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4232.- Chi è stato Gino Strada.

GINO STRADA CHIAMAVA “SBIRRI” I POLIZIOTTI, MA CHI ERA? (1399)

1399. , ONG, Politica italiana

Ora che è morto e che l’ora dei necrologi si tende a celebrare il bene che ha fatto, ma sono certo di rendergli un miglior servizio tornando a raccontare chi è stato e cosa ci lasciano quelli come lui. Non solo fiori!

C’è uno strano caso di “silenzio stampa” in questo nostro grande paese: quello riguardante il passato violento del dottor Gino Strada. Il pacifista, la colomba, l’uomo che ama il bene e fa del bene, il missionario laico che va in soccorso degli oppressi, colui che predica col ramoscello d’ulivo in bocca, trafficante all’occorrenza, è lo stesso che faceva da “luogotenente” – insieme al futuro odontoiatra Leghissa – a Luca Cafiero il famigerato capo del servizio d’ordine del famigerato Movimento Studentesco del l’Università Statale di Milano, quello dei terribili e mai dimenticati “katanghesi”. Chi è Gino Strada e perché è una figura controversa? Non ho mai visto molta limpidezza nelle attività di Strada all’estero e nei troppi contatti di Emergency con i servizi stranieri. Insomma, è un uomo controverso che non è stato mai un santo, che è stato candidato al premio Nobel e, fortunatamente, non l’ha vinto e che ha vissuto e vive da protagonista. Pescando qua e là sul web, diamo uno sguardo al suo passato.

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Chiama “sbirri” i poliziotti e il suo passato ci spiega il perche’. L’altra faccia dell’antipolizia, già attivista del famigerato e violentissimo “movimento studentesco”e responsabile nel gruppo di servizio d’ordine “Lenin” della facoltà di medicina.

Sì, è proprio lui: il “pacifista” Gino Strada, colui che oggi dà dei “delinquenti politici” agli esponenti della casa della Libertà e dei DS che non vogliono soggiacere ai suoi diktat di aspirante leader politico che sogna un seggio in Parlamento.Per l’esattezza Strada, insieme a Leghissa, era il capo del servizio d’ordine di Medicina e Scienze e il suo gruppo o squadra aveva questo inequivocabile nome: “Lenin”, un nome tanto illustre nella storia del comunismo. La “Lenin” era giudicata da Luca Cafiero quale la più fidata ed aggressiva, costituendo in tal modo una sorta di unità scelta. Questa era un’organizzazione di estrema sinistra, il quale si auto-definiva “stalinista”, al punto da gridava nelle proprie manifestazioni “viva Stalin, viva Berja, via la Ghepeu”, in questo modo inneggiando sia al dittatore georgiano, sia al più noto dei suoi capi dei servizi segreti. Questo movimento disponeva del più organizzato e pericoloso fra tutti i “servizi d’ordine”, in realtà reparti paramilitari, di quegli anni, i cosiddetti “katanga” o “katanghesi”.

I “katanghesi” avevano un armamento individuale uniforme ed accuratamente predisposto dai loro capi: il casco da combattimento, tuta, mascherina anti gas, le “caramelle”, ossia sassi nelle tasche (con l’obbligo di portarli sempre con sé), e la cosiddetta “penna”, la famosa Hazet 36 cromata, una chiave inglese d’acciaio lunga quasi mezzo metro che andava nascosta sotto l’eskimo o nelle tasche del loden, tipici segni di riconoscimento degli estremisti comunisti dell’epoca.

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Questi estremisti avevano infine selezionato la Hazet 36 dopo aver scartato altri strumenti di offesa, quali i manici di piccone, le mazze ecc., poiché avevano sperimentato direttamente che presentavano rispetto alla chiave inglese una minore efficacia. La “penna” aveva anche il vantaggio aggiuntivo di facilitare la difesa in caso d’arresto, poiché si poteva tentare di giustificarla quale “strumento di lavoro”. I “katanghesi” non erano soltanto armati, ma molto bene organizzati e disciplinati, con una serie di reparti inquadrati da comandanti ed una disciplina interna molto severa. Manovravano sulle piazze e nelle vie in formazioni serrate ed ordinate, di centinaia e centinaia di uomini, simili all’assetto da battaglia di una coorte romana. Accadeva sovente che non fosse la polizia ad attaccarli, ma al contrario che fossero i “katanga” a caricare la polizia con estrema violenza.

Non arretravano di un millimetro nemmeno di fronte agli scudi della polizia in assetto da combattimento. Semmai, purtroppo avveniva talvolta il contrario.

Oltre alla polizia ed ai carabinieri, il Movimento Studentesco assaliva gli avversari di destra, e giudicava nemici praticamente tutti gli altri movimenti di sinistra di quegli anni: Avanguardia Operaia, Lotta Continua, Lotta Comunista (con cui si ebbe a Milano uno scontro di straordinaria violenza), ed altri ancora. Persino i primi gruppi di Comunione e Liberazione, del tutto pacifici, furono vittime della violenza del “Movimento Studentesco”.

Gino Strada era membro di tale organizzazione paramilitare stalinista, ed aveva anzi un ruolo importante. Rispetto ai capi degli altri servizi d’ordine – ad esempio Mario Martucci per la Bocconi e il suo gruppo “Stalin”, o Franco Origoni per la squadra di Architettura, o Roberto Tuminelli, l’erede delle famose scuole private per il recupero-anni, alla guida del gruppo “Dimitroff”, il bulgaro segretario della Terza Internazionale accusato da Hitler di aver incendiato il Reichstag – il gruppo guidato da Strada si distingueva per la più cieca obbedienza e fedeltà a quel fior di democratico e di amante dei diritti civili che rispondeva al nome di Luca Cafiero, capo supremo di tutti i Servizi d’Ordine e poi divenuto deputato del PCI, candidato a Napoli, dove superò addirittura in fatto di preferenze l’on. Giorgio Napolitano. Al comando generale e assoluto di Cafiero c’erano i gruppi “Stalin”, “Dimitroff” e tanti altri – ciascuno dei quali aveva uno o più sotto-capi -, ma era il “Lenin” di Gino Strada che si distingueva per la prontezza e la capacità di intervento laddove ce ne fosse stato bisogno.

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I pestaggi davanti alle scuole sono all’ordine del giorno, giovani di 17 anni finiscono sulle sedie a rotelle,

In sostanza, ancora ben lontano dallo scoprire il suo attuale animo pacifista, Gino Strada era uno degli uomini di punta di quel Movimento dichiaratamente marxista-leninista-stalinista-maoista che aveva i suoi uomini guida in Mario Capanna, Salvatore “Turi” Toscano e Luca Cafiero. I milanesi, e non solo loro, ricordano benissimo quegli anni, e soprattutto quei sabati di violenza, di scontri, di disordini.

Ma ora nessuno dice loro che ad accendere quelle scintille c’era anche l’odierno “predicatore” Gino Strada.

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Il servizio d’ordine del Movimento Studentesco era uno dei corpi più militarizzati, una autentica banda armata che incuteva terrore e seminava odio.

Ma era molto di più avvezzo ai seguenti segni identificativi: l’eskimo, il casco da combattimento, e l’obbligo di portare con sé, 24 ore su 24, le “caramelle”: cioè due sassi nelle tasche e soprattutto “la penna”, cioè la famosa Hazet 36 cromata, una chiave inglese d’acciaio lunga quasi mezzo metro nascosta sotto l’eskimo o nelle tasche del loden. Alla “penna” – si usava tale termine durante le telefonate per evitare problemi con le intercettazioni – si era arrivati partendo dalla “stagetta” (i manici di piccone che avevano il difetto di spezzarsi al contatto col cranio da colpire), dalle mazze con avvitato un bullone sulla sommità per fare più male, e dai tondini di ferro usati per armare il cemento, ma anch’essi non adatti poiché si piegavano. I katanghesi e il loro servizio d’ordine, Gino Strada in testa, erano arrivati a questa scelta finale in fatto di armamentario, su esplicita indicazione del loro collegio di difesa che allineava nomi oggi famosissimi come quello di Gaetano Pecorella, Marco Janni, Gigi Mariani, insieme ad altre decine di futuri principi del foro, mentre sul fronte dei “Magistrati Democratici” spiccava la figura di Edmondo Bruti Liberati. Il “collegio di difesa” aveva dato istruzioni ben precise in caso di arresti e processi: “Negare sempre l’evidenza”, anche in caso di fotografie o filmati inequivocabili, definire come “strumento di lavoro” la scoperta eventuale della chiave inglese.

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L’acrimonia degli scontri di piazza raggiunse ben presto livelli di guardia molto preoccupanti, sia per il numero dei feriti annoverati tra le Forze dell’Ordine.

I loro avversari non erano solo i Tommaso Staiti sul fronte della destra, ma anche i “compagni” di Avanguardia Operaia (molti dei quali oggi sono esponenti dei Verdi), Lotta Continua (dei Sofri, Mario Deaglio, Gad Lerner, apprezzato radiocronista dai microfoni di Radio Popolare incaricato di dare le istruzioni in diretta sulle vie da evitare e sulle strade di fuga in cui fuggire) e Lotta Comunista (memorabile e indimenticabile uno scontro di inaudita violenza) e perfino coi primi gruppi di Comunione & Liberazione. Anche quelli di sinistra erano i “nemici” di Strada al pari di Tom Staiti e dei suoi.

Non c’è bisogno di scomodare la memoria del prefetto Mazza e del suo famoso rapporto, la cui rispondenza alla verità venne riconosciuta solo molti anni dopo, per affermare che il servizio d’ordine del Movimento Studentesco era uno dei corpi più militarizzati, una autentica banda armata che incuteva terrore e seminava odio in quegli anni. Si trattava di una autentica falange macedone di 300-500 persone, (Strada e Leghissa ne guidavano una cinquantina), che non arretravano di un millimetro nemmeno di fronte agli scudi della polizia in assetto da combattimento. Semmai, purtroppo avveniva talvolta il contrario.

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Per sostituire la democrazia rattrappita con una progressista, il 17 maggio 1972 viene ucciso a Milano da uno sconosciuto il commissario di pubblica sicurezza Luigi Calabresi.

Unico aspetto positivo è che, a differenza di Lotta Continua, l’MS non ha prodotto successivi passaggi al terrorismo. Anche se bisognerebbe riaprire le pagine del delitto Franceschi alla Bocconi e sarebbe ora che la coscienza di qualcuno che conosce la verità finalmente si aprisse. Che si trattasse di un corpo militarizzato, in tutti i sensi, strumenti di violenza compresi, è fuor di dubbio. Così come è indubitabile la autentica ed elevata ferocia che caratterizzava quei gruppi che attaccavano deliberatamente la polizia come quando si trattò di arrivare alla Bocconi per conquistare il diritto dei lavoratori ad avere le aule per i loro corsi serali. E non possono certo essere le attuali conversioni dei Sergio Cusani, degli Alessandro Dalai, dei Gino Strada, degli Ugo Volli (considerato, senza ritengno alcuno, “l’erede di Umberto Eco”) o degli Ugo Vallardi (al vertice del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera) a far dimenticare quegli anni, quelle violenze, e quelle “squadre di propaganda” di cui faceva parte anche un certo Sergio Cofferati, in qualità di studente-lavoratore della Pirelli. Qualcuno, quando incrocia il dottor Gino Strada in qualche talk-show televisivo, vuole provare a ricordargli se ha qualche ricordo di quei giorni, di quegli scontri, di quelle spranghe, di quei ragazzi (poliziotti o studenti) rimasti sul selciato? Che bello sarebbe poterglielo chiedere al dottor Gino Strada se rinnega il suo passato e come si concilia col suo presente. E poi, soprattutto: quale titolo ha costui per poter definire “delinquenti politici” gli altri? Ma perché continuo a stupirmi?

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Sono anch’io un reduce del ’68, ma senza mazze. Oggi, vediamo quale Stato hanno costruito la violenza e l’odio.

Per l’esattezza Strada, insieme a Leghissa, era il capo del servizio d’ordine di Medicina e Scienze e il suo gruppo o squadra aveva questo inequivocabile nome: “Lenin”, un nome tanto illustre nella storia del comunismo. La “Lenin” era giudicata da Luca Cafiero quale la più fidata ed aggressiva, costituendo in tal modo una sorta di unità scelta. Questa era un’organizzazione di estrema sinistra, il quale si auto-definiva “stalinista”, al punto da gridava nelle proprie manifestazioni “viva Stalin, viva Berja, via la Ghepeu”, in questo modo inneggiando sia al dittatore georgiano, sia al più noto dei suoi capi dei servizi segreti. Questo movimento disponeva del più organizzato e pericoloso fra tutti i “servizi d’ordine”, in realtà reparti paramilitari, di quegli anni, i cosiddetti “katanga” o “katanghesi”.

1968 1 marzo Roma Inizio degli scontri a Valle Giulia, facoltˆ di Architettura
I katanghesi e il loro servizio d’ordine, Gino Strada in testa, erano arrivati alla scelta finale in fatto di armamentario, su esplicita indicazione del loro collegio di difesa: Gaetano Pecorella, Marco Janni, Gigi Mariani,  Edmondo Bruti Liberati.
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Gino Strada era membro di tale organizzazione paramilitare stalinista, eversiva ed aveva anzi un ruolo importante. Era un nemico della Repubblica democratica fondata sul dialogo, sul Parlamento di tutti. Non stupisce che, oggi, sia parte attiva dell’invasione della Nazione.

Altri potranno scrivere delle attività di intelligence e dei traffici di quest’uomo, come pure del bene che indubbiamente viene fatto dalla sua Ong, ma questa storia non sembri il ricordo di un attivismo “eroico”, ché fu violenza in tutti i sensi, anche per noi studenti della Sapienza che dovevamo vivere in un clima eversivo. Feci l’esame di Diritto Romano chiusi a chiave, io e il professore, pallido in volto, con la porta, grande, dell’aula che veniva giù. Le scuole superiori e le università italiane, furono teatro di accesi scontri politici tra studenti di destra e di sinistra e molti di loro finirono in carrozzella. Ricordo due bambini uccisi da questa follia: Claudio Varalli (Bollate, 1º luglio 1957 – Milano, 16 aprile 1975) e Sergio Ramelli (Milano, 6 luglio 1956 – Milano, 29 aprile 1975).Ma meglio delle mie parole, valga questa memoria della morte di un bambino:

All’Istituto tecnico Molinari lo tormentarono in tutti i modi. Il suo tema in classe sulla Resistenza non piacque per niente agli staliniani di Avanguardia e degli altri gruppi dominanti in quella scuola: Lotta continua e il Movimento

Lo processarono durante un’assemblea. Ne decretarono l’espulsione dal Molinari. 
Quindi scrissero sui muri la sentenza: “Ramelli fascista, sei il primo della lista”.

Il padre di Ramelli lo iscrisse a una scuola privata, ma la precauzione non salvò il ragazzo.

Il giovedì 13 marzo 1975, i katanga di Avanguardia operaia, alle tredici del pomeriggio, lo aggredirono mentre rientrava a casa.

Erano in sette contro uno, armati con sbarre di ferro e grosse chiavi inglesi.

Ci diedero dentro e gli spaccarono il cranio. Ramelli venne operato al Policlinico, cinque ore d’intervento per ricostruirgli la calotta cranica. Il ragazzo sembrò riprendersi, ma presto entrò in coma.

La sua agonia durò quarantasette giorni. Poi morì. I suoi assassini vennero scoperti dieci anni dopo. Tutti avevano fatto parte del servizio d’ordine di Avanguardia Operaia. 

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Sergio Ramelli (Milano6 luglio 1956 – Milano29 aprile 1975)

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Il cadavere di Claudio Varalli

La democrazia cresce nel dialogo e non con la violenza e vediamo i risultati di questi delinquenti nella mancanza di coesione del popolo italiano.