poi, ha invitato le forze politiche ad avere un atteggiamento di fiducia nelle forze dell’ordine e non a considerarle in partenza “soggetti da accusare che si devono giustificare”. Messaggi, dunque, improntati alla responsabilità, rispetto ai quali resta da capire cosa vorrà fare quella sinistra che soffia sul fuoco delle piazze. E che mentre oggi si spertica nel condividere le parole di Mattarella, ieri ne ha accolto con una certa freddezza l’avvertimento sull’esigenza di assumere un atteggiamento degno nell’agone politico, rigettando le “intollerabili manifestazioni di violenza” di cui è stata fatta oggetto il premier.

5163.- Scempio di Peschiera, sindaco contro Lamorgese: si poteva evitare. Ma a mail e pec non ha mai risposto

Nata a Potenza, come Speranza, la sua nomina a ministro sarebbe stata fortemente voluta dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ne ha anche disposto la nomina con decreto, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Da lei dipendono la Polizia di Stato, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e i prefetti. È, inoltre, componente del Consiglio supremo di difesa. Le principali funzioni del ministero sono regolate dal decreto legislativo 30 luglio 1999, nº 300. Le sono attribuite, in particolare, le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di: garanzia della regolare costituzione e del funzionamento degli organi degli enti locali e funzioni statali esercitate dagli enti locali, tutela dell‘ordine e della sicurezza pubblica e coordinamento delle forze di polizia, difesa civile e, inoltre, le politiche  dell’immigrazione e dell’asilo. La sua politica dei porti aperti verso l’immigrazione clandestina, sicuramente e senza ombra di dubbio, prelude a difficoltà nell’Ordine Pubblico e nella Sicurezza. Quello di Peschiera è solo l’ennesimo preavviso di ben più gravi eventi.

Da Il Secolo d’Italia, martedì 7 Giugno 9:33 – di Chiara Volpi

Lamorgese

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Il grido d’allarme che il sindaco di Peschiera del Garda, Maria Orietta Gaiulli, ha lanciato negli anni sulla tenuta del tessuto sociale, alla luce dello scempio dei nordafricani nei giorni scorsi diventa una denuncia. Di più: un preciso addebito che la prima cittadina di Peschiera imputa alla ministra Lamorgese, sorda ad appelli e richiami fino all’ultimo: una richiesta di aiuto inviata via Pec alla titolare del Viminale, che neppure le ha risposto. Immancabilmente. «Questa guerriglia poteva essere evitata – tuona il sindaco interpellata da Libero –. Bisognava esserci il 2 giugno per capire cosa è successo. Qui c’è un problema serio. Non tiene più il tessuto sociale».

Duro j’accuse del sindaco di Peschiera del Garda alla Lamorgese

E dire che, come spiega sempre la Gaiulli, i ragazzini immigrati che vivono nelle nostre città, il raduno lo hanno annunciato su Tik Tok in tutto il suo potenziale esplosivo: lo hanno ribattezzato “Giornata Africa” e ha raccolto subito adesioni di massa. Il mood era chiaro sin da subito, il rischio esplicitato nella risposta social che poi si è tradotta nelle molestie. Nelle risse selvagge. E negli innumerevoli atti vandalici che hanno messo sotto scacco una comunità “accogliente”. Eppure, stando alla denuncia della sindaca Gaiulli, di fronte a tutto questo la Lamorgese ha replicato col silenzio. Continuando a fare spallucce. Tanto da indurre persino l’intervistatore di Libero, oltre che l’intervistata, a domandarsi con ironia amara se, per caso, il ministro dell’Interno in questi giorni «abbia letto i giornali o guardato le televisioni»…

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«La guerriglia poteva essere evitata»: tutto annunciato sui social

Una calata di massa annunciata che si è risolta nell’offensiva sociale paventata già nelle dichiarazioni social. «Chi vince oggi?», si interrogavano beffardamente online. «I neri? I bianchi? O i blu?». Laddove, i blu sarebbero stati i poliziotti… Una cronaca virtuale di quello che sarebbe accaduto col raduno, insomma. E in parte anticipato, denuncia sempre il sindaco di Peschiera, da precedenti prove tecniche di aggregazioni. «Avevano iniziato già nel 2020 a fare questi raduni – spiega la prima cittadina – ma all’inizio erano un centinaio. Sempre nordafricani. Vengono dalle città lombarde, scendono alla stazione di Peschiera del Garda che è l’unica centrale e vicina alla spiaggia. E fanno quello che vogliono. Nel 2020 si è riusciti a contenerli. Poi sono diventati sempre più». Così, dai cento del 2020 sono diventati i 400 dell’anno scorso, dove c’è scappato anche il morto. E l’ultima volta, il 2 giugno, erano 2.500. Incontenibili…

Denunce e sollecitazioni, mail e pec, cadute nel vuoto: la Lamorgese non pervenuta

«Avanti di questo passo arriveremo a 10mila. Qui c’è un vero e proprio problema e io l’avevo detto», torna a ribadire la Gaiulli, inascoltata nei suoi allarmi e che continua a lamentare un silenzio istituzionale reiterato dalla ministra Lamorgese  fino al 30 maggio scorso. Quando, dopo aver mandato una Pec alle forze dell’ordine e a tutte le autorità preposte per allertare chi di dovere sui disordini nel suo comune – che puntualmente si sono verificati – ha dovuto incassare l’ennesimo silenzio. Un muro di gomma, quello contro cui si è ritrovata a confrontarsi la sindaca, anche il 31 maggio quando, vedendo i video che giravano nei social, con tanto di scritte: «L’Africa a Peschiera», «spacchiamo tutto», «facciamo casino», aveva spedito altre allarmate mail. Stavolta al comandante provinciale dei carabinieri. Al questore, al prefetto, inoltrando finanche i video e sollecitando monitoraggio e prevenzione. «State attenti, guardate cosa sta per arrivare», scriveva la Gaiulli. Ma ancora una volta, il silenzio è stato assordante.

Molestatori e vandali, altro che “risorse” come li chiama la Boldrini. Il sindaco: «Io non ci sto»

Nemo profeta in patria, si sa. E così, una volta radunatisi, i giovani nordafricani hanno dato seguito ad annunci e proclami. Devastando. Picchiandosi. Sferrando coltellate e molestando le ragazzine. Oggi sappiamo che sei di loro, di ritorno da Gardaland, sono state pesantemente palpeggiate sul treno che da Peschiera le riportava a Milano. E che, ad oggi, sono trenta gli identificati tra molestatori e vandali. «Non le dico cos’ hanno fatto – riferisce il sindaco – a un signore di 81 anni volevano gettare la Vespa dentro al lago. Hanno inveito contro le famiglie. Spaccato tutto. Veri e propri vandali, “risorse” come li chiama la Boldrini. E sarà sempre peggio perché rispetto agli anni precedenti sono aumentati in maniera esponenziale». «Io non ci sto – conclude poi il sindaco di Peschiera – chiedo che il servizio di potenziamento rimanga tutto il periodo dell’estate perché così non reggiamo. Peschiera conta 9 agenti, tra cui 5 donne». La Lamorgese, ad oggi, non pervenuta.

5153.- Fratello non picchia mai un fratello.

2018. Ieri come oggi. Il Covid, l’Ucraina, sono solo pretesti. Prosegue la deindustrializzazione dell’Italia sulla pelle delle famiglie dei lavoratori.

Abbiamo un diverso concetto dell’Ordine Pubblico da quello del Viminale, chiunque sia il ministro in carica. La violenza ricorrente della polizia contro gli operai delle acciaierie AST di Terni, l’altro ieri, poi, contro le proteste PACIFICHE dei portuali di Trieste e, ieri, contro le proteste ancora PACIFICHE dei pescatori, con i serbatoi vuoti, arrivati alla fame, NON CI PIACE.

2022. Rompi la testa al pescatore, che perda la voglia di dimostrare!

Succede, invece, se la politica è sorda agli appelli di chi ha fame e si nasconde dietro i manganellatori di professione. Sbaglierò, ma a vedere in faccia certi reparti, sembra che picchiare i cittadini non violenti sia per loro fonte di gioia. Ma chiamare questi picchiatori “Polizia” è far torto a questa istituzione. Sono agenti antisommossa, semplici picchiatori, punto e basta. Ieri, con Renzi presidente PD del consiglio, a Roma, in Piazza della Repubblica, con gli operai delle acciaierie di Terni (3 lavoratori all’ospedale e Alfano disse: Operai caricati a sua insaputa!), poi, proseguì con i manganelli contro i civili inermi di Palermo. Infatti, la repressione violenta è un costume e un metodo di chi usa il potere contro il popolo. Ed ecco, ancora, i picchiatori e gli idranti in azione a Trieste, contro i portuali e le loro famiglie, bambini compresi, composte e ordinate.

Ieri, un Italia succube ha obbedito al comando degli Stati Uniti d’America e si è schierata a favore del 6° lotto di sanzioni contro gli europei e contro i russi, ben sapendo che per la Sicilia questo significa il tracollo, che i prezzi dei carburanti schizzeranno in alto in tutta l’Italia. Non si può scherzare con centinaia di migliaia di posti di lavoro. Attendiamo le dimissioni del governo? No! attendiamoci altri manganelli! Signori agenti, vi difendiamo sempre, ma mi sono vergognato per voi, vedendovi, ieri, ancora a Roma, contro i pescatori che dimostravano pacificamente. Sono quelli che, per pescare, affrontano il Golfo della Sirte. Vorrei vedervici. Voi, chi affrontate? Manganellate per coprire la politica, assente nella piazza. Picchiate i lavoratori che il pane lo hanno sempre sudato e chiedono di sudarlo. Per chi non chiede di sudarlo, per le armi a chi ci vuole in guerra, per le parate tricolori fumanti, i soldi ci sono. E, infatti, cosa abbiamo celebrato ieri? Al ministro e ai suoi presidenti, che si sono detti fieri di noi, diciamo che vorremmo essere anche noi fieri di loro e che i manganelli non si mangiano.

Ecco un modo diverso, democratico e legittimo di ascoltare i lavoratori. Correva il febbraio 2021, circa un anno fa e scriveva Marco Rizzo: “Mentre tutti applaudono Draghi siamo stati a portare la nostra solidarietà agli operai della Treofan di Terni, che hanno occupato la fabbrica per evitare i licenziamenti e lo smantellamento dei macchinari. Col socialismo non esisterebbero situazioni come questa.” Ha detto Solidarietà, quella dell’art. 38 della Costituzione e di cui vi riempite la bocca per lo straniero. Marco Rizzo è il solo che è rimasto fedele alla sua politica; ma i sindacati? quelli con pensioni milionarie, che fine hanno fatto?

Un problema è l’incapacità, se non peggio – perché si pensa male, temendo di non sbagliare -, del governo di fare politiche di investimento e di sostegno del lavoro come chiedeva la Costituzione, ante Unione europea.

Un altro problema è sostituire chi ha identificato come sommosse le manifestazione di lavoratori messi alla fame da politiche, all’evidenza, sbagliate, antitaliane. Propongo corsi di rieducazione civica e, poi, di sano controllo dell’Ordine Pubblico, da questore in giù.

Trieste, idranti e manganelli contro il dolore dei portuali, pacifici dimostranti.

Quando, poi, il sistema vuole, ci sono gli estremisti a dare man forte al sistema.

La Repubblica è fondata sul Lavoro! o, forse, lo era?

Non c’è Libertà senza Dignità, non c’è Dignità senza un Lavoro.

Articolo 1

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione (senza alzare le mani).

Anche la Costituzione per la Repubblica Sociale Italiana, all’Art. 9, diceva “La Repubblica è fondata sul lavoro.” Che il lavoro sia fascista?

Articolo 17

I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.

Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.

Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

Articolo 38

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.

L’assistenza privata è libera.

I sindacati, le ACLI cosa dicono?

4903.- Il Tso mortale di Mauro Guerra

Da Left, una nuova voce della sinistra, questo invito alla riflessione sull’uso che si fa delle Forze dell’Ordine a discapito del rispetto dei cittadini. Rispetto è la prima parola che deve imparare chiunque voglia esercitare un’autorità, sia esso politico, giudice o agente e, naturalmente, deve essere reciproco.

Da Left, di Giulio Cavalli, 16 Febbraio 2022

Mentre prosegue il processo in sede civile per l’omicidio del 32enne durante un trattamento sanitario obbligatorio poi giudicato illegittimo, un testimone mai sentito dai giudici fa una rivelazione importante: «Il ragazzo non era pericoloso. Non doveva finire così»

Mauro Guerra aveva 32 anni ed è stato ucciso il 29 luglio del 2015 in una calda giornata a Carmignano di Sant’Urbano, in provincia di Padova, per un colpo d’arma da fuoco nell’addome. A sparare è stato il maresciallo Marco Pegoraro che avrebbe premuto il grilletto, così dice al giudice, perché spaventato da una colluttazione tra Guerra con un suo collega carabiniere.

Partiamo dall’inizio: Mauro Guerra da qualche giorno dava segni di disagio psichico e aveva intenzione di organizzare una non precisata manifestazione. Quando si presenta in caserma il maresciallo Pegoraro lo ritiene “pericoloso” e decide di sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio. Solo che quel Tso è illegittimo e addirittura illegale visto che mancano le autorizzazioni dei sanitari e quella del sindaco. I carabinieri si presentano a casa di Guerra e comincia una snervante trattativa che si prolunga per ore. Prima gli comunicano che devono portarlo in caserma, poi lo invitano a salire su un’ambulanza infine quando Guerra scappa (in mutande) si mettono a inseguirlo finché non lo raggiungono. Gli mettono una sola manetta e Mauro Guerra si oppone e riesce a divincolarsi. A questo punto ci sono i due colpi di arma da fuoco. Mauro Guerra muore lì, steso a terra in mezzo a un campo.

Il primo processo per omicidio colposo vede l’assoluzione del maresciallo Pegoraro – è il dicembre 2018 – ma le motivazioni della sentenza sono più che contraddittorie: «È da ritenere – si legge nella sentenza – che tutto l’inseguimento per i campi, nonché i tentativi di immobilizzazione della persona offesa, siano state condotte del tutto arbitrarie e illegittime». E ancora: è stato realizzato un «grave tentativo di stordimento del Guerra (in quel momento libero cittadino), attraverso la somministrazione occulta di una dose di tranquillante». La Procura però non presenta appello.

Il processo in sede civile, però, prosegue e pochi giorni fa in un’intervista a PadovaOggi il il maresciallo Filippo Billeci, comandante della stazione dei carabinieri di Carmignano fino a tre mesi prima, dice cose importanti: quel giorno era stato chiamato per un tentativo di «mediazione», per far accettare a Guerra il Tso. «Dopo ho scoperto che non c’era» nessun Tso, racconta. «Per me Mauro non era pericoloso, con me non c’erano mai stati problemi in tanti anni», dice il maresciallo. «Se fosse stato pericoloso, non sarei stato in casa da solo un’ora con lui». Il carabiniere, accortosi che non c’era il documento che certificava il Tso, ha detto che lo si poteva lasciare stare e Guerra ha preso la strada per i campi. Nella sua fuga, nella sua corsa «lungo la strada non ha fatto nulla a nessuno». Per Billeci «c’è stata quella colluttazione con il carabiniere Sarto, poi il collega che è intervenuto, Pegoraro, ha deciso di operare in quella maniera». «Non doveva finire così. Ognuno si deve assumere le sue responsabilità rispetto a quello che è successo», dice Billeci. Una curiosità: l’ex comandante non è mai stato sentito in tribunale.

Mauro Guerra è morto. Il carabiniere “aggredito” ha avuto per qualche giorno un cerotto sulla fronte. Chissà che non arrivi anche la giustizia.

4867.- Le proteste dei camionisti canadesi si stanno allargando

Come prevedibile, i governi faticano a rientrare nella regolarità al termine dell’emergenza e i cittadini fanno sentire il malessere di un’altra emergenza: quella economica. Ma le costituzioni non sono né di sinistra né di destra, perché il sostegno viene loro soltanto dalle estreme destre? Vero o falso?

Da Post, 8 febbraio 2022

Sono arrivate anche in Europa e negli Stati Uniti, con un grande seguito online e il sostegno di varie figure di estrema destra

Da quasi due settimane a Ottawa, la capitale del Canada, sono in corso grosse e partecipate proteste dei camionisti locali contro le restrizioni introdotte dal governo per contenere i contagi da coronavirus. Le proteste si stanno allargando oltre i confini del Canada: hanno ispirato manifestazioni simili negli Stati Uniti, in Australia e anche in Europa, hanno ottenuto il sostegno di diverse figure popolari e apprezzate dai movimenti di estrema destra, tra cui l’ex presidente americano Donald Trump, e stanno avendo un enorme seguito online.

Le proteste di Ottawa – il Freedom Convoy, “Convoglio della libertà” , come si erano autodefiniti i manifestanti – erano iniziate pacificamente a gennaio, con l’introduzione dell’obbligo vaccinale per i trasportatori che arrivavano in Canada dagli Stati Uniti e si erano poi allargate fino a comprendere più in generale le restrizioni contro il coronavirus. Nei giorni successivi le proteste si sono progressivamente politicizzate, coinvolgendo anche simpatizzanti dell’estrema destra, e hanno paralizzato la città: tra le altre cose, centinaia di camionisti hanno bloccato il traffico parcheggiando in mezzo alla strada i propri veicoli e suonato i clacson per ore. Jim Watson, il sindaco di Ottawa, ha dichiarato lo stato di emergenza e ha detto che la situazione è «completamente fuori controllo» e che i poliziotti non riescono a contenere le proteste, anche perché sono numericamente inferiori ai manifestanti.

Negli ultimi giorni è diventato chiaro che la situazione non accenna a calmarsi, anche perché nel frattempo sono state organizzate manifestazioni simili anche al di fuori del Canada.

Un convoglio di camionisti ha attraversato il paese per una settimana prima di arrivare a Ottawa e bloccare la città

È successo negli Stati Uniti, dove Brian Brase, uno degli organizzatori della protesta, ha detto al New York Times che i camionisti statunitensi – in parte coinvolti nella stessa organizzazione delle proteste di Ottawa – stanno pianificando manifestazioni simili a quella canadese «dalla California a Washington». Lunedì scorso la protesta di Ottawa ne ha poi ispirata una in Australia, il cosiddetto «convoglio a Canberra», con camion, rimorchi, camper e macchine, come a Ottawa. 

Anche in Europa si stanno organizzando proteste simili: secondo Politico un po’ in tutti i paesi dell’Unione. La prima è prevista per il 14 febbraio a Bruxelles, in Belgio, dove tra l’altro nei mesi scorsi ci sono già state violente e partecipate proteste contro le restrizioni.

Le proteste di Ottawa sono state riprese e apertamente sostenute da una serie di noti personaggi pubblici molto seguiti tra gli attivisti di estrema destra. Negli Stati Uniti, tra gli altri, lo hanno fatto l’ex poliziotto e commentatore televisivo americano Dan Bongino, Michael Flynn – l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, noto anche per i suoi legami col movimento complottasti QAnon – e Ben Shapiro, noto attivista e giornalista di estrema destra. Anche lo stesso Donald Trump ha espresso il proprio sostegno alla protesta dei camionisti di Ottawa, oltre a vari politici Repubblicani, tra cui l’ex governatore dell’Arkansas Mike Huckabee.

Un’ulteriore espressione di sostegno ai manifestanti da parte di personaggi pubblici noti è arrivata quando GoFundMe, la popolare e usatissima piattaforma internazionale per le raccolte fondi, ha sospeso la raccolta precedentemente attivata per le proteste dei camionisti, con cui erano stati raccolti circa 7,8 milioni di dollari, quasi 1 milione dei quali è già stato distribuito.

La settimana scorsa GoFundMe ha deciso di chiudere la raccolta fondi per i camionisti di Ottawa dicendo che violava le proprie regole, e ha dato ai donatori due settimane per chiedere il rimborso, data dopo la quale i soldi raccolti sarebbero stati dati in beneficenza. La cosa è stata duramente criticata: tra gli altri, si sono esposti in difesa dei camionisti di Ottawa il noto imprenditore Elon Musk e due politici Repubblicani negli Stati Uniti – Ronald Dion DeSantis, governatore della Florida e Ted Cruz, senatore del Texas – che hanno accusato GoFundMe di truffa ai danni dei manifestanti.

La protesta dei camionisti di Ottawa ha avuto anche un’enorme diffusione online: l’hashtag #FreedomConvoy è arrivato a circa 1,2 milioni di condivisioni su Facebook, secondo i dati di CrowdTangle, la piattaforma di proprietà di Facebook che fornisce dati per analizzare le attività sui social network. Un altro gruppo Facebook di sostegno ai camionisti di Ottawa è arrivato in pochi giorni ad avere circa 700mila follower.

Nel frattempo in città le proteste dei camionisti continuano, fra le lamentele di molti residenti che si dicono invece favorevoli alle restrizioni e a un loro allentamento graduale. Alcuni di loro hanno anche organizzato contro-proteste per rispondere ai camionisti. Lunedì Peter Sloly, il capo della polizia di Ottawa, ha detto che continuerà a «impiegare tutti gli agenti di polizia disponibili, senza un giorno di pausa» e il ministro della Pubblica sicurezza canadese, Marco Mendicino, ha detto che il governo non ha intenzione di cedere alle richieste dei manifestanti.

4832.- La vita dei figli non fa più cara la nostra?

Due ragazzi morti a Treviso e a Lauzacco, Udine. Non c’è abbastanza rispetto per la vita e i giovani e i giovanissimi sono i più esposti. Ne citiamo due e son già troppi. Carlo Alberto, 12 anni, obbligato a vaccinarsi per fare un pò di sport, si accascia in corsa e muore. Il vaccino non era appropriato per lui? Lorenzo, 18 anni vissuti con impegno, è morto nell’orario di scuola in nome di un ennesima fanfarucola: L’alternanza scuola lavoro. O è scuola o è lavoro, ciascuno con regole precise. Per lavorare in mezzo alle putrelle ci vogliono operai, preparati non studenti. E, oltre agli studenti, quante morti sul lavoro?

Sei bello, Carlo Alberto.

Martedì 25 Gennaio 2022, a Treviso, Carlo Alberto, 12 anni, era morto alla corsa campestre, colpito da arresto cardiaco – Era finito in arresto cardiaco durante il Cross Città della Vittoria, corsa campestre a Vittorio Veneto. Rianimato per oltre mezz’ora e elitrasportato all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso era stato ricoverato in Terapia intensiva cardiochirurgica. Il malore, improvviso, lo aveva colto poco dopo la metà del percorso di un chilometro. Ha barcollato e, poi, è caduto a terra. Era un’atleta tesserato con le Fiamme Oro di Padova, aveva superato la visita medica di idoneità sportiva lo scorso novembre: era in buona salute, invano.

La morte di Lorenzo Parelli atto di accusa contro alternanza Scuola-Lavoro

Una trave di un quintale e mezzo fra i ragazzi. Lesioni cranio encefaliche” che non hanno lasciato scampo. E’ il risultato dell’autopsia sullo studente friulano, vittima dell’incidente nell’azienda di Udine dove stava concludendo il percorso di alternanza scuola lavoro. Le indagini proseguono per chiarire i fatti e accertare le eventuali responsabilità

Ora, Giorgio Cremaschi ci racconta, emozionato, di Lorenzo. siamo tutti emotivamente scossi. Scrive:

“Non riesco a trattenere la rabbia nel dolore per l’assassinio di Lorenzo Parelli, studente di 18 anni massacrato da una putrella in una fabbrica di Udine, nel suo ultimo giorno dell’alternanza scuola lavoro.

Il suo omicidio mette sotto accusa prima di tutto proprio quell’alternanza scuola lavoro che educa solo allo sfruttamento e che mette assieme il degrado della scuola con quello del sistema produttivo.

Poi mette sotto accusa il sistema schiavista degli stage, infame guadagno sul lavoro gratuito dei giovani.

Infine rinnova l’accusa ad un mondo delle imprese dove si divorano le vite delle persone solo per fare più profitto, risparmiando sulla salute e sulla sicurezza, contando su un’impunità quasi garantita da istituzioni vili e complici.

Lorenzo è vittima di un sistema CRIMINALE, di cui TUTTE le classi dirigenti politiche e economiche sono totalmente colpevoli.”

Bastonate agli studenti che dimostrano ovunque per Lorenzo

La Burimec di Lauzacco. Andare a scuola per morire in una fabbrica all’ultimo anno! Il titolare Pietro Schneider e un operaio sono indagati, ma il sistema la fa franca un’altra volta.

A Milano, a Roma, a Torino, scontri tra studenti e forze dell’ordine in occasione delle manifestazioni di protesta dopo la morte di un giovane studente di Udine, Lorenzo Parelli, durante l’ultimo giorno di stage scuola-lavoro.

Gli studenti intanto si preparano a scendere di nuovo in piazza, a Torino, dopo i tafferugli con le forze dell’ordine di venerdì mattina. Abbiamo gente senz’anima al governo e le Forze dell’Ordine, sempre contro la gente, contro i lavoratori, gli studenti, con quei manganelli, non fanno miglior figura.

4800.- Green pass, divieto di ritirare la pensione: cosa prevede il Dpcm.

Ma quale Costituzione, quale democrazia e quale sanità! La tecnica di governo in atto è tipica di un finanziere: Lancia il sasso e ritira la mano, annunci e smentite, poi, un passo alla volta; ma, intanto e così, tutto diventa possibile. È evidente che sia Mattarella sia Draghi e quanti lo sostengono la fanno da provocatori o che hanno accettato questo ruolo e che il governo di unità … deve ancora dirci cosa sarà dei dissenzienti. Dissenzienti, non ribelli perché sono nel loro diritto. Ricordate che, appena insediato Draghi, Palazzo Chigi chiese a ogni Regione di dotarsi di prefabbricati per 8.000 persone. Ci sono notizie? A questo punto, non interessa nemmeno conoscere quale sia lo scopo che perseguono. Salvini è politicamente un morto che cammina, ma sicuramente, ha il senso dell’umorismo se leggo: “Grazie anche all’opposizione della Lega in Cdm, per gran parte dei negozi …”. Ma mi domando: “Possibile che tutti gli eletti pensino di essere esenti da quanto stanno legittimando o che magistrati e Forze dell’Ordine siano diventati pesci in barile?”

ECCO LE REGOLE SUL GREEN PASS CONTENUTE NEL DPCM DEL 21 GENNAIO 2022 FIRMATO DA DRAGHI

di Redazione Zuppa di Porro, 21 Gennaio 2022

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Se hai avuto la fortuna di arrivare alla pensione, driblando riforme Fornero e similari, ma non vuoi vaccinarti, puoi sognarti di andare a incassare l’assegno mensile in un ufficio postale. Addio rito mensile: Mario Draghi ha appena firmato il nuovo Dpcm con la lista dei negozi e delle attività esenti dal green pass e ha deciso che non sarà possibile andare alle Poste per ritirare la pensione.

Nella bozza circolata ieri sera veniva considerata “esigenza essenziale e primaria” anche quella “connessa alla riscossione, presso gli sportelli di Poste italiane Spa e degli istituti di credito abilitati, di pensioni o emolumenti comunque denominati non soggetti ad obbligo di accredito”. Ma la norma è stata stralciata nella versione firmata dal premier questa mattina durante il Consiglio dei ministri convocato a Palazzo Chigi.

Le regole sul green pass

Come noto, l’ultimo decreto del governo ha imposto alcune differenziazioni tra green pass base (ottenibile con il tampone) e super green pass (solo vaccinati e guariti). Il super lasciapassare è necessario per alcune attività ludiche e ricreative, come andare al ristorante, allo stadio, al bar o a teatro. Grazie anche all’opposizione della Lega in Cdm, invece, per gran parte dei negozi e delle altre attività è previsto “solo” il green pass col tampone (magra consolazione). Fanno eccezione solo servizi “essenziali e primari” che, deo gratias, saranno garantiti anche a chi proprio non ha alcun green pass. Il governo era stato incaricato di indicare con Dpcm il dettaglio di quali negozi saranno esenti dal lasciapassare e quali no, decreto che – appunto – è stato firmato stamattina in pieno delirio burocratico.

Cosa prevede il Dpcm

Ecco l’elenco delle attività “legate ad esigenze essenziali e primarie alla persona” che non richiedono all’accesso l’obbligo di esibire il green pass. Si tratta di negozi o uffici che soddisfano quattro necessità: 1. esigenze alimentari e di prima necessità; 2. esigenze di salute; 3. esigenze di sicurezza; 4. esigenze di giustizia. Il controllo del rispetto delle (folli) regole “è assicurato dai titolari degli esercizi e dai responsabili dei servizi”. Per la precisione, ecco le attività “green pass free”:

1. Esigenze alimentari e di prima necessità

È possibile entrare senza vaccino e senza tampone nei seguenti locali:

. Commercio al dettaglio in esercizi specializzati e non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande (ipermercati, supermercati, discount di alimentari, minimercati e altri esercizi non specializzati di alimenti vari)

. Commercio al dettaglio di prodotti surgelati

. Commercio al dettaglio di animali domestici e alimenti per animali domestici in esercizi specializzati

. Commercio al dettaglio di carburante per autotrazione in esercizi specializzati

. Commercio al dettaglio di articoli igienico-sanitari

. Commercio al dettaglio di medicinali in esercizi specializzati (farmacie, parafarmacie e altri esercizi specializzati di medicinali non soggetti a prescrizione medica)

. Commercio al dettaglio di articoli medicali e ortopedici in esercizi specializzati

. Commercio al dettaglio di materiale per ottica

. Commercio al dettaglio di combustibile per uso domestico e per riscaldamento

2. Esigenze di salute

. È consentito l’accesso alle strutture sanitarie, sociosanitarie e veterinarie per le finalità di “prevenzione, diagnosi e cura, anche per gli accompagnatori”

Chi accompagna un parente, però, se vuole rimanere all’interno delle strutture socio assistenziali, dovrà comunque dimostrare di avere il super mega green pass: avere cioè la terza dose o, se ha fatto “solo” due dosi, l’esito di un tampone negativo effettuato entro le 48 ore precedenti

3. Esigenze di sicurezza

Si può accedere agli uffici aperti al pubblico delle forze di polizia e delle polizie locali per:

. assicurare lo svolgimento delle attività istituzionali indifferibili, quelle di prevenzione e repressione degli illeciti

4. Esigenze di giustizia

È autorizzato l’accesso agli uffici giudiziari e agli uffici dei servizi sociosanitari:

. per la presentazione indifferibile e urgente di denunce da parte di soggetti vittime di reati

. per le richieste di interventi giudiziari a tutela di persone minori di età o incapaci

. per consentire lo svolgimento di attività di indagine o giurisdizionale per cui è necessaria la presenza della persona convocata

Se a tutto questo si aggiunge il fatto che, stando ad alcune indiscrezioni, il governo vorrebbe mettere pure il naso nella busta della spesa dei no vax per assicurarsi che al supermercato non acquistino beni “non essenziali” non elencati nel Dpcm, beh: è chiaro che siamo ormai al delirio burocratico.

4768.- Dalla palestra alle violenze in Duomo: chi sono Abdallah e Ibrahim

Questi sono nati e cresciuti in Italia. C’è qualcuno che parla di ius soli. Non basta una generazione per saltare 2.000 anni di civiltà.

Hanno 21 e 18 anni, provengono entrambi dalle periferie e vengono definiti “bravi ragazzi” da amici e conoscenti, ma gli inquirenti dicono altro

Di Francesca Galici, Il Giornale.it, 13 Gennaio 2022.

Dalla palestra alle violenze in Duomo: chi sono Abdallah e Ibrahim

Le forze dell’ordine hanno svolto un lavoro complesso e certosino per individuare gli aggressori di piazza del Duomo della notte di capodanno. Il branco, composto in prevalenza da ragazzi stranieri e di seconda generazione, ha agito compatto per molestare le 9 ragazze finora individuate, che hanno denunciato o che sono state individuate tramite le telecamere di sicurezza. Prima sono state avvicinate da uno del branco, che con qualche scusa le ha importunate. Poi, improvvisamente, sono state travolte da un’orda di persone, spintonate, immobilizzate, passate da un ragazzo all’altro, buttate a terra, spogliate, palpeggiate ovunque, graffiate e pure rapinate. Questa è la dinamica ricostruita dagli inquirenti per almeno 6 delle 9 vittime. Per le aggressioni di capodanno due ragazzi sono già finiti in carcere.

Si tratta del 21enne Abdallah Bouguedra e del 18enne Mahmoud Ibrahim, provenienti entrambi dalle periferie. Pare che non abbiano mai avuto contatti prima di quella maledetta notte di capodanno e che si siano incrociati casualmente nei pressi della piazza durante i festeggiamenti per il capodanno. Entrambi, ora, si dicono innocenti.

Chi è Abdallah Bouguedra

Abdallah Bouguedra è nato a Torino da genitori marocchini, che ora lo difendono e lo definiscono un “bravo ragazzo”. Ma le immagini amatoriali e delle videocamere di sorveglianza della zona del Duomo direbbero altro. Avrebbe afferrato una delle due ragazze tedesche, dopo che il branco le aveva inseguite e accerchiate, e avrebbe partecipato alla sua denudazione. Non pago, avrebbe anche picchiato un giovane, anche lui nordafricano, che stoicamente si era intromesso per difendere quelle due ragazze. Lo difende chi lo conosce da tempo, lo difendono i parenti e gli amici. Ma la polizia che qualche mattina fa ha effettuato la perquisizione nella sua casa è andata a colpo sicuro: cercava un giubbotto rosso e un paio di jeans strappati. E li ha trovati.

Fondamentali le testimonianze di chi era in quel momento in piazza, le immagini delle videocamere di sicurezza ma anche i social, dove Abdallah Bouguedra non lesina foto e commenti. Si mostra spesso impegnato nel suo passatempo preferito, l’allenamento in palestra. Quasi un’ossessione per lui quella del fisico perfetto, scolpito e muscoloso. Sui social fa sfoggio dei bicipiti, si fotografa davanti allo specchio in pose plastiche per mettere in evidenza il corpo tornito. Una passione forte quasi quanto quella per gli abiti di marca e le boutique di lusso, che amava frequentare prima di rientrare nella sua casa della periferia torinese.

Chi è Mahmoud Ibrahim

Voleva festeggiare il capodanno a Milano ed è partito da quartiere Barra di Torino, estrema periferia settentrionale della città caratterizzata dai palazzoni popolari, che Abdallah Bouguedra è partito per raggiungere il Duomo. Qui avrebbe incontrato per la prima volta Mahmoud Ibrahim che, invece, a Milano ci vive. In diversi frame dei filmati di videosorveglianza sono vicini. Mahmoud Ibrahim indossa una giacca invernale dalla quale spunta un cappuccio verde fluorescente e anche quest abiti sono stati ritrovati dalla polizia durante la perquisizione nella sua abituazione nella periferia di Milano. Secondo l’accusa, lui avrebbe partecipato anche a una seconda aggressione, avvenuta circa mezz’ora prima nei pressi della Galleria con le stesse modalità. Lui non è nato in Italia, è arrivato qui da solo due anni fa dall’Egitto. Il padre, presso l’abitazione del quale è stato rintracciato, si dice sicuro della sua innocenza. Ma le ricostruzioni degli inquirenti, al momento, dicono ben altro.

4767.- Fermati i “signori dello sbarco”: hanno portato più di 100 immigrati

200.000 nel 2021! Due città come Padova. A chi dobbiamo tutto questo?

13 Gennaio 2022 – 13:57

Si tratta di uno scafista originario della Guinea che dovrà anche rispondere della morte di una donna e di altri tre egizianiSofia Dinolfo51

Fermati i "signori dello sbarco": hanno portato più di 100 immigrati in Italia

Sono quattro gli scafisti che sfruttano immigrati arrestati dalla polizia di Stato ad Agrigento questa mattina. L’operazione fa seguito ad una delicata indagine relativa agli sbarchi che si sono verificati a Lampedusa lo scorso mese di dicembre. A seguito di una minuziosa attività investigativa diretta dalla procura di Agrigento, gli uomini della Squadra mobile guidati da Giovanni Minardi hanno arrestato un uomo di origini guineane, S.O. di 24 anni, e gli egiziani A.H.S.G. di 43 anni, F.K.I. e E.M.I. di 42 anni. “Tutti hanno violato – rendono noto gli investigatori – le norme previste dal Testo Unico dell’Immigrazione clandestina trasportando nel territorio italiano extracomunitari, per i quali veniva poi accertato lo status di stranieri irregolari, conducendoli dalle coste africane verso le acque territoriali italiane, a bordo di natanti inidonei ad effettuare la traversata”.

Un anno di sbarchi: così è ripartito l’assedio alle nostre coste

Sono stati numerosi a fine anno sulla maggiore delle Pelagie gli arrivi degli stranieri che hanno attraversato il Mediterraneo centrale senza aver contato il rischio di trovarsi di fronte a due grandi problemi. Stiamo parlando dell’impennata dei contagi da Coronavirus, che divenivano fonte di pericolo dentro l’hotspot “invaso” da un numero così vasto di ospiti e delle cattive condizione climatiche. Queste ultime infatti sono state causa, il più delle volte, di emergenze che hanno richiesto l’intervento di salvataggio da parte della Guardia Costiera e degli uomini della Guardia di finanza.

La polizia lancia l’allarme: “Gli sbarchi hanno bucato la rete di sicurezza”

Proprio in una circostanza di questo tipo è morta una donna durante uno degli sbarchi avvenuti la notte del 17 dicembre e per la quale adesso dovrà rispondere lo scafista originario della Guinea. Quella notte a Lampedusa erano stati registrati quattro diversi arrivi. L’imbarcazione in questione era stata intercettata a circa 18 miglia dalle coste. In sei metri di lunghezza, la struttura in legno trasportava 26 persone. E così nel corso delle operazioni di salvataggio, a causa condizioni marine avverse, la caretta si è capovolta facendo finere in mare gli occupanti. I militari in quel contesto sono riusciti a salvare tutti tranne una donna, che viaggiava con il figlio di 14 anni, spirata poco dopo essere stata tirata a bordo.
L’altro sbarco sul quale si sono concentrate le indagini della polizia è quello avvenuto il 22 dicembre con 75 migranti, per lo più originari del Bangladesh. L’esito delle investigazioni ha portato all’arresto degli scafisti egiziani i quali hanno ricevuto la collaborazione di migranti libici per i quali sono ancora in coro le attività di investigazione per l’identificazione. Fondamentali per l’esito delle indagini, spiegano gli inquirenti, sono state le testimonianze raccolte dai migranti che hanno avuto il coraggio di superare le paure legate a ritorsioni fisiche e morali.