Archivio mensile:agosto 2023

5862.- Dossier migranti al Cisr. La mossa di Meloni letta dal prof. Caligiuri

Possiamo pensare a spostare a Sud il confine dell’Europa e dell’Italia, in sintonia con il Mediterraneo allargato e questo richiede investimenti nei paesi del Magreb, del Sahel e oltre, per favorire la crescita economica di questi paesi, riducendo il divario con l’Italia, innanzitutto e con l’Europa. I flussi migratori sono la punta di un iceberg e l’instabilità di quei paesi, certamente fomentata, chiama in causa i Servizi. Ancora una volta l’Unione europea non traccia la rotta.

Da Formiche.net, di Mario Caligiuri | 31/08/2023 – 

Dossier migranti al Cisr. La mossa di Meloni letta dal prof. Caligiuri

La sicurezza è un tema endemico della contemporaneità e il perimetro degli accadimenti che la ricomprendono si estende sempre di più. E il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica ha potenzialmente le competenze per poter fronteggiare questo fenomeno crescente. Il commento di Mario Caligiuri, professore dell’Università della Calabria e presidente della Società italiana di Intelligence

Gli strumenti previsti dalle leggi sui Servizi possono essere utilizzati in modo non consueto ma appropriato. È questa la considerazione che emerge dalla proposta di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, in relazione alla convocazione in seduta permanente del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (Cisr) per fronteggiare l’accentuazione dei flussi migratori.

È sicuramente una proposta mirata per una serie di ragioni, che provo a argomentare. In primo luogo, la sicurezza è un tema endemico della contemporaneità, per cui il perimetro degli accadimenti che la ricomprendono si estende sempre di più. Appunto per questo, un organismo come il Cisr, composto da sette ministri e dall’Autorità delegata per la sicurezza (il sottosegretario Alfredo Mantovano), ha potenzialmente le competenze per poter fronteggiare questo fenomeno crescente. In secondo luogo, il tema dell’immigrazione, quasi interrotto ai tempi del Covid, è in evidente aumento. E non ci vuole la Sibilla ellespontica per comprendere che lo sarà ancora di più nei prossimi mesi e nei prossimi anni.

Come ha ben spiegato l’economista britannico Paul Collier dell’Università di Oxford, uno dei massimi esperti di economia africana, “il divario di reddito tra i Paesi povere e quelli ricchi è mostruoso e il processo di crescita mondiale lo manterrà tale per vari decenni […] assisteremo all’accelerazione della migrazione dai paesi poveri verso quelli ricchi […] siamo alle prime fasi di uno squilibrio dalle proporzioni epiche”. Inoltre, Collier è ancora più attento, ricordando che siamo portati a valutare questo fenomeno, così come tutto il resto, in base alle nostre convinzioni morali, perché “sono i nostri valori etici a determinare le ragioni e i fatti che siamo disposti ad accettare”.

Pertanto, accordi con Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e che rappresentano i luoghi di partenza degli immigrati servono per contenere un fenomeno irrefrenabile e dalle conseguenze molto incisive.

Di fronte a un fenomeno del genere, una visione europea sarebbe necessaria. Nel 2007 – ancora sull’eco dell’11 settembre ma anche degli attentati di Madrid (2004) e di Londra (2005) – il politologo e storico statunitense Daniel Pipes aveva pubblicato un saggio in cui, riguardo all’immigrazione islamica che si verificava in Europa, aveva ipotizzato tre diversi scenari: la prevalenza degli islamici, la loro espulsione da parte degli europei e l’integrazione più o meno pacifica. Con un certo allarmismo – che poi non si è riscontrato nella misura in cui lo prevedeva –, lo studioso americano metteva però comunque in guardia sulla “alienazione della maggioranza degli europei dalla loro cultura, il loro secolarismo estremo e lo scarso tasso di natalità”. Ma il destino italiano è inequivocabilmente legato all’Europa. Non a caso, Cesare Pavese, che era un poeta, ricordava che “nessuno si salva da solo”.

Per concludere utilizzare il Cisr per affrontare in modo organico e puntuale il fenomeno dell’’immigrazione è certamente appropriata e, secondo me, da mettere subito in pratica.

Questo significa pure focalizzare ancora meglio l’attività dei Servizi che già adesso stanno seguendo con particolare e crescente attenzione il fenomeno. Infatti, oltre all’impegno prioritario nel contrasto al terrorismo, nel 2022, solo sull’immigrazione clandestina, l’Aise ha prodotto l’11 per cento delle sue informative e l’Aisi il 17 per cento. L’anno precedente erano state rispettivamente il 10 e il 9 per cento e nel 2020 il 6 e l’8 per cento.

5861.- Africa: É la volta del Gabon, ma chi è Ali Bongo?

Fronte all’Africa. Mentre in Nigeria il presidente Bola Tinubu ha ricevuto il miliardario statunitense Bill Gates e l’imprenditore nigeriano Aliko Dangote – l’uomo più ricco d’Africa -, ecco un altro golpe di militari che concretizza una cintura di golpe pro russi che va dal Mar Rosso all’Oceano Atlantico. Crolla un altro bastione del neocolonialismo francese e sorge un dubbio: “Chi ha abbattuto Prigozhin?”

Siamo nell’Africa Centrale, sulla costa atlantica del Golfo di Guinea, fra la Guinea Equatoriale e il Congo. Il presidente Ali Bongo Ondimba, è stato deposto , 5 giorni fa, appena proclamata la rielezione con il 64,27% dei voti, ma con molte contestazioni. Bongo sarebbe al terzo mandato ed è al potere da 14 anni. La famiglia Bongo detiene il potere da 50 anni e il sessantaquattrenne presidente deposto, figlio di presidente, viene descritto come un donnaiolo. I golpisti parlano di un uomo imprevedile, pericoloso addirittura perché irresponsabile e l’hanno accusato di alto tradimento. I golpisti hanno formato un Comitato per la transizione e la restaurazione delle istituzioni presieduto dal generale Oligui Nguema Brice, comandante della Guardia repubblicana del Gabon. Secondo il comunicato, Brice è stato acclamato all’unanimità presidente e presidente della transizione” da un gran numero di ufficiali superiori e generali che rappresentano tutti i corpi dell’armata gabonese. La durata della transizione non è stata specificata. Già nel 2019, assente per la convalescenza di un infarto il presidente Ali Bongo, un gruppo di militari aveva annunciato alla radio pubblica la creazione di un “Consiglio nazionale di restaurazione”, ma era intervenuta la Guardia repubblicana e il golpe si era concluso con l’arresto o la fuga.

Da RaiNews, leggiamo che il generale Nguema ha detto: “Bongo, attualmente agli arresti domiciliari, “è in pensione, gode di tutti i suoi diritti. È un gabonese normale, come tutti gli altri”, ha dichiarato il generale. “Non aveva il diritto di restare in carica per un terzo mandato, la Costituzione è stata violata, il metodo elettorale in sè non era buono. Allora l’esercito ha deciso di voltare pagina, di assumersi le proprie responsabilità”.  

Le frontiere del Gabon sono chiuse fino a nuovo ordine”, il presidente è agli arresti domiciliari e vige il coprifuoco “fino a nuovo avviso”. I golpisti hanno ripristinato le trasmissioni dei media francesi, già sospese.

L’Ambasciatore italiano a Libreville Gabriele di Muzio a Rainews24: “Destituendo il presidente l’esercito ha evitato il peggio”

A Rainews24 è intervenuto l’Ambasciatore italiano a Libreville, in Gabon Gabriele di Muzio.

“Chiarissimo! “Abbiamo cominciato a sentire degli spari verso le 5 di questa mattina e poi abbiamo visto e sentito il messaggio dell’esercito che annunciava il colpe di Stato e abbiamo rilevato che Internet era stato ripristinato dopo che era stato bloccato durante il voto per le ultime presidenziali”, ha detto Di Muzio. “Da quel che sappiamo non ci sono state vittime e gli oltre 150 italiani sono al sicuro, non c’è pericolo, anche se l’atmosfera è tesa ed è quindi prudente restare a casa”. 
Secondo l’ambasciatore italiano la popolazione, circa 2 milioni di abitanti, ha accolto la deposizione di Ali Bongo con favore anche perchè ha avvertito un rischio brogli concreto durante le ultime elezioni anche a causa del blocco di internet. La famiglia Bongo – sottolinea Di Muzio – è al governo del Paese dal 1973 e “la popolazione è stanca di questi lunghi anni di potere”. Quindi destituendo il presidente Bongo “L’esercito ha certamente voluto evitare il peggio, ovvero una guerra civile sanguinosa, che sarebbe seguita alle elezioni”.”

L’appello di Ali Bongo alla comunità internazionale: “Fatevi sentire, fate rumore, vi imploro”. E’ il toccante video-messaggio in inglese del presidente.

Da Rabat, il Marocco chiama alla stabilità. Ed è la presa di posizione più importante.

Washington “segue la situazione” e l’ONU – solito pesce in barile! – condanna “fermamente” il golpe e chiede di garantire la sicurezza del presidente deposto.

Da Parigi, Marine Le Pen chiama in causa e sollecita il ministro degli Esteri Catherine Colonna a chiarire la “dottrina della  Francia nelle relazioni con il Gabon”, avanza dubbi sulla “coerenza della politica africana” che giudica incompetente. Chiede se esiste un accordo che impegni la Francia a intervenire a sostegno del governo del Gabon?”. Secondo Le Pen, “è un imperativo riorientare la politica africana della Francia verso una cooperazione rispettosa dei popoli e delle sovranità nell’interesse dei nostri continenti”. Torniamo a ricordare le parole del presidente del Congo, a Kinshasa.

Da Berlino, un monito: “Anche se ci sono critiche sulla trasparenza delle elezioni, non spetta ai militari intervenire con la forza”

L’Unione europea valuta sanzioni. Questa palla al piede dell’Italia di meglio non sa fare.

Crosetto intervenendo alla riunione informale dei Ministri della Difesa dell’Unione Europea che si è tenuta a Toledo e che è stata dedicata ai principali temi dello scenario internazionale, tra i quali anche Africa, Mediterraneo allargato, Libano. a Toledo, dichiara, fiducioso: “L’Unione Europea deve diventare un protagonista politico per affrontare molti dei problemi che adesso non sembrano toccare i cittadini europei, ma che in breve tempo possono diventare decisivi. Quanto sta accadendo in Africa impone un impegno e un approccio diverso. Sempre più urgente si rivela la necessità di costruire una politica comune che favorisca una vera crescita economica, che costruisca percorsi democratici e le migliori condizioni affinché i popoli africani non debbano più scappare dalla povertà, dalle fame, dalle guerre”. “Su questi grandi obiettivi internazionali”, ha ribadito il ministro nella nota, “come Europa dobbiamo imparare a muoverci tutti insieme. Occorrerà del tempo, ma un passo alla volta tutti questi obiettivi si possono raggiungere”. Viva l’ottimismo o, forse, non possiamo essere portatori di una nostra politica per l’Africa, visto che l’abbiamo in casa?

Un altro golpe: il presidente del Gabon deposto dai militari. Il caso al centro del vertice Ue

Da Il Secolo d’Italia, 30 Ago 2023, di Sveva Ferri

golpe gabon

Un altro golpe si registra in un Paese africano, stavolta si tratta del Gabon, dove stamattina un gruppo di militari ha deposto il presidente appena rieletto per il terzo mandato, Ali Bongo Ondimba, mettendolo agli arresti domiciliari, dove si troverebbe insieme “alla sua famiglia e ai suoi medici”. I militari, dando l’annuncio dell’arresto attraverso la tv pubblica Gabon 24, hanno proclamato l’annullamento delle elezioni celebrate il 26 agosto. “Stiamo mettendo fine al regime in vigore”, è stato il loro messaggio, nel quale hanno aggiunto che “le frontiere sono state chiuse”, così come il porto della capitale Libreville. Uno dei figli del presidente è stato arrestato per “alto tradimento”. La comunità internazionale segue la vicenda con “la massima attenzione”.

Tajani: “I 150 italiani nel Paese sono al sicuro. Unità di crisi attiva”

In Gabon vivono oltre 150 italiani. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha fatto sapere che “sono al sicuro”, invitandoli “alla massima prudenza e a rimanere a casa”. Il ministero, ha aggiunto Tajani, “con l’unità di crisi e con l’ambasciata a Libreville sta seguendo l’evolversi della situazione”, spiegando che “oggi e domani si parlerà della situazione in Gabon e nel resto dell’Africa durante la riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione europea”.

Chi è il presidente Ali Bongo Ondimba

Bongo alle ultime elezioni ha ottenuto il 64,27% dei voti. Il risultato è stato fortemente contestato con l’accusa di brogli elettorali e di contro il governo ha imposto il coprifuoco e il blocco di internet, ora rimossi dai militari. Lo stesso Bongo è considerato figura controversa, a partire dal fatto che ha sostanzialmente “ereditato” il potere dal padre, che fu a sua volta presidente, intestando così alla sua famiglia 53 anni di potere alla guida del Paese. Altri, invece, lo considerano un riformista.

Le immagini di festeggiamenti in strada

Secondo quanto riferito dalla Bbc Afrique, dopo l’annuncio del golpe, la popolazione è scesa per le strade di Libreville e della capitale economica Port-Gentil per festeggiare. Il capo della guardia repubblicana Brice Oligui Nguema inoltre è stato portato in trionfo da un gruppo di soldati al grido “presidente, presidente”. A Le Monde Oligui Nguema, considerato il più accreditato possibile nuovo leader, ha spiegato che le decisioni su chi guiderà il Paese saranno assunte “con l’insieme dei generali”. I cittadini avrebbero intonato insieme ai soldati l’inno nazionale e detto ”grazie esercito, aspettavamo questo momento da molto tempo”. Le immagini sono state trasmesse dalla tv di Stato e rilanciate dalle agenzie di stampa internazionali. I militari avrebbero poi chiesto alla folla di rientrare nelle proprie case e di allontanarsi da zone strategiche.

La preoccupazione della comunità internazionale

Il golpe in Gabon, che arriva a un mese da quello in Niger, porta a dieci il numero di colpi di stato registrati in Africa dal 2019. “Se dovesse essere confermato il colpo di Stato militare non farebbe altro che aumentare l’instabilità della regione”, ha detto l’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell. “L’intera area, a cominciare dalla Repubblica Centrafricana, poi il Mali, poi il Burkina Faso, ora il Niger, forse il Gabon, si trova in una situazione molto difficile e certamente i ministri devono riflettere profondamente su ciò che sta succedendo lì e come possiamo migliorare la nostra politica nei confronti di questi Paesi”, ha aggiunto Borrell, riferendosi al vertice Ue. Messaggi di preoccupazione e richiesta di stabilità sono arrivati anche dalla Russia e dalla Cina, che ha chiesto anche di garantire la “sicurezza personale” di Bongo.

Sveva Ferri

5860.- Che sia un finale in crescendo? Solo la fine dei finanziamenti NATO porterà la pace.

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 4 persone e il seguente testo "II Fatto Quotidiano @fattoquotidiano 1h #Zelensky cede: "In #Crimea meglio la soluzione politica". Dopo 18 mesi, il presidente dell' #Ucraina rivaluta il dialogo e frena sugli attacchi in #Russia. #Erdogan da #Putin ilfattoquotidiano.it Zelensky cede: In Crimea meglio la soluzione politica" Fatto Quotidi... Cambio di marcia ieri Kiev. Dopo mesi a tenere il punto sulla necessaria riconquista della Crimea, una bandiera a segnar la presa del primo pae..."

Tre articoli da Rassegna Italia del 30 agosto 2023

Caccia Russo distrugge 4 navi ucraine con 50 membri delle Forze Speciali a bordo.

Un Mig-31 armato di un Ch-47M2 Kinžal, missile balistico aviolanciato 5 volte ipersonico di fabbricazione russa. Un Kinžal ha distrutto un’intera batteria di Patriot.

Il ministero della Difesa russo ha dichiarato oggi di aver distrutto quattro navi militari ucraine nel Mar Nero che trasportavano un totale di 50 membri delle forze speciali di Kiev.

Intorno alla mezzanotte ora locale “un aereo dell’aeronautica navale ha distrutto quattro navi militari veloci che trasportavano gruppi di sbarco delle forze operative speciali ucraine per un totale fino a 50 persone”, ha detto il dicastero di Mosca su Telegram.

Sia l’Ucraina che la Russia hanno intensificato le loro attività militari nell’area dal Mar Nero dopo il fallimento il mese scorso dell’accordo mediato dalle Nazioni Unite per garantire una navigazione sicura alle imbarcazioni che trasportano cereali.

La vendetta di Putin agli attacchi in territorio russo: pioggia di missili e droni su Kiev, 2 morti

Da Il Secolo d’Italia – Pesanti attacchi reciproco fra la Russia e Kiev con droni e missili esplosivi hanno caratterizzato la notte scorsa il conflitto in Ucraina. Le forze russe hanno attaccato nella notte Kiev con droni e missili, uccidendo due persone e ferendone una terza.

Le due persone sono morte a causa di detriti caduti su un edificio commerciale nel distretto di Shevchenkivskyi, ha rivelato il capo dell’amministrazione militare della città, Serhii Popko. Anche una donna di 24 anni è stata ricoverata in ospedale per le ferite causate da schegge di vetro, ha riferito il sindaco di Kiev Vitalii Klitschko.

“Kiev non subiva un attacco così potente dalla primavera”, ha detto Popko. I detriti sono caduti su edifici non residenziali nei distretti Darnytskyi e Shevchenkivskyi, provocando lo scoppio di incendi in entrambi i siti. I vigili del fuoco e altri operatori di emergenza stanno ancora lavorando sui luoghi dell’attacco. Le difese aeree ucraine hanno abbattuto tutti i 28 missili russi e 15 dei 16 droni lanciati durante la notte in tutto il Paese, sostiene il generale Valeriy Zaluzhnyi, comandante in capo delle forze armate ucraine.

“L’attacco combinato su larga scala della Federazione russa (missili cruise+Shahed) su Kiev è indiscutibilmente un attacco deliberato contro la popolazione civile – scrive, su Twitter, Mykhailo Podolyak, consigliere presidenziale ucraino. – Il motivo: una vendetta per i crescenti incidenti nella stessa Federazione russa, i fallimenti in prima linea, l’odio etnico e il tentativo di intimidazione psicologica. Indubbiamente un attacco di questo tipo si qualifica come un atto di terrorismo dimostrativo, ragionato, premeditato e commesso da un gruppo di persone già associate in un complotto…”.

Contemporaneamente all’attacco di missili e droni contro Kiev, droni ucraini avrebbero preso di mira sei regioni russe nelle prime ore di mercoledì È stato lo stesso ministero della Difesa russo a rivelare l’attacco, il più massiccio sul suolo russo dall’inizio della guerra. Gli Uav hanno colpito un aeroporto nella regione occidentale di Pskov e sono stati abbattuti nelle regioni di Mosca, Oryol, Bryansk, Ryazan e Kaluga.

L’attacco a Pskov ha provocato un enorme incendio e quattro aerei da trasporto Il-78 sono rimasti danneggiati, ha riferito l’agenzia di stampa statale russa Tass, citando funzionari dell’emergenza. Il governatore regionale di Pskov, Mikhail Vedernikov, ha ordinato la cancellazione di tutti i voli da e per l’aeroporto di Pskov, citando la necessità di valutare i danni nel corso della giornata. I filmati e le immagini pubblicati sui social media durante la notte hanno mostrato il fumo che si alzava sulla città di Pskov e un grande incendio.

Vedernikov ha detto che non ci sono state vittime e che l’incendio è stato contenuto. Uno dei droni ucraini ha danneggiato l’edificio del comitato investigativo a Bryansk, ha scritto, su Telegram, il servizio stampa del comitato della commissione investigativa per la regione. “In seguito allo schianto del drone, il tetto e le vetrate dell’edificio sono stati parzialmente danneggiati. Non ci sono state vittime”, si legge nel rapporto.

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Putin schiera 2 unità d’élite dell’esercito a est: la mossa di Mosca per dare il colpo di grazia alla fallimentare controffensiva ucraina

Da InsideOver – Sabato 26 agosto sono giunte evidenze della ridistribuzione nella zona di Robotyne, in Ucraina, di elementi della 7a Divisione aviotrasportata da montagna dall’oblast di Kherson e della 76esima Divisione aviotrasportata delle Guardie dall’area di Kreminna.

Entrambe sono unità d’élite dell’esercito russo e sebbene le truppe aviotrasportate (Vdv – Vozdushno-Desantnye Vojska) non facciano parte delle forze terrestri russe, esse sono significativamente differenti rispetto alle loro controparti occidentali e hanno molto più in comune con le unità di fanteria.

Strutturalmente, le Vdv sono altamente meccanizzate e divise tra unità paracadutate e d’assalto aereo, il che significa che assolvono gli stessi compiti dei paracadutisti occidentali ma con l’aggiunta di poter operare con armamento più pesante (con assalti aerei ma non solo) in modo da svolgere azioni particolarmente importanti dal punto di vista politico.

Due esempi lampanti di questo modus operandi delle Vdv risalgono ai tempi dell’Unione Sovietica, con l’intervento in Ungheria nel 1956 quando entrarono in azione per prime e si occuparono successivamente di sedare le rivolte (urban warfare), e in Afghanistan nel 1979, quando vennero usate non solo per l’early entry occupando gli aeroporti afghani, ma anche per la “decapitazione” del legittimo governo di quel Paese.

Venendo a tempi più recenti, si ritiene che la maggior parte dei “piccoli uomini verdi” o “uomini gentili” che hanno effettuato il putsch in Crimea nel 2014, appartenesse alle Vdv. Sappiamo anche che paracadutisti del 104esimo Reggimento d’assalto aereo della 76esima Divisione hanno partecipato al sequestro degli impianti di trivellazione della Chornomornaftogaz ucraina in quell’occasione.

Le Vdv sono un reparto meccanizzato in quanto Mosca, sin dai tempi dell’Urss, abbraccia la dottrina dello “scontro in profondità” che richiede alti livelli di mobilità al punto da non lasciare le unità di fanteria totalmente appiedate, sebbene questo concetto nell’attuale conflitto sia stato adattato a fronte della scarsità di mezzi e della tattica difensiva adottata lungo la linea del fronte meridionale dalla primavera 2023.

Per essere quindi “aviotrasportabili” e avere capacità di combattere in profondità nel territorio nemico, le Vdv usano mezzi corazzati “leggeri” rispetto alle unità meccanizzate/corazzate dell’esercito russo, ma più pesanti rispetto a quelli degli stessi reparti occidentali. Per fare un esempio, il 2S25 “Sprut-SD”, veicolo cingolato corazzato dalle qualità anfibie, monta un cannone da 125 millimetri in torretta sullo chassis di un Bmd.

In generale, la maggior parte dei mezzi usati dalle Vdv, per poter essere trasportabili via aerea e anche aviolanciabili, hanno sacrificato gran parte della corazzatura per mantenere un alto potenziale di fuoco, fattore che è stato determinante nella primissima fase del conflitto.

Riteniamo infatti che la fallita operazione elitrasportata di occupazione dell’aeroporto di Gostomel, situato circa 30 chilometri a nord-ovest di Kiev, abbia costretto reparti delle Vdv, ivi compresa la 76esima Divisione, ad avanzare via terra verso la capitale e Chernihiv venendo bloccata dalla reazione ucraina affidata a unità corazzate e meccanizzate. Sebbene le Vdv utilizzino anche Mbt (Main Battle Tank) come il T-72B3, risulta che i mezzi corazzati leggeri di cui sono dotate in grande numero (2S25 e 2S36) siano stati messi fuori combattimento o distrutti durante l’avanzata terrestre che si è esaurita nei pressi di Bucha.

Questa operazione è stata messa in atto in quanto la mancata presa dell’aeroporto di Gostomel non ha permesso l’arrivo dei reparti delle Vdv che erano schierati a Pskov (dove hanno sede) e che risulta fossero già in volo (a bordo di Il-76 e Il-78) quando i russi, in quelle drammatiche ore, avevano stabilito un iniziale controllo dello scalo aereo, poi riconquistato dagli ucraini con l’intervento di forze speciali, unità corazzate e di artiglieria, nonché reazione aerea affidata a Su-24 e MiG-29.

La 76esima Divisione risultava essere presente lungo il fronte orientale ucraino a settembre 2022, durante la prima controffensiva ucraina che ha portato alla liberazione dell’oblast di Kharkiv, mentre attualmente era tenuta principalmente in seconda linea lungo la linea Bakhmut-Svatove.

Il reparto, fortemente eroso nella sua capacità bellica dagli eventi iniziali e dalla controffensiva dell’estate del 2022 (al pari di altri come la fanteria di marina), riteniamo che sia stato riequipaggiato di mezzi ed effettivi. Il suo arrivo al fronte meridionale, nella fattispecie a Robotyne, indica la cautela dello Stato maggiore russo a fronte dell’avanzamento ucraino in quel settore: la cittadina in questione è infatti oltre la prima linea difensiva russa, tenuta per buona parte da personale mobilizzato, i “mobik”, poco addestrati e armati rispetto alle unità dell’esercito russo composte per la maggior parte da professionisti.

Questo risponde a una tattica russa ben precisa, ovvero logorare l’attaccante con reparti di seconda o terza scelta nelle prime linee per poi annientarlo – qualora dovesse superarle – nell’ultima con reparti corazzati insieme alle unità meglio addestrate.

Lo schieramento di personale della 76esima Divisione aviotrasportata delle Guardie potrebbe significare anche, però, sia che quel particolare settore è vulnerabile, sia che attualmente la Russia dispone di poche riserve da gettare nella mischia, fattore che potrebbe comportare facilmente l’incapacità di mettere in atto azioni offensive di ampio respiro.

Una curiosità: il reparto, insieme al 234esimo Reggimento di assalto aereo delle Guardie e alla 64esima Brigata separata di fanteria meccanizzata, è soggetto a sanzioni da parte del Dipartimento di Stato statunitense da giugno 2022 per via del ruolo avuto nel commettere crimini di guerra a Bucha.

Ancora con le fake news di Bucha!

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5859.- Grande Orban! L’Ungheria entrerebbe in guerra se le sue forniture energetiche venissero attaccate.


Non solo la politica USA obbedisce ai propri interessi. Nonostante le minacce di Bruxelles, lo scorso ottobre, l’Ungheria chiese aiuto a Putin e Gazprom concesse all’Ungheria di dilazionare di tre anni i pagamenti del gas. Ora Orban minaccia la guerra nel caso di attentati terroristici contro il South Stream.

In guerra contro chi?

Orban Prendendo di mira la Germania, il primo ministro ha affermato che la sua nazione
non rimarrebbe passiva se i suoi interessi vitali fossero minacciati A differenza della Germania, l’Ungheria non rimarrebbe in silenzio se le sue rotte di approvvigionamento energetico venissero sabotate, ha detto il primo ministro Viktor Orban a Tucker Carlson in un’intervista
rilasciata mercoledì su X (ex Twitter). Parlando della distruzione del gasdotto russo- tedesco Nord Stream, Orban ha ricordato che Budapest aveva immediatamente bollato l’incidente come un attacco terroristico quando ebbe luogo lo scorso settembre. Tuttavia, la Germania e l’Europa occidentale continuano a rifuggire da questa descrizione, ha aggiunto.

Perdita di gas dal gasdotto Nord Stream 2 vicino a Borholm, Danimarca, il 27 settembre
2022 © Difesa danese / Anadolu Agency tramite Getty Images

“C’è un altro gasdotto… [che porta] il gas dalla Russia attraverso il corridoio meridionale (alla] Turchia, Bulgaria, Serbia, [e] Ungheria.
Insieme al presidente serbo (Aleksandar Vucic] abbiamo chiarito che se qualcuno vorrà fare la stessa cosa con il corridoio meridionale, come è stato fatto con quello settentrionale, lo considereremo un motivo di guerra, “, ha affermato Orban. “Probabilmente puoi farlo con i tedeschi, ma non puoi farlo con questa regione.” Carlson ha insistito sul fatto che era “molto ovvio” che l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden avesse distrutto i gasdotti Nord Stream, direttamente o tramite procura – un’affermazione che la Casa Bianca ha costantemente negato. Orban ha lasciato intendere di essere d’accordo con la valutazione di Carlson.

L’Ungheria non accetterà atti terroristici contro i gasdotti dalla Russia. La dipendenza politica di Viktor Orbán dal gas russo è considerata un freno per la strategia europea; ma questa strategia cosa ha di europeo?

L’Ungheria e la Serbia considereranno un attacco alla via di importazione del gas dalla Russia come un casus belli, ha detto Viktor Orban. Lo ha detto il capo del gabinetto ungherese in una conversazione con il giornalista americano Tucker Carlson. Secondo lui, Budapest e Belgrado reagiranno immediatamente se ciò che è successo al Nord Stream dovesse succedere al South Stream.

Scott Ritter –

5858.- Invasione, Meloni ha scoperto di essere stata fregata dall’Ue.

Diciamo “Da quella poco di buono dell’Ue.”

Era prevedibile. Ora, tocca al Parlamento: Avanti da soli con il passaporto di lavoro italo-tunisino.

Ira del premier: “L’Europa ha tradito gli impegni con la Tunisia”

Agosto 29, 2023 Rassegne Italia

Da Il Giornale – Giorgia Meloni è infuriata. Gli aiuti promessi a Tunisi da Italia ed Europa non sono mai stati stanziati e Bruxelles non ha fin qui mosso un dito. Tuttavia la direzione è quella giusta e nonostante gli sbarchi siano come ammette la premier «in forte aumento» (113mila a ieri) bisogna continuare sulla strada degli «accordi con i Paesi del Nord Africa, di partenza e transito dei flussi».

Ma bisogna anche – aggiunge – «stringere le maglie, dare segnali chiari ai trafficanti» e garantire «un coordinamento maggiore tra noi nell’attività di contrasto ai flussi illegali di migranti». L’ultima frase è un segnale a molti ministri accusati – riferiscono voci di Palazzo Chigi – di non coordinare il proprio operato contribuendo così all’involuzione del già delicato settore immigrazione.

Anche per questo la Meloni dopo Consiglio dei Ministri ha convocato Cisr, il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica formato dai principali ministri e dai responsabili dell’intelligence. Al centro dell’incontro la delicata questione Tunisia dove nulla procede come previsto. Numeri e fatti lo dicono chiaramente. Ieri l’intelligence segnalava il recupero di una cinquantina di motori sequestrati dalla Guardia Nazionale Marittima di Tunisi ai trafficanti di uomini.

Intanto però il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi se la vedeva con gli arrivi di ben 63 barchini partiti dal Nord Africa e con la cifra record di oltre 3mila sbarchi in 24 ore. Una situazione da incubo che oltre alle proteste strumentali dei sindaci Pd, improvvisamente sensibili all’impatto dei migranti sul territorio, deve tener conto del disagio di alcuni primi cittadini non proprio di sinistra. Primo fra tutti Matteo Dipiazza, il sindaco di Trieste che – complice il moltiplicarsi degli arrivi dalla rotta balcanica – si è ritrovato con 500 disperati accampati nelle strade e ha dovuto implorare l’intervento del Viminale per vederne trasferiti 200.

La situazione più ingestibile resta, però, quella tunisina. Per capire perchè nonostante l’impegno della Meloni, di Piantedosi e del ministro degli esteri Antonio Tajani – tutti reduci da Tunisi – la situazione resti ingestibile basta seguire i soldi. I 105 milioni di euro promessi dalla Ue e sottoscritti dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen – sbarcata a Tunisi il 16 giugno con Giorgia Meloni e il premier olandese Mark Rutte – non sono mai arrivati a destinazione. Ma tra i fondi mai stanziati ci sono anche i 100 milioni destinati garantiti dal nostro Ministero degli Esteri.

Le conseguenze a catena di questi ritardi sono devastanti. «Le casse del presidente Kais Saied sono vuote e quindi in mancanza dei fondi promessi Tunisi ritarda i pagamenti degli stipendi alle Forze di sicurezza. Tutto ciò – spiegano a Il Giornale le fonti di Palazzo Chigi – provoca forti pressioni interne che hanno come naturale conseguenza la riduzione degli impegni assunti per bloccare le partenze».

Questo complica ovviamente anche l’operato della nostra intelligence che rischia di perdere credibilità nei confronti degli interlocutori tunisini. Ancor più gravi sono le conseguenze dell’inazione europea. Gli impegni assunti da von der Leyen erano garantiti dalla presenza di Giorgia Meloni. Il loro mancato rispetto rischia di rendere poco credibile il nostro paese e ridimensionare la disponibilità alla collaborazione di una personaggio problematico e suscettibile come Kais Saied. Anche perchè il mancato rispetto degli impegni europei rischia di rendere sempre più improbabile il via libera al prestito da un miliardo e 900 milioni di dollari del Fondo Monetario Internazionale.

Un prestito da cui dipende il salvataggio economico del paese. «É inutile – aggiunge la fonte de Il Giornale – pretendere da Kais Saied riforme e azioni concrete se non gli si danno i soldi per realizzarle». Considerazioni amare, ma reali che contribuiscono ad alimentare l’ira di una Meloni consapevole di come tutto ciò allontani l’unico sviluppo capace di bloccare le partenze. In assenza di fondi e garanzie sarà inutile, infatti, confidare in una richiesta sottoscritta dallo stesso Kais Saied che permetta ad Italia ed Europa di operare direttamente sulle coste tunisine bloccando alla fonte il traffico di uomini.

5857.- In Italia non si è parlato dei moti avvenuti a Tripoli. Saranno i Rothschild a pacificare la Libia

I membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU si rammaricano “per la perdita di vite umane e feriti, anche tra i civili, ed esortano tutte le parti a evitare la violenza”

Se in Italia non se ne parla, all’ONU e a Bruxelles, vuoi per i finanziamenti profusi, vuoi per il deterioramento dei diritti umani, gli occhi sono puntati sulla Libia. Cerchiamo di fare luce attraverso una sintesi dei comunicati di eunews di questi ultimi due mesi.

Nel silenzio assoluto dei media italiani, l’altra settimana, a Tripoli, per due giorni, si sono scontrate due fazioni armate: La Brigata 444 allineata con il primo ministro al-Dbeibeh e la Forza Rada, antagonista. A dare il via agli scontri è stato l’arresto del comandante della brigata filogovernativa 444, il colonnello Mahmoud Hamza,.da parte delle forze speciali di deterrenza Rada all’aeroporto internazionale di Mitiga. Gli scontri sembrano cessati, ma hanno causato 55 morti e circa 150 feriti.

Dal febbraio 2022, l’ex Jamahiriya di Muammar Gheddafi è sostanzialmente divisa in due coalizioni politiche e militari rivali: da una parte il Governo di unità nazionale con sede a Tripoli del premier Abdulhamid Dabaiba, riconosciuto dalla Comunità internazionale e appoggiato soprattutto dalla Turchia; dall’altra il Governo di stabilità nazionale, di fatto un esecutivo parallelo basato in Cirenaica, ormai ridotto a una scatola vuota priva di funzioni, dal momento che a comandare nell’est è il generale Khalifa Haftar. Per uscire dallo stallo politico, l’inviato dell’Onu ha lanciato, il 27 febbraio 2023, un piano per redigere gli emendamenti costituzionali e le leggi elettorali necessarie per tenere elezioni “libere, inclusive e trasparenti” entro il 2023. Tuttavia, il termine ultimo proposto da Bathily per preparare la tabella di marcia è scaduto il 15 giugno e lo stesso inviato ha detto che lo “status quo” non è più tollerabile.

Dall’Eurocamera dubbi sui fondi Ue alla Libia. L’ammissione di Johansson: “Chiare indicazioni di infiltrazioni criminali nella Guardia Costiera”

la Commissione Libertà civili e la sottocommissione per i diritti umani esprimono “profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione dei diritti umani dei migranti in Libia”. Dal 2015 l’Ue ha stanziato circa 700 milioni di euro di sostegno a Tripoli. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nella sessione straordinaria del 22 agosto, ha fatto il punto sugli sviluppi della situazione in Libia, tra le preoccupazioni per il ritardo nell’accordo su una legge elettorale che apra la strada alle consultazioni parlamentari e presidenziali entro la fine quest’anno. Parlare di elezioni in questa situazione fragile e di conflittualità fra le fazioni sembra difficile, se non impossibile; ma chi ha avuto interesse a destabilizzare la Libia?

Il 20 agosto la Banca Centrale Libica (Cbl) ha annunciato il completamento della sua riunificazione come istituzione unitaria e sovrana.

“La Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) ha plaudito al ritorno della Banca Centrale Libica a istituzione unificata. Significativo l’auspicio a ché si prosegua nell’unificazione di tutte le istituzioni politiche, di sicurezza e militari del Paese, come il popolo libico desiderava da tempo”. La missione è attiva nel Paese dalla caduta del regime autoritario di Muammar Gheddafi nel 2011. I suoi compiti comprendono il sostegno al governo libico nell’istituzione dello Stato di diritto e nell’organizzazione di elezioni democratiche.

Per l’Ue “il passo di Tripoli e Bengasi è cruciale” per la stabilità del Paese

La sede della Banca centrale libica a Tripoli © ANSA

La sede della Banca centrale libica a Tripoli – RIPRODUZIONE RISERVATA

Da Bruxelles, Simone De La Fedl scrive per eunews:

“Dopo quasi un decennio di separazione – dal settembre del 2014 -, inasprita da disaccordi sulla distribuzione delle entrate petrolifere, le due filiali di Tripoli e di Bengasi hanno trovato un accordo per la riunificazione dell’istituzione finanziaria nazionale. L’annuncio, riportano i media libici, è stato fatto al termine dell’incontro presso la sede di Tripoli tra il governatore della Cbl, Siddiq Al-Kabir, e il suo vice, Mari Muftah Rahil. “Una pietra miliare per migliorare le prestazioni di questa vitale istituzione sovrana”, ha commentato il primo ministro del governo di unità nazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite, Abdel Hamid al-Dbeibeh.

Soddisfazione anche dalla comunità internazionale: l’Unione europea “accoglie con favore questo sviluppo e l’impegno della leadership della Banca centrale ad adoperarsi per affrontare l’impatto di quasi un decennio di divisione”, ha dichiarato un portavoce del Servizio europeo d’Azione Esterna (Seae). Non solo soddisfazione, ma anche la speranza che questo accordo tra Tripoli e Bengasi sia l’anticamera di una pacificazione nazionale. La riunificazione delle due filiali “è un passo cruciale verso una Libia unita, stabile e prospera“, che deve condurre a “concludere con successo i colloqui in corso mediati dalle Nazioni Unite per identificare una soluzione politica a guida libica, attraverso le elezioni nazionali“.

Proprio la Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) si unisce all’appello di Bruxelles affinché la riunificazione della Cbl possa “creare slancio verso l’unificazione di tutte le istituzioni politiche, di sicurezza e militari del paese, come il popolo libico desiderava da tempo”.

Saranno i Rothschild a pacificare la Libia? Nel 2003, in Libia, in una Bengasi dove ancora si sparava, venne fondata una banca Rothschild, così, da un giorno all’altro. Circa una settimana fa, è stata annunciata la riunificazione della Banca centrale della Libia, ancora divisa in due branche. Dobbiamo augurarci che sia la famiglia Rothschild a restituirci una Libia “unita, stabile e prospera“, sotto il loro controllo. E non è un caso che il cerchio, iniziato con la fine di Mu’ammar Gheddafi si chiuda così.

Martedì 25 luglio, la Camera dei rappresentanti eletta nel 2014 ha approvato a Bengasi, capoluogo della Cirenaica, una roadmap per l’insediamento di un ipotetico nuovo mini-governo, incaricato di traghettare la Libia alle elezioni. Le Nazioni Unite e le capitali occidentali hanno però accolto con estrema freddezza la decisione, al contrario invece dell’Egitto, alimentando i dubbi sull’eventuale riconoscimento internazionale del nuovo esecutivo di transizione, qualora quest’ultimo dovesse essere effettivamente nominato. Ora come ora in Libia vige una stabilità parziale, basata su un implicito accordo tra due potenti famiglie – i Dabaiba e gli Haftar al potere rispettivamente a Tripoli (ovest) e a Bengasi (est) – con un crescente ruolo dei “verdi” (vale a dire gli ex gheddafiani) nei gangli dello Stato profondo. Le due parti rivali della scena politica libica frenano sulle elezioni, consapevoli che rischierebbero di mettere in luce il loro scarso supporto popolare. In realtà, nella Libia di oggi è il clientelismo a consentire un sia pur fragile equilibrio e la divisione politica è favorita da chi vedrebbe meglio soddisfatti i propri interessi con la divisione politica del paese..

E l’Italia?

La strategia italiana in Africa e in Libia – il cosiddetto Nuovo Piano Mattei – è volta al conseguimento della cooperazione con i Paesi africani per l’approvvigionamento energetico d’Europa. L’Italia diverrebbe un hub energetico, Paese di transito di gas e petrolio, dal Nordafrica verso i Paesi europei con lo scopo di sostituire l’approvvigionamento energetico dalla Russia. La presenza della Turchia in Libia e, sopratutto, l’intesa energetica stipulata da Erdoğan con il governo di Dabaiba condiziona in parte il Piano. In pratica, la penetrazione della Turchia nei quadranti decisivi per il nostro paese: Nord Africa e Balcani è il frutto di un’azione politica intellegente e mirata del presidente Erdoğan, che non afflitta dai teatrini della sinistra italiana.

[EPA-EFE/FABIO FRUSTACI]

L’8 giugno, dopo il viaggio del presidente Meloni a Tripoli in gennaio, una delegazione del governo libico, condotta dal premier del governo di unità nazionale della Libia Abdul Hamid Ddeibah, ha incontrato i rappresentanti del governo italiano, per discutere di migrazione ma anche per chiudere accordi su energia e commercio, sempre in un ottica “non predatoria e di collaborazione”. Era presente l’amministratore delegato dell’Ente Nazionale Idrocarburi (Eni) Claudio Descalzi.

L’Italia è presente in Libia con la Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (MIASIT) presso il Governo di Accordo Nazionale in Libia, cui fornisce supporto sanitario e umanitario, security force assistance e stability policing e agevolando attività di formazione/addestramento sia in Italia sia in Libia.

Il Comando della Missione è schierato a Tripoli , mentre la dipendente Task Force “Ippocrate”, che include il Field Hospital, è schierata a Misurata.

5856. – La battaglia di Trump è la nostra battaglia

Donald Trump è un cittadino americano, non è europeo.

Il mondo della finanza angloamericana è contro Trump e cerca la guerra. In molti hanno creduto che le elezioni presidenziali degli USA siano state truccate e ora temono una guerra civile che coinvolgerà tutto l’Occidente. E’ innegabile che gli italiani, e molti altri popoli europei, vedano nella vittoria di Trump la condizione per il ritorno alla pace, riaffermare i diritti della propria democrazia e la libertà dell’economia.

Donald Trump arrestato, Medvedev: “Gli Usa sono sull’orlo della guerra civile. Il Partito Democratico ha fatto a pezzi l’America”

da Il Tempo – Caos Stati Uniti, l’arresto lampo di Donald Trump e gli aspri conflitti interni alla politica Usa fanno gongolare il Cremlino. Nelle ultime ore si è sbilanciato perfino il vicepresidente del consiglio russo di sicurezza, Dmitry Medvedev, che ha addirittura profetizzato lo scoppio di una guerra civile.

«L’America è ora in uno stato di discordia interna, l’America è in conflitto con se stessa. E, secondo me, in un certo senso questa discordia è irrisolvibile, tali conflitti interni al Paese molto spesso finiscono in una guerra civile».

Così il vicepresidente del consiglio russo di sicurezza, Dmitry Medvedev, commentando la situazione politica americana dopo la breve detenzione dell’ex presidente Donald Trump per il caso legato al presunto tentato sovvertimento dei risultati in Georgia delle elezioni presidenziali del 2020. Lo riporta la Tass.

Secondo Medvedev, negli Stati Uniti esiste una «colossale discordia tra elite», uno «scontro tra l’establishment politico conservatore repubblicano e il segmento liberale portato avanti dal Partito democratico», che «ha davvero fatto a pezzi l’America».

Il duro attacco di Trump contro Biden: “È un presidente corrotto e incompetente, le elezioni del 2020 furono truccate”

Da Rassegna Italia

Da Il Giornale d’Italia – In una lunga video intervista, della durata di 46 minuti, tenuta su X (la piattaforma che un tempo era meglio nota come Twitter), insieme al giornalista, nonchè amico e sostenitore, Tucker Carlson, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump non si è affatto risparmiato nelle dichiarazioni contro l’attuale inquilino alla Casa Bianca, Joe Biden, accusandolo di essere “corrotto e incompetente tra le altre cose.

Donald Trump, duro attacco a Joe Biden “Presidente corrotto e incompetente, elezioni 2020 furono truccate”

Trump ha rifiutato la partecipazione al primo dibattito dei candidati repubblicani per le elezioni del 2024 preferendo, come detto, un’intervista online su X/Twitter con Tucker Carlson. Tra le innumerevoli accuse riservate al collega Biden anche quella di essere un “candidato Manchurian“, con l’ovvio riferimento al film degli anni 60 “The Manchurian Candidate” (in Italia noto come “Vai e uccidi”), di cui poi è stato fato un remake negli anni Novanta: il film parlava di una cospirazione anti americana contro il Presidente degli Usa da parte dei sovietici.

Il tycoon è poi andato anche sul personale, accusando il rivale di “non saper mettere due parole insieme e di non riuscire neppure a camminare“. Ovviamente Trump si è anche soffermato sull’incriminazione a suo carico legata alle elezioni del 2020, affermando che “Quella del 2020 è stata un’elezione truccataquattro incriminazioni e potrebbero essercene altre, non so, questi sono pazzi.

I democratici devono ingannare alle elezioni perché le loro politiche sono così cattive che non vincerebbero“. Infine l’ex presidente ha parlato dei suoi programmi politici in caso trionfasse alle elezioni del 2024, riservando la sua priorità alla risoluzione del conflitto in Ucraina e al rafforzamento del confine col Messico: “con me alla presidenza non ci sarebbe stata una guerra in UcrainaAvevo il confine più forte nella storia di questo Paese, abbiamo costruito 804,67 chilometri di muro al confine con il Messico. Chi vuole i confini aperti al giorno d’oggi?“.

5855.- Verità e correttezza nella comunicazione fanno parte dell’abito mentale di un ufficiale e di ogni militare

Nell’era della dissacrazione dei valori cristiani che hanno ispirato le costituzioni, siamo costretti ad ascoltare le sparute minoranze, cooptate e comprate facilmente dai poteri nemici della civiltà, che non trovano di meglio che offendere chi a quei valori anela e ha dedicato con onore la propria vita. Le istituzioni stesse sono possedute da questa bestemmia se il capo dello Stato è intervenuto a un meeting sferzando senza nominarlo, perciò offendendo, un generale autore di un libro che non ha violato la Costituzione né il nuovo codice dell’Ordinamento della Difesa, che non tratta argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio, né fa propaganda politica; lo scrivo con il dovuto rispetto a quel due volte Capo dello Stato che, proprio lui, non ha sciolto il C.S.M. autodichiaratosi politicizzato, quindi, che non ha garantito la separazione dei poteri alla base di ogni democrazia. Da chi ha avuto l’onore di essere stato un ufficiale del generale S.A. Mario Arpino sorge questo: “Grazie Comandante!”

Perché difendo la libertà di pensiero del generale Vannacci. L’opinione di Mario Arpino

Che cosa pensa Mario Arpino, già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica e della Difesa, del libro “Il mondo al contrario” scritto dal generale Roberto Vannacci

Mario Arpino di Mario Arpino

26 Agosto 2023 

Venerdì 18 agosto, appena letti sulle rassegne i ritagli di stampa sul libro del generale Roberto Vannacci, ho avvertito odore di bruciato e sono andato a cercare il curriculum vitae del generale. Ineccepibile, anzi, straordinario: racconta la storia di un soldato generoso, valoroso e lineare nel comportamento. Due nomi, una garanzia: Folgore e 9° Col Moschin… Mi sono lasciato prendere da un impulso immediato, ho preso carta e penna (anzi, schermo e tastiera) e ho scritto quanto segue all’Istituto geografico di Firenze. Era il primo pomeriggio, e non circolava ancora la notizia del probabile avvicendamento al Comando.

“Caro generale Vannacci, anche se non ci siamo conosciuti nel corso degli anni di servizio, mi permetta di esprimerle tutta la mia ammirazione per la sua figura di uomo e di soldato. Al di là delle penose polemiche che hanno accompagnato l’uscita di ‘Il mondo al contrario’ (il coraggio di dire la verità – o di ammetterla – evidentemente non è molto diffuso). Le voglio assicurare che siamo ancora in tanti, direi un’ampia maggioranza, a credere in quei valori che oggi da poche chiassose minoranze vengono rifiutati e derisi. Condivido parola per parola, riga per riga, ciò che lei ha detto e scritto. Farò del mio meglio per darne la massima diffusione. È da questa parte, non da altre, che verranno la salvezza e l’affermazione della nostra cara Italia. Una stretta di mano stretta e forte, da soldato a soldato”.

In quel momento non avevo ancora letto il libro riga per riga, ma solo stralci e una copia elettronica. Solo il giorno dopo mi sono arrivate due copie cartacee, che, come promesso, farò circolare a iniziare da figli e nipoti.

Poi, mi è venuto un dubbio atroce: si è parlato di autorizzazione e di sanzioni. Io ho lasciato il servizio attivo 23 anni fa, non è che nel frattempo è cambiato qualcosa? Ho voluto verificare. Il nuovo codice dell’Ordinamento della Difesa in effetti è datato 2010 e comprende ben 2272 articoli. La “Libertà di manifestazione del pensiero” per i militari è contemplata dall’articolo 1472, in vigore dal 27 marzo 2012, che così recita:

“1. I militari possono liberamente pubblicare i loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio, per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione.
2. Essi possono, inoltre, trattenere presso di sé, nei luoghi di servizio, qualsiasi libro, giornale o altra pubblicazione periodica.
3. Nei casi previsti dal presente articolo resta fermo il divieto di propaganda politica”.

Ebbene, nel libro del generale Vannacci non c’è traccia di argomenti riservati di interesse militare o di propaganda politica. Ma allora, dove sta il problema? Se si tratta di esigenze di “politicamente corretto” nell’esprimere le proprie idee, questo lasciamolo ad altri. A noi militari interessano solo verità e correttezza nella comunicazione. Qualità che in questo libro certo non mancano.

5854.- Guerre USA perdute, fallimentari, ma non per le vendite di armi.

Sono in molti a ritenere che la NATO è il braccio armato della finanza angloamericana e che senza la NATO non ci sarebbe bisogno della NATO. Alla fine tutto viene a galla, ma sempre troppo tardi. Dobbiamo uscire da questo baratro prima che la situazione finisca “fuori controllo”.

Sempre vero. Finanziarono la Werhmacht, meccanizzata in chiave anti russa e oggi la NATO.

Il colonnello Macgregor: Vi spiego perché la gestione della guerra in Ucraina da parte degli Stati Uniti è fallimentare e cosa stiamo rischiando

Intanto, l’Italia, mai come oggi, prona ai voleri di Washington, continua a investire miliardi che non ha in armamenti, come i carri armati da battaglia, inutili per la difesa del territorio nazionale. Quattro miliardi e mezzo ai tedeschi per i Leopard 2A8, un miliardo e mezzo per tentare di ammodernare gli Ariete II e, poi, gli investimenti nel nuovo carro da battaglia franco-tedesco Mgcs. Li vedete sulle Alpi questi mostri da 70 tonnellate? E per difenderci da chi? Non ci sono mai soldi per le pensioni del ceto medio, che continuiamo a svalutare, di fatto; non ci sono per ristrutturare le scuole, per la sanità, per i danni degli esperimenti climatici: “Vietato parlarne.” Parliamo di investire insieme ai paesi del Mediterraneo allargato, parliamo! mentre Russia e Cina avanzano e i francesi, razza superiore, perseverano a scavare un vallo con il Sahel, con l’Algeria. E con l’Egitto, continua la solfa della verità su un agente della Gran Bretagna, forse consapevole, forse no e di Zaki, che italiano non è. La sinistra è sempre anti italiana e la destra gli tiene il bordone. Per paura?

Di Sabino Paciolla|, 26 Agosto 2023

Lunedì sera, Carlson ha presentato un nuovo episodio di Tucker su Twitter, sottolineando che “praticamente tutto” ciò che i media mainstream hanno riportato “sulla guerra in Ucraina è una bugia”. Questo include notizie che suggeriscono che l’esercito russo è debole e sta perdendo la guerra contro l’Ucraina, che è una “democrazia”.

Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog la sintesi dell’intervista, che potete vedere qui sotto, che il Colonnello Douglas Macgregor ha rilasciato a Tucker Carlson. Il Colonnello Douglas Macgregor ha scritto saggi sulla guerra ed è stato decorato nella prima guerra in Iraq. La sintesi è stata fatta da Patrick Delaney e pubblicata su Lifesitenews. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. Ecco l’articolo nella mia traduzione. 

“Le forze ucraine vengono spazzate via dai russi”

Descrivendo lo stato attuale della guerra in Ucraina, lo studioso e autore militare ha riferito che le “bugie che sono state raccontate” negli ultimi 18 mesi dal governo e dai media stanno “crollando perché ciò che sta accadendo sul campo di battaglia è orribile”. Si tratta probabilmente di “400.000 uomini ucraini uccisi in battaglia”, tra cui “almeno 40.000 uccisi” nella “presunta controffensiva che avrebbe dovuto spazzare il campo di battaglia”.

Senza essere in grado di identificare quanti uomini sono stati feriti, Macgregor ha stimato con un certo livello di certezza che “40-50 mila soldati sono mutilati”.

Inoltre, i soldati ucraini a livello di plotone “si stanno arrendendo ai russi, non perché non vogliano combattere [ma] perché non possono più combattere” a causa dell’alto numero di feriti. E “i russi fin dall’inizio hanno sempre trattato i soldati ucraini in modo molto equo e rispettoso”, ha detto. “Quindi sanno che non saranno maltrattati o abusati”.

Pur ammettendo che il numero delle vittime russe è più difficile da determinare, il colonnello in pensione ha stimato “40-50 mila morti, [e] forse altri 40-50 mila feriti”. Osservando il significativo rapporto 1 a 8, Carlson lo ha definito “grottesco”.

L’intervento occidentale avrebbe conseguenze “devastanti” per gli Stati Uniti e la NATO “perché non siamo pronti a combattere i russi”.

“Piuttosto che ammettere che si tratta di una terribile tragedia che dovrebbe essere conclusa per motivi umanitari, se non altro… continueremo”, ha detto. “E questo mette i russi nell’infelice posizione di marciare ancora più a ovest”, fino al confine con la Polonia.

Macgregor ha poi spiegato che “il presidente Vladimir Putin e i suoi consiglieri non sono mai stati interessati a una guerra con la NATO o con gli Stati Uniti. Ecco perché c’è stato un tale incrementalismo, questo lento movimento in avanti, operazioni difensive per un lungo periodo per costruire la forza, e poi continue operazioni offensive”.

Il colonnello dell’esercito, che ha scritto la sua tesi di dottorato su un argomento legato alle forze armate russe, ha spiegato che Putin ha previsto la possibilità che gli Stati Uniti e la NATO intervengano nell’Ucraina occidentale.

Se ciò accadrà, “i russi saranno pronti”, ha detto Macgregor. “E le conseguenze per noi e per la NATO saranno devastanti, perché non siamo pronti a combattere i russi” a causa di quello che ha definito un “declino costante e ininterrotto della disciplina che fa combattere i soldati”.

Inoltre, le politiche di “divisione della forza su base razziale” e la promozione di individui “chiaramente non qualificati” sulla base di criteri che non hanno nulla a che fare con la competenza e il carattere, “sono demoralizzanti [e] distruttivi per gli istituti militari”. Minano la coesione che “al momento è solo una crepa [ma] diventerà una gigantesca spaccatura se si va in guerra”.

Inoltre, Macgregor ha affermato che “in termini di morale e disciplina, siamo vicini al punto in cui eravamo alla fine degli anni ’70”, avendo “perso il senso di ciò che è giusto”. E “dal 2001, la maggior parte dei combattimenti è stata su scala molto ridotta contro un nemico fugace”. L’attuale esercito americano non è “abituato a combattere contro chiunque possa reagire”.

“La cosa più intelligente che potremmo fare è porre fine a questa guerra”

Inoltre, l’ex comandante di carri armati, che ha ricevuto una stella di bronzo per il suo valore sotto il fuoco nella prima guerra in Iraq, ha parlato in dettaglio di come i carri armati americani siano datati e quindi molto vulnerabili alle armi moderne. I motori sono così caldi che possono essere facilmente rintracciati dai satelliti. “Quindi se pensi di nasconderti o di superare qualcuno, sei solo un bersaglio luminoso dallo spazio”.

Nella guerra moderna, “l’unico limite” alla capacità di un esercito “di colpire e distruggere il nemico sono le munizioni”, e “i russi non ne hanno affatto bisogno”, grazie a diverse fabbriche che le producono in quantità molto elevate. Al contrario, gli Stati Uniti non hanno “alcuna capacità di riserva” per far fronte a tali esigenze di produzione.

Macgregor ha chiarito che “il mondo è cambiato [e] la guerra è cambiata. Le difese aeree integrate metteranno fuori gioco praticamente tutto ciò che vola”, e lui e molti altri temono che gli Stati Uniti e la NATO “ripiegheranno su un deterrente nucleare” che potrebbe portare a una rapida escalation catastrofica.

“Stiamo vivendo in un terribile dilemma. La cosa più intelligente che potremmo fare è porre fine a questa guerra”, ha detto.

I neoconservatori sono “come i bolscevichi” e “hanno un’ascia di guerra permanente contro i russi”

In risposta a una domanda di Carlson, l’ex colonnello dell’esercito ha descritto il vicesegretario di Stato ad interim Victoria Nuland come “una neocon impegnata da tempo”, come il marito Robert Kagan e il cognato Fred Kagan, l’ultimo dei quali Macgregor ha detto di conoscere personalmente. “Ovunque vada, di solito ci sono conflitti, crisi e scontri. E lei è una forte sostenitrice della lotta fino all’ultimo ucraino”.

Secondo il deputato in pensione ed ex candidato alla presidenza Ron Paul, i neoconservatori sono gli eredi ideologici del primo terrorista bolscevico Leon Trotsky e credono nella “rivoluzione permanente, violenta e intellettuale”, nell’avanzamento dell’impero americano attraverso la “politica dura” e nel fatto che “la menzogna è necessaria allo Stato per sopravvivere”. Sostengono inoltre un “imperialismo” aggressivo per imporre un programma “progressista” (cioè LGBTQ) ad altre nazioni e “usare la forza americana per forzare” l’attuazione di questi obiettivi.

Altrove, Macgregor ha detto che i neocon “mi ricordano molto i bolscevichi” che nel 1917 rovesciarono violentemente lo zar in Russia per fondare l’Unione Sovietica. “Erano inflessibili, senza compromessi. Ed è quello che abbiamo a Washington. Queste persone sono completamente intransigenti”.

Di questo stesso gruppo di neocon dell’amministrazione fanno parte il segretario di Stato Antony Blinken e il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan. Il colonnello in pensione ha poi detto a Carlson che “la Russia ha un fascino particolare [per i neocon] perché penso che queste persone abbiano antenati che provengono da quella regione del mondo e hanno un’ascia di guerra permanente con i russi”.

Macgregor ritiene che la maggior parte degli americani non condivida tale astio nei confronti della Russia e suggerisce che non sia etico per un gruppo di persone prendere il potere e poi “modellare la politica sulla base di qualsiasi infelicità vissuta dai loro antenati in un luogo come la Russia”.

I politici statunitensi devono “capire che quello che abbiamo fatto ci si è ritorto contro”, la Russia si prepara a combattere la NATO

Mentre Sullivan continuerà a proporre che “i russi sono deboli” e “tutto ciò che dobbiamo fare è continuare a fare pressione e loro crolleranno”, Macgregor ha detto che “questa è stata una strategia infernale. Ha ucciso un gran numero di persone, creato milioni di rifugiati e distrutto il Paese, ma non ha danneggiato la Russia”. Oggi la Russia “è più forte di quanto non sia stata negli ultimi 30 o 40 anni. L’esercito russo è più potente e più capace di quanto non fosse a metà degli anni ’80”.

Inoltre, a causa dell’”intransigenza” e dell’”odio e ostilità dimostrati dal governo statunitense nei confronti di Mosca e della Russia”, il popolo russo e la sua leadership si sono convinti “che dovranno combattere contro di noi e contro chiunque sia alleato con noi. Quindi si stanno preparando per questa eventualità”.

Con fino a 750.000 truppe russe in Ucraina e nelle sue vicinanze in questo momento, e con un numero che dovrebbe salire a 1,2 milioni nel corso del prossimo anno, Macgregor ha detto che “è così importante che dobbiamo svegliarci [e] capire che quello che abbiamo fatto ci si è ritorto contro. Qualsiasi cosa ci siamo prefissati di ottenere è fallita. Quello che dobbiamo fare ora è fermare tutto questo e trovare un accordo” prima che la situazione finisca “fuori controllo”.

“Alla fine, [se] continuate così, nei prossimi sei [o] otto mesi, vedrete centinaia di migliaia di truppe russe al confine con la Polonia. Non è questo l’obiettivo che ci siamo prefissati”, ha detto.

Zelensky “un comico” che spesso interpreta un “travestito”, benedetto da Nuland e dal Dipartimento di Stato USA

Alla domanda sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Macgregor lo ha descritto come “un comico che si è guadagnato da vivere recitando sul palcoscenico e fingendo spesso di essere un travestito, facendo cose con varie parti del corpo che non voglio approfondire”. Sostenuto dall’oligarca miliardario Ihor Kolomoisky – che secondo il colonnello è probabilmente il maggior responsabile del finanziamento del battaglione neonazista Azov – e “benedetto da Victoria Nuland e dal Dipartimento di Stato come il loro uomo”, Zelensky si è originariamente candidato su una piattaforma di pace con la Russia ed è stato eletto con un’ampia maggioranza.

“Naturalmente, una volta entrato in carica, ha preso una strada diversa. E non posso fare a meno di pensare che quella strada sia stata definita per lui [dal governo statunitense]”, ha detto Macgregor.

I rapporti di giugno hanno rivelato che nell’aprile del 2022 gli ucraini e i russi erano giunti a un accordo di pace e che, in apparente risposta, il Primo Ministro britannico Boris Johnson aveva fatto una visita drammatica a Kiev, dopo la quale il regime di Zelensky aveva scartato l’accordo di pace e aveva abbracciato piuttosto un piano di guerra su larga scala contro il gigante confinante.

Ora, Macgregor ritiene che “sempre più ucraini vogliano solo sopravvivere” a questo conflitto, mentre “Zelensky e i radicali che lo circondano sono fondamentalmente impegnati a combattere questa guerra fino all’ultimo ucraino”. Inoltre, il colonnello afferma: “Sono sicuro che il signor Zelensky e i suoi amici sono ansiosi di ritirarsi a un certo punto nelle loro tenute in Florida, a Venezia o a Cipro per riscuotere i miliardi che sono riusciti a rubare o a sottrarre da tutti gli aiuti che abbiamo fornito. Ricordate che l’Ucraina è probabilmente uno dei luoghi più corrotti al mondo”.

Il travestito portavoce dell’Ucraina in contrasto con il lavoro di Putin per ripristinare “la Russia come Stato cristiano ortodosso”

Carlson ha poi mostrato un video del nuovo portavoce dell’esercito ucraino, che ha descritto come “un ragazzo americano, di sinistra, vestito da donna che ora indossa un’uniforme dell’esercito ucraino e parla di uccidere Putin”.

In risposta alla clip, Carlson ha detto che “c’è qualcosa di così perfetto in questo”, proponendo che il video di questo “ragazzo con i seni finti” rappresentava “la convergenza di ogni brutta tendenza anti-umana della vita moderna”.

Macgregor ha detto che, al contrario, la Russia è molto diversa da come era sotto l’Unione Sovietica, sostenendo che Putin ha lavorato per ripristinare “la Russia come uno Stato cristiano ortodosso con una vera identità nazionale e una forte cultura nazionale”.

“Probabilmente questo è un altro motivo per cui così tante persone vogliono distruggere la Russia, perché è l’ultimo Stato europeo che non è stato inondato di stranieri e trasformato in una sorta di esperimento poliglotta che sta fallendo malamente”, ha detto.

Sebbene Putin abbia tentato in tutti i modi di evitare un confronto militare in questa crisi dopo il colpo di Stato del governo ucraino sostenuto dagli Stati Uniti nel 2014, tra cui la garanzia di pari diritti di fronte alla legge per i russi, la neutralità dell’Ucraina e la fine della guerra del governo di Kiev contro le province orientali di etnia russa, Macgregor afferma che questi obiettivi sono ora naturalmente cambiati.

Gli obiettivi di Mosca sono cambiati e questa guerra potrebbe “raggiungere anche noi qui negli Stati Uniti”.

Ciò che resta dell’Ucraina dovrà rimanere neutrale e non essere membro della NATO. “I russi non tollereranno mai la presenza di forze NATO sul suolo ucraino perché [gli Stati Uniti] hanno dimostrato in modo inequivocabile che siamo fondamentalmente ostili alla Russia”.

Ad esempio, il colonnello ha menzionato il naturale timore del Cremlino che i missili della NATO possano essere posizionati nell’Ucraina orientale, mettendoli “a un paio di minuti di distanza da tutte le città russe e da tutto il deterrente nucleare della Russia”, cosa assolutamente intollerabile.

Infine, ritiene che Mosca dovrà stabilire qualche mezzo per avere voce in capitolo su chi governerà la nuova “Ucraina che rimane”, al fine di “garantire che dietro le quinte non siano nuovamente sottoposti al trattamento che abbiamo riservato loro negli accordi di Minsk” (per saperne di più).

Infine, Macgregor ha avvertito che, poiché gli Stati Uniti non dispongono di “ottime difese aeree”, in quanto “non abbiamo combattuto contro nessuno che ci costringesse a difenderci da attacchi missilistici e aerei”, la patria americana è notevolmente vulnerabile agli armamenti moderni.

“In altre parole, se la guerra con la Russia è in corso nell’Europa centro-orientale, essa ci raggiungerà qui negli Stati Uniti”, ha affermato. E “la gente non ci pensa”.

Patrick Delaney 

5853.- E se fosse stata opera della CIA? Lo strano intervento di Biden.

Mosca: “Inaccettabili le parole di Biden su Prigozhin”. E intanto viene rimosso il relitto del jet su cui viaggiava il capo della Wagner

La Russia fa sapere di non aver gradito le parole del Presidente Usa sulla misteriosa morte di Prigozhin. Nel contempo, sul luogo dello schianto sono stati rimossi i resti del jet del capo della Wagner.

Da Il Riformista, Redazione — 25 Agosto 2023

Mosca: “Inaccettabili le parole di Biden su Prigozhin”. E intanto viene rimosso il relitto del jet su cui viaggiava il capo della Wagner

Il vice ministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov ha definito “inaccettabili” le parole del presidente degli Stati Uniti Joe Biden a proposito della morte del fondatore del gruppo Wagner. “Non sono sorpreso”, aveva detto Biden il giorno dello schianto dell’aereo. “Non succede molto in Russia senza che ci sia dietro Putin”, aveva aggiunto.

“Non spetta al presidente degli Stati Uniti parlare di eventi tragici di questo tipo”, ha detto Ryabkov citato dall’agenzia di stampa statale Tass, aggiungendo che un simile intervento dimostra il disprezzo di Washington per la diplomazia.

E intanto, sempre secondo fonti russe, è stato rimosso il relitto dell’aereo Embraer di proprietà di Evgenij Prigozhin, che si è schiantato mercoledì nei pressi del villaggio di Kuzhenkino, nella regione di Tver, in Russia. Lo riporta l’agenzia di stampa Ria Novosti.