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6127.- Il Niger “caccia” la UE, disfatta europea nel Sahel

Con l’Ue, strada in salita per il Nuovo Piano Mattei e si fa avanti la Russia. Per nostra scelta o no, da 108 anni, stiamo sempre con l’alleato o contro il nemico sbagliato; ma, da soli, dove andiamo? L’aver rotto i rapporti degli Stati europei con la Federazione Russa avrà soddisfatto gli interessi americani, ma non i nostri. Abbiamo visto sventolare le bandiere russe nel Niger. La politica della solidarietà attiva nel Magreb, nel Sahel e in Libia può confrontarsi con le ambizioni di Mosca e di Ankara? Certamente, direi.

Mali, Burkina Faso e Niger hanno dato vita all’”Alleanza degli Stati del Sahel”, la NATO africana. Fino a che le basi USA e italiana in Niger resteranno, sarà importante chiarire i nostri obiettivi nel Sahel. Vedremmo bene un summit a Roma con il leader della giunta nigerina, il generale Abdourahamane Tian, con il leader del Burkina Faso, Capitano Ibrahim Traoré, con il presidente del Mali, colonnello Assimi Goita e sarebbe utile la presenza dei leader della Mauritania, generale Mohamed Ould Ghazouani e del Ciad, presidente Mahamat Idriss Déby Itno. Dopodiché la parola dovrebbe passare agli imprenditori e agli istituti finanziari.

Di seguito, da La Nuova Bussola Quotidiana, l’articolo di Gianandrea Gaiani di oggi 11 dicembre 2023

Dopo aver cacciato le truppe francesi, la giunta militare di Niamey chiude le due missioni militari europee e segue l’esempio di Burkina Faso e Mali. E il posto dell’Europa viene preso dalla Russia.

Sostenitori della giunta golpista in Niger issano una bandiera russa dopo il golpe

Il Sahel continua a staccarsi progressivamente dall’Europa. Dopo aver cacciato le truppe francesi, il 5 dicembre la giunta militare – al potere in Niger dallo scorso luglio – ha annunciato la fine delle due missioni dell’Unione Europea per la sicurezza e la difesa. Il ministero degli Esteri nigerino ha infatti denunciato l’accordo siglato da Niamey con l’Ue riguardante la missione EUCAP Sahel Niger, attiva dal 2012 e ha ritirato «il consenso concesso per il dispiegamento di una missione di partenariato militare dell’Ue in Niger (EUMPM)», varata nel febbraio scorso dal governo guidato dal presidente Mohamed Bazoum deposto dai militari.
Entrambe le missioni avevano il compito di sostenere le forze militari e di sicurezza nigerine nella lotta contro l’insurrezione jihadista.

Il Niger, come anche Burkina Faso e Mali, continua così il processo di emancipazione dall’Occidente anche in termini di difesa e sicurezza avviato con la cacciata dell’ambasciatore e delle forze militari francesi che dovrebbe completarsi nelle prime settimane del 2024 ma, ad aggiungere al danno la beffa, l’annuncio della cacciata delle missioni europee è stato reso noto lo stesso giorno in cui a Niamey è giunta in visita una delegazione russa, guidata dal vice ministro della Difesa, Yunus-Bek Yevkurov.

Uno “schiaffo” all’Europa anche perché si tratta della prima visita ufficiale di un esponente del governo russo in Niger dal golpe del 26 luglio scorso e Mosca non ha neppure un’ambasciata a Niamey. Il vice ministro della Difesa russo è stato ricevuto dal leader della giunta, il generale Abdourahamane Tian e al termine dell’incontro le due parti hanno firmato dei documenti «nell’ambito del rafforzamento» della cooperazione militare, stando a quanto riferito dalle autorità nigerine.

A completare la debacle francese ed europea nel Sahel, il 2 dicembre Niger e Burkina Faso hanno proclamato il ritiro anche dalla forza congiunta G5 Sahel, creata nel 2014 per migliorare il coordinamento tra le diverse nazioni della regione nella lotta contro il terrorismo e finanziata dall’Ue, da cui si era già ritirato il Mali.
Gli altri due membri del G5 Sahel, Mauritania e Ciad, hanno preso atto della situazione decretando lo scioglimento dell’organizzazione G5 Sahel che avrebbe dovuto rafforzare il ruolo europeo nella regione destabilizzata nel 2011 dalla disastrosa guerra dell’Occidente contro la Libia di Muammar Gheddafi.

L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell,ha espresso rammarico per la decisione presa dalla giunta militare del Niger, sebbene l’Unione europea aveva immediatamente sospeso ogni cooperazione in materia di sicurezza e difesa col Niger in seguito al colpo di Stato di luglio. Una decisione che ha posto le basi per la cacciata dalla nazione africana, con i francesi, anche della Ue che non è riuscita negli ultimi quattro mesi ad aprire negoziati concreti con la giunta nigerina per impedire l’uscita di Niamey dagli accordi di cooperazione, compromettendo così il ruolo dell’Europa in questa regione strategica per i nostri interessi. L’intransigenza di Bruxelles nei confronti della giunta militare aveva già visto in novembre il Niger revocare gli inasprimenti di pena approvati nel 2015 per punire il traffico di esseri umani i cui flussi sono diretti in Libia e poi in Italia.

Il disastroso insuccesso europeo coincide con l’ennesimo successo russo in Africa. L’accordo di cooperazione militare firmato in Niger è quindi anche una diretta conseguenza delle iniziative europee e va inserito negli accordi di cooperazione militare ed economica che Mosca ha già stretto con le giunte di Mali e Burkina Faso (nazioni alleate del Niger nell’Alleanza degli Stati del Sahel). Le truppe e soprattutto i contractors russi (della PMC Wagner o di altre compagnie militari private) stanno fornendo un solido contributo alle forze del Mali nella riconquista dei territori caduti in mano ai ribelli Tuareg e alle milizie jihadiste.

Yevkurov è giunto a Niamey nell’ambito della ennesima missione in Africa, inclusa la Cirenaica libica (dove il 2 dicembre ha messo a punto il rinnovo degli accordi di cooperazione militare con il feldmaresciallo Khalifa Haftar), cosa che  evidenzia la meticolosa attenzione con cui Mosca rimarca il suo crescente impegno in Africa, politico, militare ed economico.
Si è trattato del terzo incontro in pochi mesi tra il vice ministro russo e Haftar. A fine settembre Haftar era poi stato a Mosca, dove era stato ricevuto dal presidente russo Vladimir Putin e dal ministro della Difesa, Sergei Shoigu. Stando a quento riferito dal comando delle forze di Haftar, sabato scorso i colloqui sono stati incentrati sulle «modalità di cooperazione congiunta tra Libia e Russia».

Dopo Bengasi, la delegazione russa è volata a Bamako, dove è stata ricevuta dal presidente del governo di transizione maliano, il colonnello Assimi Goita, per colloqui «sulle opportunità per rafforzare la cooperazione». Al termine dell’incontro, il ministro dell’Economia e delle Finanze del Mali, Alousseni Sanou, ha precisato che le discussioni hanno riguardato non solo il settore della sicurezza, ma anche quelli dell’energia e delle infrastrutture.
In un video diffuso dalla presidenza, Sanou ha riferito di colloqui sulla costruzione di una rete ferroviaria e per la creazione di una compagnia aerea regionale oltre a uno stabilimento per la lavorazione dell’oro estratto dalle miniere maliane e un memorandum per realizzare una centrale nucleare
Dopo il Mali, il vice ministro russo si è recato in Burkina Faso, paese con cui sono in valutazione investimenti non solo di tipo militare ma anche economico che comprendono anche a Ouagadougou il progetto di realizzare una centrale nucleare.

La disfatta franco-europea nel Sahel appare quindi senza precedenti anche se restano incognite circa il futuro della presenza militare di USA (1.100 militari in  due basi a Niamey e Agadez) e Italia (250 militari a Niamey) che la giunta non ha finora annunciato di voler espellere.

Tenendo conto delle difficoltà con cui l’Italia è riuscita e schierare una missione di consulenza e addestramento militare in Niger vincendo la resistenza francese e alla luce degli interessi di Roma a cooperare con una nazione di rilevante peso nei flussi migratori illegali, Roma avrebbe tutto l’interesse a dare concretezza proprio in Niger alle tante parole spese sul “Piano Mattei” negoziando con la giunta di Niamey un accordo che permetta la continuazione della missione MISIN.
Gli interessi nazionali impongono oggi all’Italia di affermare un proprio ruolo in Africa e nel Mediterraneo smarcandosi da partner ingombranti ormai detestati in Africa e da un’Unione Europea le cui politiche si sono rivelate anche in Africa velleitarie, fallimentari e inaffidabili.

6074.- I dilemmi europei nel Sahel

Dilemmi anche italiani perché la solidarietà attiva che ispira il Nuovo Piano Mattei deve caratterizzare iniziative di entrambi gli imprenditori europei e africani e trovare nell’Unione europea un garante; come dire che l’Italia, da sola, può ben poco. Era scontato che gli interessi che gravitano nel Sahel avrebbero reso il cammino irto di ostacoli. Africa ed Europa sono legate a un destino comune e le missioni francesi e quelle ONU non sembrano gradite alle giunte militari che hanno preso il potere. Ci auguriamo che la diplomazia e la politica italiane sappiano trarre profitto da queste difficoltà e che intensifichino i loro sforzi con progetti concreti.

Degage France terroriste vampire

Degage l’Armèe francaise du sol malien

Da Affari Internazionali, di Bernardo Venturi, 13 Novembre 2023

Modibo Keita International è l’aeroporto di Bamako, capitale del Mali. É adiacente all’Air Base 101, usata dalla Mali Air Force, con alcuni Mig-21F.

Gli aeroporti di Bamako e di Niamey sono affollati di soldati nelle ultime settimane. La Missione di Stabilizzazione Integrata Multidimensionale delle Nazioni Unite in Mali (Minusma) sta lasciando il paese, con migliaia di effettivi e centinaia di mezzi in movimento, non senza rischi e una logistica complessa. Si sono infatti verificati già sei incidenti da quando le forze di pace hanno lasciato la loro base nel nord di Kidali il 31 ottobre per compiere il viaggio stimato di 350 km verso Gao, per un totale di 39 feriti.

Un ultimo tributo di sangue della missione: con 310 morti in 10 anni è la seconda più letale della storia, seconda sola a Unifil in Libano (332 caduti). Il ritiro della missione era stato chiesto dalla giunta militare guidata dal colonnello Assimi Goïta, al potere dall’agosto 2020 dopo aver deposto con un golpe il presidente Ibrahim Boubacar Keïta.

La giunta miliare in Mali, dopo aver messo alla porta diversi diplomatici e contingenti militari europei, in primis francesi, ha quindi rinunciato anche a Minusma, benché non sembra in grado di sostituirle adeguatamente. La missione dell’Onu sta lasciando 12 basi nel centro e nel nord del paese, oltre a quella principale di Bamako. La poca collaborazione della giunta militare e il peggioramento delle condizioni di sicurezza hanno accelerato il ritiro e non stanno però permettendo un regolare passaggio di consegne alla autorità maliane.

In questo spazio vacante, i gruppi dell’Accordo Permanente Strategico nel nord del Mali – in predominanza Tuareg– ha dichiarato di avere occupato una base nella regione di Kidali subito dopo l’evacuazione del 31 ottobre scorso. Nel rapporto con i gruppi dell’Azawad rimane infatti un altro nodo critico. Il rapporto con la giunta militare si è progressivamente incrinatoarrivando a scontri armati diretti e mettendo ulteriormente in crisi l’accordo di pace di Algeri del 2015 che aveva messo fine alla guerra con il nord separatista.

La gestione dello spazio e delle basi nel nord del Mali ha però radici più profonde. Dopo l’intervento a fianco del governo di Bamako dalla fine del 2012 con l’Operazione Serval, la Francia non ha mai di fatto passato il testimone alle Fama, l’esercito maliano, tenendo per sé spazi cruciali. Questo approccio, così come altri post-coloniali in ambito politico, sociale e culturale, hanno favorito un sentimento antifrancese e antioccidentale sui quali negli ultimi anni la propaganda russa ha avuto gioco facile a giocare un ruolo incendiario.

Cercasi partner affidabile

Dopo anni passati a rimarcare la priorità del Sahel e a cercare partner credibili, l’Ue e gli stati europei non sanno letteralmente cosa fare. Fino al colpo di stato in Mali del 2020, Bruxelles aveva individuato nel Bamako il partner centrale per la regione. Ma i due colpi di stato nel paese, e soprattutto l’arrivo dei mercenari del Gruppo Wagner, hanno creato un notevole imbarazzo diplomatico, in particolare per la missione di training militare EUTM: restare con il rischio di incrociare i russi o lasciare il paese? Dopo vari tentennamenti e con il Burkina Faso segnato dai due coup d’état nel 2022 e da una crisi istituzionale e di sicurezza fuori controllo, l’Ue ha volto lo sguardo verso il Niger, indicando il presidente nigerino Mohammed Bazoum come il nuovo partner affidabile. Ancora una volta, un colpo di stato sta stravolgendo i piani e Bazoum si trova in stato di fermo dal 26 luglio scorso. Mentre i canali umanitari e di cooperazione allo sviluppo rimangono attivi con il Sahel, la postura politica e diplomatica sembra inseguire più vie d’uscita che strategie.

Riflessione strategica

Intanto Joseph Borrell nelle settimane scorse ha ammesso che i 600 milioni di euro investiti nell’ultimo decennio nelle missioni civili e militari nel Sahel non hanno portato i risultati sperati. Mentre l’Alto Rappresentante non nasconde che anche la missione militare in Niger ha le ore contate, prima di volgere lo sguardo al prossimo “partner fidato” (Mauritania?), servirà una riflessione più approfondita sul rapporto tra Europa e Sahel, a partire anche dagli errori commenti, come quello di dare priorità a un approccio securitario che ha messo in secondo piano quello integrato. Intanto, però, nonostante non venga detto ufficialmente, difficile togliersi l’idea che il Sahel stia diventando una regione sempre meno prioritaria.

Foto di copertina EPA/STR

Cosa intendiamo? In Mali, un valido esempio di quella che chiamiamo soplidarietà attiva sono le operazioni di magazzinaggio su larga scala della logistica Bolloré che possono fornire un servizio di movimentazione e magazzinaggio per conto di fornitori leader a livello mondiale di informazioni. Ma la Francia non è stata soltanto un vampiro. Bolloré è un impresa francese, una holding fondata nel 1822 con sede a Puteaux nella periferia ovest di Parigi, in Francia. Nata come industria cartaria, ha espanso le sue operazioni a molti altri settori, come il trasporto e la logistica, le distribuzione energetica, i film plastici, la costruzione di automobili e i mass media. Gli imprenditori sono la nostra Wagner.

Rémi Ayikoué Amavi è l’amministratore delegato di Bolloré Transport & Logistics Mali dall’agosto 2021.

Di nazionalità beninese, Rémi Ayikoué Amavi è entrato in Bolloré Transport & Logistics nel 2006 presso la filiale della società nella Guinea Equatoriale, dove era responsabile dello sviluppo commerciale delle attività logistiche. Diventa poi Amministratore Delegato nel 2017.

Rémi Ayikoué Amavi è laureato in Management e Strategia aziendale presso l’ENACO-Lille. Utilizzerà la sua esperienza per sviluppare attività logistiche in Mali. In particolare, si avvarrà della rete di Bolloré Transport & Logistics in 109 paesi e dell’esperienza dei suoi dipendenti per migliorare i servizi al Paese.

Circa la Bolloré Transport & Logistics Mali

Bolloré Transport & Logistics Mali è l’operatore leader nei trasporti, logistica e movimentazione. L’azienda, presente anche in Italia, impiega ora più di 200 persone in Mali, in particolare attraverso le sue agenzie a Bamako, Kayes, Sikasso e Kati, e gestisce anche i porti asciutti di Soterko, Faladié e Kali. Bolloré Transport & Logistics Mali attua una politica sociale a beneficio della popolazione maliana, che si riflette ogni anno nel sostegno di numerose azioni di solidarietà nei settori dell’istruzione e della sanità.

www.bollore-transport-logistics.com