Archivi categoria: Svezia

5792.- L’Italia potrebbe ricevere circa 12 miliardi di euro dalla Russia, ecco perché.

La Russia rischia di risarcire circa 12 miliardi di euro all’Italia, dopo che Eni ha aperto un contenzioso con Gazprom per la mancata erogazione di gas secondo i contratti. E se Stoccolma desse ragione a Gazprom? Di più: La Svezia non è più neutrale. È entrata a far parte della NATO e questa è in guerra con la Federazione Russa e, poi, la guerra è cominciata nel 2014 o nel 2022? Forse, ma non tanto, le sanzioni imposte alla Federazione Russa, in spregio dei propri interessi anche dall’Italia e le misure economiche di Mosca in risposta alle sanzioni internazionali, hanno fatto dubitare del sinallagma. Il 5 marzo 2022, la Russia ha pubblicato un elenco di Stati classificati come “ostili”, vale a dire Stati Uniti e Canada, la maggior parte dei paesi europei, ad es., i 27 Stati membri dell’Unione europea, quindi l’Italia. Il mandato di Biden e la guerra volgono alla fine. La Russia ci sarà ancora domani e speriamo più di prima. Senza conoscere i contenuti di questi contratti a lungo termine, tutt’ora in vigore, una buona soluzione sarebbe un arbitrato che considerasse sospesi e non risolti questi rapporti e garantire sia le forniture sia i pagamenti.

Da Money.it, di Luna Luciano, 21/05/2023

La Russia potrebbe essere costretta a risarcire l’Italia di circa 12 miliardi di euro per via degli accordi stretti tra Eni e Gazprom prima che scoppiasse il conflitto russo-ucraino.

Dopo anni di ottime relazioni con la Russia, i legami tra Mosca e l’Europa si sono da tempo incrinati dopo l’invasione dell’esercito russo in Ucraina, il 24 febbraio 2022, e dopo le prime sanzioni europee. Ma il piano di Putin di lasciare al freddo l’Europa senza gas potrebbe costare molto caro alle finanze del Gazprom.

Infatti, l’Eni non è l’unica multinazionale ad occuparsi di idrocarburi ed energia ad aver aperto un contenzioso con la società russa. Prima tra tutte troviamo la società Uniper, l’azienda tedesca primo importatore di gas russo con 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno e che ora ha richiesto un risarcimento di 12,5 miliardi. Il contenzioso italiano è partito a inizio maggio, almeno secondo quanto risulta a La Stampa da fonti indipendenti russe e sarà giudicato a Stoccolma, secondo quanto prevedono i contratti. Ecco cosa sta accadendo in Europa.

L’Italia potrebbe ricevere circa 12 miliardi di euro dalla Russia, ecco perché

L’Eni ha seguito l’esempio dell’azienda tedesca Uniper, aprendo un contenzioso con Gazprom per la mancata erogazione di gas, non rispettando i contratti vigenti. Va precisato che Eni non ha voluto divulgare assolutamente la cifra richiesta, ma sulla base del gas importato dalla Germania e la cifra richiesta dall’azienda tedesca è possibile ipotizzare una somma “realista” per il risarcimento all’azienda italiana.

L’azienda Uniper acquistava 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla Russia e ha quindi richiesto un risarcimento di 12,5 miliardi di euro. A differenza, però, della Germania, Eni aveva una diversificazione in corso da più tempo, benché gli acquisti di gas rimanessero simili a quelli tedeschi.

Stando ai dati riportati da La Stampa, nel 2022 Eni avrebbe comprato 17 miliardi di metri cubi da Mosca, “di cui 11 miliardi di metri cubi dovevano arrivare in Italia, e 6 miliardi di metri cubi in Turchia, anche a sostenere l’operazione del gasdotto Bluestream” – una quantità molto inferiore rispetto al 2021, quando Eni comprò circa 29 miliardi di metri cubi, pari al 40% delle importazioni totali.

La cifra che spetterebbe a Eni, in caso di vittoria, dovrebbe essere analoga a quella dei tedeschi: 12 miliardi di euro. Bisogna inoltre considerare che i contratti a lungo termine stipulati con la Russia per l’importazione del gas sono ancora in vigore, “anche se a partire dal giugno 2022 Gazprom export ha iniziato ad applicare riduzioni di consegna”, ha spiegato la società italiana.

L’Eni non è un caso isolato: ecco quali altre aziende hanno aperto un contenzioso con Gazprom

Eni e Uniper, però, non sono le uniche aziende ad aver aperto un contenzioso con la società russa Gazprom. In realtà all’attivo sarebbero aperte ben 10 contenziosi in tutta Europa. Basti pensare alla polacca Europol Gaz che ha aperto una procedura di arbitrato in questa settimana. La società polacca che aveva in gestione la sezione in Polonia del gasdotto Yamal-Europe (che portava il gas dalla Siberia a diversi clienti in Germania) chiede ora quasi 3 miliardi di dollari. Ancora, Engie, l’azienda francese, chiede 1,3 miliardi di dollari a Gazprom, dalla quale riceveva 2 miliardi di metri cubi all’anno.

La strategia di Putin di lasciare l’Europa al freddo, nella speranza che fossero ritirate le sanzioni contro la Russia, potrebbe in realtà ritorcersi contro la stessa Mosca, che dall’anno scorso ha visto dimezzarsi le entrate, finanziarie e fiscali, derivanti dal gas. Il richiesto questa volta è che a “congelare” non siano i Paesi Europei ma le finanze russe.

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La Russia rischia di risarcire circa 12 miliardi di euro all’Italia, dopo che Eni ha aperto un contenzioso con Gazprom per la mancata erogazione di gas secondo i contratti: ecco cosa sta accadendo.

L’Italia potrebbe ricevere circa 12 miliardi di euro dalla Russia, ecco perché

La Russia potrebbe essere costretta a risarcire l’Italia di circa 12 miliardi di euro per via degli accordi stretti tra Eni e Gazprom prima che scoppiasse il conflitto russo-ucraino.

Dopo anni di ottime relazioni con la Russia, i legami tra Mosca e l’Europa si sono da tempo incrinati dopo l’invasione dell’esercito russo in Ucraina, il 24 febbraio 2022, e dopo le prime sanzioni europee. Ma il piano di Putin di lasciare al freddo l’Europa senza gas potrebbe costare molto caro alle finanze del Gazprom.

Infatti, l’Eni non è l’unica multinazionale ad occuparsi di idrocarburi ed energia ad aver aperto un contenzioso con la società russa. Prima tra tutte troviamo la società Uniper, l’azienda tedesca primo importatore di gas russo con 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno e che ora ha richiesto un risarcimento di 12,5 miliardi. Il contenzioso italiano è partito a inizio maggio, almeno secondo quanto risulta a La Stampa da fonti indipendenti russe e sarà giudicato a Stoccolma, secondo quanto prevedono i contratti. Ecco cosa sta accadendo in Europa.

4709.- Quasi nessuna correlazione tra tasso di positività e livello di copertura vaccinale in Ue

Questo è l’Economist che lo ammette. Questi sono i morti totali, non “covid”, in eccesso della media dal 2020. Chi ha avuto meno morti di tutti ? La Svezia ! Chi più morti totali di tutti ? L’Italia ! (poi c’è l’Europa dell’Est un disastro, la loro sanità è terribile…)

Ammesso che si possano comparare i paesi, e su base quotidiana, i dati Covid_19 di Italia e UK di oggi 28 dicembre fanno riflettere: 1) Italia: 78mila contagi e 200 morti 2) UK (tutto aperto): 129mila contagi e 18 morti.

Analisi comparativa nei Paesi Ue

Sono stati analizzati i dati forniti dall’EDCD. I risultati più sorprendenti si ottengono comparando la situazione dei contagi in Romania (considerata dai media il worst case, per la sua scarsa copertura vaccinale), con quella dei Peasi più virtuosi. Si stanno studiando i dati sui casi di Covid in Europa.

Portogallo, Malta e Spagna (i 3 Paesi EU a maggiore copertura vaccinale) hanno registrato nelle ultime 2 settimane un tasso di positività maggiore del 43,35%, del 57,25% e del 24,97% rispetto a quello della Romania (copertura vaccinale pari alla metà dei 3 Paesi citati).

Per apprezzare ancora di più il risultato, considerate che la Romania è ritenuto (come detto) il Paese con la situazione sanitaria peggiore (Bassetti: in Romania, situazione disperata), mentre Spagna e Portogallo sono ritenuti esempi virtuosi per l’elevata copertura vaccinale.

Considerate altresì lo scarsissimo numero di terze dosi in Romania (nessun dato disponibile nel database ECDC), da contrapporre ai buoni risultati finora raggiunti da Portogallo, Malta e Spagna (21% in media), tra i primi a iniziare la somministrazione del booster.

Altro Paese ora considerato virtuoso è la Germania, alla luce del “successo” del lockdown dei non vaccinati. Ebbene, il tasso di positività in Germania è 10 VOLTE (+909%) maggiore di quello della Romania e più del TRIPLO (+236,81%) di quello della Bulgaria (cop. vacc. del 27,5%).

In pratica, i contagi corrono molto di più in Germania, nonostante le misure reclusive e la maggiore copertura vax, rispetto non solo a Romania e Bulgaria, ma anche alla Svezia, Danimarca e UK, dove viene concessa più libertà ai cittadini, indipendentemente dallo status vaccinale.

Non fa eccezione l’Italia che, nonostante la copertura vax doppia, il più alto numero di III dosi somministrate, greenpass sui luoghi di lavoro, e supergreenpass, registra un tasso di positività maggiore del 43,6% rispetto a quello della Romania.

Dall’analisi dei dati ECDC per 30 Paesi EU, non emerge nessuna correlazione (o meglio, lieve corr positiva) tra tasso di positività e livello di copertura vaccinale anti COVID19. I Piani vaccinali sono falliti. 

4357.- La Svezia conferma: fine di “quasi” tutte le restrizioni la prossima settimana

Cominciamo dalla Svezia:
Tuttavia, per i 10 milioni di  svedesi non è finita e quelli di età superiore ai 18 anni che non sono ancora completamente vaccinati contro il Covid-19 (a meno che non abbiano una ragione medica per non essere vaccinate) dovranno continuare a evitare l’affollamento e il contatto ravvicinato con altre persone.
“Le persone non vaccinate devono continuare ad adattare la propria vita dopo il 29 settembre, NON visitando bar, ristoranti, eventi in cui potrebbe esserci affollamento.

Dalla pandemia alla normalità? Non si è mai visto un potere illiberale, comunque affermatosi, rinunciare spontaneamente e lasciare il campo a una governance partecipata dai cittadini. Si fa chiamare Nuovo Ordine Mondiale: è, però, difficile che la legge del potente usurpatore non si applichi, prima o poi, anche fra i potenti. Quindi, per ora, le risposte potrebbero essere, per il potere, “Missione compiuta”, per noi, “Lacrime e sangue”.

Così, mentre negli Stati Uniti d’America,i “Black Lifes Matter New York” minacciano “Rivolte” contro l’obbligo vaccinale, in Olanda, il segretario di stato agli affari economici Mona Keijzer è stato dimesso sabato dalla carica dal primo ministro Mark Rutte, dopo aver criticato In un’intervista il Covid Pass, entrato in vigore proprio lo stesso giorno. Keijzer aveva affermato: Era “chiaro per me che diventa sempre più difficile spiegare perché devi mostrare il pass per andare in un posto, ma non nell’altro”, aggiungendo: “Il che mi fa pensare: ci atteniamo a questo, o ci organizzeremo come si deve?”.

Come riporta il quotidiano The Local, l governo svedese e l’Agenzia per la sanità pubblica hanno confermato che la prossima settimana si implementerà la quarta parte del piano di riapertura post pandemia, anche se accompagnato da un deciso invito a vaccinarsi.
“Molte persone hanno fatto grandi sacrifici nella loro vita quotidiana. Ora è tempo che il popolo svedese si incontri di nuovo”, ha affermato il ministro della Sanità Lena Hallengren in una conferenza stampa. “Dal 29 settembre faremo un grande passo verso la vita che avevamo prima della pandemia”.

A lei si sono uniti il ​​ministro della Cultura Amanda Lind e il direttore generale dell’Agenzia per la salute pubblica Johan Carlson, che hanno affermato che rispetto alle precedenti previsioni dell’agenzia, gli attuali livelli di infezione erano in linea con “la curva più bassa possibile”.

I ministri hanno confermato tutti i passi già decisi per il 29  settembre, tra cui la rimozione dei limiti del pubblico a tutti gli eventi pubblici, la rimozione di tutte le restanti restrizioni per ristoranti e bar e la rimozione delle raccomandazioni dell’Agenzia per la sanità pubblica di effettuare il telelavoro se possibile. 

Tuttavia, per le persone di età superiore ai 18 anni che non sono ancora completamente vaccinate contro il Covid-19 (a meno che non abbiano una ragione medica per non essere vaccinate), si applicano ulteriori restrizioni. Le persone in questo gruppo dovranno comunque seguire le raccomandazioni per evitare l’affollamento e il contatto ravvicinato con altre persone.

“Le persone non vaccinate devono continuare ad adattare la propria vita dopo il 29 settembre, non visitando bar, ristoranti, eventi in cui potrebbe esserci affollamento, ad esempio”, ha affermato Carlson.

Ha affermato che alle regioni è stato chiesto di esaminare aree e gruppi con bassi tassi di vaccinazione, osservando che “a causa di un tasso irregolare di copertura vaccinale, assisteremo a epidemie a grappolo”. Questo però non sembra fermare il governo dal voler tornare a una vita normale.

Durante la conferenza stampa, tutti e tre hanno ribadito l’importanza della vaccinazione nel mantenere una bassa diffusione di Covid-19 in Svezia e hanno esortato i membri del pubblico a farsi vaccinare.
Quindi la Svezia si unisce a Danimarca e Norvegia nel ritorno alla normalità anche se moderato da un forte  invito a vaccinarsi e daa alcune misure di limitazione per i non vaccinati. Però non si parla da nessuna parte di “Covid pass”, come in Italia.

2691.- Uccidere Julian Assange: La giustizia è negata quando si espone il male ufficiale

“Uno dei più grandi giornalisti e dissidenti più importanti dei nostri tempi viene torturato a morte dallo stato, sotto i nostri occhi”. Julian Assange viene “lentamente ucciso sotto gli occhi del pubblico ed è accusato di aver pubblicato la verità sulla trasgressione del governo”. Se lo stato può fare questo, allora chi sarà il prossimo?

L’orrendo trattamento del fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, continua e molti osservatori stanno citando il suo caso come sintomatico dello sviluppo delle tendenze dello “stato di polizia” sia negli Stati Uniti che in Europa, dove lo stato di diritto è subordinato all’opportunità politica.

Julian Assange è stato il fondatore e caporedattore del controverso sito di notizie e informazioni WikiLeaks. Come suggerisce il nome, dopo il 2006 il sito è diventato famoso, o forse noto, per la sua pubblicazione di materiali che gli sono stati divulgati da funzionari del governo e altre fonti che ritengono che le informazioni siano di valore per il pubblico, ma che, probabilmente, non saranno accettate da i media mainstream, che sono diventati sempre più corporati e timidi.

WikiLeaks è diventato noto a un pubblico globale nel 2010, quando ha ottenuto dall’esercito americano il soldato arruolato Bradley Manning una grande quantità di documenti classificati relativi alle varie guerre che gli Stati Uniti stavano combattendo in Asia. Parte del materiale includeva quelli che potrebbero essere senz’altro considerati crimini di guerra.

WikiLeaks è tornato ad essere una notizia in prima pagina durante le elezioni presidenziali del 2016, quando il sito web ha pubblicato le e-mail della candidata Hillary Clinton e del suo responsabile della campagna John Podesta. Le e-mail hanno rivelato come la Clinton e il suo team hanno collaborato con il Comitato nazionale democratico per assicurarsi che sarebbe stata nominata lei piuttosto che Bernie Sanders. Va notato che il materiale rilasciato da WikiLeaks era in gran parte documentale e di natura fattuale, cioè non si trattava di “notizie false”.

Poiché un giornalista è, apparentemente, protetto dalla garanzia della libertà di parola del Primo Emendamento, la gestione della “minaccia” rappresentata dal giornalista Assange è stata, inevitabilmente, in qualche modo diversa da una fuga di notizie da parte di un funzionario governativo, definito un informatore. Assange è stato diffamato come un “nemico dello stato”, probabilmente anche come un agente russo, ed è stato inizialmente perseguito dalle autorità svedesi dopo che le accuse di stupro, che sono state fatte contro di lui erano state, successivamente, ritirate. Per evitare il suo arresto, sette anni fa, gli fu concesso l’asilo politico da un governo ecuadoriano, amico a Londra. La polizia britannica aveva un mandato attivo per arrestarlo immediatamente poiché non era riuscito a fare un’audizione su cauzione dopo aver ottenuto l’asilo, che, poi, è effettivamente ciò che è accaduto ad aprile, quando Quito ha revocato il suo status di protetto.

A quanto pare, Julian Assange non era esattamente solo quando era nell’ambasciata ecuadoriana. Tutte le sue comunicazioni, anche con i suoi avvocati, venivano intercettate da una compagnia di sicurezza spagnola assunta per lo scopo presunto dalla CIA. Apparentemente c’era anche un piano della CIA per rapire Assange. In un tribunale normale in un paese normale, il caso del governo sarebbe stato respinto per motivi costituzionali e legali, ma non era così in questo caso. Gli Stati Uniti hanno persistito nelle loro richieste di ottenere l’estradizione di Assange dalla Gran Bretagna e Londra sembra essere più che disposta a giocare. Assange è, innegabilmente, odiato dall’establishment politico americano e persino da gran parte dei media in modo bipartisan, con i democratici che lo accusano per la sconfitta di Hillary Clinton, mentre il segretario di stato Mike Pompeo lo ha definito una “frode, un codardo e un nemico”. WikiLeaks stesso è considerato dalla Casa Bianca un “servizio di intelligence non governativo e ostile”. L’invio di Julian Assange in prigione per il resto della sua vita può essere chiamato giustizia, ma è davvero una vendetta contro qualcuno che ha denunciato le menzogne ​​del governo. Alcuni politici americani hanno persino affermato che la prigione è troppo buona per Assange, insistendo sul fatto che avrebbe dovuto essere giustiziato.

Le reali accuse stabilite nell’accusa degli Stati Uniti sono per presunta cospirazione con Chelsea Manning per pubblicare i “Iraq War Logs”, i “Afghanistan War Logs” e i cavi del Dipartimento di Stato USA. Il 23 maggio, il governo degli Stati Uniti accusò ulteriormente Assange di violare l’Espionage Act del 1917, che criminalizza qualsiasi esposizione di informazioni classificate del governo degli Stati Uniti in qualsiasi parte del mondo, da chiunque. Il suo uso creerebbe un precedente: qualsiasi giornalista investigativo che esponesse una cattiva condotta del governo degli Stati Uniti potrebbe essere accusato in modo simile.

Assange è, attualmente, incarcerato in isolamento in una prigione di Belmarsh ad alta sicurezza. È possibile che il Dipartimento di Giustizia, dopo aver ottenuto Assange attraverso l’estradizione, tenterà di fare in modo di dimostrare che Assange abbia attivamente colluso con il governo russo, una cospirazione per “frodare gli Stati Uniti” per metterlo in legulese. È improbabile che Assange riceva qualcosa che si avvicini a un processo equo, indipendentemente dalle accuse.

La pena detentiva di Assange si è conclusa il 22 settembre, ma una precedente udienza procedurale presso il tribunale dei magistrati di Westminster aveva già deciso che un’audizione completa sull’estradizione negli Stati Uniti non sarebbe iniziata fino al 25 febbraio 2020. Il giudice distrettuale Vanessa Baraitser ha stabilito che Assange non sarebbe stata rilasciato, anche se la pena detentiva era terminata, perché era a rischio di fuga. Il suo status nel sistema carcerario è stato debitamente cambiato da prigioniero in servizio a persona che sta affrontando l’estradizione e la sua udienza finale si sarebbe tenuta presso il Tribunale dei magistrati di Belmarsh, piuttosto che in un normale tribunale civile. Belmarsh è il luogo in cui i terroristi vengono regolarmente processati e i procedimenti lì consentono solo un controllo minimo da parte del pubblico e dei media.

Più di recente, il 21 ottobre 2019, Assange era di nuovo nel tribunale dei magistrati di Westminster per una “udienza sulla gestione dei casi”, in merito alla sua possibile estradizione. Il giudice statunitense Baraitser ha respinto una richiesta della squadra di difensori per un rinvio di tre mesi, in modo da poter raccogliere prove alla luce del fatto che ad Assange era stato negato l’accesso ai propri documenti e di produrre i documenti per preparare la propria difesa. Il procuratore del governo britannico James Lewis QC e i cinque “rappresentanti” statunitensi presenti si sono opposti a qualsiasi rinvio nel procedimento di estradizione e sono stati supportati dal giudice Baraitser, negando qualsiasi rinvio del procedimento.

Un’altra udienza procedurale si terrà il 19 dicembre, seguita dall’audizione completa sull’estradizione in febbraio, momento in cui Assange sarà presumibilmente consegnato al Marshall degli Stati Uniti per il trasporto al carcere federale in Virginia, in attesa del processo. Ovviamente, ciò presuppone che viva, perché la sua salute è visibilmente peggiorata e ci sono state dichiarazioni secondo cui è stato torturato dalle autorità britanniche.

L’ex ambasciatore britannico Craig Murray, che conosce bene Julian Assange, era presente quando è apparso in tribunale il 21. Murray fu scioccato dall’aspetto di Assange, notando che aveva perso peso e che sembrava che fosse invecchiato considerevolmente. Stava camminando con un pronunciato zoppicare e quando il giudice gli fece domande, per registrare il suo nome e la data di nascita, Assange ebbe difficoltà a rispondere. Murray lo ha descritto come un “disastroso, incoerente relitto” e ha anche concluso che “uno dei più grandi giornalisti e dissidenti più importanti dei nostri tempi viene torturato a morte dallo stato, sotto i nostri occhi”.

Il tribunale britannico era ignaro delle pessime condizioni di Assange, con il giudice Baraitser che diceva al prigioniero, chiaramente in difficoltà, che se fosse stato incapace di seguire i procedimenti, i suoi avvocati, in seguito, avrebbero potuto spiegare cosa gli era successo. Le obiezioni a ciò che stava accadendo sia da parte di Assange che dei suoi avvocati sono state respinte dai rappresentanti legali della Corona, spesso dopo discussioni con i funzionari americani presenti, un processo descritto per intero da Murray, che, dopo aver descritto l’aborto della giustizia a cui aveva appena assistito, ha osservato che Julian Assange viene “lentamente ucciso sotto gli occhi del pubblico ed è accusato di aver pubblicato la verità sulla trasgressione del governo”. Ha concluso che “A meno che Julian non venga rilasciato a breve, verrà distrutto. Se lo stato può fare questo, allora chi sarà il prossimo? ” Davvero.


Russia Insider Tip Jar

2682.- GUERRA CIVILE IN SVEZIA, MA È UN SEGRETO!

Alejandro Augusto Stephan Meran, il 29enne dominicano la belva nera che ha sparato ammazzando due poliziotti a Trieste

Stoccolma è stata scossa da tre esplosioni in una notte la scorsa settimana. Ma le esplosioni non hanno nemmeno fatto notizia. Con l’aumento della violenza, il governo del paese sembra più preoccupato di minimizzare il problema invece di affrontarlo.
Tre esplosioni in una notte sarebbero notizie in prima pagina in qualsiasi città del primo mondo. Ma quando Stoccolma è stata svegliata da più esplosioni in una notte, la scorsa settimana, la trasmissione notturna dell’emittente nazionale SVT è stata silenziosa, relegando invece la notizia alla sua copertura web. Uno degli obiettivi, una chiesa siriana ortodossa, era già stato bombardato due volte l’anno scorso.
Ma in Svezia, le esplosioni non fanno più notizia. Nel 2018 ci sono stati 162 attentati denunciati alla polizia e 93 segnalati nei primi cinque mesi di quest’anno, 30 in più rispetto allo stesso periodo del 2018. Il livello di attacchi è “estremo in un paese che non è in guerra”, Crimine Il commissario Gunnar Appelgren ha dichiarato a SVT l’anno scorso. L’uso delle bombe a mano è anche un fenomeno puramente svedese, senza che nessun altro paese in Europa ne riferisca l’uso a un livello simile, ha detto un responsabile della polizia alla radio svedese nel 2016, un anno dopo che gli attacchi sono stati registrati per la prima volta.

Le granate usate provengono quasi esclusivamente dall’ex Jugoslavia e vengono vendute in Svezia per circa $ 100 al pezzo. Ma mentre nel Kosovo sono state lanciate solo tre bombe a mano tra il 2013 e il 2014, in Svezia dal 2015 sono state utilizzate più di 20 ogni anno.

Più in generale, gli omicidi sono aumentati in Svezia, con oltre 300 sparatorie riportate l’anno scorso, che hanno causato 45 morti. Sebbene i tassi di omicidi fossero in calo dal 2002, hanno iniziato di nuovo a crescere nel 2015, così come gli stupri e le aggressioni sessuali, che sono più che triplicate negli ultimi quattro anni.
Non chiedetevi perché.

Un recente studio dell’Università di Difesa svedese ha messo in guardia sul fatto che il sistema giudiziario svedese non è attrezzato per sorvegliare le società parallele che si sviluppano nei quartieri degli immigrati, e il quotidiano Dagens Nyheter ha sottolineato che il 90 percento degli autori di spari in Svezia appartiene alla prima o alla seconda generazione di immigrati.

Non ve lo dicono, ma in Francia la guerra civile c’è già.
Parigi: una quindicina di migranti appicca incendio per tendere agguato ai vigili del fuoco che sono stati bersagliati con proiettili e molotov, insieme ai poliziotti arrivati in loro aiuto.


A Barcellona, le belve vestono i panni della polizia, come a Parigi.


E in Italia?
Per ora, Alejandro Augusto Stephan Meran, il 29enne dominicano la belva nera che ha sparato ammazzando due poliziotti a Trieste si è fatto girare le palle in carcere e ha lanciato una “lavatrice” contro le guardie penitenziarie.
PREPARATEVI !

1890.- Misteriosa morte di un giornalista che investigava sui finanziamenti di Soros ai gruppi antifa in Europa

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Bechir Rabani, giornalista indipendente morto suicidato. É evidente che aveva scoperto cose che non doveva sapere né divulgare. Proprio per questo ci attendiamo che si indaghi più a fondo prendendo debite precauzioni, sì perché quando ti ammazzano significa che hai preso un pesce molto grosso.
Da Controinformazione.info

Sembra ormai sulla via dell’archiazione la morte del giornalista investigativo Bechir Rabani, che si era infiltrato nei gruppi violenti di sinistra come gli antifas ed era stato trovato morto nel dicembre 2017, poco dopo aver presentato delle denunce sui finaziamenti occulti del finanziere globalista George Soros a queste organizzazioni.

Bechir Rabani, 33 anni, di origine palestinese, con passaporto svedese, era un giornalista indipendente e blogger molto conosciuto in Svezia per le sue inchieste e per le sue rivelazioni circa le collusioni fra i settori dell’alta finanza e le organizzazioni pro immigrazione che operano in Europa. Alcune delle sue inchieste avevano suscitato reazioni ed attacchi dagli ambienti della sinistra mondialista e dai media ufficiali che lo accusavano di “complottismo”.

I sui amici avevano scritto di lui “”Bechir era un combattente caparbio che ha sperato nella giustizia e che senza esitazione ha difeso tutti quelli che non potevano o non osavano. Ricorderemo Bechir per la sua energia, la sua forza trainante e non da ultimo per il suo lavoro”.

Poco prima della sua strana morte Rabani aveva rivelato che era in procinto di svelare i legami di corruzione che collegavano Soros con il produttore televisivo e presentatore, Robert Aschberg, un personaggio molto conosciuto in Svezia . Robert Aschberg, pochi giorni prima della morte di Rabani, risulta che aveva rifiutato una intervista con lui e aveva fatto minacciare il giornalista tramite la moglie.

Di fatto Rabani aveva promesso di disporre di prove per mettere in luce il lavoro occulto di Soros ed i sui piani per destabilizzare l’Europa.

Bechir Rabani, giornalista libero
Il popolare presentatore e showman televisivo, Robert Aschberg (su cui Rabani stava indagando per i suoi collegamenti con Soros), membro del consiglio di amministrazione dell’Expo Foundation, multimilionario, è il nipote di Olof Aschberg, un banchiere ebreo che finanziò i bolscevichi nel 1917 e dai quali fu nominato (per riconoscenza) direttore della Banca internazionale Ruskonbank. Questo personaggio, ex maoista in gioventù, si dedicava alla caccia ai così detti “trolls” antimigrazione che, secondo lui, diffondevano falsità contro i migranti, utilizzava la TV per mettere all’indice gli oppositori antiglobalisti e praticava forme di intolleranza contro qualsiasi dissidenza contro la linea mondialista ed immigrazionista della sistema politico svedese.

Secondo la polizia, il giornalista Rabani è stato trovato morto in circostanze sospette. Facilmente l’inchiesta sulla morte del giornalista sarà archiviata come suicidio da barbiturici o per morte naturale, considerando “naturale”la morte di un giovane di 33 anni pieno di energia e di voglia di lottare in prima persona contro le possenti organizzazioni globaliste che, in Svezia, come in Europa, gestiscono i grandi media, la finanza e i principali partiti politici.

Nota: Di fronte ad un mondo di giornalisti prostituiti al potere, Bechir Rabani era un esempio di valido di un uomo che non si era piegato alle offerte di soldi e carriera ma che si era dedicato alla ricerca della verità. A suo rischio e pericolo.

Fonti: TheTruth Seeker Culture-wars.com. Traduzione e nota: Luciano Lago