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5761.- Yevgeny Prigozhin, chi è il capo del gruppo mercenario Wagner e quale futuro

Lukashenko: Putin non farà uccidere Prigozhin. In autunno, siederemo al tavolo dei negoziati.

Ne’ le autorità della Bielorussia, ne’ “tanto meno” il presidente Vladimir Putin avevano bisogno di uccidere il fondatore della Wagner Evgheni Prigozhin. Lo ha affermato il leader bielorusso Aleksander Lukashenko in un incontro con i giornalisti stranieri. “Se pensate che Putin sia cosi’ vendicativo che Prigozhin domani verrà ucciso… No, non lo fara’”, ha detto Lukashenko, riferendo che il leader della Wagner sarebbe ora in Russia. “Ci sono molti segnali che in autunno la situazione cambierà e inizieremo a parlare al tavolo dei negoziati. Forse non a settembre, più tardi, ma in autunno”, ha detto Lukashenko secondo la Tass. 

ST PETERSBURG, RUSSIA - AUGUST 9, 2016: Concord Catering general director Yevgeny Prigozhin at a meeting of Russian and Turkish government officials and business leaders. Mikhail Metzel/TASS

Prigozhin, gli affari milionari del capo della Wagner fra ristoranti e fake news

Pubblicato il 26 giugno 2023

L’uomo che oggi guida la brigata di mercenari che ha fatto tremare il Cremlino negli anni ha costruito una fortuna grazie al suo rapporto con il presidente russo, tanto da essere soprannominato “lo chef di Putin” per la sua redditizia attività di locali e catering. A lui viene attribuita anche la creazione di una “fabbrica di troll” dedita alla disinformazione sul web e considerata responsabile di interferenze nelle elezioni americane e di altri Paesi alleati.

ST PETERSBURG, RUSSIA - AUGUST 9, 2016: Concord Catering general director Yevgeny Prigozhin at a meeting of Russian and Turkish government officials and business leaders. Mikhail Metzel/TASS

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Un oligarca in senso lato, con affari milionari che negli anni hanno toccato la ristorazione, le fake news e alla fine la guerra, quella degli eserciti privati che paga bene. Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo di mercenari Wagner trasformatosi nell’uomo che marciava verso Mosca, negli anni ha costruito una fortuna grazie al suo rapporto con il presidente russo, tanto da essere ancora soprannominato “lo chef di Putin” anche se lui, dietro ai fornelli, non c’è mai stato.

Il capo del gruppo mercenario russo Wagner, Yevgeny Prigozhin in fotogramma di un video trasmesso nel gruppo Telegram WAGNER Z GROUP/Z PMC WAGNER'Z + ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA + NPK

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Lukashenko: “Prigozhin è a San Pietroburgo”.

L’ascesa di Prigozhin inizia dopo essere uscito dal carcere, dove l’allora 20enne – secondo il sito investigativo Meduza – era finito nel 1981 per furto e altri crimini. Dopo nove anni di prigione torna libero e decide insieme al padre di aprire un chiosco di hot dog.

Businessman Yevgeny Prigozhin shows Russian Prime Minister Vladimir Putin his school lunch factory outside Saint Petersburg on September 20, 2010. - Kremlin-linked businessman Yevgeny Prigozhin has filed a lawsuit in an EU court to remove him from the bloc's sanctions list, his company said on December 15, 2020. The European Union in October sanctioned Prigozhin -- nicknamed "Putin's chef" because his company Concord has catered for the Kremlin -- accusing him of undermining peace in Libya by supporting the Wagner Group private military company. (Photo by Alexey DRUZHININ / SPUTNIK / AFP) (Photo by ALEXEY DRUZHININ/SPUTNIK/AFP via Getty Images)

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Da quel chiosco la sua fortuna si è moltiplicata in una serie di locali a San Pietroburgo. Apre un primo ristorante, “La vecchia dogana”, poi un secondo, questa volta di lusso su un battello sulla Neva, il “New Island”. È lì che Putin porta i suoi ospiti più illustri e potenti, da Jaques Chirac a George W. Bush. Ma Prigozhin non si ferma apre una serie di società di catering al servizio dei militari e delle mense del potere: l’organizzazione di banchetti, ricevimenti e festini al Cremlino e la refezione di scuole, ospedali e caserme diventa una sua esclusiva.

MOSCOW, RUSSIA - AUGUST 23, 2022: Yevgeny Prigozhin, general director at Concord Catering, attends a mourning ceremony for Russian journalist Darya Dugina (Platonova), a daughter of political philosopher Alexander Dugin, at the Ostankino Television Technical Center. On August 20, Dugina was killed in a car blast on Mozhaiskoye Highway near the village of Bolshiye Vyazyomy. According to the Russian Investigative Committee, an explosive device that had allegedly been planted in the journalist's Toyota Land Cruiser went off at around 21pm Moscow time on 20 August 2022. The woman behind the wheel died instantly. Vyacheslav Prokofyev/TASS/Sipa USA

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Prigozhin però non limita le sue attività alla ristorazione e capisce le potenzialità di guadagno della disinformazione sul web e della guerra ibrida. Sua è la creazione di una “fabbrica di troll” dediti alle fake news che, secondo gli Stati Uniti e l’Occidente, avrebbe interferito pesantemente nelle elezioni americane e in altri Paesi alleati.

Un’idea che nel 2022 è stata confermata dallo stesso Prigozhin il quale, in un commento pubblicato sul social network VKontakte (l’equivalente russo di Facebook) dall’Ufficio stampa della sua società di catering, ha affermato: “Abbiamo interferito, stiamo interferendo e continueremo a interferire. Con attenzione, accuratezza, precisione chirurgica, come sappiamo fare”.

Ma la creatura più famosa di Prigozhin resta la brigata Wagner, nata nel 2014. Non inquadrata istituzionalmente nell’esercito russo ma destinataria di abbondanti finanziamenti dal Cremlino, il suo rapporto con Mosca è sempre rimasto segnato da una certa ambiguità e dall’assenza di qualsiasi cornice legislativa, ma è indubbio che in molte aree di guerra abbia agito per conto della Russia.

Prigozhin, iniziato il ritiro del gruppo Wagner da Bakhmut (FRAME)

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L’idea iniziale era costituire una milizia sul modello del gruppo di contractor americano Blackwater che operò in Iraq, spesso e volentieri ben al di là delle leggi di guerra. Dalla sua nascita, la Wagner si è resa protagonista in Siria, Libia, e nell’Africa sub-sahariana, creando alleanze con signori della guerra, golpisti e capi di governo. E arrivando a essere, dal 24 febbraio del 2022, uno dei bracci armati del Cremlino nell’invasione dell’Ucraina.

A tub full of gold nuggets is shown at the Ariab company gold mine in the Sudanese desert, 800 kms northeast of the capital Khartoum, on October 3, 2011. Sudan's Mining Minister Abdelbaqi al-Jaylani said Sudan will earn $4 billion from mine exports this year, helping to prop up its ailing economy after it lost most of its oil resources to the south. Ariab is Sudan's largest gold producer, owning the 25,000-square-kilometre Hassai concession that has been producing for 20 years but where production levels have fallen from five tonnes per year in 2003 to just 2.3 tonnes this year. AFP PHOTO/ASHRAF SHAZLY (Photo credit should read ASHRAF SHAZLY/AFP via Getty Images)

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In molti sostengono che sia stato Prigozhin a far capire a Putin quali fossero le potenzialità di guadagno in Africa, specialmente nelle zone più fragili segnate dai conflitti e guidate da regimi corrotti. Un bacino di ricchezze facili da portare via – il petrolio siriano, i diamanti del Centrafrica, l’oro del Sudan – in cambio di appalti, internet, propaganda e protezione offerti a capi di governo che poca voglia hanno di rispondere alle richieste di democrazia dei Paesi occidentali.

A debris filled street is pictured as civilians return to the modern town of Palmyra, adjacent to the ancient Syrian city, on April 9, 2016. - Syrian troops backed by Russian forces recaptured Palmyra on March 27, 2016, after a fierce offensive to rescue the city from jihadists who view the UNESCO-listed site's magnificent ruins as idolatrous. (Photo by LOUAI BESHARA / AFP) (Photo by LOUAI BESHARA/AFP via Getty Images)

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In Siria tracce della brigata si hanno sin dal 2015, ovvero lo stesso periodo in cui la Russia ha optato per un intervento al fianco di Bashar al-Assad. La Wagner viene coinvolta nell’offensiva di Palmira (nella foto), nel 2017 nella cacciata dei ribelli anti-Assad dalla città di Hama e l’anno dopo nella battaglia tra l’esercito siriano e le milizie curde a Deir ez-Zor.

Libyan strongman Khalifa Haftar sits during talks with Greek Foreign Minister in Athens, on January 17, 2020, days ahead of a peace conference in Berlin which he and the head of Tripoli's UN-recognised government are expected to attend. - The talks come as world powers step up efforts for a lasting ceasefire, nine months since an assault on Tripoli by Haftar's forces sparked fighting that has killed more than 280 civilians and 2,000 fighters, displacing tens of thousands. (Photo by ARIS MESSINIS / AFP) (Photo by ARIS MESSINIS/AFP via Getty Images)

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Ma è in Africa che l’ascesa della Wagner non ha conosciuto sosta. Nel 2018 approda in Libia, fornendo i suoi servigi a Khalifa Haftar (nella foto) e partecipando alla sua offensiva, fallita, verso Tripoli. Nel 2020, secondo un report dell’Onu, tra gli 800 e i 1.200 miliziani della Wagner sono dispiegati in Cirenaica.

A group of demonstrators, one holding a placard that reads "France divides Mali", marching towards the French Embassy in Bamako to protest against the ongoing presence of the French Forces in Mali, on January 10, 2018. 
On January 11, 2013 the Operation Serval was launched by the French Military, a campaign aimed at ousting Islamic militants from the north of Mali, who had begun a push into the center of Mali.  / AFP PHOTO / Michele CATTANI        (Photo credit should read MICHELE CATTANI/AFP via Getty Images)

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La Wagner opera dal 2021 nella guerra civile nella Repubblica Centrafricana dove, secondo Human Rights Watch, si è resa colpevole di torture, abusi e omicidi nei confronti dei civili. Simile la strategia in Mali: è sulla Wagner che la giunta militare si appoggia nella battaglia all’Isis soprattutto dopo che Bamako ha rotto ogni alleanza con l’Occidente, portando l’esercito francese ad abbandonare il Paese. (Nella foto le proteste in Mali contro la presenza francese nel Paese).

KHARTOUM, SUDAN - AUGUST 10: Mohamed Hamdan Dagalo, Sudanese Deputy Chairman of the Transitional Sovereignty Council, talks during the press conference in Khartoum, Sudan on August 10, 2022. (Photo by Mahmoud Hjaj/Anadolu Agency via Getty Images)

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Poi l’intervento in Sudan. La Wagner era da tempo presente nel Paese sul Nilo, attratta dalle enormi risorse naturali dell’area. È Mohamed Dagalo (nella foto) a sfruttare il supporto della brigata nella guerra civile scoppiata contro il presidente de facto Abdel Fattah al-Burham.

Prigozhin, iniziato il ritiro del gruppo Wagner da Bakhmut (FRAME)

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Infine l’Ucraina. Con l’inizio dell’invasione russa, Prigozhin diventa uno dei protagonisti della guerra: in primavera si fa fotografare in mimetica, nel Donbass, mettendo in chiaro che la guerra si regge anche sulla Wagner e – a detta del suo fondatore – sui 50mila uomini da lui schierati. A novembre, la brigata viene inclusa dall’Eurocamera nella lista delle organizzazioni terroristiche: Prigozhin risponde mostrando la custodia di un violino con dentro un martello insanguinato.

La perquisizione nell'ufficio di Prigozhin

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E riguarda proprio il denaro una notizia emersa il 25 giugno, dopo il dietrofront della marcia di Prigozhin verso Mosca. Durante una perquisizione nell’Hotel Trezzini di San Pietroburgo, ritenuto l’ufficio del capo del Gruppo Wagner, sarebbero stati trovati 4 miliardi di rubli, circa 44 milioni di euro, oltre a lingotti d’oro, droga, armi e documenti falsi.

Le foto a casa di Prigozhin

Lusso e armi pesanti nella casa in Russia del comandante della Wagner.

06 lug 2023 – Izvestia

L’agenzia di stampa Izvestia ha pubblicato diversi scatti dell’interno dell’abitazione di San Pietroburgo del comandante della milizia privata, che alcune settimane fa ha tentato di marciare su Mosca. Tra foto con parrucche, denaro, armi da gangster, occhialoni, animali impagliati e sale da preghiera con icone preziose, gli scatti mostrano e vogliono mostrare al popolo russo, per screditarlo, come sia distante colui che invece si proclamava a loro vicino.

Casa Prigozhin

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Occhialoni, parrucche, armi, ingenti somme di denaro e anche un piccolo elicottero. Questo hanno rinvenuto le forze dell’ordine russe durante le perquisizioni nell’ufficio e nella casa del capo dei mercenari Wagner Yevgeny Prigozhin, secondo quanto riportato da Ria Novosti.

Casa Prigozhin

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Gli oggetti rinvenuti nella sua lussuosa abitazione rendono evidenti le contraddizioni del personaggio. Ci sono tantissime armi, come alcuni costosissimi mitragliatori fuori serie, in uno stile non molto diverso da quello usato da Al Pacino-Scarface nella scena finale dell’omonimo film.

Casa Prigozhin

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Gli interni della lussuosa dimora, a cui va aggiunto il salone con tende lunghe e scure, le poltrone di pelle, il tavolo da biliardo, l’atmosfera finto antica e persino l’atrio con ampia scalinata e pavimento a piastrelle bianco e nere, rendono chiara l’immagine di un Prigozhin ricco, molto lontano da quell’idea di finta povertà o vicinanza al popolo che ha voluto rendere negli ultimi mesi.

Sala di preghiera

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Non mancano poi i dubbi sul suo futuro. Il presidente bielorusso Lukashenko ha dichiarato che Prigozhin non si trovi nel Paese ma a San Pietroburgo, a quanto pare libero. Ha aggiunto che i militari della Wagner si stanno esercitando in appositi campi non rivelandone però l’ubicazione, il che può far pensare che possano trovarsi anche loro in Russia.


5390.- L’Armenia chiede aiuto alla Russia, ma Putin non risponde e arrivano gli USA

Questo scontro vedrà contrapporsi lo SCO all’Occidente e Putin la farà da spettatore, guardando l’UE e gli Stati Uniti che si contrappongono a vicenda.

Sulla porta di casa di Putin, la portavoce della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi promette il sostegno degli Stati Uniti all’Armenia contro gli attacchi illegali dell’Azerbaigian. La Pelosi è arrivata domenica in Armenia e ha condannato fermamente gli attacchi “illegali” al confine dell’Azerbaigian contro l’Armenia. La sua visita arriva pochi giorni dopo che gli scontri tra le due ex nazioni sovietiche sul confine conteso hanno provocato la morte di dozzine di persone di entrambe le parti. Promettendo il sostegno dell’America al paese alleato della Russia, Pelosi ha affermato che Washington sta ascoltando le esigenze di difesa dell’Armenia e intende sostituirsi a Mosca come garante, … probabilmente, senza dimenticare che la Turchia è il sostenitore dell’Azerbaigian.

Inoltre, l’UE ha appena concordato con l’Azerbaigian per quanto riguarda le alternative agli oleodotti dalla Russia e ora Pelosi sta sostenendo l’Armenia, questo sarà uno scontro che vedrà contrapporsi lo SCO all’Occidente e Putin la farà da spettatore, guardando l’UE e gli Stati Uniti che si contrappongono a vicenda.

L’Azerbaigian ha invaso il territorio sovrano dell’Armenia (che è riconosciuto dalla comunità internazionale e dall’ONU), quindi è una diretta violazione del diritto internazionale, si direbbe tal quale quella di Putin in Ucraina. Questa invasione non è realmente correlata all’Artsakh (Nagorno-Karabakh), infatti, questo stato dittatoriale sta valutando l’occupazione di Syunik, per poi costruire un corridoio economico per collegare Nakhijevan (originariamente un territorio armeno divenuto poi una regione autonoma dell’Azerbaigian) all’Azerbaigian. Anche altre parti dell’Armenia sono probabilmente minacciate, inclusa la capitale Yerevan.

La situazione vede tutti i grandi attori in campo ed è probabile che Putin faccia una selezione dei suoi impegni e venga a patti con Kiev. Sia con le esercitazioni sino-russe congiunte nell’Indo-Pacifico, sia con i colloqui con Xi a Samarcanda, Pechino e Mosca stanno dimostrando un legame che resiste alle pressioni dell’Occidente e non lascia spazi agli avversari in Eurasia. È questo il risultato numero uno ottenuto da Biden, più importante della distruzione economica dell’Europa.

L’Armenia chiede aiuto alla Russia, ma Putin non risponde e arrivano gli USA

Da AbruzzoLive, di Francesco Proia, 17 Settembre, 2022

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Dopo il recente attacco azero all’Armenia il presidente Alen Simonyan ha chiesto aiuto a Mosca, che però non ha potuto rispondere poiché troppo impelagata nella guerra in Ucraina.

Secondo un recente tweet di Greg Yudin, direttore di filosofia politica, scuola di scienze sociali ed economiche di Mosca, questo rifiuto del Cremlino non fa che palesare il crollo catastrofico della politica estera russa in una regione estremamente importante. Già dopo il conflitto del 2020 la Russia aveva completamente fallito la sua missione di pacificazione, nonostante avesse tutti i mezzi per farlo. Ovviamente questa è stata una scelta ben studiata da parte di Mosca, che non voleva in alcun modo inasprire i rapporti con la Turchia di Erdogan, da sempre a favore dell’Azerbaigian. All’epoca la Russia si era limitata a un accordo di protezione dell’Armenia, accordo di protezione a cui però oggi la Russia, con tutte le forze militari impegnate in Ucraina, fa chiaramente difficoltà a tener fede. E così l’Azerbaigian qualche giorno fa ha rialzato la testa e ha deciso di attaccare l’Armenia. Ma l’Armenia è una repubblica democratica, dove se le cose non vanno come devono andare i cittadini sono liberi di protestare contro il proprio governo. Ecco quindi che, rimasta inascoltata la richiesta di aiuto alla Russia, l’Armenia ha deciso di rivolgersi agli Stati Uniti, alla Francia e alla Gran Bretagna che nel 2020 erano stati messi da parte come paesi garanti in favore della Russia.

E proprio questo sarebbe il motivo che si nasconde dietro l’urgente viaggio di Nancy Pelosi a Yerevan, che in qualche modo certifica agli occhi del mondo che la Russia non è più il garante di sicurezza di quella regione. Ma questo certificherebbe anche che il CSTO, l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, l’alleanza militare fondata nel 1992 da nazioni appartenenti alle Repubbliche Socialiste Sovietiche che dovrebbe fare da contraltare alla NATO, è sempre meno potente. E infatti in questi giorni proprio tra gli stati del CSTO si sta aprendo un altro fronte, con le lotte intestine tra Kirghizistan e Tagikistan. Insomma secondo Greg Yudin l’idea iniziale di Putin, ovvero di creare spaccature interne alla NATO, sta facendo invece crollare il suo blocco, trascinato proprio dalla Russia, un impero in caduta secondo lo studioso russo, che creerà sempre più instabilità.

5389.- La SCO sta diventando sempre di più un polo d’attrazione politico-economico alternativo alle potenze occidentali

Washington è lanciato alla conquista della Russia attraverso l’Ucraina e l’Asia Centrale, mentre l’Asia va rafforzando un diverso assetto politico-economico; ma in Ucraina Washington persegue anche il tracollo economico della Ue. Questo determinerebbe probabilmente una recessione mondiale che favorirebbe la finanza USA e minerebbe anche la crescita dei due giganti asiatici.

Se guardiamo anche all’Artico e alla conseguente perdita di valore del Mediterraneo, siamo sicuri che le nostre élites e i nostri governi siano adeguati e che il nostro leader sia Joe Biden e non Vladimir Putin, oppure, quale disegno sta seguendo Washington?

Il vertice della SCO a Samarcanda tra intese, divergenze e riflessi sull’Europa

Da Analisi Difesa, 20 settembre 2022, di Gianandrea Gaiani

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Nata nel 2001 come organizzazione multinazionale per la sicurezza, la SCO sta diventando sempre di più un polo d’attrazione politico-economico alternativo alle potenze occidentali anche se gli stati che la compongono hanno al loro interno confronti e dissidi non indifferenti.

Oltre a India e Pakistan, acerrimi rivali dalla loro costituzione come stati indipendenti, non si possono dimenticare le tensioni tra Cina e India (almeno in parte in via di risoluzione sul fronte caldo dell’Himalaya) o i recenti scontri di confine tra Tagikistan e Kirghizistan.

L’eccezione della Turchia

La SCO assume quindi un valore crescente sul fronte della cooperazione geopolitica ed economica e non a caso la Turchia rivendica l’obiettivo di aderivi anche se è difficile non notare che è l’unico stato membro della NATO a partecipare al summit di Samarcanda e sarà presto l’unico a far parte di entrambe le organizzazioni.

Un “dettaglio” non irrilevante tenuto conto che Ankara non applica sanzioni alla Russia, vende (non regala) armi all’Ucraina ed entrerà in un’organizzazione per la sicurezza con Cina, Russia e Iran dopo aver acquistato batterie da difesa aerea a lungo raggio S-400 in Russia: il tutto senza che nessuno ne chieda l’uscita dalla NATO.

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A conferma che più della potenza economica (il PIL turco vale un terzo di quello italiano), sovranità, politica estera, di difesa ed energetica autonome e incentrate sugli interessi nazionali dipendono soprattutto dallo spessore e dalla determinazione dei governanti.

Considerazione che trova conferma anche nel “caso” dell’Ungheria, stato membro di NATO e UE (dal peso economico, demografico e militare certo inferiore alla Turchia) il cui governo continua ad acquistare gas, petrolio e persino centrali nucleari da Mosca non applicando sanzioni ma accogliendo oltre mezzo milione di profughi ucraini senza però fornire armi a Kiev. Una manifestazione di piena sovranità nazionale che innervosisce molti in Europa e oltre Atlantico.

Un nuovo palcoscenico per il protagonismo di Ankara

Ankara del resto evidenzia l’autonomia della sua postura puntando anche sul ruolo di mediazione ricoperto nell’attuale crisi ucraina che costituisce “la risposta all’Occidente e soprattutto all’America” come ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan di rientro da Samarcanda insieme ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu (nella foto sotto).

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L’ultimo successo negoziale nel conflitto rivendicato da Ankara, dopo l’accordo sul grano, è rappresentato dalla mediazione a uno scambio di 200 prigionieri di guerra, ha rivelato il presidente turco durante un’intervista all’emittente americana PBS in cui ha anche dichiarato che il presidente russo Vladimir Putin vuole porre fine al conflitto “il prima possibile”.

Erdogan ha sottolineato che si tratta di uno sviluppo importante, un passo in avanti notevole. Ho parlato a lungo con Putin e ho capito che vuole porre fine a questo conflitto il prima possibile. Ho ancora il desiderio di portare allo stesso tavolo Putin e Zelensky, ho voglia di ascoltarli entrambi. Non ci sono riuscito, ma non ho perso la speranza di riuscirci”, ha detto alla tv americana.

La posizione turca, tesa a far terminare al più presto il conflitto in Ucraina, è condivisa anche dall’India (il premier indiano, Narendra Modi, ha detto che “oggi non è il tempo di fare la guerra”) e soprattutto dalla Cina, come è emerso nel colloquio tra Vladimir Putin e Xi Jimping in cui il presidente russo ha ammesso “le preoccupazioni” cinesi pur confermando gli impegni militari assunti con “l’operazione speciale” in Ucraina.

Si rafforza la cooperazione militare russo-cinese

Divergenze enfatizzate in Occidente dove è stato rilevato che la Cina non è disposta a fornire aiuti militari a Mosca e del resto il presidente statunitense Joe Biden, in un’intervista a 60 Minutes, ha detto chiaramente che “non ci sono finora indicazioni” che la Cina abbia inviato armi o aiutato i russi in Ucraina.

Nei giorni scorsi sono stati peraltro rilevati diversi voli di cargo militari cinesi Xian Y-20 (nella foto sotto) all’aeroporto Ssheremetyevo di Mosca ma la natura dei carichi trasportati non è stata rivelata anche se non sono emerse indiscrezioni circa richieste russe a Pechino per armi o munizioni.

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Anzi, meglio ricordare che la Russia continua a esportare molta tecnologia in Cina e che le forze armate di Pechino, oltre ad essere clienti di Mosca, hanno sviluppato molti sistemi d’arma, piattaforme, motori e altre componenti partendo da prodotti russi.

Dopo il summit di Samarcanda i vertici del Consiglio di sicurezza russo e del Politburo del Comitato centrale del Partito comunista cinese si sono incontrati per rafforzare la cooperazione militare e di sicurezza potenziando le esercitazioni congiunte e l’attenzione agli scenari più critici.

Il summit di Nanping, nella provincia cinese del Fujian (forse non a caso di fr8nte a Taiwan) ha visto le delegazioni guidate dal segretario del Consiglio di sicurezza russo, Nikolai Patrushev e dal Direttore dell’Ufficio della commissione centrale degli affari esteri,  Yang Jiechi, concordare “un’ulteriore cooperazione tra i vertici militari” con l’obiettivo di mantenere “alto il livello di cooperazione tecnico-militare” si legge in una nota.

Il Consiglio di sicurezza russo ha definito una priorità incondizionata lo sviluppo di “un partenariato strategico con la Cina” basato “su una profonda fiducia reciproca”.

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Anche tenendo conto del pieno sostegno di Mosca alla politica di “una sola Cina” con cui Pechino preme su Taiwan, appare forzato trarre dal confronto tra Putin e XI a Samarcanda la conclusione che sia in atto un progressivo isolamento di Mosca anche in Asia, tenuto conto che il dibattito sulla guerra in Ucraina tra le nazioni aderenti alla SCO va probabilmente interpretato in un’ottica pragmatica alla luce dei diversi interessi in gioco.

L’obiettivo strategico di russi e cinesi resta quello di arginare il sistema unipolare statunitense (che ha inglobato anche un’Europa incapace di assumere il ruolo di soggetto geopolitico) puntando a contrastare la penetrazione occidentale anche con rafforzate intese militari e a potenziare la cooperazione finanziaria e commerciale su modelli basati sulle valute dei paesi della SCO per rafforzare la “de-dollarizzazione” dell’economia globale.

Nuovi equilibri e interessi diversi

Ciò detto non c’è dubbio che la guerra stia determinando nuovi equilibri anche tra Russia e Cina, le principali potenze della SCO.

L’impegno bellico sta sbilanciando la Russia indebolendone impegno e attenzione in Asia Centrale (parte delle truppe schierate in Tagikistan sono state dislocate in Ucraina) anche se Putin ha confermato che in Ucraina “stiamo combattendo solo con una parte delle forze armate”.

Un contesto che sembra favorire l’apertura di nuovi focolai di tensione nell’ex URSS: dagli scontri di confine tra tagiki e kirghizi a quelli tra armeni e azeri fino alle pressioni degli ambienti nazionalisti georgiani per un’azione militare tesa a prendere il controllo dell’Ossezia del Nord protetta dai russi. Segnali inequivocabili di turbolenze che cercano di approfittare dell’impegno russo in Ucraina.

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La Cina conferma la volontà di penetrare non solo economicamente ma anche politicamente e militarmente nelle repubbliche ex sovietiche dell’Asia Centrale garantendo la sicurezza da “interventi esterni” (cioè russi) del Kazakhistan, lo stato ex sovietico distintosi più di ogni altro nel mostrare freddezza per l’intervento militare russo contro Kiev al punto da non riconoscere le repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk guidate dai secessionisti ucraini.

Di fatto Pechino sostiene la Russia contro gli Stati Uniti e i loro alleati, percepiti come una minaccia anche dai cinesi, ma questo non significa che le due potenze non abbiano anche interessi divergenti che investono pure la guerra in atto in Ucraina e soprattutto il suo prolungamento con le relative conseguenze macro-economiche.

Se la guerra si protrae l’unica a uscirne sicuramente sconfitta sarà l’Europa, che a causa della crisi energetica rischia tra pochi mesi di non essere più la principale potenza economica mondiale e di vedere drammaticamente depotenziato il suo ruolo di potenza industriale.

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Per i competitor che pagano tutti l’energia molto meno dell’Europa, potrebbero aprirsi spiragli importanti per acquisire nuove quote sui mercati globali ma Cina e India hanno rilevanti interscambi commerciali e investimenti in Europa e rischiano danni non irrilevanti anche tenendo conto che il tracollo economico della Ue determinerebbe con ogni probabilità una recessione mondiale che minerebbe anche la crescita dei due giganti asiatici.

Per questo Nuova Delhi e Pechino premono su Putin per fermare le ostilità, elemento che ingigantisce ulteriormente il ruolo della Turchia, anche se alle aperture di Mosca per un possibile negoziato per ora Kiev non sembra voler rispondere positivamente, puntando forse a ottenere nuovi successi militari.

Del resto il 20 settembre il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha dovuto ammettere che al momento non si vede alcuna prospettiva per risolvere politicamente e diplomaticamente la guerra.

La scommessa del Cremlino

La Russia, al contrario dei suoi partner asiatici, potrebbe avere interesse a proseguire la guerra non solo perché è consapevole che l’Europa non può sopravvivere economicamente senza le ampie forniture di gas russo ma anche perché valuta probabilmente che la crisi energetica farà traballare questo inverno molti governi europei con conseguenze che potrebbero minare la capacità e la volontà di continuare a sostenere con le armi l’Ucraina e la stabilità interna della NATO, con possibili fratture tra gli Stati Uniti e i loro alleati da questa parte dell’Atlantico.

Uno scenario anticipato da Putin il 17 giugno scorso nel discorso tenuto al Forum economico di San Pietroburgo in cui azzardò la previsione di un’Europa che aveva rinunciato alla sua sovranità mettendola nelle mani degli USA e che avrebbe subito a breve crisi energetica, economica e disordini sociali tali da far cadere élites e governi.

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La valutazione strategica di Mosca sembrerebbe quindi puntare sul fatto che l’inverno accentuerà le frizioni tra Stati Uniti e alleati europei, favorite e ingigantite peraltro dalla notizia che gli USA non aumenteranno la produzione energetica per rifornire l’Europa, a corto di gas e che da fine anno rinuncerà ad acquisire petrolio russo, iniziativa che prevedibilmente farò salire alle stelle anche le quotazioni del greggio.

Sul questo fronte non mancano poi già da ora le frizioni interne all’Europa e che colpiscono in modo particolare l’Italia dopo la notizia che la Francia sospenderà le forniture elettriche alla Penisola (che coprono il 5 per cento del nostro fabbisogno), iniziativa che potrebbero presto assumere anche Svizzera e Slovenia.

La Russia sembra quindi avere tutto l’interesse a prendere tempo sui fronti ucraini e non a caso Putin a Samarcanda, dichiarando che “l’operazione militare speciale continuerà”, ha aggiunto che Mosca “non ha fretta di raggiungere i suoi obiettivi, che rimangono inalterati”.

@GianandreaGaian

Foto:  SCO, Presidenza della Federazione Russa e Telegram

4530.- Alla frontiera con la Bielorussia.

Da Il Post.

I migranti dal Medio Oriente e altrove riposano sulla terra nuda mentre si radunano al confine tra Bielorussia e Polonia vicino a Grodno, in Bielorussia, lunedì 8 novembre 2021. La Polonia ha aumentato la sicurezza al confine con la Bielorussia, al confine orientale dell’Unione europea, dopo un folto gruppo di migranti in Bielorussia sembrava riunirsi a un valico, hanno detto i funzionari lunedì. La crescita sembrava segnalare un’escalation di una crisi che va avanti da mesi in cui il regime autocratico della Bielorussia ha incoraggiato i migranti dal Medio Oriente e altrove a entrare illegalmente nell’Unione europea, prima attraverso la Lituania e la Lettonia e ora, principalmente, attraverso la Polonia. (Leonid Shcheglov/BelTA via AP, File)

I fatti sono fatti. L’Unione europea non conta abbastanza da poter influire sui flussi migratori e la Polonia pensa di riuscirci schierando 20-30.000 uomini al confine con la Bielorussia.

I tre esempi che seguono mostrano bene che bisogna registrare con prudenza i racconti di questi giorni sul flusso migratorio verso la Polonia perché non si hanno elementi di certezza, ma, a Bruxelles, non sembra esserci adeguata consapevolezza di cosa la riscrittura della geopolitica stia provocando.

Giovedì un uomo iracheno ha raccontato a SkyTG24 di essere stato picchiato e derubato dalla guardia di frontiera polacca mentre cercava di entrare nel paese dal confine terrestre con la Bielorussia. Parlava con la schiena rivolta alla telecamera e un cappuccio calato sulla faccia: temeva di essere riconosciuto.

Un giorno prima si era sparsa la voce che un ragazzo curdo di 14 anni era morto assiderato nel bosco nei pressi del confine. Le autorità bielorusse avrebbero fatto sparire il suo corpo nella notte.

In un lungo reportage dalla frontiera, El Pais prova a descrivere le condizioni in cui si trovano i migranti servendosi unicamente delle testimonianze delle ong attive in Polonia. 

Quattromila, o giù di lì, bloccati nei boschi


Nel racconto di questi giorni del flusso migratorio dalla Bielorussia alla Polonia, architettato dal regime bielorusso di Alexandar Lukashenko per mettere in difficoltà l’Unione Europea, manca un pezzo importante: le storie delle centinaia di persone che da giorni sono bloccate fra i due paesi in una zona boscosa, gelida e sprovvista di ciò che serve per sopravvivere.

Alcune ragioni sono comprensibili. Diversi migranti evitano di parlare con i giornalisti perché temono ritorsioni violente contro famigliari e amici che si sono lasciati dietro. Altre lo sono un po’ meno. Dato che lo stallo alla frontiera fra Polonia e Bielorussia ha implicazioni di portata europea – che riguardano per esempio le forniture di gas, il rapporto con Russia e Turchia, la gestione del’immigrazione sui confini – nelle cronache di questi giorni si parla molto di “guerra ibrida”, coinvolgimento della NATO, “complesse manovre sullo scacchiere internazionale”. Possiamo definirla una sindrome da geopolitica: una certa tendenza a spostare la propria attenzione dai fatti concreti alle loro conseguenze e implicazioni internazionali, dimenticandosi dei primi. 

Poi ci sono delle difficoltà oggettive, e con pochi precedenti. A settembre il governo polacco aveva imposto uno stato di emergenza sul confine con la Bielorussia, attivo ancora oggi. Citando le norme sullo stato di emergenza, le autorità polacche stanno impedendo a giornalisti e membri delle ong di raggiungere la zone di confine.

L’area inizia a circa tre chilometri dal confine con la Bielorussia e copre circa 200 sonnecchiosi villaggi e paesi polacchi. Soltanto quelli in grado di dimostrare di abitare lì possono superare i numerosi posti di blocco», racconta la giornalista Katy Fallon di Al Jazeera: «in un nebbioso rettilineo sulla strada che porta in Bielorussia, un gruppo di agenti della guardia di frontiera polacca con addosso un gilet fluorescente ferma qualsiasi macchina, in entrambe le direzioni. “Ci sono problemi al confine”, dicono. “Dovete tornare indietro”.

A ogni persona che si avvicina al confine arriva un SMS sul proprio telefono. «Il confine con la Polonia è chiuso. Le autorità bielorusse vi hanno mentito. Tornate a Minsk e non prendete nessuna pillola dai soldati bielorussi», si legge:

The polish border is sealed. BLR authorities told you lies. Go back to Minsk! Don’t take any pills from Belarusian soldiers. https://www.gov.pl/mswia/migrants

La faccenda della pillola riguarda una voce non verificata secondo cui i soldati bielorussi stanno dando del metadone ai migranti che conducono al confine, per “aiutarli” a soffrire di meno il freddo.

Che il confine polacco sia sigillato, invece, è vero. I soldati polacchi arrivati al confine sono ormai ventimila, e pattugliano incessantemente chilometri e chilometri di confine. Sempre meno persone riescono ad arrivare in Polonia per chiedere protezione. Quelle che ci riescono – e la cui voce arriva miracolosamente ai giornali – raccontano di essere state picchiate, derubate e maltrattate sia dalle autorità polacche sia da quelle bielorusse.

Intanto nelle istituzioni europee si discute di come mostrare solidarietà alla Polonia senza dimenticare le condizioni dei migranti al confine, ma nemmeno le accuse di violenza rivolte alle autorità polacche, e tutto questo cercando di spostare l’attenzione su chi ha creato artificialmente questo nuovo flusso, cioè Lukashenko.

È una posizione un po’ acrobatica da mantenere, soprattutto se anche fra le istituzioni convivono opinioni diverse: mercoledì, in una conferenza stampa a Varsavia, il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha detto che secondo l’ufficio legale del Consiglio sarebbe legale finanziare la costruzione di muri e recinzioni con i fondi europei. Il giorno successivo la Commissione Europea ha ribadito di non essere d’accordo, specificando però che la sua posizione «non è giuridica ma politica, e concordata da tempo con il Parlamento europeo».

A mettere un po’ di ordine ci ha pensato l’esperto giornalista di cose europee David Carretta, che l’altro giorno ha ricordato sul Foglio che «se l’UE avesse una politica migratoria comune la crisi sarebbe risolta con centri alla frontiera, il ricollocamento di richiedenti asilo in altri paesi e il rimpatrio di chi non ha diritto a restare.



4518.- Come la Bielorussia tiene in scacco l’Ue sul gas

Quanto valgono 2mila, 4mila migranti ai confini della Polonia?

Bielorussia Gas

di Marco Dell’Aguzzo, Start Magazine

La Bielorussia ha minacciato di chiudere i flussi del gas verso l’Europa in caso di sanzioni per la crisi migratoria. Le conseguenze delle sue parole si sono già fatte sentire. Tutti i dettagli

Il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko ha detto che potrebbe interrompere il transito del gas verso l’Europa se Bruxelles dovesse emettere nuove sanzioni verso Minsk per il suo ruolo nella crisi migratoria al confine con la Polonia.

COSA STA SUCCEDENDO, IN BREVE

Secondo l’Unione europea, da quest’estate la Bielorussia sta aiutando migliaia di migranti (provengono principalmente dal Medio Oriente) a raggiungere il confine con la Polonia (che non ha intenzione di accoglierli) con l’obiettivo di creare una crisi e mettere in difficoltà il blocco.

A fine giugno l’Unione europea aveva imposto una serie di sanzioni economiche contro la Bielorussia per il caso del dirottamento del volo Ryanair e dell’arresto del giornalista di opposizione Roman Protasevich. Stando a POLITICO, potrebbe introdurne di nuove – stavolta per la crisi migratoria – già lunedì prossimo.

Bruxelles sostiene che quello di Minsk sia un “attacco ibrido” nei suoi confronti. Di contro, Lukashenko – un dittatore al potere dal 1994, sostenuto dalla Russia – respinge e rimanda le accuse: a suo dire, la crisi migratoria sarebbe alimentata dai governi occidentali.

LA MINACCIA DI LUKASHENKO SUL GAS

Oggi Lukashenko ha minacciato di interrompere i flussi di gas russo che transitano sul territorio della Bielorussia. Si riferiva nello specifico al gasdotto Yamal-Europe, che dalla Bielorussia arriva in Polonia e, da qui, in Germania. È lungo 575 chilometri e ha una capacità di trasporto annuo di 33 miliardi di metri cubi di gas.

“Stiamo scaldando l’Europa, e ci minacciano di chiudere la frontiera. E se interrompessimo lì il gas naturale? Pertanto, inviterei la leadership polacca, i lituani e le altre persone senza testa di pensare prima di parlare”. Sono parole di Lukashenko, riportate dall’agenzia di stampa statale bielorussa Belta.

LE CONSEGUENZE

La chiusura della condotta Yamal-Europe avrebbe serie ripercussioni sul mercato europeo del gas, che sta attraversando un momento di difficoltà: le forniture del combustibile sono scarse, i prezzi sono altissimi e l’avvicinarsi dell’inverno fa temere una crisi energetica.

Il nervosismo è tale che è bastata la minaccia di Lukashenko a far salire ancora il costo del gas europeo: i contratti per il prossimo mese sono cresciuti del 2,1 per cento, arrivando a 71,3 euro al megawattora.

L’IMPORTANZA DELLA BIELORUSSIA PER L’EUROPA

La Russia è nettamente il primo fornitore del Vecchio continente: vale da sola oltre il 40 per cento del totale delle importazioni. Quest’anno circa il 20 per cento di questo gas è arrivato in Europa attraverso la Bielorussia, e in particolare attraverso il gasdotto Yamal-Europe. I flussi di gas passanti per lo Yamal-Europe che arrivano a Mallnow, in Germania (è qui che termina la condotta) sono peraltro già molto più bassi del normale.

Il tempismo delle parole di Lukashenko è inoltre pessimo, per l’Europa. Il gas dalla Norvegia è in calo per via di alcuni imprevisti, e le temperature nella parte nordoccidentale del continente dovrebbero scendere sotto la media stagionale a partire da domenica, e rimanerci fino all’inizio di dicembre. La domanda di gas per il riscaldamento, dunque, sembra tendere verso l’alto.

4514.- Crisi migranti in Bielorussia, si rischia il conflitto armato. Lukashenko: “Non ci inginocchieremo all’Ue”

Una breve premessa. Questa crisi migratoria ai confini dell’Unione europea e della Polonia, è iniziata questa estate. Attualmente, sono circa 2 mila i migranti ora accampati al confine con la Bielorussia (quanti il Governo Draghi ne lascia sbarcare in Italia in due giorni). La Polonia li ha respinti a centinaia ma, alcuni di loro hanno varcato il confine. L’esercito polacco è determinato a “difendere i confini”, mentre Ursula von der Leyen, impotente, parla di sanzioni e fa vittimismo accusando il regime di Lukashenko di condurre un “tentativo disperato per destabilizzare l’Unione”. Questa crisi sembra sempre più una guerra ibrida fra Russia e NATO, con il presidente bielorusso Lukashenko, come attore e la von der Leyen come comparsa. Devo ricordare, però, che si svolge sul continente europeo, né in Russia né in America.

Da La Stampa, 9 Novembre 2021

Le forze dell’ordine e l’esercito polacco fronteggiano centinaia di migranti da Bielorussia a confine con Polonia.

«L’uso dei migranti da parte della Bielorussia come tattica ibrida è inaccettabile. La Nato è solidale con la Polonia e tutti gli alleati nella regione. La situazione 

«L’uso dei migranti da parte della Bielorussia come tattica ibrida è inaccettabile. La Nato è solidale con la Polonia e tutti gli alleati nella regione. La situazione grave». Questo è stato il monito lanciato nella giornata di ieri dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. La situazione, particolarmente tesa, ha visto nel pomeriggio la telefonata tra il presidente bielorusso Lukashenko e Vladimir Putin, che si sono detti preoccupati «per il dispiegamento delle forze regolari polacche al confine».

Cosa sta accadendo 

Parole arrivate dopo che circa duemila migranti si sono ammassati vicino al confine polacco per raggiungere l’Unione europea. Varsavia ne ha respinto l’ingresso e si è detta pronta a difendere i propri confini. «Usare migranti vulnerabili come parte di un attacco è al di là di ogni spregio. L’Ue non accetterà alcun tentativo di strumentalizzare i migranti» ha ribadito il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. La crescente tensione potrebbe sfociare in un conflitto militare: l’avvertimento arriva direttamente da Varsavia. «Ci aspettiamo una escalation di natura armata», ha affermato il portavoce del governo, Piotr Muller, secondo quanto riporta il quotidiano The Independent. Dall’altro canto Lukashenko ha detto: «Non ci inginocchieremo all’Ue».  

Al momento la situazione è piuttosto seria. Le forze di sicurezza bielorusse hanno «sparato colpi in aria, simulando situazioni pericolose» per destabilizzare ancora di più la situazione al confine con la Polonia. Lo ha detto il portavoce dei servizi speciali di Varsavia, Stanislaw Zaryn: «Sappiamo anche – ha aggiunto – che le autorità della Bielorussia stanno aiutando i migranti a distruggere le barriere al confine. Li vediamo portare loro gli strumenti per tagliare i cavi, per distruggere la recinzione». 

Il premier polacco Mateusz Morawiecki ha poi aggiunto che: «La crisi dei migranti al confine bielorusso minaccia la stabilità e la sicurezza dell’intera Ue. Sigillare il confine polacco è nel nostro interesse nazionale. C’è il presidente russo Vladimir Putin dietro la crisi dei migranti. Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko è l’esecutore dell’ultimo attacco, ma questo attacco ha il suo mandante a Mosca ed è Putin».

Video. Da La lettre Patriote.

La risposta dell’Ue

La commissione chiede ai 27 Paesi di colpire il regime di Lukashenko con un nuovo giro di sanzioni. La Polonia quest’anno ha registrato oltre 23mila ingressi illegali da Est, quasi la metà a ottobre. Berlino ha esortato Bruxelles ad agire e ad aiutare a fermare il flusso di migranti che attraversano illegalmente la Polonia dalla Bielorussia.

Per questa ragione il vicepresidente della Commissione Europa Margaritis Schinas «viaggerà verso i Paesi di origine e di transito dei migranti, per evitare che cadano nella trappola tesa dalle autorità bielorusse». Lo ha annunciato la vice portavoce capo della Commissione Europea Dana Spinant, durante il briefing con la stampa a Bruxelles. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ieri sera invece ha detto che l’Ue «capirà come sanzionare, anche includendole nella lista nera, le compagnie aeree di Paesi terzi attive nel traffico di esseri umani».

«Ora dobbiamo fare i conti anche con il traffico di essere umani sponsorizzato dagli Stati. Ed è ciò a cui assistiamo ora in Bielorussia. Una situazione senza precedenti» Sono le parole della commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johnasson. «È importante capire quanto sia nuova questa situazione: la Bielorussia è un Paese con zero pressione migratoria. È un Paese da dove le persone partono, non arrivano. Quello che vediamo è un regime disperato, illegittimo, che sta invitando le persone a venire» ha spiegato Johannson convinta che «bisogna fermare i voli verso Minsk per evitare che le persone finiscano in questa situazione».

«Vogliamo evitare una crisi umanitaria» ha rassicurato l’Unione Europea che sta valutando anche la posizione della Russia. «È nel nostro radar e valutiamo informazioni sul possibile ruolo di Mosca nella situazione alla frontiera tra l’Ue e la Bielorussia» ha fatto sapere il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna, Peter Stano. 

NATO contro Russia sulla pelle degli europei

Braccio di ferro Nato-Putin dietro la crisi bielorussa
Aleksandr Lukashenko e Vladimir Putin

Il caso Bielorussia-Polonia è ormai diventato un confronto tra Unione europea e Nato da un lato e Russia dall’altro. Aleksandr Lukashenko ha detto: “Non ci piegheremomo davanti all’Europa”. Siamo al muro contro muro e qualcosa potrebbe sfuggire di mano.

Aleksandr Lukashenko e Vladimir Putin hanno fatto sapere di aver già discusso della situazione al confine tra Bielorussia e Polonia nel corso di una conversazione telefonica nella quale sono stati toccati alcuni temi di cooperazione bilaterale, tenendo conto dei risultati della riunione del Consiglio di Stato supremo dello Stato dell’Unione tenutasi il 4 novembre. 

Ai migranti che vengono attirati in Bielorussia «viene promesso un facile ingresso nell’Ue e naturalmente loro lo usano, perché vogliono venire. Ma il regime fa loro credere che sia una cosa facile», il che fa parte «dell’approccio inumano, da gangster» di Aleksandr Lukashenko, che «inganna le persone con la falsa promessa di ingresso nell’Ue» ribadisce Stano.

Fin dall’inizio della crisi umanitaria in Bielorussia, compresa la repressione della società civile, «abbiamo evidenziato ripetutamente che il miglior approccio è quello internazionale» con i Paesi che hanno stessi valori. «Per questo reagiamo su scala internazionale e ci coordiniamo, anche sul piano delle sanzioni, con gli Usa e altri partner che hanno il nostro stesso approccio per moltiplicare l’effetto» dice il portavoce.

Chiesto lo stato di emergenza in Lituania 

Nel frattempo, il governo lituano ha chiesto al Parlamento di dichiarare lo stato di emergenza lungo il confine con la Bielorussia per un mese dalla mezzanotte. Lo stato di emergenza entrerebbe in vigore lungo il tratto di confine e per cinque chilometri verso l’entroterra, nonché nelle strutture di accoglienza dei migranti a Vilnius e in altre parti del Paese. La misura comporterebbe la limitazione del diritto dei migranti irregolari ospitati in Lituania di comunicare per iscritto o per telefono, salvo contattare le autorità del Paese. 

La presa di posizione francese

La Francia ha accusato la Bielorussia di tentare di destabilizzare l’Unione Europea organizzando un traffico di migranti alla frontiera. «Il regime alimenta un traffico di migranti teso a destabilizzare l’Unione Europea», ha affermato un portavoce della diplomazia francese ribadendo la solidarietà della Francia alla Polonia per questa crisi in corso con Minsk.

Il ministro degli esteri Russo: colpa dell’Occidente
La crisi dei migranti al confine bielorusso-polacco è stata provocata dalle attività dell’Occidente in Medio Oriente e dovrebbe essere risolta sulla base del diritto internazionale. Lo ha affermato il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov. «Credo che questi problemi dovrebbero essere risolti nel pieno rispetto dei principi del diritto internazionale umanitario e, naturalmente, non dovremmo dimenticare la radice del problema», ha detto il ministro in conferenza stampa. «La radice e’ la politica condotta da anni dai Paesi occidentali, inclusa la Nato e gli Stati membri dell’Ue, nei confronti del Medio Oriente e del Nord Africa, spingendo perché lì ci fosse una vita e una democrazia migliore, in stile occidentale», ha denunciato Lavrov.

Germania all’Ue: aiutare la Polonia.

Stretta di Bruxelles su visti a funzionari bielorussi Varsavia: “sigilliamo i confini, sono in gioco la stabilità e la sicurezza dell’intera Ue” afferma il premier polacco. Stretta del Consiglio Ue: sospesa parzialmente l’applicazione dell’accordo Ue-Bielorussia relativo alla facilitazione del rilascio dei visti.

Centinaia di migranti dalla Bielorussia al confine con Polonia. Dice Varsavia: “Respinto attacco a confine” Bielorussia. Viktor Babarico, oppositore di Lukashenko, condannato a 14 anni di reclusione Bielorussia: americano che aveva partecipato all’assalto al Congresso chiede asilo politico a Minsk .

​La crisi diplomatica tra Bielorussia e Polonia a causa delle migliaia di profughi in fuga da Minsk mette in guardia l’Europa sul flusso indiscriminato di persone.  Il premier polacco affida a Twitter le sue intenzioni: “Sigillare il confine polacco è il nostro interesse nazionale. Ma oggi sono in gioco la stabilità e la sicurezza dell’intera Ue. Questo attacco ibrido del regime di Lukashenko è rivolto a tutti noi. Non ci faremo intimidire e difenderemo la pace in Europa con i nostri partner della Nato e dell’Ue”, scrive Mateusz Morawiecki.  Ancor prima il ministero degli Esteri polacco aveva chiesto l’immediata adozione di sanzioni da parte europea contro chiunque abbia avuto un ruolo nella crisi al confine. “Le sanzioni devono essere immediatamente imposte a tutti gli individui e le entità coinvolti in questo orribile attacco ibrido”, si legge ancora sul Twitter del ministero polacco.

Cosa dovremmo dire noi dell’invasione dell’Italia in atto?

Non si fa attendere la risposta di Minsk che respinge le accuse di Varsavia. “Il ministero della difesa bielorusso ritiene infondate e non comprovate le accuse da parte polacca”, si legge in un comunicato del ministero della difesa bielorusso che accusa la Polonia di aumentare la tensione “deliberatamente”.  

A sostenere Varsavia c’è però la Germania

La Germania rivolge un appello all’Ue dicendo che Minsk usa i profughi come “arma” contro l’Europa. “La Polonia o la Germania non possono gestire questo da sole”, ha detto al quotidiano Bild il ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer. “Dobbiamo aiutare il governo polacco a proteggere la sua frontiera esterna – ha esortato – Questo sarebbe compito della Commissione europea, faccio appello perché agisca. La invito ad agire”.  Horst Seehofer ha, inoltre, sottolineato di voler appoggiare la decisione della Polonia di erigere un muro al confine con la Bielorussia. “Non possiamo criticarli perché proteggono i confini esterni dell’Ue”, ha affermato. “Non con l’uso delle armi ovviamente, ma con altri mezzi disponibili”, ha aggiunto il ministro. L’Ue accusa il presidente bielorusso Alexander Lukashenko di aver portato in aereo migranti dal Medio Oriente e dall’Africa a Minsk, capitale del suo Paese, per poi mandarli a piedi verso l’Unione europea come rappresaglia per le sanzioni imposte da Bruxelles per la repressione dell’opposizione in Bielorussia. Lukashenko, da parte sua, respinge questa accusa.

La Commissione europea

La presidente Von der Leyen ha invitato gli Stati membri dell’Ue a dare il via libera a nuove sanzioni. “La strumentalizzazione dei migranti per scopi politici è inaccettabile”, ha affermato in una nota. La commissione chiede ai 27 Paesi un’estensione delle sanzioni contro il regime di Minsk e ha sottolineato che l’Unione europea “L’Ue «capirà come sanzionare, anche includendole nella lista nera, le compagnie aeree di Paesi terzi attive nel traffico di esseri umani con la Bielorussia». La Germania ha visto arrivare dalla Polonia un numero sempre più elevato di rifugiati dalla Bielorussia: secondo le autorità tedesche nel solo mese idi ottobre sono stati quasi 5.000 gli arrivi e per questo Berlino ha risposto rafforzando i controlli alle frontiere e dispiegando ulteriori forze di polizia. La Polonia quest’anno ha registrato oltre 23mila ingressi illegali da Est, quasi la metà a ottobre. Berlino ha esortato Bruxelles ad agire e ad aiutare a fermare il flusso di migranti che attraversano illegalmente la Polonia dalla Bielorussia.

Per questa ragione il vicepresidente della Commissione Europa Margaritis Schinas «viaggerà verso i Paesi di origine e di transito dei migranti, per evitare che cadano nella trappola tesa dalle autorità bielorusse». Lo ha annunciato la vice portavoce capo della Commissione Europea Dana Spinant, durante il briefing con la stampa a Bruxelles.

«Ora dobbiamo fare i conti anche con il traffico di essere umani sponsorizzato dagli Stati. Ed è ciò a cui assistiamo ora in Bielorussia. Una situazione senza precedenti» Sono le parole della commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johnasson. «È importante capire quanto sia nuova questa situazione: la Bielorussia è un Paese con zero pressione migratoria. È un Paese da dove le persone partono, non arrivano. Quello che vediamo è un regime disperato, illegittimo, che sta invitando le persone a venire» ha spiegato Johannson convinta che «bisogna fermare i voli verso Minsk per evitare che le persone finiscano in questa situazione».

Di questa crisi fra NATO e Russia attraverso i migranti non è chiara la paternità e ripropone una vecchio quesito: È nato prima l’uovo o la gallina?

«Vogliamo evitare una crisi umanitaria». Johannson ha rassicurato l’Unione Europea che sta valutando anche la posizione della Russia. «È nel nostro radar e valutiamo informazioni sul possibile ruolo di Mosca nella situazione alla frontiera tra l’Ue e la Bielorussia» ha fatto sapere il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna, Peter Stano. 

4513.- Onda umana dalla Bielorussia, il doppiopesismo dell’Ue

… e della NATO!

I migranti hanno sfondato il confine polacco. Sono in Europa e vogliono andare in Germania. In migliaia affollano il confine con la Polonia. Le pressioni migratorie dalla Bielorussia, a differenza di quelle giornaliere sulle coste italiane, hanno messo in allarme perfino la NATO. Stranamente, la NATO non si allerta se a gestire i traffici di esseri umani sono gli “alleati” turchi o le organizzazioni criminali mediorientali e nordafricane. Alla NATO, non importa che l’Italia sia invasa, importa ciò che può contribuire al braccio di ferro con Mosca. 

Da la Nuova bussola Quotidiana, 10-11-2021, di Gianandrea Gaiani

L’onda umana di emigranti che, dalla Bielorussia, premono ai confini della Polonia è giustamente definita dai vertici dell’Ue come una mossa destabilizzante. Lukashenko usa “l’arma di migrazione di massa” per ottenere il ritiro delle sanzioni. Ma lo stesso atteggiamento non è mai stato tenuto quando a subire l’onda umana è stata l’Italia.

Emigranti al confine fra Bielorussia e Polonia

Tutta l’Europa è in allarme e non lesina minacce e ulteriori sanzioni a chi gestisce i flussi di immigrati illegali diretti ad attraversare i confini della Ue. Ma solo quelli orientali, tra Bielorussia e Polonia. Del “fianco Sud”, dell’Italia che è sempre di più l’approdo preferito da scafisti, trafficanti e Ong non importa a nessuno in Europa e, francamente, neppure in Italia a giudicare dall’indifferenza che finora ha caratterizzato l’esecutivo Draghi a fronte alle proteste di Lega e Fratelli d’Italia per gli sbarchi in massa delle ultime 48 ore. Oltre 1.500 clandestini, per quasi due terzi sbarcati da navi delle Ong, che portano a quasi 57mila i clandestini giunti solo via mare in Italia dall’inizio dell’anno: oltre il doppio dello scorso anno e più di sei volte di più rispetto al 2019.

Deprimente leggere le dichiarazioni espresse nelle ultime ore da alcuni leader europei di fronte al migliaio di clandestini giunti in Bielorussia grazie al compiacente governo di Minsk e lanciati “all’assalto” della frontiera polacca presidiata oltre che dai poliziotti anche da 12mila militari. Una situazione che “minaccia la stabilità e la sicurezza dell’intera Ue” come ha affermato lunedì il premier polacco Mateusz Morawiecki. “Sigillare il confine polacco è nel nostro interesse nazionale. Ma oggi sono in gioco la stabilità e la sicurezza dell’intera Ue”, ha scritto su Twitter il capo del governo polacco. Ineccepibile ma questo principio dovrebbe valere per tutti i confini della Ue, anche quelli marittimi.

La Francia ha accusato la Bielorussia di Alexander Lukashenko di tentare di “destabilizzare” l’Unione Europea organizzando un “traffico di migranti teso a destabilizzare l’Unione Europea”, ha affermato un portavoce della diplomazia francese ribadendo la solidarietà della Francia alla Polonia per questa crisi in corso con Minsk. “La Polonia o la Germania non possono gestire questo da sole”, ha detto al quotidiano Bild il ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer. “Dobbiamo aiutare il governo polacco a proteggere la sua frontiera esterna – ha esortato – Questo sarebbe compito della Commissione europea, faccio appello perché agisca”. “Il regime bielorusso agisce come un trafficante di esseri umani” ha detto il portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel, Steffen Seibert parlando ai giornalisti. Minsk “strumentalizza rifugiati e migranti in un modo condannabile sia dal punto di vista politico che umanitario” e l’Europa “farà fronte comune contro questo continuo attacco ibrido”. Proprio la Germania, da sempre sorda alle richieste di aiuto italiane, si mobilita e mobilita tutti i partner per difendere i confini polacchi da cui sono transitati quest’anno oltre 23mila clandestini, il 50 per cento nell’ultimo mese, in ogni caso meno della metà di quelli arrivati in Italia quest’anno.

Due pesi e due misure motivati forse dal fatto che i clandestini afro-asiatici che entrano in Polonia sono tutti diretti in Germania e agli sbarramenti lungo il confine polacco-bielorusso gridano “Germany, Germany! We want to go to Germany!” Il paradosso, che dovrebbe indurre il governo italiano a protestare formalmente, è che mentre Berlino si preoccupa di difendere i confini polacchi dai clandestini diretti in Germania non muove un dito per fermare le navi delle Ong tedesche che nel Mediterraneo continuano a sbarcare in Italia clandestini raccolti in acque libiche e maltesi, come gli oltre 800 sbarcati lunedì dalla Sea Eye 4 a Trapani.

Su questo tema l’intera leadership Ue si gioca la faccia mentre in Italia dovrebbe essere ormai chiaro a tutti (a parte i fans dell’immigrazione clandestina) che solo provvedimenti nazionali come la chiusura dei porti, gli accordi con i Paesi di partenza, i respingimenti in mare e la messa al bando delle navi delle Ong dalle acque territoriali potranno ripristinare il controllo dello stato sui confini marittimi. Oggi del resto ci sono margini e condizioni per iniziative nazionali simili a quelle adottate ad esempio dalla Grecia. Quanto all’Europa, meglio non contarci.

“Chiedo alle autorità della Bielorussia di rispettare il diritto internazionale” ha scritto su Twitter il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ribadendo che “la Ue non accetterà nessun tentativo di strumentalizzare i migranti per motivi obiettivi politici”. Il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sostiene che “la Bielorussia deve smettere di mettere a rischio la vita delle persone. La strumentalizzazione dei migranti a fini politici da parte della Bielorussia è inaccettabile. Le autorità bielorusse devono capire che fare pressioni in questo modo sull’Unione europea attraverso una cinica strumentalizzazione dei migranti non le aiuterà a raggiungere i loro scopi”. Il commissario Ue Paolo Gentiloni, che da premier permise, nel 2017, lo sbarco in Italia di 120mila clandestini, ha definito la situazione al confine polacco “vergogna dei migranti usati come armi dalla Bielorussia. Ai confini dell’Ue una terribile crisi umanitaria”. E per completare il panorama europeo, il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, su Twitter ha sottolineato che “il regime bielorusso deve smettere di sfruttare i migranti e i richiedenti asilo per giochi di potere politico”.

Curioso notare l’utilizzo di termini quali “ricatto”, “armi”, “destabilizzazione” e “guerra ibrida” per definire l’impatto dei flussi migratori illegali provenienti dalla Bielorussia. Termini corretti e appropriati, sia chiaro, ma che valgono per tutti i flussi clandestini gestiti da nazioni o da organizzazioni criminali che godono della complicità delle nazioni su cui operano. Il ricatto dei migranti e l’uso di masse umane da parte di paesi più arretrarti contro nazioni più ricche venne ben illustrato già nel 2010 da Kelly Greenhill nel libro “Armi di migrazione di massa” edito in Italia da LEG di Gorizia e che dovrebbe costituire un testo di studio per tutti gli statisti europei. Contro l’Italia usò questa arma in modo spregiudicato il leader libico Muammar Gheddafi per costringere Roma a negoziare l’accordo sulle “riparazioni di guerra” a Tripoli poi stipulato da Silvio Berlusconi nel 2009. Non è chiaro però perché se tali armi le utilizza la Bielorussia si tratta di un attacco al cuore dell’Europa mentre quando le usa da molti anni Recep Tayyp Erdogan la Germania corre a promettere miliardi (che paghiamo tutti noi europei) ad Ankara in cambio di un finto impegno a fermare i flussi.

Dalla rotta balcanica alle spiagge libiche, dagli sbarchi sulle coste ioniche italiane a quelli sulle isole greche, la Turchia è oggi il vero arbitro dei flussi illegali nel Mediterraneo e ha più volte minacciato e ricattato l’Unione. Eppure nessuno parla di attacco ai confini o di guerra ibrida o di tentativo di destabilizzazione dell’Europa, forse perché Berlino teme reazioni non proprio morbide della nutrita comunità turca che vive in Germania.

Il ministero della Difesa bielorusso ha respinto le accuse che “ritiene infondate e non comprovate le accuse da parte polacca”, si legge in un comunicato che accusa la Polonia di aumentare la tensione “deliberatamente” mentre Minsk accusa Varsavia di “atteggiamento disumano e indifferenza nei confronti dei rifugiati”. Al di là delle dichiarazioni, colonne di migranti sono state scortate al confine polacco da poliziotti bielorussi: in 500 hanno percorso così un’autostrada dalla città di confine di Bruzgi verso una foresta che costeggia la regione polacca di Podlaskie. Le pressioni migratorie dalla Bielorussia, a differenza di quelle ben più massicce sulle coste italiane, hanno messo in allarme persino la NATO a conferma che la vicenda si presta a venire utilizzata nel braccio di ferro con Mosca. I flussi migratori stanno “mettendo sotto pressione i nostri alleati Lituania, Lettonia e Polonia”, ha spiegato un funzionario assicurando che la NATO “è pronta ad assistere ulteriormente gli alleati e a mantenere la sicurezza nella regione”.

Persino da Washington il portavoce del dipartimento di Stato Usa, Ned Price ha dichiarato che “gli Stati Uniti condannano con forza la strumentalizzazione politica da parte del regime di Lukashenko e la coercizione di persone vulnerabili. Chiediamo al regime di mettere fine alla sua campagna di flussi orchestrati di migranti irregolari”, ha aggiunto il portavoce definendo “cinica ed disumana” la politica di Minsk, esprimendo il sostegno “alla Polonia e a tutti i nostri alleati europei che sono minacciati dalle azioni inaccettabili della Bielorussia”.

USA e NATO sui mobilitano se a trafficare clandestini è la Bielorussia “comunista e amica di Putin” ma lo stesso tema non li scalda se gli stessi traffici li gestiscono gli “alleati” turchi o organizzazioni criminali mediorientali e nordafricane. Ancora una volta pesi e misure diversi. 

Migranti sfondano la recinzione tra Bielorussia e Polonia. Merkel chiede a Putin di intervenire

A Varsavia l’incontro con il primo ministro Morawiecki. Sì all’ipotesi di finanziare barriere ai confini europei

Pubblicato da La Stampa, 10 Novembre 2021 

ROMA. Due gruppi di migranti sono riusciti a sfondare il recinto della frontiera fra Bielorussia e Polonia attraversando il confine. Lo sfondamento è avvenuto nei due villaggi di Krynki e Bialowieza. Il governo polacco ha reso noto che una cinquantina di migranti sono stati arrestati. Intanto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, apre all’ipotesi di finanziare barriere ai confini europei. E lo fa in un discorso «sullo stato dell’Europa» pronunciato ieri sera a Berlino in un evento organizzato dalla Konrad Adenauer Foundation.

Primo sì
«Abbiamo aperto il dibattito sul finanziamento da parte dell’Ue dell’infrastruttura fisica delle frontiere. Questo deve essere risolto rapidamente perché i confini polacchi e baltici sono confini dell’Ue. Uno per tutti e tutti per uno», ha detto Michel nella capitale tedesca, nel giorno in cui si celebrava la caduta del Muro di Berlino. «Stiamo affrontando un attacco brutale e ibrido ai nostri confini dell’Ue. La Bielorussia sta armando il disagio dei migranti in modo cinico e scioccante. Al nostro ultimo Consiglio europeo abbiamo condannato e deciso di rispondere a questi attacchi. Abbiamo chiesto alla Commissione di proporre tutte le misure necessarie in linea con il diritto dell’Ue e gli obblighi internazionali», ha aggiunto.

Allarme
Alla frontiera tra Polonia e Bielorussia, da giorni ci sono migliaia di migranti ammassati e che cercano di entrare in Europa; per l’Occidente è il regime di Lukashenko che li sta spingendo a sfondare i varchi e Varsavia ha accusato esplicitamente il presidente russo Vladimir Putin di aver orchestrato la crisi.

Il ministro della Difesa polacco, Mariusz Baszczak, ha reso noto che già durante la notte ci sono stati molti tentativi di violare il confine con la Bielorussia: «Ci sono già 15mila uomini alla frontiera, soldati dell’esercito polacco. Il numero è stato aumentato e naturalmente, può essere aumentato ancora di più se necessario». La Bielorussia ha accusato le forze polacche di aver picchiato alcuni migranti, nello specifico quattro persone di etnia curda, che tentavano di entrare nell’Ue, mentre aumentano le critiche nei confronti di Minsk per la «strumentalizzazione» dei migranti bloccati al confine.

4508.- Gentile ministro, la difesa dei confini è una cosa seria.

In Italia, sbarchi senza fine al Sud e illegalità diffusa.

I migranti come arma… Polonia invasa dai migranti dalla Bielorussia.

Da Scenari economici, 8 novembre 2021, di Giuseppina Perlasca

La Polonia sta lanciando un forte allarme: una grossa carovana di diverse centinaia di migranti, principalmente mediorientali e musulmani, sta attualmente camminando verso il confine orientale provenienti dalla Bielorussia. “La Bielorussia vuole provocare un incidente grave, preferibilmente con una sparatoria  e vittime”, ha detto il viceministro degli Esteri Piotr Wawrzyk in una nuova dichiarazione rilasciata alla radio pubblica polacca.

La scorsa settimana il vice primo ministro polacco Jaroslaw Kaczynski ha definito ciò che sta facendo la Bielorussia una forma di “guerra ibrida” al confine, inondando i paesi vicini dell’UE di migranti musulmani. Il ministero della Difesa polacco ha appena affermato  che oltre 12.000 soldati sono stati schierati e sono “preparati a difendere il confine polacco”, insieme a una polizia rinforzata e alla presenza di guardie volontarie, per cui il pericolo di un grave incidente è più che reale.

Immagini dal confine fra Bielorussia e Polonia

Bardzo niepokojące informacje z granicy. Na Białorusi, przy granicy z Polską, zgromadziła się duża grupa migrantów. Ruszyli właśnie w stronę granicy RP. Będą próbowali masowo wkroczyć do Polski. Informazioni molto inquietanti dal confine. Un folto gruppo di migranti si è radunato in Bielorussia, vicino al confine con la Polonia. Sono appena partiti verso il confine della Repubblica di Polonia. Cercheranno di entrare in massa in Polonia. E la Polonia è in Europa!

Il governo della Bielorussia, Lukashenko è accusato in alcuni casi di mandare letteralmente aerei carichi di migranti verso le città di confine, da cui vengono scortati e spinti dalle forze  di sicurezza statali verso i valichi di frontiera con la Polonia. Spesso i militari bielorussi non sono in divisa e minacciano i migranti con le armi.

Militari della Bielorussia vestiti come ISIS sospingono i migranti

Queste sono le immagini dal video di confine più inquietante visto finora. I delinquenti armati di Lukashenko vestiti come militanti dell’ISIS stanno letteralmente spingendo donne e bambini oltre la recinzione del confine polacco e formando uno scudo umano per impedire loro di tornare in Bielorussia. Per favore diffondete!

Gli agenti bielorussi vengono accusati di spingere le persone oltre i recinti di filo spinato dove incontrano guardie armate polacche dall’altra parte. Inoltre si sta formando un grosso convoglio con la specifica volontà di sfondare il confine ed entrare in Polonia, causando una reazione violenta di esercito e polizia di Varsavia.

La Bielorussia accusa la Polonia di comportamento disumano. Naturalmente dopo aver usato i migranti come armi..