Archivio mensile:dicembre 2014

GLI ALLEATI DI PUTIN

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La partita a scacchi eurasiatica è appena iniziata. Il rublo alle corde e la crisi in Ucraina hanno rimesso in moto il gioco delle alleanze e della geopolitica mondiale. Vladimir Putin deve rompere l’isolamento nel quale le sanzioni economiche lo hanno relegato e per ottenere dei risultati deve percorrere nuove strategie. In primis provare a convincere il francese François Hollande che la germanizzazione dell’eurozona non è la miglior soluzione per la Francia e la sua grandeur nucleare. Hollande conosce bene il Lebensraum, la ricerca ad est dello spazio vitale germanico, e la politica estera francese nel corso dei secoli per contenerlo e ostacolarlo.

Per questa ragione l’inquilino dell’Eliseo è sicuramente la sponda in Europa più sensibile a rompere l’isolamento di Mosca sul fronte delle sanzioni economiche e i suoi recenti viaggi in Kazakistan lo certificano, visto che il padre padrone di Astana, Nursultan Nazarbaev, è il più fedele alleato di Putin e quindi anche l’orecchio migliore per recapitare un messaggio al Cremlino. Più la Germania metterà la Francia sotto pressione per i suoi traballanti conti pubblici e più crescerà il malessere verso l’euro tra i cittadini francesi, più Hollande troverà conveniente costruire un canale privilegiato politico con Putin. Lo sblocco della consegna delle due navi da guerra già pagate da Mosca potrebbe segnare, già nelle prossime settimane, il punto di svolta.

Diversa la posizione cinese. Xi Jinping ha ottenuto da Putin un contratto storico di fornitura di gas per mettere in garanzia le esigenze energetiche del pil cinese sempre in crescita. La Cina non ha adottato sanzioni economiche dirette verso la Russia e quindi rientra nella partita solo indirettamente. Può comunque giocare un ruolo importante mettendo molta pressione sugli Usa per quanto attiene la geopolitica eurasiatica. E per farlo ha un’arma ben più efficace delle testate nucleari: la vendita dei tanti miliardi di T-Bill, i titoli di stato americani, accumulati nel corso degli ultimi anni. Infine il Brasile. Una potenza nucleare che dipende anch’essa molto dalle esportazioni.

Putin e Dilma Rousseff, presidente del Brasile, hanno già firmato un accordo che favorisce le vendite agroalimentari brasiliane in Russia, una mossa che serve a sostituire parte dei beni non più importati dall’Europa. La Rousseff, poi, da tempo spinge per veder riconosciuto un maggior ruolo nelle istituzioni internazionali ai Bric e non pare in alcun modo intimidita dalla crisi Ucraina. Non dispone di riserve valutarie per aiutare il rublo ma può giocare un ruolo importante nell’interscambio commerciale internazionale a vantaggio di Mosca.

Fin qui, il commento di Edoardo Narduzzi, imprenditore, saggista ed editorialista dei quotidiani del gruppo Class, uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi; ma l’Italia, sicuramente fra i paesi più colpiti dalle sanzioni e con le sue Forze Armate schierate ai confini della Russia sotto comando USA, pardon NATO, cosa fa o cosa farà, oltre alla visita di Prodi a Mosca? Lo diciamo con un’immagine

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Orizzonte48 di LUCIANO BARRA CARACCIOLO

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LA GABBIA: “…CIO’ CHE GLI UOMINI DEBBANO CREDERE E PER CUI SI DEBBANO AFFANNARE”

Allora, per cominciare, vorrei ricordare la “natura” del potere che ci troviamo a “fronteggiare”. Per farlo, e per sviluppare il discorso di questo post, attingeremo al vasto materiale che risale ai contributi di altri “autori” e dei commentatori che animano questo blog. Che, quanto a “livello” del dibattito, non credo sia secondo a nessuno. Allora, dicevamo, cominciamo con la “natura” di questo potere, citando un passaggio di Ktrchrds che mi ha molto aiutato in una nota “querelle” (peraltro molto utile per chiarire, credo, in modo definitivo, un aspetto “fondante” della situazione €uromostruosa): «Il controllo economico non è il semplice controllo di un settore della vita umana che possa essere separato dal resto; è il controllo dei mezzi per tutti i nostri fini. E chiunque abbia il controllo dei mezzi deve anche determinare quali fini debbano essere alimentati, quali valori vadano stimati […] in breve, ciò che gli uomini debbano credere e ciò per cui debbano affannarsi». (F. von Hayek da “Verso la schiavitù”, 1944). Cerchiamo di sviluppare questo concetto nelle sue ricadute pratiche, che poi, nel mondo socio-economico, sono un “programma politico”. Lo sintetizziamo come proposizione fenomenologicamente “essenziale”: “I fini del controllo economico, cioè della “grande società” governata dal mercato, (possibilmente, secondo von Hayek, “globale”), implica il controllo dei mezzi necessari per tutti i fini che il “mercato” intende perseguire: cioè, di tutti i mezzi che consentono di determinare “ciò che gli uomini debbono credere e ciò per cui debbono affannarsi”. Siccome questi “fini” (abolizione della “demarchia”, cioè della disfuzionalità dei processi democratici rispetto all’efficienza “naturale” del mercato, con riduzione dello Stato al “minimo”), implicano dei “valori” centrali, questi ultimi, come proiezione “etica” e, al tempo stesso, socialmente dissimulata per non far percepire direttamente alle masse i fini stessi – in quanto concepiti e funzionali ai soli interessi dei proprietari-produttori, necessariamente al sommo dell’auspicata società gerarchizzata-, sono riassumibili in concetti (dogmi a radice antropologico-naturalistica, secondo Hayek), che si impongano in via normativa. Cioè come regole di un super-diritto, che Hayek stesso identifica nella “Legge”, in contrapposizione alla meno importante e costantemente monitorata, nella sua conformità ai valori (e ai fini), “legislazione”, produzione normativa statale da assoggettare alla forza della Legge stessa. Per ritrovare questi valori in un contesto supernormativo, capace di imporsi come “Legge”, superiore per definizione alla legislazione espressiva della sovranità statale, da depotenziare e “disperdere” in un contesto tanto sovranazionale quanto debba esserlo la “Grande società” del mercato, è, ormai, agevole, ricorrere al più grande esempio storico e concreto, di programmatica dispersione della sovranità (democratica) mai sperimentato dall’Umanità: il trattato UE. In esso, sempre fenomenologicamente, possiamo ritrovare due valori fondanti: la “forte competizione” del mercato “unificato” e la “stabilità dei prezzi”. Da queste premesse “valoriali” – e come l’inflazione e la inefficiente scarsità di concorrenza siano oggi circondate da un giudizio negativo universalizzato, nela “pubblica opinione”, e portato sul piano “etico”, non credo debba essere dimostrato-, è possibile derivare ogni altra strategia e tattica posta in essere per affermare i “fini” sopraindicati. E quindi comprendere anche come i “mezzi” siano controllati per diffondere contenuti informativi che inondino, in ogni dimensione della vita sociale, le convinzioni per cui gli esseri umani si debbano affannare: ogni convinzione “politica”, ma, inevitabilmente, in questa programmata visione totalitaria del controllo (economico) sulle spinte all’agire umano, “culturale” è, in una misura sempre più intensa, piegata ai suddetti “valori”. Ciò rende assolutamente indispensabile un’opera totalitaria di controllo dei mezzi dell’informazione e il costante e sostenuto effetto di consolidamento di convinzioni che non possano deviare dai valori e fini perseguiti. Questa operazione di controllo-condizionamento culturale, a cui non si sottrae perciò nessuna voce e nessuna “idea” che possa comparire sul palcoscenico mediatico (quand’anche si parlasse di letteratura, di gastronomia, di cinema o di archeologia, o, persino, di sport), presuppone una previa “destrutturazione” di tutto ciò che sia incompatibile con i valori di “forte competizione” e “stabilità dei prezzi”. Questa fase è attuata attraverso la riprogettazione “tecnica” della pubblica istruzione. Dove per “tecnica”, si intende la sua ridefinizione alla stregua di complesse proposizioni di natura pubblico-contabile, predicando un “quadro finanziario” offerto come migliorativo delle condizioni sociali (genericamente intese e mai connesse a concrete situazioni esistenziali dei cittadini inseriti nelle società costituizionali democratiche): questo è il caso dell’enorme valore culturale, acriticamente annesso alla formulazione tecnica dei parametri di Maastricht. O alla dottrina delle “banche centrali indipendenti”. Non percepiti nel loro significato concreto da centinaia di milioni di cittadini interessati, questi strumenti si sono imposti come presupposti, rapidamente divenuti intangibili, della stessa operazione preliminare di destrutturazione della istruzione e formazione affidata allo Stato. In questo post, Sofia, analizzato il quadro dei tagli alla pubblica istruzione legislativamente apportati nel quadro finanziario seguente a Maastricht, ci illustra le “teorie di Habermas, Dewey ed Heller i quali partivano proprio dall’evidenza che è l’ignoranza la causa della inefficacia dell’opinione pubblica nella sua essenziale funzione di controllo democratico sull’operato dei governi. Dewey sosteneva che mediante l’educazione si può promuovere e sviluppare una intelligenza sociale (non l’intelligenza come possesso individuale, quindi), la capacità di confronto, di discussione, di proposta, capace di dirigere il cambiamento. Questa opinione pubblica illuminata va costruita e ci vuole, quindi, un impegno educativo continuativo. Perché al problema dell’istruzione se ne aggiungono altri, che comunque non sono altro che una ulteriore e diretta conseguenza della mancanza di istruzione stessa. Ad esempio manca lo spazio pubblico di discussione sui problemi generali (non solo nelle scuole, quindi), perché l’opinione pubblica é diventata (anch’essa) una finzione giuridica, una facciata del tutto formale di legittimazione di poteri di fatto oligarchici e sempre più autorefenziali, con i quali, quindi, è difficile pensare di partecipare e fornire competenza, conoscenza, metodo. Fuori dal quadro istituzionale politico, l’opinione pubblica si trasforma nell’opinione di massa e ciò che si pensa in questi ambiti é irrilevante politicamente o non ha incidenza politica proprio perché è la realtà di opinioni che non sono frutto di riflessione e discussione”. Neutralizzata progressivamente, ma inesorabilmente, la funzione pubblica e statale di porre le premesse minime per l’esistenza di una pubblica opinione “attiva” e “consapevole” – certamente un’aspirazione solo in parte realizzabile, forse utopica, ma comunque programmaticamente contenuta nella nostra Costituzione- si apre la via del processo circolare, in cui la formulazione di idee e linguaggio diviene prerogativa del sistema mediatico senza più controbilanciamenti critici collettivi, in ogni sua possibile forma. Ma, in cui, anche, ed è in ciò la “circolarità viziosa”, gli stessi linguaggio ed idee appaiono offerti come “rilevazione” della pubblica opinione. Da qui la forza “stabilizzatrice” delle oligarchie di programmi televisivi come Ballarò, in cui ogni proposizione funzionale all’oligarchia viene puntualmente confermata da sondaggi e pseudo-test in cui le opzioni espresse dagli “interrogati” sono lo scontato riflesso del preventivo dispiegamento del pensiero mediatico del “cartello” che lo programma accuratamente. In questo altro post, sempre Sofia, parlando del fenomeno di controllo mediatico monopolistico-oligopolistico- ma, nella sfera dei fini-valori condivisi in apice, UN CARTELLO- ci aveva radiografato lo stato delle cose dell’informazione di ogni tipo, compresa quella prevalente sul web: “. Il sistema, è ormai cosa nota, gestisce l’informazione ma anche, in modi indiretti e spesso occultati, la stessa contro-informazione: per cui, il prodotto che giunge al cittadino medio è la disinformazione, cioè la famosa “verità ufficiale”, più efficacemente divulgata se contenente, al suo interno, un’apparente dialettica di versioni “opposte”, provenienti però dalla stessa indistinta “fonte di divulgazione”. Alla lunga, questo perverso meccanismo, produce anemia intellettuale, passività e pigrizia inconscia. La maggioranza dei cittadini finisce per perdere così quella capacità di analisi critica nel leggere le notizie e, quindi, farsi un’opinione personale dei fatti e degli eventi di cui viene a conoscenza. Lo scopo del sistema al potere è quello di impedire l’accesso dei cittadini alle notizie oggettive e, al loro posto, offrire un complesso sistema informativo apparentemente pluralista ma sostanzialmente monolitico. L’informazione per il consumo di massa dirige tutto il sistema e le fonti di notizie “ufficiali” sono vitali all’interno di questo processo informativo globale. In questo contesto, la stessa libertà di informazione è in serio pericolo anche perché i media a larga a diffusione appartengono a pochi grandi gruppi di imprese, che tentano di mantenere ed estendere il controllo su gran parte delle fonti ufficiali di informazione. La posizione politico-economica di questi stessi gruppi dipende, a sua volta, sempre più, da contenuti prestabiliti e notizie preconfezionate (conflitto di interesse). Si crea così un rapporto simbiotico tra chi diffonde le notizie e chi le fornisce. Gli oligarchi al potere ricercano a tutti i costi il consenso e lo fanno anche attraverso l’eliminazione delle voci libere e il consolidamento della proprietà dell’informazione nelle mani di pochi gruppi dominanti. Il luogo comune che ha sempre accompagnato la nascita e la diffusione di Internet come canale di diffusione e propagazione dell’informazione è la sua intrinseca capacità di garantire una maggiore libertà di espressione. Web, blog, twitter, i contenuti viaggiano senza che nessuno possa realmente impedire che le voci vengano censurate. Ma la verità è che Internet diventa un grande normalizzatore di stili di vita ed è il più grande strumento per colonizzare il pensiero di una moltitudine di persone che risiedono nei luoghi più diversi del pianeta. Internet diviene infatti il “luogo” di legittimazione di una nuova “ufficialità”, solo in apparenza estranea ai sistemi di formazione del dato-notizia propri dei media tradizionali In ogni momento di discontinuità tecnologica che ha accompagnato l’evoluzione dei media si è sempre determinato un ordine di potere economico più ampio del precedente. I padroni dell’industria mediatica sono oggi dei colossi che un tempo nessuno immaginava potessero esistere. Se da una parte i costi di accesso a internet rendono possibile a singoli e piccoli gruppi di portare la propria voce sulla rete è altresì vero che i capitali che possono garantire l’esercizio di un vero impero mediatico sono alla portata di pochissimi gruppi i quali tendono ad avere interessi plurimi in quella che è oggi diventata la comunicazione convergente video-dati-voce, declinata attraverso il controllo di più media, Internet-TV-Giornali.” Rimontiamo organicamente il discorso con quanto ulteriormente detto nel primo dei post di Sofia qui citati: “La formazione dell’opinione pubblica nel bar, nella strada, nella piazza, o anche nei meet-up telematici o nei social network, anziché all’interno di un sistema di istruzione e formazione pubblica, vincolato alla imparzialità (art.97 Cost.) ed alla libertà (art.33 Cost.) sancite dalla Costituzione (art.97 Cost.), ha maggiori probabilità di portare a questo: a opinioni informali, luoghi comuni indiscussi, espressione di una cultura inconsciamente condivisa e frutto di un processo di apprendimento passivamente riassunto in slogan, totalmente privo di autonoma riflessione razionale, basata cioè sulla diretta capacità di conoscere e valutare i fatti assunti nella loro effettiva rilevanza: un processo, come tale, artificiale, che dipende dai gruppi di cui si é parte, dalla staticità del loro livello di formazione-informazione, con opinioni formulate in serie, e corollari incapaci di evolvere i postulati, data la chiusura, abilmente indotta dal sistema mediatico, alla inoculazione di nuove informazioni che alterino il rassicurante quadro semplificato che li ispira.” E’ chiaro adesso perchè, in una contrapposizione solo apparente (gestione di informazione e, pretesa, “controinformazione”, cioè nulla più che un prodotto artificialmente differenziato, immesso sul mercato dallo stesso “cartello”), si possa dibattere su Berlusconi sì o no, debitopubblicobrutto come causa della crisi e di taglio delle tasse da finanziare con tagli alla spesa, senza essere presi a pernacchie a furor di popolo? In fondo, si tratta di una “gabbia”. E non hanno intenzione di aprirla. Ma, in realtà, il controllo dei mezzi e l’obiettivo totalizzante di determinare ciò che “gli uomini debbano credere e ciò per cui debbano affannarsi”, sta raggiungendo il suo livello ottimale e “finale”: quand’anche la gabbia fosse aperta, nessuno penserebbe VERAMENTE di uscirne per tornare alla “vita libera” e nemmeno avrebbe la forza di concepirla. Al più, si riunirebbero in un’altra forma di cattività (una “gabbia” con annesso cortile per l’ora d’aria), sempre delimitata dai “controllori”. Ironia della sorte: è accaduto in Austria e uno degli scimpanzè di chiamava “Fred”, Frederick.

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LA CRISI DEI DIRITTI UMANI

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In che mondo viviamo? Si sente parlare solo di economia, di ladri e di corrotti, di infanticidi, di stupri, di guerre e di terrorismo. I media, tutti o praticamente tutti, prezzolati, non la smettono più. L’Italia, la Patria nostra è invasa, posseduta da poteri, più o meno, occulti e dai corrotti .Le istituzioni sono delegittimate e la Politica internazionale e quella europea obbediscono alle multinazionali e al cinismo: quella interna vale meno dei mercati delle vacche. I terroristi sono, come non mai, la lunga mano dei poteri forti, oggi, dei mercanti del denaro e spuntano dappertutto. Quelli di Boko Haram in Nigeria sequestrano, uccidono, stuprano le ragazzine, costringono alla conversione, massacrano, demoliscono scuole, impongono il loro credo fanatico, portano l’islamismo jihadista all’apice vertiginoso dell’efferatezza. E sanno di farla franca. Sanno che non ci sarà nessun impegno internazionale a fermare le loro stragi. Anche le campagne di opinione mondiali per salvare le donne che stanno torturando non hanno sortito alcun effetto significativo. I carnefici sanno di poter contare sulle dimenticanze del mondo. Sono passati pochissimi giorni dall’eccidio islamista di Peshawar e già il mondo si è voltato da un’altra parte. Figurarsi se conoscono altro linguaggio che non sia quello militare della dissuasione internazionale. Figurarsi: sanno che nessuno si muoverà, e che la difesa delle persone schiacciate e umiliate, le campagne per i diritti fondamentali calpestati in porzioni immense del mondo, tutto questo è oramai un’arma spuntata, una battaglia spenta. I violenti, i prevaricatori, gli intolleranti, i guerrieri della sopraffazione sanno che possono averla vinta, perché l’opinione pubblica delle nostre democrazie per prima è stanca, disillusa, impaurita, prigioniera della sua impotenza. Non ci sono le Nazioni Unite, da sempre invischiate nei veti, piene di Paesi che fanno strage dei diritti umani ma che hanno nell’Onu una vetrina, un mercato di favori e una tribuna per tutti i dittatori e i satrapi che si oppongono a ogni ingerenza umanitaria. Non c’è un Tribunale internazionale: un ente inutile, screditato, colpisce soltanto dittatori deposti, mai quelli al potere, mai quelli che possono fare ancora danni e che sono ancora pericolosi. Non c’è una diplomazia delle cancellerie, perché la ragione economica prevale su ogni altra considerazione. Nessuno interroga più la Cina sui dissidenti tenuti in carcere. Sui cani scuoiati vivi per la loro tavola. Il Dalai Lama oggi passa quasi inosservato e i dirigenti di Pechino non hanno nemmeno bisogno di impaurire i governi occidentali affinché non ricevano chi è il testimone dell’oppressione del Tibet: l’opinione pubblica ha altro a cui pensare. Dall’altra parte dell’Atlantico giungono, ormai, solo minacce. La pressione per l’approvazione del Trattato Transatlantico, il famigerato TTIP, non conosce limiti. L’ultima serata che vi abbiamo dedicato è stata intitolata “La lunga marcia delle multinazionali”. Se c’era qualche perplessità sulla violazione sistematica dei diritti umani da parte della polizia americana, l’argomento del realismo politico lo ha affossato. Ferguson bruciava, ma i media di casa nostra glissavano. Dall’Est, venti di guerra e resurrezione di fantasmi dal passato. I nazisti governano in Ucraina, spinti e sostenuti dalla NATO, con un escalation della minaccia verso la Russia degna di un Hitler. Il tentativo di scacciare la Flotta Russa del Mediterraneo dalla sua base storica in Crimea; lo stretto controllo su ogni attività aerea russa nelle acque internazionali; il dispiegamento di truppe, aerei alla frontiera russa e, presto, di missili balistici a un minuto e mezzo di volo da Mosca. Il pericolo che il cretino di turno pigi il bottone sbagliato. E le sanzioni alla Russia e, di più, il dumping sui suoi prodotti petroliferi: cuore della programmazione economica di Putin. Ma non solo contro la Russia. Chi ancora paga per le sanzioni? Noi! l’Italia e l’Europa! Dove si combatterebbe la possibile guerra? – parole da non credere! – Sul continente europeo! Non è tutto dall’Est. Nel lugubre Kazakistan il dittatore kazako viola i diritti umani. Anche l’altro dittatore, il bielorusso Lukashenko, poco tempo fa, era un motivo di imbarazzo per gli interlocutori democratici. Invece, oggi, Romano Prodi può andare a incontrarlo con il sorriso senza che qualcuno possa sollevare anche un’ombra di disappunto. In Italia delle dittature nessuno parla più, troppo occupati dalle denunce ad orologio delle mafie locali. Ad orologio, perché straconosciute, ma solo oggi si devono dare in pasto all’opinione pubblica, per distrarla dal sovvertimento della Costituzione lavoristica e dalla cessione della sovranità nazionale; entrambe giunte alla fine di un percorso fatto di inganni, di silenzi e omissioni, di falsità, che ha visto fra i suoi principali attori Giuliano Amato, Massimo D’Alema, Romano Prodi, al quale ultimo, con la candidatura a Capo dello Stato, si vuole dare l’onore, rectius, il disonore di portarlo a compimento, grazie all’opera congiunta di Renzi, Draghi e Juncker. E’ ciò che sta avvenendo, con l’aumento dissennato e costante (direi voluto) del debito pubblico, da cui scaturirà la necessità di riportarlo dentro i parametri e la conseguente sua prossima cessione all’ERF, l’Equitalia europea. Cinque anni di tempo e i commissari inviati dall’ERF ci porteranno via qualsivoglia attività. Perché ciò avvenga, i cittadini non devono essere consapevoli. Lo Stato sovrano deve essere delegittimato: ed ecco, in pasto ai media, quattro ladroni, anzi quaranta, che se la caveranno, poi, con qualche briciola – a rendere – del maltolto, patteggiamenti o, addirittura, prescrizioni. Non c’è più spazio per la trama dei principi violati e per i loro diritti. Il popolo sembra ibernato. Non si impegna. Non si mobilita. È impotente. Due sottufficiali della Marina Militare, in armi, sono stati arrestati e sono detenuti in India da tre anni, senza che sia stato formulato un capo d’accusa da cui difendersi; ma senza più tutti gli elementi di prova. Soprattutto, senza che noi si possa processarli e dichiararli colpevoli o innocenti. Ma è la delusione, attrice delle morti ucraine, curde, irachene, libiche, delle primavere arabe che oramai ha diffuso nel mondo la certezza che i diritti umani siano solo qualcosa di molesto, un fastidio da lasciare alle organizzazioni umanitarie. Anzi, meglio allearsi con i peggiori macellai della ragione pur di non darla vinta ai fondamentalisti armati per “errore”. E, dunque, silenzio con Assad, che ha mietuto decine di migliaia di vittime. E silenzio su Erdogan che fa le retate di giornalisti; che bombarda i curdi mentre stanno raccogliendo gli aiuti USA lanciati dal cielo. Silenzio, perché potrebbe essere un utile alleato. E, ancora, silenzio sulla repressione a Teheran e su una ragazza condannata solo perché ha assistito a una partita di volley, perché con l’Iran ora bisogna coalizzarsi. E, poi, silenzio con il Qatar e con l’Arabia Saudita anche se a Riad un cristiano trovato in possesso di un rosario viene condannato a morte. E, ancora, silenzio sulle giovanette indiane stuprate e, poi, impiccate pubblicamente perché, ormai, impure. Questo, mentre in Nigeria Boko Haram fa strage di «infedeli» e di bambine da violentare e mentre l’ISIS vende all’asta le giovani fatte schiave. E in questo silenzio totale, noi abbiamo ancora il tempo di denunciare la vanità delle campagne su Internet? Siamo stati sprofondati dai cowboys nella cultura del Far West. E questo, grazie anche alla Chiesa cattolica, che sembrava aver abdicato alla sua missione di portatrice e tutrice dei valori della Rivoluzione Cristiana. Una Chiesa che ha fatto “politica” in Italia, come dimostrano i fatti della Caritas e dell’Ordine francescano: fatti che danno il senso di quale impegno debba profondervi il Papa gesuita, Francesco non per caso. Ma noi, almeno, parliamo dei diritti umani, dei nostri diritti. Perché una scintilla di interesse accesa non può far male. Un piccolo antidoto alla narcosi generale sul tema dei diritti umani non può che essere il benvenuto. Almeno è qualcosa, che è meglio del silenzio complice, del realismo che camuffa la paura e l’impotenza. Non avrei voluto chiudere, così, questo anno di attività frenetica. Buon Natale, cari amici.

IL PD, LA COOP E LO SCANDALO FORTETO: DOVE SI STUPRAVANO I BAMBINI

IL PD, LA COOP E LO SCANDALO FORTETO: DOVE SI STUPRAVANO I BAMBINI

GENNAIO 20, 2013

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L’albo d’onore del Forteto è un florilegio di vip della sinistra. Piero Fassino e Livia Turco, Rosy Bindi e Susanna Camusso, Tina Anselmi e Riccardo Nencini.

I° PARTE:

fiesoli ed il forteto erano il fiore all’occhiello del pci e degli operatori sociali comunisti degli anni ’80-’90 nella città di prato

Il Forteto era e in parte è ancora, una “comune”- in realtà una sorta di lager – finanziata dalla Regione Toscana – dal ’97 al 2010 con oltre 1,2 milioni – dove si sperimentava omosessualità, pedofilia, zoofilia e tutto quello che poteva essere negazione dell’ordine naturale delle cose. Tutto in nome di un’anarchia morale, oggi esaltata dal pensiero libertino tanto caro ad una certa area politica e culturale che vede la famiglia come gabbia, i legami come un freno alla libertà individuale e quindi, lavora per lo scardinamento di valori che ritiene sorpassati, fondendo una sorta di cristianesimo comunitarista con l’ideologia da comune parigina.

Tutto questo è accaduto alle porte di Firenze negli ultimi trent’anni, coperto da quel sistema di potere per il quale non esistevano delinquenti, ma solo amici o nemici politici. E se eri un “amico politico”, allora, automaticamente, non potevi essere delinquente. E venivi finanziato, protetto e incensato.

E’ a causa di questa perversione ideologica che decine di ragazzi sono stati plagiati e ridotti a marionette di una setta “progressista”.

Tutto poteva essere bloccato sul nascere quando solo un anno dopo la fondazione della “comune”, un magistrato ne arrestò il fondatore, Roberto Fiesoli, per violenza sessuale. Non servì a nulla, il sistema di potere si mise in azione e questi venne scarcerato il 1° giugno 1979. Il giorno stesso della scarcerazione, il Tribunale dei Minori gli affidò – a lui accusato di stupro – un bambino con la sindrome di Down. Presidente del Tribunale dei Minori era Giampaolo Meucci, consulente del venerato sindaco di Firenze Giorgio La Pira e grande ammiratore della Cina maoista.
Fiesoli e Goffredi sarebbero poi stati condannati definitivamente nel 1985, per diversi capi d’imputazione fra cui corruzione di minorenne e sottrazione consensuale di minore, questo «dopo aver scardinato, ricorrendo a forme di convincimento ossessive, aggressive e umilianti, ogni preesistente valore e le figure parentali, in modo da renderli del tutto dipendenti da loro, costretti ad accettare e a praticare il regime di vita da loro imposto e caratterizzato da promiscuità assoluta tra persone della stesso sesso, pratica dell’omosessualità, messa a disposizione della cooperativa di ogni risorsa». Ma incredibilmente, anche dopo la condanna, in quella fattoria finirono 58 minori. Perché Meucci ritenne che l’arresto e la condanna fossero in realtà una macchinazione architettata dai “fascisti”, e dunque continuò a considerare il Forteto una comunità «accogliente e idonea». Dichiara oggi l’ex funzionario Asl Marino Marunti: «Ci fu una presa di posizione di una certa parte culturale di Firenze che cominciò a dire: sì, la sentenza c’è stata, però è stato un errore perché ci sono state malelingue…». Malelinque fasciste of course.

CHI E’ IL FONDATORE DEL FORTETO? – Il suo nome è Rodolfo Fiesoli, 72 anni. Nuovamente arrestato il 20 dicembre del 2011 – si, era tornato libero – per presunti atti di pedofilia e zoofilia commessi all’interno della cooperativa agricola che ha legami con la Coop Toscana, fondata nel 1977 da lui e da Luigi Goffredi con una trentina di giovani frequentatori di una parrocchia pratese.
E alla comunità in cui il Profeta – così si fa chiamare Fiesoli – rappresentava il capo indiscusso, venivano anche affidati bambini e ragazzi, di quelli con un passato di disagio familiare e magari abusati sessualmente – formalmente, però, per aggirare la legislazione italiana, i magistrati ideologicamente schierati intestavano gli affidi a persone che nel Forteto vivevano, non alla struttura, incuranti e complici di quello che avveniva nella comune-lager che sarebbe stata l’orgoglio del marchese De Sade.

E secondo la commissione d’inchiesta che se ne occupa, il programma della comune finanziata dalla Regione Toscana era caratterizzato – fino al Dicembre 2011 – da «pratiche abusanti, l’abuso risulta essere la prassi», con «uomini e donne che vivono divisi: dormono, mangiano, lavorano separati anche se sposati» e «i rapporti eterosessuali chiaramente osteggiati» e «l’omosessualità non solo permessa ma incentivata, percorso obbligato verso quella che Fiesoli definiva “liberazione dalla materialità”». Sembra il programma del Pd.
L’obiettivo principale della setta finanziata dalla regione pare fosse “la distruzione della normalità”, e l’approdo ad una società distopica della confuzione sessuale. Basta leggere le testimonianze che raccontano gli abusi di Fiesoli sui ragazzini anche disabili e i rapporti sessuali imposti fra madri affidatarie e ragazzine a loro affidate e poi le stesse femmine adolescenti obbligate ad avere fra loro rapporti omosessuali, e affiancarle a un altro libro sul Forteto uscito sempre per il Mulino.
C’è anche la negazione dei rapporti di sangue, a favore di non-legami artificiosi – una sorte di Ius Soli familiare – con la vicenda della madre che allontana il figlio naturale nato quando lei era già in comunità, dal vero padre e il riconoscimento della paternità da parte del figlio di Fiesoli («Ho regalato mio figlio a una persona che non era suo padre»),

Racconti agghiaccianti – E ora ci sono le testimonianze a raccontare un «contesto scandito da lavoro, scuola, abusi, paura. Giorno dopo giorno i ragazzi vengono plagiati», con tanto di “confessioni” pubbliche di pensieri ritenuti sconvenienti, oltretutto rieducati a disprezzare i genitori biologici – e quelli affidatari in realtà lo erano solo formalmente. Il tutto all’interno di un ambiente in cui «qualunque comportamento, qualunque gesto, tutto viene ricondotto al sesso, alle fantasie sessuali», con i «minori che spesso divenivano o continuavano a essere prede». E ciò «col consenso non solo collettivo, ma anche dei genitori affidatari». Di più: si racconta di «abusi sessuali sui ragazzi da parte dei genitori affidatari, siano essi uomini o donne, e di un atteggiamento compiacente nei confronti delle “strane” attenzioni del Fiesoli su ragazzi». Ed erano proprio i genitori affidatari a introdurre gli adolescenti nella stanza del Profeta, e se preso dall’imbarazzo il ragazzino veniva rimproverato, «…ma lasciati andare! Rodolfo fa così con tutti, è normale, ti leva questa materialità!».

Anche dopo la condanna del 1985: è del 1999 il primo libro sul Forteto edito dalle prestigiose edizioni del Mulino, “Universo simbolico, ethos, areté e regole di relazione nel mondo del Forteto». E la rivista letteraria “Testimonianza” a pubblicare nel 2001 l’articolo “Le libere donne del Forteto”. E nel 2003 il secondo libro del Mulino, “La strada stretta. Storia del Forteto”.

PDFORTETOLa senatrice Franco con foulard

MA CHI ERANO I PROTETTORI? Nel febbraio 2010 il gruppo Pd al Senato presentava il libro dello stesso Fiesoli, «Una scuola per l’integrazione». E viste le attuali idee bersaniane dell’ora di omosessualità a scuola, non è da escludere che sia proprio il Fiesoli l’ideologo morale di questa iniziativa e il prossimo ministro dell’istruzione dopo averlo “amnistiato”. E chi organizzò quell’evento? La senatrice Vittoria Franco, quella tanto preoccupata per il “non fenomeno” del “femminicidio”.
E – parole della commissione d’inchiesta – dal Forteto sono passati Piero Fassino, Susanna Camusso, Rosi Bindi, Livia Turco, Antonio Di Pietro (che andò a parlare di pedofilia), Tina Anselmi, e poi giudici minorili, avvocati, medici. E la Carovana della Pace guidata da Alex Zanotelli – l’amico degli immigrati – che andò in visita nella struttura definendola il luogo dove «più famiglie alla luce del Vangelo vivono controcorrente». Si, forse il Vangelo secondo Zanotelli.
Ora la Regione Toscana si costituirà parte civile nel processo contro il “mostro democratico”, ma è tardi, dovevano pensarci trent’anni fa. O almeno, un paio d’anni fa.
E il presidente di Legacoop Toscana, a cui il Forteto è associata, si preoccupa dei suoi affari e del suo business, puntualizzando che «è giusto fare luce sui reati, ma bisogna difendere l’azienda agricola».
Naturalmente tutti gli amici del Fiesoli e della sua setta vorrebbero che questa storia fosse dimenticata, faremo in modo che se ne parli. Il Forteto è solo in nuce quello molti vorrebbero divenisse un “esperimento globale”: omosessualità come norma. E la normalità degradata a ribellione.

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Rodolfo Fiesoli, classe 1941

NOTA 1. :- Rodolfo Fiesoli e’ da questa mattina nel carcere fiorentino di Sollicciano e gli inquirenti hanno perquisito la sua abitazione. Secondo chi lo accusa, sarebbero sette le denunce e una ventina le testimonianze gia’ raccolte, il fondatore di quella che e’ spesso citata come una delle comunita’ modello per il recupero dei minori, in realta’ oltre agli abusi sessuali utilizzava ”metodi educativi coercitivi”. Per punizione, oltre ad essere picchiati, alcuni ragazzi sarebbero stati chiusi per ore nelle celle frigorifere. Anche tra alcuni adulti il settantenne avrebbe predicato l’omosessualita’: all’interno vigeva la separazione tra ragazzi e ragazze e ai coniugi veniva chiesto di non aver rapporti sessuali. I fedelissimi di Fiesoli avrebbero detto che ”i ragazzi rifiorivano”, mentre stamani lui avrebbe ribadito di ”aver sempre fatto del bene all’umanita”’. Secondo quanto si e’ appreso, nelle denunce si parlerebbe di riunioni serali obbligatorie durante le quali ”veniva fatto un lavaggio del cervello anche per far ammettere eventuali innamoramenti tra gli stessi ragazzi”. Qualcuno l’avrebbe paragonato a una ‘setta’.

Fiesoli avrebbe approfittato di quelli che dimostravano di avere una personalita’ piu’ debole, sempre secondo chi lo accusa, che venivano indotti al ”distacco totale dalle famiglie”

NOTA 2. : – .Firenze, 23 dicembre 2011 –  Per Rodolfo Fiesoli, il fondatore della comunita’ per giovani disagiati ‘Il Forteto’ nel Mugello, arrestato per violenza sessuale e maltrattamenti, scattano gli arresti domiciliari. Niente piu’ carcere, dunque. Lo ha deciso dal gip di Firenze Paola Belsito nel pomeriggio, modificando la misura cautelare per l’uomo. Fiesoli stara’ agli arresti domiciliari in una sua casa a Rosignano (Livorno). Finora, dal momento dell’arresto, che risale al 20 dicembre scorso, Fiesoli e’ rimasto recluso in una sezione protetta del carcere di
Sollicciano (Firenze).

II° PARTE:

LE PROTEZIONI IN PARLAMENTO E IL RUOLO DI PISAPIA

GENNAIO 23, 2013 un inquietante sistema di connivenze e intrecci tra politica, magistratura e inquirenti. Spuntano agendine, numeri di politici, protezioni politiche e interventi di sindacalisti e cooperanti. Un intreccio mafioso di potere. Se Fiesoli è sotto processo, perché non lo sono i suoi protettori?

Dice don Stefano – ex amico del “profeta”, che Fiesoli «è un uomo affascinante e potente, consapevole del proprio carisma», capace «di percepire nelle persone i loro punti deboli», un uomo che gode di «rapporti con personaggi politici».

Gli atti dell’inchiesta raccontano scene di sesso (estorto con la forza fisica o con la crudeltà psicologica), punizioni corporali, «stupri psicologici» di fronte agli altri (negli anni Novanta si ricorda il figlio di un magistrato che fu fatto mangiare a 4 zampe da una ciotola come fosse un cane: così raccontano due vittime).
E parlano di controlli inesistenti dei servizi sociali. Perché questo? Per gli stretti legami che univano il Forteto alla gang politica al potere in Toscana.
Un’informativa della polizia, datata marzo 2011, conferma l’esistenza di questi intrecci politici con chi doveva controllare e non ha controllato: «Fiesoli creava le famiglie a suo piacimento. I nuovi arrivati vengono affidati legalmente dal Tribunale a una coppia di genitori ma non è detto che siano poi cresciuti ed educati dalle persone a cui sono stati legalmente affidati. I servizi sociali, negli ultimi anni, si sono fidati dei soci del Forteto e anche se ogni tanto si presentavano in loco a fare delle visite non effettuavano dei veri e propri controlli. C’era spesso Fiesoli ad accoglierli e trascorreva tutto il tempo con loro». L’11 febbraio scorso è però un assistente sociale (il cui nominativo, a differenza di altri, non risulta nell’agendina telefonica sequestrata al Fiesoli) ad avvisare i carabinieri di Vicchio: «Un minore mi ha parlato di rapporti omosessuali». Nel medesimo giorno i carabinieri vengono contattati dall’avvocato Coffari che sostiene di aver presentato i primi esposti contro Fiesoli.

C’è poi la storia di una famiglia che osò denunciare Fiesoli e la sua banda, e che mette in luce un inquietante sistema di connivenze e intrecci tra politica, magistratura e inquirenti: agli atti risulta l’esposto che i genitori fanno nel 2002 contro l’ex comandante della stazione di Vicchio accusato di non fare indagini sul Forteto e la coppia si ritrova indagata per calunnia dalla procura allora diretta da Ubaldo Nannucci. La cosa incredibile è che, perquisendo la sede del forteto, è stata trovata la copia dell’esposto che la coppia di coniugi aveva scritto contro Fiesoli e che era indirizzato al Comune di Santa Maria a Monte (Pisa), al prefetto di Pisa e al Tribunale dei Minori. Chi ha fornito – cosa gravissima – copia dell’esposto all’accusato? Il Prefetto? Improbabile. Il tribunale dei minori? Forse ( e poi capirete perché). Qualche politico del Comune di Santa Maria a Monte (Pisa)? Forse.
E non finisce qui, nella casa del Fiesoli è stata trovata anche la copia del verbale di una denuncia che una minorenne fece all’Ufficio Minori della Questura di Firenze l’11 gennaio 1997.

Nella «Fondazione Il Forteto» siedono diverse personalità. Nell’atto si legge che il comitato scientifico è stato nominato dal Cda della Fondazione Il Forteto il 9 settembre 1998 ed era allora composto tra l’altro dall’ex presidente del tribunale dei minori Gianfranco Casciano, dall’ex giudice minorile Antonio Di Matteo, dall’onorevole del Pd Eduardo Bruno, dal professore Giuliano Pisapia (oggi sindaco di Milano,che poi curerà il processo della Cassazione che condannò Fiesoli nel 1985), dall’ex pm Andrea Sodi, da Mariella Primiceri, allora a capo dell’Ufficio Minori della questura di Firenze. Nell’elenco figura anche Tina Anselmi. I nominativi appena elencati risultano nell’agendina di Fiesoli, che è stata sequestrata dai carabinieri. Di magistrati, tra cui Sodi, parlano alcune vittime nei verbali anche se l’ex pm ha spiegato di non aver mai dato informazioni a Fiesoli.

225px-Giuliano_Pisapia_in_Piazza_Scala_a_Milano,_27_giugno_2012Il professore Giuliano Pisapia (oggi sindaco di Milano)

Ci si domanda perché tali personalità non siano sotto indagine. Perché Pisapia facendo parte del Comitato scientifico dell’associazione, non è indagato come corresponsabile di quello che avveniva al Forteto? Cosa sapeva e ha taciuto?

GLI INTRECCI E LE PROTEZIONI POLITICHE IN PARLAMENTO – Scrive il Corriere Fiorentino che un riferimento all’onorevole Bruno viene trovato nelle carte sequestrate nella casa di Fiesoli: si tratta di una copia della lettera dell’ex onorevole indirizzata all’onorevole Scozzari (probabilmente Giuseppe Scozzari, eletto nell’allora Ppi). Bruno sollecita il collega a non dare credito a un’interrogazione parlamentare del 1999 contro il Forteto perché è «un compendio di falsità e di accuse infamanti nei confronti della Magistratura e della cooperativa il Forteto». Sempre in un verbale di una delle vittime si trova il nome di Di Pietro: il numero di telefono del fondatore dell’Idv risulta nell’agendina del Fiesoli e l’ex pm, che in quel momento sta correndo per vincere le elezioni nel Mugello contro Giuliano Ferrara, ha firmato la prefazione al libro «Il Forteto» scritto da Lucio Caselli. Nella richiesta di arresto la Procura parla di due realtà: quella «interna», dettagliata nei racconti delle presunte vittime, e quella «esterna» e pubblica. Una specie di doppio binario che, argomentano gli inquirenti, ha permesso di trovare credibilità istituzionale tanto che Fiesoli ha partecipato a Palazzo Vecchio all’evento TEDx lo scorso anno, e il suo intervento — registrazione compresa — è finito agli atti dell’inchiesta. Il giorno dopo l’arresto di Fiesoli, il 22 dicembre scorso, la polizia scrive «di essere stata contattata telefonicamente da (omissis, ndr) che riferiva che il presidente della cooperativa aveva contattato la Cgil invitando a riferire agli attuali lavoratori del Forteto che avevano presentato denuncia, che sarebbero stati licenziati».

Agendine, numeri di politici, protezioni politiche e interventi di sindacalisti e cooperanti. Un intreccio mafioso di potere. Se Fiesoli è sotto processo, perché non lo sono i suoi protettori?

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SE IL PEDOFILO BASTARDO E’ DEL PD, RIESCE ADDIRITTURA FAR CAMBIARE IL GIUDICE. NON CI CREDI? LEGGI QUESTA STORIA

Ora il “profeta” del Forteto fa cacciare il suo giudice

Incredibile decisione al processo contro Fiesoli per le violenze sui minori nella comunità del Mugello. Il presidente ricusato per avere usato “un tono incalzante” durante le udienze

Qual è il segreto della comunità del Forteto, delle sue protezioni, della sua abilità nell’evitare i guai? Il fondatore, il «profeta» Rodolfo Fiesoli, fu condannato negli anni 80 per atti di libidine e maltrattamenti su minori affidatigli, eppure ha continuato indisturbato la sua attività.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato nel 2000 l’Italia per l’affidamento di due bambini con annesso risarcimento da 200 milioni di lire, ma il tribunale dei minori di Firenze ha continuato a inviare ragazzini alla comunità di «accoglienza» sul Mugello. Più di recente, il governo Renzi (in cui siede l’ex presidente di Legacoop) ha negato il commissariamento (richiesto dal precedente governo Letta) della annessa e omonima coop agricola.

L’altro giorno il Profeta ha messo a segno un altro colpaccio. Dall’ottobre scorso egli è sotto processo a Firenze con altre 23 persone per reati sessuali e maltrattamenti su minori, e le drammatiche testimonianze rese in questi mesi dalle vittime del Forteto ne stanno compromettendo la posizione: a Vicchio si predicava e si praticava l’omosessualità sui minorenni in affido per «liberarli dal male», e poi violenze, lavaggio del cervello, sfruttamento. Ora Fiesoli ha ottenuto la ricusazione del presidente del collegio giudicante, Marco Bouchard, chiesta da uno dei suoi legali, Lorenzo Zilletti.

La decisione è destinata ad allungare i tempi del processo e ad avvicinare pericolosamente i termini della prescrizione, che ha già ghigliottinato alcune denunce. Ma il fatto più sconcertante è che uno dei tre magistrati che ha deciso la ricusazione, Maria Cannizzaro, è stata presidente di quel tribunale dei minori fiorentino che spediva disinvoltamente i bambini al Forteto. Il giudice Cannizzaro è addirittura il consigliere relatore di questa ordinanza. Denuncia Stefano Mugnai, consigliere regionale di Forza Italia presidente della commissione d’inchiesta che ha portato alla luce gli orrori del Forteto: «Dai documenti ricevuti dalle vittime di questa vicenda, scoraggiate e umiliate dalla ricusazione, durante la sua attività presso il tribunale per i minorenni di Firenze il giudice Cannizzaro ha siglato lei stessa provvedimenti che hanno avuto come esito l’affidamento di minori» a Fiesoli e compagni. Mugnai ricorda che «il tribunale di Genova avrebbe aperto un fascicolo sull’operato dei giudici minorili fiorentini che hanno continuato imperterriti ad affidare bambini al Forteto malgrado due sentenze passate in giudicato. Da parte delle istituzioni l’ennesimo tradimento alle vittime e uno schiaffo alla verità processuale. Sono indignato».

E qual è stato il grave comportamento che ha svelato la «posizione preconcetta» del giudice Bouchard verso il Forteto? La sua colpa è di avere usato l’indicativo al posto del condizionale nel porre le domande a due imputati. Nella motivazione si eccepisce che Bouchard abbia usato uno «stile colloquiale», un «tono incalzante e assertivo e a tratti insofferente» e che «le contestazioni non sono espresse in forma dubitativa».

«La ricusazione è un fatto mai avvenuto prima a Firenze – dice il consigliere regionale Maria Luisa Chincarini (Centro democratico) -. Persino Berlusconi è mai riuscito a ottenerla in uno dei suoi processi. Sembra proprio che si voglia far di tutto per lasciar sole le vittime di abusi che con tanto coraggio hanno avuto la forza di denunciare quanto subito in decenni di sevizie e malversazioni. Sembra l’ennesima dimostrazione che c’è davvero qualcosa di grosso dietro la vicenda del Forteto». Di segnale «gravissimo e preoccupante» parla anche il consigliere regionale Pd Paolo Bambagioni: «Vedo la precisa volontà di proteggere in qualche modo il sistema Forteto e non andare al cuore delle responsabilità dei crimini perpetrati per anni ai danni di innocenti bambini».

SENATO DELLA REPUBBLICA

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Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-00543

Atto n. 4-00543

Pubblicato il 11 luglio 2013, nella seduta n. 64

BOTTICI , TAVERNA , ENDRIZZI , FATTORI , BLUNDO , PEPE , GIROTTO , PAGLINI , GAETTI , MOLINARI , SCIBONA – Ai Ministri della giustizia, della salute, del lavoro e delle politiche sociali e dell’interno. –

Premesso che:

“il forteto” è una delle principali comunità toscane di recupero per minori disagiati;

la cooperativa agricola il Forteto, fondata nel 1977 nell’azienda agricola di Bovecchio, comune di Barberino di Mugello (Firenze), negli ultimi mesi è stata al centro di una vicenda giudiziaria per abusi sessuali e maltrattamenti anche su minori e bambini presi in affido, costretti a lavori durissimi, punizioni corporali per futili motivi, abusi sessuali ed incentivi all’omosessualità;

Rodolfo Fiesoli detto il “profeta” insieme al cofondatore Luigi Goffredi, si avvalevano di falsi titoli di studio come quello in Psicologia; nel 1985 furono processati e condannati ad una pena di reclusione per maltrattamenti aggravati ed atti di libidine nei confronti degli ospiti della comunità;

nonostante questi gravissimi capi di imputazione, nel 1997 Fiesoli risultava ancora a capo della comunità e, a parere degli interroganti fatto ancora più grave, il tribunale avrebbe continuato ad affidare minori alla struttura, se ne contano almeno 60 fino al 2009;

considerato che:

nel 1975 inizia l’esperienza della “comune del Forteto”. A rivestire il ruolo di leader è Rodolfo Fiesoli, coadiuvato da Luigi Goffredi, l’ideologo. Il progetto si caratterizza subito per la proposta fondata sull’abolizione della famiglia basata sull’unione stabile tra un uomo e una donna, in nome di un’idea totalizzante di comunità improntata alla pratica omosessuale;

“Il forteto” fu oggetto, alla fine degli anni ’70, di un’inchiesta penale in relazione ai suoi fondatori per supposti atti di zoofilia e pedofilia commessi all’interno della cooperativa;

il 30 novembre 1978 Rodolfo Fiesoli viene arrestato su richiesta del giudice Carlo Casini che aveva aperto un procedimento per abusi sessuali nel Forteto;

il 1° giugno 1979 Fiesoli lascia il carcere per tornare alla comune dove, lo stesso giorno, affidato dal tribunale dei minori, giunge il primo bambino down e il presidente del Tribunale, Giampaolo Meucci, grande amico di don Milani, afferma di non credere nell’indagine del giudice Casini e di ritenere Il forteto una comunità accogliente e idonea (fonte “l’Espresso” 20 gennaio 2013);

nel 1982 la cooperativa acquista una proprietà di circa 500 ettari a Dicomano (Firenze) e vi si trasferisce. L’azienda continuerà a prosperare per diventare oggi un’azienda con un fatturato da 18-20 milioni di euro all’anno, con circa 130 occupati;

nel 1985 viene emessa la sentenza di condanna per Lugi Goffredi e Rodolfo Fiesoli. Fiesoli viene condannato a due anni di reclusione per maltrattamenti nei confronti di una ragazza a lui affidata, atti di libidine violenta e corruzione di minorenne;

dalla sentenza emerge “istigazione da parte dei responsabili del Forteto alla rottura dei rapporti tra i bambini che erano loro affidati e i genitori biologici” e “una pratica diffusa di omosessualità”;

nel 1998 la Corte europea dei diritti dell’uomo riceve la richiesta di ricorso contro l’Italia, e in particolare contro l’operato del Tribunale dei minori di Firenze, da parte di due madri con doppia cittadinanza, italiana e belga, cui il Tribunale per i minorenni di Firenze aveva imposto di interrompere ogni relazione con i rispettivi figli, collocati presso la comunità Il forteto. Le donne, inoltre, denunciarono trattamenti violenti e inumani nei confronti dei minori, con una scolarizzazione pressoché inesistente;

il 13 luglio 2000 la Corte ha condannato l’Italia, per l’affidamento alla comunità dei due bambini, a pagare una multa di 200 milioni di lire come risarcimento dei danni morali; il 20 dicembre 2011 Rodolfo Fiesoli viene arrestato con l’accusa di atti di zoofilia e pedofilia commessi all’interno della cooperativa;

nella relazione finale della Commissione d’inchiesta sull’affidamento dei minori della Regione Toscana (15 gennaio 2013) vengono elencati i nominativi dei politici di livello locale e nazionale, nonché magistrati e professionisti, che, a vario titolo e con differenti modalità, sono passati presso la comunità del Forteto (si veda, in particolare, p. 44, capitolo 5.6, della relazione);

dalla relazione della Commissione, emerge inoltre che la Comunità ha ottenuto, dal 1997 al 2010, contributi per più di 1 milione e 200.000 euro;

in data 3 maggio 2013, l’europarlamentare Morganti ha chiesto tramite un’interrogazione l’intervento della Commissione europea sul caso Forteto “perché sembrerebbe che questa comunità degli orrori abbia ricevuto finanziamenti provenienti da Fondi europei, sia perché ci troviamo di fronte ad una palese violazione dei diritti dei minori previsti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue”;

il quotidiano “Il Giornale” del 16 maggio 2013, all’interno di un articolo dedicato alla comunità, riporta: «E l’omosessualità, la pedofilia, per bambini e bambine. Pratiche tollerate e incentivate: “Un percorso obbligato verso quella che veniva definita liberazione dalla materialità”, in cui “i minori diventavano prede e ciò avveniva non solo con il consenso collettivo, ma anche con quello dei genitori affidatari presenti in comunità”. È scritto nella relazione finale della Commissione d’inchiesta del consiglio regionale (presidente Stefano Mugnai, Pdl, vice Paolo Bambagioni, Pd) che ha fatto luce sul sistema di affidamento dei minori in Toscana»;

ha anche pubblicato le seguenti testimonianze: «Tre giorni dopo aver partorito, D.G. era già seduta a etichettare gli yogurt. M.G. ha perso un dito a 8 anni mentre chiudeva la sponda di un camion. F.B. a scuola veniva chiamato “il pecoraio” perché vi arrivava dopo la mungitura delle capre e ne portava l’odore. P.C., disabile psichico, era costretto a nutrirsi di “silomais”, cibo per ruminanti portato apposta dalla stalla: il ragazzo inghiottiva, vomitava e si doveva rimangiare il vomito. E poi le botte con zoccoli e mestoli: “Una volta a scuola non ci andai per tre giorni da quanto ero pesta – confessa M.C. – avevo i segni qua sul collo, poi la Elena mi truccò un pochino”; “Una mattina andai a portare il caffelatte a Rodolfo – racconta M.C. – e me lo ritrovai con la canottiera senza mutande. Fece per prendermi, mi dice vieni in collo a me, io sono l’uomo puro”; “A 15 anni e mezzo – è la testimonianza di E.F. – Rodolfo mi dette un bacio sulla guancia e lì lo accettai; successivamente, perché è stata graduale questa cosa, siamo passati al bacio a stampo e lì mi irrigidii un pochino, poi al bacio con la lingua e io stavo sempre zitto, non dicevo nulla, faceva tutto lui. Praticamente poi lui mi prese la mano e me la mise sul… però sopra i pantaloni”»;

ci sono anche molte testimonianze in rete, specie diffuse dal social network “Facebook” dove si legge: “Avevo circa 12 anni, mia madre naturale viveva là dentro ma completamente soggiogata dal gruppo. Mio padre naturale era stato scacciato 10 anni prima perché voleva avere rapporti anche sessuali con mia madre. Là dentro considerati un reato. Io soffrivo moltissimo e volevo raggiungere mio padre o mia zia; si accorsero che stavo prendendo questi contatti e mi rinchiusero a pane ed acqua in una camera per una settimana; potevo andare in bagno solo una volta al giorno, la sera. Mia madre non si oppose ma anzi diede il suo contributo a tutto ciò”; “Ricordo di quando ero bambino e x farmi affrontare la paura del buio la mia mamma affidataria mi portò nello scannafosso sotto alla lavanderia della villa, per poi lasciarmi lì da solo piangevo dalla paura e mi ricordo ke mi feci la pipi addosso…”; “Nessuno di noi ha mai detto a R.F. che non aveva diritto a separare le madri dai figli e glielo abbiamo lasciato fare liberamente e tantissime volte. Facevo parte di quell’ambiente quando lui intervenne sui diritti di una donna negandogli la possibilità di crescere il proprio figlio naturale e dando la responsabilità del bambino ad altre due persone. Convins… e questa madre peraltro laureata, facendola sentire sola e inadeguata, tutto questo col contributo di noi componenti la famiglia Forteto. Stando dentro al Forteto vedi le cose che capitano agli altri come spettatore passivo di un film, non serve suggerire, non puoi intervenire. È il burattinaio (R.F.) che fa da regista, ti fa affezionare al mascalzone e ti porta ad odiare il buono che a sua volta sopporta ogni vessazione senza reagire e via di scampo”,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti;

se non intendano adoperarsi presso le amministrazioni competenti affinché siano motivate le ragioni per cui la comunità Il forteto, anche a seguito della condanna di Fiesoli per abusi sessuali e maltrattamenti, abbia successivamente ottenuto i minori in affidamento e sino a quale data, quali siano le modalità con cui siano proseguiti i rapporti della Comunità con i servizi sociali e l’autorità giudiziaria per la gestione dei minori in affido e quali i controlli effettuati dal Tribunale dei minori e dai servizi sociali;

alla luce di quanto accaduto nella comunità, e di quanto potrebbe essere accaduto altrove o potrebbe nuovamente verificarsi anche sotto altre forme di violenze ed abusi, quali misure di competenza intendano adottare al fine di promuovere una maggiore attività di controllo e verifica delle comunità alloggio presenti sul territorio nazionale, di potenziare il sistema dei controlli sui soggetti responsabili dell’affidamento familiare e, laddove siano emerse responsabilità e negligenze dei servizi sociali, applicare gli opportuni provvedimenti sanzionatori.

I fatti nudi e crudi. A quanto pare Matteo Renzi invitandolo a Palazzo Vecchio in un’occasione pubblica ha legittimato come un esempio per l’educazione dei giovani, il pedofilo conclamato e notoriamente pluricondannato Rodolfo Fiesoli che ha massacrato numerosi bambini per decenni, addirittura finanziato dalla Regione Toscana con un milione e duecentomila euro. Un atto, semplicemente abominevole sul piano morale, e ancor più grave perché sponsorizzato in veste istituzionale di sindaco, da chi oggi fa il presidente del consiglio dei ministri, sia pure pro tempore.

MATTEO RENZI OSPITA IN UN CONVEGNO RODOLFO FIESOLI GIA’ CONDANNATO NEL 1985 PER PEDOFILIA E NEL 2000 PER MALTRATTAMENTI SUI BAMBINI. POI ARRESTATO PER ABUSI SUI MINORI NEL 2011 E ADESSO NUOVAMENTE SOTTO PROCESSO. FOTO DAL VIDEO.

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Quando si fa del male a un bambino, anzi a tanti bambini come nel caso della comunità “Il Forteto” addirittura per più di 30 anni sotto la benevolenza di certa magistratura (addirittura due presidenti di tribunali dei minorenni, e più di un pubblico ministero, come nel caso di Antonio Di Matteo, poi trasferito a Salerno), con l’ausilio di medici e assistenti sociali, e grazie alla protezione della casta politica governativa ai massimi livelli, le cicatrici restano per tutta la vita impresse nell’animo, e il tempo non le cancella.

Sono trascorsi poco più di due anni da quel convegno a Firenze (12 novembre 2011), andato in onda nel palazzo dei Cinquecento. E forse, il primo ministro Renzi accusa vistose amnesie, assolutamente ingiustificabili sul piano etico, in chi riveste – sia pure “fortuitamente” – un ruolo governativo di primo piano nell’ambito politico. Qualcuno, poi, in perfetto stile staliniano e tutta fretta, dopo l’ennesimo arresto di Rodolfo Fiesoli il 20 dicembre 2011 per “violenza sessuale”, ha misteriosamente fatto sparire dai siti istituzionali foto imbarazzanti e video compromettenti.

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Da Fassino a Pisapia, quei vip “affezionati”

Il sindaco di Milano è stato l’avvocato di Fiesoli ed entrò nel comitato scientifico

L’ex governatore Claudio Martini vi chiuse la vittoriosa campagna elettorale per le regionali del 2005 mentre Antonio Di Pietro, che nel novembre 1997 fu candidato nel Mugello contro Giuliano Ferrara nelle suppletive per il Senato, scrisse la prefazione al volume Fili e nodi di Rodolfo Fiesoli detto il Profeta che però Piero Tony, ex presidente del tribunale dei minori di Firenze ora procuratore della repubblica di Prato, chiama confidenzialmente «Foffino».
Padre Alex Zanotelli fece tappa nel 2003 con la sua Carovana della pace: pranzò al Forteto, dove «più famiglie alla luce del Vangelo vivono controcorrente attraverso il lavoro di diverse cooperative e la comunione dei beni». Ci sono foto dell’attuale governatore Enrico Rossi, dei sindaci della zona, dell’ex senatrice Vittoria Franco membro della Commissione parlamentare per l’infanzia, e della senatrice Anna Serafini, moglie di Fassino e nativa del Senese, ex presidente della Consulta per l’infanzia e responsabile dei Ds per le politiche minorili. Nel 2010 fu presentato al Senato il libro che raccontava l’azione della Fondazione in sei scuole del Mugello.
Il Forteto era il fiore all’occhiello della sinistra fiorentina. Ogni personaggio di riguardo vi veniva condotto a fare passerella. Ovviamente a loro erano mostrati soltanto gli allevamenti di razza chianina, il caseificio da cui esce un apprezzato pecorino, lo spaccio in cui si trova dal pane biologico alla birra artigianale. Tutti ignoranti? Nessuno sapeva che Fiesoli era stato arrestato nel 1979 e condannato in via definitiva nel 1985 (due anni di reclusione) assieme a Goffredi per maltrattamenti a una ragazza a lui affidata, atti di libidine violenta e corruzione di minorenne?
Sicuramente non era all’oscuro della situazione l’avvocato Giuliano Pisapia, oggi sindaco di Milano, che fece parte del collegio che patrocinò il Profeta in Cassazione. La difesa di Pisapia non evitò a Fiesoli e Goffredi la condanna definitiva. Il Forteto si aggiunge all’elenco di «indifendibili», come il terrorista turco Ocalan, ai quali l’avvocato milanese garantiva un diritto costituzionale alla difesa. Tuttavia con la comunità del Mugello il legame superò il semplice rapporto tra accusato e legale. Pisapia era convinto della bontà di ciò che avveniva nella villa degli orrori, tant’è vero che nel 1998 accettò di entrare nel comitato scientifico della Fondazione Forteto, nominato dal consiglio di amministrazione dell’ente. Con Pisapia facevano parte del comitato anche l’ex presidente del tribunale per i minori Gianfranco Casciano, l’ex giudice minorile Antonio Di Matteo, l’ex deputato (Rifondazione e Comunisti italiani) Eduardo Bruno, la scomparsa deputata Dc Tina Anselmi, l’ex pm Andrea Sodi, l’ex capo dell’Ufficio minori della questura di Firenze Mariella Primiceri.
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Anche Rosy Bindi, come Livia Turco e Tina Anselmi fa parte dei vip di sinistra ammiratori del Forteto

È stato l’avvocato di Fiesoli nel processo che lo condannò nell’85 e poi entrò nel Comitato scientifico

La moglie di Fassino è stata in visita a Forteto come responsabile politiche minorili degli allora Ds

I RIGURGITI DEL FASCISMO. GIULIETTO CHIESA FERMATO A TALLINN, «ESPULSO IN 48 ORE».

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La Farnesina chiede l’immediato rilascio

Invitato a partecipare ad un convegno a Tallinn e arrestato per essere espulso, probabilmente perché considerato «persona non gradita» dal potere estone. È accaduto al giornalista ed ex europarlamentare Giulietto Chiesa che, arrivato in Estonia in mattinata, ha concluso la sua giornata in un commissariato della capitale della piccola repubblica baltica ex sovietica, dove ha scoperto l’esistenza di un decreto di espulsione nei suoi confronti.

«È un fatto molto grave una violazione dei diritti politici» ha detto il suo avvocato Francesco Paola. «È molto grave che un fatto del genere sia avvenuto in Europa – ha sottolineato la moglie di Giulietto Chiesa, Fiammetta Cucurnia, giornalista a sua volta, che ha dato la notizia alla stampa – siamo nel cuore dell’Europa, per fare una cosa del genere ci deve essere un motivo».

L’unico motivo plausibile per giustificare un’espulsione, al momento, come ha spiegato l’avvocato è quello che Chiesa possa essere considerato una persona non grata. Ma le ragioni non sono state ancora chiarite. L’ambasciatore italiano a Tallin, secondo quanto riferito dalla moglie, è andato di persona nel commissariato nel quale è stato portato il giornalista. A colpire, anche le modalità dell’arresto: la polizia ha raggiunto Chiesa nel suo albergo, dove aveva fatto tappa, dopo essere intervenuto alla conferenza “La Russia è nemica dell’Europa?”, per prendere i bagagli e partire per Mosca.

La polizia, ha raccontato Cucurnia, ha comunicato a Chiesa che era in stato di arresto e sarebbe stato «espulso entro 48 ore». Quando il giornalista ha chiesto se avessero un mandato, si è sentito rispondere «no, potrà sapere qualcosa una volta arrivati al Commissariato». Strada facendo l’ex europarlamentare è venuto a sapere dagli agenti che nei suoi confronti esiste un mandato di espulsione al ministero degli Esteri estone.

«Il segretario generale della Farnesina, Michele Valensise ha convocato in serata l’ambasciatore di Estonia, Celia Kuningas, per chiedere urgenti chiarimenti sul fermo del giornalista ed ex parlamentare europeo Giulietto Chiesa, avvenuto oggi pomeriggio a Tallin. Valensise – si legge in un comunicato della Farnesina – ha espresso sorpresa e preoccupazione per il provvedimento delle autorità estoni e per le modalità di esecuzione. Valensise ha quindi sollecitato l’immediato rilascio del giornalista italiano. L’ambasciatore estone ha assicurato che la richiesta di Roma sarebbe stata prontamente trasmessa a Tallin con l’auspicio di una sollecita, positiva conclusione della vicenda».

Corrispondente prima dall’Urss e poi dalla Russia per vent’anni, firma dell’Unità e quindi della Stampa fino agli anni 2000, Chiesa ha sempre avuto una posizione piuttosto critica sulla politica occidentale sulla vicenda ucraina. Nel suo sito d’informazione online, nell’ultimo commento postato il 7 dicembre, commentando il discorso alla nazione di Putin ribadisce di ritenere che «la Russia non stia attaccando ma sia sotto attacco» e critica il modo in cui l’occidente la dipinge, «come uno stato canaglia che minaccia il resto del mondo».

Elementi di critica, nelle sue analisi recenti, non mancano in particolare nei confronti della Polonia e dei Paesi baltici: fra i più ostili verso Mosca e tra i più vicini agli Usa in seno alla Ue e alla Nato, di cui sono entrati a far parte fra la seconda metà degli anni ’90 e i primi dei 2000.

MISSIONI DI PACE IN ARMI. CHI VENDE E CHI MUORE.

L’ITALIA RIPUDIA..VA LA GUERRA, MA PARTECIPA A TUTTE.

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Cosa devo leggere su Twitter! Afghanistan: lettera di protesta di un militare italiano in missione
La lettera qui riportata è quella di un militare italiano in missione in Afghanistan, anonima e postata su un blog:«Sapete bene cosa vuol dire uscire di pattuglia e sperare che nessuno ti faccia saltare per aria con trappole esplosive, in quanto i mezzi in dotazione sono obsoleti e senza adeguate protezioni. Si tratta quindi di semplice fortuna poter rientrare alla base alla fine di ogni servizio esterno in quanto tutte le operazioni offensive vengono negate dai comandi! Se volevano dei “soldati di pace” avrebbero dovuto fare ricorso ai Boy Scout, non ai militari! Subiamo solo l’iniziativa del nemico e ne subiamo le spiacevoli conseguenze» (…) «Il materiale, le armi e l’equipaggiamento sono così inutili ed inefficienti che ogni soldato ricorre sempre all’acquisto in maniera autonoma di equipaggiamento straniero (soprattutto americano). Il paradosso è che quello acquistato dall’esercito italiano costa sempre il doppio o il triplo di un ottimo e funzionale sistema straniero. Qualche esempio? Il nuovo mezzo blindato comprato dall’Iveco costa 400.000 euro ma perde i pezzi e le protezioni per strada ed è sempre inefficiente. Mancano i pezzi di ricambio, ha spazi angusti, ed è inefficace. Gli inglesi ne hanno comprata una versione simile, ma in fase di prova è stata completamente modificata. E se invece avessimo preso l’Humvee statunitense? E’ un ottimo mezzo, affidabile, sicuro e con pezzi di ricambio inesauribili. O che dire delle blindo serie “puma”, mezzi obsoleti, di concezione vecchia di 25 anni. Un progetto degli anni ’80 ma acquistato solo ora» (…) «Lo sa che la task force dell’aeronautica ha delle limitazioni che non le permettono di operare a supporto delle truppe terrestri? Gli elicotteri presenti a Kabul (AB212) possono essere impiegati solo se a terra sono presenti truppe Isaf con personale specializzato EOD (artificieri) per bonificare l’eventuale zona di atterraggio! Questo è incredibile, vuol dire che possono volare solamente da una base all’altra! Ma cosa li hanno mandati a fare? Che tipo di contributo danno?». E conclude: «Ci dicono che sono missioni di pace ma laggiù i nostri alleati fanno la guerra, combattono e muoiono, noi Italiani siamo rinchiusi dentro le basi e usciamo di tanto in tanto … Ma che figura ci facciamo? Abbiamo una dignità anche noi, anche noi vogliamo fare il nostro lavoro, quello per cui lo stato ci paga e per cui spende i soldi per addestrarci. Siamo soldati». La lettera è datata 2oo7. E’una lettera che fa pensare, ai tanti militari morti in missione, e all’ ultimo lincidente”stradale” accaduto a Herat. La domanda è:in Afghanistan il contingente italiano sta combattendo una guerra essendo dotato di armamenti e di equipaggiamenti in grado di garantire la sua sicurezza si o no? Pare che dal lontano 2oo7 ad oggi, le cose infatti non siano poi tanto cambiate :”Siamo l’esercito meno pagato d’Europa e spendiamo dai mille ai duemila per l’equipaggiamento”. Uniformi alle quali spesso devono provvedere gli stessi militari:”Tutte acquistate di tasca nostra.Quelle in dotazione sono troppo leggere, si strappano subito.Poi ci sono gli stivali, se ne vuoi un paio adatti fanno 17o euro.Il compressore per pulire le armi ne costa 5o,e il gilet tattico, le magliette traspiranti, i pile:i militari fanno la fortuna di Decathlon”.Queste le parole dei militari italiani in missione in Afghanistan a dicembre nello scorso anno,tratte dal reportage di Paolo Giordano”Panettone all’inferno”. Pare proprio che le cose non siano cambiate. Un esperto americano ha affermato che l’Italia “dovrebbe più preocccuparsi per la sicurezza dei propri soldati che della sponsorizzazione del”made in Italy”negli armamenti. Ma allora che fine fanno i tanti soldi stanziati per la missione in Afghanistan?

Non sono sicuro al 100%, ma in Afghanistan mandammo addirittura i carri armati Ariete, che solo il costo del viaggio fa paura. Spero si tratti di un momento di sconforto e che le affermazioni lette siano smentite, anche se, personalmente, ricordo che al nostro seguito, in Kossovo, c’era un commerciante napoletano che gestiva il bar e vendeva articoli utili a completare l’equipaggiamento. Per piazzarsi meglio, riuscì, in mia assenza, a far traslocare la Sala operativa. Torneremo sull’argomento, ma l’aspetto che a me più interessa è “Perché dobbiamo partecipare a ogni avventura bellica degli alleati e nessuno di loro da una mano a recuperare i nostri MARO’?

LA FARSA DEL REFERENDUM SULL’EURO

Grillo inganna i suoi talebani, sapendo di ingannarli. Alle europee dovevano schierarsi contro l’euro, lui e quell’altro!

 

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venerdì 12 dicembre 2014

Il referendum che non c’è

Siamo in piena febbre referendaria.

Il Movimento 5 Stelle si è deciso e sta raccogliendo le firme per poter fare un referendum sull’uscita dall’euro, gli attivisti sono mobilitati e Grillo tuona contro gli scettici, come la Lega, ricordando che un referendum di indirizzo si può fare, perché si è già fatto nel 1989. quando fu chiesto al popolo italiano se avesse voluto che la Comunità Europea si trasformasse in un’Unione vera e propria, dotata di un Governo che rispondesse al Parlamento Europeo, dando quindi un mandato costituente a quest’ultimo.

Ha ragione Grillo? Purtroppo no.

Il referendum da lui citato fu introdotto con legge costituzionale 3 aprile 1989 n. 2 e constava di quattro articoli; all’art. 2 vi era il quesito vero e proprio, che riporto integralmente:

Art. 2.

  1. Il quesito da sottoporre al referendum e’ il seguente: “Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunita’ europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunita’?”.

Questa consultazione, del tutto anomala, dato che la nostra Costituzione non prevede la possibilità di indire un referendum di indirizzo, fu effettuata in via straordinaria e quindi non suscettibile di estensione analogica, perché in tutta Europa si stavano svolgendo consultazioni simili, al fine di capire se i popoli europei avessero voluto una vera e propria Costituzione europea. Poiché noi non avevamo uno strumento consultivo costituzionalmente previsto, come in Francia, Olanda ed Inghilterra, eccezionalmente fu introdotta con una deroga singola, la possibilità di interpellare i cittadini. Secondo molti giuristi, si trattò di un referendum ad oggetto impossibile a valenza meramente plebiscitaria, senza un vero potere di indirizzo, dato che si rivolgeva ad un organo non nazionale, come il Parlamento europeo.

Questa esperienza può essere ripetuta? La risposta è ancora no.

La fonte della legge in deroga del 1989, che ribadisco non ha introdotto nulla nel nostro ordinamento in via generale, era lo stesso Trattato di Roma, il quale prevedeva espressamente che l’eventuale previsione di un potere costituente fosse sottoposto a ratifica da parte di tutti gli Stati firmatari. Nei Paesi dove tale strumento era legislativamente previsto, tale ratifica sarebbe avvenuta con un referendum popolare, altrimenti sarebbe stato il Parlamento a ratificare, come in effetti è avvenuto in vari Paesi, come la Germania, la Spagna, L’Austria e la Grecia. Era quindi un trattato internazionale che fondava il diritto di procedere con uno strumento non ordinario, e fu in base a questa legittimazione ed al consenso unanime politico che la legge potè essere promulgata. In Italia il Trattato era già stato ratificato dal Parlamento a larghissima maggioranza (con esclusione di Rifondazione Comunista e della Lega che votarono contro) e quindi giuridicamente il consenso era già stato prestato, ma, per avere una legittimazione popolare, fu deciso di effettuare una consultazione dei cittadini, peraltro senza prima operare alcun tipo di informazione ed ancor meno di discussione del tema posto all’attenzione: il risultato fu un plebiscito emotivo a favore della delega costituzionale con l’88,1% di voti positivi.

Per potersi avere un nuovo referendum consultivo (che comunque non impegnerebbe in alcun modo il Governo) dovrebbe pertanto essere proposta una nuova legge costituzionale per una deroga ad hoc, questa volta senza legittimazione, neppure “morale” da parte di una fonte internazionale. A parte ciò, e le conseguenti resistenze giuridiche ad una legge siffatta, questa dovrebbe essere sottoposta al procedimento, previsto dall’art. 138 Cost, il quale prevede due distinte votazioni delle due Camere ripetute con un intervallo di almeno tre mesi fra l’una e l’altra, e la seconda con maggioranza qualificata; se nella seconda votazione non si raggiunge il voto favorevole dei 2/3 di ciascuna delle Camere, la legge può essere sottoposta a referendum confermativo, se richiesto da 1/5 dei membri di una Camera o 500.000 elettori o cinque Consigli regionali, e non è promulgata finché non raggiunge al referendum la maggioranza assoluta dei votanti.

Come si può notare, non è un procedimento né semplice, né breve e presuppone una volontà politica uniforme nel Parlamento. Esiste attualmente questa volontà in tema di uscita dall’euro? Evidentemente no, ciò significa che una proposta di legge costituzionale per introdurre una consultazione in deroga rischierebbe di fallire, non raggiungendo neppure la maggioranza assoluta necessaria per sottoporla a referendum.

Se comunque si ammettesse che tale procedimento possa andare a buon fine, poi ci sarebbe comunque la necessità di indire ed organizzare il referendum, con un quesito che possa passare il vaglio della Corte Costituzionale. Questione questa piuttosto delicata, in quanto qualsiasi quesito sottoponesse ai cittadini una decisione che influisse negativamente sulla partecipazione a trattati internazionali già ratificati, si scontrerebbe con il divieto di referendum abrogativo su tali temi previsto dall’art. 75 Cost.. Anche qui i tempi stimati sono nell’ordine di 1 o 2 anni.

Tirando le somme, l’idea suggestiva di sottoporre ad un referendum di indirizzo – che in effetti sarebbe solo un referendum consultivo, come lo era quello sulla Costituzione europea, – la questione della permanenza nell’area euro si scontra contro difficoltà ed impedimenti che la rendono di fatto inutilizzabile come strumento di pressione politica e, nelle more, sottoporrebbe l’Italia a tensioni economiche che sono facilmente intuibili.

Un referendum sull’euro ha quindi la stessa possibilità di un referendum sulla partecipazione alla NATO: temi suggestivi e corretti (se volete il mio parere, io uscirei dalla NATO…), ma totalmente irreali e buoni solo per illudere chi crede nella possibilità della “democrazia diretta” in un Paese grande e complesso come l’Italia, nel quale è costituzionalmente previsto che siano i politici delegati con il voto, attraverso gli organi designati, a compiere, bene o male, le scelte per noi.

Corrado Passera: “Con la squadra giusta contro gli slogan politici” di Anna Maria Verna

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Qual è la vostra ricetta per far conoscere il progetto di Italia Unica agli italiani?
“Avere le proposte giuste per la famiglia (e ce ne sono alcune fortissime), per le imprese (ridurre le tasse, pagare i debiti, aumentare il credito e trovare i soldi) e saper comunicare attraverso un confronto costruttivo. Le settanta tappe del giro d’Italia che abbiamo già fatto per farci conoscere – cui seguiranno ancora molte altre – sono state un modo per ascoltare e confrontarsi che è piaciuto e che altri partiti non fanno. Certo, vuol dire prepararsi, rispondere, accettare le critiche e discutere.
La gente non vuole più strette di mano, ma che uno si sieda lì e ascolti il suo problema. In questo modo si semina. Le persone sono importanti, quindi dobbiamo tirare su persone dal territorio: società civile, sindaci e amministratori. Dobbiamo stare bene attenti, però, a non fare il nuovo mettendo insieme il vecchio: abbiamo bisogno di gente con esperienza, ma non di rappresentanti del vecchio mondo che ci ha portato alla situazione attuale. Girando, con le proposte giuste, io dico che riusciamo a mettere insieme la squadra giusta, fatta dalle persone giuste: quella quota di italiani perbene e seri che non si vuole fare prendere in giro dagli slogan”.
Per acquisire consenso su un progetto così importante bisogna convincere anche quelli che non vanno più a votare?
“È legittima la disaffezione di moltissimi elettori verso i partiti senza proposte. Ciò dà l’idea di quanta sfiducia si sia accumulata e stia crescendo pericolosamente negli ultimi tempi. Milioni di italiani hanno paura del futuro. Mai successa una cosa del genere prima e i nostri politici si permettono di fare una legge di stabilità che, per loro stessa ammissione, non avrà alcun effetto sulla crescita!La comunicazione è molto importante, sia quella tradizionale sia quella sul web, senza però illudere la gente che si tratti di democrazia-web alla Grillo. Il web è solo un’importante forma di comunicazione e d’interazione con le persone. Sui nostri siti si sta già creando una bella rete di scambi. Abbiamo messo on-line il nostro programma e ciò ci ha permesso di raccogliere  commenti, suggerimenti e proposte. La rete è utile, basta non darle un ruolo che non ha. Lo spazio politico c’è e noi dobbiamo ripartire da lì, ma con modestia, perché siamo ben coscienti del fatto che la politica ha deluso. Vogliamo ricostruire partendo dalle elezioni comunali perché si deve ripartire dalle fondamenta, da quei politici che ancora hanno un po’ di credibilità. Poi andare alle politiche.
Questo Governo ha sprecato un anno e ha sprecato il semestre europeo per fare una non riforma del Senato. Troppo spesso molti politici parlano solo ed esclusivamente di potere, di comunicazione, di sondaggi. Non capisco l’orticaria che questi populisti hanno nei confronti dei corpi intermedi. Vogliono parlare dall’alto ai singoli cittadini e alle singole aziende, così sono deboli. Non vogliono parlare ai sindacati, alle associazioni di categoria o ai partiti perché vogliono sotto dei sudditi non organizzati che, se si organizzano, diventano pericolosi”.
Ci sono classi che possono non essere d’accordo con il vostro programma, per esempio quella parte di dipendenti pubblici che vive un po’ parassitariamente?
“Non sappiamo quanti siano, però questa gente sa che in questo movimento – che diventerà partito in gennaio – c’è una persona che in Poste ha risanato la parte di burocrazia peggiore di quei tempi e dopo ha fatto lo stesso al Ministero. Io la Pubblica amministrazione non solo la rispetto e la ristrutturo, ma le ridò dignità. La Pa può e deve essere risanata. Bisogna investire in formazione, tecnologia, selezionare, premiare i bravi e portare le competenze che non ci sono. Si può fare. Negli anni ’90 ben 150.000 postali hanno riacquisito una dignità che sarebbe bello ridare anche a tanti altri. Vogliamo andare oltre quella politica che è solo clientelismo e acquisto di consenso con soldi pubblici”.
Il Governo Monti, di cui lei faceva parte, ha caricato di tasse e tagli. La grande riforma che ha fatto è stata quella delle pensioni…
“Abbiamo fatto solo quello, pero ha salvato. Il grosso delle tasse, tuttavia, è imputabile alle ultime tre finanziarie e a chi ha gestito l’Italia a partire dal 2000. La situazione poi è precipitata, siamo arrivati noi e abbiamo dovuto evitare il commissariamento intervenendo sulle pensioni, con la property tax e abbiamo cominciato con 30 miliardi di spending review vera. Non sono state introdotte altre tasse pesanti. Il grosso è venuto prima del Governo Monti e ha distrutto l’Italia. Oggi il Paese è sotto un peso di imposte pazzesco e questo governo continua a crearne: su depositi, fondi pensioni, dividendi, polizze vita, attività del terzo settore, fondazioni. In un momento in cui la gente ha problemi, continuano a caricarla di tasse”.
Bisogna avviare un meccanismo di recupero spese e fare investimenti?
“Tagliano gli investimenti perché sono la cosa più facile da tagliare. Non fai le opere, tagli gli investimenti e aumenti la spesa corrente: è la ricetta del disastro. Cosa rimane dell’Italia? E loro ne sono consapevoli”.
Lei che ha un’impostazione manageriale dovrebbe indicare obiettivi e mezzi.
“Vengo da una famiglia di imprenditori, ho gestito grandissime aziende pubbliche e private in difficoltà che  sono state così rilanciate, ho fatto il ministro e sono fermamente convinto che le cose si possano fare”.

150 “Porte” già costituite per unire l’Italia dei capaci
Quanto delle sue esperienza pregresse porta con sé in questa nuovo percorso?
“Molto. Quella della Poste è stata una delle esperienze che ha segnato di più la mia vita: ho avuto la riprova che la Pubblica amministrazione si può rilanciare. Lo stereotipo che non ci siano persone capaci lo trovo intollerabile. Bisogna premiare il meglio che c’è, integrando quello che manca e dando gli strumenti di formazione, tecnologia e organizzazione. Ci devono essere dei capi che valorizzino, difendano e ci mettano la faccia”.
A chi si rivolge il movimento da lei condotto?
“Agli italiani che non vogliono sentirsi solo raccontare storie, che vogliono sapere come stanno le cose, cosa si può fare. Girando per l’Italia percepisco l’interesse di tantissimi quando propongo di cambiare ordine di ambizione, stimolare l’economia, fare riforme serie della scuola, della burocrazia, della giustizia. Alcuni esempi: niente Regioni, Province fatte in un certo modo, non due Camere legislative ma una sola, non il pasticcio della riforma del Senato, un Governo con al massimo dodici ministeri. Bisogna avere i voti sufficienti, però, mai come oggi esiste uno scenario politico paradossale: tra il PD e il populismo sfacciato di Salvini e Grillo in mezzo c’è un’Italia che non ha casa perché sa che Berlusconi, Ncd e Udc hanno fatto il loro tempo”.
La diagnosi è questa. La terapia?
“La terapia è un piano che rimetta in moto l’Italia. In pochi mesi 150 gruppi di persone si sono costituiti in Porte di Italia Unica. Secondo le mie stime vi è un 20% di italiani che crede in un programma serio, di ambizione forte e di cambiamento vero. Ci vorrà del tempo e, come la storia ci ha dimostrato, la politica si può fare soltanto se uno non ha altri interessi”.

Né moderati né di destra ma l’alternativa al Pd
Cosa ne pensa del fatto che ogni qualcuno voglia attaccarle l’etichetta di moderato o di destra?
“Stiamo costruendo l’alternativa al PD, quindi dobbiamo dire che stiamo parlando dell’area liberale e del mondo popolare. Abbiamo dei concetti forti come competitività, possibilità di scelta dei servizi, riduzione dello Stato ma è fondamentale anche la coesione sociale. I concetti non sono di sinistra, tuttavia le idee che abbiamo contro la povertà o a favore del terzo settore sono addirittura più di sinistra di quelle di tanti altri”.
Come si dà a chi è in difficoltà se non si produce ricchezza? Bisogna produrre ricchezza per poi dare a chi ha bisogno. Non è vero che nel terzo settore non ci vogliano organizzazione ed efficienza.
“Sono indispensabili. Le risorse sono poche e se vuoi allargare i compiti devi dimostrare di essere managerialmente capace, avere un capitale e poter cogliere opportunità. Il terzo settore è sempre stato al centro del mio interesse e di cose belle ne ho fatte tante nell’ambito dei diversi ruoli da me ricoperti.
È un campo cui tengo e credo molto. Credo nel servizio civile universale, nell’esigenza di allargare i campi di attività dell’impresa sociale, darle spazio per raccogliere anche capitale (cosa che oggi non si può), dare veramente il 5 per mille; vuol dire finanza d’impatto. E’ un tema molto importante”.
Davvero non sarebbe meglio per il movimento Italia Unica  farsi inserire in un cliché politico?
“La democrazia funziona quando ci sono due belle alternative. L’idea di Renzi del Partito Unico o del Partito della Nazione è pericolosissima. Dobbiamo avere un altro partito maggioritario. Noi ci definiamo come l’alternativa al Pd di Renzi, andando a prendere il meglio da qualsiasi parte venga. Io prima di mettermi in gioco ci penso, ma una volta che inizio non mollo. E finora sono sempre arrivato fino in fondo”.