Archivio mensile:settembre 2023

5937.- L’assassino torna sempre sul luogo del delitto

“Pfizer Italia – sì, proprio lei – entra nelle scuole superiori e nelle università con progetti contro quella che lei chiama disinformazione”. La sua rete di connivenze gli consente anche questo. “Non c’è limite al peggio. La multinazionale farmaceutica, responsabile di una lunga, lunghissima lista di frodi, marketing illegale, tangenti e non per ultima la tragica campagna pseudo-vaccinale C19 (che non si arresta), sbarca ora tra i banchi di scuole e università.

L’assassino, si dice, torna sempre sul luogo del delitto, e in questo caso lo fa vestendo non i panni del falso dottore, ma quelli del propagandista e dell’accademico corrotto, con la continua complicità di governi, istituzioni internazionali ed enti regolatori.”

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona, medicina e il seguente testo "alpress Agenzia di Stampa Piliole Pfizer Pfizer, un progetto contro le fake news nel mondo della sanità ROMA (ITALPRESS) Attenzione alla sostenibilità alle pari opportunità la crescita ell'export avvio progetto per scuole contro le ake news nel mondo della sanità parlato un'intervista ifitalpress Biagio Oppi, External Communications Director Pfizer Italia mrv/fsc/gsl"

Da L’Indipendente, del 29 settembre 2023. Di Iris Paganessi

Pfizer Italia ha lanciato un progetto contro la “disinformazione” nelle scuole superiori e nelle università italiane, a rivelarlo è stato – in una intervista rilasciata a Italpress – il direttore della comunicazione del colosso farmaceutico, Biagio Oppi. Il progetto è già definito ed inizierà nei prossimi giorni. L’obiettivo, secondo Oppi, è andare «al di là di fare debunking, quindi di smentire le notizie, operando alla radice» per «portare strumenti per una migliore alfabetizzazione medico-scientifica di studenti e professori». Sarà quindi direttamente una delle maggiori multinazionali del settore a formare le nuove generazioni italiane sulla corretta informazione scientifica, con un progetto che si è premurato di mettere nel mirino anche i futuri operatori dell’informazioni, visto che le lezioni organizzate da Pfizer si svolgeranno anche «nei corsi di giornalismo e nelle facoltà di Scienze della comunicazione». 

Il progetto, che prenderà il via ad ottobre, è stato lanciato in collaborazione con la Fondazione Golinelli (realtà bolognese che, da statuto, si occupa di promuovere conoscenza, innovazione e cultura attraverso attività di educazione e formazione) e Fondazione Media Literacy (che opera nei campi dell’educational e dell’informazione, in particolare nelle scuole secondarie superiori). La notizia ancora non trova comunicazioni ufficiali in merito, a parte le dichiarazioni del responsabile comunicazione di Pfizer non è presente alcun comunicato ufficiale né da parte dell’azienda farmaceutica, né da parte delle fondazioni che collaborano al progetto. Per questo  L’Indipendente ha contattato tutti i soggetti coinvolti per capirne qualcosa in più. A risponderci è stato un addetto della Fondazione Media Literacy, che ha confermato il progetto, specificando che fino ad ora non è stato reso pubblico su richiesta della stessa Pfizer e che maggiori dettagli verranno resi noti in seguito alla conclusione del Festival digitale popolare – evento che si terrà sabato 7 ottobre a Torino – durante il quale il Dottor Oppi presenterà ufficialmente il progetto

Al momento, quindi, non sono pubblici né i nomi delle scuole, né la tipologia degli istituti (solo privati o anche pubblici?) in cui il progetto prenderà piede, né tanto meno la data ufficiale di inizio. Di certo, per ora, c’è solo che la multinazionale del farmaco produttrice del principale vaccino contro il Covid – e dal curriculum tutt’altro che immacolato – dopo aver finanziato generosamente ed in modo occulto enti “indipendenti” per fare campagna in favore della vaccinazione e dopo aver distribuito laute donazioni anche a medici, ricercatori, associazioni e università in tutta Italia, avrà libero accesso anche alle cattedre degli istituti scolastici e universitari italiani. 

[di Iris Paganessi]

5936.- Difficile chiamarlo papa.

Marcello Veneziani: “Il cristianesimo ridotto a una Ong”

Di Marcello Veneziani, Redazione Blog di Sabino Paciolla, 30 Settembre 2023

Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto da Marcello Veneziani e pubblicato sul suo blog. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. Il problema non è, ovviamente, Salvini, il quale, a mio parere, stringendo in pubblico quel rosario ha cercato di utilizzare politicamente i valori cristiani. La questione sollevata da Veneziani è però vera e tutta interna alla Chiesa cattolica che vive una crisi tutta sua. Una crisi i cui contorni sono messi ben in evidenza da Marcello Veneziani in questo suo articolo. 

Papa Francesco in un momento di raccoglimento a Marsiglia, davanti al memoriale che ricorda i marinai e i migranti morti in mare - Ansa/Reuters
Papa Francesco in un momento di raccoglimento a Marsiglia, davanti al memoriale che ricorda i marinai e i migranti morti in mare. – Ansa/Reuters

La civiltà cristiana ha oggi tre nemici: l’invasione islamica, il materialismo ateo e la chiesa di Bergoglio. In modi e gradi differenti stanno sradicando dalla nostra vita il seme della cristianità, il legame coi suoi simboli, con la sua fede e la sua tradizione. Detestano ogni tentativo di dare visibilità e centralità al messaggio cristiano, non sopportano il crocifisso nei luoghi pubblici, s’indignano se qualcuno si pone il problema di salvaguardare il suo spazio vitale, le sue città, i suoi riti e le sue liturgie.

I primi vogliono sostituire una religione che avvertono declinante con la loro e sottomettere la cristianità all’Islam. Il secondo vuol cancellare ogni traccia di spiritualità e di presenza religiosa dall’orizzonte pubblico per ridurre l’uomo alle sue voglie e al suo egoismo. La terza vuole ridurre la civiltà cristiana a luogo d’accoglienza, corridoio umanitario, fino a perdere ogni traccia vivente di cristianità. Il primo viene dal basso, dal sud del mondo, dai barconi e dalle ong. Il secondo scende dall’alto, dalle grandi fabbriche d’ateismo e di nichilismo che si annidano nei media, nella società dei consumi, nei santuari della finanza e dell’ideologia. La terza, invece, corrode la cristianità dall’interno, come una serpe in seno, riducendola ad agenzia umanitaria, e trasformandosi in cavallo di Troia nel cuore della civiltà cristiana. Non si preoccupano i preti e gli attivisti del bergoglismo che l’Italia, l’Europa, la cristianità stanno correndo verso la loro estinzione, il loro suicidio, la perdita di tutto quel che è stato per millenni il suo volto, la sua anima, la sua lingua e il suo catechismo elementare. E additano il loro nemico paragonando a Satana, come fa una sciagurata copertina di Famiglia Cristiana, ridotta ormai a setta estremista e fanatica del bergoglismo, chi si appella alla cristianità, alla famiglia, alla religione, ai rosari e ai crocifissi. Con l’ipocrisia aggiunta che dopo aver sbattuto Satana in copertina, con tanto di foto e di nome, dicono che non è un attacco personale ma una difesa del Vangelo da chi lo rinnega. Se davvero avessero voluto denunciare la perversione del Vangelo avrebbero dovuto dedicare quella copertina e il suo Vade Retro a quel prete colto in flagrante mentre abusava di una bambina. E non si tratta, come è noto, di un caso isolato. Lì siamo alla perversione diabolica del Vangelo e del messaggio di Cristo, Lasciate che i bambini vengano a me (Sinite parvulos venire ad me – Marco, 10,14). Lasciate che vengano in canonica per abusare di loro, violarli e sfogare le proprie voglie bestiali. Avendo Satana in casa, preferiscono invece andare a pescare il nemico politico e a demonizzare Salvini e con lui i milioni di italiani che sostengono la sua azione di ministro dell’interno. In una Chiesa che ha accolto e stretto le mani, anche di recente, a fior di Belzebù, dittatori sanguinari, abortiste seriali e infanticidi a catena, persuasori di morte e spacciatori d’inferno, sfruttatori di migranti e pedofili anche in tonaca, oltre che atei e persecutori, corrotti e corruttori, si permette di additare come Satana chi esprime oggi, a torto o a ragione, il disagio prevalente dei popoli, italiano e non solo, sulla necessità di frenare l’immigrazione clandestina e incontrollata e tutelare gli italiani, le loro città, la loro vita, le loro donne, i loro bambini, la loro civiltà. È qualcosa di aberrante a cui mai avremmo voluto assistere. E tutto questo nel silenzio complice delle massime autorità ecclesiastiche. Furono satanici anche quel milione di fedeli polacchi che lo scorso ottobre formarono un immenso cordone umano al confine, nel nome di Dio, della Madonna, stringendo il rosario, per frenare simbolicamente i flussi migratori incontrollati e chiedere che “L’Europa resti Europa”? E furono satanici i martiri e i santi che dettero la vita a Lepanto e a Otranto per salvare la civiltà cristiana?

Qual è il male del bergoglismo? La riduzione del male e del bene a uno solo. Il Male Unico e Assoluto è il nazismo e i suoi derivati; il Bene Unico e Assoluto è l’Accoglienza dello straniero. Sparisce ogni altro male sulla terra, passato e presente: il terrorismo e il comunismo, l’ateismo e le persecuzioni dei cristiani nel mondo, la distruzione della famiglia, le mille negazioni della vita, della nascita, della fertilità, la cancellazione di riti e simboli, tradizioni e liturgie sacre che sono il linguaggio di Dio. Resta solo un Male, il Nazismo, e l’Anticristo oggi ha la faccia di Salvini. Allo stesso modo sparisce ogni altro bene, la salvezza delle anime e della civiltà cristiana, la sopravvivenza della fede e delle comunità cristiane, la salvaguardia della famiglia e la promessa della Resurrezione, il senso dell’eternità e l’amor di Dio. Tutto viene ridotto al pronto soccorso dei poveri, tutta la missione della chiesa è ridotta a salvare vite umane dal mare, alloggiarle e sfamarle – naturalmente coi soldi pubblici, senza il concorso della chiesa – amare il prossimo soprattutto se viene da lontano, è straniero e non è cristiano, e pretendere che un mondo piccolo si carichi sulle spalle un mondo grande, sapendo che crollerà per il peso insostenibile di accogliere l’oceano in un lago. E senza porsi ulteriori problemi, come la crescita demografica vertiginosa o gli effetti pratici dell’invasione massiccia di popolazioni che ci vedono come punto di ristoro ma non come civiltà a cui convertirsi e in cui integrarsi. Dal punto di vista teologico la Trinità viene ridotta a una Persona. Sparisce il Padre, sparisce lo Spirito Santo, resta il Figlio e si occupa solo di salvare non anime ma corpi, non annuncia redenzioni ma ospitalità. Il cristianesimo ridotto a una Ong.

Nessuno pretende che la Chiesa si converta al nazionalismo e alle frontiere, nessuno chiede che la carità si restringa solo ai cristiani e ai connazionali. La misericordia non può avere barriere, la critica è legittima. Si chiede però il rispetto per chi non è allineato a quest’ultima chiesa bergogliana ed è in sintonia con la Chiesa di sempre, in saecula saeculorum. E il rispetto laico per chi ha un’idea diversa dei diritti e dei doveri, della solidarietà e della sicurezza, dei popoli e dell’umanità. Ma quel mondo di mezzo, un tempo cattocomunista e oggi con le mani in pasta nel business dei migranti, nell’imprenditoria del soccorso o nella loro giustificazione a mezzo stampa, sta toccando livelli di fanatismo e di accecamento come nei periodi più bui della cristianità. Più si spegne la luce cristiana nel mondo e più si invoca, come ha fatto Famiglia cristiana, il Papa “elettrico” (come si diceva del magnetismo di Hitler) che rischia di mandare in black out la cristianità.

Marcello Veneziani

5935.- Un’altra prova del reato di strage.

I vaccini COVID e i futuri booster “non sono sicuri per l’uso umano”: Il Dr. Peter McCullough testimonia al Parlamento Europeo

Da The Epoch Times, di Sabino Paciolla, 29 Settembre 2023

Peter McCullough, cardiologo americano, è stato vice-primario di medicina interna presso il Baylor University Medical Center e professore presso la Texas A&M University. McCullough è fondatore e attuale presidente della Cardio Renal Society of America e co-editore capo di Cardiorenal Medicine, la rivista della società, nonché editore di Reviews in Cardiovascular Medicine. Ha condotto diversi studi sulla corsa e sulle malattie cardiache e ha co-descritto il termine cardiomiopatia fidippide, una patologia cardiaca riscontrata in alcuni atleti di alta resistenza. Tra gli altri progetti di ricerca di McCullough figurano il rapporto tra malattie cardiache e malattie renali e i fattori di rischio per le malattie cardiache.

Di seguito segnalo all’attenzione e alla riflessione dei lettori di questo blog l’articolo scritto da Naveen Athrappully e pubblicato su The Epoch Times. Visitate il sito e valutate liberamente le varie opzioni offerte e le eventuali richieste. Ecco l’articolo nella mia traduzione. 

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Il cardiologo Peter McCullough ha chiesto ai legislatori europei di ritirare dal mercato i vaccini COVID-19, avvertendo che essi sono responsabili di una serie di malattie, tra cui infiammazioni cardiache, coaguli di sangue e malattie neurologiche.

“I vaccini COVID-19 e tutti i loro derivati e futuri booster non sono sicuri per l’uso umano. Vi imploro, in qualità di organo di governo, Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), di esercitare tutte le pressioni e la dovuta urgenza per ritirare i vaccini COVID-19 dal mercato”, ha dichiarato il dottor McCullough nella testimonianza del 13 settembre al Parlamento Europeo. “Negli Stati Uniti, la situazione si sta evolvendo di giurisdizione in giurisdizione, probabilmente Stato per Stato li ritireranno dal mercato se il governo federale non lo farà. Succederà in tutto il mondo”.

Il dottor McCullough ha detto che tutto ciò che ha appreso sui vaccini a RNA messaggero (mRNA) è stato “terrificante”. Negli Stati Uniti, il 94% degli americani che hanno ricevuto il vaccino COVID-19 aveva assunto un vaccino a mRNA.

“Non c’è un solo studio che dimostri che l’RNA messaggero viene degradato” nel corpo umano una volta iniettato, ha detto. “Non c’è uno studio che dimostri che lascia il corpo”. Poiché i vaccini sono “prodotti sinteticamente, non possono essere degradati”.

“La proteina spike – la proteina letale dei vaccini che si trova nel corpo umano dopo la vaccinazione – circola almeno per sei mesi, se non di più. E se le persone fanno un’iniezione in altri sei mesi, c’è un’altra introduzione di altra proteina potenzialmente letale in circolazione”.

Il Consiglio Mondiale della Sanità ha pubblicato l’anno scorso un rapporto di farmacovigilanza dopo aver esaminato 39 database globali sulla sicurezza, chiedendo di rimuovere dal mercato tutti i vaccini COVID-19 “per eccesso di rischio di morte”, ha dichiarato il medico.

Egli ha affermato che la proteina spike è “provata” in 3.400 manoscritti sottoposti a peer-review che causano quattro principali ambiti di malattia: cardiovascolare, neurologico, coaguli di sangue e anomalie immunologiche.

“Una è la malattia cardiovascolare, l’infiammazione cardiaca o miocardite. Tutte le agenzie regolatorie concordano sul fatto che i vaccini causano miocardite”, ha detto. “Per anni abbiamo avuto linee guida in cardiologia: in caso di miocardite, che sia sintomatica o meno, le persone non possono fare sforzi atletici, perché causerebbero un arresto cardiaco”.

“Eppure, in Europa e negli Stati Uniti, le leghe sportive iniettavano questi vaccini a giovani che non avevano alcuna necessità medica, alcuna indicazione clinica, e abbiamo assistito a una serie di arresti cardiaci in giovani individui. Come esperto cardiologo, vi dico che questi arresti cardiaci sono dovuti al vaccino COVID-19 fino a prova contraria”.

Le malattie neurologiche comprendono ictus ischemico ed emorragico, neuropatia delle piccole fibre, intorpidimento e formicolio, ronzio alle orecchie e mal di testa.

Il terzo dominio di malattia è quello dei coaguli di sangue “come non abbiamo mai visto prima”.

“La proteina spike è la proteina più trombogenica che abbiamo mai visto in medicina umana. Si trova nei coaguli di sangue. La proteina spike causa coaguli di sangue. Coaguli di sangue più grandi e più resistenti agli anticoagulanti di quanto si sia mai visto in medicina umana. Ho pazienti con coaguli di sangue che hanno superato i due anni e che non si dissolvono con gli anticoagulanti convenzionali a causa di questi vaccini”.

Il dottor McCullough ha sottolineato che le anomalie immunologiche possono includere malattie come la trombocitopenia “indotta dal vaccino”, una patologia in cui una persona ha un basso numero di piastrine nel sangue, e il disturbo infiammatorio multisistemico, una condizione associata al COVID-19 in cui diverse parti del corpo si infiammano.

Il medico ha definito il vaccino mRNA “il codice genetico per la parte potenzialmente letale della proteina spike del virus” e ha insistito sul fatto che “è stata la peggiore idea di sempre introdurre il codice genetico tramite iniezione e consentire la produzione sfrenata di una proteina potenzialmente letale nel corpo umano per un periodo di tempo incontrollato”.

Il vaccino CDC e l’OMS

Il discorso del dott. McCullough giunge mentre i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) hanno raccomandato questa settimana a quasi tutti i cittadini americani di sottoporsi al nuovo vaccino COVID-19 aggiornato.
“Il CDC raccomanda ora la vaccinazione COVID-19 aggiornata per tutti coloro che hanno almeno 6 mesi di età, per proteggere meglio voi e i vostri cari”, ha dichiarato in un comunicato il direttore dell’agenzia, Dr. Mandy Cohen.

Il dottor Robert Malone, che ha contribuito a inventare la tecnologia utilizzata dai vaccini Pfizer e Moderna, ha recentemente dichiarato di essere contrario a raccomandare i nuovi vaccini COVID-19.

“Abbiamo una mancanza di dati a sostegno di questa decisione”, ha dichiarato in un’intervista a EpochTV. Questi prodotti non hanno alcun beneficio sostanziale e presentano un rischio significativo”.

Nel suo discorso al Parlamento europeo, il dott. McCullough ha accusato organizzazioni come i CDC, l’OMS, la Fondazione Gates, il World Economic Forum e le Nazioni Unite di formare un “sindacato”.

“Questo gruppo di organizzazioni non governative e di agenzie governative per la salute pubblica opera come un’unità. Sono accuratamente coordinati. E l’impatto è stato negativo”, ha detto. “L’OMS ha svolto un ruolo negativo fin dall’inizio, ingannando il mondo sulle origini della SARS-Cov-2”.

“I medici come noi nella pratica clinica sono rimasti indietro perché i nostri governi e le agenzie come l’OMS non sono stati onesti con noi. E invece di aiutarci o almeno di toglierci di mezzo in termini di cura dei pazienti e di salvataggio di vite umane, si sono messi in mezzo e hanno ostacolato la nostra capacità di curare i pazienti. Hanno influenzato e creato un intero ambiente di nichilismo terapeutico”.

McCullough ha chiesto all’Unione Europea, agli Stati Uniti e a tutte le altre parti interessate di “uscire completamente dall’OMS e di lasciare l’OMS ai propri sforzi”. L’organizzazione non dovrebbe avere “alcuna giurisdizione, alcun dominio su ciò che facciamo nella sanità”.

Tra le preoccupazioni per i vaccini a mRNA, sono emerse anche quelle per il vaccino COVID-19 di Pfizer, contenente un RNA modificato artificialmente chiamato modRNA. Il modRNA non è una sostanza presente in natura e rappresenta un serio rischio per la salute.

L’etichetta del prodotto della Food and Drug Administration (FDA) statunitense per il vaccino Pfizer afferma che contiene modRNA.

Klaus Steger, un biologo molecolare che ha diretto diversi laboratori di tecnologia genetica, ha affermato che, poiché il modRNA non è in grado di indirizzare cellule specifiche per la produzione di proteine virali, può finire per attaccare cellule perfettamente sane e aggirare le barriere protettive del corpo umano, come la barriera emato-encefalica.

Naveen Athrappully

5934.- Per la sanità, a ogni livello, oggi, il paziente è uno sconosciuto

Ippocrate, chi era costui?

Senza citare il baratro della medicina di base, le liste d’attesa per chi soldi non ha o la frequente conflittualità fra i diversi reparti specialistici, il paziente è normalmente uno sconosciuto. Il rapporto con l’assistito difficilmente supera i limiti di una ricetta, quello con il paziente si esaurisce nel conoscere, leggere e capire le analisi mediche, le analisi cliniche di laboratorio e gli esami … Nel privato assistiamo a una tariffa per la visita e a un’altra per il controllo degli eventuali esami prescritti.

Valga per tutte l’assenza di un’anamnesi degli assistiti negli archivi elettronici delle aziende sanitarie locali o aziende unità sanitarie locali, che sono gli enti pubblici della pubblica amministrazione italiana, deputati all’erogazione di servizi sanitari in un determinato territorio, di solito provinciale.

Le aziende sanitarie locali chiedono l’anamnesi degli assistiti ai medici di base, che, a loro volta, la chiedono agli assistiti.

Dare voce al paziente per migliorare la Sanità. Ecco come

Da Formiche.net, di Oriana Ciani | 27/09/2023

Dare voce al paziente per migliorare la Sanità. Ecco come

Per migliorare il Servizio Sanitario Nazionale è necessario mettere i bisogni e i diritti dei pazienti al centro delle decisioni di politica sanitaria. Per farlo, il gruppo PRO4All si impegna a promuovere la raccolta dei dati dei pazienti attraverso i parametri chiamati Patient Reported Outcomes (PROs), ovvero degli esiti di salute valutati direttamente dal paziente stesso e basati sulla sua percezione della malattia e del trattamento. L’intervento di Oriana Ciani, SDA Bocconi, in rappresentanza del gruppo di lavoro PRO4ALL

Il Servizio Sanitario Nazionale sta vivendo uno dei momenti più delicati della sua storia. È quindi necessario e indispensabile ripensare le politiche sanitarie e quelle regolatorie in modo da guidare l’innovazione, assicurarsi la sostenibilità del sistema e garantire l’aderenza terapeutica: in poche parole, essere al fianco del paziente.

Le lacune del Sistema

Se l’obiettivo vuole essere quello di migliorare la vita dei pazienti, ascoltare il loro punto di vista sull’esito di un trattamento è imprescindibile. Sfortunatamente però, a differenza di quanto accade in altri Paesi, in Italia esiste un disallineamento nel modo in cui i pazienti vengono coinvolti nei percorsi decisionali e terapeutici rispetto all’esigenza di standardizzazione dei dati richiesta dal processo di innovazione. E i cambiamenti a cui il Servizio Sanitario Nazionale sta andando incontro, compresa l’imminente riforma dell’Agenzia Italiana del Farmaco, costituiscono un’occasione per colmare queste lacune.

I vantaggi della raccolta dati 

Per farlo, la comunità scientifica e le Associazioni di pazienti si sono mobilitate per portare queste istanze all’attenzione dei decisori pubblici, consapevoli che solo attraverso una sinergia tra tutti gli attori del sistema è possibile porre i bisogni e i diritti dei pazienti al centro delle decisioni di politica sanitaria. La raccolta dei dati riferiti dalle persone con patologia e dal loro caregiver presenta infatti diversi vantaggi: permette di considerare gli aspetti soggettivi relativi al benessere della persona, compresa la sua qualità della vita, monitora l’andamento di un trattamento migliorando l’aderenza del paziente alla terapia, contribuisce alla personalizzazione delle terapie in base alle esigenze del paziente, facilita l’interpretazione e l’analisi dei risultati degli studi clinici e misura la qualità percepita dei servizi sanitari in un determinato contesto.

Il punto di vista del paziente 

La raccolta omogenea di questi parametri consentirebbe dunque di fornire una prospettiva nuova attraverso cui valutare le terapie. Questi aspetti intangibili, ma non per questo meno importanti, possono essere colti solo se il punto di vista soggettivo del paziente è adeguatamente preso in considerazione.

Per farlo, esistono dei parametri chiamati Patient Reported Outcomes (PROs), ovvero degli esiti di salute valutati direttamente dal paziente stesso e basati sulla sua percezione della malattia e del trattamento. Raccogliere i PROs è possibile mediante delle scale e dei questionari, denominati Patient Reported Outcomes Measures (PROMs), che riescono a trasformare in un dato oggettivo la prospettiva soggettiva del paziente e del suo caregiver. Al momento, tuttavia, la raccolta dei PROs non è sempre strutturata né standardizzata, rendendo questi parametri nella maggior parte dei casi accessori nella valutazione complessiva delle conoscenze richieste, ivi compresa quella di un farmaco da parte dell’ente regolatorio.

La missione del gruppo di lavoro PRO4All

È per far fronte a queste lacune che, ormai più di due anni fa, un gruppo di Associazioni di pazienti e Società scientifiche (AIM, AIOM, AISM, FAVO, FICOG, SIN, UNIAMO), con la collaborazione di SDA Bocconi e il supporto di Roche, ha costituito il gruppo di lavoro PRO4All, con una duplice missione: da un lato, ampliare la letteratura scientifica sul tema, ancora piuttosto scarna e frammentata, e dall’altro diffondere queste evidenze, sensibilizzando le istituzioni e supportandole nel processo di promozione dell’uso dei PROs.

Il gruppo di lavoro ha redatto anche un Manifesto che condensa i principali punti di interesse sull’utilizzo dei PROs e avanza alcune richieste ai decisori pubblici. Tra le priorità che il gruppo di lavoro evidenzia, vi è sicuramente la necessità di emanare delle linee guida per disciplinare la raccolta e l’impiego dei PROs, a partire dalla pratica regolatoria. Si potrebbero inoltre aggiornare le linee guida per la compilazione del dossier di prezzo e rimborso da parte delle aziende farmaceutiche, raccomandando l’inserimento dei PROs e dei PROMs specifici per patologia.

L’importanza del supporto delle istituzioni 

Una seconda esigenza riguarda la necessità di promuovere il confronto con i rappresentanti delle Associazioni di pazienti all’interno della nuova governance dell’Aifa, prevedendo ad esempio la loro inclusione nei comitati consultivi dell’Agenzia, così come accada già da tempo in Ema.

La buona notizia è che si inizia a intravedere nella politica e nelle istituzioni italiane un interesse più marcato per queste tematiche. Tecnici e decisori pubblici sono sempre più consapevoli che per realizzare una medicina personalizzata e di precisione, accogliendo tutte le innovazioni terapeutiche che arriveranno, l’ascolto della voce del paziente è di centrale importanza.

Le richieste riportate nel Manifesto hanno già trovato infatti una eco importante nel mondo della politica. Il documento ha raccolto la firma e il supporto di un numero crescente di tecnici ed esponenti parlamentari maggiormente sensibili alla tematica, divenuti veri e propri ambassador della voce del paziente, tutti accomunati dalla consapevolezza che i tempi sono maturi per rafforzare il ruolo delle Associazioni di pazienti nelle decisioni di politica sanitaria. La prova di questo impegno è data dalla celere risposta della politica: alla Camera dei Deputati sono state presentate due proposte di legge, una recante disposizioni concernenti l’impiego dei dati relativi agli esiti riferiti dai pazienti nei procedimenti di valutazione dei farmaci e l’altra disciplinante la partecipazione ai processi decisionali pubblici in materia di salute da parte delle Associazioni di pazienti impegnate su temi sanitari, firmato trasversalmente da tutte le forze politiche.

I PROs entrano nell’agenda politica

I membri del gruppo PRO4all hanno intenzione di proseguire in questa direzione e continuare l’opera di sensibilizzazione già intrapresa, per fare entrare definitivamente il tema dei PROs nell’agenda politica. E se questo è già in parte successo con le due proposte di legge, ci sono stati altri annunci da parte di parlamentari che hanno anticipato la loro volontà di contribuire al dibattito nel corso dei prossimi mesi, sia attraverso la via normativa che attraverso atti di sindacati ispettivo.

Parallelamente, sarà fondamentale per la comunità scientifica lavorare a stretto contatto con la politica, ragionando ad esempio sulle modalità per standardizzare l’impiego dei PROMs nella pratica clinica (oltre che negli studi clinici) e assicurarne l’affidabilità in fase di valutazione regolatoria.

Valorizzare la prospettiva del paziente

Le sfide sono dunque tante e complesse, ma auspichiamo che l’occasione di migliorare e modernizzare i meccanismi del nostro Ssn attraverso la messa al centro dei bisogni del paziente non venga sprecata: sarebbe un passo falso imperdonabile. Gli esempi che arrivano da altri Paesi più avanti rispetto a noi nella disciplina sui PROMs sono incoraggianti e ci devono spingere a fare del nostro meglio per recuperare terreno e valorizzare finalmente la prospettiva del paziente.

5933.- Sulla disciplina del così detto “Superbonus 110%”

Premessa

La Cassazione muta la sua interpretazione avuto riguardo al momento in cui si concretizza il delitto di indebita percezione di erogazioni pubbliche. Se, infatti, la norma incriminatrice mira ad evitare la “dispersione” del denaro pubblico, deve ritenersi che la consumazione del reato coincida con il momento in cui l’imputato consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo. Questo non è una forma minore o attenuata di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche , e si verifica nel momento della percezione, non nel momento in cui il soggetto passivo assume, per effetto della condotta dell’agente, l’obbligazione.

Osserviamo che anche l’assunzione da parte del soggetto pubblico passivo dell’obbligazione lede il buon andamento della Pubblica Amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione. Si deve giudicare anche il comportamento della Pubblica Amministrazione, eventualmente omissivo, per cui la valutazione riguarderebbe un delitto di indebita percezione di erogazioni pubbliche oltre a un delitto di tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Del delitto di indebita percezione di erogazioni pubbliche: Non è una forma minore o attenuata di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche


TRIBUTARIO

Documenti falsi per il Superbonus 110%: no truffa aggravata ma indebita percezione di erogazioni pubbliche

Di Rossella Catena, Consigliere della Corte di Cassazione, Pubblicato il 28/09/2023

Con la sentenza n. 37138/2023 – relativa a vicenda inerente il riconoscimento di erogazioni sotto forma di credito di imposta, ai sensi della disciplina del così detto “superbonus 110%” – la Cassazione ha ribadito la differenza tra il reato di cui all’


art. 316-ter cod. pen. rispetto a quello di cui all’


art. 640-bis cod. pen., quanto al diverso momento di consumazione delle dette fattispecie incriminatrici. Inoltre, in applicazione della differenza tra i concetti di prodotto e profitto del reato, la sentenza ha ritenuto – non del tutto condivisibilmente – che, nella concreta vicenda cautelare, essi fossero distinguibili e, quindi, entrambi suscettibili di ablazione.

Orientamenti giurisprudenziali
Sempre conformi:
Cass. pen., Sez. U, sentenza n. 9149 del 03/07/1996, dep. 17/10/1996
Cass. pen., Sez. U, sentenza n. 16568 del 19/04/2007, dep. 27/04/2007Cass, pen., 
Sez. U, sentenza n. 31617 del 26/06/2015, dep. 21/07/2015
Cass. pen., Sez. 2, sentenza n. 4284 del 20/12/2011, dep. 01/02/2012
Cass. pen., Sez. 2, sentenza n. 48820 del 23/10/2013, dep. 05/12/2013
Cass. pen., Sez. 6, sentenza n. 21317 del 05/04/2018, dep. 14/05/2018
Cass. pen., Sez. 6, sentenza n. 24890 del 20/02/2019, dep. 04&06/2019
Cass. pen., Sez. 6, sentenza n. 2125 del 24/11/2021, dep. 18/01/2022
Cass. pen., Sez. 6, sentenza n. 9060 del 30/11/2022, dep. 02/03/2023

Con la pronuncia in esame la Cassazione si è occupata della vicenda relativa ad un ipotizzato sodalizio criminale, composto da soggetti che, attraverso società operanti nel settore edilizio ed avvalendosi del concorso di professionisti, certificavano lavori di ristrutturazione relativi all’efficientamento energetico il cui valore, grazie alla predisposizione di documentazione falsa, risultava superiore a quello dei lavori effettivamente eseguiti, allo scopo di accedere ai benefici statali di cui alla normativa del così detto “superbonus 110 %”.

In tale contesto era stato eseguito un decreto di sequestro preventivo in relazione a somme di denaro, ritenute oggetto di confisca obbligatoria, quanto al profitto del delitto di cui all’


art. 316-ter cod. pen., avendo, in tal senso, il Giudice per le indagini preliminari qualificato la condotta, inizialmente inquadrata dal pubblico ministero nella diversa fattispecie di cui all’


art. 640, comma secondo, cod. pen.; tale profitto era stato individuato nell’importo del credito di imposta ottenuto dagli indagati attraverso il meccanismo dello sconto in fattura, suscettibile di cessione a terzi, avendo il giudice ritenuto la fattispecie criminosa di indebita percezione di pubbliche erogazioni in danno dello Stato, consumata a prescindere dalla intervenuta compensazione del credito. 

Il provvedimento ablativo – come emerge dalla sentenza in commento – era stato disposto in via diretta nei confronti della società beneficiaria del credito e, altresì, nei confronti dei soggetti sottoposti ad indagini, anche per equivalente, in quanto essi risultavano beneficiari di somme di denaro percepite nell’ambito delle attività edilizie realizzate.

Il Tribunale del riesame aveva confermato il provvedimento cautelare reale, osservando che il credito di imposta altro non è se non il diritto alla detrazione per un determinato importo, suscettibile di circolare mediante cessione, nei termini previsti dalle disposizioni normative specifiche in tema di superbonus 110%.

I difensori, in sede di legittimità, avevano, tra l’altro, eccepito che erroneamente il Tribunale del riesame aveva individuato l’importo da sequestrare nella somma di 2.622.508,00, laddove, invece, avrebbe dovuto essere sottoposta a sequestro solo la minor somma di euro 238.293,85, pari all’importo della somma portata in detrazione da una società cessionaria del credito, in quanto, affinché il reato di cui all’


art. 316-tercod. pen. possa dirsi consumato, è necessaria la cessione del credito, come si evince, tra l’altro, dalla disposizione dell’


art. 121, commi 1 e 4, del 


Decreto Rilancio.

La sentenza in commento – peraltro non del tutto chiara quanto all’esposizione delle doglianze difensive – ha affermato, richiamando la giurisprudenza di legittimità formatasi sul tema, che il reato di cui all’


art. 316-ter cod. pen. si consuma nel momento in cui è stato riconosciuto il credito di imposta, immediatamente monetizzabile e non più revocabile da parte della pubblica amministrazione.

Su questo aspetto va ricordato che, anche con recenti arresti la Cassazione ha rilevato che il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, di cui all’


art. 316-ter cod. pen., si consuma nel momento e nel luogo in cui l’ente pubblico eroga i contributi, i finanziamenti, i mutui agevolati, disponendone l’accredito sul conto corrente del soggetto che ne abbia indebitamente fatto richiesta, perché è con quell’atto che si verifica la dispersione del denaro pubblico.

Se, infatti, la norma incriminatrice mira ad evitare la “dispersione” del denaro pubblico, deve ritenersi che la consumazione del reato coincida con il momento in cui l’imputato consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo. 

In tal senso, quindi, la Corte di cassazione ha superato il precedente orientamento, che assimilava, quanto al momento consumativo, il delitto di indebita percezione di erogazioni pubbliche al delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, di cui all’


art. 640-bis cod. pen.; tale ultima fattispecie si consuma nel momento e nel luogo in cui il beneficiario percepisce materialmente l’erogazione pubblica, acquisendone la disponibilità, e non nel momento in cui il soggetto passivo assume, per effetto della condotta dell’agente, l’obbligazione.

Ciò in quanto il legislatore, con la condotta incriminata dall’


art. 316-ter cod. pen., ha fatto riferimento alla nozione di conseguimento, che evoca piuttosto l’assegnazione della relativa somma; ciò risulta anche dalla collocazione sistematica della fattispecie di indebita percezione di erogazioni pubbliche nei delitti contro la pubblica amministrazione, trattandosi, quindi, di norma posta a tutela del buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’


art. 97 della Costituzione, considerato sotto il peculiare profilo della corretta amministrazione delle risorse pubbliche, italiane e dell’Unione europea, prima ancora che del patrimonio pubblico.

“Nel disegno del legislatore, dunque, pur nel rapporto di sussidiarietà espressamente delineato tra le due fattispecie, il delitto di indebita percezione di erogazioni pubbliche, non è una forma minore o attenuata di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art.


640-bis cod. pen.), ma una fattispecie autonoma introdotta al fine di garantire la corretta allocazione delle risorse economiche dello Stato e dell’Unione europea, che verrebbe, invece, frustrata ove i fondi fossero assegnati a soggetti privi dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti per beneficiarne. La fattispecie incriminatrice di cui all’


art. 316-ter cod. pen. è, infatti, posta a tutela della libera formazione della volontà della Amministrazione pubblica, con riferimento ai flussi di erogazione e distribuzione delle risorse economiche, al fine di impedirne la scorretta attribuzione e l’indebito conseguimento, sanzionando l’obbligo di verità delle informazioni e delle notizie offerte dal soggetto che richiede il contributo.”

Pertanto, dunque, l’ingiusto profitto da parte del soggetto beneficiato non costituisce elemento del fatto tipico e la mancata previsione dello stesso non può essere surrogata dall’interprete, in quanto vi osta il divieto, costituzionalmente sancito, di analogia in materia penale, avendo il legislatore polarizzato il disvalore del reato solo sull’evento di danno, che si realizza nel momento e nel luogo in cui si realizza la deminutio patrimonii per il soggetto pubblico. 

Nel caso in esame, quindi, deve ritenersi che la pronuncia abbia ritenuto corretto l’inquadramento del credito di imposta – derivante dal meccanismo del superbonus 110%, di cui al Decreto Rilancio (


d.l. n. 34/2020, convertito con modificazioni dalla 


Legge n. 77/2020) – quale oggetto del reato, in coerenza con quanto già rilevato dalle Sezioni Unite della Cassazione, secondo cui “il riferimento sia dell’art. 316-ter sia dell’


art. 640-bis cod. pen. a contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate è tanto deliberatamente generico da escludere che nella definizione delle fattispecie penali si sia inteso recepire un improbabile linguaggio tecnico.”

In coerenza con tale impostazione il momento di consumazione del reato è stato individuato nel riconoscimento del credito di imposta, non più revocabile da parte della pubblica amministrazione ed immediatamente monetizzabile.

Quanto all’oggetto del sequestro, va rilevato che la sentenza ha ricordato come il Giudice per le indagini preliminari avesse disposto il sequestro preventivo, funzionale alla confisca obbligatoria del profitto del reato di cui all’


art. 316-ter cod. pen., per l’importo di euro 2.622.508,00, in via diretta nei confronti della società beneficiaria del credito e per equivalente, in relazione a detta somma, nei confronti delle persone fisiche sottoposte ad indagini a cui era contestata l’illecita percezione di somme in relazione all’attività svolta; inoltre, in riferimento ad una delle persone fisiche indagate, era stata disposto il sequestro per equivalente anche dell’ulteriore somma di euro 371.258,86; infine, era stato disposto il sequestro preventivo, sempre ai fini della confisca obbligatoria, del profitto dei reati di autoriciclaggio nei confronti dei soggetti a tale titolo sottoposti ad indagini preliminari.

Sul punto va detto che la sentenza non ha indicato in riferimento a quali soggetti, per quali titoli di reato e per quali importi, fosse stato concretamente disposta la misura cautelare reale.

Nell’affrontare nello specifico le doglianze difensive, la sentenza impugnata, al fine di inquadrare la natura dei beni sequestrati, ha, in particolare, citato una risalente pronuncia delle Sezioni Unite del 1996, Chabni Samir, secondo cui ”Il prodotto rappresenta il risultato, cioè il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita; il profitto, a sua volta, è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato; il prezzo, infine, rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l’interessato a commettere il reato.“

Benché la distinzione dottrinale tra le predette categoria non possa rientrare nel limitato orizzonte del presente commento, va tuttavia osservato – per quanto è dato comprendere dalla esposizione estremamente sintetica e non del tutto chiara della sentenza – che la pronuncia in esame abbia ritenuto il credito di imposta riconosciuto, nel suo intero ammontare, come il prodotto del reato di cui all’art. 316-ter cod. pen.,


come tale suscettibile di sequestro, mentre il profitto del reato sarebbe stato individuato nella cessione del medesimo credito di imposta, indicato come vantaggio economico in concreto realizzato.

La pronuncia in commento, sul punto, per la verità, va meditata alla luce dei successivi approdi della giurisprudenza delle Sezioni Unite, con particolare riferimento alla sentenza Lucci

Quest’ultima, infatti, aveva affrontato – tra gli altri aspetti – anche la problematica concernente la possibilità di disporre, in base all’


art. 240, secondo comma, n. 1, cod. pen., ovvero ai sensi dell’


art. 322-ter cod. pen., la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato, nel caso in cui il prezzo o il profitto del reato sia costituito da denaro, chiedendosi, altresì se la confisca delle somme di cui il soggetto abbia la disponibilità debba essere qualificata come confisca per equivalente ovvero come confisca diretta e, ove si ritenga che si tratti di confisca diretta, se debba ricercarsi il nesso pertinenziale tra reato e denaro.

Proprio In tale contesto le Sezioni Unite Lucci hanno ricordato, non a caso citando le Sezioni Unite Chabni Samir, come la categoria del prezzo del reato, vale a dire il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato, costituisca un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l’interessato a commettere il reato. Proseguendo, il massimo consesso nomofilattico della Corte ha affermato: “La logica che coinvolge e giustifica la obbligatoria confisca del prezzo del reato in base alla generale previsione dettata dall’


art. 240, secondo comma, cod. pen., non risulta diversa da quella che ha indotto il legislatore ad introdurre previsioni speciali di confisca obbligatoria anche del profitto del reato, sul rilievo che la evocabilità del prezzo, inteso come retribuzione promessa o corrisposta per la commissione del reato, rappresentasse una evenienza riconducibile soltanto ad alcune fattispecie, ma non pertinente – secondo l’id quod plerumque accidit – rispetto ad altre, ove, appunto, viene più frequentemente in discorso il profilo del lucro desunto dal reato, inteso come vantaggio economico ottenuto in via diretta ed immediata dalla commissione del reato, e quindi legato da un rapporto di pertinenzialità diretta con l’illecito penale. Da qui, l’attrazione, accanto al prezzo, anche del profitto del reato, all’interno di un nucleo per così dire unitario di finalità rispristinatoria dello status quo ante, secondo la medesima prospettiva volta a sterilizzare, in funzione essenzialmente preventiva, tutte le utilità che il reato, a prescindere dalle relative forme e dal relativo titolo, può aver prodotto in capo al suo autore, e con specifico riferimento a figure di reato per le quali il legislatore ha ritenuto necessario optare per una simile scelta. L’


art. 322-ter cod. pen. finisce, dunque, per rappresentare un chiaro esempio che accredita una simile linea ricostruttiva, specie alla luce delle modifiche ad esso apportate ad opera dell’


art. 1, comma 75, lettera o), della 


legge 6 novembre 2012, n. 190, recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”. La novella, con l’introdurre, alla fine del primo comma dell’


art. 322-ter cod. pen. le parole “o profitto”, ha, come è noto, inciso esclusivamente sulla disciplina della confisca per equivalente, ampliandone l’ambito di operatività non soltanto al prezzo del reato, ma anche – per l’appunto – al profitto del medesimo. Nella formulazione originaria, infatti, tale disposizione prevedeva, in caso di impossibilità di procedere alla confisca dei beni costituenti il profitto o il prezzo dei reati previsti dagli articoli da 314 a 320 cod. pen., la confisca di altri beni nella disponibilità del reo per un valore corrispondente al “prezzo” del reato, da intendersi nel senso tecnico di corrispettivo dato o promesso per indurre, istigare o determinare taluno a commettere il reato: nozione, pertanto, non estensibile alle altre utilità connesse al reato. Ciò ha indotto la giurisprudenza ad escludere l’applicabilità di tale figura di confisca per equivalente a reati per i quali non risulta concettualmente riferibile la nozione di prezzo del reato, quali, ad esempio, il peculato, la malversazione a danno dello Stato e l’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. Per simili ipotesi poteva semmai configurarsi la figura del profitto di reato, rispetto alla quale, però la formulazione letterale della norma ne precludeva qualunque spazio operativo, anche in considerazione dei connotati afflittivi di quella figura di confisca e la conseguente esigenza di rispettare appieno il canone di stretta legalità (v. ad es. Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009, Caruso, Rv. 244189; Sez. 6, n. 12819 del 17/03/2010, Magliocchetti, Rv. 226691). Da qui, l’esigenza della modifica introdotta dalla 


legge n. 190 del 2012, ma da qui, anche, l’univoco segnale che la novella offre per ritenere – quanto allo specifico tema dei reati contro la pubblica amministrazione per i quali trovi applicazione la disciplina dettata dall’


art. 322-ter cod. pen. – normativamente equivalente la confisca del prezzo e la confisca del profitto tratto da quei reati, sia per ciò che attiene alla confisca diretta sia per quanto riguarda la confisca per equivalente.”

Infine, le Sezioni Unite Lucci hanno osservato che “Qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia comunque la disponibilità deve essere qualificata come confisca diretta; in tal caso, tenuto conto della particolare natura del bene, non occorre la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca e il reato”.

Nel caso in esame, quindi, appare evidente che, almeno in riferimento alla fattispecie di cui all’


art. 316-ter cod. pen., sia corretto, in riferimento alla specifica vicenda in esame, individuare il profitto del reato nella somma corrispondente al credito di imposta riconosciuto, non potendo in alcun modo individuarsi, in relazione alla medesima fattispecie di reato – salvo illogiche duplicazioni – un diverso concetto di prodotto del reato.

Sotto tale aspetto, infatti, la sentenza in esame sembra confondere il profitto del reato – ossia la somma corrispondente al credito di imposta riconosciuto – con le vicende che hanno avuto ad oggetto tale credito di imposta, tra cui, ad esempio, la sua cessione a terzi.

Altro, e diverso, risulta l’aspetto relativo ai soggetti nei confronti dei quali il sequestro del profitto va disposto, in quanto tale profilo – su cui la pronuncia non sembra essersi specificamente soffermata – avrebbe reso necessaria la concreta individuazione di coloro che concretamente avevano tratto un profitto dalla descritta attività illecita, a fronte della riconducibilità di tali vantaggi, in ogni caso, all’unicità del profitto del reato di cui all’


art. 316-ter, cod. pen., come individuato.

In realtà la sentenza in commento, seppure richiamando un principio in astratto coerente con l’insegnamento delle Sezioni Unite, quanto alla differenza tra il prodotto ed il profitto del reato, non sembra tenere conto che il concetto di prodotto, in realtà, rappresenta un genus rispetto a quello di profitto, e che, in relazione alla vicenda in concreto rappresentata – in cui si individua per l’appunto un credito di imposta, come tale monetizzabile – correttamente dovrebbe essere individuabile solo il concetto di profitto del reato.

Quella che, quindi, appare essere un duplicazione concettuale in cui è incorsa la sentenza in commento, si è riverberata sulla motivazione che, non a caso, non ha per nulla chiarito come siano stati ripartiti gli importi delle somme sottoposte a sequestro in riferimento alle categorie concettuali asseritamente diverse di prodotto e di profitto, risultando anche omessa l’individuazione, tra i vari soggetti coinvolti – persone fisiche e giuridiche – di coloro nei confronti dei quali sia stato eseguito, e a che titolo e per quali importi, il provvedimento cautelare; in altri termini, è stata lasciata del tutto impregiudicata la possibilità di verificare per quali ragioni, nel caso in esame, si sia o meno verificata, nel concreto, la duplicazione delle ragioni del sequestro.

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Cassazione penale, Sez. III, sentenza 12 settembre 2023, n. 37138

5932.- Quando la Germania finanzia le ONG pro-migranti per agire… in Italia

Andremo a votare per un’Unione europea che non sarà mai unita. Guardiamo al Mediterraneo prima che, tedeschi da una parte e turchi dall’altra, ci dettino le regole.

Da Boulevard Voltaire, dI Marie d’Armagnac, 27 settembre 2023. Traduzione libera.

Gli stracci volano, ancora una volta, tra Germania e Italia. Mentre nelle cancellerie europee si sente parlare solo di promesse di “sostegno all’Italia” e di altre assicurazioni di “solidarietà” per la gestione della crisi migratoria, in realtà sembra che, come sempre, i Paesi membri dell’Unione Europea siano divisi e stiano gestendo di conseguenza la questione in modo dispersivo.

L’Italia esige spiegazioni

Questa settimana, la Germania ha annunciato un finanziamento aggiuntivo da 400 a 800 milioni di euro per due ONG che lavorano in Italia per salvare gli immigrati clandestini in mare e sistemare i migranti in Italia. Come possiamo immaginare, le reazioni del governo italiano non si sono fatte attendere. “Ho appreso con stupore – scrive la Meloni a Olaf Scholz – che il vostro governo – in maniera non coordinata con quello italiano – avrebbe deciso di sostenere con fondi importanti organizzazioni non governative impegnate nell’accoglienza dei migranti irregolari sul territorio territorio italiano e nei salvataggi nel Mar Mediterraneo. Entrambe queste possibilità sollevano interrogativi. » Non esita, inoltre, a ricordare che “il finanziamento alle imbarcazioni delle ONG ha l’effetto diretto di aumentare il numero di partenze di imbarcazioni precarie” e “aumenta il rischio di nuove tragedie in mare”. Una triste verità: che le ONG le cui imbarcazioni stazionano al largo delle coste della Tunisia o della Libia siano un fattore di attrazione per gli immigrati clandestini presi in carico dalle mafie dei trafficanti è noto a tutti. Matteo Salvini, che da anni denuncia il ruolo finanziario della Germania, su base ideologica, nel sostenere le ONG pro-migranti, aggiunge: “È una vergogna, un oltraggio e un atto ostile che paesi stranieri finanzino associazioni private straniere per portare immigrati clandestini in Italia”. . »

Anche il moderatissimo Antonio Tajani, ex presidente del Parlamento europeo e ministro degli Esteri nel governo Meloni, ha protestato per quella che assomiglia molto a un’ingerenza straniera: “Giovedì a Berlino chiederò alla collega Baerbock [Anna Baerbock, ministro degli Affari Esteri della Germania] qual è il motivo del finanziamento delle ONG che devono portare i migranti in Italia. Forse era giusto finanziare le ONG che portano i migranti in Germania. Spero di avere spiegazioni dal governo tedesco. »

Soldi per quali ONG?

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Sea-Watch 4, è la nave dell’Ong tedesca Sos Humanity al centro delle polemiche fra Italia e Germania

Chi sono le ONG che trarranno beneficio da questo ulteriore guadagno? Si tratta della ONG tedesca SOS Humanity, che riceverà 790.000 euro per continuare le sue campagne in mare, cosa che ha molto irritato Guido Crosetto, ministro della Difesa italiano, che ricorda che questo è il ruolo assegnato alle autorità civili italiane. Dal canto suo, la Comunità di Sant’Egidio, molto vicina a Papa Francesco e che da tempo assume una sorta di attività diplomatica parallela della Santa Sede, riceverà 420mila euro destinati all’integrazione dei migranti che arrivano regolarmente in Italia. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, spiega che la Germania collabora con loro fin dalla presidenza di Helmut Khol.

Nel pieno della crisi migratoria, mentre l’Italia beneficia attualmente solo di belle parole di solidarietà, questo finanziamento, che in realtà non è uno scoop – molte ONG che pattugliano il Mediterraneo battono bandiera tedesca -, appare anche come l’espressione dell’ingerenza di un paese terzo in questioni che rientrano nella sovranità nazionale.

Sea-Watch 4, tutto sulla nave dell’Ong tedesca Sos Humanity al centro delle polemiche fra Italia e Germania

Da Startmag, di Maria Scopece, 3 Novembre 2022.

Da un articolo di circa un anno fa, fatti e numeri su Humanity 1, la nave al centro della contesa fra Italia e Germania

Sea-Watch 4, tutto sulla nave dell'Ong tedesca Sos Humanity al centro delle polemiche fra Italia e Germania

La Sea-Watch 4, già Poseidon è tedesca

Sea-Watch 4, tutto sulla nave dell’Ong tedesca Sos Humanity al centro delle polemiche fra Italia e Germania

Il governo tedesco ha chiesto all’Italia di prestare soccorso ai migranti (tra questi 104 minori non accompagnati) salvati nel mare Mediterraneo dalla nave Humanity 1. L’imbarcazione attualmente si trova nei pressi del porto di Siracusa. La sollecitazione di Berlino arriva attraverso una nota, inviata alla trasmissione Il Cavallo e la Torre su Rai3, dopo che il nostro governo, lo scorso 23 ottobre, aveva chiesto alla Germania di farsi carico dei migranti salvati sulle navi delle Ong che battevano bandiera tedesca e norvegese.

Le richieste del Governo Federale all’Italia un anno fa

“Per la Germania – si legge nella nota inviata al nostro paese – le organizzazioni civili impegnate nel salvataggio di migranti forniscono un importante contributo a salvataggio di vite umane nel Mediterraneo. Salvare persone in pericolo di vita è la cosa più importante”. Il Viminale, invece, nei giorni scorsi ha inviato note verbali alle ambasciate degli Stati di bandiera della “Humanity 1” e della “Ocean Viking” di Medici senza frontiere, Germania e Norvegia, sostenendo che “le condotte delle due navi non sono in linea con lo spirito delle norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all’immigrazione illegale”.  Ma “secondo le informazioni fornite da SOS Humanity sulla nave Humanity 1”, hanno fatto sapere da Berlino, “ci sono 104 minori non accompagnati. Molti di loro hanno bisogno di cure mediche”.

Il Governo ha finalmente legiferato sui falsi minori.

Humanity 1: la carta d’identità dell’imbarcazione che fa litigare Roma e Berlino

La nave HUMANITY 1 è una nave general cargo costruita nel 1976 che può trasportare fino a 300 persone. Il nome dell’imbarcazione, di proprietà della Ong tedesca SOS Humanity, è Sea-Watch 4. Prima del suo impiego come nave di soccorso era una nave di ricerca e si chiamava “Poseidon“. L’imbarcazione attualmente naviga sotto bandiera della Germania, del resto il suo precedente proprietario era il Land dello Schleswig-Holstein e veniva gestita dal GEOMAR Helmholtz Centre for Ocean Research Kiel., un istituto di ricerca nato nel 2004 dalla fusione dell’Istituto di scienze marine con il Centro di ricerca per le geoscienze marine. Nel gennaio 2020 la nave viene venduta all’asta alla Sea-Watche all’United4Rescue. Quest’ultima possiede altre due navi: SEA-EYE 4 e Sea-Watch 5Le associazioni riescono ad acquistare la Sea-Watch 4 al prezzo di 1,3 milioni di euro, grazie alle donazioni raccolte in poche settimane nell’ambito della campagna WirSchickenEinSchiff.

Humanity 1: Una delle navi per soccorso meglio equipaggiate del Mediterraneo

Con i suoi 60 metri di lunghezza e 11 di larghezza la Humanity 1 è una delle navi di soccorso più grandi e meglio equipaggiate del Mediterraneo. Sulla nave, che negli ultimi anni ha subito importanti lavori di ristrutturazione, è presente un’area protetta per le donne e i bambini e anche un’infermeria. La sua prima missione di salvataggio risale all’agosto 2020. La nave Sea-Watch 4 appartiene all’organizzazione di salvataggio in mare Sea-Watch e.V., che la gestisce e il 20 febbraio 2020, la nave è stata battezzata con il suo nuovo nome Sea-Watch 4 – con l’aggiunta “powered by United4Rescue”.

SOS Humanity: chi sono i proprietari della Humanity 1

La Sos Humanity (fino al novembre 2022) ha inviato 11 richieste di accesso ai porti di Italia e Malta, tutte rimaste inascoltate. “È inaccettabile e contrario al diritto internazionale lasciare i sopravvissuti bloccati in mare per oltre una settimana e prolungare le loro sofferenze» aveva detto la scorsa settimana Mirka Schaferadvocacy officer della Ong. La Sos Humanity è una Ong nata nel gennaio 2022 come costola della tedesca SOS Mediterranee. L’associazione opera nel Mediterraneo già dal 2015, quando ancora apparteneva al network in qualità di SOS Mediterranee Deutschland. Fino al 2018 hanno utilizzato la nave Aquarius per poi utilizzare la Ocean Viking, un’altra nave che è questi giorni chiede un porto all’Italia, ma batte bandiera norvegese e quindi non dipende dalla Germania.

La M/V Ocean Viking è una nave da supporto per operazioni in piattaforma (PSV) norvegese di proprietà della Hoyland Offshore[2] e noleggiata dal 2019 all’organizzazione umanitaria SOS Méditerranée.

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ChartOcean Viking (SOS

5931.- Libia: la delegazione di Misurata discute di un nuovo governo unificato con il Parlamento dell’est

La Libia è sotto il protettorato di Erdogan, che ha la base navale turca a Misurata e la base militare aerea turca a al Watiya. Dal febbraio 2022 il Paese è diviso in due amministrazioni politico-militari: da una parte il Governo di unità nazionale con sede a Tripoli del premier Dabaiba, riconosciuto dalla comunità internazionale, e dall’altra, il cosiddetto Governo di stabilità nazionale guidato da Osama Hammad

Tripoli, 27 Settembre 2023, Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Il presidente della Camera dei rappresentanti libica, Aguila Saleh, ha incontrato ieri nel suo ufficio di Qobba, una località dell’est del Paese, una delegazione composta da alcune personalità di Misurata, la terza città della Libia situata in Tripolitania. Secondo il portavoce del Parlamento libico basato in Cirenaica, Abdullah Bliheg, al centro dei colloqui “gli sforzi per formare un governo unificato su tutto il territorio libico, tenere elezioni presidenziali e parlamentari il più presto possibile e portare il Paese a una fase di stabilità”. La delegazione misuratina era guidata da Belkacem Qzeit, membro dell’Alto consiglio di Stato, il “Senato” con sede a Tripoli con funzioni prevalentemente consultive ma comunque indispensabili per le decisioni e le nomine più rilevanti.

Vale la pena ricordare che dal febbraio 2022 la Libia è divisa in due amministrazioni politico-militari: da una parte il Governo di unità nazionale con sede a Tripoli del premier Abdulhamid Dabaiba, riconosciuto dalla comunità internazionale e appoggiato soprattutto dalla Turchia; dall’altra il cosiddetto Governo di stabilità nazionale guidato da Osama Hammad, primo ministro designato dalla Camera dei rappresentanti, di fatto un esecutivo parallelo con sede a Bengasi manovrato dal generale Khalifa Haftar, comandante in capo dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Enl). Per uscire dallo stallo politico, l’inviato dell’Onu Abdoulaye Bathily aveva lanciato, il 27 febbraio scorso, un piano per redigere gli emendamenti costituzionali e le leggi elettorali necessarie per tenere elezioni “libere, inclusive e trasparenti” entro il 2023. Tuttavia, il termine ultimo proposto da Bathily per preparare la tabella di marcia è scaduto il 15 giugno e lo stesso inviato ha detto che lo “status quo” non è più tollerabile.

Martedì 25 luglio, la Camera dei rappresentanti eletta nel 2014 ha approvato a Bengasi, secondo città del Paese e capoluogo della Cirenaica, una roadmap per l’insediamento di un ipotetico nuovo mini-governo, incaricato di traghettare la Libia alle elezioni. Le capitali occidentali hanno prima accolto con estrema freddezza la decisione, salvo poi avallare l’idea di un nuovo governo tecnico dove possano coesistere est e ovest con il solo scopo di andare alle elezioni. Dopo il disastro che ha colpito Derna, le due autorità rivali hanno avviato un coordinamento – seppure al livello informale – per ricevere gli aiuti internazionali (con l’Italia in prima fila) che, sul terreno, vengono organizzati logisticamente dalle forze di Haftar. Gli analisti e gli osservatori sono divisi tra chi ritiene che le inondazioni possano accelerare il percorso verso le elezioni e chi, invece, pensa che la catastrofe di Derna manterrà la situazione di stallo per consentire a chi è al potere di gestire la ricostruzione delle aree colpite.

5930.- La Corte d’Appello del 5° Circuito ritiene che la Casa Bianca di Biden e il CDC potrebbero aver violato il Primo Emendamento: Coercizione!

La Corte d’Appello del Quinto Circuito degli Stati Uniti è una corte d’appello federale con giurisdizione d’appello. Sente gli appelli di tutto il circuito ed è una delle tredici corti d’appello federali. Il Quinto Circuito ha 17 giudici attivi e ha sede presso l’edificio della Corte d’Appello degli Stati Uniti John Minor Wisdom a New Orleans, nello Stato della Louisiana.
Nello specifico del processo “Missouri contro Biden”, siamo di fronte a un caso federale degli Stati Uniti depositato nel distretto occidentale della Louisiana, che coinvolge il Primo emendamento.

Venerdì la Corte d’Appello degli Stati Uniti per il 5° Circuito, nel processo Missouri vs Biden, in una sentenza di 74 pagine, ha stabilito che la Casa Bianca di Biden, gli alti funzionari sanitari del governo e l’FBI probabilmente hanno violato il Primo Emendamento influenzando impropriamente le decisioni delle aziende tecnologiche e spingendole a rimuovere o sopprimere post sul coronavirus, sui vaccini e sulle elezioni. Negli Stati Uniti, quindi, anche in Italia, c’è un élite di esaltati che sta rovinando la vita a miliardi, non milioni, di persone!

La giuria dei tre giudici ha ritenuto che i contatti con aziende tecnologiche, piattaforme sociali, da parte di funzionari della Casa Bianca, dell’ufficio del chirurgo generale, del CDC e dell’FBI equivalessero probabilmente a coercizione

Dal Washington Post, di Cat Zakrzewski and Joseph Menn, pubblicato l’8 Settembre 2023, aggiornato il 9 Settembre 2023. Traduzione libera di Mario Donnini.

Venerdì la Corte d’Appello degli Stati Uniti per il 5° Circuito ha stabilito che, almeno dalla transizione presidenziale del 2020, la Casa Bianca di Biden, gli alti funzionari sanitari del governo e l’FBI probabilmente hanno violato il Primo Emendamento, influenzando impropriamente le decisioni delle aziende tecnologiche di rimuovere o sopprimere post sul coronavirus e sulle elezioni.

In Italia, il governo Conte si vantava che da Palazzo Chigi, ogni mattina parte la ricetta compilata da un suo amico con ciò che si può o non si deve dire.

La decisione, presa e scritta all’unanimità da tre giudici nominati dai presidenti repubblicani, potrebbe essere vista come una vittoria per i conservatori che da tempo sostengono che gli sforzi di moderazione dei contenuti delle piattaforme di social media limitano i loro diritti di libertà di parola. Ma alcuni sostenitori hanno anche affermato che la sentenza rappresenta un miglioramento rispetto a un’ingiunzione temporanea emessa il 4 luglio dal giudice distrettuale americano Terry A. Doughty.

David Greene, un avvocato della Electronic Frontier Foundation, ha affermato che la nuova ingiunzione è “mille volte migliore” di quella che Doughty, nominato dall’ex presidente Trump, aveva ordinato originariamente.

La decisione di Doughty ha influenzato un’ampia gamma di dipartimenti e agenzie governative e ha imposto 10 divieti specifici ai funzionari governativi. La corte d’appello ne ha respinti nove e ha modificato il decimo per limitarlo agli sforzi volti a “costringere o incoraggiare in modo significativo le società di social media a rimuovere, eliminare, sopprimere o ridurre, anche attraverso l’alterazione dei loro algoritmi, i contenuti pubblicati sui social media contenenti contenuti protetti”. discorso libero.”

Il comitato del 5° Circuito ha inoltre limitato le istituzioni governative interessate dalla sua sentenza alla Casa Bianca, all’ufficio del capo esecutivo dello United States Public Health Service Commissioned (chirurgo generale), ai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie e all’FBI. Ha rimosso le restrizioni che Doughty aveva imposto ai dipartimenti di Stato, Sicurezza interna, Salute e Servizi umani e ad agenzie tra cui l’U.S. Census Bureau, il National Institute of Allergy and Infectious Diseases e la Cybersecurity and Infrastructure Security Agency. Il 5° Circuito ha riscontrato che tali agenzie non avevano costretto le società di social media a moderare i propri siti.

Leggi la sentenza del 5° Circuito

I giudici hanno scritto che la Casa Bianca probabilmente “ha costretto le piattaforme a prendere le loro decisioni di moderazione attraverso messaggi intimidatori e minacce di conseguenze negative”. Hanno anche scoperto che la Casa Bianca “ha incoraggiato in modo significativo le decisioni delle piattaforme requisendo i loro processi decisionali, entrambi in violazione del Primo Emendamento”.

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Un portavoce della Casa Bianca ha dichiarato in un comunicato che il Dipartimento di Giustizia sta “rivedendo” la decisione e valutando le sue opzioni.

“Questa Amministrazione ha promosso azioni responsabili per proteggere la salute pubblica, la sicurezza e l’incolumità di fronte a sfide come una pandemia mortale e attacchi stranieri alle nostre elezioni”, ha affermato il funzionario della Casa Bianca. “La nostra visione coerente rimane che le piattaforme di social media hanno la responsabilità fondamentale di tenere conto degli effetti che le loro piattaforme stanno avendo sul popolo americano, ma fanno scelte indipendenti riguardo alle informazioni che presentano”.

L’ingiunzione sui social media svela i piani per proteggere le elezioni del 2024

La decisione, dei giudici Edith Brown Clement, Don R. Willett e Jennifer Walker Elrod, avrà probabilmente un impatto ad ampio raggio sul modo in cui il governo federale comunica con il pubblico e le società di social media sulle principali questioni di sanità pubblica e sulle elezioni del 2024. .

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Il caso rappresenta il tentativo di maggior successo fino ad oggi in un crescente sforzo giuridico e politico conservatore per limitare il coordinamento tra il governo federale e le piattaforme tecnologiche. Questo caso e le recenti indagini nella Camera dei Rappresentanti controllata dai repubblicani hanno accusato funzionari governativi di collusione attiva con piattaforme per influenzare il discorso pubblico, in un’evoluzione di accuse di lunga data secondo cui i dipendenti liberali all’interno delle aziende tecnologiche favoriscono i democratici quando prendono decisioni su quali post siano rimossi o limitati online.

I giudici della corte d’appello hanno rilevato che le pressioni della Casa Bianca e del CDC hanno influenzato il modo in cui le piattaforme di social media hanno gestito i post sul covid-19 nel 2021, poiché l’amministrazione Biden ha cercato di incoraggiare il pubblico a vaccinarsi.

I giudici descrivono in dettaglio numerose e-mail e dichiarazioni di funzionari della Casa Bianca che, secondo loro, mostrano crescenti minacce e pressioni sulle società di social media affinché affrontino la disinformazione covid. I giudici affermano che i funzionari “non sono stati timidi nelle loro richieste”, chiedendo la rimozione dei post “al più presto” e apparendo “persistenti e arrabbiati”. I giudici hanno descritto nel dettaglio un periodo particolarmente controverso nel luglio del 2021, che ha raggiunto il culmine quando il presidente Biden ha accusato Facebook di “uccidere persone”.

“Noi Troviamo, come il tribunale distrettuale, che le comunicazioni dei funzionari – leggendole nel ‘contesto, non in isolamento’ – erano nel complesso intimidatorie”, hanno scritto i giudici.

I giudici si sono concentrati anche sulle comunicazioni dell’FBI con le piattaforme tecnologiche nel periodo precedente alle elezioni del 2020, che includevano incontri regolari con le società tecnologiche. I giudici hanno scritto che le attività dell’FBI “non si limitavano a minacce puramente straniere”, citando casi in cui le forze dell’ordine “hanno preso di mira” post provenienti dagli Stati Uniti, compresi alcuni che riportavano orari di votazione errati o procedure di voto per corrispondenza.

I giudici hanno affermato nelle loro sentenze che le piattaforme hanno cambiato le loro politiche sulla base dei briefing dell’FBI, citando aggiornamenti ai loro termini di servizio sulla gestione dei materiali compromessi, in seguito ad avvertimenti di operazioni di “hacking and dump” sponsorizzate dallo stato.

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I giudici, tuttavia, hanno ritenuto ammissibili alcune delle comunicazioni governative ingiunte dal tribunale distrettuale, comprese quelle dell’ex capo consigliere medico del presidente, Anthony S. Fauci. Hanno affermato che i dati non mostrano che Fauci abbia comunicato direttamente con le piattaforme e che i suoi sforzi per promuovere le opinioni scientifiche e politiche del governo non “sono entrati in conflitto con il Primo Emendamento”.

Hanno inoltre scoperto che il tribunale di grado inferiore ha commesso un errore nel bloccare le interazioni della CISA con le società, ritenendo che i suoi sforzi per segnalare i contenuti sulle piattaforme non equivalessero a “tentativi di forzare” le decisioni di moderazione delle società.

Chris Krebs, il capo della CISA licenziato da Trump per aver appoggiato il risultato elettorale del 2020, ha affermato di trovare la sentenza “rassicurante”.

“Per quanto riguarda la CISA, questa sentenza ha sviscerato la decisione del tribunale distrettuale”, ha detto Krebs.

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I giudici hanno inoltre affermato che non vi erano prove che le comunicazioni del Dipartimento di Stato con le piattaforme “andassero oltre l’educazione delle piattaforme su ‘strumenti e tecniche’ utilizzati da attori stranieri”.

Il Dipartimento di Giustizia non ha risposto immediatamente alle richieste di commento e non è stato immediatamente chiaro se avrebbe presentato ricorso contro la sentenza. L’ordinanza entrerà in vigore tra 10 giorni, a meno che il governo non chieda l’intervento della Corte Suprema.

Il Dipartimento di Giustizia aveva sostenuto che la sentenza di Doughty era eccessivamente ampia e avrebbe potuto “raffreddare” un’ampia gamma di comunicazioni legali tra il governo e le società di social media, soprattutto di fronte alle emergenze pubbliche.

L’FBI, Google e Meta hanno rifiutato di commentare. X e l’ufficio del Chirurgo generale non hanno risposto immediatamente alle richieste di commento.

Qualsiasi appello contro l’ordinanza porterebbe il dibattito sul discorso online davanti alla Corte Suprema, che già quest’anno dovrebbe prendere in esame le sentenze contrastanti delle corti d’appello sulle leggi statali sui social media.

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Evelyn Douek, professore assistente alla Stanford Law, ha affermato che il caso costituisce “una forte proposta affinché la Corte Suprema possa intervenire, dato che la legge non è chiara, le questioni sono così importanti e i tribunali sono giunti a conclusioni diverse”.

Douek ha affermato che il 5° Circuito “dipinge con un pennello leggermente meno ampio e più attento rispetto a quello fatto dal tribunale distrettuale”. Ma ha avvertito che la decisione “mette insieme molti tipi diversi di discorsi del governo in un modo che tiene conto di molte sfumature”.

L’amministrazione Biden sollecita la Corte Suprema a bloccare la legge del Texas sui social media

La sentenza del 5° Circuito ha annullato l’ordine di Doughty che ingiungeva specificamente le azioni dei leader del DHS, HHS e altre agenzie, affermando che molti di questi individui “stavano esercitando in modo ammissibile il discorso del governo”.

“Questa distinzione è importante perché la dottrina dell’azione statale è di vitale importanza per il funzionamento della nostra nazione: distinguendo tra stato e popolo, promuove” una solida sfera di libertà individuale “”, giudicano i giudici del 5° Circuito.

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Eppure l’ordine di venerdì si applica ancora a un’ampia gamma di persone che lavorano nel governo a ogni livello, nominando in particolare 14 funzionari della Casa Bianca, di cui cinque che non sono più in carica. L’ordine nomina specificamente il chirurgo generale Vivek H. Murthy e un altro membro del suo ufficio, tre membri dello staff del CDC e due funzionari dell’FBI, tra cui il capo della task force sull’influenza straniera e l’agente principale della sua task force investigativa informatica a San Francisco.

L’addetta stampa della Casa Bianca Karine Jean-Pierre è tra i funzionari della Casa Bianca nominati.

Daphne Keller, professoressa della Stanford Law School, ha affermato che la sentenza del 5° Circuito sembra consentire “molte comunicazioni normali purché non minaccino o prendano il controllo delle decisioni sui contenuti delle piattaforme”.

“Ma dice anche che non possono ‘incoraggiare in modo significativo’ le piattaforme a rimuovere contenuti legali, quindi la vera domanda è cosa significativa”, ha detto.

La decisione di venerdì è arrivata in risposta a una causa intentata dai procuratori generali repubblicani in Louisiana e Missouri che sostengono che i funzionari governativi hanno violato il Primo Emendamento nei loro sforzi per incoraggiare le società di social media a rispondere a post che temevano potessero contribuire alle incertezze sui vaccini durante la pandemia o alla fine della pandemia, sulle elezioni.

Il procuratore generale del Missouri Andrew Bailey ha celebrato la decisione come una vittoria in una dichiarazione.

“Il primo mattone è stato posto nel muro di separazione tra tecnologia e Stato il 4 luglio”, ha detto. “La sentenza di oggi è l’ennesimo mattone”.

Così è ancora oggi.

E’ di tutta evidenza e potrà essere verificato che le piattaforme hanno eseguito gli ordini. Hanno dato ai funzionari dello Stato l’accesso a un sistema di segnalazione accelerato, hanno declassato o rimosso i post segnalati, declassato e probabilmente inserito in un registro gli utenti. Le piattaforme hanno anche modificato le proprie politiche interne per meglio implementare la registrazione dei contenuti segnalati e dei loro autori, inviare ai funzionari rapporti costanti sulle loro attività cosiddette di moderazione. Il sistema attivato è stato utilizzato durante la pandemia del COVID-19,. le lezioni del Congresso del 2022 e continua ancora oggi. Praticamente, è stato conferito e consegnato uno strumento per il controllo e il dominio dell’umanità a una élite di esaltati, che si è posta in concorrenza con Dio.

5929.- Banjska, punto di non ritorno nella tensione fra Serbia e Kosovo?

Il Kosovo era serbo e vi coesistevano i serbi e gli albanesi, non più minoranza. Ibrahim Rugova, leader di questi ultimi, chiedeva l’autonomia e basta. Poi, l’etnia albanese è stata armata dalla NATO, quindi, è stato invaso dagli albanesi provenienti dall’Albania; ai serbi più fortunati non rimase che la fuga e, ora, non è più serbo. Tocca alla NATO chiudere i conti.

Da Formiche.net, di Francesco De Palo | 25/09/2023

Banjska, punto di non ritorno nella tensione fra Serbia e Kosovo?

Una soluzione definitiva, anche con la responsabilità assunta da un Paese forte, non sembra più procrastinabile, dal momento che già l’Ue deve affrontare il protrarsi della guerra in Ucraina, le fibrillazioni in Nagorno-Karabah e le conseguenze (anche geopolitiche) della crisi energetica. Un altro fronte irrisolto sarebbe troppo

Ieri una sparatoria tra la polizia e uomini armati di etnia serba, con 4 morti. Oggi l’intervento dei blindati per mettere in sicurezza e perquisire un villaggio nel nord del Kosovo. Banjska può rappresentare il punto del non ritorno della tensione fra Serbia e Kosovo: lo scontro tra la polizia e il gruppo che si era barricato in un monastero serbo-ortodosso arriva dopo un lungo braccio di ferro tra le due parti, invitate dall’Ue a rientrare in una fase di normalità politica e sociale. Ma le ferite della guerra nella ex Jugoslavia continuano ad essere preda di attenzioni esterne, che investono tempo e risorse anche al fine di destabilizzare l’Ue.

Gli arresti

I tre serbi erano stati arrestati in Kosovo mercoledì scorso con l’accusa di aver commesso crimini di guerra. Vucic subito aveva invitato tutti i rappresentanti internazionali a reagire, “a fare tutto ciò che è in loro potere affinché i serbi possano sopravvivere sul territorio del Kosovo e Metohija, affinché le persone che non sono colpevoli di aver fatto nulla a nessuno vengano rilasciate nelle loro case”. Tra l’altro la questione era stata sollevata anche all’Assemblea generale dell’Onu a New York, nelle stesse ore in cui la polizia kosovara teneva i tre in custodia cautelare: tra loro pare ci fosse anche un uomo anziano, malato di cancro, oltre ad un ex poliziotto e sfollato, arrestato nel comune di Zvecan.

Una soluzione definitiva, con anche la responsabilità assunta magari da un Paese forte, non sembra più procrastinabile, dal momento che già l’Ue deve affrontare il protrarsi della guerra in Ucraina, le fibrillazioni in Nagorno-Karabah e le conseguenze (anche geopolitiche) della crisi energetica. Un altro fronte irrisolto sarebbe troppo.

Lo scontro

Nonostante la comunità albanese sia di fatto maggioranza dei quasi 2 milioni di abitanti del Kosovo, la comunità serba che vive nella parte settentrionale non accetta la dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 2008 e considera Belgrado capitale. Il primo ministro del Kosovo Albin Kurti ha accusato la Serbia di finanziare e inviare uomini armati in Kosovo, mentre Aleksandar Vucic, presidente serbo, ha negato le accuse. Nel mezzo il numero uno della politica estera europea, Josep Borrell, secondo cui è di primaria importanza normalizzare i legami tra Serbia e Kosovo, accusando Kurti di non aver preso provvedimenti per dare ai serbi maggiore autonomia. Ma secondo il ministro degli Esteri del Kosovo, Donika Gervalla-Schwarz, Borrell non esprime sostegno alla polizia né definisce gli aggressori “terroristi”.

Inoltre la politica del governo del Kosovo di affermare l’autorità su tutto il Paese ha provocato la reazione dei serbi in loco che pretendono anche maggiore autonomia. In precedenza i rappresentanti serbi nel nord del Paese si erano dimessi per protestare contro il divieto delle targhe emesse dalla Serbia, ma alle elezioni locali della scorsa primavera si è verificato il boicottaggio da parte della maggioranza della popolazione serba. Con meno del 4% di affluenza sono stati eletti alcuni sindaci di etnia albanese.

Qui Roma

Della questione hanno discusso al telefono il vice presidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani, il Presidente della Repubblica di Serbia, Aleksandar Vučić, e con il Primo Ministro del Kosovo, Albin Kurti. “L’Italia segue con forte preoccupazione i recenti sviluppi nel nord del Kosovo e condanna con la massima fermezza l’attacco armato contro la Polizia kosovara perpetrato nella notte tra sabato e domenica, che è costato la vita a un agente” ha commentato Tajani, aggiungendo che “d’intesa con il Ministro della Difesa Guido Crosetto, siamo disposti a valutare proposte di rafforzamento del dispositivo della Kfor. Faremo di tutto per favorire presenza anche ai confini, per evitare nuovi scontri”.

Il vice premier ha ribadito che “l’Italia resta impegnata in prima linea per la stabilità dei Balcani e per la normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo”. L’obiettivo è dare piena e immediata attuazione a quanto richiesto il 19 settembre dagli Stati membri Ue con dichiarazione rilasciata dall’Alto Rappresentante Borrell. “Il controllo delle frontiere tra Kosovo e Serbia è un impegno dell’Italia. L’Italia vuole la pace”, ha ribadito Tajani.

5928.- RUSSIA-UCRAINA. Seymour Hersh: “L’esercito di Zelenskyj non può più vincere”

La campagna elettorale di Joe Biden poggia anche sulle balle dei successi ucraini sul campo.

Di Seymour Hersh, di redazione Affari esteri, 25 Settembre 2023

RUSSIA-UCRAINA. Seymour Hersh: “L’esercito di Zelenskyj non può più vincere”

Martedì prossimo sarà l’anniversario della distruzione di tre dei quattro gasdotti Nord Stream 1 e 2 da parte dell’amministrazione Biden. Avrei altro da dire al riguardo, ma dovrò aspettare. Perché? Perché la guerra tra Russia e Ucraina, con la Casa Bianca che continua a respingere qualsiasi discorso di cessate il fuoco, è a un punto di svolta.

Ci sono valutazioni di rilievo nella comunità dell’intelligence americana, fondate su rapporti sul campo, che  indicano che il demoralizzato esercito ucraino abbia rinunciato alla possibilità di superare le linee di difesa russe a tre livelli, pesantemente minate, e di portare la guerra in Crimea e nelle quattro oblast sequestrate e annesse alla Russia.

La realtà è che il malconcio esercito di Volodymyr Zelenskyj non ha più alcuna possibilità di vittoria.

La guerra continua, mi è stato detto da un funzionario statunitense con accesso all’intelligence, perché Zelenskyj insiste che sia così. Nel suo quartier generale e alla Casa Bianca di Biden non si discute di un cessate il fuoco e non c’è interesse per colloqui che possano portare alla fine del massacro. “Sono tutte bugie”, ha detto il funzionario, parlando delle affermazioni ucraine di progressi incrementali nell’offensiva che ha causato perdite sconcertanti guadagnando terreno in alcune aree che l’esercito ucraino misura in metri a settimana.

“Ci sono state alcune penetrazioni iniziali ucraine nei giorni di avvio dell’offensiva di giugno”, ha detto il funzionario, “vicino” alla prima delle tre formidabili barriere di difesa di cemento della Russia. “I russi si sono ritirati per risucchiarli. Poi (i soldati ucraini) sono stati tutti uccisi”. Dopo settimane di perdite elevate e scarsi progressi, insieme a terribili perdite di carri armati e veicoli blindati, i principali elementi dell’esercito ucraino, senza dichiararlo hanno di fatto annullato l’offensiva. I due villaggi che l’esercito ucraino ha recentemente affermato di aver catturato “sono così piccoli che non potrebbero stare tra due segnali Burma-Shave”.

Il messaggio di Zelenskyj di questa settimana all’Assemblea generale annuale delle Nazioni Unite a New York non ha offerto molte novità e, secondo quanto riportato dal Washington Post, ha ricevuto uno scontato “caloroso benvenuto” da parte dei presenti. Ma, osserva il Post, “ha pronunciato il suo discorso davanti a una sala piena a metà, con molte delegazioni che hanno rifiutato di presentarsi per ascoltare ciò che aveva da dire”. I leader di alcune nazioni in via di sviluppo, aggiunge il rapporto, erano “frustrati” dal fatto che i numerosi miliardi spesi senza responsabilità dall’Amministrazione Biden per finanziare la guerra in Ucraina hanno diminuito il sostegno alle loro lotte contro la povertà e il riscaldamento gobale e per garantire una vita più sicura ai propri cittadini.

In precedenza il presidente Biden rivolgendosi all’Assemblea Generale, non ha affrontato la pericolosa posizione dell’Ucraina nella guerra con la Russia ma ha rinnovato il suo schietto sostegno all’Ucraina. Biden con l’aiuto del segretario di stato Blinken e del consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan – ma con un appoggio in diminuzione altrove in America – ha trasformato il suo incessante sostegno finanziario e morale alla guerra in Ucraina in una questione di vita o di morte per la sua rielezione.

Il funzionario dell’intelligence americana con il quale ho parlato, ha trascorso i primi anni della sua carriera lavorando contro la minaccia sovietica e facendo spionaggio, rispetta l’intelligenza di Putin ma disprezza la sua decisione di entrare in guerra con l’Ucraina e di dare inizio alla morte e alla distruzione che causa ogni conflitto. Mi ha detto, “La guerra è finita. La Russia ha vinto. Non c’è più alcuna offensiva ucraina, ma la Casa Bianca e i media americani devono continuare a mentire. La verità è che se all’esercito ucraino venisse ordinato di continuare l’offensiva, si ammutinerebbe. I soldati non sono più disposti a morire, ma questo non si adatta alle cazzate scritte dalla Casa Bianca di Biden”.

*E’ un famoso giornalista investigativo americano, autore di 11 libri. Ha ottenuto il riconoscimento nel 1969 per aver denunciato il massacro di civili inermi a My Lai e il suo insabbiamento da parte degli Stati uniti durante la guerra del Vietnam. Per quella rivelazione ha ricevuto nel 1970 il Premio Pulitzer. Nel 2004, ha dettagliato torture e abusi compiuti dai militari Usa sui prigionieri ad Abu Ghraib in Iraq. Nel 2013 Hersh rivelò che le forze ribelli siriane, piuttosto che il governo, avevano attaccato i civili con gas sarin a Ghouta. Nel 2015 ha dato un resoconto alternativo del raid statunitense in Pakistan che uccise Osama bin Laden.