Ultimissime dagli occhi della guerra:
L’Eni strappa con gli Emirati Arabi Uniti uno dei più importanti accordi degli ultimi anni. E con questo accordo, l’Italia non strappa soltanto un accordo fondamentale per gli idrocarburi del Golfo Persico, ma anche un accordo di fondamentale importanza nei rapporti con uno dei principali attori del Golfo Persico. E che per Roma è fondamentale anche, se non soprattutto, per ciò che riguarda la Libia.
Cosa prevede l’accordo
L’accordo sul gas fra Eni e governo emiratino è un tassello estremamente importante. Il patto, concluso fra Eni e Adnoc, il colosso mondiale del gas e del petrolio con sede ad Abu Dhabi, prevede l’acquisizioni del 25% di un’enorme concessioni off-shore nel Golfo Persico. Come scritto nel comunicato dell’azienda di San Donato, “la concessione, che ha una durata di 40 anni, consiste nei giacimenti Hail, Ghasha, Dalma e in altri campi offshore situati nella regione di Al Dhafra”.
“Il progetto produrrà più di 1,5 miliardi di piedi cubi di gas al giorno con avvio previsto verso la metà del prossimo decennio. Il gas prodotto dai giacimenti di Hail, Ghasha e Dalma potrebbe soddisfare oltre il 20% della domanda di gas degli Emirati Arabi Uniti”. Ed è questo che interessa particolarmente agli emiratini, poiché il loro primo punto in agenda è quello di scrollarsi di dosso la dipendenza dal gas del Qatar.
Un accordo fondamentale per la Libia.
Ma se il patto serve agli Emirati, serve soprattutto al governo italiano per strappare quote di mercato a britannici e francesi e per aprire un canale diretto con gli Emirati. Lo sbarco di Eni ad Abu Dhabi rappresenta una svolta fondamentale nei nostri rapporti, dal momento che gli Emirati rappresentano una potenza in ascesa in tutta la Penisola Arabica e un attore fondamentale per il presente e il futuro della Libia.
Il ragionamento è semplice. L’Italia ha bisogno di consolidare la propria posizione in Libia riuscendo a interloquire in maniera sempre più stabile con Khalifa Haftar. Ma soprattutto deve fare in modo che la Francia conti sempre di meno nel Paese nordafricano. Gli Emirati sono fra i maggiori sostenitori di Haftar insieme all’Egitto. Egitto ed Emirati, con l’ascesa di Abdel Fattah Al Sisi, sono diventati alleati. E quindi, a Roma serve avere al proprio fianco sia Abu Dhabi che Il Cairo.
Una partita difficilissima
Il governo italiano sta riuscendo a vincere questa difficilissima partita, che si gioca su un equilibrio estremamente complesso. Nel cambiamento di strategia italiana in Libia, è fondamentale questo nuovo triangolo politico fra Italia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Ed Eni è la nostra arma principale per intessere relazioni sempre migliori con questi due attori imprescindibili per il Paese nordafricano.
L’Italia, con questo nuovo governo, ma forse anche perché travolta dagli eventi, ha cambiato strategia. Non può puntare soltanto su Fayez al-Sarraj: serve anche Haftar, il generale della Cirenaica. In questo cambiamento di posizione giocano diversi fattori, in primis il nostro riavvicinamento alla Russia e la decisione di contrastare l’ascesa della Francia nelle decisioni del maresciallo di Tobruk. Ma un ruolo fondamentale lo giocano anche i rapporti con Il Cairo (ristabilito anche grazie al giacimento Zohr in cui Eni è protagonista) e con Abu Dhabi. Ed è anche per questo motivo che si spiega il viaggio di Giuseppe Conte nel Paese del Golfo. Ma il gioco, inutile dirlo, è estremamente pericoloso. E lo dimostra il fatto che, mentre Eni firmava lo storico accordo con gli emiri, un altro emiro, quello del Qatar, arrivava a Roma, accolto con tutti gli onori dallo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Tra Abu Dhabi e Doha le relazioni sono a dir poco complicate. L’equilibrismo, in quella regione, è difficilissimo. Le potenze si odiano fra loro e lo scontro fra EAU e Qatar, che riguarda anche la Fratellanza Musulmana, incide sulla Libia al pari dei rapporti con la Turchia.
Foto La Presse
Il viaggio di Conte negli Emirati
Messo agli atti il summit di Palermo, l’Italia con Giuseppe Conte si sta muovendo con tutte le sue armi diplomatiche nel difficile contesto della Penisola arabica. E in una regione così conflittuale è molto difficile muoversi senza avere conseguenze negative nelle relazioni con altri vicini. Qui pesa la risoluzione del contratto per l’Air Force Renzi, ma il governo avrebbe raggiunto con Etihad un accordo accettando, pur di risolvere il contratto, una penale tra i 20 e il 25 milioni di euro.
L’Italia fu il primo ed è uno dei principali partner economici europei degli Emirati, con un interscambio di circa 8 miliardi di euro nel solo 2017. Un volume d’affari che è destinato ad aumentare con il piano di investimenti di 150 miliardi in 7 anni, varato dal governo di Abu Dhabi. Grazie soprattutto alla presenza sul territorio di banche quali Unicredit, Intesa San Paolo e Sace, le imprese italiane hanno trovato un valido canale di comunicazione finanziario per i progetti industriali e commerciali con gli Emirati. E attualmente si parla di almeno due grandi progetti, la seconda tratta della ferrovia nazionale (Etihad Rail II) e l’Aeroporto Al Maktoum (Dubai), futuro primo hub al mondo (si stimano 220 milioni di passeggeri annui), in cui dovrebbero essere in vantaggio aziende del nostro Paese. A questo si aggiunge anche l’industria bellica.
C’è, soprattutto, il ruolo centrale dell’Eni, fondamentale strumento della diplomazia italiana, che ha siglato un nuovo accordo con gli Emirati per una concessione nel Golfo Persico, con la quale si “potrebbe ridurre del 20% circa l’import di gas degli Emirati dal Qatar in un momento in cui le relazioni diplomatiche tra i due Paesi sono piuttosto fredde e in cui Abu Dhabi sta rilanciando i suoi investimenti per sfruttare i giacimenti di gas e petrolio”. L’Eni in Africa non è solo Egitto e Libia. La sua rete di interessi congiunge tutto il continente africano e va dal Mediterraneo a Capo di Buona Speranza. E in questa rete, entra anche il Mozambico.
L’Italia gioca fra equilibri delicati
In Libia, gli Emirati giocano un ruolo molto più influente di quanto si possa credere. Fra i maggiori sostenitori di Khalifa Haftar insieme all’Egitto, il principe ereditario ha già avuto modo di sentire telefonicamente Conte prima della conferenza di Palermo per sostenere gli sforzi dell’Italia sul fronte libico, ma soprattutto per confermare la necessità di trovare una soluzione che coinvolgesse Haftar come attore imprescindibile. Il tutto, mentre Matteo Salvini poche settimane prima si recava in Qatar, attuale avversario politico di Abu Dhabi, e in attesa dell’arrivo dell’emiro di Doha a Roma. In questa difficile ma fondamentale partita dell’Italia fra le monarchie del Golfo Persico.
Infine, la competizione economica con Francia e Germania si gioca anche qui, in Africa e, se possiamo recuperare un goal da Palermo, non è senza significato avere ospitato un summit con tanti paesi africani.
contributi di Lorenzo Vita, tratti da occhi della guerra