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6145.- Eutanasia. Così in Belgio si è passati dal diritto al dovere di morire

Come negare che siamo troppi e troppo stupidi? Come negare che la crisi dello Stato della Chiesa ha condotto i valori del Cristianesimo, i principi che sostengono la giustizia e l’etica della nostra società, alla fine?

Nel 2023 si sono verificati 3.423 casi, un aumento del 14.000% rispetto al 2002. Più dei numeri, però, spaventa la riforma della legge in Parlamento, che cancella il principio del rispetto dell’autodeterminazione del paziente

Da Tempi, di Leone Grotti, 4 marzo 2024

Un medico prepara un'eutanasia in Olanda
I casi di eutanasia in Belgio sono aumentati dal 2002 del 14.000% (Ansa)

Dopo oltre 20 anni di eutanasia legale in Belgio, farsi uccidere con l’iniezione letale e la benedizione dello Stato è diventato così normale che anche i due principi cardine sui quali si fonda la legge, autonomia e compassione, stanno per essere abbattuti nell’indifferenza generale. Gli ultimi dati della Commissione federale di valutazione e controllo dell’eutanasia (Fcce), al pari delle più recenti iniziative legislative in Parlamento, confermano il trend inquietante e aumentano il rischio che da diritto la “buona morte” si trasformi in dovere.

Decessi aumentati del 14.000% in 20 anni

I numeri dell’eutanasia in Belgio sono eclatanti: dai 24 decessi del 2002 si è passati ai 3.423 del 2023, più di nove al giorno, un aumento del 15% rispetto al 2022 e di oltre il 14.000% rispetto a 20 anni fa. Dall’analisi dei dati, contenuti nell’ultimo rapporto della Fcce, si evince che lo scenario in realtà è ancora più preoccupante.

Se un decesso con l’eutanasia su tre riguarda persone con meno di 70 anni, continuano a cambiare le patologie per cui la morte viene richiesta. Se dieci anni fa la patologia alla base del 70% dei casi era un cancro, perlopiù allo stadio terminale, nel 2023 la percentuale è scesa al 55,5.

Continuano a crescere, invece, le polipatologie, cioè un insieme di malattie che va dai problemi cardiaci all’artrite, dall’abbassamento della vista a quello dell’udito. Problematiche cioè non letali e legate alla vecchiaia. L’anno scorso le polipatologie hanno motivato il 23,2% delle richieste di eutanasia, e in quasi la metà dei casi (47%) la morte non era prevista nel breve periodo. Dieci anni fa costituivano appena il 9%.

Da case di cura a case di morte

La traiettoria è chiarissima: in Belgio l’eutanasia non serve più – o se si preferisce, serve sempre di meno – a porre fine a sofferenze insopportabili provocate da malattie letali, bensì a sbarazzarsi prematuramente delle persone anziane e disabili, a prescindere dalle prospettive di vita.

È indicativo, da questo punto di vista, che siano in continuo aumento le iniezioni letali praticate all’interno delle case di riposo (16,4% nel 2022, 17,4% nel 2023), che rischiano di trasformarsi in vere e proprie case della morte.

Se nel 2022, infine, sono stati uccisi 68 malati psichiatrici o affetti da diversi tipi di demenza o disturbi cognitivi, nel 2023 i casi sono aumentati a 89, una crescita del 30%.

Addio al caposaldo della compassione

Se uccidendo anche persone sane o affette da patologie minori si manda in soffitta il criterio della compassione, uno dei due capisaldi di qualunque legge sull’eutanasia, anche il principio dell’autonomia è clamorosamente in pericolo in Belgio.

Dopo i casi di Tine Nys Godelieva de Troyer, infatti, il 20 ottobre 2022 la Corte costituzionale del Belgio ha dichiarato la legge sull’eutanasia incostituzionale nella misura in cui non prevede un sistema di sanzioni graduale per i medici che la violano. Per questo il Parlamento ha iniziato a modificare la legge, ma il testo approvato in prima lettura dalla commissione Giustizia il 14 febbraio fa già discutere.

Nuove pene per chi viola la legge sull’eutanasia

Gli emendamenti proposti dalla maggioranza disegnano un sistema diviso in tre sezioni che prevede pene diverse a seconda delle condizioni della legge che vengono violate. Se un medico non rispetta le condizioni “di base” rischia dai 10 ai 15 anni di carcere; se non rispetta le condizioni “procedurali”, può essere punito con un periodo di reclusione dagli otto mesi ai tre anni e con un’ammenda dai 26 ai 1.000 euro; se non rispetta infine le condizioni “formali” non è prevista alcuna pena, neanche un rimprovero.

Se può apparire strano che un Parlamento non preveda sanzioni penale per la violazione di una legge che disciplina la morte delle persone, la situazione diventa addirittura inquietante quando si va ad analizzare quali siano le condizioni “formali” dell’eutanasia.

Il numero di casi di eutanasia dichiarati in Belgio dal 2002 al 2023
Il numero di casi di eutanasia dichiarati in Belgio dal 2002 al 2023

Le condizioni “procedurali” e “di base”

Le condizioni “di base”, ritenute le più importanti, che il medico deve verificare sono quelle che riguardano lo stato del paziente: deve essere in grado di intendere e di volere, essere cosciente nel momento in cui presenta la domanda ed essere affetto da una patologia incurabile che provoca sofferenze fisiche o psichiche insopportabili.

La condizioni “procedurali” riguardano il consulto di un secondo medico, indipendente dal primo e competente, o di un terzo se la morte del paziente non è prevista a breve termine; il consulto di un familiare e di un medico indipendente nel caso in cui l’eutanasia sia praticata sulla base di una dichiarazione anticipata di trattamento; il consulto di uno psichiatra infantile o di uno psicologo, insieme al rappresentante legale del minore, nel caso in cui l’eutanasia sia praticata su un bambino.

L’autodeterminazione non conta più niente

Le condizioni “formali”, la cui violazione non comporta alcuna sanzione penale, sono in realtà tutt’altro che secondarie. Si parla infatti della verifica da parte del medico che la domanda di eutanasia sia presentata dal paziente «in maniera volontaria» dopo attenta riflessione, sulla base di una volontà espressa in modo reiterato nel tempo e «che non sia il risultato di alcuna pressione esterna».

Sarà trascurabile anche «informare il paziente sul suo stato di salute e sulle sue speranze di vita», così come informarlo «delle possibilità terapeutiche ancora disponibili» e della possibilità di accedere alle «cure palliative». Non sarà più necessario nemmeno «assicurarsi della persistenza della sofferenza fisica o psichica» e parlare ripetutamente con il paziente «a distanza di tempo ragionevole». Neanche «parlare con i cari che il paziente indica» sarà più importante.

I medici potranno inoltre sorvolare sull’obbligo di far passare «almeno un mese tra la richiesta di eutanasia» e l’iniezione letale; non dovranno più preoccuparsi, in caso di dichiarazione anticipata di trattamento, «di discuterne con la persona di fiducia indicata dal paziente». Infine, i dottori che praticano una eutanasia non riceveranno alcuna sanzione penale se non invieranno tutta la documentazione alla Commissione federale di controllo e valutazione «entro quattro giorni».

Niente cure palliative, c’è l’eutanasia

In sintesi, non è più importante assicurarsi che la richiesta di eutanasia nasca davvero dalla volontà del paziente e non sia invece frutto di pressioni esterne o della depressione del momento. Non è più importante offrire al malato le costose cure palliative o spiegargli se e come potrebbe continuare a vivere.

Se gli emendamenti venissero approvati in via definitiva – e lo saranno probabilmente visto che la maggioranza in Belgio è d’accordo – cadrebbe il più importante pilastro della legge sull’eutanasia: quello dell’autonomia e dell’autodeterminazione.

Dal diritto al dovere di morire

Dopo 20 anni di eutanasia legale, a quanto pare, al Belgio non interessa più sapere né se una persona vuole davvero morire né perché desidera la morte. La cosa che conta davvero per Bruxelles, verrebbe da pensare, è che il richiedente sia ucciso il prima possibile, alla luce del sole o in segreto. Un medico, infatti, potrebbe anche attendere anni prima di segnalare l’eutanasia alla commissione incaricata di valutarla: non riceverebbe alcuna sanzione penale.

Impunità, omertà, assenza di verifiche e garanzie, disprezzo della volontà del paziente e totale abbandono terapeutico: così l’eutanasia in Belgio passa in sordina da diritto a dovere di morire.

@LeoneGrotti

6127.- Il “trappolone” del trattato pandemico OMS minaccia l’indipendenza degli Stati e l’unità del pianeta

Senza un freno, un limite, alla crescita delle multinazionali andiamo incontro, rovinosamente, a una dittatura mondiale, capace già di condizionare l’autonomia degli Stati e che, inevitabilmente, cancellerà la democrazia degli States e i principi fondanti del cristianesimo. Lo stato dell’informazione, cui è vietato il solo parlarne, ci mostra già in atto il controllo sociale e mentale sull’intera umanità. L’uso sistematico dell’Intelligenza Artificiale costituirà un potente acceleratore. Avremo, perciò, una risposta il 5 novembre.

Di Redazione Blog di Sabino Paciolla, 13 Febbraio 2024

Sabino Paciolla: Ricevo dagli amici dell’Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân e volentieri pubblico. 

OMS

di Gianfranco Battisti

Nubi nere si avvicinano  

Notizie poco tranquillizzanti stanno giungendo dal fronte medicale. Stavamo appena cercando di dimenticare i tre anni del Covid, ed ecco che ci arrivano le affermazioni catastrofiste circa una ipotetica, prossima pandemia dai caratteri apocalittici. Nessuno sa di cosa si parli, ma la notizia è data per certa dal vertice dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). A ciò si aggiunge la nuova campagna mediatica pro-vaccini, che sponsorizza quelli attualmente in commercio e quelli che saranno prodotti in futuro. Si stanno inoltre preparando le task force che dovranno indottrinare in tal senso gli studenti all’interno delle scuole e delle università. Il tutto rientra chiaramente nella manovra volta a far approvare il cosiddetto “Trattato Pandemico”. Il quale ha per obiettivo l’asservimento di tutti i Paesi del mondo agli interessi plutocratici tramite l’OMS, un’agenzia delle Nazioni Unite che otterrebbe letteralmente i “pieni poteri” a livello planetario.

Le istituzioni, queste sconosciute

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’autorità dell’OMS non è destinata a limitarsi all’ambito della salute. Le politiche sanitarie sono infatti solo il pretesto per assumere il controllo di ogni settore della società: economia, scienza, cultura, politica. Il piano prevede infatti di condizionare qualsiasi decisione politica riconducendola in vario modo a questioni anche solo apparentemente di carattere medicale. È questo l’esito di una strategia che è andata sviluppandosi nell’arco di decenni, attraverso il progressivo ampliamento dell’area di competenza della medicina maturato in seno all’OMS. L’obiettivo attribuitosi da tale organismo nel 2022 parla infatti del “raggiungimento da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute”, definita (già nel 1948) come “uno stato di totale benessere fisico mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”. Nelle sue ambizioni questo programma non solo richiama il Dr. Faust, ma presuppone soprattutto il controllo sociale e mentale dell’intera umanità[1]. Tutto approvato in un momento in cui si presumeva che avessimo superato l’epoca dei totalitarismi. Evidentemente, esiste una tabella di marcia che è nota solo ai potenti.

Se ogni aspetto della vita umana viene a confluire all’interno della salute, appare logico che il governo della stessa finisca col travalicare ogni limite, occupando tutti gli spazi dell’azione politica, nessuno escluso. Ne abbiamo avuto una dimostrazione eclatante durante la dittatura sanitaria introdotta a livello globale (ma di fatto implementata solo nell’Occidente, oltreché in Cina) nel periodo del Covid. La lettura della bozza di Trattato lascia intravvedere, al di là della scarna formulazione, l’enormità dei poteri che verrebbero attribuiti ad un organismo privo non solo di qualsiasi legittimazione democratica, ma di fronte alle cui decisioni non vi sarebbe modo di tutelarsi.

Poteri così illimitati riuscerebbero ad indirizzare la spesa degli Stati verso specifici settori, alterando il funzionamento dei mercati e l’allocazione dei capitali, impedendo di fatto ai governi di effettuare investimenti nei settori che essi considerino strategici per i loro interessi. Si consideri ad es. l’enormità delle somme spese per l’acquisto dei vaccini anti Covid, mediante contratti capestro il cui contenuto rimane tuttora secretato. Né il danno si limiterebbe al campo dell’economia, in quanto per l’implementazione dei diktat onusiani sono esplicitamente previsti interventi drastici sul fronte delle libertà di stampa, di circolazione (di beni e persone), di istruzione e financo di ricerca scientifica. L’indottrinamento della popolazione, rafforzato dalla censura, diverrebbe addirittura un obbligo internazionale. Il risultato sarebbe la nascita di un nuovo regime di colonialismo globale, nel quale i governi nazionali si troverebbero ridotti nella condizione dei consigli tribali di fronte ai governatori imposti dalle potenze europee. Una nuova via, coatta, al sottosviluppo, che questa volta è destinata a coinvolgere anche la (un tempo) ricca Europa. Per tacere dei rischi ormai più che prevedibili in ordine alla nostra salute.

Non a caso, l’ordine di scuderia è “non parlare del Trattato”. Questo svela la realtà delle cose: l’OMS è soltanto la più esterna delle matrioske che compongono la struttura occulta del potere, che si cela dietro una pluralità di controfigure, secondo la logica del Deep State[2]. Naturalmente c’è chi ha fiutato il “trappolone”, a cominciare dal parlamento USA, non del tutto asservito ai poteri occulti. Quest’ultimo ha infatti approvato una mozione con la quale si riserva di decidere se dare attuazione o meno alle singole direttive provenienti dall’OMS. Lo stesso atteggiamento è emerso nei governi di alcuni Stati dell’Unione. A loro volta i Paesi africani si sono subito dimostrati molto scettici, ed i loro rappresentanti in seno all’assemblea hanno votato in massa contro l’evidente tentativo di bruciare i tempi dell’approvazione. In Slovacchia, il presidente ha già annunciato che il suo Paese ne resterà fuori; in Ungheria la protesta viene invece dal partito nazionalista, che milita all’opposizione. Dietro le quinte c’è dunque una certa mobilitazione, nonostante il fatto che i media internazionali dedichino alla questione una scarsissima copertura.

La storia si ripete

La situazione ricorda il tentativo della presidenza Obama di far passare il cosiddetto “Trattato Transatlantico”, che avrebbe dovuto portare alla pratica “annessione” dell’area OCSE all’economia americana. L’operazione, anch’essa portata avanti nel massimo segreto, è poi fallita principalmente per l’opposizione interna agli Stati Uniti, che vedeva comunque minacciati una serie di interessi vitali da parte dell’élite globalista. Lo spettro di una dittatura mondiale che cancelli l’autonomia degli States è una delle questioni che stanno alla base del successo di Trump, e contribuisce a spiegare l’accanimento dimostrato contro il presidente durante il suo mandato ed attualmente contro la sua ricandidatura[3].

Quella attuale appare come l’ennesima “soluzione tecnica” che l’élite al potere sta cercando di attuare da decenni. Come è noto, essa sta progressivamente  monopolizzando le ricchezze ed i poteri, sottraendoli ovunque agli Stati, sia a livello di governi che di singoli cittadini. A livello istituzionale lo fa sovente attraverso organizzazioni private che vengono spacciate per pubbliche – l’OMS, come l’ONU di cui è emanazione, non sono enti pubblici, soggetti al controllo degli elettori – e lo stesso discorso vale per la pletora di OnG ad essa riconducibili, la cui operatività non casualmente viene ufficializzata dalle Nazioni Unite.

Ritornando al caso in questione, i potenti del nostro tempo hanno scoperto che in un mondo dove Dio è stato cacciato, la paura della morte e della malattia è un sentimento che può venire usato per spingere a comportamenti irrazionali e financo autolesionistici. Anche ad accettare una dittatura in confronto alla quale nazismo e comunismo conservavano pur sempre un fondo umanitario. Le modalità con le quali si è reagito quasi ovunque al Covid sono indicative della brutalità che ci aspetta in futuro. Se a ciò aggiungiamo che il virus è un’arma biologica, realizzata con i finanziamenti dell’esercito americano (non si dimentichi che sulla composizione dei cosiddetti “vaccini” grava un segreto militare che l’Unione Europea è costretta a rispettare) si comprende dove si intende arrivare. Apertis verbis, ad attribuire all’OMS il potere di dichiarare – ogniqualvolta farà comodo a “lorsignori”  – l’esistenza di una pandemia, costringendo il mondo intero ad assumere decisioni di portata epocale praticamente senza contraddittorio.

Lo sfilacciarsi della democrazia

Dopo aver sottratto furtivamente ai popoli ogni possibilità di controllo sulla politica, con il Trattato pandemico si vuole adesso sottomettere ufficialmente gli Stati all’OMS, instaurando di fatto un governo mondiale facente capo ad un organismo apparentemente “tecnico”. In realtà, gli amministratori dell’OMS vengono nominati dai politici conniventi, dai quali ricevono una delega in bianco. Questa delega è poi riempita dai padroni dell’industria del farmaco, i quali mirano unicamente ad aumentare le loro ricchezze, direttamente e indirettamente. Dietro all’industria vi sono poi i militari, e dietro ad essi tanti “signori X” che tirano i fili. 

Sulla strada che abbiamo sintetizzato un risultato fondamentale è già stato raggiunto: esiste in effetti un “governo mondiale delle banche”[4], ma questo non è più in grado di far funzionare un mondo che è stato depredato al punto da essere sull’orlo del tracollo. Occorre dunque rafforzare la presa. La prossima crisi di Wall Street, che negli ultimi 16 anni è stata ritardata a prezzo della definitiva compromissione dell’economia mondiale, è ipotizzabile per il 2025. Vale a dire all’indomani delle elezioni presidenziali americane. Da qui il tempismo del Trattato, che mira a dare al nuovo presidente i poteri per salvare l’America a spese del mondo intero. Difatti, gli USA sono ad un tempo il “grande malato” dell’economia mondiale[5] ed il maggior contribuente dell’OMS, più ancora della Cina. E come tali, sono in grado di condizionarne le decisioni.

L’obiettivo è in fondo semplice: si tratta di rinchiudere il mondo in una rete dalla quale rimangano fuori soltanto loro: all’esterno, ma seduti nella stanza dei bottoni. Dalla quale amministrare il resto del pianeta. Come già anticipato, ciò trasformerebbe il mondo intero in una colonia, da amministrare né più né meno di come l’Europa ha trattato il resto del mondo nei secoli passati[6]. Per l’occasione è stato già lanciato il nuovo slogan: “Non possiederai nulla e sarai felice”. Il copyright è del World Economic Forum, un’associazione privata che comprende circa 1.500 tra grandi e grandissimi imprenditori multinazionali (incluso il famoso Klaus Schwab), provenienti dal mondo intero. È questa la vera “assemblea globale” che oggi vuole assumere tutti i poteri. Un’assemblea al cui interno i diritti di voto non sono distribuiti in modo paritetico, ma sono “pesati” secondo le ricchezze formalmente detenute da ciascuno.

Il “Piano B”

Relativamente al Trattato Pandemico, il colpo è talmente grosso che i “furbetti”, a quanto è dato di intendere, temono adesso di non riuscire a farlo approvare. L’operazione richiede infatti una maggioranza qualificata pari a non meno di 2/3 dei membri ONU. Si starebbe allora preparando un “Piano B”, che consisterebbe nello spostare le norme liberticide dal Trattato al Regolamento interno dell’OMS. Questo si può infatti modificare a maggioranza semplice: bastano 98 voti.

Non sarebbe la prima volta che una simile manovra ha luogo. È accaduto lo stesso allorquando il progetto della cosiddetta “Costituzione europea” è crollato di fronte all’opposizione popolare. Nell’occasione, l’élite che ci governa ha reagito collocando a livello di trattati internazionali (soprattutto il Trattato di Nizza) le norme tecniche che trasferiscono i poteri determinanti dai singoli Stati all’Unione europea[7]. Questa è diventata di fatto una sorta di ircocervo, un “quasi Stato”, nel quale il potere è concentrato in pochissime mani ed ai parlamentari, che non possono esprimere il governo, non è consentita nemmeno l’iniziativa legislativa. Il risultato è un deficit democratico ineliminabile, che non è nemmeno equilibrato dalla relativa maggiore efficienza che solitamente caratterizza i regimi autoritari.

Tutto ciò non deve meravigliare. Le storture originarie dell’Unione europea presentano tutti i tratti di un organismo handicappato, fatto nascere a forza dalle stesse élites che su un altro versante si battono ostinatamente per far abortire i bambini, anche e soprattutto se potrebbero nascere sani. Queste caratteristiche istituzionali sono infatti finalizzate a consentire che l’embrione di Stato europeo si sciolga prossimamente nel calderone dal quale dovrà scaturire il futuro governo mondiale. Da quanto è dato intuire, tale governo sarà caratterizzato dalla stessa mancanza di coesione che ravvisiamo nella UE, dove le diverse istituzioni costituiscono delle realtà fra loro disarticolate.

Se tutto procedesse come si vuole “dall’alto”, vedremmo nascere, più che una modalità di governance completamente inedita, una forma “perfezionata” della attuale struttura europea. Una forma ibrida che vede il potere spartito tra le grandi multinazionali e le organizzazioni non governative – ergo, private – che sono state messe in piedi come “braccio” politico dei magnati. Organizzazioni il cui compito è di “costruire” un consenso apparente per le decisioni elaborate dai moderni “padroni del vapore”.

Tempus fugit

Per il “Trattato pandemico” i tempi sono strettissimi: il golpe (o, per chi preferisce usare il “politicamente corretto”: il voto) è calendarizzato per maggio, all’indomani delle elezioni europee. A quel tempo il nostro continente sarà ancora rappresentato dai leader espressi dall’attuale coalizione di centro-sinistra, mentre la nuova maggioranza che probabilmente emergerà dalle urne non avrà avuto il tempo di organizzarsi e prendere in mano le redini del potere. Certe coincidenze non sono mai casuali.

A questo punto la parola passa più che mai ai singoli Stati, che conservano ancora (non si sa fino a quando) l’autorità di aderire o meno al “trappolone”. La situazione è invero assai difficile. La bozza di piano pandemico nazionale recentemente presentata alle Camere contiene già la sottomissione dell’Italia ai diktat dell’OMS, anche se non esplicitamente. Non resta che sperare nella votazione finale in assemblea. Ogni azione di sensibilizzazione mediatica e politica, ovunque avvenga, è dunque benvenuta e potremmo dire, anche “sacrosanta”.

Per i cattolici, doverosa appare una mobilitazione di natura religiosa. Da troppo tempo abbiamo dimenticato il potere della preghiera collettiva. Sarà forse il caso di ricordare come una catena di rosari, portata avanti per anni, da una porzione crescente del popolo austriaco abbia portato nel dopoguerra all’evacuazione delle truppe sovietiche ed al ristabilimento dell’indipendenza del Paese. Se a ciò aggiungiamo che maggio è il mese caro alla Madonna, non ci dovrebbero essere dubbi su quale sia il nostro compito primo.

[1] Nel 1999 si era giunti ad un passo dall’inserire nell’elenco anche il “benessere spirituale”.

[2] Cfr. Il Deep State planetario: la politica manovrata dall’ombra – 15° Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel Mondo, a cura di G. Crepaldi, R. Cascioli, S. Fontana, Siena, Cantagalli – Osservatorio internazionale Card. Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa, 2023.

[3] Questo tema è “convenientemente” omesso dagli organi d’informazione.

[4] Il quale è praticamente in guerra con la Federazione Russa.

[5] Cfr. “Le logiche economiche del Great Reset”, in Proprietà privata e libertà: contro lo sharing globalista – 14° Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel Mondo, a cura di R. Cascioli, G. Crepaldi, S. Fontana, Siena, Cantagalli – Osservatorio internazionale Card. Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa, 2022, pp. 37-60.

[6] Vi sono ancora dubbi sulle ragioni per le quali non il solo Putin ma la maggior parte del pianeta – che si sta organizzando all’interno dei BRICS – si oppone agli Stati Uniti?

[7] Si consideri che la Costituzione italiana esclude le leggi di ratifica dei Trattati internazionali dalla possibilità del referendum abrogativo. Una circostanza che spiega l’apparente “debolezza” che i nostri governanti mostrano nei rapporti con gli altri Stati.

6162.- Servizi segreti vaticani

di Jason Ventitre Deglianelli

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Periodicamente vengono alla luce tracce di operazioni segrete del Vaticano, che nega le sue attività di intelligence. A cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta, un’ondata di arresti di spie cattoliche di alto rango si diffuse in tutta Europa.

In Bulgaria uno di loro è stato condannato a morte; grandi gruppi furono esposti in Cecoslovacchia e Polonia. I monasteri cattolici fungevano da depositi di armi e rifugi per spie e terroristi. Il denaro della mafia veniva riciclato attraverso il tesoro vaticano (“Istituto per gli affari religiosi”): in collaborazione con la mafia e la loggia massonica P-2, il Vaticano sponsorizzò il traffico di armi e droga, i regimi filoamericani in America Latina e i regimi anti-americani. Forze sovietiche nell’Europa orientale.

È interessante notare che nell’intera storia dell’intelligence, solo l’agente sovietico I. Grigulevich, che lavorava sotto il nome di Theodore Castro, riuscì a penetrare in Vaticano. Per quanto riguarda gli archivi vaticani, si possono solo immaginare le informazioni ivi nascoste; se usciranno probabilmente la storia sarà da riscrivere daccapo

6149.- La dottrina della Fede ha varcato i confini dell’impostura, ma il messaggio di Cristo non gli appartiene.

Dichiarazione della Confraternita del Clero Cattolico (USA) sulla recente Dichiarazione Fiducia Supplicans

Di Sabino Paciolla|Dicembre 24th, 2023Tag: benedizioni coppie omosessualiCongregazione per la Dottrina della FedeFiducia Supplicans

Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog il comunicato della Confraternita del Clero Cattolico (sezione USA) e pubblicato sul suo sito. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. Ecco l’articolo nella traduzione da me curata. 

22 dicembre 2023

La Confraternita del Clero Cattolico (USA) desidera affrontare la recente agitazione sulla corretta interpretazione e applicazione della Fiducia Supplicans del Dicastero della Dottrina della Fede. Uniamo le nostre preoccupazioni a quelle dei nostri confratelli della Confraternita britannica del clero cattolico, come dichiarato nel loro annuncio pubblico. Il comportamento peccaminoso e le inclinazioni disordinate non possono mai essere benedetti o condonati. Anche l’apparenza di un’approvazione di qualsiasi male morale deve essere evitata a tutti i costi, per evitare che si possa dedurre che colui che dà la “benedizione” sia anche un collaboratore formale del male, cosa che è sempre proibita.

La distinzione che gli individui possono essere benedetti senza approvare il loro stile di vita e la loro attività morale è certamente valida. I detenuti in carcere vengono spesso “benedetti”, ma sempre nel contesto in cui si invoca l’assistenza divina sulle persone stesse, non sul loro comportamento criminale. Allo stesso tempo, però, è necessario prestare molta attenzione affinché non si crei la facciata che non solo la persona, ma anche le sue azioni e le sue convinzioni ricevano una sorta di “imprimatur”. Le coppie conviventi (eterosessuali o omosessuali), se benedette insieme, danno l’impressione che la loro relazione sia accettabile agli occhi della Chiesa, cosa che non è. Mentre un ecclesiastico può “benedire” qualsiasi persona umana, non può benedire un comportamento immorale o disordinato. Amare il peccatore non significa amare il peccato. Gesù comandò alla donna colta in adulterio di “non peccare più”. Non ha “benedetto” il suo stile di vita, ma ha perdonato i suoi peccati.

Allo stesso modo, come non possiamo benedire l’aborto, la pornografia, l’infedeltà coniugale, l’abuso di minori, il terrorismo e tutti i gravi mali (come la fornicazione e l’adulterio), dobbiamo anche evitare di confondere le cose immorali con coloro che le commettono. La prudenza ci impone di evitare di trasmettere un messaggio sbagliato e di evitare di fare un’analisi della verità morale. La verità morale è preziosa quanto la verità dogmatica. Sì, la Chiesa non ha cambiato il suo insegnamento perenne sulla sessualità umana e sulla santità del matrimonio, ma non dobbiamo nemmeno confondere le acque. Ammonire i peccatori è ancora un’opera di misericordia, oscurare la loro visione morale non lo è, anche se viene chiamata “benedizione”.

6102.- La famiglia naturale, la base per legami veri

Cacciari parla di “famiglia patogena” sostenendo che bisogna accantonare l’idea di famiglia naturale per superare le tensioni attuali. In realtà è l’innaturale a generare violenza. La natura, invece, è l’alfabeto che regola rapporti veri e appaganti.

Da La Nuova Bussola Quotidiana, di Stefano Fontana, 30_11_2023

Il confronto-scontro in corso circa il cosiddetto “femminicidio”, dopo la tragica uccisione di Giulia Cecchettin, è molto incentrato su cosa si ritiene essere una famiglia. Il titolo stesso del Ddl Roccella sul contrasto alla violenza di genere approvato dal Senato in via definitiva parla di “violenza domestica”, qualcosa quindi che si consuma tra le mura di casa. Anche il ridicolo e inconsistente richiamo al “patriarcato” come causa di questi fenomeni ha a che fare con la famiglia, in questo caso la famiglia appunto patriarcale. L’attentato terroristico a Pro Vita & Famiglia testimonia ulteriormente che l’obiettivo è colpevolizzare la famiglia addossandole le responsabilità del “femminicidio”.

L’idea cavalcata è quindi quella della “famiglia patogena”. Sarebbe essa a provocare patologie nei comportamenti, insicurezze, carenze formative, difficoltà di relazioni, ansie e atti di violenza. L’espressione “famiglia patogena” è stata di recente coniata da Massimo Cacciari in un passaggio della trasmissione Otto e mezzo, condotta da Lilly Gruber [vedi QUI]. La famiglia, secondo il professore, è qualcosa di storico, si è sempre evoluta in molte forme e oggi ha completamente abbandonato l’idea di essere qualcosa di naturale. Proprio questo passaggio dalla natura alla storia, da una visione statica e chiusa ad una dinamica e aperta, creerebbe quelle patologie che poi si esprimono anche in forme violente. La soluzione sarebbe di non rivendicare più alcuna caratteristica naturale per la famiglia, perché questo farebbe continuare la tensione attuale, ma di transitare le menti verso una piena accettazione della sua storicità e pluralità di sensi, senza più rimpianti patogeni. A questo le persone vanno aiutate, secondo Cacciari, tramite la scuola in primo luogo e poi tramite gli amici, affinché non si sentano più a disagio nelle nuove forme di famiglia. In questo modo viene appoggiata la politica governativa di introdurre nuovi percorsi di educazione alle relazioni sentimentali e alla diversità.

Avere una storia, tuttavia, non significa essere storia. Ciò vale anche per la famiglia. Essa ha certamente assunto varie forme organizzative e di vita. La famiglia patriarcale – quella che secondo i sostenitori del femminicidio a base familiare esisterebbe tuttora e sarebbe la causa del disastro – non esiste più da tempo. Si tratta però di cambiamenti sociologici perché, anche nel caso della famiglia mononucleare, sempre di famiglia si tratta. La famiglia ha avuto e ha una storia, ma non è storia, perché questo significherebbe che non esista la famiglia ma solo le famiglie, caso per caso. Significherebbe non poterle più chiamare nemmeno con lo stesso nome di famiglie perché non ci sarebbe nessuna struttura universale e permanente che le unifichi, nemmeno per analogia. Significherebbe, infine, che il tempo non sia più il “luogo” in cui ogni famiglia si costruisce, ma solo la successione priva di un senso unitario delle situazioni di vita che, nominalisticamente, chiamiamo famiglia.

L’abbandono della visione naturale della famiglia la trasformerebbe in una semplice aggregazione di cittadini. Come far parte di un circolo del tennis o di un coro amatoriale, la famiglia sarebbe un’aggregazione elettiva, la cui unica motivazione sarebbe la scelta di chi decide di parteciparvi. È stato questo il caso, per esempio, della legge Cirinnà che, legiferando sulle unioni civili, chiama famiglia un’aggregazione di individui. Che differenza c’è tra un’aggregazione di individui e una famiglia? La prima è un accostamento interessato e strumentale di soggetti intesi come unità numeriche che si sommano gli uni con gli altri; la seconda è un’integrazione complementare di un uomo e una donna che cessano di essere individui isolati e di utilizzare criteri strumentali nei loro rapporti, per vivere insieme secondo una regola indisponibile, non più loro ma della coppia-famiglia. Questo non può derivare dalla semplice aggregazione a base volontaristica, con la quale l’individuo non esce mai da sé stesso, ma richiede di rispondere ad un’inclinazione naturale presente in noi ma che non proviene da noi. Questa è precisamente l’idea di natura umana, la quale inclina naturalmente la donna e l’uomo al “coniugio”, alla procreazione e all’educazione della prole.

Se la famiglia varia nei tempi e nei luoghi, come dice Cacciari, per forza diventa patogena. Non, quindi, perché naturale ma perché ridotta a tempo e spazio. La persona è così sperduta e sradicata, dissolta in esperienze prive di continuità e coerenza, dentro le forme aggregative apparentemente più varie ma nella realtà imposte e rese artificialmente naturali. L’innaturale elimina l’indisponibile e, quando su tutto si può mettere le mani, il conflitto e la violenza sono inevitabili. La natura viene interpretata á la Cacciari come qualcosa di astratto e imposto. Invece è la nostra vita libera perché protetta nei suoi elementi indisponibili. La nostra natura è l’alfabeto con cui possiamo avere legami veri, appaganti e privi di violenza.

6080.- Il papà di Giulia: “L’amore vero non umilia, non picchia, non uccide” 

Meglio una legge che la famiglia? Schlein: “Facciamo fare un passo in avanti al paese. Basta patriarcato”, “subito una legge nelle scuole”. Immediato il tentativo di sostituire lo Stato alle famiglie. Sappiamo bene quale amore sia coltivato dalla sinistra e cosa vorrebbero insegnare nelle scuole.

La segretaria del Pd parla di “cultura tossica del patriarcato e della sopraffazione” che “ha attecchito anche nei più giovani. Se non ci occuperemo di educazione al rispetto e all’affettività sin dalle scuole non fermeremo mai questa mattanza. E non basterà mai aumentare solo leggi e punizioni che intervengono dopo le violenze già compiute: serve l’educazione, serve la consapevolezza”.

La legge non sostituirà mai la famiglia. Ma quale patriarcato? Perché non chiamare in causa anche il possesso delle matriarca sui figli maschi? L’orrore non concede di chiamare vittime entrambi questi nostri ragazzi, ma colpisce che nessuno dei due abbia trovato un aiuto, un confidente con cui condividere il proprio malessere. Si chiama in causa la politica. Se la famiglia non basta, in questa nostra società ci sarebbe già una regola per l’amore, anzitutto fraterno ed è il messaggio di Cristo e mi domando: “A cosa serve oggi avere una chiesa cattolica, addirittura uno Stato, un tempio nel centro di ogni quartiere, di ogni paese e anche di più; che cosa insegnano a questi preti-amministratori, spesso imprenditori della ristorazione e dai quali a volte è più sano che i giovani stiano distanti?” Quanti di loro conoscono le nostre case? E i frati, sintesi meravigliosa dell’umano con la fede nel divino, esistono ancora? Vidi un’altra società, più ricca di sentimenti, di condivisioni, di circoli e di ritrovi. Oggi, le chiese non sono più il ritrovo domenicale né i caffè alla sera e le case comunali non hanno un luogo per i cittadini. Ricevono uno alla volta, per appuntamento, se ricevono. Troppi fra noi, non solo giovani, sono soli.
Vergogna per l’informazione aver diffuso urbi et orbi particolari agghiaccianti, senza alcun rispetto. Serve una legge anche qui o è questione di educazione e di sensibilità?

Cecchettin, Meloni: “Notizia straziante”. Schlein chiede “subito una legge”, Valditara: “È pronta” 

Da Il Secolo d’Italia del 19 Novembre 2023, di Stefania Campitelli.

“Facciamo fare un passo in avanti al paese. Basta patriarcato”. Così Elly Schlein alla notizia del ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin, rivolgendosi alla premier per approvare subito una legge “che introduca l’educazione al rispetto e all’affettività in tutte le scuole d’Italia”. Proposito condiviso dal governo. “Apprezzo che l’onorevole Schlein condivida con noi l’idea di educare al rispetto nelle scuole contro la violenza e la cultura maschilista. Già ci stiamo lavorando”, risponde a stretto giro di posta il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. “Dopo aver consultato associazioni studentesche, associazioni dei genitori, sindacati, ordine degli psicologi la proposta è pronta e verrà nei prossimi giorni presentata ufficialmente”.

Cecchettin, Meloni: una notizia straziante

La premier Giorgia Meloni sui social esprime la sua vicinanza alla famiglia della ventitreenne uccisa dal suo ex fidanzato, accusato di tentato omicidio e cercato dall’Interpol. “Ho seguito con apprensione gli aggiornamenti sul caso”, scrive la premier. “E, fino alla fine, ho sperato in un epilogo diverso. Il ritrovamento del corpo senza vita di Giulia è una notizia straziante. Ci stringiamo al dolore dei suoi familiari e di tutti i suoi cari. Mi auguro sia fatta presto piena luce su questo dramma inconcepibile. Riposa in pace”.

Schlein: subito una legge nelle scuole

La segretaria del Pd parla di “cultura tossica del patriarcato e della sopraffazione” che “ha attecchito anche nei più giovani. Se non ci occuperemo di educazione al rispetto e all’affettività sin dalle scuole non fermeremo mai questa mattanza. E non basterà mai aumentare solo leggi e punizioni che intervengono dopo le violenze già compiute: serve l’educazione, serve la consapevolezza”.

Valditara: la legge è pronta, presto alle Camere

Come in occasione del film di Paolo Coltellesi, C’è ancora domani”, Schlein torna a rivolgersi a Meloni. “Almeno su questo lasciamo da parte lo scontro politico e proviamo a far fare un passo avanti al Paese. Approviamo subito in Parlamento una legge”. Una richiesta che non cade certo nel vuoto: il governo è al lavoro da tempo in questa direzione. La prevenzione e la battaglia culturale contro la violenza sulle donne è stata una delle priorità dell’agenda dell’esecutivo fin dall’insediamento. ”Condivido in pieno l’appello della Schlein”, dice a sua volta il sottosegretario all’Istruzione Paola Frassinetti. “Abbiamo già inserito nelle linee guida la cultura del rispetto e dell’affettività e ribadiamo che va insegnata a scuola. Bisogna demolire una cultura retrograda che ancora persiste. E spiegare bene ai giovani che il possesso e l’amore sono due cose diverse”.

6072.- Lo schiaffo dei giudici inglesi all’Italia esige una risposta

“Abbiamo fatto tutto il possibile, purtroppo non è bastato”, ha detto Meloni.

(Adnkronos) – “Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, tutto il possibile. Purtroppo non è bastato. Buon viaggio piccola Indi”, scrive su X la premier Giorgia Meloni, commentando la notizia della morte di Indi Gregory, avvenuto oggi lunedì 13 novembre alle 2.45 italiane. Anche il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini ha sottolineato come “il governo italiano ha fatto il massimo, offrendosi di curarla nel nostro Paese, purtroppo senza successo”, dopo aver affermato che il decesso della piccola è “una notizia che non avremmo mai voluto leggere”. Poi ha aggiunto: “Una commossa preghiera per lei e un sincero abbraccio ai suoi genitori”.  “Colpiscono e fanno riflettere”, ha proseguito il ministro delle Infrastrutture, “le parole di papà Dean. ‘Mia figlia è morta, la mia vita è finita all’1.45. Il servizio sanitario nazionale e i tribunali non solo le hanno tolto la possibilità di vivere, ma le hanno tolto anche la dignità di morire nella sua casa. Sono riusciti a prendere il corpo e la dignità di Indi, ma non potranno mai prendere la sua anima. Sapevo che era speciale dal giorno in cui è nata, hanno cercato di sbarazzarsi di lei senza che nessuno lo sapesse ma io e Claire ci siamo assicurati che sarebbe stata ricordata per sempre'”, si legge ancora nel post, che riporta le parole del papà di Indi Gregory. —politicawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

La lettera di risposta del giudice Peel al Console italiano a Manchester sul trasferimento in Italia di Indi Gregory è una clamorosa presa in giro del governo italiano. Da cui ci si aspetta una risposta adeguata. Ma anche coerenza in Italia nella difesa della vita.

Da La Nuova Bussola Quotidiana, di Riccardo Cascioli, 14.11.2023Il giudice Robert Peel

«Avrà certamente sentito che molto tristemente Indi Gregory è morta….»: le parole scritte dal giudice dell’Alta Corte britannica, Robert Peel, al Console italiano a Manchester, Matteo Corradini, suonano come una inaccettabile presa in giro nei confronti dell’Italia. È un disgustoso sberleffo nei confronti di chi si era assunto l’incarico di salvare una bambina di 8 mesi, gravemente malata, da una morte procurata, decisa proprio dal giudice Peel e dai suoi colleghi. Ma è anche un aberrante oltraggio a Indi e alla sua famiglia, a cadavere ancora caldo. E dice soprattutto qualcosa sulla totale assenza di umanità in questi giudici, a cui non basta aver vinto facile in tribunale la loro battaglia per la morte, pretendono anche l’umiliazione degli avversari: è il trionfo della barbarie, che fa rivivere quello spirito tribale che evidentemente rappresenta la radice culturale del giudice Peel.

Come si ricorderà il console italiano Corradini, nella sua qualità di giudice tutelare di Indi da parte italiana, aveva richiesto cinque giorni fa al giudice Peel di cedergli la giurisdizione sul caso ai sensi dell’articolo 9§2 della Convenzione dell’Aja del 1996. La risposta è arrivata beffardamente soltanto ieri, poche ore dopo la morte di Indi. «Caro signor Corradini – scrive Peel nella lettera datata 13 novembre – grazie per la sua lettera del 9 novembre in cui, in base all’articolo 9 della Convenzione dell’Aja del 1996, richiede di essere autorizzato a esercitare la giurisdizione allo scopo di fare i passi necessari per trasferire Indi Gregory in Italia. Avrà certamente sentito che molto tristemente Indi Gregory è morta domenica notte/prime ore di lunedì. Il mio pensiero va alla sua famiglia. Date le circostanze, presumo che lei non desideri procedere con la sua richiesta di cui all’articolo 9. In attesa di sue notizie, cordiali saluti».

Non ci sono parole adeguate per commentare questa incredibile lettera, che costituisce tra l’altro un sonoro schiaffo al governo italiano che si era prodigato per la vita di Indi. E che ora ci attendiamo risponda adeguatamente a questo affronto. La lettera del giudice Peel non può essere un episodio da far passare nel dimenticatoio, ne va della dignità non solo dei membri del governo ma di tutto il popolo che rappresentano.

Ma avranno la volontà e la forza di iniziative adeguate?Purtroppo c’è da dubitarne, perché significherebbe provocare un incidente diplomatico con il Regno Unito che hanno già dimostrato di voler evitare. Pur essendo infatti meritoria l’azione che il governo italiano ha fatto in questa ultima settimana, prima concedendo la cittadinanza italiana a Indi e poi ponendo le basi giuridiche per il trasferimento in Italia, è difficile concordare sull’affermazione che «è stato fatto tutto il possibile» come ieri hanno detto sia il presidente del Consiglio Giorgia Meloni sia il leader della Lega Matteo Salvini.

Bisogna essere realisti: i precedenti – nei casi di Alfie Evans, Archie Battersbee e del cittadino polacco RS – avevano chiaramente mostrato che i giudici del Regno Unito neanche considerano le pressioni che arrivano da altri Paesi così come gli interventi di organismi giuridici internazionali quali la Corte. Per cui qualsiasi iniziativa del genere, salvo miracoli, è destinata all’insuccesso. A meno che si sia disposti allo scontro diplomatico con il governo del Regno Unito, e neanche in questo caso si sarebbe sicuri di ottenere qualcosa. Questo sarebbe «tutto il possibile». Ma il governo italiano, a cui va comunque dato atto di essersi spinto laddove nessun altro finora aveva fatto, evidentemente non intendeva arrivare fin lì.

Ora però ha la possibilità di dimostrare almeno che non era soltanto una bella iniziativa umanitaria acchiappa-consensi. Non solo prendendo adeguate iniziative per rispondere alla presa in giro del giudice Peel, ma soprattutto dando seguito all’iniziativa per tutelare la vita dei più deboli e renderla istituzionale. Per restare al caso di Indi Gregory, il governo italiano potrebbe ora studiare una Convenzione da proporre al Regno Unito (e ad eventuali altri Paesi) per accogliere d’ufficio dei pazienti inguaribili, che vogliono sottrarsi alla morte anticipata. Non un gesto isolato, dunque, ma un intervento strutturato e continuo.

Ma per essere preso sul serio, dovrebbe anche impegnarsi in Italia, per intervenire sulle leggi italiane eutanasiche, ad esempio modificando la legge 219/17 che ha introdotto il testamento biologico, con l’ammissione della possibilità dell’obiezione di coscienza per il personale sanitario.

Dopo la morte di Alfie Evans nel 2018, Giorgia Meloni, allora semplice segretaria di Fratelli d’Italia, consegnò al padre Thomas e alla madre Kate il “Premio Atreju” all’interno della festa romana del partito. Possiamo star sicuri che anche questa volta penserà di “premiare” in qualche modo Dean e Claire, i genitori di Indi. Iniziative lodevoli, senz’altro, ma da chi può preferiamo i fatti. Come si diceva una volta: non fiori, ma opere di bene.

6055.- Israele-Hamas, criteri per un giudizio

Nessuna giustificazione è possibile per atti di terrorismo. Ma il diritto a difendersi non legittima qualsiasi reazione violenta che violi la dignità umana. La Dottrina sociale della Chiesa ci insegna come non essere guidati dalle emozioni.

Da La Nuova Bussola Quotidiana, Riccardo Cascioli, 09_11_2023Distruzione a Gaza (ANSA)

«Entrambe le parti sembrano difettare di una visione strategica, che non sia l’annientamento l’uno dell’altro. Perfino la terra sembra essere passata in secondo piano rispetto alla volontà di reciproca distruzione». Queste drammatiche parole pronunciate dal Patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, in una bella intervista all’Osservatore Romano datata 7 novembre, tutta da leggere, descrivono in modo molto efficace quanto sta avvenendo tra Israele e palestinesi. E Pizzaballa nota anche come le «emozioni» abbiano preso il sopravvento, da una parte e dall’altra.

il Cardinale Pizzaballa è Patriarca Latino di Gerusalemme dal 2020. Vive in Terra Santa dal 1990 dove è stato Custode per 12 anni. Nato in provincia di Bergamo, Pizzaballa è molto amato dalla comunità di Gerusalemme, un pastore benvoluto in mezzo al gregge.

Ma non solo in Terra Santa, aggiungiamo noi: anche qui in Italia e, più in generale, in Europa e altrove la reazione a quanto avviene in Medio Oriente è guidata dalle emozioni che spingono a dividere politici, analisti e persone comuni in opposte tifoserie. E in un conflitto che dura da 75 anni ma che ha radici ancora più antiche, trovare torti e ragioni per sostenere il proprio schieramento è un gioco da ragazzi. E questo accade purtroppo anche nell’ambito della Chiesa, dove si dimentica troppo spesso che la Dottrina sociale e il Catechismo ci offrono dei criteri molto chiari per giudicare anche situazioni di crisi internazionali come questa. Ciò non vuol dire che la traduzione dei criteri in azioni concrete sia sempre semplice o automatica, ma almeno a quei criteri ci si deve rifare per un giudizio che abbia come obiettivo la vera pace.

Allora è bene ripercorrere i principali avvenimenti di questo ultimo mese lasciandoci guidare dal Compendio di Dottrina Sociale della Chiesa, che alla “Promozione della pace” dedica un capitolo intero, l’undicesimo (nn. 488-520). Non è possibile qui ripercorrere tutto il capitolo, ma va comunque ricordata una premessa indispensabile: la pace qui descritta come «traguardo della convivenza sociale» discende direttamente dal fatto che «la pace è anzitutto un attributo essenziale di Dio», che «trova il suo compimento nella persona di Gesù». E quindi si realizza come conseguenza dell’«obbedienza al piano di Dio», all’ordine naturale da Dio voluto. Vale per la singola persona e si irradia ai rapporti sociali su su fino alle relazioni tra popoli e governi. La guerra perciò è anzitutto esito della disobbedienza all’ordine voluto da Dio.

Avendo questo ben presente, veniamo allo specifico di quel che sta accadendo, a partire dal 7 ottobre. «Il terrorismo – leggiamo nel Compendio – è una delle forme più brutali della violenza che oggi sconvolge la Comunità internazionale: esso semina odio, morte, desiderio di vendetta e rappresaglia». Quindi non c’è nulla che possa giustificare un atto terroristico, pur riconoscendo che ci sono situazioni di ingiustizia grave che sono terreno fertile per il reclutamento e la formazione dei terroristi. In ogni caso «il terrorismo va condannato nel modo più assoluto». Tradotto: la questione irrisolta dello Stato palestinese non giustifica in nessun modo il massacro di 1400 persone in Israele lo scorso 7 ottobre, né il supporto palese o velato ad Hamas che abbiamo visto in Europa in queste settimane.

Ma la Dottrina sociale della Chiesa ci dice anche che se «esiste un diritto a difendersi dal terrorismo», questo «non può tuttavia essere esercitato nel vuoto di regole morali e giuridiche, poiché la lotta contro i terroristi va condotta nel rispetto dei diritti dell’uomo e dei princìpi di uno Stato di diritto». Vale a dire che, malgrado la tattica dei militanti di Hamas che si fanno scudo dei civili renda difficile operazioni militari “pulite”, non possono essere accettabili bombardamenti indiscriminati che radono al suolo le città, provocano un numero indefinito di morti e centinaia di migliaia di nuovi profughi, come sta avvenendo.

E anche a questa situazione si applicano le quattro condizioni che rendono moralmente legittima la risposta a un’aggressione: la gravità e la certezza del danno subito; l’impraticabilità o l’inefficacia di altri mezzi; la fondata probabilità di successo; l’attenzione a «che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare». Soprattutto l’ultimo punto appare problematico se guardiamo all’azione del governo israeliano. Ha proprio ragione il cardinale Pizzaballa, quel che vediamo è proprio un desiderio di annientamento che sfida anche la logica, visto che il rischio di un allargamento e di una escalation incontrollabile è molto concreto. Né possono essere accettate come soluzioni alcune delle ipotesi o intenzioni ventilate in questi giorni da esponenti politici israeliani, tipo una nuova occupazione della Striscia di Gaza e il trasferimento di una parte imprecisata della popolazione palestinese in campi profughi, anche fuori dalla Striscia.

Se l’eliminazione di Hamas dal territorio palestinese è un obiettivo giustificato, non tutti i mezzi per ottenerla lo sono. E comunque resta il fatto che «la collaborazione internazionale contro l’attività terroristica non può esaurirsi soltanto in operazioni repressive e punitive», c’è bisogno anche di «un particolare impegno sul piano politico e pedagogico per risolvere, con coraggio e determinazione, i problemi che in alcune drammatiche situazioni possono alimentare il terrorismo».

Vale a dire che la grave situazione di crisi che si sta vivendo deve almeno spingere a trovare quella soluzione al problema palestinese che da 75 anni mantiene il conflitto in Medio Oriente e non solo. Non è un problema soltanto di Israele, lo è anche dei Paesi arabi che, come ricordava alcuni giorni fa sulla Bussola il nostro Eugenio Capozzi, sono stati i primi ad aver sempre rifiutato la soluzione dei “due popoli, due Stati” con Gerusalemme sotto uno statuto internazionale. E che tuttora sostengono i gruppi terroristi contro Israele. Ed è un problema che coinvolge anche gli sponsor internazionali dei rispettivi schieramenti (Stati Uniti, Cina, Russia).

Certo, quello che sta accadendo in quest’ultimo mese rende tutto più difficile,«qualcosa si è rotto» ha detto ancora il cardinale Pizzaballa e «ci vorrà molto tempo e molta fatica per ricostruire». Ci vorranno anni, forse generazioni, per ricostruire su queste macerie ma almeno la strada deve essere indicata con chiarezza e iniziata a percorrere, se non si vuole davvero arrivare all’annientamento reciproco.

5936.- Difficile chiamarlo papa.

Marcello Veneziani: “Il cristianesimo ridotto a una Ong”

Di Marcello Veneziani, Redazione Blog di Sabino Paciolla, 30 Settembre 2023

Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto da Marcello Veneziani e pubblicato sul suo blog. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. Il problema non è, ovviamente, Salvini, il quale, a mio parere, stringendo in pubblico quel rosario ha cercato di utilizzare politicamente i valori cristiani. La questione sollevata da Veneziani è però vera e tutta interna alla Chiesa cattolica che vive una crisi tutta sua. Una crisi i cui contorni sono messi ben in evidenza da Marcello Veneziani in questo suo articolo. 

Papa Francesco in un momento di raccoglimento a Marsiglia, davanti al memoriale che ricorda i marinai e i migranti morti in mare - Ansa/Reuters
Papa Francesco in un momento di raccoglimento a Marsiglia, davanti al memoriale che ricorda i marinai e i migranti morti in mare. – Ansa/Reuters

La civiltà cristiana ha oggi tre nemici: l’invasione islamica, il materialismo ateo e la chiesa di Bergoglio. In modi e gradi differenti stanno sradicando dalla nostra vita il seme della cristianità, il legame coi suoi simboli, con la sua fede e la sua tradizione. Detestano ogni tentativo di dare visibilità e centralità al messaggio cristiano, non sopportano il crocifisso nei luoghi pubblici, s’indignano se qualcuno si pone il problema di salvaguardare il suo spazio vitale, le sue città, i suoi riti e le sue liturgie.

I primi vogliono sostituire una religione che avvertono declinante con la loro e sottomettere la cristianità all’Islam. Il secondo vuol cancellare ogni traccia di spiritualità e di presenza religiosa dall’orizzonte pubblico per ridurre l’uomo alle sue voglie e al suo egoismo. La terza vuole ridurre la civiltà cristiana a luogo d’accoglienza, corridoio umanitario, fino a perdere ogni traccia vivente di cristianità. Il primo viene dal basso, dal sud del mondo, dai barconi e dalle ong. Il secondo scende dall’alto, dalle grandi fabbriche d’ateismo e di nichilismo che si annidano nei media, nella società dei consumi, nei santuari della finanza e dell’ideologia. La terza, invece, corrode la cristianità dall’interno, come una serpe in seno, riducendola ad agenzia umanitaria, e trasformandosi in cavallo di Troia nel cuore della civiltà cristiana. Non si preoccupano i preti e gli attivisti del bergoglismo che l’Italia, l’Europa, la cristianità stanno correndo verso la loro estinzione, il loro suicidio, la perdita di tutto quel che è stato per millenni il suo volto, la sua anima, la sua lingua e il suo catechismo elementare. E additano il loro nemico paragonando a Satana, come fa una sciagurata copertina di Famiglia Cristiana, ridotta ormai a setta estremista e fanatica del bergoglismo, chi si appella alla cristianità, alla famiglia, alla religione, ai rosari e ai crocifissi. Con l’ipocrisia aggiunta che dopo aver sbattuto Satana in copertina, con tanto di foto e di nome, dicono che non è un attacco personale ma una difesa del Vangelo da chi lo rinnega. Se davvero avessero voluto denunciare la perversione del Vangelo avrebbero dovuto dedicare quella copertina e il suo Vade Retro a quel prete colto in flagrante mentre abusava di una bambina. E non si tratta, come è noto, di un caso isolato. Lì siamo alla perversione diabolica del Vangelo e del messaggio di Cristo, Lasciate che i bambini vengano a me (Sinite parvulos venire ad me – Marco, 10,14). Lasciate che vengano in canonica per abusare di loro, violarli e sfogare le proprie voglie bestiali. Avendo Satana in casa, preferiscono invece andare a pescare il nemico politico e a demonizzare Salvini e con lui i milioni di italiani che sostengono la sua azione di ministro dell’interno. In una Chiesa che ha accolto e stretto le mani, anche di recente, a fior di Belzebù, dittatori sanguinari, abortiste seriali e infanticidi a catena, persuasori di morte e spacciatori d’inferno, sfruttatori di migranti e pedofili anche in tonaca, oltre che atei e persecutori, corrotti e corruttori, si permette di additare come Satana chi esprime oggi, a torto o a ragione, il disagio prevalente dei popoli, italiano e non solo, sulla necessità di frenare l’immigrazione clandestina e incontrollata e tutelare gli italiani, le loro città, la loro vita, le loro donne, i loro bambini, la loro civiltà. È qualcosa di aberrante a cui mai avremmo voluto assistere. E tutto questo nel silenzio complice delle massime autorità ecclesiastiche. Furono satanici anche quel milione di fedeli polacchi che lo scorso ottobre formarono un immenso cordone umano al confine, nel nome di Dio, della Madonna, stringendo il rosario, per frenare simbolicamente i flussi migratori incontrollati e chiedere che “L’Europa resti Europa”? E furono satanici i martiri e i santi che dettero la vita a Lepanto e a Otranto per salvare la civiltà cristiana?

Qual è il male del bergoglismo? La riduzione del male e del bene a uno solo. Il Male Unico e Assoluto è il nazismo e i suoi derivati; il Bene Unico e Assoluto è l’Accoglienza dello straniero. Sparisce ogni altro male sulla terra, passato e presente: il terrorismo e il comunismo, l’ateismo e le persecuzioni dei cristiani nel mondo, la distruzione della famiglia, le mille negazioni della vita, della nascita, della fertilità, la cancellazione di riti e simboli, tradizioni e liturgie sacre che sono il linguaggio di Dio. Resta solo un Male, il Nazismo, e l’Anticristo oggi ha la faccia di Salvini. Allo stesso modo sparisce ogni altro bene, la salvezza delle anime e della civiltà cristiana, la sopravvivenza della fede e delle comunità cristiane, la salvaguardia della famiglia e la promessa della Resurrezione, il senso dell’eternità e l’amor di Dio. Tutto viene ridotto al pronto soccorso dei poveri, tutta la missione della chiesa è ridotta a salvare vite umane dal mare, alloggiarle e sfamarle – naturalmente coi soldi pubblici, senza il concorso della chiesa – amare il prossimo soprattutto se viene da lontano, è straniero e non è cristiano, e pretendere che un mondo piccolo si carichi sulle spalle un mondo grande, sapendo che crollerà per il peso insostenibile di accogliere l’oceano in un lago. E senza porsi ulteriori problemi, come la crescita demografica vertiginosa o gli effetti pratici dell’invasione massiccia di popolazioni che ci vedono come punto di ristoro ma non come civiltà a cui convertirsi e in cui integrarsi. Dal punto di vista teologico la Trinità viene ridotta a una Persona. Sparisce il Padre, sparisce lo Spirito Santo, resta il Figlio e si occupa solo di salvare non anime ma corpi, non annuncia redenzioni ma ospitalità. Il cristianesimo ridotto a una Ong.

Nessuno pretende che la Chiesa si converta al nazionalismo e alle frontiere, nessuno chiede che la carità si restringa solo ai cristiani e ai connazionali. La misericordia non può avere barriere, la critica è legittima. Si chiede però il rispetto per chi non è allineato a quest’ultima chiesa bergogliana ed è in sintonia con la Chiesa di sempre, in saecula saeculorum. E il rispetto laico per chi ha un’idea diversa dei diritti e dei doveri, della solidarietà e della sicurezza, dei popoli e dell’umanità. Ma quel mondo di mezzo, un tempo cattocomunista e oggi con le mani in pasta nel business dei migranti, nell’imprenditoria del soccorso o nella loro giustificazione a mezzo stampa, sta toccando livelli di fanatismo e di accecamento come nei periodi più bui della cristianità. Più si spegne la luce cristiana nel mondo e più si invoca, come ha fatto Famiglia cristiana, il Papa “elettrico” (come si diceva del magnetismo di Hitler) che rischia di mandare in black out la cristianità.

Marcello Veneziani

5925.- Il papa Francesco e i migranti: una grave forma d’irresponsabilità

Da Boulevard Voltaire, di Sarah-Louise Guille 24 septembre 2023

Visita del papa Francesco a Marseille. Il proscenio.

L’informazione non è sfuggita a nessuno: questo sabato, 23 settembre 2023, Papa Francesco ha presieduto la santa messa all’interno dello stadio Vélodrome. Per l’occasione, il prato, solitamente utilizzato dai giocatori dell’Olympique de Marsiglia, è stato protetto e la tribuna nord è stata condannata e allestita per ospitare il Santo Padre. A parte questo e l’assenza di gol, potevamo pensare che fosse una partita dell’OM.

Per più di due ore, prima dell’inizio della messa, personalità sono intervenute per riscaldare l’ambiente. Una sorta di pre-partita condotto dal comico Mehdi Djaadi, dal musicista Jimmy Sax, dal gruppo Glorious, dal comico Gad Elmaleh e tanti altri. Quanto basta per far attendere il pubblico e alzare l’umore, come la finale di Champions League. Dalla tribuna sud è poi partita un’ola, ben seguita da tutto lo stadio, compresa la piazza dei preti, con grande stupore del resto dell’assemblea.

Pochi secondi prima dell’arrivo del Papa, svettava nuovamente la Tribuna Sud dove erano presenti i Vincitori Sud, uno dei gruppi di tifosi più attivi della squadra locale. È stato schierato un enorme tifo che rappresenta Papa Francesco e Notre-Dame-de-la-Garde. Un tifo che il sovrano pontefice, grande appassionato di calcio, deve aver apprezzato, così come il fervore che ha accompagnato il suo ingresso allo stadio in papamobile. L’arrivo di Lionel Messi con il Mondiale o di Basile Boli con la coppa dalle grandi orecchie non avrebbe certo fatto più rumore.

Riconoscendo la mia appartenenza a questa civiltà giudeo-cristiana che mi ha educato e una certa età, affermo che questo papa gesuita fa politica e si intromette in ciò che non lo riguarda. Penso che le Chiese accentueranno la loro desertificazione con i suoi ammonimenti poco papali.Siamo stati educati alla fede, ma viviamo nell’incertezza. Siamo sicuri che la politica del papa gesuita sia soltanto irresponsabilità?

Il papa Francesco e i migranti: una grave forma d’irresponsabilità

Di Marc Baudriller 23 septembre 2023. Da Boulevard Voltaire. Traduzione libera.

Un breve commento alla visita del papa Francesco a Marsiglia e alla superficialità del suo messaggio. La carità cristiana, com’è promossa da papa Francesco e dalla sinistra anticlericale, per il direttore Laurent Dandrieu e per me, vale ben poco.

Laurent Dandrieu apre così il dossier esplosivo su Chiesa e immigrazione.

“Papa Francesco lascia Marsiglia dopo una messa gigante allo stadio Vélodrome e una denuncia dell'”indifferenza” dei leader europei verso i migranti, Laurent Dandrieu, autore di Chiesa e l’immigrazione, il grande disagio, a Il Rinascimento incalza, vuole decifrare questa posizione del Santo Padre in un Paese colpito da una massiccia immigrazione. “Il Papa è nel suo ruolo quando considera i migranti come le persone, spiega Laurent Dandrieu, ma è problematico quando coltiva un’ostinata cecità verso la dimensione collettiva del fenomeno e si astiene dall’analizzare le sue conseguenze economiche, culturali, sociali e religiose. »

Commento

Osserviamo la faciloneria del discorso del Papa, che parla da questa sponda del Mediterraneo. La nostra difficoltà sta nel responsabilizzare gli Stati e le popolazioni dell’altra sponda del Mediterraneo. L’El Dorado europeo è un’illusione e migranti giovani e vigorosi si ritroveranno in città senza legge che aggiungeranno povertà a noi e – per molti di loro, non tutti – alla loro povertà.