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6220.- Alta Tensione. Ministro degli esteri russo convoca ambasciatori di Francia e Regno Unito, mentre lo Stato maggiore ha dichiarato l’inizio delle esercitazioni delle forze nucleari tattiche. – AFV

La domanda che da convinti europeisti ci poniamo è: A quale titolo il presidente Emmanuel Macron e il ministro David Cameron hanno impegnato l’Unione europea e la Nato con dichiarazioni bellicistiche e con forniture di missili superficie – superficie Storm Shadow/Scalp? La miglior difesa è l’attacco, ma la domanda vale anche per la Casa Bianca che ha confermato l’invio di missili a lunga gittata AtacMS a Kiev, per rispondere agli attacchi di Mosca. E, come leggeremo, l’Italia sembra non essere da meno.

Da nova-project, di Micheli Fabrizio, 7 maggio 2024

Oggi pomeriggio sia l’ambasciatore britannico Nigel Casey (nella foto, non felicissimo) che l’ambasciatore francese Pierre Levy sono stati convocati al Ministero degli Esteri a Mosca, dove sono rimasti rispettivamente per trenta e quaranta minuti. Non hanno rilasciato dichiarazioni, ma ci ha pensato il Ministero degli Esteri russo. All’ambasciatore inglese è stato chiesto conto delle parole di David Cameron, secondo il quale l’Ucraina è autorizzata a usare armi britanniche per colpire il territorio russo, e gli è stato notificato che il governo russo le considera un’escalation molto seria: se dovesse verificarsi un’eventualità del genere, la Russia si riserva il diritto di colpire obiettivi militari inglesi “sia sul territorio dell’Ucraina che altrove”. Non sembra invece che all’ambasciatore francese siano stati fatti discorsi di obiettivi militari da colpire, ma poco dopo Macron ha dichiarato che la Francia sostiene l’Ucraina ma non è in guerra né con la Russia né col popolo russo, e non cerca un cambio di regime a Mosca.
Per dare un po’ più di sostanza al discorso fatto agli ambasciatori, ad ogni modo, poco prima del loro ingresso al Ministero lo Stato maggiore russo ha dichiarato che, su ordine di Putin, ha iniziato le preparazioni per esercitazioni delle forze nucleari non-strategiche (cioè tattiche) “nel prossimo futuro”, nel Distretto Militare Meridionale (che comprende Russia meridionale, territori annessi e Crimea) e con la partecipazione della flotta (ovvero, che le esercitazioni in questione saranno condotte nel Mar Nero). Le esercitazioni, continua lo Stato Maggiore, sono effettuate in risposta alle “affermazioni provocatorie e alle minacce di certi funzionari occidentali” nei confronti della Federazione Russa.
È chiaro che le esercitazioni non saranno condotte con missili nucleari, ma che verranno testati solo i meccanismi di dispiegamento, comando e controllo. Ad ogni modo è un’escalation seria, che viene in risposta a una serie di escalation altrettanto serie da parte di Francia e Gran Bretagla – da cui appunto la convocazione degli ambasciatori. Le dichiarazioni di Macron potrebbero lasciare intendere che il messaggio è stato recepito, considerando anche che, a quanto pare, i colloqui con Xi Jinping non hanno portato ai risultati da lui sperati (quanto queste speranze poi fossero fondate ognuno può immaginarlo): se nei prossimi giorni dalla Francia non si parlerà più di inviare le truppe, la collaudata (ma un po’ rischiosa) tattica “escalate to de-escalate” potrebbe essersi rivelata vincente.
Per quanto riguarda le testate tattiche, visto che se ne parla come fossero fuochi d’artificio solo un po’ più rumorosi: non si sa quante la Russia ne abbia, perché non sono regolate da nessun trattato. Sono certamente meno potenti delle armi nucleari strategiche, ma vanno comunque da un minimo di uno a un massimo di 50 chilotoni, che non è poi pochissimo – per mettere le cose in prospettiva, la bomba di Hiroshima era di 15 chilotoni. Sappiamo con certezza che nell’arsenale russo ci sono testate nucleari tattiche per gli Iskander, per i Kh-59M (lanciati dai Su-24M, Su-30, Su-34 e Su-35S), per i Kalibr (probabilmente), per le bombe a caduta libera (il cui impiego ormai non è più ipotizzabile)e anche proiettili per l’artiglieria da 1 a 3 chilotoni: i 3BV1 da 180 mm, i 3BV2 da 203 mm, i 3BV3 da 152 mm e i 3BV4 da 240 mm. Buona parte dei proiettili nucleari per l’artiglieria è stata deattivata e distrutta, ma sicuramente qualcosa è rimasto, e non è difficilissimo farne di nuovi.

PS – tanto per andare sul sicuro, Tajani ha detto che l’Italia non ha mandato armi che possono colpire il territorio russo.

Francesco Dall’Aglio

Ma sia i missili anglo-francesi sia quelli americani sia, infine, quelli eventualmente italiani non risolveranno la crisi di uomini combattenti di Kiev. Malgrado ciò, dal Il Fatto Quotidiano del 1° maggio si legge: …

“L’Italia invia a Kiev un Samp-T e anche i missili da crociera”

Samp/T e Storm Shadow. L’Italia supera due altre linee rosse negli aiuti – che mai avrebbe inviato, parola di ministri della Difesa e degli Esteri – a Kiev. Il sistema di difesa aerea richiesto dal premier Zelensky infatti sta per essere trasferito all’Ucraina nel nono pacchetto italiano che il ministro Guido Crosetto sta per firmare. Eppure lui stesso aveva negato questa possibilità all’alleato per non lasciare sguarnito il nostro Paese che di Samp/T ne ha solo 5. Di questi, dopo la distruzione a gennaio da parte di un raid russo della batteria inviata in Ucraina appena 7 mesi prima, l’Italia ne avrebbe solo uno nel nostro Paese: uno sarebbe in Kuwait, uno in Romania e uno in Slovacchia.

A “muoversi” verso Kiev sarebbe proprio la batteria slovacca, dislocata nel distretto di Bratislava, per il rafforzamento del fianco orientale della Nato nell’ambito della crisi ucraina, tanto che il premier di Praga se n’è già lamentato. A darne notizia il sito Aktuality che ha riportato l’indignazione di Robert Fico: “Ho ricevuto un messaggio dal governo italiano che il sistema di difesa sarà ritirato dalla Slovacchia perché ne hanno bisogno altrove”, ha dichiarato lasciando intendere che arriverebbe a Kiev e lanciando l’allarme sulla mancanza di protezione delle strutture strategiche del suo Paese nonché delle centrali nucleari. La Slovacchia, infatti, ha trasferito i suoi sistemi anti-aerei S-300 all’Ucraina.

Lamentele slovacche a parte, il Samp/T sarà fornito di non molti missili: pare sotto la decina. Questo perché, se di sistemi di difesa richiesti da Zelensky – frutto del programma franco-italiano Mamba1 sviluppato da Thales e Mbda Italia e Francia – non siamo molto forniti, dato anche il costo (si va dai 500 milioni a batteria), di munizioni in giro per l’Europa se ne trovano sempre meno. E i Samp/T montano i missili Aster30 che hanno un raggio d’azione di 100 km per l’intercettazione di aerei e 25 km per quella dei missili e che vanno da un minimo di 8 a un massimo di 48 a batteria per un costo medio di 1 milione di euro.

A proposito di collaborazione, il ministero della Difesa italiano persevera nel segreto sulle armi inviate a Kiev. Ma la conferma della partecipazione italiana alla produzione dei missili a lungo raggio Storm Shadow anglo-francese destinati a Kiev secondo il vanto del ministro inglese Grant Shapps in un’intervista al Times, arriva dalla relazione annuale dell’Unità di controllo sull’invio degli armamenti (Uama). Nel report 2023, infatti, tra i programmi di co-produzione internazionale approvati campeggia “Storm Shadow – Sistema di armamento aria/superficie”. Paesi produttori: Italia, Gran Bretagna, Francia. Imprese coinvolte: Mbda Italia-Leonardo. I missili da caccia in grado di raggiungere il suolo dai 250 ai 300 km hanno anche il marchio italiano, quindi, come dichiarato dal ministro britannico. “Penso che lo Storm Shadow sia un’arma straordinaria”, si è detto convinto Shapps mentre faceva da cicerone al sito di produzione della Mbda vicino Londra. “Sono il Regno Unito, la Francia e l’Italia che stanno posizionando queste armi per l’uso, in particolare in Crimea – ha detto – sottolineando come “queste stanno facendo la differenza”.

L’Italia non ha mandato armi che possono colpire il territorio russo; ma attenzione! Quando i piccoli giocano con i grandi rischiano sempre di farsi male.

Il programma congiunto a cui l’Italia si è aggiunta a giugno 2023, nella fase iniziale prevedeva un investimento di 100 milioni di euro con l’obiettivo proprio di svecchiare i primi Storm Shadow. Stando alla relazione dell’Uama, le aziende italiane avrebbero dedicato al programma 12 milioni. Ma scorrendo l’elenco di armamenti inviati, il nome del missile da crociera della Mbda compare più volte sotto forma di pezzi di ricambio, serbatoi o altre componenti, e anche di missili da addestramento. Il destinatario finale non è specificato. E la Difesa italiana non conferma che sia Kiev. L’Italia ha acquistato per la prima volta 200 Storm Shadow dalla Mbda nel 1999 e li ha utilizzati in Libia nel 2011. Ma le parole di Shapps – che puntavano a convincere la Germania a inviare a Kiev i Taurus – non paiono campate in aria. Sul suolo ucraino, infatti, Storm Shadow francesi ci sono già arrivati, colpendo la Crimea.

6216.- Missili anglo-americani sulla Russia? Putin avverte sempre. E vale per tutti

Da uno scritto di Laura Calosso, scrittore e giornalista

Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri inglese, Cameron, ha dichiarato che l’Ucraįna può colpire il territorio rūsso con armi trasferite dalla Gran Bretagna.

La Russįa ha oggi ufficialmente minacciato la Gran Bretagna di attacchi sul suo territorio in caso di attacchi ucraįni sul territorio russo esiguiti con missili britannici. 

Il ministero degli Esteri russø ha ora voluto incontrare l’ambasciatore britannico.
Da sottolineare che fu l’ex premier britannico Johnson a far saltare (per conto del blocco Nāto) l’accordo già siglato 2 anni fa da russį e ucrāini.
È sempre più evidente che, se avremo un’escalation, sarà imputabile ai leader occidentali che ogni giorno alzano il tiro. 
È sensato reggere ancora questo gioco?

Un comunicato della Tass avverte che l’ambasciatore britannico a Mosca Nigel Casey è stato convocato presso il ministero degli Esteri russo.

ROMA, 06 maggio 2024, Redazione ANSA

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Gli Stati Uniti inviano missili a lungo raggio a Kiev, lo Stato Maggiore britannico: “Li useranno per colpire la Russia”.

Gli Stati Uniti inviano missili a lungo raggio a Kiev, l’esercito britannico: “Li useranno per colpire la Russia”di F. Q.

   26 APRILE 2024

Avevano promesso di spedirli nel pacchetto di aiuti appena approvato recentemente al Congresso e firmato dal presidente Biden, invece i missili a lungo raggio ATACMS, armi che gli Stati Uniti in oltre due anni di guerra avevano dichiarato di non voler inviare all’Ucraina per evitare che il conflitto si trasformasse da difensivo in offensivo, sono già nelle mani di Kiev, spediti segretamente da Washington. E da parte dell’ammiraglio Tony Radakin, capo di Stato Maggiore della Difesa britannica, emergono valutazioni sull’influenza che queste avranno sulla guerra che avevano spinto proprio gli Usa a collocare questo tipo di armi al di là di quella linea rossa tracciata inizialmente per evitare l’allargamento del conflittocon Mosca: “Mentre l’Ucraina acquisisce maggiori capacità per la lotta a lungo raggio, la sua capacità di continuare le operazioni in profondità diventerà sempre più una caratteristica” della sua offensiva, ha detto aggiungendo che così Kiev organizzerà “attacchi e raid di sabotaggio” utilizzando armi a lungo raggio all’interno della Russia.

Joe Biden ha perso anche in Ucraina, ma non può ammetterlo, come non vuole ammetterlo Londra che 2 anni fa fece saltare l’accordo già siglato da russį e ucrāini. Con Biden, non solo gli Stati Uniti hanno perso la faccia, ma anche noi membri di un’alleanza non più difensiva abbiamo perso. Quanto ancora dovremo perdere? Mosca convocherà l’ambasciatore USA o si limiterà ad abbattere i missili?

Il missile MGM-140 ATACMS (Army tactical missile system) in servizio dal 1991 presso l’esercito statunitense. La testata della prima versione contiene 950 submunizioni M-74 APAM (Anti-Personnel Anti-Material) in grado di saturare un’area di 33.000 m²: un aeroporto, per esempio. Qui, il missile è lanciato da un sistema MLRS, forse in Ucrāina, ma non sappiamo da chi. Sappiamo, però, che le sue vittime sarebbero russe.

Così, per alimentare ancora la resistenza ucraina, fiaccata dalla superiorità numerica sia di uomini che di armamenti a disposizione della Russia, Washington viene meno alle sue promesse e sceglie di fornire a Kiev anche armi a lungo raggio. Il timore iniziale era chiaro: in un conflitto causato da un’invasione territoriale da parte dell’armata di Vladimir Putin, fornire a Kiev armi come gli ATACMS capaci di colpire ben oltre il confine russo, dato che la loro gittata supera i 300 chilometri, voleva dire favorire raid ucraini sulle città di confine russe e, di conseguenza, dare a Putin un appiglio per giustificare un’intensificazione dello scontropermettendogli di mettere in campo armi ben più performanti e distruttive, se non addirittura bombe nucleari tattiche. Un po’ lo stesso ragionamento che aveva fatto escludere, salvo poi fare anche in questo caso passi indietro, l’invio di caccia F-16.

La decisione Usa
Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza Nazionale, spiega che la decisione del presidente Joe Biden di cambiare la propria posizione rispetto al passato è stata influenzata in parte dai crescenti attacchi della Russia alle infrastrutture civiliucraine, oltre all’uso da parte del Cremlino di missili balistici nordcoreani. Gli ATACMS, secondo quanto appreso dal Financial Times, sono arrivati in Ucraina già la settimana scorsa e sono stati usati per attaccare un aeroporto in Crimea e una posizione di truppe russe. “Ne abbiamo già inviati alcuni, ne invieremo altri ora che abbiamo ulteriore autorità e denaro”, ha detto Sullivan citando il nuovo pacchetto di aiuti militari da 61 miliardi di dollari firmato mercoledì da Biden.

Artiglieri ucraini al pezzo. È un 155 mm.

Ucrāini in fuga da Ocheretyne, Mosca abbatte 4 missili Atacms

Attacco a Kharkiv

Nel Donetsk, le forze russe hanno guadagnato terreno a Ocheretyne. Mosca ha poi fatto sapere di aver abbattuto quattro missili Atacms lanciati sulla Crimea.

Prosegue incessante l’offensiva russa nell’est dell’Ucraina. Attacchi anche a Kharkiv, dove le forze di Mosca hanno preso di mira le centrali elettriche. Il ministero della Difesa di Mosca ha poi fatto sapere di aver abbattuto quattro missili Atacms lanciati dall’Ucraina.

Combattimenti nel Donetsk: cittadini in fuga

Il villaggio di Ocheretyne è stato martoriato dai combattimenti,  lo mostrano i filmati ottenuti da un drone dell’Associated Press. Il villaggio è stato uno degli ultimi obiettivi delle forze russe nella regione di Donetsk.

Le truppe russe stanno avanzando nell’area, colpendo le forze di Kiev, esaurite e prive di munizioni, con artiglieria, droni e bombe. L’esercito ucraino ha riconosciuto che i russi hanno conquistato un “punto d’appoggio” a Ocheretyne, che prima della guerra contava circa tremila abitanti, ma afferma che i combattimenti continuano.

6214.- 10 anni di NATO in Ucraina. Il declino della politica e della potenza USA nel mondo e l’inutilità dell’Ue in politica estera per noi.

Non è lui il capo!

L’Orso russo è meglio averlo per amico e le strategie per dominarlo avrebbero dovuto evitare il confronto militare. Stando alla situazione presente, chi detta gli indirizzi al polo angloamericano dovrà contentarsi di controllare i Paesi europei, ma avrebbe dovuto e farebbe sempre bene a evitare che la Federazione Russa sia schierata a fianco della Cina. Vieppiù oggi che gli Stati Uniti sembrano concentrarsi sul confronto con la Cina, anche se il viaggio di Blinken a Pechino, le minacce verso la collaborazione con la Federazione Russa e il loro fiasco confessano le preoccupazioni del Pentagono di fronte a un asse Mosca – Pechino. Non è tutto qui il futuro della geopolitica che apprezziamo.

Stiamo assistendo all’ingresso della Wagner nella, ancora per poco, base americana 201 di Niamey, nel Niger, con i russi, addirittura, nel palazzo a fianco del comando USA e ci vediamo, noi bravi italiani, con il nostro sacrosanto, ambizioso Piano Mattei, unico Paese occidentale a tenere un presidio gradito agli africani nel Sahel. L’Italia è consapevole di non essere una grande potenza e si deve domandare quanto una Unione europea sgradita agli africani, senza un’anima e senza una sovranità, potrà sostenere la politica di cooperazione e di solidarietà attiva di questo governo, confrontandosi e in competizione con i russi.

L’aver rotto i rapporti degli Stati europei con la Federazione Russa sarà sembrata una necessità per la Casa Bianca e avrà soddisfatto gli interessi di chi controlla il popolo americano, ma non i nostri e siamo del parere che Washington sta spendendo male le possibilità dell’Occidente. 

Dal punto di vista della politica, la realizzazione da parte della Casa Bianca, in segreto, di questa disgraziata guerra in Ucraina, con quasi un milione di morti, creata, dalla Victoria Jane Nuland insieme alla NATO, scatenata, infine, da Putin, fino al sabotaggio dei gasdotti North Stream, promesso e attuato da … e, infine la cessione degli USA a Kiev di 100 missili Atacms, americani, con una gittata di 300 km, una dichiarazione di guerra! – come tale, da sottoporre all’approvazione del Parlamento europeo -, ha confermato che ogni alleanza fra una grande potenza e un Paese di secondaria importanza, come sono, appunto, i nostri europei, si traduce in un dominio da parte della potenza. Ragione non ultima sia della necessità di giungere a uno Stato sovrano europeo, con una sua politica estera e un suo esercito sia del pericolo rappresentato dalla proposta di Giulio Tremonti, membro rappresentativo dell’Aspen, di allargare ulteriormente, a tutti i Paesi balcanici (quindi, anche la Turchia) l’Unione.

Dal punto di vista della finanza e dell’economia, aver privato i Paesi europei della risorsa energetica russa, a buon mercato e avergli venduto quella americana a un prezzo quattro volte maggiore, ha certamente risollevato le finanze USA, ma ha indebolito l’Unione e l’Occidente nel suo complesso. É noto che le sanzioni elevate alla Federazione Russa hanno nuociuto e nuocciono ai Paesi europei più che a Mosca, mentre lo sforzo bellico della Nato a favore dell’Ucraina si tradurrà o si sta già traducendo in un fallimento. Ben potrebbe essere vera la contrarietà della grande regina Elisabetta II alla guerra, e ci fermiamo qui.

Dal punto di vista strategico, siamo impegnati militarmente, di fatto, in:

Un conflitto europeo e in Mar Nero, un’altro in Medio Oriente, tra Mediterraneo Orientale e Mar Rosso e, dal Sahel al Corno d’Africa, Osservando l’evolversi del confronto fra Occidente, da una parte e Russia e Cina, dall’altra, preoccupa una strategia che prevede l’interconnessione fra l’Indo-Pacifico e il Mediterraneo Allargato. ma non sembra fare i conti con la vulnerabilità del Canale di Suez. In questo azzardato contesto, l’Us Navy ha appena ritirato dal Mediterraneo il Gruppo d’Attacco della super portaerei nucleare USS Gerald R. Ford (CVN-78), che imbarca il potente Carrier Air Wing 8 con 100 aeroplani combat ready, lasciando il testimone alle portaerei europee nel ruolo di bersagli: La bellissima mezza portaerei italiana ITS Cavour (CVH550) che, a marzo disponeva di appena 3 piloti qualificati Limited Combat Ready per l’F-35B STOVL, e, forse, oggi ne schiera 5, e alla anziana portaerei nucleare francese Charles de Gaulle (R91: due manciate di caccia di 4a generazione Rafale-M, circa 30) i cui sistemi di combattimento, in particolare contro missili antinave e droni, dovranno attendere il 2027 per essere adeguati alle odierne minacce.

La conclusione di questo rapido excursus è che ci avviciniamo alle elezioni europee, ma speriamo – chissà perché – in Donald Trump.

Mario Donnini

Il Regno Unito afferma che è pericoloso inviare truppe Nato in Ucraina

Sembra che lo sforzo di Londra di solleticare le aspirazioni espansionistiche dei polacchi e spingerli in guerra si sia esaurito davanti all’avanzata dei russi in Donbass. Vedremo cosa accadrà il 19 maggio, 60º anniversario del Giorno della Vittoria sul nazismo.

difesacivicaitalia

MAGGIO 4, 2024  

Gli stivali da combattimento occidentali sul terreno porterebbero a un’ulteriore escalation, ha affermato il ministro degli Esteri Davis Cameron.

Inviare soldati della NATO a combattere l’esercito russo in Ucraina sarebbe troppo pericoloso, ha detto venerdì il ministro degli Esteri britannico David Cameron. Ha espresso i suoi commenti mentre i leader europei hanno riacceso il dibattito sull’opportunità che l’alleanza guidata dagli Stati Uniti debba prendere in considerazione un coinvolgimento più diretto nel conflitto. 

Venerdì, parlando a Sky News, Cameron ha affermato che il Regno Unito deve continuare a fornire armi a Kiev e concentrarsi sulla ricostituzione delle proprie scorte. “come priorità nazionale”.

“Ma non vorrei avere soldati della NATO nel paese perché penso che potrebbe essere una pericolosa escalation”, ha aggiunto il primo ministro. “Abbiamo addestrato – credo – quasi 60.000 soldati ucraini”.

La dichiarazione del ministro degli Esteri è arrivata dopo che il presidente francese Emmanauel Macron ha rifiutato ancora una volta di escludere un potenziale dispiegamento di soldati della NATO in Ucraina. “Non dobbiamo escludere nulla perché il nostro obiettivo è che la Russia non possa mai vincere in Ucraina”, ha detto all’Economist in un’intervista pubblicata questa settimana. Macron ha sostenuto che potrebbe sorgere la questione delle forze NATO sul terreno “Se i russi riuscissero a sfondare la prima linea” e se Kiev chiedesse aiuto. 

Altri funzionari europei di alto rango hanno ventilato l’idea dello spiegamento di truppe, e alcuni suggeriscono che la NATO potrebbe inviare squadre di sminamento e altro personale non combattente. “La presenza delle forze NATO in Ucraina non è impensabile”, Lo ha detto ai giornalisti il ​​ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski a marzo.

Tuttavia, alcuni paesi della NATO, tra cui Ungheria e Slovacchia, si sono espressi fermamente contro un’ulteriore escalation. “Se un membro della NATO impegna truppe di terra, sarà uno scontro diretto NATO-Russia e sarà quindi la terza guerra mondiale”, ha detto giovedì il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto all’emittente francese LCI.

Mosca ha più volte avvertito che sarebbe costretta ad attaccare le truppe occidentali se prendessero parte al conflitto. Lo ha scritto venerdì su Telegram la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova “non resterà nulla” delle forze NATO se inviate in prima linea in Ucraina.

Kiev ha lanciato l’allarme sui ritardi negli aiuti militari occidentali negli ultimi mesi, accusando la carenza di munizioni per le perdite sul campo di battaglia. In un’intervista pubblicata giovedì su The Economist, Vadim Skibitsky, vice capo dell’agenzia di intelligence militare ucraina GUR, ha affermato che le difese dell’Ucraina potrebbero crollare anche con i pacchetti di aiuti aggiuntivi recentemente approvati da Stati Uniti e Regno Unito.

6212.- Il fronte ucraino è collassato a Ocheretyne

È la dimostrazione che all’Ucraina servono più uomini, non bastano soltanto le armi e non li ha. Malgrado la pressione degli americani, gli europei non sembrano propensi a rischiare la loro pelle.

Da nova project, di Gianluca Napolitano.

Questo fine settimana, i droni e gli esploratori russi che sorvegliavano la linea del fronte appena ad ovest delle rovine di Avdiivka, nell’oblast di Donetsk, nell’Ucraina orientale, hanno osservato qualcosa di strano. Le trincee ucraine appena ad est del villaggio di Ocheretyne, precedentemente presidiate dai soldati della 47a Brigata Meccanizzata d’élite dell’esercito ucraino, erano vuote.

Il villaggio era indifeso.

Cogliendo l’occasione, la 30a Brigata di fucilieri a motore dell’esercito russo ha dilagato per diverse miglia lungo la ferrovia che passava a ovest di Avdiivka e catturò gran parte di Ocheretyne e potenzialmente anche Novobakhmutivka, il villaggio a sud di Ocheretyne.

Si tratta della penetrazione più rapida nel territorio ucraino da parte delle forze russe da mesi e minaccia di far crollare la linea difensiva ucraina a ovest di Avdiivka. Una linea che ha resistito per mesi, ma che ora presenta un divario profondo e crescente. “Il vaso di Pandora è aperto”, ha commentato il gruppo di analisi ucraino Deep State .

Per avere un’idea di quanto siano spaventati i comandanti ucraini in questo momento, consideriamo la brigata con cui si sono precipitati nella breccia a nord e a ovest di Ocheretyne: la 100a Brigata Meccanizzata. La brigata è una delle più nuove e meno equipaggiate dell’esercito ucraino, e apparentemente inadatta al tipo di triage di prima linea che i comandanti le chiedono.

Secondo quanto riferito, il crollo di Ocheretyne non è colpa della 47a Brigata Meccanizzata. Quella brigata, che è il principale utilizzatore di corazzati americani, stava eseguendo l’ordine di ritirarsi da Ocheretyne per ridistribuirsi nelle retrovie per un periodo di riposo tanto necessario dopo aver trascorso quasi un anno in prima linea.

La 115a Brigata Meccanizzata avrebbe dovuto prendere il posto della 47a riempiendo senza soluzione di continuità le stesse posizioni di combattimento con truppe sufficienti per mantenere l’integrità della linea difensiva a ovest di Avdiivka.

Ma qualcosa è andato storto.

Semplicemente la 115a si è rifiutata di andare in prima linea.

Secondo il famoso comandante di compagnia Mykola Melnyk della 47a brigata meccanizzata, che ha perso una gamba durante la controffensiva ucraina lo scorso anno, “quando glielo abbiamo ordinato alcune unità ci hanno semplicemente mandato affanculo”.

L’incapacità della 115a di mantenere la linea praticamente ha invitato la 30a Brigata di Fucilieri a Motore russa ad entrare a Ocheretyne e causato il panico nel quartier generale ucraino.

I comandanti hanno ordinato alla 47a già in ritirata, esausti della battaglia, di voltarsi e tornare in prima linea e anche alla 100a di contrattaccare.

La 100a brigata meccanizzata è un’ex brigata territoriale – l’equivalente di un’unità della Guardia nazionale dell’esercito americano – che il ministero della Difesa di Kiev ha trasformato in esercito attivo alla fine di marzo.

La 100a meccanizzata non è inesperta: i suoi circa 2.000 soldati hanno partecipato all’azione molte volte in questi 26 mesi. Ma non dispone dell’equipaggiamento pesante – carri armati, veicoli da combattimento e artiglieria occidentale – che sono quello che danno alleunità d’élite come la 47a gran parte del loro potere di combattimento.

La 100a Brigata ha combattuto comunque duramente, intercettando la 30a Brigata di fucili a motore russa e altre unità della 41a Armata russa ad armi combinate mentre tentavano di avanzare verso il villaggio di Prohres, altre sette miglia a ovest lungo la stessa ferrovia che collega Avdiivka a Ocheretina. “Il tentativo di avanzare verso Prohres è stato fermato da un contrattacco riuscito da parte della 100a Brigata Meccanizzata”, ha riferito Deep State.

Non è chiaro cosa potrebbe accadere adesso a Ocheretyne e dintorni. Per ora, le truppe ucraine “mantengono posizioni nella parte occidentale del villaggio e mantengono sotto tiro la sua parte meridionale”, ha osservato il Centro ucraino per le strategie di difesa .

In altre parole, il villaggio è andato. SI puà mantenere sotto il fuoco dei carrai armati anche da 5 km di distanza (30 con l’artiglieria). E’ una frase di circostanza.

Il fatto che gli ucraini abbiano dovuto lanciarsi in battaglia con una brigata debole dimostra tuttavia la scarsità delle riserve ucraine a ovest di Avdiivka.

I russi, dal canto loro, tengono in riserva un’intera divisione corazzata, la 90a, attorno ad Avdiivka.

Cioè circa 10 mila uomini e 500 mezzi corazzati.

Se la 90a divisione corazzata russa arrivasse a Ocheretyne prima che il comando orientale ucraino mobiliti ulteriori rinforzi, la penetrazione russa potrebbe ampliarsi fino a diventare una svolta a tutti gli effetti, che potrebbe costringere decine di migliaia di truppe ucraine a ritirarsi a ovest verso la successiva linea di difesa.

6184.- Le Impronte di Londra nell’attentato a Mosca

E chi altro se no? Il FSB le sta scoprendo, sempre più precise

Sir Richard Moore KCMG is the Chief of MI6, the UK Secret Intelligence Service.

Da Blondet & Friends,

❗Stati Uniti, Gran Bretagna e Ucraina sono dietro l’attacco terroristico a Crocus –

Bortnikov, direttore FSB https://t.co/8tFekYRqhR

— Lukyluke31 (@Lukyluke311) March 26, 2024

Il corrispondente di guerra russo Marat Khayrullin sulle tracce britanniche nell’attacco al municipio di Crocus, parte 1 :

Attacco terroristico a Mosca: tracce tagiche portano alla Londra britannica che ha tirato fuori vecchi scheletri dall’armadio

La mostruosa tragedia avvenuta al Crocus City Hall ha radici molto profonde e conseguenze di vasta portata. Torneremo da loro molte volte in futuro. Ma oggi parliamo da dove è arrivato l’attacco questa volta. E proviamo a ricostruirne almeno approssimativamente la genesi e a comprendere il fatto che il principale nemico sta lanciando contro di noi se non le sue ultime forze, sicuramente giocando le carte vincenti che ha tenuto fino alla fine.

Due giorni dopo il sanguinoso attacco, nella comunità politica e di intelligence russa è opinione generale che dietro l’attacco terroristico ci sia il Regno Unito, o meglio l’MI6. Il modus operandi è fin troppo simile a quello di questa organizzazione.

Un fatto indiscutibile è che tutti i più grandi attacchi terroristici avvenuti in Russia nel periodo post-sovietico, da Beslan a Dubrovka, hanno avuto in un modo o nell’altro una traccia britannica. I leader terroristi che dirigevano i militanti furono reclutati dall’MI6. E in alcuni casi (come Basayev e Khattab) collaboravano apertamente con l’MI6.

Per contrastare questa opinione, il Regno Unito, attraverso i suoi principali media, ha rilasciato una dichiarazione ovviamente preparata: dietro l’attacco terroristico c’è una certa organizzazione Vilayat Khorasan (un ramo dello Stato islamico che opera in Afghanistan).

Per gli specialisti, tale azione parla chiaramente a favore della versione secondo cui in questo caso particolare è l’inglese [UK — S] a confondere le acque. Qui dobbiamo subito dire che la storia non è semplice, e capirla da zero è molto difficile, quindi oggi ne tracceremo solo alcune caratteristiche.

L’Isis, nel suo periodo di massimo splendore, era un insieme di bande tribali unite principalmente sulla base dei finanziamenti provenienti dal Regno Unito. Sia il bandito al-Shishani (Batirashvili, originario della Georgia) che il suo sostituto, Khalimov, tagico, erano mercenari diretti dell’MI6.

La portata delle attività dell’ISIS come procuratore degli inglesi alla fine divenne così seria che iniziò a interferire con l’influenza degli Stati Uniti in Medio Oriente e in Asia centrale, e il Regno Unito dovette parzialmente ridurre la portata delle sue operazioni per non far arrabbiare gli inglesi. egemone. E per un po’ tutti questi terroristi al servizio dell’MI6 sono rimasti nell’ombra, alcuni sono stati addirittura dichiarati morti.

Hanno cominciato a riemergere di nuovo dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan. Fu allora che entrò in scena proprio l’Isis del Khorasan. In realtà, un certo numero di leader tribali pashtun appoggiati dagli inglesi. Sono gli unici che hanno accettato di combattere i talebani. Questo è un punto chiave.

Qui entriamo nella complessa geopolitica dell’Asia centrale. La maggior parte dei paesi della regione sostiene gli sforzi dei talebani per pacificare l’Afghanistan, sperando in tal modo di garantire la loro sicurezza. Tutti, tranne il Tagikistan. Che non riescono a trovare un accordo comune con i talebani perché sotto la loro ala protettrice ci sono una serie di organizzazioni considerate terroristiche in Tagikistan. È stata proprio su questa divisione che il Regno Unito ha giocato per tutti questi anni dopo che gli americani hanno lasciato la regione, cercando con tutte le sue forze di impedire l’instaurazione della pace in Asia.

A tal fine, subito dopo il ritiro degli Stati Uniti, gli afghani di etnia tagica iniziarono ad essere reclutati nelle bande di Vilayat Khorasan. Cioè, hanno iniziato a dimostrare al presidente Rahmon, che è molto sensibile a questo problema e considera i tagiki una delle nazioni più divise al mondo, che l’ISIS del Khorasan è in un certo senso amichevole [verso i tagiki – S]. E che unendosi al sostegno dei talebani tradirebbe gli interessi dei tagiki.

In altre parole, puntando il dito contro l’ISIS del Khorasan, che, sottolineo, al momento praticamente non esiste come organizzazione (esiste solo una certa comunità di bande tribali), il Regno Unito sta apertamente cercando di trascinarci nell’Asia confusione. È un altro tentativo da parte degli inglesi, dopo il Kazakistan, di imporre problemi alle nostre retrovie.

Ma questa è solo una parte del gioco. Il secondo non è meno interessante e più rivelatore.

La base politica dello stesso leader dell’Isis, Khalimov, un tagico, è sempre stata il Partito della rinascita islamica del Tagikistan. È stata dichiarata un’organizzazione terroristica nella sua patria e dall’inizio degli anni 2000, indovina dove si trova il suo quartier generale? Hai indovinato, a Londra.

6180.- Perché Isis ha colpito la Russia di Putin?

“É sempre più probabile che lo Stato Islamico sia il responsabile di questa ennesima strage di innocenti”.

Che senso ha ammazzare gli innocenti?

Da Startmag, di Marco Orioles, 24 Marzo 2024

Il punto di Marco Orioles.

Un attentato terrificante con tantissime vittime e una grande menzogna sui responsabili. Perché della strage di venerdì scorso alla periferia di Mosca Putin e il suo regime intendono vendicarsi non su chi ha rivendicato il fatto pubblicamente e per ben due volte, ossia i jihadisti dello Stato Islamico e in particolare della provincia centroasiatica, ma sui soliti ucraino-nazisti guidati dall’ebreo Zelensky. Ecco in breve perché lo zar mente.

Dito puntato.

Come scriveva l’Associated Press stamani all’alba, Putin punta il dito su Kiev, quest’ultima nega tutto e intanto lo Stato Islamico del Khorasan – branca centroasiatica del feroce e non domo gruppo jihadista – ha rivendicato non una ma due volte la strage alla Crocus City Hall di Krasnogorsk.

La verità secondo gli Usa.

Malgrado ciò lo zar nel suo discorso alla nazione di ieri non ha affatto menzionato i terroristi islamici dell’Isis, ossia quelli che secondo la portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale Usa Adrienne Watson “portano la sola responsabilità di questo attacco”.

La stessa Watson ha addirittura rivelato che l’America all’inizio di questo mese aveva informato i russi – ! – di un imminente attentato terroristico pianificato a Mosca e aveva anche avvertito i cittadini americani presenti in quel Paese.

Un dettaglio imbarazzante.

E del resto, sottolinea ancora l’Associated Press, erano stati gli stessi servizi segreti russi dell’FSB a sventare poche settimane fa un attacco di Isis-K a una sinagoga moscovita.

Ma perché la Russia?

Motivi per i terroristi islamici di colpire la Russia ce ne sono a bizzeffe da quando quel Paese è guidato da un leader che già 24 anni fa nei primissimi giorni di potere rase al suolo la Cecenia islamica che coltivava il sogno dell’indipendenza e di un califfato, pagandolo con centinaia di migliaia di morti inclusi quelli del commando anche femminile che 22 anni fa entrò in azione in un teatro moscovita per vendicare quell’onta.

Ma come spiega l’analista pakistano Syed Mohammad Alì alla stessa AP, vi sono anche ragioni più recenti per infierire sull’ex impero sovietico: ci si deve vendicare in particolare dei musulmani siriani – uomini, donne e bambini, quasi tutti civili – morti tra il 2015 e i mesi scorsi sotto le bombe scagliate dagli aerei di una Russia intervenuta in quel Paese per aiutare il dittatore alawita Assad a soffocare una rivolta che aveva anche preso una brutta piega islamista.

Le impronte digitali.

E se questo non bastasse, nell’attacco di venerdì ci sono i segni distintivi di un modus operandi tipico dello Stato Islamico.

Due in particolare gli indizi segnalati dall’esperto di sicurezza e direttore di GlobalStrat Olivier Guitta: l’aver colpito di venerdì, giorno della preghiera islamica, e nello specifico durante il mese sacro di Ramadan. E poi c’è l’aver preso di mira una sala concerti come accadde a Parigi nell’ottobre del 2015 con il famoso Bataclan e due anni dopo alla Manchester Arena, ossia due delle azioni più spettacolari messe a segno da quello che all’epoca era ancora un califfato che governava tra Siria e Iraq un territorio grande come uno Stato europeo.

Il report di ISW.

Institute for the Study of War

AbbreviazioneISWTipoThink tankFondazionemaggio 2007Sede centraleWashingtonIndirizzo1400 16th Street NW, Suite 515 Washington, DC 20036Lingua ufficialeingleseSito web

L’Istituto per gli Studi sulla Guerra è stato fondato anche per monitorare le attività, i protagonisti e le alleanze di quella galassia jihadista diventata il nemico numero uno dell’Occidente all’indomani degli attentati alle Torri Gemelle del 2001.

Nel bollettino diffuso ieri, l’Istituto afferma che a suo avviso “lo Stato Islamico è molto probabilmente responsabile dell’attacco”.

La prova sono le due rivendicazioni diffuse a partire dalla notte dell’attentato. “I media dell’IS – scrivono gli analisti di ISW – non diffondono quasi mai rivendicazioni false o ingannevoli”, cercando di “mantenere un’alta credibilità nelle loro comunicazioni al fine di definire chiari obiettivi ideologici e assicurarsi flussi di finanziamenti”.

Non è interesse del gruppo, insomma, “rischiare di screditarsi con la comunità salafita-jihadista molto competitiva prendendo falsamente il merito di attacchi di così alto profilo”.

La branca del Khorasan.

Isis-K peraltro, precisa l’ISW, ha già colpito quattro volte negli ultimi 18 mesi target in Asia Centrale tanto che il generale che dirige il Comando Centrale Usa, Michael Kurilla, esattamente un anno fa dichiarava che la formazione sarebbe stata presto in grado di condurre “operazioni esterne … entro sei mesi”.

E c’è in effetti la sua firma nel doppio attacco messo a segno a gennaio a Kerman in Iran (*) dove è stata presa di mira l’affollata cerimonia di commemorazione del comandante dei pasdaran Soleimani in un attacco che il governo iraniano, in pieno stile Putin, non attribuì a chi ne aveva rivendicato la paternità bensì alla solita Israele.

Insomma.

Se dunque lo zar punta il dito su Zelensky e sugli ucraini, così come i mullah iraniani lo puntavano a gennaio su Israele, abbiamo due ragioni in più per credere che a Mosca venerdì siano entrati in azione proprio i jihadisti.

Il 3 gennaio 2024, sono state esplose due bombe durante una cerimonia commemorativa dell’assassinio di Qasem Soleimani, presso la sua tomba a Kerman, in Iran.

(*) Il 3 gennaio 2020 il generale Qasem Soleimani è stato ucciso da un attacco di droni statunitensi in Iraq. Soleimani era il comandante della Forza Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Soleimani ricopriva una posizione di notevole influenza in Iran, essendo ampiamente considerato la seconda figura più potente del Paese dopo il leader supremo Ayatollah Ali Khamenei. Il 3 gennaio 2024, una processione commemorativa in occasione dell’assassinio di Qasem Soleimani presso la sua tomba a Kerman orientale, in Iran, è stata attaccata dalle esplosioni coordinate di due bombe comandate a distanza. Gli attacchi uccisero almeno 94 persone e ne ferirono altre 284. Il giorno successivo, lo Stato Islamico, un gruppo estremista musulmano sunnita, ha rivendicato l’attacco nel paese dominato dai musulmani sciiti. Secondo Reuters, la comunità di intelligence degli Stati Uniti ha concluso che l’attacco è stato perpetrato dal ramo afghano dello Stato islamico, ISIS-K.

6173.- Inferno nel Sudan, la peggior crisi umanitaria della storia recente

9 milioni di disperati.

La guerra civile del Sudan, scoppiata a seguito del colpo di Stato del generale Hemedti, è diventata la peggiore crisi umanitaria della storia recente, con 9 milioni di profughi.

Da La Nuova bussola Quotidiana, di Anna Bono,  22_03_2024Campo profughi in Chad

Il delirio di onnipotenza, l’ambizione sfrenata, l’insaziabile avidità di due uomini, due generali, hanno sprofondato il Sudan nella peggiore crisi umanitaria del mondo. Il generale Abdel Fattah al-Burhan è il comandante delle forze armate e il presidente del Consiglio superiore che ha assunto il potere dopo il colpo di stato militare del 2021. Ai suoi ordini ha 120mila militari. Il suo avversario è il generale Mohamed Hamdan Dagalo, più noto come Hemedti, che fino all’anno scorso era il suo vice. È il leader delle Forze di supporto rapido (FSR), un organismo paramilitare composto da circa 100mila combattenti. Lo scorso aprile le crescenti tensioni tra di due generali sono degenerate in conflitto armato. I combattimenti sono iniziati nella capitale Khartoum e nello stato occidentale del Darfur. Nei mesi successivi si sono estesi ad altre regioni.

Le conseguenze della guerra sono di portata apocalittica. Le perdite civili si contano ormai a decine di migliaia. I profughi sono almeno nove milioni, circa 1,7 milioni dei quali rifugiati nei paesi vicini, soprattutto in Ciad e nel Sudan del Sud. Circa 25 milioni di persone, più di metà della popolazione, hanno bisogno di assistenza. Già lo scorso febbraio la situazione era stata definita prossima al punto di non ritorno. “La guerra – aveva ammonito Martin Griffiths, sottosegretario generale Onu per gli affari umanitari e coordinatore dei soccorsi – ha privato gli abitanti del paese quasi di tutto, la loro sicurezza, le loro case e i loro mezzi di sussistenza. Hanno bisogno di aiuto subito, con estrema urgenza o sarà una catastrofe”. Invece gli aiuti hanno tardato ad arrivare, fermati da continui ostacoli, e ancora non hanno raggiunto diverse parti del paese. Le agenzie internazionali e le organizzazioni non governative hanno dovuto lottare con i funzionari di Port Sudan per ottenere i permessi di transito e soccorrere gli sfollati rifugiati nelle regioni per ora risparmiate dalla guerra. Solo da qualche giorno il governo ha consentito l’uso di tre aeroporti per far atterrare aerei carichi di aiuti e l’ingresso di soccorsi dal Ciad e dal Sudan del Sud. Aveva bloccato quelli dal Ciad sostenendo che gli Emirati Arabi Uniti si servivano dei convogli umanitari per fornire armi alle FSR. Questo ha lasciato senza assistenza gli abitanti del Darfur dove i combattimenti sono più intensi, milioni di persone. Come se non bastasse, a peggiorare la situazione contribuiscono i continui attacchi agli operatori e ai convogli per saccheggiarne i carichi.

All’inizio di marzo la situazione è precipitata. A causa della guerra la produzione agricola è crollata, milioni di persone sono senza raccolti e hanno perso tutto il bestiame. A questo si aggiungono i gravi danni alle infrastrutture, l’interruzione dei flussi commerciali, il vertiginoso aumento dei prezzi dei generi di prima necessità. La prospettiva è la fame per milioni di persone: cinque milioni per il momento, ma il numero è destinato ad aumentare.

“Ormai siamo di fronte a uno dei peggiori disastri umanitari della storia recente” ha dichiarato il direttore delle operazioni e della difesa dell’OCHA, Edem Wosornu, parlando al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 20 marzo. Ma i contendenti non mostrano nessuna pietà per questa umanità esausta, disperata, tanto spietati da usare la fame come arma di guerra negando l’accesso agli aiuti. Nel corso dei mesi si è delineato un quadro raccapricciante di violenze inflitte senza risparmiare nessuno: torture, stupri di gruppo, attacchi indiscriminati in aree densamente abitate con conseguenti, inevitabili vittime civili e tutti gli altri orrori che caratterizzano le guerre in cui le violenze sui civili sono deliberate e non effetti collaterali dei combattimenti. Nel maggio del 2023 in una sola città, El Geneina, nel Darfur occidentale, da 10mila a 15mila persone di etnia Masalit sono state uccise dalle FSR. Sia i militari governativi che quelli delle FSR sono accusati di crimini di guerra e le FSR si ritiene siano responsabili anche di crimini contro l’umanità e pulizia etnica nel Darfur. 

Per dare sollievo alla popolazione, l’8 marzo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione proposta dalla Gran Bretagna che chiedeva ai contendenti di sospendere i combattimenti nel mese di Ramadan, che quest’anno è iniziato il 10 marzo. Sia al-Burham che Hemedti si sono dichiarati favorevoli a una tregua, ma in realtà finora non hanno deposto le armi neanche per un giorno e tutto fa pensare che non accetteranno presto di sedersi al tavolo delle trattative al quale da mesi si tenta di portarli. Del tutto indifferenti alle sofferenze e ai danni immensi provocati dalla loro guerra, non danno il minimo segnale di voler mettere fine alle ostilità se non con la completa sconfitta dell’avversario.   

Sembra che i soldati dell’esercito governativo per mesi non siano stati pagati, che molti, di entrambi i fronti, combattano in sandali, senza uniformi, il che provoca frequenti perdite da fuoco amico. Può darsi, ma le forze armate sudanesi sono uno degli eserciti africani più forti e le FSR sono ben armate e addestrate. Entrambi i generali inoltre continuano ad arruolare e addestrare nuove reclute e sembra che lo facciano su base etnica, una scelta molto allarmante perché la tribalizzazione dei conflitti in Africa accresce sempre la violenza degli scontri e rende più difficile raggiungere accordi di pace definitivi. Altrettanto preoccupanti, per l’esito della guerra, sono le interferenze esterne. La risoluzione adottata dal Consiglio di Sicurezza conteneva anche la raccomandazione ai governi di tutti i paesi di “astenersi da interferenze che cercano di fomentare lo scontro e di sostenere invece l’impegno per una pace duratura”.

La richiesta era rivolta agli Stati che stanno sostenendo i due generali e che in effetti, con i loro aiuti militari, deliberatamente contribuiscono a far sì che la guerra continui con conseguenze sempre più dolorose. I più potenti sostenitori del generale Hemedti sono gli Emirati Arabi Uniti e la Russia. Inoltre ha al suo fianco i mercenari russi della compagnia Wagner ai quali, in cambio, consente di sfruttare le miniere d’oro che controlla. L’alleato più forte del generale al-Burhan è l’Egitto. Di recente può contare anche sull’Iran che gli ha fornito armi e servizi di intelligence grazie ai quali ha lanciato una controffensiva dopo settimane di sconfitte e ha riconquistato la città gemella della capitale, Omdurman. Inoltre ha chiesto e ottenuto aiuto dall’Ucraina. I primi militari ucraini, principalmente dell’unità Tymur, sono arrivati in Sudan lo scorso anno in tempo per aiutarlo a lasciare la capitale, ormai circondata dalle FSR, e riparare a Port Sudan. 

A differenza di altri contesti, nei quali dei paesi stranieri, seppure motivati dall’interesse di stabilire rapporti economici e politici proficui, sono intervenuti a sostegno di governi e popoli africani minacciati da gruppi ribelli o jihadisti, in Sudan i militari russi e ucraini e gli Stati schierati su fronti opposti – Egitto, Yemen, Iran, Arabia Saudita, Qatar… – alimentano con il loro sostegno e le loro ingerenze una guerra voluta da due militari al solo scopo di sopraffare l’avversario. Ne approfittano, disposti a prolungarla e a renderla più cruenta – perché questo è il risultato – se serve a conquistare posizioni nel continente africano, incuranti delle conseguenze tanto quanto i generali Hemedti e al-Burhan.

6162.- Macron di fronte ai francesi: domani guerra?

Boulevard Voltaire, Georges Michel, 14 mars 2024. Traduzione libera.

Cari francesi, armarsi costa, prima, in soldi e, poi, in vite umane. Preparatevi, intanto a far sprofondare ulteriormente la Francia nella spirale viziosa del debito. È il risultato – per ora -dell’accordo bilaterale di sicurezza recentemente concluso. firmato tra Francia e Ucraina. Macron è un altro che affida la propria sopravvivenza politica alle armi. E la Nato che dice? Già, c’è la Nato.

“Il Presidente riferirà sulla situazione in modo educativo”, ha riferito la stampa giovedì mattina. I francesi non sono bambini, ma ehi… In ogni caso, era giunto il momento che Emmanuel Macron si rivolgesse direttamente ai francesi dopo i suoi scatti guerrafondai delle ultime settimane e dopo che il Parlamento ha discusso e parlato questa settimana sull’accordo bilaterale di sicurezza recentemente concluso. firmato tra Francia e Ucraina. Un bel momento, soprattutto perché due terzi (68%) dei nostri connazionali ritengono che il Capo dello Stato abbia sbagliato ad assumere posizioni percepite come falchi, secondo un sondaggio Odoxa-Backbone Consulting realizzato a fine febbraio per Le Figaro.

Commenti che “hanno creato una forma di paura”, ha sottolineato un deputato del Rinascimento, secondo La Nouvelle République, che ha aggiunto: “Dobbiamo rassicurare, dire che stiamo facendo di tutto per evitare la guerra, che la Francia utilizza sempre i canali diplomatici e che non dobbiamo mai abbandonare l’Ucraina. » Così, questo giovedì sera, intervistato da Anne-Sophie Lapix e Gilles Bouleau, Emmanuel Macron ha voluto fare un po’ di pedagogia. Almeno all’inizio della sua intervista. “Sei seduto di fronte a me. Stai in piedi? NO. Escludi di alzarti alla fine del colloquio? Sicuramente non lo escluderai. » Riferimento alle sue recenti dichiarazioni secondo le quali non escluderebbe l’invio di truppe di terra in Ucraina. Il paragone è un po’ noioso, ma il Presidente sembra contento della sua scoperta. Ha rassicurato i francesi? Probabilmente no. È convinto che la Francia utilizzi ancora i canali diplomatici? Anche meno. Che non dovremmo mai abbandonare l’Ucraina? Sì, su questo punto il messaggio era chiaro.

Macron non si è sentito rassicurato.

Innanzitutto sulla situazione tattica sul terreno, laggiù, in prima linea: “La situazione è difficile”, riconosce il presidente. “Un eufemismo”, risponde Gilles Bouleau. Traduciamo: la situazione tattica è negativa per gli ucraini. Ma Macron va oltre ricordando che “la guerra è sul suolo europeo”, che “non è una finzione lontana da noi”. È ovvio che i francesi lo sanno ma probabilmente non vogliono crederci, bisogna ammetterlo. E così Macron non ha voluto rassicurare affermando che lì è in gioco la sicurezza dell’Europa, della Francia e dei francesi. “Guerra esistenziale per la Francia e l’Europa”, ha detto senza mezzi termini. Ha rassicurato sull’invio di soldati francesi in Ucraina? Nessuno dei due. “Forse ho ragione a non essere specifico. » Questa è la famosa “ambiguità strategica”. Non ne sapremo di più. Tuttavia, Le Monde ha rivelato, il 14 marzo, che Macron, il 21 febbraio, in un salotto dell’Eliseo, ha dichiarato “con aria chiara”: “In ogni caso, il prossimo anno dovrò mandare dei ragazzi a Odessa . » Affermazione formalmente smentita dal Palazzo il 14 marzo. Ambiguità strategica.

“Siamo pronti”, afferma…

Rassicurare che “le cose si stanno muovendo” cercando di dimenticare il feroce diniego ricevuto dagli alleati dopo il suo intervento alla conferenza a sostegno dell’Ucraina del 27 febbraio. Lo vedremo dopo l’incontro con Scholz il 15 marzo. Macron voleva rassicurarci sulle nostre capacità militari. Abbiamo un “modello di esercito completo”, ama sottolineare. Un modello che le persone scontente definiscono “campione”… E il capo delle forze armate ha menzionato il nostro recente impegno nel Sahel per dimostrare la nostra capacità operativa. Anche se Bouleau ribatte che non si trattava esattamente dello stesso tipo di nemico e di guerra di quella condotta in Ucraina, Macron mette da parte l’argomentazione. “Siamo pronti”, afferma. La Francia produce meno di cento obici al giorno, quanto consumano gli ucraini in pochi minuti? Cercheremo munizioni in tutto il mondo e accelereremo il ritmo. Tutto questo è costoso. All’Ucraina sono già stati dati 4,8 miliardi. Ne sono previste altre 3. Dovremo contrarre prestiti sui mercati internazionali? Non escluderlo. E per ricordare cosa abbiamo fatto durante il Covid (“a qualunque costo”?) per tenere a galla il Paese. Quindi, preparatevi a far sprofondare la Francia un po’ più a fondo nella spirale infernale del debito.

E la diplomazia in tutto questo? “Sono disposto a guidare le discussioni”, afferma Macron. Probabilmente non sarà lui a condurre queste discussioni il giorno in cui arriveranno… “Ma faccia a faccia quando non diciamo la verità…” aggiunge. Chiaramente, il tempo in cui la Francia si posizionava come una grande nazione diplomatica è finito.

6160.- Israele in rotta di collisione con gli USA. L’impotenza americana non è mai stata così evidente a Pechino

Pechino annota: Ci sono ormai evidenti limiti al potere degli Stati Uniti non esiste più quel rispetto automatico da parte neppure dei più stretti alleati. Il pericolo è che le mezze tacche europee assumano verso Mosca iniziative al di sopra del loro livello. Ecco un motivo in più per candidare Giorgia Meloni alla Commissione.

“Enough is enough!”  Fuori Victora Nuland, ebrea, russofoba e regista del “Progetto Ucraina”.

Dopo non averne azzeccata una, portando il mondo gli USA sull’orlo della guerra aperta con la Russia, la esponente di punta, la kattifissima dei neocon, il terzo diplomatico in grado di importanza in USA, viene silurata dai suoi compagni nel tentativo di salvare se stessi.

Nota per essere sempre stata una protetta del falco Dick Cheney, la Nuland ha guidato personalmente il rovesciamento del governo ucraino su mandato dell’amministrazione Obama nel 2014.

Victoria Nuland, 63 anni, era considerata il perno delle politiche anti-Mosca delle amministrazioni del Partito Democratico guidate da Barack Obama. Se Trump non può vederla, la Andrews, a proposito delle sue dimissioni dice testualmente “Meritava di andarsene con disonore, non di licenziarsi alle sue condizioni dopo che le era stata negata una promozione”.

Alla fine ad avere lasciato il posto sono stati in due: il generale ucraino fatto fuori da Zelensky e colei che tutta probabilità ne aveva approvato il licenziamento.
Victoria Nuland si è dimessa dopo l’ultima visita a Kiev prima del licenziamento del generale Zaluzhny

Da Quora, un Post di Gianluca Napolitano

Dopo aver defenestrato, e in maniera brutale, Victora Nuland, ebrea e regista del “Progetto Ucraina”, chi comanda davvero a Washington – il “permanent state inside the state deparment” – ha proseguito a fare pulizia anche con il resto della claque di Joe Biden.

Il discorso del presidente sullo “stato dell’unione” è stato il segnale di avvio delle ostilità interne all’amministrazione americana, all’insegna del “enough is enough” (“quando è troppo è troppo”).nova-project · 6 marzo Quando è troppo, è troppo, perdìo!

Dopo non averne azzeccata una, portando il mondo, gli USA sull’orlo della guerra aperta con la Russia, la esponente di punta, la kattifissima dei neocon, il terzo diplomatico in grado di importanza in USA, viene silurata dai suoi compagni nel tentativo di salvare se stessi. Nota per essere sempre stata una protetta del falco Dick Cheney, la Nuland ha guidato personalmente il rovesciamento del governo ucraino su mandato dell’amministrazione Obama nel 2014. * Sotto George W. Bush, Nuland è stato vice consigliere di politica estera (2003-2005) del vicepresidente Dick Cheney, un sostenitore dell’invasione dell’Iraq. * Tra il 2005 e il 2008 è stata ambasciatrice degli Stati Uniti presso la NATO mobilitando l’Europa a sostegno dell’occupazione dell’Afghanistan. * Nuland ha svolto un ruolo chiave nelle proteste Euromaidan del novembre 2013 – febbraio 2014. In una telefonata intercettata con l’ambasciatore americano Geoffrey Pyatt Nuland ha discusso la composizione di un futuro governo ucraino mentre l’allora presidente Viktor Yanukovich era ancora in carica. Dopo la deposizione di Yanukovich, l’Ucraina è stata trascinata in un conflitto civile. * La Nuland ha minimizzato i crimini di guerra del regime di Kiev contro il Donbass, incolpando la Russia per il fallimento degli accordi di Minsk. Successivamente si è scoperto che gli alleati della NATO vedevano gli accordi come una pausa operativa per il rafforzamento militare ucraino. * Nel marzo 2022, la Nuland ha ammesso che “l’Ucraina dispone di strutture di ricerca biologica” in collaborazione con gli Stati Uniti, facendo così luce sulle presunte attività di guerra biologica degli Stati Uniti alle porte della Russia. Balle, balle e solo balle. E alla fine paghi per tutti: Il 1° febbraio 2024 Nuland arrivò a Kiev nel mezzo del conflitto tra il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj e l’allora comandante in capo dell’esercito, generale Valery Zaluzhny. L’8 febbraio Zaluzhny è stato rimosso. Il 17 febbraio, l’esercito russo ha liberato Avdeevka e ha continuato a fare progressi sul terreno. E questo vi serva da esempio su quanto valgano le promesse americane in generale. (vedi anche Ucraina allo sbando: spariti 700mila militari ) E anche come indizio di quanto stiano andando bene le cose in Ucraina. La Zacharova è stata la prima a commentare: “Non vi diranno di certo pechè l’hanno scaricata, ma è semplicissimo. Il fallimento della strategia anti-russa. La russofobia proposta da Victoria Nuland come principale politica estera degli Stati Initi sta tirando a fondo i democratici come una pietra al collo”. Da wikileaks: ll Sottosegretario di Stato USA Victoria Nuland si è dimessa perché ha fallito completamente nelle sue promesse. Principalmente le viene imputato il disastroso esito del piano da lei stessa presentato nel lontano 1997 al Council on Foreign Relations, e cioè di come portare avanti l’espansione della NATO verso Est senza che la Russia la vedesse come una minaccia alla propria sicurezza. Questo potrebbe segnare un cambio di passo nella politica USA? Se guardiamo a chi la sotituirà le perplessità che sorgono assumono dimensioni preoccupanti. A sostituire “temporaneamente” la Nuland – che equivale ad un vice.ministro degli esteri, italiano, ma con molti più poteri – sarà John Bass, tristemente noto per essere stato il supervisore del disastroso e umiliante ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan nell’agosto 2021. Sostanzialmente possiamo definirlo “un tecnico”. Questa nomina, e il fatto che si tratti di una soluzione temporanea, fanno pensare che il suo compito sia quello di trovare una via di uscita praticabile dalla merda profonda in cui Washington si trova in Iraq, mentre si abbandona il “progetto Ucraina” al suo destino. Ovviamente alla Nuland viene tributato l’onore delle armi: Comunicato di Tony Blinken (in originale, tradurre non merita, tanto sono tutte minchiate) Victoria Nuland has let me know that she intends to step down in the coming weeks as Under Secretary of State for Political Affairs – a role in which she has personified President Biden’s commitment to put diplomacy back at the center of our foreign policy and revitalize America’s global leadership at a crucial time for our nation and the world. Toria’s tenure caps three and a half decades of remarkable public service under six Presidents and ten Secretaries of State. Starting with her very first posting as a consular officer in Guangzhou, China, Toria’s had most of the jobs in this Department. Political officer and economic officer. Spokesperson and chief of staff. Deputy Assistant Secretary and Assistant Secretary. Special Envoy and Ambassador. These experiences have armed Toria with an encyclopedic knowledge of a wide range of issues and regions, and an unmatched capacity to wield the full toolkit of American diplomacy to advance our interests and values. What makes Toria truly exceptional is the fierce passion she brings to fighting for what she believes in most: freedom, democracy, human rights, and America’s enduring capacity to inspire and promote those values around the world. These were the principles that drove Toria when we first met more than 30 years ago. They are the same principles she has brought to her work as Under Secretary, and as Acting Deputy Secretary of State – a role she filled seamlessly for seven months. President Biden and I have asked our Under Secretary for Management John Bass to serve as Acting Under Secretary of State for Political Affairs until Toria’s replacement is confirmed. We are so grateful for Toria’s service, and for the lasting mark she’s made on this institution and the world. Viscidi come lumache Il tono melenso della comunicazione – dove Blinken chiama la Nuland col nomigono affettuoso “Tora”, e il fatto che ad annunciarle non sia la Nuland stessa, ma lui che è il suo capo, induce a pensare che sia stata silurata senza troppi complimenti. Si tratta comunque di una mossa di una certa rilevanza e c’è da chiedersi quale ne sia la ragione. È possibile che siano sorti dissidi insanabili tra Blinken e la sua vice, specie dopo che è diventato impossibile nascondere la sconfitta dell’Ucraina dopo tante promesse. Sconfitta che minaccia di diventare una debacee, e arrivare assai prima delle elezioni americane di novembre, mostrando un Biden perdente, sconfitto in quella che tutti qui percepiscono come la “sua” guerra contro la Russia in Ucraina. Anche la mossa disperata di far fuori Zaluzhny per incolparlo della sconfitta, voluta personalmente dalla Nuland nel suo recente viaggio a Kiev, seguita dal crollo del morale dell’esercito che ormai perde pezzi per strada, non ha ccerto aumentato la fiducia che lo staff della Casa Bianca nutre per lei.. Ma potrebbe anche essere – come ho già detto – l’avvio di un processo di sganciamento di Blinken e dei superstiti Neocon meno compromessi dalla amminastrazione Biden , ormai considerto perdente, in vista di un riciclaggio sotto Trump. Una cosa è certa. All’Ucraina questa mossa non porta nessun bene. E neanche a noialtri. Il panico dilaga in Europa Nelle cancellerie europee ormai il panico dilaga incontrollato. Medvedev infatti comunica che oggi gli ambasciatori dei paesi della UE in Russia, che erano stai convocati dal ministro degli esteri russo Lavrov per riferire sulla situazione, hanno semplicemente rifiutato di incontrarlo, ovviamente su precise istruzioni di Bruxelles. Questo comportamento inaudito e mai visto prima nella storia delle relazioni diplomatiche, rende semplicemente inutile l’esistenza di missioni diplomatiche e della nomina di ambasciatori fra gli stati. Medvedev dice apertamente che stando così le cose, sarebbe opportuno rispedire a casa tutta questa gente espellondoli tutti dalla Russia e troncare le relazioni diplomatiche. Beh, male senza dubbio, ma ancora non malissimo- Per quello c’è ancora spazio.

Ora tocca ad Israele.

I

A Washington nessuno dei membri del gabinetto Biden sembra felice della piega che stanno prendendo gli eventi nel Medio Oriente.

La perdita di contatto con la realtà dell’amministrazione Biden non è pià solo una questione elettorale e fastidiosa che può essere corretta con una migliore gestione delle pubbliche relazioni da parte del team del Dipartimento di Stato.

Non si possono più nascondere i fatti, e il discorso di Biden è stato il più propagandistico, autoassolutorio e dvisivo della Storia degli Stati Uniti, perfino piùà di quello di Lincoln durante la guerra di secessione, a detta di tanti commentatori.

I probelmi di politca estera – che non esistevano prima di Biden – si stanno irrimediabilmente trasformando in problemi di politica interna, e i democratici vedono profilarsi una sconfitta catastrofica, alla quale per porre rimedio l’unica strada percorribile, forse, è la rimozione del presidente per motivi di salute (mentale).

Data per persa la partita in Ucraina (con le ricadute che avrà, ancora gestibili grazie alla ignoranza diffusa fra gli elettori del persino dove sia) il problema dei problemi si chiama Israele, che tutti sanno dov’è e cosa rappresenta.

E lì la situazione rischia veramente di eplodere in mano a Biden e ai suoi, visto che Netanyahu sembra irremovibile sulla sua linea dura, durissima e intransigente.

Biden ha posto agli israeliani un limite ben chiaro: niente attacco a Rafah!

Alon Pinkas, ex diplomatico israeliano di alto livello, ben inserito a Washington, ci dice che la Casa Bianca frustrata alla fine ne ha “ne avuto abbastanza” e che la rottura con Netanyahu è ormai completa.

Il Primo Ministro israeliano non si comporta come deve fare un “alleato degli Stati Uniti”, fa di testa sua e critica severamente le politiche di Biden in Medio Oriente. Peggio che mai si vanta apertamente di controllare lui il COngrsso USA più di quanto lo controlli la Casa Bianca.

Biden non può permettersi che ulteriori influenze israeliane mettano a repentaglio la sua campagna elettorale, e quindi – come chiarisce il suo discorso sullo stato dell’Unione – intende riprendere in mano la situazione, vendendola agli americani per quello che è, e non più affidandosi solo alla propaganda per mascherare la realtà.

Allora cosa intende fare Biden riguardo all’atto di sfida di Netanyahu contro il “Santo Graal” delle lobby israeliane negli Stati Uniti?

Preda del già citato distacco totale dalla realtà ha invitato personalmente a Washington il ministro israeliano Benny Gantz, membro del Gabinetto di Guerra israeliano e gli ha dedicato un ordine del giorno normalmente riservato a un primo ministro e non ad un ministro degli affari interni.

Come se da noi avessero invitato alla Casa Bianca il ministro Piantedosi al posto della Meloni, e senza avvisarla prima, per parlare di un invio di truppe in Ucraina.

Sostanzialmente si tratta di un invito a qualcuno che in Israele non governa, ma che agli USA piacerebbe lo facesse.

Sullivan e BLinken pensavano che, avviando una visita al di fuori dei consueti protocolli diplomatici,(econ un paio di spintarelle in loco) si potesse avviare una crisi di governo a Tel Aviv in grado di far ldimettere Netanyahu e in elezioni anticipate in grado di formare un governo più disponibile ad ubbidire agli Stati Uniti.

Era chiaramente un primo passo verso un cambio di regime “soft”.

Netanyahu è ormai considerato la causa di tutti i mali, e in particolare il responsabile del vero e proprio affronto ricevuto da Biden in persona alle primarie del Michigan, dove è stato chiamato “Gnocyde Joe” e la protesta per le sue posizioni su Gaza ha superato i 100.000 “voti a vuoto”.

I sondaggi – soprattutto tra i giovani – per novembre e cominciano a preoccupare fortemente i democratici, che non possono permettersi di supportare un candidato denominato “Genocyde Joe”.

Nahum Barnea, uno dei principali commentatoripolitici avverte che Israele sta “perdendo l’America”:

“Biden ama profondamente Israele ed è sinceramente dalla nostra parte, ma non ha intenzione di perdere le elezioni per noi”.

La Casa Bianca è quindi passata al vecchio trucco di scaricare tutti i propri fallimenti politici su un leader straniero colpevole di avere reso impossibile il lavoro e cercare di sostituire quel leader con qualcuno più compiacente.

Hanno quindi invitato Ben Gatz prima a Londra e poi a Washington, proponendogli una agenda da Primo Ministro, e non da membro del governo.

Ben Gatz ha detto apertamente che si rendeva conto del significato, e che in effetti il posto gli interessava anche ma se pensavano che con lui al governo le cose sarebbero cambiate, sotanzialmente, stavano freschi.

E’ stato anche più esplicito dicendo chiaramente “se pensate con questa mossa di dividerci vi sbagliate. Tutti noi perseguiamo gli stesi obbiettivi di Netanyahu e condividiamo i suoi metodi”.

Biden ha detto anche “ho avvisato Netanyahu che Rafah è una linea rossa invalicabile” e ha aggiunto che non ha ottenuto la risposta che voleva

Ben Gantz è stato adamantino, rispondendo “mi dispiace, ma le vostre linee rosse non sono le nostre. Le nostre sono di evitare un altro 7 ottobre e quindi attaccheremo Rafah comunque”.

Qualcuno ha chiesto “ma che sarà del milione e mezzo di palestinesi che sono là?” – “si sposteranno a Nord” ha liquidato il problema l’israeliano.

La rottura con gli americani non poteva essere più netta.

Per fermare Netanyahu basta una telefonata: “basta così o non vi mandiamo più neanche uno spillo”.

Eppure, posto davanti a questa domanda, la sera stessa Biden alla CBSN ha dichiarato “Ho posto delle linee rosse a Israele, ma sia chiaro che non sospenderò mai l’invio di armi e di aiuti e lo difenderemo fino in fondo”.

La credibilità americana ha ormai toccato il punto più basso della Storia (e ne ha avtio parecchi anche prima, ma così mai).

Anche il piano di aiuti via nave, che (ora si sanno i dettagli) dovrebbero arrivare a Cipro, essere lì controllati e autorizzati dagli americani senza intervento israeliano, e poi portai via nave fino al porto galleggiante dal quale venire sbarcati a Gaza ha già avuto il “no” di Hamas.

Non ci serve questo tipo di aiuti. Gli aiuti ci sono già, sono fermi al confine di Rafah, in territorio egiziano, provengono dall’ONU e quelli vogliamo, da lì e da loro.“. Le fughe in avanti non ci servono.

L’impotenza americana non è mai stata così evidente.

Come scrive Ariel Kahana su Israel Hayom il 6 marzo:

Gantz ha incontrato tutti i massimi funzionari dell’amministrazione e ha presentato posizioni identiche a quelle di Netanyahu”

Quindi Gantz ha detto potrebbe anche sostituire Netanyahu come primo ministro. eventualmente, ma le sue politiche non sarebbero sostanzialmente diverse da quelle dell’attuale governo.

Alla fine della visita, dopo che Gantz ha detto quello che ha detto, la Casa Bianca sta ora facendo i conti con una realtà inaudita .

Ci sono ormai evidenti limiti al potere degli Stati Uniti non esiste più quel rispetto automatico da parte neppure dei più stretti alleati.

Tranne gli europei, ovviamente.

A Mosca hanno sicuramente preso nota. Ma specialmente lo hanno fatto a Pechino.

6158.- Se Kiev fosse caduta nei primi giorni di guerra e l’Ucraina fosse stata annessa o riassoggettata al dominio russo, la NATO sarebbe intervenuta?

Da Quora, un pò di verità.

Gli Americani erano già in Ucraina da prima del 2014 e questa guerra è stata preparata e studiata dagli USA agli inizi degli anni 2000.

La Russia è intervenuta in Ucraina non per prenderla, come racconta e propaganda Washington, ma per destabilizzarla dopo che Biden ha minacciato la Russia di fare entrare l’Ucraina nella Nato.

Quindi alla Russia non interessa andare avanti, ma mantenere la posizione di quei territori del Donbass dove le squadre Azov hanno massacrato le popolazioni russe, russofone e filorusse .

La Nato a ridosso delle frontiere della Federazione Russa ridurrebbe a livelli inaccettabili i tempi di reazione delle armi russe a un attacco, tuttavia…

mantenendo la posizione attuale, l’Ucraina non ha quelle caratteristiche richieste per entrare a fare parte della Nato .

Però tutti questi movimenti sono stati dei pretesti di Washington per applicare le sanzioni alla Russia e distruggere l’economia europea .

In prevalenza la guerra in Ucraina è stata costruita per distruggere l’economia europea in favore del dollaro .