Il ministro Valditara toglie (finalmente) all’Anpi il monopolio sulla Resistenza.
Da La -nuova Bussola Quotidiana, di Andrea Zambrano.
Il ministro della scuola toglierà all’Anpi il monopolio sulla Resistenza. Un’occasione per raccontare la guerra civile dando voce ai cattolici che lottarono contro i nazisti, ma caddero denunciando i crimini dei partigiani comunisti.
Le parole di Valditara
Dicendo che l’Anpi non ha il monopolio della Resistenza, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara non solo ha toccato un nervo scoperto della nostra storia, ma ha anche detto qualcosa di rivoluzionario. Rivoluzionario rispetto alla vulgata che si è imposta da 80 anni secondo cui l’Anpi detiene il monopolio della verità sul tragico biennio che va dall’8 settembre ’43 al 25 aprile e per alcuni casi anche oltre.
Ma anche per il destinatario delle sue parole, la scuola, che nei suoi programmi, salvo iniziative personali di docenti coraggiosi, è rimasta ancora ad una lettura della Resistenza come un movimento privo di qualsiasi criticità, idealizzato e ideologizzato da sinistra.
L’occasione della sua presa di posizione è il mancato rinnovo della convenzione che il Ministero stipula da tempo immemore con l’Associazione di partigiani comunisti per parlare nelle scuole di quei fatti. Valditara è stato molto chiaro: «I valori dell’antifascismo sono anche i miei e la Resistenza è un valore prezioso, però l’Anpi non ha il monopolio della Resistenza». Così aprirà anche alle altre associazioni combattentistiche.
Lo strepito indignato dei partigiani (leggi QUI le reazioni come se avesse bestemmiato) non è di particolare interesse perché, in fondo, prevedibile. Ma l’Anpi fa il suo mestiere che è quello di tenere viva la sirena dell’antifascismo senza accorgersi che esso – il fascismo – si è ormai spostato su altri lidi. Ma questa miopia deriva dal fatto che ormai, tra i suoi 141mila iscritti, i combattenti che diedero vita all’Anpi sono quasi tutti morti.
Quel che è interessante notare, piuttosto, è che per affrontare quel periodo storico, non può certo bastare una frase, ma sicuramente quella frase potrebbe aprire davvero una nuova pagina non nel senso dell’imposizione di una memoria dei vincitori, ma nella tanto agognata memoria accettata che dentro il movimento chiamato Resistenza si sono celati anche crimini.
Perché togliere all’Anpi il monopolio della Resistenza significa anzitutto dar spazio alla verità del movimento resistenziale, che non può essere disgiunta anche dai suoi errori. Il ministro si riferisce al fatto che dentro il movimento partigiano c’erano anche combattenti cattolici, liberali, azionisti e monarchici. E che fecero la Resistenza anche i soldati che continuarono a combattere i nazisti pur senza darsi alla macchia, ma pagando un prezzo altissimo in termini di libertà, ricordate Giovannino Guareschi?
La lettura critica della Resistenza che questo Paese si merita non può non prescindere anche da un fatto inequivocabile, ma volutamente taciuto nelle ricostruzioni ad uso scolastico e nelle commemorazioni e cioè che dentro il movimento partigiano, molti, non tutti fortunatamente, ma molti partigiani comunisti hanno combattuto due guerre in una: la liberazione dai nazisti e l’affermazione dell’ideologia comunista, in salsa stalinista, per imporre la quale non ci si è fatti scrupolo di passare per le armi con l’accusa di fascisti, semplici nemici di classe come imprenditori, medici, farmacisti, preti e funzionari perché visti come ostacolo all’affermazione del comunismo. Cittadini che non avevano aderito alla Gnr, ma che venivano comunque visti come nemici del popolo.
È questa la pagina più buia del nostro passato che è stata scritta, ma non è stata accettata del tutto. Il Triangolo della morte, per usare un celebre libro di Giorgio Pisanò, grida ancora il suo spazio di verità nel panorama culturale italiano e nei percorsi scolastici.
Ben venga dunque una maggior pluralità di voci nel raccontare la Resistenza agli studenti. Sarebbe l’occasione per far conoscere – finalmente – i grandi eroi della guerra di liberazione che sono stati cancellati perché semplicemente non comunisti.
Prendiamo ad esempio l’esperienza dei cattolici. Qui, la vulgata comunista ha soffocato ogni tipo di esperienza storica, per la verità aiutata anche da cattolici come Giuseppe Dossetti, a sua volta partigiano dell’ultim’ora – dopo essere stato fascista modello -, ma al quale il suo vescovo Giacomo Biffi rimproverava una cecità nel non riconoscere il martirio dei confratelli ad opera dei gappisti che condivisero con lui l’esperienza resistenziale.
Così facendo, gli studenti non hanno potuto conoscere figure di coraggio e abnegazione davvero esemplari. Pensiamo ad esempio al comandante Bisagno, per decenni sepolto dall’oblio perché cattolico. Oggi su di lui si è iniziato ad aprire uno squarcio importante, con la pubblicazione di libri e con la realizzazione di un film.
C’è anche chi, recentemente, ha scritto una canzone su di lui (ascoltala QUI, cantata dal giornalista reggiano Edoardo Tincani con la band Lookin4) mentre da più parti si spinge per la sua causa di beatificazione con il riconoscimento del martirio in odium fidei. Si tratta, dunque, di un protagonista completo della guerra di liberazione, che però, avendo avversato le angherie dei compagni di battaglia comunisti, è stato punito dalla storia con un oblio ingiusto.
Oppure, che dire del comandante Azor Mario Simonazzi, sappista delle Fiamme Verdi, che come noto erano cattoliche. Fu oggetto di un processo sommario due giorni prima della fine della guerra, quando l’ubriacatura ideologica di certi gappisti spingeva a eliminare quei compagni di viaggio che non condividevano la lotta per il Sol dell’avvenir.
E di Giorgio Morelli, il Solitario, figura luminosa di cattolico e combattente, che avviò con il giornale La Penna la più coraggiosa attività di indagine giornalistica dei crimini commessi dai partigiani comunisti fino a pagare con il sangue la sua difesa della verità. Anche per lui, come per tutti gli altri che presero le distanze dai comunisti (la storia né è piena, dal comandante della Brigata Italia Ermanno Gorrieri al medico “francescano” Pasquale Marconi fino a don Domenico Orlandini, il partigiano Carlo) gli studenti dovrebbero conoscere le gesta.
Ma senza tacere che, oltre che un movimento di liberazione al quale essere grati, la Resistenza è anche stata una sanguinosa guerra civile.
La Resistenza contro i francesi. Tutti dicono che i francesi non ci amano? peggio !! Quando possono cercano di distruggerci
(di Augusto SINAGRA – parte prima).
Chi ama o difende la Francia è nemico della nostra patria!
La Francia storicamente, e anche nella attualità, infatti è sempre stata il nemico dell’Italia più impietoso, subdolo e malvagio e che contrasta i nostri interessi territoriali confinari.
L’aggressione voluta da Sarkozy per impossessarsi del petrolio libico e impedire la moneta unica panafricana voluta da Gheddafi, è cosa nota. Ma c’è di peggio!
Al tavolo della pace nel 1919, come poi nel 1947, la Francia fu il nostro peggiore nemico tra gli Stati vincitori.
La Francia è quella che nel marzo-aprile 1945 voleva annettersi la Val d’Aosta e fu respinta dai Soldati della Divisione “Littorio” della RSI che combatterono unitamente a formazioni partigiane della Divisione “Garibaldi”.
La Francia è sempre quella che, bombardò le nostre coste liguri e toscane prima ancora della nostra dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940. Ed osa parlare di una “pugnalata alla schiena” da parte dell’Italia.
È sempre quella che, debellata facilmente dalle Armate tedesche nel 1941, ebbe il suo governo fantoccio asservito ai tedeschi, a Vichy, presieduto dal Maresciallo Philippe Pétain. Governo di Vichy che rastrellava gli ebrei per mandarli a morire in Germania con maggiore zelo degli stessi tedeschi. Governo di Vichy che ebbe come suo Sottosegretario Francois Mitterand, poi divenuto il democraticissimo Presidente della Repubblica francese.
È sempre la Francia, finto difensore dei diritti umani, che continua a dare asilo politico ad assassini e terroristi italiani.
La Francia è un Paese tanto prepotente quanto fortunato: sconfitta nella seconda guerra mondiale e con un governo biecamente collaboratore dei nazisti (altro che governo della RSI!), fu ritenuta sorprendentemente Stato vincitore.
La presa di coscienza di molti Stati africani dopo più di 60 anni dalla finta indipendenza del 1960, ha posto fine allo sfruttamento coloniale francese. Oggi la Francia viene letteralmente cacciata a pedate dall’Africa.
È vero che anche l’Italia fu cacciata dalle sue Colonie, ma per volontà di forze estranee e non per volontà degli abitanti di quei territori che ancora ricordano con gratitudine e rimpianto la pur breve presenza italiana.
Specialmente dopo i fatti del Niger e dopo una situazione sociale interna ai limiti della guerra civile, la Francia ancora non si rassegna e pretende di continuare il suo sanguinoso sfruttamento coloniale.
La Francia è quella che nel 1980 abbattè il nostro aereo civile dell’Itavia causando 87 morti !
Di Alessandro Pagano
Partigiani della Garibaldi, Granatieri della 2ª Divisione granatieri “Littorio” e artiglieri della divisione alpina Monterosa, insieme, a difesa della Val d’Aosta
La 2ª Divisione granatieri «Littorio», una delle 4 della RSI, schierava 18.500 uomini, di cui 3.000 quadri. Terminato l’addestramento in Germania, rientrò in Italia tra il 20 ottobre e il 1º novembre 1944 e fu schierata a ridosso della Linea Gotica, nell’Oltrepò Pavese, alle dipendenze del LXXV Armeekorps tedesco in funzione anti-guerriglia, ma il Comandante di Divisione, il generale Agosti, riuscì a ottenere di spostarla sul fronte occidentale al confine francese, fra il colle di Tenda e il Piccolo San Bernardo. Per mesi la divisione resistette a tutti i tentativi dei franco-americani miranti a occupare territori italiani, riuscendo anzi nel contrario, perché alla fine era in possesso di alcune teste di ponte in territorio francese. Il 27 aprile 1945, dopo una strenua difesa dei confini dalle forze francesi e americane, con la fine della Repubblica Sociale Italiana, quando l’unità era ancora in possesso di alcuni territori francesi, il generale Agosti promulgò l’ordine di scioglimento della divisione, venendo poi catturato dagli Alleati, ma gli alpini dei battaglioni «Varese» e «Bergamo» del Reggimento alpini della divisione e gli obici della 12ª Batteria del Gruppo «Mantova» del 1º Reggimento artiglieria della 4ª Divisione alpina «Monterosa”» affiancarono le Fiamme Verdi del CLNAI fino all’8 maggio, e contribuirono a fermare il tentativo di annessione della Valle d’Aosta alla Francia, in un’insolita alleanza tra partigiani italiani e soldati della RSI.
Dopo la cattura il generale Agosti fu rinchiuso nel campo di concentramento di Coltano e accusato di aver commesso crimini di guerra. Mentre si trovava rinchiuso nel carcere militare di Forte Boccea a Roma, però, preferì suicidarsi piuttosto che essere giudicato da una giuria che egli riteneva parziale e «traditrice».
Il principe Valerio Borghese, nel 1945, fece chiedere al re, a Brindisi, di schierare la X MAS a difesa di Trieste, Pola e Fiume. Fu un No!
Il “re senza onore” intratteneva rapporti con Josip Broz Tito, con cadenza mensile e respinse l’iniziativa della X MAS. É bene ricordare che il nostro re, fra il 26 aprile e il 3 maggio 1915 era stato contemporaneamente alleato e nemico sia della Triplice che dell’Intesa e che sul buon fine della “fuga di Pescara”, nel settembre 1943, consentita stranamente da Kesserling, ci sono più certezze che dubbi.
Giorgio Pisanò: “Durante tutto il periodo seguente all’armistizio, fra la Decima MAS della Repubblica Sociale e Mariassalto del Regno d’Italia si mantennero comunque stretti rapporti segreti, volti in particolare a evitare che i due reparti potessero scontrarsi direttamente sul fronte, a gestire i prigionieri dell’una e dell’altra parte all’insaputa dei comandi rispettivamente tedeschi e angloamericani, e infine a coordinare un ipotetico tentativo di sbarco di truppe regie in Istria con il supporto dei reparti locali della Decima repubblicana per evitare l’invasione della Venezia Giulia da parte dei partigiani comunisti di Tito.” Sua Maestà non approvò.
Dopo l’incontro nella torrida estate 1944 nella reggia di Caserta tra Churchill e Tito, Londra decise di tralasciare ogni ipotesi di restaurazione monarchica della Jugoslavia e abbandonare al loro destino i cetnici. L’instaurazione di una dittatura bolscevica a Belgrado, la concessione della Dalmazia e dell’Istria italiana (e magari il Friuli sino al Tagliamento) sembrarono a Churchill il giusto compenso per il nuovo pittoresco alleato.