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6127.- Il Niger “caccia” la UE, disfatta europea nel Sahel

Con l’Ue, strada in salita per il Nuovo Piano Mattei e si fa avanti la Russia. Per nostra scelta o no, da 108 anni, stiamo sempre con l’alleato o contro il nemico sbagliato; ma, da soli, dove andiamo? L’aver rotto i rapporti degli Stati europei con la Federazione Russa avrà soddisfatto gli interessi americani, ma non i nostri. Abbiamo visto sventolare le bandiere russe nel Niger. La politica della solidarietà attiva nel Magreb, nel Sahel e in Libia può confrontarsi con le ambizioni di Mosca e di Ankara? Certamente, direi.

Mali, Burkina Faso e Niger hanno dato vita all’”Alleanza degli Stati del Sahel”, la NATO africana. Fino a che le basi USA e italiana in Niger resteranno, sarà importante chiarire i nostri obiettivi nel Sahel. Vedremmo bene un summit a Roma con il leader della giunta nigerina, il generale Abdourahamane Tian, con il leader del Burkina Faso, Capitano Ibrahim Traoré, con il presidente del Mali, colonnello Assimi Goita e sarebbe utile la presenza dei leader della Mauritania, generale Mohamed Ould Ghazouani e del Ciad, presidente Mahamat Idriss Déby Itno. Dopodiché la parola dovrebbe passare agli imprenditori e agli istituti finanziari.

Di seguito, da La Nuova Bussola Quotidiana, l’articolo di Gianandrea Gaiani di oggi 11 dicembre 2023

Dopo aver cacciato le truppe francesi, la giunta militare di Niamey chiude le due missioni militari europee e segue l’esempio di Burkina Faso e Mali. E il posto dell’Europa viene preso dalla Russia.

Sostenitori della giunta golpista in Niger issano una bandiera russa dopo il golpe

Il Sahel continua a staccarsi progressivamente dall’Europa. Dopo aver cacciato le truppe francesi, il 5 dicembre la giunta militare – al potere in Niger dallo scorso luglio – ha annunciato la fine delle due missioni dell’Unione Europea per la sicurezza e la difesa. Il ministero degli Esteri nigerino ha infatti denunciato l’accordo siglato da Niamey con l’Ue riguardante la missione EUCAP Sahel Niger, attiva dal 2012 e ha ritirato «il consenso concesso per il dispiegamento di una missione di partenariato militare dell’Ue in Niger (EUMPM)», varata nel febbraio scorso dal governo guidato dal presidente Mohamed Bazoum deposto dai militari.
Entrambe le missioni avevano il compito di sostenere le forze militari e di sicurezza nigerine nella lotta contro l’insurrezione jihadista.

Il Niger, come anche Burkina Faso e Mali, continua così il processo di emancipazione dall’Occidente anche in termini di difesa e sicurezza avviato con la cacciata dell’ambasciatore e delle forze militari francesi che dovrebbe completarsi nelle prime settimane del 2024 ma, ad aggiungere al danno la beffa, l’annuncio della cacciata delle missioni europee è stato reso noto lo stesso giorno in cui a Niamey è giunta in visita una delegazione russa, guidata dal vice ministro della Difesa, Yunus-Bek Yevkurov.

Uno “schiaffo” all’Europa anche perché si tratta della prima visita ufficiale di un esponente del governo russo in Niger dal golpe del 26 luglio scorso e Mosca non ha neppure un’ambasciata a Niamey. Il vice ministro della Difesa russo è stato ricevuto dal leader della giunta, il generale Abdourahamane Tian e al termine dell’incontro le due parti hanno firmato dei documenti «nell’ambito del rafforzamento» della cooperazione militare, stando a quanto riferito dalle autorità nigerine.

A completare la debacle francese ed europea nel Sahel, il 2 dicembre Niger e Burkina Faso hanno proclamato il ritiro anche dalla forza congiunta G5 Sahel, creata nel 2014 per migliorare il coordinamento tra le diverse nazioni della regione nella lotta contro il terrorismo e finanziata dall’Ue, da cui si era già ritirato il Mali.
Gli altri due membri del G5 Sahel, Mauritania e Ciad, hanno preso atto della situazione decretando lo scioglimento dell’organizzazione G5 Sahel che avrebbe dovuto rafforzare il ruolo europeo nella regione destabilizzata nel 2011 dalla disastrosa guerra dell’Occidente contro la Libia di Muammar Gheddafi.

L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell,ha espresso rammarico per la decisione presa dalla giunta militare del Niger, sebbene l’Unione europea aveva immediatamente sospeso ogni cooperazione in materia di sicurezza e difesa col Niger in seguito al colpo di Stato di luglio. Una decisione che ha posto le basi per la cacciata dalla nazione africana, con i francesi, anche della Ue che non è riuscita negli ultimi quattro mesi ad aprire negoziati concreti con la giunta nigerina per impedire l’uscita di Niamey dagli accordi di cooperazione, compromettendo così il ruolo dell’Europa in questa regione strategica per i nostri interessi. L’intransigenza di Bruxelles nei confronti della giunta militare aveva già visto in novembre il Niger revocare gli inasprimenti di pena approvati nel 2015 per punire il traffico di esseri umani i cui flussi sono diretti in Libia e poi in Italia.

Il disastroso insuccesso europeo coincide con l’ennesimo successo russo in Africa. L’accordo di cooperazione militare firmato in Niger è quindi anche una diretta conseguenza delle iniziative europee e va inserito negli accordi di cooperazione militare ed economica che Mosca ha già stretto con le giunte di Mali e Burkina Faso (nazioni alleate del Niger nell’Alleanza degli Stati del Sahel). Le truppe e soprattutto i contractors russi (della PMC Wagner o di altre compagnie militari private) stanno fornendo un solido contributo alle forze del Mali nella riconquista dei territori caduti in mano ai ribelli Tuareg e alle milizie jihadiste.

Yevkurov è giunto a Niamey nell’ambito della ennesima missione in Africa, inclusa la Cirenaica libica (dove il 2 dicembre ha messo a punto il rinnovo degli accordi di cooperazione militare con il feldmaresciallo Khalifa Haftar), cosa che  evidenzia la meticolosa attenzione con cui Mosca rimarca il suo crescente impegno in Africa, politico, militare ed economico.
Si è trattato del terzo incontro in pochi mesi tra il vice ministro russo e Haftar. A fine settembre Haftar era poi stato a Mosca, dove era stato ricevuto dal presidente russo Vladimir Putin e dal ministro della Difesa, Sergei Shoigu. Stando a quento riferito dal comando delle forze di Haftar, sabato scorso i colloqui sono stati incentrati sulle «modalità di cooperazione congiunta tra Libia e Russia».

Dopo Bengasi, la delegazione russa è volata a Bamako, dove è stata ricevuta dal presidente del governo di transizione maliano, il colonnello Assimi Goita, per colloqui «sulle opportunità per rafforzare la cooperazione». Al termine dell’incontro, il ministro dell’Economia e delle Finanze del Mali, Alousseni Sanou, ha precisato che le discussioni hanno riguardato non solo il settore della sicurezza, ma anche quelli dell’energia e delle infrastrutture.
In un video diffuso dalla presidenza, Sanou ha riferito di colloqui sulla costruzione di una rete ferroviaria e per la creazione di una compagnia aerea regionale oltre a uno stabilimento per la lavorazione dell’oro estratto dalle miniere maliane e un memorandum per realizzare una centrale nucleare
Dopo il Mali, il vice ministro russo si è recato in Burkina Faso, paese con cui sono in valutazione investimenti non solo di tipo militare ma anche economico che comprendono anche a Ouagadougou il progetto di realizzare una centrale nucleare.

La disfatta franco-europea nel Sahel appare quindi senza precedenti anche se restano incognite circa il futuro della presenza militare di USA (1.100 militari in  due basi a Niamey e Agadez) e Italia (250 militari a Niamey) che la giunta non ha finora annunciato di voler espellere.

Tenendo conto delle difficoltà con cui l’Italia è riuscita e schierare una missione di consulenza e addestramento militare in Niger vincendo la resistenza francese e alla luce degli interessi di Roma a cooperare con una nazione di rilevante peso nei flussi migratori illegali, Roma avrebbe tutto l’interesse a dare concretezza proprio in Niger alle tante parole spese sul “Piano Mattei” negoziando con la giunta di Niamey un accordo che permetta la continuazione della missione MISIN.
Gli interessi nazionali impongono oggi all’Italia di affermare un proprio ruolo in Africa e nel Mediterraneo smarcandosi da partner ingombranti ormai detestati in Africa e da un’Unione Europea le cui politiche si sono rivelate anche in Africa velleitarie, fallimentari e inaffidabili.

5945.- Migranti, schiaffo della Tunisia all’Ue: “Non vogliamo carità ma cooperazione”

Diciamocelo chiaro e tondo: I lacci imposti da Biden alla politica del Governo italiano e l’ipocrisia della von der Layen hanno reso difficile la solidarietà attiva verso gli stati africani. Mentre l’Italia ha soltanto obblighi, vengono favorite la Cina, la Russia e l’intraprendente politica della Turchia. D’altro canto, è evidente che l’Unione europea non mira alla cooperazione con l’Africa, ma a deprimere le economie dei suoi popoli. Le pecore andranno a votare comunque.

Da Il Giornale. Storia di Orlando Sacchelli 

Migranti, schiaffo della Tunisia all’Ue: “Non vogliamo carità ma cooperazione”© Fornito da Il Giornale

Il presidente della Repubblica tunisina, Kais Saied, fa sapere che il suo Paese ha rifiutato la prima tranche di un pacchetto finanziario dell’Unione Europea destinato a sostenere il bilancio dello Stato nordafricano. Lo ha fatto in modo brusco, per rimarcare la tensione, spiegando che quei soldi non tengono conto del memorandum d’intesa firmato tra la Tunisia e l’Ue, nonchè i risultati della conferenza di Roma sulle migrazioni.

Ha usato parole dure Saied. “La Tunisia, che accetta la cooperazione, non accetta la carità né l’elemosina. Il nostro Paese e la nostra gente non vogliono pietà, ma esigono rispetto”. Non è tanto l’importo che viene contestato, spiega il presidente, “perché tutta la ricchezza del mondo non vale un grammo della nostra sovranità, ma perché la proposta contraddice il memorandum d’intesa firmato a Tunisi nello spirito che ha prevalso alla conferenza di Roma dello scorso luglio”. Questione di metodo, dunque, e di accordi presi, nero su bianco. Ma anche di soldi, ovviamente. E la Tunisia sa bene quanto sia delicato il tema migranti in Europa in questi mesi.

Saied fa esplicito riferimento alla Conferenza di Roma del luglio 2022, avviata da Tunisia e Italia. E tiene a far sapere che il suo Paese sta facendo ogni sforzo per smantellare le reti criminalicoinvolte nel traffico di esseri umani, che non sono mai state la causa della miseria di cui soffre la maggior parte dei paesi africani. “La Tunisia, come molti altri paesi, ha sofferto a causa dell’attuale sistema globale e non vuole esserne nuovamente vittima, così come non lo vogliono i paesi da cui provengono queste ondate migratorie. Sono vittime di un sistema globale in cui mancano giustizia e rispetto per la dignità umana”.

Di quanti soldi si tratta

Secondo quanto deciso dalla Commissione europea l’aiuto elargito dovrebbe essere utilizzato in parte per riparare le imbarcazioni utilizzate dalla guardia costiera tunisina e per cooperare con le organizzazioni internazionali sia per la “protezione dei migranti”, in parte per il rimpatrio delle persone dalla Tunisia ai loro Paesi d’origine. Il memorandum d’intesa Tunisia-Ue prevede altresì un aiuto diretto al bilancio di 150 milioni di euro nel 2023, in un momento di grave difficoltà economica per il Paese. È bene ricordare che la Tunisia, insieme alla Libia, è il principale punto di partenza per i migranti che attraversano il Mediterraneo centrale per raggiungere l’Europa, passando dalle coste italiane.

5919.- Coinvolgere gli istituti di credito dei paesi africani sarà l’unico nuovo canale di investimento bipartisan.

Solidarietà attiva e non soltanto aiuti allo sviluppo. Come ha affermato il presidente della Repubblica del Congo Fèlix Tshisekedi a Kinshasa, il 7 marzo scorso, rivolgendosi a Macron, l’Europa deve cambiare il suo atteggiamento verso l’Africa: “Cominciate a guardarci diversamente, senza paternalismo” , rispettandoci l’un l’altro”, ha detto. “In questo contesto, i Paesi in via di sviluppo hanno bisogno di generare maggiori risorse per far uscire le persone dalla povertà e per passare a un’economia pulita ed equa.

Se guardiamo alla Tunisia e alla sua querelle con il Fondo Monetario Internazionale, che tiene banco da mesi, le iniezioni di denaro, come i 400 milioni e altri 100, dell’Arabia Saudita, concessi per consentire al paese di ripagare un bond in euro di mezzo miliardo in scadenza questo ottobre, non sono di per sé sufficienti a far riguadagnare la fiducia verso il sistema economico tunisino. Come dimostra ampiamente il caso argentino, se butti i soldi in un pozzo senza fondo, il default sarà stato solo rinviato. I bond della Tunisia restano molto rischiosi per questo motivo, specie sul tratto a medio-lungo termine e questo rischio attrae gli speculatori. Ecco che la soluzione può essere ricercata dall’Europa con una solidarietà attiva.

La presidente della Commissione europea:

“Nel 2022, l’Europa ha elargito per una cifra 93 miliardi di euro, con un aumento del 30 per cento rispetto all’anno precedente.” Oggi rappresentiamo oltre il 40 per cento dell’assistenza globale. Sappiamo quali sono i nostri obblighi, ma i finanziamenti pubblici da soli non bastano. Dobbiamo esplorare tutte le strade per attirare nuovi finanziamenti verso i Paesi in via di sviluppo, in primo luogo con la riforma della Nuova banca di sviluppo”, ha concluso von der Leyen.

Bond Tunisia promettenti senza default

Ue, von der Leyen: Servono nuovi canali per investimenti nei Paesi in via di sviluppo

“Dobbiamo esplorare tutte le strade per attirare nuovi finanziamenti verso questi Paesi, in primo luogo con la riforma della Nuova banca di sviluppo”.

Bruxelles, 18 Settembre 2023, Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Von der leyen

Paesi in via di sviluppo hanno bisogno di maggiori risorse e servono nuovi canali per attrarre investimenti. Lo ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel corso del suo intervento al vertice sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) alla sede delle Nazioni Unite di New York. “La mia generazione è cresciuta con l’idea che figli e nipoti avrebbero vissuto meglio di noi. Ma una serie di crisi a cascata ha fatto regredire i progressi verso i nostri obiettivi di sviluppo sostenibile. Prima la pandemia, poi la guerra di aggressione della Russia con il suo impatto devastante sulla sicurezza alimentare ed energetica globale. Il tutto con gli effetti a catena di un pianeta in ebollizione”, ha detto von der Leyen.

“In questo contesto, i Paesi in via di sviluppo hanno bisogno di maggiori risorse per far uscire le persone dalla povertà e per passare a un’economia pulita ed equa. Ecco perché accolgo con favore il piano sugli obiettivi di sviluppo sostenibile del segretario generale Antonio Guterres”, ha aggiunto la presidente della Commissione europea. “Nel 2022, l’Europa ha elargito aiuti allo sviluppo per una cifra 93 miliardi di euro, con un aumento del 30 per cento rispetto all’anno precedente. E oggi rappresentiamo oltre il 40 per cento dell’assistenza globale. Sappiamo quali sono i nostri obblighi, ma i finanziamenti pubblici da soli non bastano. Dobbiamo esplorare tutte le strade per attirare nuovi finanziamenti verso i Paesi in via di sviluppo, in primo luogo con la riforma della Nuova banca di sviluppo”, ha concluso von der Leyen.

5904.- La Francia in allerta su Lampedusa, come uno struzzo.

Come uno struzzo perché, una volta sbarcati in Italia, prima o poi saranno anche in Francia. Il governo tunisino deve onorare igli impegni presi con l’Italia, ma sembra comodare a tutti, in Francia, in Germania, in Italia, ignorare che i migranti sono lasciati partire da Sfax perché il ministero degli Interni della Tunisia non ha i soldi per pagare le sue Forze dell’Ordine. Per fare solidarietà attiva, bisogna mettere mano ai portafogli. Poi, soltanto l’attuazione del Nuovo Piano Mattei potrà far sì che l’invasione retroagisca.

L’Europa deve trasformarsi velocemente in uno stato sovrano, con un suo presidente eletto dai popoli, una sua sovranità, quindi, una sua politica estera e una sua difesa. Altro che eleggere e beneficare altri 705 eurodeputati! Non è in Ucraina che l’Europa difenderà le sue frontiere. Bisogna ridurre il divario economico fra le rive del Mediterraneo, dobbiamo dimenticare il paternalismo colonialista e creare sinergia fra i suoi popoli.

Migranti: il ministro dell’Interno francese ha convocato una riunione su Lampedusa

Darmanin ha convocato la riunione per fare il punto della situazione, cartografare gli impatti sulla Francia e valutare i dispositivi di controllo alla frontiera

15 Settembre 2023, da Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Il ministro dell’Interno francese Gerald Darmanin ha convocato una riunione incentrata sulla situazione degli sbarchi di migranti a Lampedusa. Lo riferisce in anteprima l’emittente televisiva “Tf1”. All’incontro saranno presenti rappresentanti delle forze dell’ordine e la Direzione generale degli stranieri in Francia. Darmanin ha convocato la riunione per fare il punto della situazione, cartografare gli impatti sulla Francia e valutare i dispositivi di controllo alla frontiera.

Lampedusa : l’Italia alla prova del fuoco

Parigi, da Boulevard Voltaire, di Marie d’Armagnac, 14 septembre 2023. Traduzione automatica

Tra i 6.000 e i 7.000 immigrati clandestini sono sbarcati in meno di 48 ore, a Lampedusa, su questa piccola isola del Sud Italia che conta appena 6.000 abitanti. Questo confine marittimo italiano è anche la porta d’ingresso verso il Sud Europa e lo sanno bene i trafficanti e gli altri trafficanti che li spediscono dalla Libia, e soprattutto da Sfax, in Tunisia. Sfax dove, sotto gli occhi di tutti, vengono frettolosamente costruite queste barcone di ferro sulle quali verranno trasbordati i clandestini, una volta raggiunte le acque territoriali italiane.

Le immagini colpiscono: l’arrivo di oltre 110 barconi di migranti, il 12 e 13 settembre, verso il porto di Lampedusa, in coda alla banchina, il caos che ne è seguito, le forze di polizia sopraffatte, gli immigrati clandestini – a vedere le immagini, un stragrande maggioranza di giovani – lottare per una bottiglia d’acqua o un pasto (stiamo tranquilli la buona coscienza della sinistra, nessuno è stato privato di acqua e cibo), il clandestino appena sbarcato che mette le mani sul le natiche di un volontario venuto per aiutare a gestire il caos, il flusso continuo di clandestini in fuga dagli hotspot della piccola isola…

Come una rappresentazione delle scene più terribili del Campo dei Santi, questo romanzo tristemente premonitore di Jean Raspail e, soprattutto, un presagio della crisi migratoria in atto e che sembra assumere le stesse dimensioni di quella 2015, con le conseguenze che conosciamo.

Non sono mancate le reazioni dei tenori della maggioranza di governo italiana a queste terribili immagini che, in poche ore, hanno fatto il giro del mondo. Matteo Salvini tuona: “È un esodo di migranti pianificato dalla criminalità organizzata. È un atto di guerra […] quello che sta accadendo a Lampedusa è morte in Europa. Il neonato morto [un bambino di 5 mesi morto per annegamento, ndr] rappresenta la morte politica, culturale, sociale ed etica. […] L’Italia è sola. Francia e Germania? Non so dove sia finita la solidarietà. Se dobbiamo farlo da soli, non possiamo escludere alcuna modalità di intervento. »

Ciò significa che un intervento di tipo militare a difesa dei confini è possibile, data la totale assenza di solidarietà europea? E questa la solidarietà dei Paesi membri dell’Ue, che l’Onu, ma anche Roberta Metsola, presidente maltese del Parlamento europeo (Malta ha sempre rifiutato la minima nave di migranti sulle sue coste, rimandandola sistematicamente in Italia), o anche Antonio Tajani, italiano Ministro degli Affari Esteri, chiedono a gran voce che ciò si traduca in una redistribuzione forzata degli immigrati clandestini in tutta Europa, cosa che Polonia e Ungheria rifiutano, nonostante tutte le minacce di sanzioni finanziarie che fanno.

Chiacchere! Manca il coraggio di dire quanti milioni, quante centinaia di milioni di africani vogliono le comodità delle città europee e l’assistenza per tutta la vita.

Sembra che Giorgia Meloni abbia un’idea leggermente diversa. Intervenendo ieri su questo argomento su Rai 1, ha spiegato: “Avevo avvertito i miei partner europei che […] non avremmo potuto più continuare ad assumerci la responsabilità [della nostra Dublino] se l’Europa non ci avesse dato una mano per difendere la situazione esterna confini e, quindi, di fermare i movimenti primari [partenze dall’Africa, soprattutto Tunisia e Libia, ndr]. […] Per me il problema non è come liberarci del problema da un capo all’altro dell’Europa, l’unico modo per risolvere il problema per tutti è fermarli e fermare gli spostamenti primari [partenze dal continente di origine , ndr] e, quindi, arrivi in ​​Italia, […] e non vedo ancora una risposta concreta da parte dell’UE”…

E questo, nonostante gli accordi siglati su iniziativa del governo italiano tra l’UE e la Tunisia affinché quest’ultima possa organizzare la sorveglianza delle sue coste e impedire alle navi di salpare verso l’Italia. Curiosamente sembra che i soldi promessi ad una Tunisia incruenta e sull’orlo del collasso tarderanno ad arrivare….

Su questo tema Giorgia Meloni gioca evidentemente parte della sua credibilità in Italia: non aveva parlato diffusamente del blocco navale per fermare l’immigrazione clandestina? Per il momento, gli edifici della Marina Militare Italiana vengono utilizzati per alleviare la congestione a Lampedusa e trasportare i nuovi arrivati ​​in altre regioni italiane.

La storia scorre veloce.

Ieri, giovedì Giorgia Meloni, invitata da Viktor Orbán, è intervenuta al Summit sulla Demografia di Budapest: “Dobbiamo difendere la nostra identità, religiosa e familiare. Dobbiamo difendere i nostri diritti. Senza la nostra identità, senza famiglia, siamo numeri. Dobbiamo difendere Dio e le componenti della nostra civiltà. Vogliono convincerci che non apparteniamo al nostro tempo, ma si sbagliano di grosso. »

Intrappolato tra un’Unione Europea deliberatamente passiva e un’immigrazione africana di proporzioni sproporzionate, data la sua galoppante demografia, il governo italiano dovrà, prima o poi, ricorrere all’uso della forza. Altrimenti queste belle parole non saranno altro che parole vuote. A meno che non ci sia un ipotetico risveglio europeo…

Migranti, Von der Leyen tace sugli egoismi di Francia e Germania. FdI: “La Ue batta un colpo”

Da Il Secolo d’Italia, 13 Set 2023 12:28 – di Stefania Campitelli

Immigrazione, ambiente, Green Deal, femminicidi. Nel discorso sullostato dell’Unione del 2023 la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha delineato le priorità e le iniziative strategia per il prossimo anno. Si tratta dell’ultimo discorso di questo mandato legislativo prima delle elezioni europee del 2024. Mentre Lampedusa è di nuovo al collasso von der Leyen assicura sicurezza e umanità sul fronte dell’immigrazione. Ma non dice una parola sui ricatti di Berlino e Parigi,  che di fatto rinnegano gli accordi Ue.

Migranti, silenzio sui ricatti di Germania e Francia

Di fronte al nuovo record di sbarchi nell’isola siciliana con la Germania che chiude gli ingressi ai migranti italiani e la Francia che aumenta i presidi al confine con Ventimiglia la presidente Ue preferisce glissare e auto-incensarsi per l’ottimo lavoro svolto. “Un accordo sul patto non è mai stato così vicino. Dimostriamo che l’Europa può gestire la migrazione in modo efficace e compassionevole”. Così nel suo intervento, lanciando l’organizzazione di una Conferenza internazionale sulla lotta al traffico di esseri umani. Nessun accenno all’egoismo dei due Stati membri che ostacola l’avanzamento delle trattative a cui lavora da mesi il premier Meloni.

Ancora chiacchere! Migranti, domenica a Roma la prima conferenza internazionale del governo con von der Leyen, ma si comincia parlare di soldi: “L’Europa è con voi, tenete botta”. Von der Leyen alla Meloni: “Pronti 6 mld dal Next Generation Eu”

Von der Leyen: sui migranti l’accordo è vicino

Inevitabile la premesse sul prossimo voto per rinnovare il Parlamento di Strasburgo. “Insieme al Parlamento, agli Stati membri e alla mia squadra di commissari abbiamo realizzato oltre il 90% delle linee guidapolitiche che ho presentato nel 2019. Manteniamo gli impegni oggi e prepariamoci per domani”.

Green Deal, “manteniamo la rotto intrapresa”

“Sul Green Deal europeo manteniamo la rotta. Rimaniamo ambiziosi”, ha aggiunto la presidente della Commissione Ue. “Manteniamo la nostra strategia di crescita. E ci impegneremo sempre per una transizione giusta ed equa. Quando parlo con la nuova generazione di giovani, vedo la stessa visione di un futuro migliore. Lo stesso ardente desiderio di costruire qualcosa di migliore”. Poi ha assicurato che entrando nella fase successiva del Green Deal europeo, si continuerà a sostenere l’industria europea.

Cina, al via l’indagine anti-sovvenzioni

Riflettori puntati anche sulla Cina. Von der Leyen ha annunciato l’avvio di un’indagine anti-sovvenzioni nel settore elettrico dei veicoli provenienti dalla Cina. I mercati globali – ha detto – sono inondati di auto elettriche cinesi più economiche, a prezzi mantenuti artificialmente bassi da ingenti sussidi statali. Questo distorce il nostro mercato. E poiché non lo accettiamo dall’interno, non lo accettiamo dall’esterno”.

Il lapsus: “Honourable Member States…”

Infine un passaggio sulla violenza contro le donne. “Mi piacerebbe che fissassimo nella legge il principio che ‘no vuol dire no’. Non ci può essere vera eguaglianza senza libertà dalla violenza”. Infine una nota di colore. Il numero uno di Bruxelles è incappata in un lapsus. “Honourable Member States…”, cioè “cari Stati membri…”, ha detto a un certo punto, invece di ‘Honourable Members…”, “onorevoli deputati”. A rumoreggiare e alle risatine dell’Aula, la presidente ha ripreso subito il discorso. Sottolineando che Stati membri ed eurodeputati servono tutti lo stesso interesse, quello dell’Europa.

FdI: un manifesto elettorale, l’Europa batta un colpo

Sospeso il giudizio di Fratelli d’Italia-Ecr. “La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, nel discorso sullo stato dell’Unione, ha esposto una sorta di manifesto elettorale”, ha detto il capodelegazione Carlo Fidanza. “In parte condivisibile, in parte no, in parte in estremo ritardo”. Per il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti, “quella dei flussi migratori è una situazione molto grave. Che deve avere una risposta in ambito europeo perché l’atteggiamento di Francia e Germania complica le cose. O l’Europa batte un colpo o diversamente lo dovrà battere autonomamente l’Italia. Anche oltre quello che l’Europa sta facendo o non facendo”.

5863.-Migranti, l’UE rassicura: “Stiamo lavorando con la Tunisia, ma ci vuole tempo per i risultati”

Piano Mattei, Minniti: “È la strada giusta. La sfida è fondamentale per i destini dello stesso Occidente”. L’Europa non ha polso e Meloni può diventare la nuova Merkel”.

Da Il Secolo d’Italia, 31 Ago 2023 13:28 – di Redazione

migranti

Migranti, problema che finalmente sembra non sfuggere all’Europa, che sa perfettamente come il problema debba assumere una dimensione continentale per non lasciare sola l’Italia ad affrontare le emergenze sbarchi. “L’attuazione del protocollo d’intesa con la Tunisia è in appena iniziato. È stato firmato il 16 luglio. Abbiamo lavorato su alcuni di questi pilastri durante l’estate. Ma è altrettanto chiaro che è troppo presto per presumere che questo protocollo d’intesa possa già produrre risultati oggi e penso che la tragica situazione relativa alla migrazione durante l’estate ne sia un ottimo esempio”. Lo ha detto il direttore generale della DG Vicinato della Commissione europea, Geert Jan Koopman, intervenendo alla commissione Affari Esteri del Parlamento europeo. “Se avessimo concluso prima questo protocollo d’intesa avremmo potuto mobilitare lo strumento per affrontare meglio la questione – ha proseguito il funzionario della Commissione -. ma chiaramente ciò non era fattibile”.

“Forniti aiuti alla Tunisia”

“Ciò che abbiamo fatto- ha detto Koopman- è stato fornire un sostegno attraverso gli strumenti finanziari esistenti, in particolare il sostegno umanitario ai migranti bloccati nel deserto attraverso l’Unhcr e altre organizzazioni come la Mezzaluna Rossa. Abbiamo anche avviato discussioni con le autorità tunisine su questa situazione, che è chiaramente preoccupante. Sembra che oggi la situazione sia tenuta sotto maggiore controllo grazie alla fornitura di un rifugio adeguato ai migranti bloccati e al sostegno offerto loro, in parte finanziato dal bilancio dell’Ue”.

“Abbiamo concordato con le autorità della Tunisia-ha aggiunto il funzionario Ue-di sviluppare un piano di attuazione del memorandum, e quindi avremo cinque tabelle che coprono i diversi pilastri in cui  tutto questo verrà discusso in dettaglio, con l’obiettivo di garantire che ciò venga portato avanti il ​​prima possibile, data la situazione preoccupante relativa alla migrazione ma anche in considerazione delle opportunità esistenti in altri settori. Stiamo lavorando molto duramente per accelerare questo processo perché anche le autorità sono impegnate nell’attuazione del protocollo d’intesa”, ha aggiunto Koopman.

Tajani: “FMI sia più flessibile”

“E’ importante avere più flessibilità da parte dell’Fmi per aiutare la Tunisia e la sua stabilità. Stiamo spingendo per le riforme, ma è importante la stabilità perché molte persone che vengono dall’Algeria e dalla Libia passano attraverso la Tunisia per arrivare in Italia. La situazione in Italia è molto complicata. L’immigrazione per noi è uno dei punti più importanti. Ci sono problemi non solo nel Mediterraneo, ma anche nei Balcani Occidentali. Serve una soluzione europea”. Lo ha detto Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, al suo arrivo al Consiglio Ue Affari esteri informali a Toledo.

“Penso sia importante lavorare con la Tunisia e per l’Italia il Memorandum d’intesa è stata una buona scelta fatta dall’Ue. L’incontro fra Saied, von der Leyen, Rutte e Meloni è stato molto positivo. Dobbiamo lavorare per la stabilità del Paese e investire più denaro per implementare l’accordo e fermare l’immigrazione illegale”, ha detto Tajani. “Ovviamente, supportiamo anche l’accordo fra Tunisia e Libia per aiutare i migranti che stanno attraversando il deserto . Dobbiamo proteggere la vita di queste persone, ma allo stesso tempo essere molto forti contro il crimine”, ha aggiunto il titolare della Farnesina.

5858.- Invasione, Meloni ha scoperto di essere stata fregata dall’Ue.

Diciamo “Da quella poco di buono dell’Ue.”

Era prevedibile. Ora, tocca al Parlamento: Avanti da soli con il passaporto di lavoro italo-tunisino.

Ira del premier: “L’Europa ha tradito gli impegni con la Tunisia”

Agosto 29, 2023 Rassegne Italia

Da Il Giornale – Giorgia Meloni è infuriata. Gli aiuti promessi a Tunisi da Italia ed Europa non sono mai stati stanziati e Bruxelles non ha fin qui mosso un dito. Tuttavia la direzione è quella giusta e nonostante gli sbarchi siano come ammette la premier «in forte aumento» (113mila a ieri) bisogna continuare sulla strada degli «accordi con i Paesi del Nord Africa, di partenza e transito dei flussi».

Ma bisogna anche – aggiunge – «stringere le maglie, dare segnali chiari ai trafficanti» e garantire «un coordinamento maggiore tra noi nell’attività di contrasto ai flussi illegali di migranti». L’ultima frase è un segnale a molti ministri accusati – riferiscono voci di Palazzo Chigi – di non coordinare il proprio operato contribuendo così all’involuzione del già delicato settore immigrazione.

Anche per questo la Meloni dopo Consiglio dei Ministri ha convocato Cisr, il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica formato dai principali ministri e dai responsabili dell’intelligence. Al centro dell’incontro la delicata questione Tunisia dove nulla procede come previsto. Numeri e fatti lo dicono chiaramente. Ieri l’intelligence segnalava il recupero di una cinquantina di motori sequestrati dalla Guardia Nazionale Marittima di Tunisi ai trafficanti di uomini.

Intanto però il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi se la vedeva con gli arrivi di ben 63 barchini partiti dal Nord Africa e con la cifra record di oltre 3mila sbarchi in 24 ore. Una situazione da incubo che oltre alle proteste strumentali dei sindaci Pd, improvvisamente sensibili all’impatto dei migranti sul territorio, deve tener conto del disagio di alcuni primi cittadini non proprio di sinistra. Primo fra tutti Matteo Dipiazza, il sindaco di Trieste che – complice il moltiplicarsi degli arrivi dalla rotta balcanica – si è ritrovato con 500 disperati accampati nelle strade e ha dovuto implorare l’intervento del Viminale per vederne trasferiti 200.

La situazione più ingestibile resta, però, quella tunisina. Per capire perchè nonostante l’impegno della Meloni, di Piantedosi e del ministro degli esteri Antonio Tajani – tutti reduci da Tunisi – la situazione resti ingestibile basta seguire i soldi. I 105 milioni di euro promessi dalla Ue e sottoscritti dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen – sbarcata a Tunisi il 16 giugno con Giorgia Meloni e il premier olandese Mark Rutte – non sono mai arrivati a destinazione. Ma tra i fondi mai stanziati ci sono anche i 100 milioni destinati garantiti dal nostro Ministero degli Esteri.

Le conseguenze a catena di questi ritardi sono devastanti. «Le casse del presidente Kais Saied sono vuote e quindi in mancanza dei fondi promessi Tunisi ritarda i pagamenti degli stipendi alle Forze di sicurezza. Tutto ciò – spiegano a Il Giornale le fonti di Palazzo Chigi – provoca forti pressioni interne che hanno come naturale conseguenza la riduzione degli impegni assunti per bloccare le partenze».

Questo complica ovviamente anche l’operato della nostra intelligence che rischia di perdere credibilità nei confronti degli interlocutori tunisini. Ancor più gravi sono le conseguenze dell’inazione europea. Gli impegni assunti da von der Leyen erano garantiti dalla presenza di Giorgia Meloni. Il loro mancato rispetto rischia di rendere poco credibile il nostro paese e ridimensionare la disponibilità alla collaborazione di una personaggio problematico e suscettibile come Kais Saied. Anche perchè il mancato rispetto degli impegni europei rischia di rendere sempre più improbabile il via libera al prestito da un miliardo e 900 milioni di dollari del Fondo Monetario Internazionale.

Un prestito da cui dipende il salvataggio economico del paese. «É inutile – aggiunge la fonte de Il Giornale – pretendere da Kais Saied riforme e azioni concrete se non gli si danno i soldi per realizzarle». Considerazioni amare, ma reali che contribuiscono ad alimentare l’ira di una Meloni consapevole di come tutto ciò allontani l’unico sviluppo capace di bloccare le partenze. In assenza di fondi e garanzie sarà inutile, infatti, confidare in una richiesta sottoscritta dallo stesso Kais Saied che permetta ad Italia ed Europa di operare direttamente sulle coste tunisine bloccando alla fonte il traffico di uomini.

5794.- Cosa cambia per l’Italia e l’Europa dopo il memorandum con la Tunisia

Tunisia
  • Da Start Magazine, di Marco Orioles, 18 Luglio 2023

L’Italia, dalle parole ai fatti

Il memorandum con la Tunisia ha un approccio globale, che non si limita ai migranti ma include anche l’energia e gli scambi universitari. Conversazione di Marco Orioles con Michela Mercuri, docente di Cultura, Storia e Società dei Paesi musulmani all’Università di Padova.

Dopo un lungo braccio di ferro col presidente Kais Saied, l’Europa – auspice la premier Meloni e il suo collega olandese Mark Rutte – ha siglato con la Tunisia un Memorandum che getta le basi per una nuova stagione di cooperazione tra le sponde Nord e Sud del Mediterraneo anche, o forse soprattutto, sul delicato fronte del contrasto all’immigrazione irregolare. Come si è arrivati alla firma e cosa prevedono gli accordi sono gli argomenti affrontato da Start Magazine in questa conversazione con Michela Mercuri, analista e docente di Cultura, Storia e Società dei Paesi musulmani all’Università di Padova.

Quanto è stato faticoso per Meloni e l’Unione convincere Saied ad accettare che nel Memorandum firmato domenica fosse incluso un capitolo sul contrasto alle migrazioni?

Il Memorandum è stato il frutto di un braccio di ferro tra il premier Meloni, la Commissione europea e Saied. Saied ha alzato la posta soprattutto dall’11 giugno, quando c’era stata la precedente visita del trio Meloni, von der Leyen, Rutte, il cosiddetto team europeo. Ha stretto ulteriormente la presa sugli emigranti subsahariani proprio per ottenere sempre di più, e sembra proprio esserci riuscito, visto che l’Ue ha garantito importanti interventi in campo economico, di investimenti e a livello infrastrutturale.

Cosa succederebbe se Saied non intervenisse sui flussi migratori o magari sobillasse ulteriormente la popolazione contro i migranti subsahariani?

Io credo che adesso Saied farà il possibile per tenere fede agli accordi che sono stati frutto, ripeto, di una contrattazione da cui Saied ha ottenuto abbastanza, almeno per ora. Tutto è però condizionato dall’arrivo del ben più cospicuo finanziamento dell’Fmi per il cui arrivo si è spesa anche l’Europa. Quindi io credo che per ora Saied, pur di ottenere questi fondi, farà per così dire il bravo.

Intanto però la pressione migratoria che origina dalla Tunisia è in continuo aumento.

Il problema è che negli ultimi mesi sono nate nel Paese numerose organizzazioni criminali che lucrano sul traffico dei migranti e che spesso sfuggono anche al controllo di Saied. È più o meno quanto è accaduto in Libia: il modello libico è la rappresentazione plastica di quello che potrebbe succedere e sta in parte succedendo in Tunisia, e cioè che Saied non riesca più a controllare quelle organizzazioni che potrebbero operare al di fuori del suo controllo e ovviamente di quello dell’Ue.

Nel frattempo si argina la situazione con la firma di un Memorandum che allarga il campo della cooperazione tra Europa e Tunisia. In cosa consiste?

Per l’approccio con cui è stato costruito, questo Memorandum mi ricorda molto il partenariato euro-mediterraneo risalente al lontano 1995. È un approccio globale, che non riguarda solo i migranti, per cui l’Europa ha stanziato comunque oltre 100 milioni di euro finalizzati a coordinare le operazioni di ricerca e soccorso (cosiddette Sar) Il Memorandum tocca infatti altri aspetti, tra cui l’assistenza microfinanziaria alle imprese tunisine con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro destinati a salire più avanti a 900. C’è poi lo sforzo per convincere l’Fmi a erogare i quasi 2 miliardi di dollari richiesti di cui il Paese ha un estremo bisogno. Sono poi previsti altri tipi di investimenti.

Quali?

Quelli ad esempio sulle energie rinnovabili: sono stati stanziati 300 milioni in progetti per l’energia verde. Sono stati poi stanziati 65 milioni per incrementare i contatti tra il popolo tunisino e quelli europei, investendo ad esempio in interscambi universitari col progetto Erasmus. Quindi è un approccio davvero globale, anche se bisognerà capire quanto di ciò che è stato messo sulla carta sarà realizzabile, per creare un’effettiva collaborazione con quello che continua ad essere un Paese instabile, a rischio default e nel quale operano numerose organizzazioni criminali.

Quali sono le potenzialità inesplorate della cooperazione tra sponda Nord e Sud del Mediterraneo?

Non dobbiamo dimenticare che sotto la Tunisia c’è molto di più: c’è l’Africa, ossia un continente in grande difficoltà che sta vivendo una crisi dovuta a fattori come la siccità e la penuria di grano. Ma è un continente che ha tantissime risorse. Il problema è che, proprio per questo, l’Africa è sempre stata depredata. Come Giorgia Meloni ha detto in una recente conferenza, l’Africa non è affatto povera, ma è depredata. Se noi riuscissimo ad attuare un approccio non predatorio verso quei Paesi da cui partono i migranti che raggiungono l’Italia, sicuramente si potrebbe favorire una cooperazione in forme che gioverebbero ad entrambe le sponde del Mediterraneo.

5766.- Tunisia: la crisi economica e il ritorno dell’autoritarismo

L’Italia e la Tunisia sono insieme nel Mediterraneo. Quando nel 1881 i francesi la occuparono, il 70% degli abitanti erano siciliani.

Da Affari Internazionali, 6 Luglio 2023

I leader del Consiglio europeo hanno approvato le conclusioni sulle “Relazioni esterne e il Mediterraneo orientale”, in cui l’accordo in corso di negoziazione con la Tunisia è stato considerato un modello da seguire in futuro con altri partner della regione. Risulta tuttavia evidente che lo sforzo dei 27 governi si materializza ancora una volta un massiccio finanziamento volti alla “dimensione esterna’” della migrazione. Nel quadro complessivo dell’intesa ci saranno 105 milioni di euro per il controllo dei confini, operazioni di ricerca e salvataggio in mare ed il rimpatrio di persone migranti nel Paese, tuttavia nessun meccanismo di protezione dei diritti umani sarà implementato dalle istituzioni europee. 

Nel gennaio 2011, la popolazione tunisina si è ribellata contro un regime dittatoriale, avviando un processo di transizione democratica e adottando una nuova Costituzione. La fragilità delle nuove istituzioni democratiche, la pandemia e una protratta crisi economica hanno creato un contesto favorevole all’accentramento del presidente Kaïs Saïed, che ha invocato l’articolo 80 della Costituzione per assumere poteri emergenziali. Saïed ha dunque proseguito l’accentramento dei poteri sciogliendo il Consiglio Superiore della Magistratura, l’Assemblea parlamentare, adottando una nuova costituzione e perseguitando l’opposizione

La crisi del debito di Tunisi

Nonostante le promesse di una società aperta, democratica e competitiva, dal 2015 si iniziò ad acuire la crisi economica dovuta alla combinazione del crollo dello Stato dirigista autoritario di Ben Ali, la conseguente crescita dell’inflazione – oggi al 10% – e l’implementazione di politiche economiche di austerità richieste dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) in cambio di due grandi prestiti. Gli investimenti e i prestiti da cui dipende l’economia del Paese sono in gran parte finanziati dal FMI, e finora non hanno contribuito a rilanciare l’economia, confluendo per converso in programmi assistenziali del settore produttivo, agricolo e inducendo un impennata del debito pubblico. Il Paese è inoltre vincolato a rimborsi di prestiti esteri in scadenza entro la fine dell’anno e senza lo sblocco dell’accordo con il FMI – che prevede 2 miliardi di aiuti in cambio di ampie condizionalità fiscali – per la Tunisia sarebbe estremamente difficile accedere al mercato internazionale del debito, dato che le agenzie di rating hanno dichiarato la possibilità di default. 

Il ruolo dell’Italia nei negoziati

La regressione democratica e la crisi del debito in Tunisia, si trasforma per i Paesi del vicinato meridionale in un onere diretto delle dinamiche migratorie e rischi legati alle interconnessioni commerciali e, collocata in un contesto più ampio, l’instabilità della regione crea condizioni di insicurezza umanitaria alle porte dell’Europa. La Tunisia è infatti un Paese di transito cruciale per la rotta migratoria del Mediterraneo Centrale proveniente dall’Africa Sub-Sahariana, a cui si unisce il flusso dei cittadini tunisini che sfuggono la recente crisi economica. Il Paese è divenuto nel 2022 la principale rotta di transito verso l’Italia. I dati delle Nazioni Unite, aggiornati all’aprile 2023, indicano che dall’inizio dell’anno il 57% dei migranti e dei rifugiati imbarcati per l’Italia via Mediterraneo – circa 24 mila – sono partiti dalla Tunisia. L’aumento del numero di persone che attraversano il mare viene condizionato dal clima mite dall’inizio dell’anno e dalla necessità di intraprendere il viaggio dalla Tunisia piuttosto che dalla Libia, maggiormente equipaggiata dall’Italia di fondi e attrezzature per i respingimenti. 

Ne segue una scelta imperativa e reiterata del governo italiano, sostenuto da Parigi e Bruxelles, di focalizzare la strategia su una linea di credito per prevenire il collasso economico e sociale del Paese, perpetuando inoltre politiche di esternalizzazione delle frontiere tramite finanziamenti e accordi di rapido rimpatrioSu questa scia, l’ultimo “Memorandum d’intesa” in materia di cooperazione allo sviluppo, firmato nel 2021 sotto l’ex ministra Lamorgese, prevedeva un sostegno finanziario di 200 milioni di euro al governo Tunisino entro il 2023. 

Ad oggi, l’Italia patteggia con insistenza per erogare le risorse, in particolare i fondi del FMI,  permettendo a Tunisi ‘adottare con flessibilità’ le condizionalità richieste. Gli sforzi congiunti dei leader d’Italia, Paesi Bassi e Commissione europea, a Tunisi per i colloqui su un accordo migratorio con la delegazione tunisina, si concludono con un comunicato di cooperazione in materia energetica – il progetto per l’inter-connettore elettrico tra Italia e Tunisia, la cui posa verrà curata dall’italiana Terna – e una promessa finanziaria di 150 milioni erogabili immediatamente, dal totale di un miliardo accordato, dall’Unione.

Repressione politica e strategie demagogiche

Il recente accordo annunciato dal Consiglio con la Tunisia rappresenta l’ultima iniziativa, sulla scia di finanziamenti di esternalizzazione, volta a gestire i flussi migratori provenienti da paesi stranieri. Questo accordo, che sarà presto firmato, fa parte di un’ampia intesa che prevede un finanziamento di 105 milioni di euro per il controllo dei confini, le operazioni di ricerca e salvataggio in mare e il rimpatrio delle persone migranti nel Paese. 

Il governo italiano è dunque impegnato in una corsa politica volta a implementare la sicurezza delle frontiere, posizione condivisa da altri paesi europei. Tra questi, la Francia adotta una linea simile e, mentre il presidente Macron annuncia 25 milioni aggiuntivi per una ‘difesa comune delle frontiere’ durante il vertice con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Parigi. L’intento dei governi occidentali è dunque vincolare gli aiuti in cambio di un maggiore sforzo di Tunisi nel bloccare le partenze, reiterando politiche adottate già in Libia e senza considerazione alcuna per diritti umani, né sanzioni per la repressione interna delle libertà politiche.

L’interlocutore tunisino ha dato priorità al discorso sulla sovranità del Paese, sostenendo che il terzo pacchetto di salvataggio del FMI, con le sue misure di austerità, non fornirà garanzie a lungo termine per l’economia tunisina, aggravando disordini sociali. Saïed, il cui sostegno è cruciale per qualsiasi accordo dell’Unione europea volto a contenere l’immigrazione, ha inoltre più volte ribadito che la Tunisia non sarà la guardia di frontiera dell’Europa, chiedendo alla delegazione Europea un intervento umanitario e collettivo. Queste parole contrastano nettamente con la posizione di Saïed in un recente discorso demagogico, in cui ha fomentato gli abusi razzisti contro i migranti neri africani in Tunisia evocando la teoria della “grande sostituzione”,  un complotto per modificare la composizione demografica della Tunisia tramite influssi di etnie non arabe.

L’intento dei governi europei è dunque vincolare gli aiuti in cambio di un maggiore sforzo di Tunisi nel bloccare le partenze, reiterando politiche adottate già in Libia e senza considerazione alcuna per diritti umani, né sanzioni per la repressione interna delle libertà politiche. Non compiere gli errori del passato risulterà tuttavia difficile per l’Ue, vista la complessità del monitoraggio dei finanziamenti, sia per le diverse linee di bilancio a cui sono assegnati, sia per la mancanza di un monitoraggio efficace sulle modalità di utilizzo.

Cercando di favorire l’appoggio occidentale, vacillante a causa dell’accentramento del potere e del profilo sempre più illiberale del politico, Saïed ha mantenuto a lungo un’ambiguità ideologica. Negli ultimi mesi il presidente sembra però abbracciare una posizione politica che diversi analisti hanno definito come un’ideologia “anticoloniale’’, aprendo la possibilità di un re-orientamento geopolitico e verso un accordo di finanziamento del debito dai BRICS.

Foto di copertina EPA/MOHAMED MESSARA

5694.- Tunisia, Italia le porte dell’Eurafrica

Messaggi sottovoce sulla dichiarazione congiunta tra l’Ue e la Tunisia da Cartagine: 1.- Ben fatto presidente Meloni. Con l’iniziativa, l’efficienza e l’impegno sta tenendo forte la barra del timone e stia in guardia, non la lasci. 2.- Il Potere Marittimo dice che il Canale di Sicilia deve essere posto sotto controllo totale. Non possiamo rischiare di avere russi, cinesi o turchi su una delle due sponde. Questo, l’US Navy lo sa bene e il ministro Tajani farà bene a ricordarlo. 3.- Anche alla luce di questo, il FMI proponga investimenti bipartisan a Italia e Tunisia e non prestiti alla Tunisia. La crescita non si finanzia con i prestiti. Il presidente Kais Saied lo sa e abbiamo un ottimo esempio nel campo energetico con il progetto Terna per l’interconnettore elettrico.

Prossimo passo la conferenza internazionale sulla migrazione e lo sviluppo.

Italia e Ue rimettono il sostegno dell’FMI sui giusti binari

«Riteniamo che vi sia un enorme potenziale per generare benefici tangibili per l’Ue e la Tunisia. Il partenariato globale coprirebbe le seguenti aree: rafforzamento dei legami economici e commerciali; un partenariato energetico sostenibile e competitivo; migrazione. L’Ue e la Tunisia condividono priorità strategiche e in tutti questi settori trarremo vantaggio da una collaborazione più stretta».

È quanto prevede la dichiarazione congiunta tra l’Ue e la Tunisia firmata a Cartagine dove si è svolto l’incontro tra la premier Giorgia Meloni, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il premier olandese Mark Rutte e il presidente tunisino Kais Saied.

Migranti, gettate le basi per una collaborazione futura

Sul fronte dei migranti, se il presidente tunisino ha puntualizzato di non poter svolgere il ruolo di “sceriffo” per conto della Ue, la Meloni ha detto che Roma e l’Italia saranno pronte a organizzare la conferenza internazionale sulla migrazione e lo sviluppo. “Questo è anche propedeutico per fare passi avanti nell’importante accordo tra la Tunisia e il fondo monetario internazionale”, ha aggiunto il premier italiano. “Siamo impegnati, come dimostra questa immagine” con la presidente von der Layen e con il premier olandese Rutte “a dare una risposta ai nostri vicini tunisini” ha concluso.

” Sosterremo la Tunisia, per rafforzarne l’economia. La Commissione Europea sta valutando un’assistenza macrofinanziaria, non appena sarà trovato l’accordo necessario. Siamo pronti a mobilitare fino a 900 milioni di euro per questo scopo. E, come passo immediato, potremmo fornire altri 150 milioni di euro di sostegno al bilancio”, ha detto ancora von der Leyen. “Il secondo pilastro sono gli investimenti e il commercio. L’Ue è il principale investitore straniero e partner commerciale della Tunisia. E noi proponiamo di andare oltre: vorremmo modernizzare il nostro attuale accordo commerciale. C’è molto potenziale per creare posti di lavoro e stimolare la crescita qui in Tunisia. Un focus importante per i nostri investimenti è il settore digitale. Abbiamo già una buona base. Il nostro progetto di punta, il cavo sottomarino Medusa, collegherà le due sponde del Mediterraneo. Il cavo Medusa sta portando la banda larga ad alta velocità nella regione, un vero e proprio ponte digitale, che entro il 2025 collegherà 11 Paesi del Mediterraneo. Insieme alla Banca Europea per gli Investimenti, stiamo investendo 150 milioni di euro in questo progetto”.

5690.- Sulla Tunisia si misura l’Unione europea. Lavoriamo per un Piano Mattei allargato.

Dalle parole ai fatti! Con William Burns ad Atene e Giorgia Meloni a Tunisi, nel Mediterraneo gli Stati Uniti e l’Italia marciano su un solo binario.

Meloni ha fatto da apripista: domenica tornerà in Tunisia con Ursula von der Leyen e Rutte

Da Il Secolo d’Italia dell’8 Giu 2023 13:25 – di Adriana De Conto. Adriana ci consenta di chiamare presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Meloni Ursula von der Leyen Tunisia

Il presidente del Consiglio Meloni ha fatto da apripista, la Tunisia è uno snodo cruciale dell’emergenzia migratoria. Così Ursula von der Leyen domenica mattina sarà in missione a Tunisi con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il primo ministro olandese Mark Rutte.  A Tunisi è previsto un incontro con il presidente Kais Saied sui temi della migrazione e della cooperazione economica e energetica. Lo ha annunciato la Commissione europea. Per il presidente del Consiglio italiana si tratta della seconda visita nel paese nordafricano in pochi giorni. Dopo quella dello scorso 6 giugno a Tunisi con oggetto lo sblocco dei fondi del Fmi in cambio di riforme e diritti.  Insomma, qualcosa si muove in Tunisia, grazie al pressing del governo italiano. Grasse risate, se pensiamo che solo poche ore fa sinistra e giornaloni d’appoggio strillavano il solito ritornello: la Meloni non porta a casa nulla

Missione a tre in Tunisia: Ursula von der Leyen, Meloni e Rutte

Invece porta a casa un risultato essenziale: l’avere messo la questione tunisina al centro dei riflettori europei.  A dare notizia della missione a tre in Tunisia è stato il portavoce capo della Commissione europea Eric Mamer, durante il briefing con la stampa a Bruxelles. Von der Leyen, Meloni e Rutte incontreranno il presidente tunisino Kais Saied. Le discussioni riguarderanno le “relazioni bilaterali” tra Ue e la Tunisia, in particolare “un accordo di cooperazione in materia di economia, energia e migrazioni”. Un tema sul quale il premier Meloni ha da tempo acceso i riflettori. Meloni aveva dato al presidente Saied la sua disponibilità a tornare presto in Tunisia, “anche insieme alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen”, aveva detto. Alle parole seguono atti concreti.

Tunisia cruciale per l’Italia

“Per l’Italia è cruciale mantenere alta l’attenzione sulla situazione tunisina– rileva il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi- intervenendo a Lussemburgo nel Consiglio Affari Interni- . Come testimonia la missione del presidente Giorgia Meloni e la nostra richiesta di avere un punto specifico anche in occasione del prossimo Consiglio Europeo”.  Il ministro ha ricordato che la Tunisia è sempre più anche un Paese di transito dell’immigrazione irregolare, non solo di partenza.