E’ tempo d’investimenti e non di guerre. La Conferenza internazionale “Central Asia: Shared Past and Common Future, Cooperation for Sustainable Development and Mutual Prosperity” che si è svolta a Samarcanda, in Uzbekistan, il 10 novembre ha costituito un evento molto importante perché la situazione geopolitica in Asia centrale, per quanto ci possa apparire lontana, costituisce tuttavia un elemento di grande attenzione per l’intera comunità internazionale. Le pressioni esercitate sulla regione dalla Cina e dalla Russia, la presenza di un soggetto importante come il Kazakistan, il persistere della conflittualità nel vicino Afghanistan il possibile futuro ruolo di un’altra grande potenza emergente come l’India: sono tutti elementi di grande criticità per la sicurezza e la stabilità di questo importante quadrante”.
Così, il peso della Cina e dell’India risveglia l’Asia centrale. Dal 30 ottobre si va dalla Turchia, per la Georgia, all’Azerbaigian, con la nuova ferrovia Baku-Alyat-Tbilisi-Kars di 826km. E’ una nuova via della Seta su ferrovia, tra la Cina e l’Europa, che affianca il Corridoio meridionale del gas e l’oleodotto dal Caucaso all’Europa, aggirando Russia e Armenia. Fin d’ora, si prevede di raggiungere i tre milioni di passeggeri entro tre anni. La Pechino – Berlino è sempre più vicina.
Lo scorso anno, ad aprile, il primo treno carico di container partito da Wuhan, in Cina, ha raggiunto la sua destinazione, Lione, in quindici giorni: metà del tempo via mare, ma la compagnia «Wuhan Asia Europe Logistics » conta di dimezzarlo. 11.300 chilometri di viaggio percorsi attraverso Kazakistan, Russia, Bielorussia, Polonia e Germania, con uno scalo per scaricare alcuni container a Duisburg. Sono stati superati non pochi problemi tecnici. In Russia, per esempio, i binari hanno lo scartamento più largo, servono soste obbligate e cambi in corsa. Il governo russo e quello cinese hanno realizzato un accordo per costruire l’alta velocità: un’opera da sei miliardi di dollari. L’Italia per adesso è tagliata fuori, ma non lo sarà in futuro, fra 13-14 anni, con l’inaugurazione del tunnel del Gottardo, e poi con la Torino-Lione.
L’arrivo alla stazione logistica di Saint-Priest, vicino a Lione del treno della «Wuhan Asia Europe Logistics » alla presenza delle autorità europee, il 21 aprile 2016.
Non si può fare a meno di rimarcare l’inopportunità della vendita dell’ANSALDO BREDA del gruppo Leonardo-Finmeccanica (prima Finmeccanica) al gruppo giapponese HITACHI, nel 2015. La società era stata fondata da Camillo Benson Conte di Cavour e assunse il nome di Hitachi Rail Italy. A supporto di questo cambiamento si cita che la nuova Hitachi Rail Italy chiuse il bilancio 2015 con un attivo di 2,1 milioni, il primo dopo 15 anni in rosso; ma il risultato dipese in gran parte dalla commessa affidatale da Trenitalia per la produzione di trecento treni doppio piano per il trasporto regionale, in parte dal modello “total quality” della casa madre giapponese. Sicurezza, qualità, certezza dei tempi di consegna e costi. Forse che non eravamo in grado di adottare un simile modello?
Questa carta di Limes evidenzia tutti i collegamenti infrastrutturali, presenti e in progetto, fra Cina, Russia e Germania (in arancione). I paesi coivolti nei progetti di connessioni (e che dal Triangolo traggono benefici) sono rappresentati in verde chiaro. In futuro però in soli 2 giorni si potrebbe arrivare da Pechino a Berlino (8160 chilometri), se verrà realizzata la “ferrovia veloce” (linea blu), per la quale l’ex ANSANDO BREDA ha buone carte da giocare. Osserva Limes: “È perfettamente possibile che il fidanzamento d’interesse fra Cina, Russia e Germania non produca un nuovo ordine eurasiatico.Le forze liberate dai sismi in corso tra Grande Medio Oriente ed Estremo Oriente potrebbero rivelarsi incoercibili in qualsiasi parallelogramma. Ne scaturirebbe il caos. L’Eurasia ingovernata e ingovernabile. Rispetto all’egemonia cinese in un triangolo scaleno con Mosca e Berlino, al quale finirebbero per avvicinarsi Tōkyō, Seoul, Delhi e Teheran, il disordine può apparire un obiettivo invidiabile ad alcuni strateghi americani. Per i quali, restando fuori delle mischie eurasiatiche e anzi incentivandole, gli Stati Uniti sarebbero presto richiamati dai contendenti ad arbitrare un compromesso. Alle proprie condizioni. Gioco col fuoco, nel continente dove si concentrano otto delle nove potenze atomiche”.
Il tredicesimo incontro annuale tra Unione Europea ed Asia Centrale, tenutosi lo scorso 10 novembre a Samarcanda, è stata l’occasione per fare il punto della situazione su quanto sta avvenendo nella regione dal punto di vista dei rapporti internazionali. Al meeting ha partecipato anche Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che ha evidenziato come in Asia Centrale siano in corso importanti mutamenti, soprattutto grazie alle novità nella politica estera uzbeka introdotte dal nuovo presidente Chavkat Mirzoiev.
l’Alto rappresentante/Vicepresidente Mogherini ha dichiarato: “L’Asia Centrale riveste un’importanza strategica per l’Unione europea. L’UE e i paesi della regione sono partner forti in ambiti che vanno dalla sicurezza alla lotta alla radicalizzazione e all’estremismo, dal commercio al sostegno della società civile. Questa riunione annuale ci permette di fare il punto di quanto che è stato raggiunto nell’ultimo anno e di riflettere su una nuova agenda per promuovere la crescita, la sicurezza e la stabilità nelle nostre regioni a beneficio dei nostri cittadini”.
L’importante funzionario ha ricordato come Unione Europea ed Asia Centrale stiano rivedendo i vecchi accordi e stipulandone di nuovi. A titolo di esempio risale all’anno scorso la firma tra UE e Kazakistan dell’Accordo di Partenariato e di Cooperazione Rafforzato (APCR) che prende il posto del vecchio accordo risalente ormai al 1999, ossia ad un momento storico in cui la situazione e le aspettative generali erano alquanto diverse e l’Unione Europea, spinta anche da forti motivazioni ideologiche, stipulava trattati commerciali come l’INOGATE o il TRACECA.
Oggi l’Asia Centrale sembra essere sulla via di una maggiore coesione, almeno questa la speranza dei ministri degli esteri delle cinque repubbliche centroasiatiche firmatari, sempre nell’occasione del meeting di Samarcanda, di un accordo per realizzare un programma di mutua cooperazione per il biennio 2018-19. L’attività di Mirzoiev in tal senso è decisa, tanto che il presidente uzbeko ha proposto l’organizzazione di una serie di incontri periodici tra i capi di Stato della regione, senza che questo diventi la creazione dell’ennesima organizzazione internazionale in l’Asia Centrale.
L’Uzbekistan non solo ha risolto diverse controversie con il Kirghizistan ma ha anche firmato importanti accordi di partnership con il Turkmenistan, tra cui la costruzione di un ponte ed una ferrovia per la creazione di un corridoio commerciale Uzbekistan-Turkmenistan-Iran-Oman. A livello energetico Tashkent ha riallacciato i rapporti con il Tagikistan dopo anni di crisi. Ma, forse la cosa più rilevante, l’Uzbekistan ha firmato importanti accordi economici e commerciali con il Kazakistan, suo grande rivale storico per il ruolo di leader regionale in Asia Centrale.
La spinta verso la cooperazione è dovuta anche ad una difficile situazione economica di diversi tra gli attori coinvolti, retaggio anche dell’organizzazione economica sovietica che rendeva difficili i rapporti tra le cinque repubbliche, come dimostrato dal Turkmenistan. Il paese si trova infatti alle prese con una crisi economica latente, isolato commercialmente ed alla ricerca di partner. Non è forse un caso che proprio recentemente Ashgabat abbia sottoscritto numerose convenzioni internazionali e stia decidendo di privatizzare diverse proprietà statali per attrarre capitali.
Segnale in tal senso è venuto dalla Francia che, tramite una lettera del presidente Macron, ha dichiarato di voler intensificare con il Turkmenistan la cooperazione in tutti i campi. Il caso più clamoroso di ricerca di appoggi internazionali, tuttavia, è stato quello kirghiso quando a febbraio l’ormai ex presidente Atambaiev, nel corso di un viaggio diplomatico in Belgio e Germania, ha prospettato durante un’intervista la possibilità che il Kirghizistan potesse aderire all’Unione Europea, questo dopo avere elogiato i vantaggi economici dell’aderire a quella eurasiatica.
Tornando alle parole della Mogherini, un grosso ostacolo rischia di essere ancora il tema dei diritti umani nella regione. L’Alto rappresentate ha infatti ribadito come l’Unione Europea sia attenta alla questione, senza però specificare quanto questa sia oggi pregiudiziale nei rapporti con le repubbliche centroasiatiche. Pochi giorni prima dell’incontro di Samarcanda e pochi dopo il varo di una collaborazione con l’ONU sul tema, in Turkmenistan è stata attaccata la casa della madre di un’attivista di Human Right Watch, ma il problema sembra essere trasversale in tutta la regione.
In conclusione possiamo dire che il nuovo corso uzbeko sta sicuramente dando dinamismo alla politica internazionale centroasiatica, rendendo possibile la nascita di una regione più forte ed autorevole, tuttavia i rapporti con l’Unione Europea rischiano di restare incagliati nelle questioni di sempre, senza particolari sviluppi in una sorta di stagnazione post-post-sovietica.