Archivio mensile:gennaio 2022

4835.- Regolamento UE 536/2014 e vaccini

La Commissaria per la Salute Pubblica e la Sicurezza Alimentare Kyriakides ha ammesso che i vaccini COVID, cui si fa riferimento, sono ancora sperimentazioni cliniche! E ciò nonostante la concessione dell’autorizzazione condizionata. Essendo farmaci sperimentali è illegale qualsiasi obbligo sia esso diretto, indiretto o con coercizioni di vario tipo. Ormai accertato che si tratta di farmaci sperimentali, il Governo italiano, il CTS e, forse, parte del Parlamento hanno commesso e stanno commettendo crimini!

Nuovo articolo su Il Cappello Pensatore, di Stefano Alì

Non è importante il Regolamento UE 536/2014, ma l’interrogazione della Parlamentare Europea Rivasi e la risposta della commissaria europea Kyriakides
Il clamore per l’entrata in vigore del Regolamento UE 536/2014 non è giustificato. Infatti cambia poco in tema di rispetto dei diritti umani nelle sperimentazioni cliniche. Dall’interrogazione parlamentare e dalla risposta, però, emergono aspetti importantissimi.

La vicenda

L’interrogazione.
Lo scorso 7 dicembre 2021 la Parlamentare europea Michèle Rivasi ha posto una interrogazione alla Commissione Europea: L’applicazione del Regolamento 536/2014 ai vaccini COVID.
La Parlamentare premette che tutti i vaccini COVID in atto utilizzati hanno ricevuto l’autorizzazione condizionata dall’EMA, che sono ancora tutti in fase sperimentale.  Continua. Riconoscendo che i vaccini hanno ricevuto l’autorizzazione condizionata dall’EMA, poi chiede se il Regolamento UE 536/2014 rimane applicabile a questi vaccini fino alla fine delle sperimentazioni, anche dopo la concessione della autorizzazione condizionata rilasciata secondo regolamentazione (726/2004). Inoltre pone specifica attenzione sul “consenso informato”.

La risposta

La risposta – per conto della Commissione Europea – è affidata a Stella Kyriakides, Commissario per la Salute Pubblica e la Sicurezza Alimentare. Esaminiamola: Il regolamento UE 536/2014 si applica da quella data in poi a tutte le sperimentazioni cliniche condotte nell’UE che sono state autorizzate secondo i suoi principi e aggiunge: Le sperimentazioni cliniche, a cui si fa riferimento con siti di sperimentazione clinica attivi in Europa, sono state autorizzate secondo i principi dell’attuale direttiva.
Quindi la Commissaria esclude che il nuovo Regolamento si applichi alle sperimentazioni già autorizzate, e afferma che restano assoggettate alla direttiva attuale (Direttiva 2001/20/EC). Ma attenzione. La Commissaria, quindi, ammette che “quelle a cui si fa riferimento” (vaccini COVID) sono ancora sperimentazioni cliniche! E ciò nonostante la concessione dell’autorizzazione condizionata. E, poi, precisa:
Sia le regole attuali che quelle future per le sperimentazioni cliniche in Europa richiedono agli sponsor di tali sperimentazioni cliniche di rispettare i principi di buona pratica clinica.
In buona sostanza, la Commissaria chiarisce che sia le regole attuali (Direttiva 2001/20/EC) sia quelle future (da domani, Regolamento 536 del 2014) richiedono il rispetto dei principi di buona pratica clinica.

Normative a confronto

A ben vedere, le disposizioni in vigore fino al 30 gennaio 2022 non differiscono, nella sostanza, da quelle in vigore dal 31 gennaio 2022. Questo l’art. 28 del Regolamento 536/2014. Nella direttiva 2001/20/EC l’argomento era diviso in tre articoli:
Il primo, l’art. 3, di carattere generale, l’articolo 4, specifico per i minori, Infine, l’art. 5 su soggetti adulti incapaci.
In effetti cambia poco. Anzi, forse, la precedente Direttiva è ancora più stringente per alcuni aspetti. L’importanza dell’interrogazione sul Regolamento 536/2014.
L’interrogazione e la risposta, però, eliminano definitivamente l’equivoco sulla sperimentazione in atto dei vaccini. Adesso non c’è più dubbio e non è più contestabile chi sostiene che i vaccini sono farmaci sperimentali. In questo blog lo sostengo ormai da tempo, atti alla mano: Questi vaccini sono sperimentali.
Sperimentazione del vaccino: stato dell’arte dai documenti ufficiali. Obbligo vaccinale? Una follia! e altri ancora.
I “debunker” che si sono impegnati a “sbufalare” gli entusiasmi circa l’applicabilità del Regolamento 536, hanno sorvolato sulla questione importante: Essendo farmaci sperimentali è illegale qualsiasi obbligo. Sia esso diretto, indiretto o con coercizioni di vario tipo. Qui, ad esempio, l’articolo di “Open”:  No! Un regolamento europeo sulla sperimentazione clinica non pone fine alle vaccinazioni anti Covid-19 entro il 31 gennaio 2022.
Notare che l’eccitazione nel poter sostenere l’inapplicabilità del nuovo Regolamento, li impantana nella sperimentazione in atto dei farmaci:

La sperimentazione illegale

Devo sinceramente ammettere il mio sollievo. Se l’illegalità della somministrazione di massa e coercitiva di un farmaco sperimentale fosse introdotta solo dal 31 gennaio 2022, la violazione dei Diritti Umani fin qui perpetrata sarebbe stata legale. Estorcere il consenso informato con il ricatto non avrebbe costituito crimine se non dal 31 gennaio 2022. Si sarebbe trattato, infatti, di “illegalità sopravvenuta”. Invece l’interrogazione della Rivasi e la risposta della Kyriakides lasciano pochi dubbi.
Ormai accertato che si tratta di farmaci sperimentali, il Governo italiano, il CTS e, forse, parte del Parlamento hanno commesso e stanno commettendo crimini! E questo per gli effetti della Direttiva 2001/20/EC e di svariati trattati internazionali (Norimberga, Oviedo, New York eccetera). Con o senza Regolamento UE 536/2014.
Stefano Alì | 

4834.- Nato-Russia un dialogo necessario

Poche e chiare note sul dialogo con Mosca, respinto da Washington. Le iniziative promosse dagli Stati Uniti per l’espansione della Nato all’Europa orientale, la creazione di basi militari in Bulgaria e Romania, e l’installazione di parti del sistema di difesa antimissile in Polonia e Repubblica ceca dimostrano che gli Usa vogliono servirsi della Nato per un disegno espansionistico a danno degli interessi russi. Come conseguenza, le relazioni tra NATO e Cremlino sono ben lontane dal ricercare un rapporto stabile di dialogo e cooperazione e stanno attraversando una fase critica che rischia di compromettere definitivamente le possibilità di una ripresa della cooperazione. L’obbiettivo dell’Occidente dovrebbe essere di fare con la Federazione russa fronte comune alle potenze asiatiche, ma non è questo l’obbiettivo perseguito attraverso la NATO.

Dicono che la NATO sia, in realtà, l’esercito dei Rothschild. In questo caso, il Gruppo più potente del mondo ancora non ha il controllo e il potere di ispezione sulla Banca Centrale della Federazione Russa, necessario per indirizzare le banche commerciali e regolamentare il commercio internazionale della Russia. Detto questo, è evidente che l’Ucraina, la Georgia e le aspirazioni polacche sull’Ucraina sono soltanto strumenti nelle mani di chi comanda a Washington. Il rischio, per gli europei, è di trovarsi ancora una volta sotto una pioggia di bombe di entrambi i contendenti.

Di Redazione Nazione Futura, 23 Gennaio 2022

Il 25 dicembre 2021 è ricorso il 30esimo anniversario della nascita, dalle ceneri dell’Unione Sovietica, della Federazione Russa, curiosamente assieme è ricorso pure il 300esimo anniversario della fondazione dell’Impero russo zarista di Pietro il Grande nel 1721, che durò fino alla Rivoluzione d’Ottobre del 1917 (i russi potrebbero anche rinfacciare agli americani che quando nacque il loro impero l’America era solo un’espressione geografica dominata e contesa da inglesi, francesi e spagnoli). 

Jack F. Matlock, diplomatico americano e ambasciatore a Mosca dal 1987 sino all’agosto del 1991 ricorda, e lo scrive nelle sue memorie, che il presidente americano George H.W Bush (in carica dal 1989 al 1993 e padre del successivo e assai meno lungimirante presidente George W. Bush) promise all’ultimo e sventurato leader dell’Unione Sovietica, Michail Gorbačëv, che la Nato avrebbe evitato di installare le sue basi al di là del confine che aveva separato precedentemente la Germania Ovest dalla Germania Est. 

Gorbačëv non ebbe l’accortezza di far metter per iscritto in un trattato tale promessa. Nei primi anni Novanta, dopo il crollo del comunismo e dell’Unione Sovietica, il paese era irriconoscibile: una corruzione dilagante, la guerra cecena contro i terroristi islamisti, un capo dello Stato, Boris El’ cin, alcolizzato e con problemi di salute. 

Nel 1999 arrivò Putin: mise fine alla corruzione e allo strapotere degli oligarchi, vinse la guerra in Cecenia contro i terroristi islamisti indipendentisti, rimise in piedi uno stato con metodi autoritari per un paese che non conobbe (e non conosce) mai la democrazia, per lo meno se intendiamo la democrazia parlamentare e liberale dell’Occidente.

Nel frattempo gli americani, cominciando con Bill Clinton, si convinsero di aver vinto la Guerra fredda, e di poter trattare la Russia come un paese sconfitto. 

Non capirono che il vero sconfitto era il sistema sovietico e il comunismo. 

Iniziarono così a far entrare nella Nato i paesi dell’ex blocco sovietico: nel 1999 aderirono la Polonia, la Repubblica Ceca e l’Ungheria. 

Nel maggio 2002 a Pratica di Mare, nei pressi di Roma, sotto l’egida dell’allora nostro Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e del Segretario generale della Nato George Robertson, il presidente americano George W. Bush e Putin, l’America e la Nato da un lato e la Russia dall’altro, sembravano ormai aver raggiunto un rapporto pacifico e di aver capito che il vero nemico era per entrambi il terrorismo islamista di Al Qaeda (vi erano stati da poco gli attentati alle torri gemelle a New York dell’11 settembre 2001). 

Tuttavia, già dal 2004, gli americani tradirono nuovamente le promesse di Bush senior e lo “spirito di Pratica di Mare” con l’ingresso nell’Alleanza Atlantica di altri paesi tra cui Lituania, Lettonia ed Estonia, quest’ultimi due confinanti con la Russia. 

Da allora in avanti i rapporti sono peggiorati, addirittura gli americani hanno lavorato per includere nella Nato Ucraina e Georgia. 

Nel 2014 la crisi in Ucraina, con i paesi della Nato che appoggiarono un colpo di stato che tradiva un accordo raggiunto anni prima con la Russia. 

Quest’ultima reagì con l’annessione della Crimea (che fu russa fino al 1954). 

Nel 2020 la crisi in Bielorussia, con le inutili sanzioni dell’Unione europea per la forma di governo di uno stato sovrano. Oggi viene negato alla Russia di potersi esprimere sul futuro di tali paesi che appartengono alla sua storia e che hanno al loro interno notevoli minoranze russe e russofone. 

Oggi la Russia si sente accerchiata, la Nato è un’organizzazione nata e sviluppatasi per preparare la guerra contro l’Unione Sovietica, quest’ultima non c’è più, ma la Nato c’è ancora. 

Perché oggi sorprendersi se il paese identificato come nemico recita a sua volta la parte che gli è stata assegnata?

Umberto Marsilio

4833.- Temo la rielezione anche quando (com)porta un buon Presidente

Titolerei anche così:

“Mattarella ha risolto un problema sistemico per i partiti, oppure, negando le elezioni lo ha esacerbato. La sua rielezione è soltanto un modo ulteriore di posticipare, di rimandare?”

Di Gianfranco Pasquino, Formiche.net, 30/01/2022

Temo la rielezione anche quando (com)porta un buon Presidente

Il professore emerito di Scienza Politica scrive al neo eletto Capo dello Stato: nella rielezione c’è una torsione non tanto personalistica, ma di deresponsabilizzazione dei dirigenti dei partiti e dei parlamentari, e la convinzione da parte dei cittadini che in effetti ci può essere, c’è, ci sarà un uomo solo (al massimo due) al comando.

Caro Presidente Mattarella,

congratulazioni. La ri-elezione è un meritato premio al tuo settennato che, però, sarà opportuno rivisitare anche per imparare non tanto dagli errori, ma dalle soluzioni date, non solo da te, ai problemi. Il problema, non esclusivamente personale, che mi sono subito posto è: ti ho frainteso quando, sembra quattordici volte, hai dichiarato la tua indisponibilità ad accettare la rielezione per ragioni personali, ma anche per, forse più importanti, valutazioni istituzionali? Sette anni, e quali anni!, sono lunghi, faticosi, anche dolorosi, estenuanti. Quattordici anni non violano la lettera della Costituzione, ma lo spirito con tutta probabilità sì.

Quindi, apprezzo la tua assunzione di responsabilità/doveri in quella che i partiti in Parlamento hanno finalmente dimostrato essere in maniera lampante una crisi di sistema, ma una domanda mi preoccupa fortemente. La tua rielezione è una soluzione, o almeno un inizio, alla crisi di sistema oppure rischia di approfondirla, di farla esplodere con esiti imprevedibili e incontrollabili? Davvero il sistema politico italiano non ha alternative alla Presidenza Mattarella (e al capo del governo Draghi)? Siamo appesi a due sole personalità sia pure di grande prestigio di enorme autorevolezza, stimabilissimi e stimatissimi? In Italia non esistono altre personalità in grado di svolgere quei compiti istituzionali a cominciare dalla Presidenza della Repubblica? Fra i nomi che sono circolati almeno cinque, a mio parere, hanno diversamente qualità che li rendono presidenziabili.

Il futuro mi preoccupa, e sapendone molto meno di te, addirittura penso che tu sia ancora più preoccupato di me. La mal posta euforia dei dirigenti dei partiti, ad eccezione di Giorgia Meloni, giustamente critica, nasconde la loro provata e flagrante inadeguatezza. Hai risolto per loro un problema sistemico o la tua rielezione è soltanto un modo di posticipare, rimandare, prorogare? Quel problema, forse aggravato, non si ripresenterà fra sette anni – se non anche prima, ma tutto ti suggerirei meno considerare il tuo mandato rinnovato soltanto per il tempo che vorrai tu.

Per usare il politichese, non mi appassiono al semipresidenzialismo, meno che mai a quello de facto, né al presidenzialismo, meno che mai quando viene tirato fuori dal cappello da chi ha avuto la grande occasione delle riforme costituzionali e l’ha clamorosamente sprecata. Però, mi chiedo nelle ore convulse che hanno preceduto la tua rielezione hai potuto riflettere quale torsione personalistica ne derivi? Non tanto, ma anche in termini di aspettative, “tocca al Presidente affrontare le sfide”, ma in termini di deresponsabilizzazione dei dirigenti dei partiti e dei parlamentari, nonché soprattutto di crescita fra gli elettori dell’opinione, sbagliata e densa di pericolose implicazioni, che in effetti ci può essere, c’è, ci sarà un uomo solo (al massimo due) al comando.

So che dovrei concludere non soltanto formulando i migliori auguri per il settennato 2022-2029, che non sia seguito da un’altra rielezione, ma dicendo più o meno ipocritamente, “spero di sbagliarmi”. Tuttavia, la mia speranza è poca cosa, molto piccolina rispetto ai miei timori.

4832.- La vita dei figli non fa più cara la nostra?

Due ragazzi morti a Treviso e a Lauzacco, Udine. Non c’è abbastanza rispetto per la vita e i giovani e i giovanissimi sono i più esposti. Ne citiamo due e son già troppi. Carlo Alberto, 12 anni, obbligato a vaccinarsi per fare un pò di sport, si accascia in corsa e muore. Il vaccino non era appropriato per lui? Lorenzo, 18 anni vissuti con impegno, è morto nell’orario di scuola in nome di un ennesima fanfarucola: L’alternanza scuola lavoro. O è scuola o è lavoro, ciascuno con regole precise. Per lavorare in mezzo alle putrelle ci vogliono operai, preparati non studenti. E, oltre agli studenti, quante morti sul lavoro?

Sei bello, Carlo Alberto.

Martedì 25 Gennaio 2022, a Treviso, Carlo Alberto, 12 anni, era morto alla corsa campestre, colpito da arresto cardiaco – Era finito in arresto cardiaco durante il Cross Città della Vittoria, corsa campestre a Vittorio Veneto. Rianimato per oltre mezz’ora e elitrasportato all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso era stato ricoverato in Terapia intensiva cardiochirurgica. Il malore, improvviso, lo aveva colto poco dopo la metà del percorso di un chilometro. Ha barcollato e, poi, è caduto a terra. Era un’atleta tesserato con le Fiamme Oro di Padova, aveva superato la visita medica di idoneità sportiva lo scorso novembre: era in buona salute, invano.

La morte di Lorenzo Parelli atto di accusa contro alternanza Scuola-Lavoro

Una trave di un quintale e mezzo fra i ragazzi. Lesioni cranio encefaliche” che non hanno lasciato scampo. E’ il risultato dell’autopsia sullo studente friulano, vittima dell’incidente nell’azienda di Udine dove stava concludendo il percorso di alternanza scuola lavoro. Le indagini proseguono per chiarire i fatti e accertare le eventuali responsabilità

Ora, Giorgio Cremaschi ci racconta, emozionato, di Lorenzo. siamo tutti emotivamente scossi. Scrive:

“Non riesco a trattenere la rabbia nel dolore per l’assassinio di Lorenzo Parelli, studente di 18 anni massacrato da una putrella in una fabbrica di Udine, nel suo ultimo giorno dell’alternanza scuola lavoro.

Il suo omicidio mette sotto accusa prima di tutto proprio quell’alternanza scuola lavoro che educa solo allo sfruttamento e che mette assieme il degrado della scuola con quello del sistema produttivo.

Poi mette sotto accusa il sistema schiavista degli stage, infame guadagno sul lavoro gratuito dei giovani.

Infine rinnova l’accusa ad un mondo delle imprese dove si divorano le vite delle persone solo per fare più profitto, risparmiando sulla salute e sulla sicurezza, contando su un’impunità quasi garantita da istituzioni vili e complici.

Lorenzo è vittima di un sistema CRIMINALE, di cui TUTTE le classi dirigenti politiche e economiche sono totalmente colpevoli.”

Bastonate agli studenti che dimostrano ovunque per Lorenzo

La Burimec di Lauzacco. Andare a scuola per morire in una fabbrica all’ultimo anno! Il titolare Pietro Schneider e un operaio sono indagati, ma il sistema la fa franca un’altra volta.

A Milano, a Roma, a Torino, scontri tra studenti e forze dell’ordine in occasione delle manifestazioni di protesta dopo la morte di un giovane studente di Udine, Lorenzo Parelli, durante l’ultimo giorno di stage scuola-lavoro.

Gli studenti intanto si preparano a scendere di nuovo in piazza, a Torino, dopo i tafferugli con le forze dell’ordine di venerdì mattina. Abbiamo gente senz’anima al governo e le Forze dell’Ordine, sempre contro la gente, contro i lavoratori, gli studenti, con quei manganelli, non fanno miglior figura.

4831.- “Così si producono molte false morti per Covid”. Lo Scoop Rai incredibilmente autocensurato.

  • La Redazione de l’AntiDiplomatico, 27 Gennaio 2022 

La Rai ha fatto un autentico scoop. Uno di quelli che dovrebbe portare alle immediate dimissioni del ministro della Salute Speranza; l’apertura di ufficio di decine di inchieste su cliniche private e aziende ospedaliere.

Possibile che non ne sappiamo niente direte voi?

E si è possibile perché lo scoop della brava e coraggiosa giornalista Valentina Noseda è stato letteralmente autocensurato. Nessuna apertura di Tg 1. Nessuna edizione speciale, relegato alla “trasmissione Re Start” e a Youtube senza nessun tipo di Promo. 

Proviamo a recuperare noi e vi chiediamo di diffonderlo voi per farlo arrivare a quante più persone possibili. All’interno ci sono decine di risposte alle menzogne di due anni che stanno crollando in queste ore ad una ad una. 

I dati dei contagi “drogati dalla burocrazia” o c’è qualcosa di più si chiede la Noseda nel suo servizio.

E lo scoop è l’intervista a un dirigente di un ospedale laziale che spiega alla perfezione il meccanismo. 

“Molto spesso nella cartella viene scritto morto di Covid quando nella realtà non lo è”. 

A che scopo chiede la giornalista Rai.  “In modo che salga il numero dei positivi. Lo stesso vale per i ricoveri: se un malato oncologico viene ricoverato anche se non ha sintomi diventa immediatamente un paziente Covid”, prosegue.

“E’ gravissimo trasferire un malato di tumore in uno struttura Covid.  Significa mandarlo alla morte come accade spesso”

Ma a che cosa servono tutti questi positivi? domanda la giornalista.

“A fare polizze. L’ospedale prende i soldi in base ai ricoveri Covid, ma poi esistono logiche per spartirsi il bottino…. Ci sono interessi, soldi poteri e avanzamenti di carriere”.

Ancora: “L’hanno chiamata produttività ma purtroppo si producono soltanto molte false morti per Covid. In alcune strutture ospedalieri si alterano i dati perché dimostrandosi in difficoltà per il Covid possono mettere le mani più facilmente sui soldi del Pnrr”. Ecco il primo scoop autocensurato dalla Rai. 

“Il pubblico apre le strutture, la gestione viene data ai privati e i positivi servono per alimentare il sistema”, la conclusione perfetto del dirigente intervistato.

I soldi aggiuntivi per i ricoveri Covid partono incredibilmente dal giorno della degenza e quindi se un paziente entra perché si è rotto una caviglia e dopo giorni scopre che è positivo il rimborso parte dal primo giorno della degenza. Tutto legale. 

E questa montagna di soldi pubblici sperperati porta al secondo scoop della giornalista Rai.  Un sanitario che lavora nel privato le dichiara come “quello che succede nel privato è molto grave. A noi sono arrivate richieste dall’alto dai direttori generali, direttori sanitari, di alterare le cartelle sanitarie, dichiarando che il tampone è positivo o dichiaramndo come covid casi sospetti. Per l’ospedale su 10 morti, 7 sono Covid è già deciso”. 

Alterare le cartelle cliniche per rubare i soldi dei contribuenti pubblici. Uno scoop che dovrebbe essere l’apertura di Tg e giornali. Uno scoop che dovrebbe interessare una politica morente che dovrebbe pretendere le immediate dimissioni di un ministro che ha permesso tutto questo.

Il denaro pubblico è servito ad alimentare questo sistema criminale. La Rai lo ha autocensurato ora tocca a noi: facciamo in modo che arrivi a più persone possibili.

4830.- Commento e preghiera a Giorgia Meloni

Da Il Secolo d’Italia, due articoli: Meloni: «Non cambio idea ogni cinque minuti, il centrodestra va rifondato. Ci voleva più coraggio» “Dietro il bis di Mattarella, la garanzia di Draghi a Palazzo Chigi. ‘Se resta Mario, resto anche io?’ ” Sull’edizione on-line, abbiamo commentato il primo e il secondo. Così:

Mario Donnini, 30 Gennaio 2022

“È sembrata una farsa, è durata dei mesi e si è conclusa fra onorevoli festanti. Festeggia la maggioranza aritmetica di Draghi, che maggioranza democratica non è. Festeggiano perché la Legislatura può finire e i 200 mila euro di ognuno di loro non ballano più sul piatto. Così, perché quando si parla di politica, è di piatto che si parla, o ci si pensa. Non basta essere acclamati presidenti da chi ha di mira l’interesse particolare, prima di quello della Nazione. Bisogna, poi, rivestire la carica con spirito di servizio e non come assunzione di potere. L’eversione dello Stato costituzionale ha scritto un altra pagina. Il doppio mandato segue la sorte dei cattivi vizi ed è già vizio esso stesso. Il presidente dei Padri Costituenti, Paolo Elia Terracini aveva, infine, ceduto e aveva messo al voto la possibilità di un secondo mandato, ma era stata bocciata e non meritevole di essere tradotta nell’articolato. Un altro comunista di nome Napolitano ne ha profittato ed ora è costume. Serberemo lo sguardo perduto nel vuoto di Mattarella in ritiro a Palermo, con le valigie ancora fatte. La prima regola, il primo principio della democrazia di Aristotele è l’Alternanza, ma siamo ancora, oppure, siamo mai stati in democrazia?
E se democrazia non fosse? Mi chiederei: “Ma, il sovrano chi è?”
Il bis è, comunque, una soluzione in ritirata, in quanto nessun partito ha potuto esprimere una candidato condivisibile, compresa Meloni con il veneto Nordio. A corollario, devo, però, notare che nessuno, dico nessuno e, sopratutto l’opposizione, ha posto in primo piano le eversioni verificatesi durante il mandato e sotto la presidenza del C.S.M. di Mattarella.
Andiamo a pesare cosa ci ha lasciato questo settennato, a parte i virus e la povertà. Abbiamo assistito a una serie di fatti eversivi e questo perché il presidente ha interpretato come una mera facoltà il dovere di garantire la rappresentatività del Parlamento, sciogliendolo e andando a elezioni, quando non più rappresentativo – e non lo è! -. L’art. 88 è noto. Dice: “Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. ..”Ci domandiamo: Può esistere una repubblica rappresentativa con un Parlamento non rappresentativo? Gli arguti dicono che non sciogliendo le Camere e non andando a nuove elezioni si sarebbe verificata proprio questa situazione di stallo e che era ciò che si voleva, con il risultato che si è avuto. Certo, sarà per arrivare a finire la Legislatura, ma c’è molto di più. Per governare in situazione di stallo della politica, occorre un governo autoritario. Non voglio dire una dittatura, ma… è Mario Draghi il governo autoritario? C’è un problema ed è che dubito sarebbe in grado di governare l’ammucchiata senza lo Stato di Emergenza. E, qui, il problema entra nei diritti, nelle case e nelle tasche degli italiani e il parafulmine, lassù, più non basta.
Circa l’eversione nel CSM, la legge 195/58 sul suo funzionamento, all’art. 31 – che abbiamo letto urbi et orbi e nelle televisioni -, ne prevede lo scioglimento e non v’è alcun dubbio che un organo super partes che sia dichiarato politicizzato debba (non dovrebbe) essere sciolto. Il CSM, poi o anzitutto, con la sua sezione disciplinare, garantisce l’Autonomia e l’indipendenza della Magistratura, sopratutto dalla politica. La procedura di scioglimento non è stata nemmeno iniziata. Ed ora l’eversione più grande subita dalla democrazia:
Il 09 marzo 2020 si è posto fine allo Stato di diritto, rinunciando alla tripartizione dei poteri.
Così, in brevi linee, ecco perché considero Sergio Mattarella un cattivo presidente e considero conclusa la democrazia. Ma che sia repubblica rappresentativa o semi-presidenziale, vogliamo fatti i salvi i principi della nostra Costituzione e della cristianità, non quelli del globalismo e vogliamo virus normali e una vita normale.
In quelli come Voi lettori del Secolo, ripongo le speranze di vedere rinascere un Centro Destra perché non credevo in una coalizione di tre partiti, con un partito all’opposizione e due al governo e, infatti… .”

4829.- MANIFESTO PER LA DICHIARAZIONE DI EMERGENZA GIURIDICA

Siamo di fronte a un’emergenza giuridica nazionale e questa, come le altre, va dichiarata, e qui si dichiara! 

Grande assente del dibattito d’attualità concernente il Covid-19 è stato il dialogo giuridico. Relegato in angolo, il diritto ha subito il positivismo del legislatore dell’emergenza.  Con profondo rispetto civico e senso delle Istituzioni, molti tra giuristi e operatori del diritto hanno sin qui taciuto di fronte agli orrori cui quotidianamente si assisteva nella fase della cosiddetta prima emergenza. Gli abominii giuridici possono riassumersi uno actu: il 09 marzo 2020 si è posto fine allo Stato di diritto, rinunciando alla tripartizione dei poteri.

Nell’emergenza, il legislatore si è congiunto col Governo e il sistema regolatorio adottato ha messo fuori gioco anche il potere giudiziario. Nessuna tutela effettiva è, infatti, concessa ai diritti nel regime giuridico attualmente sussistente nel Paese. Il processo di amministrativizzazione del diritto, in uno alla totalizzante tecnicalità societaria che lo stesso è costretto a rincorrere, in termini positivi, si è esasperato nell’emergenza sanitaria.

La decisione politica è divenuta decisione tecnica, delegata e rimessa alle indicazioni del Comitato tecnico scientifico; organo, questo, che sfugge del tutto ai criteri di rappresentatività, che connotano e devono connotare i sistemi democratici. L’atto normativo poggia su presupposti tecnici e viene attuato per il tramite di atti amministrativi altrettanto espressivi di discrezionalità-tecnica. Ingiustificatamente, il giudice adito è quello della legittimità amministrativa, anziché quello dei diritti soggettivi.  L’attenzione rimediale si sposta dal soggetto all’oggetto e la giurisdizione perde il suo connotato di soggettività, sostanziandosi in un “sindacato-non sindacato” dell’attività amministrativa. Il carattere fedifrago di questa tutela, offerta dal legislatore dell’emergenza, si rivela nello svuotamento integrale che la interessa di fronte alla riserva di scienza. La competenza tecnica che le Corti rinunciano aprioristicamente a valutare individua l’abominevole giustificazione della paralisi giudiziaria attuale. La scelta politico-amministrativa non viene indagata con pieno accesso al fatto, ma il giudice si paralizza di fronte alla scienza che ritiene insondabile, facendo strali della migliore giurisprudenza amministrativa, ottenuta e raggiunta con anni di fatica teorica e operativa. Laddove non si rinunci agli strumenti processuali che lo consentono e si valuti addentro la tecnica su cui poggiano le scelte amministrative e politiche, la bontà delle stesse non è realmente revocabile in dubbio. Il contesto sociale, specialmente dell’informazione, fa insopportabilmente eco -in senso acritico adesivo- alle scelte compiute dal governo legislatore.   Chi dubita e compie analisi critica è sottoposto all’onta mediatica e sociale. Molti, per necessità di quieto vivere o per indole, rinunciano a pensare o per lo meno a esternalizzare quel che pensano, con sacrificio dell’interesse generale a coltivare la miglior società possibile. La censura dilaga, mascherata, col sacrificio ulteriore dei diritti di opinione e di manifestazione libera del pensiero. Essa assolve un ruolo servente al controllo intrusivo in cui si estrinseca la proposta giuridica dell’emergenza, che tutto giustifica e tollera in suo nome. Negli ultimi due anni non si è affrontato né in termini sostanziali né in termini procedurali l’impatto della pandemia e del suo governo sul sistema di diritto e sull’impianto normativo nazionale. Tale rinuncia all’osservazione giuridica e la devoluzione alle Corti dell’individuazione di tecniche di tutela appropriate ha spinto verso un diritto sempre più assimilabile a quello dei sistemi di common-law, senza che di essi il nostro ordinamento abbia la forma e la struttura. Tanto ha privato di ogni garanzia il diritto soggettivo, che trova la maggiore protezione nell’esercizio proprio del potere legislativo. Serve e sarebbe servito predisporre un regime giuridico dell’emergenza, che non può improvvisarsi all’impronta, lasciandone la conformazione agli operatori tecnici, cui spetta il merito di aver tentato di garantire comunque tutela alle posizioni giuridiche soggettive lese o messe a rischio dal diritto emergenziale attraverso gli strumenti presussistenti.

Si è mancato di predisporre una impalcatura giuridica dell’emergenza.  Un diritto dell’emergenza si può formare nei canali del diritto vivente solo se essi si sovrappongono a binari predeterminati dalla legge, la sola che, in armonia reale col dettato costituzionale, può individuare le rime di garanzia cui i diritti non possono rinunciare in alcuna circostanza fattuale. Mentre perfino la guerra ha il proprio rito, coi propri giudici e le proprie leggi prevedibili e conoscibili, il legislatore dell’emergenza ha mancato di fornire un tappeto giuridico alla straordinarietà, dove l’ordinario regime di tutela si è mostrato del tutto inadeguato.

Siffatta inadeguatezza è fisiologica e dunque ben poteva prevedersi e avrebbe dovuto, anzi, essere prevista; con una deficienza che assume forse caratteri globali. E’ ora il tempo di recuperare l’analisi fin qui mancata circa la regolazione degli assetti giuridici nell’emergenza, sul presupposto che questa si va protraendo potenzialmente senza termine e che la tendenza contingente volge verso l’introduzione definitiva di un nuovo sistema, specie delle fonti. Lo sviluppo del ragionamento critico-analitico, in termini di difesa dei diritti, non può che muovere principalmente dalla presa d’atto della assenza di un giudice naturale precostituito per legge, terzo e imparziale, deputato a conoscere il diritto dell’emergenza. L’avvenuta distrazione da questo giudice integra una delle più gravi vulnerazioni subite dal diritto, dalla Costituzione e dai cittadini e chiede a gran voce di individuare una soluzione urgente. L’apice predigiuzievole di tale assetto si raggiunge al cospetto del lavoro, ove il sovvertimento dei paradigmi tradizionali del ragionamento giuridico si rivela maggiormente. Più che del diritto al lavoro si fa qui riferimento al sostrato fondativo della Repubblica. La messa in contropartita del lavoro con obblighi indiretti consente di squalificare dal linguaggio comune l’aggettivo gentile, spesso affiancato al termine “spinta”, per intendere la ragione delle scelte governative in merito a trattamenti oggi sanitari, ma che ben possono essere assunti a indici sintomatici di una possibile legiferazione praticata in modi analoghi su altre materie. Assistere in silenzio a questa mortificazione eticizzante dello Stato significa abiurare al proprio ruolo di cittadini, prima e ancora più che a quello di operatori e conoscitori del diritto. I gravi toni moraleggianti dei poteri, politico e giudiziario, ammoniscono del termine dell’acclive verso cui velocemente s’inclina. Intimità e res publica devono attenere e attengono a sfere distinte, in alcun modo sovrapponibili. Va difeso, quindi, il il carattere rigido della Costituzione dall’avvento di una costituzione materiale, fondata sul diritto emergenziale; va difeso l’impianto di civil law del nostro ordinamento, oggi più che mai irrinunciabile. L’interesse generale va misurato con riguardo alle generazioni future e illuminato al faro delle decisioni politiche degli ultimi anni, che hanno condotto ad aggravare grandemente lo stato di emergenza sanitaria, spesso fondandolo. La decisione pubblica va revocata alla mano pubblica, sostanzialmente oltreché formalmente, e rimessa ai decisori secondo criteri di effettiva rappresentatività cui si lega unicamente un modello di legge elettorale proporzionale. 

La scusa della governabilità è bandita! Altrettanto, la spinta alla resa amministrativa del diritto va arrestata con urgenza. Il carattere regolatorio primario delle leggi speciali non può entrare in urto con il diritto costituzionale. La settorializzazione della società, che scompone il diritto nella sua facie positiva entro specializzazioni tecniche, atte a riporre ancora in capo all’esecutivo il potere, non deve inibire il ruolo dei principii, orientativi delle condotte e delle scelte plurilivello. 

Il tempo ci attinge in una nuova fase costituente, dove il giurista è chiamato al proprio ruolo di partecipazione alla costruzione d’un quadro regolatorio innovativo, ma rispettoso dei diritti costituzionali e dei principi democratici, fondativi dello Stato di Diritto; un neo-ordinamento che non integri uno scivolamento regressivo rispetto alle conquiste liberali, ottenute col sacrificio sconcertante della guerra. Appare ormai ingenuo pensare che un diritto così nutrito, quale è quello dell’emergenza, possa costituire una finestra cronologicamente limitata e che tale assetto possa tornare nei gangli previi, conosciuti. Sempre di più si va costituendo un corpus juris emergenziale, parallelo al diritto ordinario, costituito dal blocco di norme nazionali speciali e dal profluvio di norme regionali e comunali, altrettanto adottate negli ultimi due anni. Ciò sembra ormai dare nuovo argomento al sospetto di volatilizzazione delle forme giuridiche pregresse, declinando il diritto verso un ignoto pur visibile già oggi. A questo scopo, preso atto dell’errore sin qui commesso dalla categoria dei giuristi difensivi, i quali hanno agito meritoriamente ma in modo non coordinato, discusso né valutato di concerto, si rende necessario uno strumento di reazione organizzata al declino delle istituzioni democratiche. 

Nasce oggi la costituenda rete nazionale di coordinamento giuridico, che si prefigge il ruolo di armonizzare la risposta giuridica nelle Corti, mettendo in moto un meccanismo di resistenza giuridica partecipata quanto più diffusamente possibile. Auspichiamo una larga adesione di tutti quegli operatori del diritto, accademici e attivi come difensori o giudicanti, che sentendosi chiamati a far parte di un momento storico di grande responsabilità civile vogliano collaborare nello studio di soluzioni concrete, nonché a diffondere un’analisi giuridica oggettiva e imparziale dello stato attuale dell’ordinamento italiano, che sia unicamente improntata al rispetto e alla definitiva attuazione della Costituzione.

4828.- Sul dovere di difendere lo Stato costituzionale

Commissione Du.Pre. Nota del 2 gennaio 2022

Il 29 Dicembre 2021 il governo ha adottato ulteriori misure restrittive “di contenimento dell’epidemia”, come ad esempio l’estensione del Green Pass rafforzato dal 10 gennaio 2022 fino alla cessazione dello stato di emergenza per l’accesso ad alberghi, feste civili o religiose, sagre, ristoranti all’aperto, piscine, centri culturali, sociali e ricreativi persino per la attività all’aperto. Inoltre, il Green Pass rafforzato è ora necessario per l’accesso e l’utilizzo di tutti i mezzi di trasporto pubblico. Appare tuttavia chiaro come l’irrigidimento delle restrizioni per i non vaccinati nulla abbia a che vedere con il contrasto all’epidemia. È infatti evidente che anche i vaccinati contagiano, e che anche i vaccinati ricadono nella malattia. L’esclusione da attività svolte all’aperto, poi, più che da intenti di prevenzione dal contagio e tutela della salute sembra causata dalla volontà di stigmatizzare e punire tutti coloro che non si sottomettono all’arbitrio delle misure governative. Le misure adottate, pertanto, si sostanziano esclusivamente in una discriminazione in violazione dell’Art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana. In assenza dei presupposti giuridici, prima e più che medici, per adottare un obbligo generalizzato di vaccinazione, la decisione di sottoporvisi o meno resta libera formalmente, ma in assenza di vaccino non si può liberamente decidere, per esempio, di uscire dal Paese, o addirittura dalla propria regione, fino al paradosso di non poter lasciare le isole o un quartiere di Venezia. Ciò provoca uno stato di detenzione a tutti gli effetti e una nuova inaccettabile forma discriminatoria anche di censo: solo chi ha la capacità economica di accedere a forme private di mobilità può infatti evitare di usare il trasporto pubblico. Ancora più grave è il caso di coloro che non hanno sostegno per esserne stati privati dal governo stesso, che li ha sanzionati con la sospensione dello stipendio per avere deciso, come pur potevano, di non aderire a una trattamento sanitario non obbligatorio. A seguito degli ultimi dati inerenti l’andamento dell’epidemia e delle decisioni assunte dal governo riteniamo dunque necessario sottolineare quanto segue: 

  1. L’incidenza dei casi di persone positive al test ha subito una impennata, soprattutto a causa dell’inusitato numero di tamponi eseguito, che nel corso degli ultimi giorni ha riguardato oltre 10 % della popolazione italiana. All’elevato numero di “positivi” non corrisponde un proporzionale aumento di casi con sintomi o di pazienti ricoverati, tanto nei reparti ospedalieri quanto in quelli di terapia intensiva. Il numero dei potenziali falsi positivi (pazienti positivi al test ma che non veicolano il virus) è elevatissimo, e di conseguenza la valutazione dell’indice di positività non corrisponde al reale stato di progressione dell’epidemia. Il tampone è uno strumento inadeguato per lo screening di massa, e dovrebbe essere riservato per la conferma dei casi sintomatici. Rileviamo che ad un costo medio di circa 50 euro (1), l’esborso per lo stato è esorbitante: circa 250 milioni di euro nella sola settimana appena trascorsa, ovvero – a questo ritmo – 1 miliardo al mese. Non abbiamo dubbi che con queste cifre ben altre e ben più importanti scelte si potrebbero assumere per mettere in sicurezza la sanità italiana e consentirle di affrontare la sfida del Covid-19. 
  2. Come riconosciuto da più parti, l’unico indice affidabile di impatto dell’epidemia sul sistema sanitario è il numero di ricoveri in terapia intensiva. Al momento questo si attesta intorno al 12% (da Covid) della disponibilità totale (9.097 postazioni)(2). Nello 2stesso periodo dell’anno scorso era occupato più del 30% dei posti disponibili.Non dimentichiamo infine che in epoca pre-pandemica, in corrispondenza del picco influenzale stagionale, le terapie intensive si sono puntualmente sempre ritrovate “al collasso”(3). Piuttosto che drammatizzare riteniamo che il governo debba attivare i 3705 posti letto già pronti e provvedere a ripianare gli organici degli ospedali carenti in medici e infermieri (-48.000 rispetto a quanto previsto dalle piante organiche) (4).Ricordiamo che l’unico parametro che correla con la gravità della malattia (cfr. i decessi) è proprio il tasso di occupazione delle terapie intensive. 
  3. Il fatto che – rispetto ai dati di incidenza dello scorso anno – si registri un numero inferiore di ricoveri e di decessi indica che la vaccinazione offre un beneficio sicuramente apprezzabile (circa 2/3 in meno di decessi e di terapie intensive). In base all’ultimo bollettino ISS, tuttavia, il 36% dei posti in terapia intensiva resta pur sempre occupato da pazienti vaccinati (con ciclo completo e anche con terza dose). Si vanno moltiplicando le evidenze che mostrano come i vaccini a mRNA (Pfizer e Moderna) offrano una protezione incompleta e che tende a svanire nel tempo. È oggi altresì acclarato – smentendo le precedenti trionfalistiche asserzioni – che il vaccino protegge solo limitatamente dall’infezione (di un fattore pari a circa tre volte rispetto al rischio dei non vaccinati). A fronte di queste evidenze il Green Pass perde qualsiasi giustificazione come misura sanitaria: l’essere stato vaccinato non garantisce che il possessore sia immune o non possa contagiare. Qual è dunque il razionale dietro tale misura gravemente discriminatoria se non quello di dover a tutti i costi individuare un “nemico” contro cui incanalare il risentimento generale per gli insuccessi che sono solo e soltanto del governo? Del pari, numerose altre decisioni non hanno base sensata: in base a quale criterio “scientifico” si stabilisce che la quarantena debba essere arbitrariamente accorciata a cinque giorni per chi ha ricevuto tre dosi di vaccino? E come mai non basta neanche la terza dose ma occorre anche un tampone per partecipare a determinati eventi? Nessuno, realmente, si rende contro che stiamo trapassando nel ridicolo? 
  4. Reiteriamo la nostra posizione che è quella a favore della buona scienza (che può generare buoni vaccini). Anche se si estendesse la copertura vaccinale del 100% non potremmo avere la garanzia di ottenere una protezione efficace: gli attuali vaccini non bastano, ed è illusorio pensare che si possa risolvere la complessità della situazione invocando l’obbligatorietà che – comunque – questo governo non ha finora avuto il coraggio di proporre consapevole del fatto che la Corte Costituzionale ha più volte ribadito che nel rispetto dell’Art. 32 della Costituzione rischi letali per il vaccinando non sono in nessun caso tollerabili ai fini della legittimità dell’imposizione del trattamento obbligatorio. La nostra preoccupazione si concentra sui vaccini attualmente disponibili in Italia, proprio mentre nuovi vaccini – per lo più realizzati con virus inattivati o proteine ricombinanti del virus (es. Novavax e Covaxin) – stanno per essere introdotti in Europa dopo aver dimostrato la loro efficacia in altre nazioni. Noi sosteniamo la necessità di ripensare la strategia in atto che ha esclusivamente puntato sui vaccini a mRNA, tralasciando altre alternative. I dati epidemiologici di altre nazioni, seppur diversissime quanto a indirizzo politico, sviluppo economico e struttura sanitaria – dal Messico all’India, al Giappone – mostrano come sia possibile adottare scelte vincenti. Tra queste ricordiamo l’importanza dei trattamenti domiciliari precoci, l’uso degli anticorpi monoclonali (ancora troppo limitato nonostante la dimostrata efficacia) e insieme a questi presidi non farmacologici – distanziamento sui mezzi pubblici, meccanismi di areazione etc. – che stentano ancora ad imporsi. Al riguardo riteniamo necessario restituire dignità e fiducia alla medicina del territorio – oppressa da intollerabili vincoli burocratici – consentendo che ai medici di base venga permesso di curare i pazienti secondo scienza e coscienza come richiesto da un numero crescente di professionisti del settore. Il medico non può continuare ad essere tiranneggiato da una visione ideologica imposta dal ministero della salute e acriticamente adottata dagli Ordini professionali che automaticamente la impongono ai propri affiliati.

In sintesi, chiediamo che: 

  • Si destinino meglio e ben altre risorse alla sanità (magari risparmiando sui tamponi) per rafforzare la rete delle terapie intensive e dei reparti ospedalieri. 
  • Si autorizzino i medici a gestire con autorevolezza le prime fasi della malattia adottando le misure più adeguate per ogni singolo caso. È giunto il momento di cancellare la vergognosa indicazione “tachipirina e vigile attesa” che ancora viene riportata sul sito ministeriale. – Si convochi un meeting scientifico aperto ai contributi dei principali esperti delle nostre università per valutare le scelte in materia di vaccino. Personaggi privi di valenza scientifica (come taluni che lavorano in case di cura ortopediche) o gravati da fin troppo evidenti conflitti di interesse con colossi farmaceutici non possono continuare a pontificare in merito. 
  • Si valutino con ben più attenzione al principio di precauzione, che informa di sé il diritto dell’Unione Europea, le misure e gli obblighi da imporre ai bambini e ai minori, la cui salute va tutelata anche e soprattutto da ricadute e pericoli futuri della sperimentazione sanitaria presente. 
  • Si revochi la misura del Green Pass, destituita di fondamento scientifico tanto da essere stato adottato solo dall’Italia e, con alcune differenze, da pochi altri paesi. 
  • Si smetta il bombardamento terroristico ottenuto snocciolando giornalmente i dati sull’incidenza: la modalità della comunicazione va interamente rivista, improntandola a sobrietà e correttezza. 

La Commissione DuPre ritiene che le misure adottate dal governo siano assolutamente inaccettabili in un sistema democratico, e chiama i Cittadini a porre un freno alla quotidiana discriminazione e violazione di diritti fondamentali, specificamente rivolgendosi al Presidente della Repubblica, che è Garante della Costituzione. La Commissione ricorda infine ai Cittadini italiani gli Artt. 52 e 54 della Costituzione, che prescrivono il dovere di difendere lo stato costituzionale, invitandoli a reagire nelle forme costituzionali a quanto sta avvenendo con il supporto di parte degli organi d’informazione, che denigrano ogni posizione critica e dubitativa, dubbio e critica che sono invece necessaria base di ogni dibattito democratico e persino di ogni reale approccio scientifico. 

Commissione Dubbio e Precauzione

4827.- Ripensare il centrodestra (se ancora esiste)

Sette anni + 7 anni fa 14. Mussolini ne fece 21, ma sotto un re. Tutto in cambio di altri 7 mesi di vacanza romana. Meloni, scandalizzata, ma non dice che: Il bis è una soluzione in ritirata, in quanto nessun partito ha potuto esprimere una candidato condivisibile, compreso il veneto Nordio. A corollario, devo, però, notare che nessuno, dico nessuno ha posto in primo piano le eversioni verificatesi durante il mandato e sotto la presidenza del CSM di Mattarella e questo perché il presidente ha interpretato come una facoltà il dovere di garantire la rappresentatività del Parlamento, sciogliendolo e andando a elezioni, quando non più rappresentativo. Circa il CSM, la legge 195/58 sul suo funzionamento, all’art. 31 ne prevede lo scioglimento e non v’è alcun dubbio che un organo super partes che sia dichiarato politicizzato debba (non dovrebbe) essere sciolto. Il CSM, con la sua sezione disciplinare, garantisce l’Autonomia e l’indipendenza della Magistratura, sopratutto dalla politica. Ecco perché considero Sergio Mattarella un cattivo presidente. In quelli come te, ripongo le speranze di vedere rinascere un Centro Destra e anche una Lega perché non credevo in una coalizione di 3 partiti, con un partito all’opposizione e due al governo e, infatti… .

Ripensare il centrodestra

Da Nazione Futura, di Francesco Giubilei, 29 Gennaio 2022

La partita per l’elezione del Presidente della Repubblica si è trasformata per il centrodestra da un probabile successo a una deblacle di fatto. Non tanto (o per lo meno non solo) nel merito quanto nel metodo che ha portato alla rielezione di Mattarella. Con il Mattarella bis la politica ha scelto di non scegliere ma ciò che lascia perplessi sono anche le modalità con cui si è giunti a questa decisione. Tanto valeva indicarlo da subito se questa era l’idea ed evitare una settimana di trattative, conferenze stampa, dichiarazioni, contro dichiarazioni, smentite, rumours che avranno indubbiamente degli strascichi. La partita da parte del centrodestra è stata gestita male e il risultato è una coalizione in frantumi, un paradosso se si pensa che anche la sinistra e soprattutto il Movimento Cinque Stelle erano divisi al proprio interno. L’apice si è raggiunto con il voto su Elisabetta Casellati, impallinata da numerosi franchi tiratori ma al tempo stesso incapace di incontrare un consenso più ampio.

Conscia delle proprie divisioni interne, la sinistra ha utilizzato una tattica più attendista facendo in modo che il centrodestra, giorno dopo giorno, implodesse fino a dividersi.

A questo punto è lecito domandarsi quale sarà il futuro del centrodestra? Al massimo a primavera 2023 gli italiani saranno chiamati alle urne e la certezza di vincere le elezioni che circolava all’interno delle segreterie di partito fino a qualche mese fa, si è dissolta. I primi segnali che qualcosa non funzionasse erano arrivati con il risultato delle amministrative nelle grandi città dove la scelta dei candidati era stata tutt’altro che azzeccata (per usare un eufemismo).

Quanto accaduto con l’elezione del Presidente della Repubblica, mette il centrodestra di fronte alle proprie responsabilità e alla necessità di un’autocritica in vista delle politiche del 2023. Inutile girarci troppo intorno, se le cose continueranno ad andare così, la vittoria è tutt’altro che scontata. Al netto della legge elettorale, la probabilità che si creino due blocchi con da un lato Lega, Fratelli d’Italia e dall’altra un polo centrista che raccolga anche anime che attualmente militano nel centrosinistra e con una spaccatura in due di Forza Italia, è concreta. In tal senso quale linea adotterà la coalizione? Quali saranno le proposte politiche trainanti? Il tempo stringe sempre di più anche perché andiamo incontro all’avvio della campagna elettorale che entrerà nel vivo in autunno e bisognerà arrivare all’appuntamento elettorale con un assetto chiaro. Gli elettori di centrodestra sono sempre più insofferenti a competizioni interne, divisioni, scelte difficilmente comprensibili per chi è estraneo al mondo politico e la disillusione (quando non la delusione) è crescente. Ciò porterà alla crescita dell’astensionismo tra i potenziali elettori (ancora una volta le amministrative dovrebbero rappresentare un campanello d’allarme) a meno che non si ripenserà l’offerta politica ripartendo da poche proposte forti. Non dimentichiamoci che ai cittadini interessano sempre meno (anzi, proprio non interessano) giochi di palazzo, dibattiti politici e scaramucce interne soprattutto in un momento in cui ci sono questioni urgenti da risolvere. La necessità di allentare le restrizioni come negli altri paesi europei, il caro bollette e il costo dell’energia che sta mettendo in ginocchio imprese e famiglie, l’inflazione galoppante, i crescenti problemi economici, la gestione dei fondi del Pnrr, sono solo alcune delle priorità a cui la politica è chiamata a rispondere. Se il centrodestra non sarà in grado di mettere in campo quanto prima una proposta credibile su questi e gli altri dossier, rischiamo di andare incontro a uno scenario tutt’altro che roseo.

4826.- Una a caso, ma quanti ancora? e perché?

  • Una a caso: Oxana, da Rassegna Stampa del 27 Ottobre 2021

Ragazza minorenne morta 24 ore dalla vaccinazione. Nessuna autopsia, non serve.

Il giorno dopo il dramma Oxana racconta: “Il volto era sereno, la temperatura del corpo normale. Giulia sembrava si fosse appisolata, e nei primi istanti ho pensato di lasciarla riposare, poi in preda a una angoscia crescente ho iniziato a chiamarla, sempre più forte, sempre più disperatamente, ma lei non si è più risvegliata. Nell’attesa del 118, continuavo a ripetere il suo nome, ma

la mia bambina non ha più aperto gli occhi”.

L’autopsia del corpo non è mai stata disposta dalla Procura di Modena. Non vale la pena indagare? Come mai tanto silenzio, del caso non si è nemmeno parlato nei tg e nei principali quotidiani del Paese, ma questo purtroppo non sorprende. I genitori lanciano la denuncia e domandano: “Perché la procura non ha aperto il fascicolo attraverso il nostro avvocato, Pier Francesco Rossi, abbiamo subito presentato un esposto notificando la morte improvvisa di Giulia. Ma il suo fascicolo non è mai stato aperto”.

Questa é l’Italia… Questi sono i nostri governanti…

Sorgente: Niente autopsia! Il caso di Giulia, la ragazza minorenne morta dopo 24 ore dalla vaccinazione