Archivio mensile:novembre 2020

3542.- Sequestro pescatori e pescherecci a Bengasi, la Marina “smarca” dalle responsabilità il Governo. La vicenda si tinge di giallo…

Oppure, si copre di ridicolo

Pescatori e pescherecci a Bengasi

 10 Nov 2020 

Qualche giorno fa a seguito dell’articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica a firma di Vincenzo Nigro parlammo dell’ombra “imbarazzante” sul mancato intervento delle autorità italiane quella sera del primo settembre scorso quando a 35 miglia nord da Bengasi furono sequestrati da una motovedetta ed un gommone libico i due pescherecci mazaresi “Antartide” e Medinea” e diciotto pescatori (otto italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi) detenuti dall’8 settembre nel carcere di el Kuefia, a 15 km sudest di Bengasi. Nell’articolo di Nigro, attraverso fonti (crediamo alcuni pescatori imbarcati negli altri 7  pescherecci che quella sera si trovavano nella stessa zona di pesca dell’Antartide e Medinea), erano state raccontate le diverse fasi di quelle concitate ore del sequestro (in foto di copertina i due motopesca ormeggiati sotto sequestro nel porto di Bengasi) .

Dopo la richiesta di intervento da parte dei comandanti dei motopesca sequestrati (inizialmente erano 4, poi l’”Anna Madre” ed il “Natalino” erano sfuggiti) la Marina militare italiana, pur rassicurando nelle prime ore del fermo l’invio sul posto  di un elicottero AB -212Asw dal cacciatorpediniere lanciamissili “Durand de La penne” che si trovava 115 miglia ovest, successivamente, dopo un silenzio di due ore, avvertì l’armatore del “Antartide”, Marco Marrone, circa l’impossibilità di un intervento e che la questione sarebbe passata per le vie “diplomatiche”. Da allora dal governo italiano, dopo 71 giorni dal sequestro solo silenzio, nessun segnale in merito ad una presunta trattativa avviata attraverso l’intermediazione di Emirati Arabi e Russia che hanno rapporti con l’Esercito Nazionale Libico guidato dal generale Khalifa Haftar che controlla la Libia Cirenaica.

Ovviamente in molti a seguito dell’articolo de La Repubblica si sono interrogati sul perché del mancato intervento di quell’elicottero (lo stesso Questore della Camera e membro della Commissione Affari Esteri, l’on. Edmondo Cirielli, ha annunciato la presentazione di un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri Luigi Di Maio e al ministro della Difesa Lorenzo Guerini)

Che dire? 5.400 tonnellate di armi e….

Adesso attraverso un articolo pubblicato su Panorama a firma di Fausto Biloslavo si apprende che la decisione del mancato intervento per far desistere quei pochissimi miliziani cirenaici a portare a termine il loro atto di pirateria (quelle dove avvenuto il sequestro, nonostante qualcuno insista con l’invito a non pescarvi, sono acque internazionali) è da attribuire alla stessa Marina militare; la stessa Marina avrebbe confermato che la decisione di non intervenire è stata presa dal comandante della nave “Durand”, condivisa dai vertici della Marina. “Non siamo intervenuti per non mettere in pericolo i pescatori” spiega a Panorama una fonte della Marina. Lo stesso Biloslavo afferma però, e noi siamo d’accordo, che –come avvenuto per altre vicende accadute negli ultimi anni- vi erano invece i tempi di intervento e nel caso specifico la possibilità di sventare quanto meno il sequestro dei due motopesca (e quindi dei 14 uomini a bordo) lasciando ai libici solo i 4 comandanti delle navi portati sul gommone. In pratica sul mancato intervento per sventare il sequestro viene “smarcata” la parte politica, il Governo; la Marina militare, fornendo motivazioni di carattere tattico-operative, si è presa tutte le responsabilità.

Quindi la parte politica, il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, e lo stesso ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sarebbero stati avvertiti solo successivamente? E’ credibile questa tesi?

E’ mai possibile che in presenza di una vera azione di pirateria (peraltro compiuta in acque internazionali) ai danni di 18 connazionali (non vogliamo pensare cosa sarebbe successo se fossero stati funzionari o tecnici dell’Eni) e natanti italiani i militari abbiano la possibilità di decidere autonomamente senza dovere avvertire il Governo oppure il Presidente della Repubblica che –ricordiamo- è il capo delle forze armate? Qualora tutto ciò venisse ulteriormente confermato si aprirebbero interrogativi inquietanti…

Ad oggi resta il mistero sul mancato intervento per evitare il sequestro e l’imbarazzante incapacità del Governo italiano di liberare dopo 71 giorni dei cittadini italiani e lavoratori imbarcate su navi italiane. Crediamo che il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci, e gli stessi familiari dei marittimi (che in questi 71 giorni non hanno avuto nessuna notizia diretta dai loro uomini sequestrati) debbano chiedere formali spiegazioni al Governo italiano su una vicenda che rischia di entrare a pieno titolo nel capitolo giallo della storia d’Italia.

Francesco Mezzapelleblob:https://associazioneeuropalibera.wordpress.com/5c745a4d-823e-4201-942c-dee58e630c30

3541.- Dalla Costituzione del Lavoro al trattato di Lisbona.

La crisi dei popoli europei fa capo, da un lato, alla divisività fra chi è fedele ai valori della cristianità e chi si ritiene soddisfatto dalle opportunità del globalismo. Le elezioni americane ne sono la prova; dall’altro lato, fa capo alla crescente soggiacenza delle nostre istituzioni verso un’Unione europea debole e deviata. La pandemia e la crisi economica, mal gestite, hanno messo l’accento sulle conseguenze psicologiche della guerra del terrore e del collasso dell’economia che caratterizzano la gestione della pandemia di SARS-CoV-2.

L’Unione europea è un’anomalia istituzionale. Al suo interno, l’Italia non è più uno stato di diritto, ma un ente commerciale, un mercato in cui vige la legge dei mercati. La BCE è privata e tutto il sistema euro (o come piace a taluni, dell’euro-marco) è oneroso per l’Italia e sanzionatorio, insufficiente per condurre all’unione istituzione.

Con questa chiave di lettura, i fatti di Parigi e delle altre città della Francia possono essere letti come positivi, se questi movimenti di popolo contribuiranno a riportare l’Unione europea ad essere la casa di noi cittadini e a far sentire la nostra voce a livello mondiale.

Principi fondamentali che ispirano la Costituzione della Repubblica

Il potere ad ogni costo è stato un parto delle democrazie, che hanno dirazzato il principio di eguaglianza sostanziale elevando a modello gli ignoranti. Poi ché l’ignoranza e l’arroganza marciano da sempre a braccetto, di pari passo, la crescita economica non ha portato ad avere meno ignoranti, al contrario, ha prodotto ignoranti più arroganti. L’eguaglianza formale è una costruzione giuridica affermata dinanzi alla legge. Non esiste in natura, ma esiste l’ignoranza sostanziale: principio che significa che le leggi, oltre ad essere uguali per tutti, devono prevedere leggi speciali a favore delle categorie più deboli. In pratica, tutti hanno il diritto di crescere socialmente. Lavoro, Dignità, Libertà, Eguaglianza, Solidarietà sono i principi massimi, fondamentali che ispirano la Costituzione della Repubblica, ispirata alla Dignità della persona umana. Sono, ciascuno, funzione degli altri.E, infatti, non c’è Dignità senza il Lavoro, non c’è Libertà senza Dignità e, perché ciò sia, ecco che sovviene il principio di Solidarietà: Lo Stato interviene a rimuovere gli ostacoli affinché ogni cittadino abbia la sua Dignità e valga, anche per i più deboli, il principio di eguaglianza sostanziale.

Articolo 38 Costituzione
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera.

È questo , per il mio sentire democratico, l’articolo più bello e vi imbastii una mia conferenza sul Referendum costituzionale 2016, a casa dell’ANPI, dove si celebrava l’ignoranza, scandendo: “El parun, ch’el se ciave!”

Questa costruzione soddisfa anche il principio del suffragio universale, cioè, il diritto di voto concesso a tutti i cittadini che abbiano raggiunto una determinata età, senza alcuna discriminazione di sesso, di razza, perché, anche al diritto di voto, deve applicarsi il principio dell’eguaglianza. Solo così diventa tollerabile che il voto di un ignorante valga quanto quello di un cittadino consapevole. Così, la diseguaglianza diventa un divenire personale, a parità di condizioni, appunto, eguaglianza sostanziale. A garantire questi principi, provvede lo Stato, prima di tutto, attraverso il Lavoro. E, perciò, il patriota Aldo Moro volle che il principio del Lavoro fosse editato nell’articolo 1.

Articolo 1 Costituzione

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

E, infatti, gli italiani sono un popolo di lavoratori. Tanto è vero che, anche la Costituzione della Repubblica Sociale Italiana, all’articolo 9, diceva “La Repubblica è fondata sul lavoro”.

Come è stato possibile che questa somma di principi, l’uno collegato all’altro, sia stata fatta decadere al punto che gli italiani si trovano, oggi, senza Lavoro, Dignità, Libertà, Eguaglianza, Solidarietà e senza Sovranità?

Il cambiamento istituzionale per combattere l’inflazione e minimizzare i costi della disinflazione.

Garantire il principio lavoristico significa investire e la Costituzione provvedeva a ciò con la sua parte economica, per esempio, con le emissioni di Titoli di Stato da parte del Ministero del Tesoro, da cui dipendeva la Banca d’Italia, che avrebbe acquistato, residualmente, quelli eventualmente rimasti invenduti nelle aste, senza che i mercati li deprezzassero. La politica economica dei governi usava l’inflazione come strumento, tale che negli anni ’70 la lira perse il 63% del suo valore sul marco, vale a dire, scambiandosi a 464 lire per marco, dalle 170 a cui veniva cambiata all’inizio del decennio. La svalutazione aiuta il Paese rendendone più competitivi i prezzi perché’ salari e prezzi di export sono rigidi in valuta locale. L’inflazione trasferisce risorse dai creditori ai debitori. Nel caso del debito pubblico i creditori sono i risparmiatori che detengono il debito e il debitore è lo Stato. Agire sul credito e sulla leva fiscale, con una stretta, per ridurre l’inflazione, avrebbe provocato la caduta dell’occupazione, della produzione, quindi, del PIL, con riflessi negativi per la politica. Ebbene, nel 1981, si separò la Banca ‘Italia dal Ministero del Tesoro. Il cosiddetto divorzio, per diversi anni, fu soltanto un fatto formale. Già nel 1979, l’Italia aveva aderito al Sistema Monetario Europeo, SME. Il “divorzio” fu uno degli strumenti adottati per combattere l’inflazione, evitare la spirale crescente delle svalutazioni e, quindi, il deflusso dei capitali verso i mercati emergenti. Cercare di cambiare il regime della politica economica è qualcosa di più e di diverso dal cambiare la politica economica. La finalità del divorzio fu, dunque, quella di dare credibilità all’impegno antiinflazionistico della banca centrale proprio al fine di minimizzare i costi in termini di occupazione e Pil. Con il trattato di Maastricht si decise di dotare la banca centrale europea di ampi margini di autonomia per raggiungere un unico obiettivo, la stabilità dei prezzi, minimizzando i costi del controllo dell’inflazione in termini di prodotto e occupazione. 

Con l’euro, le politiche di bilancio hanno combattuto l’inflazione generando un debito pubblico non più sovrano.

Dalla Costituzione, costruita intorno alla Dignità della persona umana, da realizzarsi attraverso il Lavoro, siamo giunti all’Unione europea costruita intorno al profitto e alla competitività sui mercati mondiali. Come predisse Bettino Craxi, “L’Europa sarà per l’Italia un bagno di sangue”.

L’euro impone restrizioni sulla politica sia monetaria sia fiscale. In parte, come abbiamo visto, queste restrizioni sono state la ragione per cui lo abbiamo sostituito alla lira, cioè, per non proseguire sulla strada delle costanti svalutazioni e degli alti tassi di interesse. Non abbiamo, però, adeguato il regime della politica economica o lo abbiamo fatto timidamente e questa lacuna è stata aggravata da un mancato coordinamento di politiche fiscali fra gli stati membri, per volontà, in particolare, della Germania. Qui, stanno il limite e la debolezza dell’unione monetaria, debole, appunto, economicamente e impopolare, come ha dimostrato la Brexit e come testimoniano i movimenti cosiddetti sovranisti.

L’Unione europea è distante anni luce dalla Comunità Economica Europea dei miei entusiasmi giovanili, tuttavia, l’anomalia dell’Italia non è la separatezza fra banca centrale e Tesoro, che è condizione normale in tutti i paesi avanzati, ma una politica di bilancio che non è ancora riuscita a fare davvero i conti con il vincolo del debito pubblico. In ultima analisi, il problema dell’Italia è che la politica non è stata in grado di venire a patti con la realtà e ha continuato a promettere agli italiani di poter vivere al di sopra delle loro possibilità. Ciò ha generato un irrisolto conflitto distributivo rispetto a risorse che sono sempre scarse rispetto alle aspettative. Fino agli anni ottanta, questo conflitto si manifestò nella forma dell’inflazione, successivamente sotto la forma del debito pubblico. Ma l’interminabile crisi italiana, dagli anni settanta a oggi, ci dice che si può rinviare a lungo, ma non all’infinito; prima o poi i conti con la realtà bisogna farli.

L’euro è una moneta a debito. L’Italia con una nuova lira avrebbe il tasso di cambio di un paese politicamente instabile, con governi, istituzioni sempre più deboli e meno credibili, ed un indebitamento alto. In queste condizioni, un tasso di cambio flessibile idealizzato, ci riporterebbe a cercare la competitività attraverso le svalutazioni. Meglio è cercare la stabilità finanziaria e la riduzione del debito pubblico attraverso una politica di bilancio coraggiosa, implementando la condivisione dei debiti pubblici nell’area euro e portando la Banca Centrale Europea ad essere, per tutti, il prestatore di ultima istanza..

3540.- CONTRO L’APPROVAZIONE E LA RATIFICA DEL MES, MECCANISMO EUROPEO DI STABILITA’

Paolo Maddalena ha lanciato questa petizione e l’ha diretta a Camera dei deputati e a 1 altro/altra

Il MES nacque da un Trattato intergovernativo il 2 febbraio 2012, quando ci si accorse che la disposizione dell’articolo 123 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Trattato di Lisbona), secondo il quale: “è vietato agli Stati membri e alla BCE di salvare Stati Europei in difficoltà”, aveva prodotto effetti negativi per l’intera zona euro. Un motivo, dunque, egoistico, secondo lo stile neoliberista e non solidaristico, che ispira da tempo l’azione dell’UE. Si pensò di dare a detto Trattato intergovernativo anche l’appoggio dell’Unione, ma senza trattarlo come facente parte del “diritto europeo”, con una aggiunta all’art. 136 del Trattato di Lisbona, del seguente tenore: “Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme”. Insomma a favore degli Stati forti e dei poteri forti.
Nostro compito è stabilire se l’attuale “revisione “del Trattato intergovernativo giovi o non all’Italia.
Prescindendo dalla storia, ben nota, di questo meccanismo (nascita nel 2012, proposta di “Regolamento” nel 2017 da parte della Commissione per far entrare detto Trattato nel “diritto Europeo, fallimento di questo tentativo e convergenza verso una semplice “revisione” del MES) , ciò che oggi ci interessa è lo stato della discussione e la risposta che noi dobbiamo dare.
In proposito è da ricordare che Camera e Senato, il 19 giugno 2019, hanno invitato il governo a “non approvare modifiche che prevedano condizionalità che finiscano per penalizzare quegli Stati membri che più hanno bisogno di riforme strutturali e di sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato, e, in particolare, di opporsi ad assetti normativi che finiscano di costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti e automatici”. E’ da sottolineare, inoltre che il Presidente del Consiglio Conte ha dichiarato che l’Italia “non può concedere sul fronte del MES senza ottenere anche
sugli altri fronti”.
Il grosso pericolo sta nel fatto che questa “revisione” si inserisce in un processo di decomposizione” del “Diritto vigente”, facendo in modo che gli stessi strumenti usati per crearlo (le leggi dei Parlamenti), provvedano ora a distruggerlo con l’approvazione di leggi evidentemente incostituzionali. La istituzione del MES si pone chiaramente in questa direzione, soprattutto perché prevede la “immunità” penale, civile e amministrativa dei suoi componenti. Il Diritto non può ammettere immunità, poiché il suo cardine è “l’eguaglianza economica e sociale” di tutti i cittadini. Eliminato questo cardine, i poteri forti faranno in modo che essi siano al di sopra del Diritto, siano effettivamente “Sovrani”. E, una volta distrutta la “sovranità” degli Stati, nessuno potrà contrastarli. Saranno essi “la legge vivente”, che impone ai sudditi la propria volontà. E non può sottacersi che la politica seguita dall’Unione Europea, insieme con il Fondo Monetario Internazionale, va proprio in questa direzione, avvantaggiando i forti sui deboli e gli Stati forti sugli Stati deboli, come nel caso in esame.
Questa finalità distruttrice dell’eguaglianza, e quindi della stessa civiltà, è dimostrata anche dal fatto che la istituzione del MES prevede due linee di credito, che vanno proprio nella direzione sopra indicata:
a) “assistenza finanziaria precauzionale”, riguardanti i Paesi (forti) con situazione finanziaria solida e con un debito sostenibile”, assistenza che si concede a seguito di una “lettera di intenti”;
b) “concessione di credito soggetto a condizioni rafforzate” (tra i quali rientrerebbe l’Italia), da
concedere mediante un ”memorandum di intesa”, secondo criteri da stabilirsi da parte del MES e della Commissione Europea.
Il Ministro dello sviluppo economico Patuanelli, palesando convincimenti neoliberisti, si è sbracciato nel far ritenere che il “testo non presenta profili critici per l’Italia” e che sarebbe opportuno concentrare l’attenzione su altri aspetti del citato pacchetto, e in particolare sull’introduzione di una “garanzia comune” dei depositi e sulle sue condizioni, che non devono essere penalizzanti per l’Italia. Si tratta in particolare della “garanzia comune” (back stop) al “Fondo di risoluzione unico delle banche”, sotto forma di una linea di credito rotativo. Tale “garanzia comune” (back stop) dovrebbe “sostituire” “l’attuale strumento di ricapitalizzazione diretta” delle istituzioni finanziarie. Si tratterebbe di una soluzione che anticiperebbe il completamento “dell’Unione bancaria” (che, secondo noi) metterebbe la nostra finanza interamente nelle mani dei Paesi forti, togliendoci ulteriori spazi di sovranità). Infine, secondo il Ministro Gualtieri il testo revisionato escluderebbe che il MES si occupi di “politica economica” dei Paesi membri (invece è vero il contrario).
Quello che è certo è che il Parlamento ci ha visto bene e che il Governo dimostra la sua debolezza (sudditanza, ma in cambio di che? ndr) nei confronti dell’Europa.
Restando sul piano del sistema economico vigente, dunque, il MES è da respingere, poiché, entrando noi nella seconda “linea di credito”, aumentiamo il nostro “debito”, e, quindi, le conseguenti “privatizzazioni“ e “svendite” del “patrimonio pubblico”, il quale costituisce un “elemento strutturale” della “essenza”dello “Stato comunità” e della “sovranità” del Popolo.
Si pensi, ad esempio, che l’attuale Sistema economico dà via libera a Società di investimenti come la Black Rock, la quale ha un patrimonio di 6000 miliardi di euro e dispone di un sistema di analisi, detto ALADDIN, capace di effettuare 200 milioni di calcoli in una settimana, per valutare i dati economici finanziari, ed è capace di calcolare ogni secondo il valore di azioni, di valute estere, di titoli di credito, in miliardi di portafogli di investimento. In questo modo le sue “scommesse vanno a colpo sicuro” e non corrono alcun rischio. Detta Società è l’esempio più calzante della “dannosità” dell’attuale sistema economico predatorio neoliberista”, il quale dà la possibilità ai più potenti, non di produrre beni, ma di “rastrellare” i beni esistenti, senza compiere nessun lavoro, anzi provocando la perdita di lavoro a migliaia e migliaia di lavoratori onesti. Questo è intollerabile e tale sistema va eliminato. 

Non è una impresa facile, ma possibile. E votare contro il MES significa cominciare a prendere coscienza di questo globale e angoscioso problema.


Dobbiamo avvertire subito, tuttavia, che l’attuale “sistema economico predatorio neoliberista”, che dà così tanto spazio alla “speculazione”, è contro la nostra Costituzione e che tutte le leggi che sono state emanate in suo favore, vanno portate alla Corte costituzionale per il loro annullamento, facendo valere il “potere negativo del Popolo sovrano”, del quale, come è noto, parlava Dossetti, uno dei più influenti Padri Costituenti.

Il MES, all’incontrario, dà un forte impulso alla realizzazione del “sistema economico predatorio e
speculativo”, voluto dal “pensiero neoliberista”, il cui fine ultimo è la distruzione del “patrimonio
pubblico” e la “privatizzazione” di tutto, in modo che venga distrutta la “Comunità politica e l’uomo diventi uno “schiavo” dei poteri forti.
A differenza del “pensiero Keynesiano” e del relativo “sistema economico produttivo”, che segue la
“Natura” e la “solidarietà”, predicando la distribuzione della ricchezza alla base della piramide sociale, nonché l’intervento dello Stato (cioè di tutti i lavoratori) nell’economia, il pensiero “neoliberista vuole la ricchezza nelle mani di pochi, tra questi una forte “concorrenza” e “vieta l’intervento dello Stato nell’economia”, lasciando peraltro campo libero alla “speculazione”. Suo erroneo presupposto, come ha lucidamente posto in evidenza Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato sì”, è “lo sviluppo illimitato”, in base al quale si giustificherebbe il “consumismo”, cioè il fatto che i beni prodotti devono continuamente essere “consumati” (prescindendo dal fatto che le risorse sono limitate), per rendere “continua” “l’accumulazione
del danaro”, eretto come fine ultimo del mercato generale, libero e globalizzato. Dunque, tutto nel
mercato. Ma il mercato non ci concepisce come “persone”, ma unicamente come “consumatori” e
“produttori”, incatenati in quel circolo vizioso senza via d’uscita, dove se non si consuma non si produce e si crea disoccupazione. Quindi siamo invitati a un “consumo forzato” dove il consumo non è la fine di un prodotto”, ma “il suo fine”. Insomma ogni prodotto ha in sé il dispositivo della propria “autodistruzione” per non interrompere la “circolarità consumo-produzione” che è essenziale al mercato. L’effetto è stato quello di erigere il “mercato a legge universale degli scambi”, che ha avuto come conseguenza che il “danaro”, da “mezzo” per soddisfare i bisogni e produrre i beni, è diventato “il fine ultimo”, per conseguire il quale, si vedrà di volta in volta se soddisfare i bisogni e in che misura produrre i beni e mantenere l’occupazione. Si è verificata una “eterogenesi dei fini”. E noi che oltre il mercato abbiamo anche i “diritti umani”, facciamo prevalere il primo sui secondi. Così le nostre società vanno in rovina (questo è l’avviso di
Umberto Galimberti).
E’ utile, inoltre, tener presente che le caratteristiche del “sistema economico predatorio neoliberista” sono le seguenti:


a) Sviluppo illimitato, senza tener conto della limitatezza delle risorse.
b) Il colpo di genio della “finanza creativa” che ha trasformato la “scommessa” in danaro contante, come le cartolarizzazioni e i derivati, affidando la “produzione della moneta” alle “banche” e producendo la “finanziarizzazione” dei mercati.
c) Assoluta libertà dei mercati.
d) Conquista delle Istituzioni economiche internazionali e europee.
e) Liberalizzazioni.
f) Privatizzazioni.
g) Svendite.
h) Concessioni di servizi pubblici essenziali e fonti di energia.
i) Delocalizzazioni di imprese.
j) Licenziamento di operai.
k) Aumento del debito pubblico.
l) Diminuzione delle spese.
m) Rallentamento della circolazione monetaria.
n) Austerity.
o) Moneta presa a prestito.
p) Perdita della sovranità monetaria.
q) Perdita del patrimonio pubblico.
r) Distruzione dello Stato comunità.


Si deve sottolineare, tuttavia, che il “sistema economico predatorio neoliberista”, affermatosi in periodo di crescita economica, adesso, in fase di decrescita, mostra tutti i suoi difetti, ponendo in luce tutta la sua potenza distruttiva. L’esperienza che i vari Stati Europei stanno vivendo nella difficile lotta contro il contagio del corona virus dimostra quanto danno abbia apportato ai Paesi economicamente meno forti, questo “sistema economico”, foriero di tante disuguaglianze e egoismi, in contrasto evidente con i principi di solidarietà, dei quali pure parlano, ma inutilmente, i Trattati Europei.

Nei confronti dell’appena descritto sistema economico vigente, è evidente che Il MES assume la funzione di un “tassello” per mantenere un equilibrio economico finanziario che oramai mostra tutti i suoi limiti, ed è per questo che la guardinga Germania ha già provveduto a stabilire che la sua “esposizione” ai rischi, nell’ambito di questa Istituzione, non potrà andare oltre l’ammontare del suo contributo.
In fondo il MES è una Super banca, che assume anch’esso dei rischi e che finirà di rifarsi sul tracollo dei Paesi più deboli che accedono ai suoi finanziamenti.
D’altro canto, trattandosi in pratica di una banca di investimento, il MES dovrà ricorrere alla
“speculazione”, al fatto antigiuridico che danneggia i poveri e avvantaggia i ricchi.
I contratti aleatori (di assicurazione, compravendita di cosa futura, rendita vitalizia, giuoco, scommessa) sono tutelati, se e in quanto non producono effetti verso terzi, e non come i contratti di cartolarizzazione o di derivati che producono gravi effetti su cittadini inconsapevoli. Né si dimentichi che Il Bail in e la direttiva Bolkestein vanno proprio in questa direzione.

Firmare il Trattato di revisione del MES significa restare nell’ambito di questa insano sistema economico predatorio neoliberista. Dunque non bisogna assolutamente firmarlo.

Quello che ci sentiamo di chiedere alle Camere è una inversione di rotta su questo tema: anziché insistere nell’elaborazione del dannoso sistema economico predatorio neoliberista, esse dovrebbero agire per smontarlo pezzo per pezzo, votando leggi che contraddicano tutte le caratteristiche di questo insano sistema, che sopra abbiano elencate.
Pregiudiziale, a nostro avviso, è dare una ”definizione costituzionalmente orientata” del concetto di
“proprietà privata”, di cui all’ormai obsoleto e giuridicamente scorretto art. 832 del codice civile,
interpretandolo in modo conforme all’art. 42, comma 2, Cost., secondo il quale “la proprietà privata” “è riconosciuta e garantita dalla legge”, “allo scopo di assicurarne la funzione sociale”, e all’art. 41 Cost., secondo il quale le negoziazioni “non possono svolgersi contro l’utilità sociale o in modo da recare danno alla libertà, alla sicurezza, alla dignità umana”. Si tratta di norme precettive e imperative, che consentono l’annullamento dei contratti contrari all’utilità pubblica, ai sensi dell’art. 1418 del codice civile. 

Un disegno di legge in tal senso è stato presentato al Senato dalla Senatrice Paola Nugnes e altri e una analoga proposta è stata presentata alla Camera dall’On. Stefano Fassina.

3539.- La riforma del Mes è una trappola.

“Con la riforma del Mes finiamo in una tonnara”. Intervista a Claudio Borghi

“È stata una causa della fine del Governo gialloverde” ricorda il deputato leghista, “è ancor più folle dopo la pandemia”. Un conto è il Mes sanitario da 36 miliardi, un altro è il Mes per gli Stati ad alto debito, come il nostro, un passe-partout per la Troika.

Lidia Undiemi ha scritto: “Il Mes non è un fondo a cui accedere, ma un ente finanziario internazionale che in cambio di prestiti chiede di potere governare il paese indebitato. Oggetto di scambio è dunque la democrazia, i nostri diritti, la nostra dignità.”

L’intervista di Gabriella Cerami a Claudio Borghi
ROME, ITALY - January 23: Claudio Borghi candidate for the Northern League ( Lega Nord) during a press...
ROME, ITALY – January 23: Claudio Borghi candidate for the Northern League ( Lega Nord) during a press meeting, on January 23, 2018 in Rome, Italy. The Italian General Election takes place on March 4th 2018. (Photo by Simona Granati – Corbis/Corbis via Getty Images)

Se la riforma del Mes venisse approvata, l’Italia finirebbe “in un vicolo cieco, anzi peggio, in una tonnara”. Claudio Borghi, deputato della Lega ed ex presidente della commissione Bilancio parla alla vigilia dell’audizione parlamentare del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e dell’Eurogruppo.

Onorevole Borghi, questa riforma del Mes è stata concordata a livello di Eurogruppo a partire dal 2018 quando voi eravate al Governo. Oggi la Lega si oppone, per quale ragione?

Anche allora ci opponemmo, con forza. Facciamo un passo indietro: intanto vorrei dire che l’audizione del ministro Gualtieri, fissata per lunedì, è come sempre tardiva e insufficiente, su queste cose si discute e si vota con calma, non si fanno informative informali la mattina stessa del vertice. Punto secondo, fino ad ora abbiamo sempre parlato dei 36 miliardi del Mes sanitario, ma qui occorre precisare che si sta parlando di un’altra cosa ben più radicale ovvero della riforma del Mes, ma nessuno lo ha capito. Concluse le dovute premesse, questa riforma è iniziata nel 2018 ed è stata una delle cause della fine del governo gialloverde perché era quel punto di frizione molto forte che c’è stato tra noi e i 5stelle da una parte e la parte tecnica, quindi il ministro Tria e il premier Conte, dall’altra.

Si spieghi meglio.
Noi avevamo dato un mandato molto preciso sia a Tria sia a Conte, cioè di opporsi in sede europea. E infatti Salvini disse ‘noi non lo firmiamo’ e il M5S esaltò il veto sul blog delle Stelle. E ora, dopo un anno di pandemia, si torna a parlare della riforma del Mes, che se venisse approvata l’Italia finirebbe in un vicolo cieco.

Perché finirebbe in un vicolo cieco?
Perché a quel punto sarebbe come aver costruito una tonnara con le nostre mani, perché il sistema nuovo del Mes conduce un percorso per gli Stati ad alto debito, come il nostro, che porterà a un esito simile a quello che fu riservato alla Grecia. Quindi Troika e ristrutturazione del debito via Mes. Era un suicidio già nel 2019, figurarsi dopo la pandemia con relativo incremento del debito. Follia.

L’esecutivo sostiene che il programma Next Generation EU sia un risultato storico e non accettare la riforma sarebbe controproducente.
Se fai una riforma dove si creano i buoni e i cattivi, e tra i cattivi ci siamo solo noi ovvio che tutti gli altri Paesi siano d’accordo. Com’è possibile che altri paesi hanno potere di veto e noi invece non lo esercitiamo mai? Il problema è che Gualtieri è impossibilitato a dire no a qualsiasi cosa che chieda l’UE perché è il suo mestiere: il nostro ministro dell’Economia fa in realtà il servo dell’Eurogruppo.

La Lega dice no anche all’utilizzo del Mes sanitario. Non crede che in questo momento i 36 miliardi possano essere utili?
Abbiamo già dimostrato che è senza logica, noi in questo momento ci finanziamo sul mercato a tasso zero e senza nessun vincolo. Attenzione: ho letto che i 5stelle hanno proposto uno scambio per il quale si può dare l’ok alla riforma ma non ai soldi del Mes. No! È molto più pericolosa la riforma rispetto ai 36 miliardi. Se la riforma venisse spazzata via in cambio della raccolta di qualche miliardo del Mes sanitario ci si potrebbe anche pensare.

Palazzo Chigi sta creando una Task force e una struttura molto ampia per la gestione dei soldi del Recovery fund. Chiedete in qualche modo di farne parte e collaborare?
È ridicolo, da tutte le parti, in ogni finanziaria, ci sono soldi per assunzioni per la presidenza del Consiglio. Sta diventando un mostro, una specie di accentramento di gestione del potere, un super ministero alla Ceausescu e va di pari passo con l’esautorazione del Parlamento. Se il governo è attrezzato per governare solo con Dpcm è ovvio che ha bisogno di un miliardo di persone ma la nostra democrazia non dovrebbe funzionare così. C’è il personale dei ministeri, c’è il Parlamento e ci sono le commissioni.

3538.-Medio Oriente più stabile grazie a Trump, che ha ribaltato dogmi decennali e politiche fallimentari

Simone Zuccarelli di Simone Zuccarelli, in Esteri, Quotidiano, del atlanticoquotidiano.it

Recentemente è apparso un interessante articolo su Foreign Policyriguardo l’eredità mediorientale dell’amministrazione Trump. Secondo l’autore, a differenza di quanto pronosticato da vari esperti, l’azione degli Stati Uniti negli scorsi quattro anni è stata decisamente più efficace rispetto agli anni/decenni precedenti. Andando contro quelle che erano le teorie più gettonate, infatti, l’amministrazione Trump ha attuato una politica che è stata in grado di ottenere la progressiva integrazione di Israele nell’area, il contenimento dell’Iran e dei suoi protetti e, in generale, una regione più stabile rispetto a quattro anni fa.

Questo è stato possibile grazie al rigetto di tutta una serie di convinzioni e approcci mainstream che avevano dominato la politica americana in Medio Oriente negli anni di Obama e che affondano le loro radici nell’approccio liberal-internazionalista in voga fin dalla fine della Guerra Fredda – ma di più antica origine. In particolare, cinque grossi errori di valutazione spiccano tra numerosi altri.

Innanzitutto, era convinzione comune che un accordo tra Israele e Paesi arabo-sunniti sarebbe stato impossibile fino alla risoluzione della questione israelo-palestinese. In realtà, i recenti Accordi di Abramo e l’incontro segreto tra Netanyahu e Mohammed Bin Salman mostrano come la questione israelo-palestinese sia, oramai, solo di secondaria importanza per Paesi come Emirati Arabi Uniti o Arabia Saudita, decisamente più preoccupati della minaccia iraniana e interessati a una partnership strategica ed economica con Israele. Tutto questo era prevedibile, ma molti esperti e analisti sono rimasti vittime di convinzioni derivanti da una comprensione errata delle relazioni internazionali, delle dinamiche mediorientali o, semplicemente, di bias ideologici.

Quest’ultima considerazione vale anche per il riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele (6 dicembre 2017) e il conseguente spostamento dell’ambasciata statunitense. Tale mossa avrebbe dovuto causare rivolte diffuse in tutto il mondo arabo e indebolire decisamente la posizione statunitense in Medio Oriente. In realtà tutto ciò non è avvenuto, proprio perché le dinamiche nell’area sono cambiate negli ultimi anni.

Un’altra convinzione forte era che l’Iran Deal sarebbe servito anche per moderare l’aggressività iraniana. Tuttavia, già verso la fine dell’amministrazione Obama appariva chiaro che il piano non stesse funzionando come previsto: Teheran, infatti, non mostrava di voler rinunciare alla sua politica di destabilizzazione e aveva iniziato a utilizzare le maggiori risorse sbloccate dall’accordo per finanziare i suoi proxy nell’area. La campagna di “massima pressione” lanciata dall’amministrazione Trump, invece, ha obbligato un Iran provato economicamente a invertire, almeno parzialmente, la rotta.

Sempre riguardo l’Iran, altre due valutazioni si sono rivelate decisamente sbagliate. Innanzitutto, l’uccisione del generale Soleimani avrebbe dovuto scatenare una durissima rappresaglia iraniana. In realtà ciò non si è verificato. Allo stesso modo, c’era la convinzione che l’uscita unilaterale dal Jcpoa non sarebbe stato un successo per Trump in quanto le aziende europee, protette da Bruxelles, avrebbero continuato a intrattenere rapporti commerciali con l’Iran, indebolendo decisamente l’azione di Washington. In realtà, le sanzioni e la minaccia di sanzioni statunitensi sono state un deterrente più che sufficiente a convincere le aziende europee che il “gioco non valeva la candela”. In sostanza, questi quattro anni hanno mostrato la fallacia di diversi assunti ritenuti insindacabili da vari esperti e analisti.

Se questi ultimi, insieme all’amministrazione Biden, non ripartiranno dalle lezioni dei quattro anni appena trascorsi e non leggeranno adeguatamente la realtà sul terreno, innanzitutto difficilmente la politica mediorientale statunitense potrà rivelarsi efficace e, secondariamente, gli stessi esperti e analisti continueranno a produrre valutazioni sbagliate e strategie già destinate a fallire in partenza.

Simone Zuccarelli

Simone Zuccarelli

Coordinatore Nazionale e Research Fellow, Comitato Atlantico Italiano; Presidente, YATA Italy; Acting President, YATA International.

3537.- C’era una volta il C.S.M., c’era la Magistratura… c’era la Repubblica.

Ieri, a Parigi, bruciava la Banca di Francia, la polizia fuggiva inseguita dall’urlo della folla. Qui, silenzio. Non si deve dire né sapere. Non è questo che vogliamo, ma un popolo che scende in piazza per rendere omaggio a Maradona e che non fa nulla per far valere i propri diritti merita questo Stato e questo Governo… Quando la Costituzione è violata impunemente da chi Le ha giurato fedeltà: istituzioni, forze dell’ordine, in primis, significa che i presidenti, i magistrati, tutti hanno fallito, il Parlamento è fallito e la parola deve tornare al popolo: Come in Francia? Vorrei dire di no, ma senza più la Giustizia, dirò Sì. La Costituzione è chiara: “La sovranità appartiene (cioè sempre) al popolo. Chi non rappresenta il popolo, è niente. Il caso Palamara, in realtà, caso Consiglio superiore della magistratura, se non, addirittura, Caso Mattarella, ci ha detto che la magistratura non è autonoma, non è indipendente e, a questo punto, non è onesta. Se così è e lo è, se il potere esecutivo sovrasta il potere legislativo e la funzione giurisdizionale; se vengono a mancare la divisione dei poteri e questa funzione fondamentale dello Stato, attuata attraverso funzionari dello Stato che si denominano Magistrati, fallisce, ebbene, è eversione! La Repubblica, lo Stato non esiste più e, a colui che tutto questo doveva garantire non accadesse mai, dico: Nemmeno Lei, presidente della Repubblica e del Consiglio superiore della magistratura, anche Lei non è più.  

Antonio Coniglio porta questo esempio:

Processo senza prove, per il Pm Raffaele Lombardo “Aveva la mafia dentro…”

Antonio Coniglio, Sergio D’Elia — 29 Novembre 2020

Processo senza prove, per il Pm Raffaele Lombardo “Aveva la mafia dentro…”

È il 29 marzo 2010 e sull’Esa, la sede catanese della presidenza della regione, come in un romanzo gotico, cala improvvisamente un velo di inquietudine. La vicenda giudiziaria, che condurrà alle dimissioni da presidente della regione Raffaele Lombardo, si abbatte improvvisa sulla terra di Sciascia. È la stampa a notificarla, per pubblici proclami, ai siciliani. L’indagato, che allora è l’inquilino di palazzo d’Orleans, apprende dalla carta stampata di rischiare l’arresto. Non basterà la smentita della procura intenta a negare ipotesi di misure cautelari. L’informazione plasma, orienta, crea, divide. I titoli sensazionalistici vanno in scena per mesi, per anni. Serpeggiano come un crocchio di manzoniana memoria. Ben 16 titoli di apertura del Tg1 delle ore 20 vengono dedicati al processo Lombardo e il direttore Minzolini viene censurato dal comitato di redazione per accanimento.

I magistrati catanesi appaiono in disaccordo: un procuratore capo e un aggiunto (attuale procuratore capo di Catania) derubricano il reato a voto di scambio ma i sostituti non ci stanno. La questione finisce dinnanzi al Consiglio superiore della magistratura. Sull’imputazione decide un Gup che dispone l’imputazione coatta per concorso esterno in associazione mafiosa. Lombardo si ritrova coinvolto in un doppio binario, sotto processo per concorso esterno e per voto di scambio, con buona pace del ne bis in idem. Oggi, dopo una condanna di primo grado, una assoluzione in appello, un annullamento con rinvio della suprema corte di cassazione, l’appello bis di quel processo è alle battute finali.

In quel sacco dalle pareti elastiche, manca sempre il tassello principale: qual è il fatto di reato commesso dall’ex presidente della regione siciliana? In cosaLombardo avrebbe favorito la mafia e in cosa la mafia sarebbe stata favorita da Lombardo? È un processo indiziario che si fonda sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che irrompono nel bel mezzo del bailamme mediatico. I collaboratori raccontano di vecchi incontri, di summit, di collegamenti con il presidente della regione. Non c’è però una sola intercettazione telefonica o ambientale, nonostante il politico siciliano sia finito nel grande fratello di Gioacchino Genchi, nella quale si trovi un riscontro fattuale, che configuri il fatto di reato. I pentiti parlano, accusano ed entrano nel romanzo. Marco Pannella avvisava che, quando i giornali anticipano le notizie, c’è sempre il rischio che scatti la presunzione utilitaristica in chi collabora. Il collaboratore arriva dopo la notizia, sa di servire al processo e diventa egli stesso l’unica ancora del fatto di reato.

I Pm argomentano che Lombardo sarebbe nato in un contesto mafioso e avrebbe studiato dai salesiani. Come il boss dei boss: Nitto Santapaola. Una sorta di destino cinico e baro, di predestinazione alle relazioni pericolose. Lombardo mafioso perché nato nel territorio di Ciccio La Rocca (che poi è pure il territorio di don Luigi Sturzo), Lombardo mafioso perché conosce il boss Rosario Di Dioche però è stato pure sindaco e avrà incontrato pure prefetti, vescovi e procuratori. Il boss si sarebbe presentato a un consorzio di bonifica, raccomandato da Lombardo, per regolare una sua situazione debitoria. Particolare non di poco conto: non sarebbe neanche stato ricevuto dai dipendenti della struttura. Lombardo mafioso perché i pentiti dicono che è amico loro ma forse ha pure tradito la mafia.

E il fatto, il re del diritto penale? Pare per esempio, secondo l’accusa, che Lombardo avrebbe agevolato l’organizzazione criminale nell’assegnazione di un appalto per la realizzazione di alloggi per i militari di Sigonella. Il tentativo ipotetico, mai provato, non sarebbe andato a buon fine ma basta ciò per aprire le porte al sospetto. Il geologo Barbagallo, in odore di mafia, si lamenta telefonicamente di essere stato penalizzato da Lombardo e, per le elezioni regionali, giura di non esser passato neanche dalla sua porta ma è un altro elemento chiave del processo. Lombardo avrebbe avuto rapporti con il boss Bevilacqua talmente stretti da redarguire un tale Bonfirraro perché quest’ultimo sostiene alle elezioni il candidato vicino a Bevilacqua e non il suo.

Il pentito Caruana parla del misterioso summit di Barrafranca che non lascia traccia come i beati paoli, il mafioso Palio dice che il clan cercava voti per il politico di Grammichele da prima del ‘98, tesi confermata dal super pentito Santo La Causa. C’è da interrogarsi su come sia possibile che le accuse del pentito D’Aquino agli uomini di Lombardo, per le quali questi hanno raggiunto l’assoluzione, possano ricadere misteriosamente sull’ex presidente della regione. E ancora se possano, in uno stato di diritto, assumere rilevanza i racconti del collaboratore Francesco Schillaci che avrebbe appreso, affacciatosi come Romeo dalle finestre del carcere di massima sicurezza di Opera, dal boss La Rocca che Lombardo era un fidato amico di quest’ultimo.

Sembra di trovarsi dinnanzi alla preoccupazione paventata da Luigi Ferrajoli in La mutazione sostanzialistica del modello di legalità penale. Sembra di assistere a un reato di status e non a un reato di azione o di evento. Per cosa si dovrebbe punire Lombardo, quale fatto ha commesso? Per un summit nel quale non c’è traccia della sua presenza, un favore alla mafia mai provato? È come se, nella terra nella quale si è passati dalla “mafia non esiste” al “tutto è mafia”, il consenso debba essere sempre e comunque inficiato dalla mano mafiosa. E Lombardo di voti ha fatto man bassa in ogni competizione elettorale. Raffaele Lombardo è diventato un tipo d’autore. È il taterschuld, la colpa d’autore, la colpa per il modo d’essere.

Ciò che conta è il modo di essere dell’agente, ciò che si ritiene l’agente sia. L’essenza della colpa d’autore sta nel rivolgersi alla psiche dell’uomo, alla sua mentalità. Lo stato non si interessa soltanto dell’azione esterna ma si arroga finanche il diritto di assurgere a stato etico. La potestà punitiva incide sulla sfera spirituale dell’individuo. È la fine della separazione tra diritto e morale: il tramonto dello stato di diritto. Come ha scritto Tullio Padovani: «L’oggetto del rimprovero di colpevolezza consiste nell’aver plasmato la propria vita in modo da acquisire una presunta personalità delinquenziale».

Quando il caso giudiziario è esploso Raffaele Lombardo compiva 60 anni. Qualche giorno fa ha festeggiato il suo 70° compleanno. L’esperienza di un governo regionale venne interrotta ex abrupto e, per dieci anni, un uomo è stato sottoposto alla potestà punitiva dello Stato accompagnato dallo stigma della mafiosità. Il punto non è se l’ex presidente della regione siciliana abbia governato bene o male, se sia simpatico o antipatico, se sia gelido o affabile, se sia un riformatore o una macchina di consensi clientelari. La questione è il fatto: indicateci il fatto di reato! Sarebbe possibile condannare un uomo, chiunque esso sia, solo sulla base delle dichiarazioni dei pentiti? No, non è possibile. I posteri ci diranno quanto nell’affaire Lombardo, nel suo crucifige, abbia inciso la sua scelta di bloccare i termovalorizzatori in Sicilia, di scontrarsi con poteri più forti di lui.

Questo è il giudizio storico ma la potestà punitiva deve attenersi rigorosamente al fatto e non può trattare i fatti come pesci sul banco del pescivendolo. A colpi di mannaia, di giudizi moralistici un tanto al chilo. Il giudice deve stare lontano dal verminaio delle passioni. Solo così non si scriveranno romanzi gotici ma si recupererà il senso più profondo dello “ius dicere”, dell’affermare il diritto.

Oggi, sul processo Lombardo, a un passo dalla sentenza, occorre finalmente esercitare la virtù del dubbio. Senza la virtù del dubbio, il finale è già scritto. La chiusa non sarà una manifestazione di forza della prova giuridica, ma una prova di forza del “diritto del nemico”. È la terribilità – come ammoniva Sciascia – nemica del diritto e della giustizia, che condanna non per quel che si è fatto ma per quel che si è, che non ci libera dal male, ma ci libera dai “cattivi”.

3536.- Pennsylvania: I brogli diventano certezza. Prematuro certificare la vittoria di Biden.

Rep. Reschenthale: 'Premature' for Pennsylvania to Certify Election Results for Biden

Rep. Reschenthale: “Prematuro” per la Pennsylvania certificare i risultati delle elezioni a favore di Biden.

Supporters of President Donald Trump gather outside of the Wyndham Gettysburg hotel prior to a Pennsylvania Senate Majority Policy Committee public hearing to discuss the 2020 election issues and irregularities, in Gettysburg, Pa., on Nov. 25, 2020. (Samuel Corum/Getty Images)
I sostenitori del presidente Donald Trump si riuniscono fuori dall’hotel Wyndham Gettysburg prima di un’audizione pubblica del Comitato per la politica della maggioranza del Senato della Pennsylvania per discutere le questioni e le irregolarità delle elezioni del 2020, a Gettysburg, Pennsylvania, il 25 novembre 2020 (Samuel Corum / Getty Images)

Senatore della Pennsylvania: “Sempre più prove” mostrano che le elezioni sono state compromesse

BY ZACHARY STIEBER November 28, 2020

A growing body of evidence shows the presidential election in Pennsylvaniawas compromised, a state senator said Saturday.

“Ci sono prove crescenti che le elezioni presidenziali della Pennsylvania sono state compromesse. Se questo è il caso, ai sensi dell’articolo II, sezione 1.2 della Costituzione degli Stati Uniti d’America, il legislatore statale ha la sola autorità di dirigere il modo di selezionare i delegati al collegio elettorale “, ha detto su Twitter il senatore Doug Mastriano, repubblicano. “Questo potere è stato dato al legislatore statale allo scopo di salvaguardare la nomina del nostro presidente, contemplando in particolare la corruzione e assicurando che le persone non siano private dei diritti civili attraverso un processo elettorale corrotto”, ha aggiunto. “Pertanto, stiamo introducendo una risoluzione per esercitare il nostro obbligo e la nostra autorità di nominare delegati al collegio elettorale”. La Costituzione degli Stati Uniti d’America è la legge suprema degli Stati Uniti d’America.

La Sezione 1.2 della Costituzione recita: Gli elettori — la cui data di nomina è stabilita dal Congresso — si riuniscono nei rispettivi Stati e nel medesimo giorno stabilito dal Congresso per tutti gli Stati, procedono contemporaneamente a due votazioni separate per il Presidente e il Vice Presidente, trasmettendo i ri­ sultati in piego sigillato al Presidente del Senato degli Stati Uniti, che procede poi allo spoglio in presenza del Senato e della Camera dei rappresentanti. Se nella votazione per il Presidente nessuno dei candidati ha ottenuto la maggioranza assoluta, allora la Camera dei rappresentanti pro­cede subito alla votazione di ballottaggio tra i tre candi­dati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, avendo la rappresentanza di ogni Stato un solo voto. Se la Ca­mera non elegge il Presidente prima del 20 gennaio (XX emendamento del 1933), assume le funzioni di Presidente il Vice Presidente come nel caso di morte e di altra inca­pacità costituzionale del Presidente. Quanto al Vice Pre­sidente, se nell’elezione nessuno ha raggiunto la maggio­ranza, è il Senato che lo elegge tra i due candidati alla Vice Presidenza che hanno ottenuto il maggior numero di voti.

Mastriano e altri legislatori dello stato hanno annunciato venerdì che presenteranno presto una risoluzione per contestare i risultati delle elezioni, sostenendo che “le irregolarità documentate e le irregolarità associate al voto per corrispondenza, riguardo alla preselezione e alla propaganda, hanno compromesso il nostro processo elettorale e, di conseguenza, non possiamo accettare la certificazione dei risultati nelle competizioni in tutto lo stato. “

La risoluzione chiede alla Camera dei rappresentanti della Pennsylvania di riconoscere le presunte irregolarità e irregolarità e di disapprovare ciò che i legislatori descrivono come violazione dell’autorità dell’Assemblea generale di regolamentare le elezioni. Il segretario di Stato della Pennsylvania Kathy Boockvar ha prorogato il termine per la votazione per corrispondenza senza l’autorizzazione del legislatore. La Corte Suprema degli Stati Uniti all’inizio di questo mese ha ordinato ai funzionari elettorali della Pennsylvania di separare le schede che sono arrivate dopo la scadenza fissata in precedenza fino a quella prorogata, mentre i giudici valutavano se l’azione fosse legale.

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Il presidente Donald Trump (L) e il candidato alla presidenza democratica Joe Biden nelle fotografie dei file. (Getty Images)

I legislatori della Pennsylvania hanno anche affermato nella risoluzione che disapprovano e non sono d’accordo con la certificazione dei risultati elettorali, definendola “prematura”, e vogliono che Boockvar e il governatore Tom Wolf, un democratico, ritirino o lascino la certificazione. E hanno chiesto al Congresso degli Stati Uniti “di dichiarare in discussione la selezione degli elettori presidenziali in questo Commonwealth”.

I repubblicani controllano la Camera e il Senato in Pennsylvania, ma non è chiaro se hanno abbastanza sostegno per fare approvare la risoluzione. Finora, ventisei dei 203 membri della Camera stanno co-sponsorizzando la risoluzione.

Mastriano ha affermato che il legislatore sta cercando di rivendicare il proprio potere di nominare gli elettori dello stato al Collegio elettorale, un meccanismo insolito che, raramente, è stato attivato nella storia degli Stati Uniti (nel 1801 e nel 1925.ndr). “Abbiamo una lotta per le mani e combatteremo. Se necessario, porteremo la battaglia fino alla Corte Suprema “, ha detto.

Trump ha scritto su Twitter all’inizio di sabato che ha “vinto in Pennsylvania molto, forse più di quanto si saprà mai”, definendo le elezioni “TRUCCATE, RIGGED”. I risultati attuali mostrano che ha vinto Biden, il candidato alla presidenza democratica. Il comitato per la campagna elettorale di Biden ha respinto le accuse di frode elettorale. In unacausa separata, venerdì un giudice ha detto che i repubblicani che hanno intentato una causa, sfidando una legge sul voto per corrispondenza approvata lo scorso anno, probabilmente avranno successo.

“I firmatari sembrano aver stabilito una probabilità di successo nel merito perché (i firmatari) hanno affermato che la Costituzione non fornisce un meccanismo per il legislatore per consentire l’estensione del voto per assente senza un emendamento costituzionale”, il giudice del Commonwealth Patricia McCullough, che ha bloccato la certificazione dei risultati delle elezioni della Pennsylvania, lo ha scritto nella sua sentenza.

Ivan Pentchoukov and Jack Phillips

Pennsylvania Senator Suspended by Twitter After Election Hearing Speaks Out

Senatore della Pennsylvania sospeso da Twitter dopo l’udienza in cui ha parlato

The Pennsylvania Senate Majority Policy Committee holds a public hearing Wednesday at the Wyndham Gettysburg hotel to discuss 2020 election issues and irregularities with President Trumps lawyer Rudy Giuliani in Gettysburg, Pa., on Nov. 25, 2020. (Samuel Corum/Getty Images)
Il 25 novembre 2020 il Comitato per la politica della maggioranza del Senato della Pennsylvania ha tenuto un’audizione pubblica presso l’hotel Wyndham Gettysburg per discutere le questioni elettorali del 2020 e le irregolarità con l’avvocato del presidente Trumps Rudy Giuliani a Gettysburg, Pennsylvania. (Samuel Corum / Getty Images)

I repubblicani della Pennsylvania presentano la risoluzione sulle controversie intorno ai risultati delle elezioni

BY IVAN PENTCHOUKOV  November 28, 2020

I legislatori repubblicani dello Stato in Pennsylvania ,venerdì, hanno annunciato una risoluzione che presto presenteranno per contestare i risultati delle elezioni del 2020. Il testo della risoluzione, pubblicato in una nota il 27 novembre, afferma che i rami esecutivo e giudiziario del governo dello Stato, cosiddetto Keystone: pietra miliare, hanno usurpato il potere costituzionale del legislatore per stabilire le regole delle elezioni.

La risoluzione “dichiara che la selezione degli elettori presidenziali e altri risultati del concorso elettorale in tutto lo stato in questo commonwealth è controversa” e “esorta il segretario del commonwealth e il governatore a ritirare o lasciare la certificazione degli elettori presidenziali e a ritardare la certificazione dei risultati in altri concorsi elettorali, che, in tutto lo stato hanno votato alle elezioni generali del 2020 “.

Inoltre “esorta il Congresso degli Stati Uniti a dichiarare in discussione la selezione degli elettori presidenziali in questo Commonwealth”. I membri dell’Assemblea generale della Pennsylvania hanno dichiarato in una dichiarazione: “Durante le elezioni generali del 2020 si sono verificati numerosi compromessi sulle leggi elettorali della Pennsylvania.

Le irregolarità documentate e le irregolarità associate alla votazione per corrispondenza, al preselezione e alla propaganda hanno minato il nostro processo elettorale e di conseguenza non possiamo accettare la certificazione dei risultati nelle gare in tutto lo stato “.

Inoltre “esorta il Congresso degli Stati Uniti a dichiarare in discussione la selezione degli elettori presidenziali in questo Commonwealth”. I membri dell’Assemblea generale della Pennsylvania hanno dichiarato in una dichiarazione: “Durante le elezioni generali del 2020 si sono verificati numerosi compromessi sulle leggi elettorali della Pennsylvania.

Come detto e ridetto, “Le irregolarità documentate e le irregolarità associate alla votazione per corrispondenza, al preselezione e alla propaganda hanno minato il nostro processo elettorale e di conseguenza non possiamo accettare la certificazione dei risultati nelle gare in tutto lo stato”.

  1. In primo luogo, il 17 settembre, la Corte suprema della Pennsylvania “illegalmente e unilateralmente” ha prorogato il termine entro il quale si potevano ricevere le schede per corrispondenza, ha imposto che le schede senza timbro fossero trattate come giunte tempestivamente e ha consentito che le schede senza una firma dell’elettore verificata fossero accettate.
  2. In secondo luogo, il 23 ottobre, su petizione del segretario del Commonwealth, la Corte Suprema della Pennsylvania ha stabilito che le firme sulle schede per corrispondenza non devono essere autenticate e
  3. in terzo luogo, il 2 novembre, il segretario del Commonwealth “ha incoraggiato alcune contee a notificare ai rappresentanti del partito e dei candidati gli elettori per posta i cui voti contenevano difetti”, afferma la risoluzione.

Tutte queste modifiche sono contrarie al Codice elettorale della Pennsylvania, che richiede che le schede elettorali per posta vengano ricevute alle 20:00. il giorno delle elezioni; impone l’autenticazione delle firme sulle schede per corrispondenza; vieta il conteggio delle schede per corrispondenza errate.

La risoluzione elenca anche una serie di irregolarità elettorali e potenziali frodi, comprese le questioni sollevate dai testimoni durante l’udienza davanti alla commissione per la politica della maggioranza del Senato della Pennsylvania il 25 novembre.

“Il 24 novembre 2020, il Segretario del Commonwealth ha certificato, unilateralmente e prematuramente, i risultati delle elezioni del 3 novembre 2020 riguardanti gli elettori presidenziali nonostante il contenzioso in corso”, afferma la risoluzione. “La Camera dei rappresentanti della Pennsylvania ha il dovere di garantire che nessun cittadino di questo Commonwealth venga privato dei diritti civili, per insistere sul fatto che tutte le elezioni siano condotte secondo la legge e per garantire al pubblico in generale che ogni voto legalmente espresso venga contato accuratamente “.

Il senatore dello stato della Pennsylvania Doug Mastriano, un repubblicano, ha detto venerdì che Il legislatore dello stato farà una proposta per rivendicare il suo potere di nominare gli elettori dello stato al collegio elettorale, dicendo che potrebbero iniziare il processo il 30 novembre.

“Quindi, faremo votare una risoluzione tra la Camera e il Senato, si spera oggi”, ha detto venerdì alla War Room di Steve Bannon. “Ho passato due ore online cercando di coordinare questo con i miei colleghi. E ci sono molte brave persone che lavorano qui. Dicendo che la risoluzione dice che ci riprenderemo il potere. Faremo sedere tranquilli gli elettori. Ora ovviamente avremo bisogno del sostegno della leadership della Camera e del Senato, ci stiamo arrivando “.

Jack Phillips 

I funzionari delle elezioni del Wisconsin affermano che la Corte Suprema dello Stato non dovrebbe poter invalidare le elezioni

Election officials from around Dane County bring ballots into the Monona Terrace in Madison, Wis., for a recount, on Nov. 19, 2020. (Steve Apps/Wisconsin State Journal via AP)
Funzionari elettorali della contea di Dane portano le schede nella Monona Terrace a Madison, Wis., Per un riconteggio, il 19 novembre 2020. (Steve Apps / Wisconsin State Journal tramite AP)

I funzionari elettorali del Wisconsin hanno chiesto venerdì alla Corte suprema dello stato per non invalidare le elezioni del 3 novembre. La Commissione elettorale del Wisconsin ha detto che i querelanti che hanno presentato una petizione di emergenza all’inizio di questa settimana hanno avanzato argomenti che poggiano “su basi legali e fattuali più inconsistenti”.

“Si inizia con un buffet di argomenti legali privi di merito su come sono state condotte le elezioni, inclusa una controversia, già discussa, con alcune città sull’accettazione di fondi di sovvenzione e litigi con i consigli della Commissione elettorale su cui gli impiegati locali e gli elettori hanno fatto affidamento per il calcolo e il conteggio delle schede elettorali “. Così ha detto la commissione in un provvedimento depositato in tribunale.

“Anche se i firmatari avessero identificato alcuni errori legali sparsi – e non l’hanno fatto – l’unica base fattuale che offrono per mostrare la portata di tali problemi è una cosiddetta” relazione di esperti “piena di difetti evidenti. Questa Corte non può invalidare un’intera elezione in tutto lo stato, basata su queste affermazioni frivole oltre ogni limite “.

La Wisconsin Voters Alliance e altri querelanti hanno chiesto alla Corte Suprema del Wisconsin di ingiungere la certificazione delle elezioni, trasferendo la scelta degli elettori alla legislatura statale, controllata dai repubblicani.

Il progetto Amistad della Thomas More Society, che ha presentato la petizione, ha affermato di aver identificato oltre 150.000 schede potenzialmente fraudolente, “più che sufficienti per mettere in discussione la validità dei risultati elettorali riportati dallo stato”.

La commissione elettorale ha affermato che il caso manca di merito e che i firmatari non sono legittimati.

“Quanto richiesto dai firmatari è più che straordinario: è illegale. Non identificano una singola fonte di diritto statale che consentirebbe a questa Corte di ignorare il metodo stabilito dalla legge per la scelta degli elettori presidenziali – un voto popolare in tutto lo stato – e semplicemente consegnare la scelta al legislatore statale. Questo perché non c’è un solo statuto nel nostro codice elettorale statale che preveda questo tipo di sollievo straordinario ”, afferma il nuovo documento.

“Invece, sembrano affermare che la legge federale consenta questo rimedio sorprendente. Non è così. L’override del metodo stabilito dalla legge del Wisconsin per la scelta degli elettori presidenziali, dopo che si sono svolte le elezioni, è precluso dall’articolo II della Costituzione degli Stati Uniti e violerebbe i diritti costituzionali del giusto processo degli oltre 3,2 milioni di elettori che priverebbe del diritto di voto “.

Epoch Times Photo
Meagan Wolfe, il capo della Commissione elettorale del Wisconsin, parla durante una conferenza stampa virtuale il 4 novembre 2020 (Commissione elettorale del Wisconsin tramite Reuters)

In risposta, Phill Kline dell’Amistad Project ha dichiarato a The Epoch Times: “Non mi aspetto che chi ha creato questa gestione di queste elezioni, che ha radicalmente eluso o ignorato la legge statale, dicesse qualcos’altro”.

“Penso che la vera domanda sia per loro, era diverso da quello che dice la legge statale? Era diverso da quello che hai fatto prima? E devono rispondere “sì, sì, sì, sì, sì” a tutte queste domande “.

La commissione è un’agenzia che include membri di entrambe le parti. È responsabile dell’amministrazione e dell’applicazione delle leggi elettorali.

Meagan Wolfe, che la commissione ha nominato principale funzionario elettorale statale nel 2018, ha detto all’inizio di questo mese di non aver visto prove a sostegno di affermazioni di “questioni elettorali sistemiche o diffuse”.

Secondo risultati non ufficiali, il candidato presidenziale democratico Joe Biden ha battuto il presidente Donald Trump nello stato di circa 20.000 voti. Trump ha vinto nel Wisconsin nel 2016.

La commissione ha ordinato il riconteggio di due contee sulla base di una richiesta della campagna di Trump. I funzionari della contea di Dane stanno ancora conducendo il conteggio. I funzionari della contea di Milwaukee hanno annunciato venerdì di aver finito, terminando con Biden in testa con 132 voti in più rispetto a prima.

Un’altra causa è stata intentata il 27 novembre in Wisconsin.

La causa, presentata alla Corte Suprema del Wisconsin, cerca di impedire allo Stato di certificare i risultati elettorali, sostenendo che tutte le schede elettorali espresse tramite caselle di memoria sono illegali e dovrebbero essere scartate, e se tali schede non possono essere identificate in modo affidabile per il rigetto, allora lo Stato il legislatore dovrebbe nominare la propria lista di elettori presidenziali.

Tom Ozimek

E le elezioni continuano.

29 novembre. AGGIORNAMENTO

Usa 2020, anche la Pennsylvania respinge il ricorso di Trump. Intanto Twitter cancella i post del presidente uscente che parlano di “molti voti illegali”

 melania trump
IPA

Anche dalla Corte suprema dello stato della Pennsylvania ha respinto il ricorso dei repubblicani volto a fermare la certificazione dei risultati delle elezioni presidenziali che danno la vittoria a Joe Biden. Il presidente uscente, Donald Trump, però non si arrende, a ha annunciato azioni legali anche in Wisconsin. Intanto Twitter ha cancellato i post di Trump che parlavano di “molti voti illegali”. TGCOM24

3535.-“Troppi segreti”. Così la bibbia inglese della scienza stronca i tre vaccini anti-Covid

Da Il Tempo

Tutto quello che non quadra nelle sperimentazioni nell’atto d’accusa della prestigiosa rivista britannica. Carlantonio Solimene, 27 novembre 2020

Un atto d’accusa durissimo alla sperimentazione dei vaccini anti-Covid. Partito non da un blog di no-Vax, bensì dal British Medical Journal, una delle riviste che – assieme a Lancet – si contende la palma di vera e propria bibbia della scienza.

A firmalo è l’editore associato Peter Doshi, che si chiede quanta attendibilità possano avere i roboanti annunci fatti in serie da Pfizer, Moderna e Astrazeneca sull’efficacia dei propri ritrovati. Annunci che, a prima vista, sembrano davvero autorizzare all’ottimismo – con percentuali di efficacia dei vaccini oltre il 90% dei casi – ma che, se si analizza la questione più in profondità, lasciano perplessi i protagonisti della comunità scientifica.

Non c’è solo il caso Astrazeneca a preoccupare il British Medical Journal. Certo, la vicenda del dosaggio sbagliato potrebbe essere la spia di una sperimentazione non immune da altri errori, magari dettati dalla fretta di arrivare al risultato finale. Ma la prestigiosa rivista settimanale inglese getta un’ombra anche sui due prodotti americani. Accusati, in particolare, di aver adottato una politica di scarsissima trasparenza sui dati. Proferendo annunci che, oltre a creare una grande aspettativa in un mondo messo in ginocchio dall’epidemia da Coronavirus, mettono anche una grande pressione sulle autorità che poi dovranno validare definitivamente i vaccini prima della loro diffusione.

Ma quali sono i dati che mancano? Innanzitutto specifiche maggiori sul campione che si è sottoposto alla sperimentazione. Per dire, niente è trapelato sull’efficacia dei farmaci in alcune sottocategorie importanti, ad esempio gli anziani fragili. Inoltre, ancora non si sa delle prestazioni del vaccino a 3, 6 o 12 mesi. La percentuale di efficacia dei vaccini influenzali, invece, viene calcolata in base alla durata del periodo di copertura: una stagione. Nè, infine, si sa ancora se una persona vaccinata, oltre a non sviluppare i sintomi più gravi del Covid, è o meno in grado di contagiare gli altri.

Ma, al di là di queste problematiche che erano in parte già state evidenziate dalla comunità scientifica, Peter Doshi scende ancora più nel dettaglio. Innanzitutto, gli effetti collaterali. “Il comunicato stampa di Moderna – scrive Doshi – afferma che il 9% (del campione, ndr) ha sperimentato mialgia di grado 3 e il 10% affaticamento di grado 3; La dichiarazione di Pfizer ha riportato che il 3,8% ha sperimentato stanchezza di grado 3 e il 2% mal di testa di grado 3”.

Poca roba? Non proprio. “Gli eventi avversi di grado 3 sono considerati gravi” spiega l’editore associato del British Medical Journal. Ma, riguardo gli effetti collaterali, c’è un problema molto più latente. In molti casi, infatti, essi assomigliano ad alcuni dei sintomi del Covid (lieve febbre, stanchezza, dolori muscolari). Per essere sicuri che le persone del campione che avessero mostrato questi sintomi non fossero in realtà positive al Covid, sarebbe stato necessario sottoporle tutte ai test. Ma davvero tutte le persone con un sospetto Covid sono state sottoposte a un tampone di conferma? Questa è un’altra informazione cruciale senza la quale è impossibile stimare la reale percentuale dell’efficacia del vaccino. Se alcune delle persone con presunti effetti collaterali del vaccino avesse in realtà i sintomi del Covid, quel famoso 90% di efficacia si abbasserebbe sensibilmente. “I protocolli di prova per gli studi di Moderna e Pfizer – scrive Doshi – contengono un linguaggio esplicito che istruisce gli investigatori a usare il loro giudizio clinico per decidere se indirizzare le persone per i test”. Un’implicita ammissione che i tamponi non vengono fatti a tutti i protagonisti della sperimentazione, ma solo alle persone per le quali i medici lo ritengono necessario.

“Solo la piena trasparenza e il controllo rigoroso dei dati consentiranno un processo decisionale informato. I dati devono essere resi pubblici” conclude Doshi, gettando un’ombra non indifferente sull’intera vicenda. E non finisce qui, perché sullo stesso numero della rivista compare un appello firmato da quattro scienziati di tutto il mondo (lo spagnolo Jose M Martin-Moreno, il britannico John Middleton, l’israeliano Manfred S Green e Mohamud Sheek-Hussein degli Emirati Arabi) che chiedono alle multinazionali del vaccino di mettere in condivisione tutti, ma proprio tutti i dati relativi alla propria sperimentazione. Lasciando che a dare il giudizio finale sia l’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’unica, per prestigio e indipendenza, a poter mettere il timbro di validità su una vicenda dai contorni ancora troppo poco chiari.

3534.-Lo stesso Erdoğan che proclama la Turchia parte dell’Europa, stringe accordi con l’Eurasia, attacca i curdi in Siria e arresta 44 militari presunti oppositori

La Turchia si vede come parte dell’Europa: Erdoğan, la settimana scorsa.

2020-11-22

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan durante una manifestazione per il suo partito politico AKP.

Il presidente della Repubblica turco Recep Tayyip Erdoğan ha detto lo scorso fine settimana che il suo Paese si considera parte dell’Europa e, allo stesso tempo, cerca di rafforzare le relazioni con gli Stati Uniti su questioni regionali e internazionali. Sabato, Erdogan ha detto, in un discorso tenuto durante una videochiamata alla conferenza del Partito turco per la giustizia e lo sviluppo (AKP) negli stati di Kutahya, Afyon Karahisar, Batman e Sarat: “Ci vediamo in Europa e non altrove, e miriamo a costruire qui il nostro futuro”. Tradotto, significa che la islamizzazione dell’Europa cristiana è un programma della Repubblica della Turchia.

Il presidente turco ha espresso il desiderio di Ankara di “investire fortemente nella sua stretta alleanza con gli Stati Uniti al fine di risolvere tutte le questioni regionali e globali”, aggiungendo: “Vogliamo raggiungere uno stato di cooperazione più forte con i nostri amici e alleati”. I commenti di Erdogan arrivano in un momento di grande attrito con diversi Stati europei, tra cui Francia, Cipro e Grecia. Più di recente, la Turchia ha annunciato la ripresa della sua attività di rilevamento sismico e delle esplosioni sottomarine alla ricerca del petrolio, provocando una forte condanna da parte di Grecia e Cipro. Infine, i commenti di Erdogan sulla necessità che il mondo riconosca Cipro Nord come nazione indipendente, hanno suscitato una forte condanna da parte di Grecia e Cipro.

Il ministro della Difesa turco Hulusi Akar si e’ recato in Kırghizistan per discutere delle questioni relative all’implementazione degli accordi di cooperazione militare raggiunti in precedenza “, ha detto Akar

26.10.2020 ~ 27.11.2020 

Il ministro della Difesa Hulusi Akar si e’ recato in Kırghizistan
Il ministro della Difesa Hulusi Akar si e’ recato in Kırghizistan

“Abbiamo discusso di questioni relative all’ulteriore espansione della cooperazione nel campo della difesa tra i nostri paesi. Poiché esiste un dialogo e una cooperazione molto stretti tra i capi dei nostri Stati a livello presidenziale, il nostro lavoro è stato abbastanza facile. Abbiamo discusso le questioni relative all’implementazione degli accordi raggiunti in precedenza “, ha detto Akar in un briefing dopo i negoziati.

ll ministro turco ha anche incontrato il ministro dell’Industria e dello Sviluppo delle Infrastrutture del Kazakistan Beibut Atamkulov per discutere la cooperazione nel campo dell’industria della difesa. Yermekbayev ha osservato che i risultati della visita del ministro della Difesa turco in Kazakistan daranno un nuovo impulso alla cooperazione bilaterale in ambito militare e tecnico-militare e serviranno gli interessi della sicurezza.

Kazakistan
Un immenso territorio dell’Asia Centrale: ecco cos’è il Qazaqstan, questa la precisa traslitterazione dal cirillico di quello che chiamiamo il Kazakistan, ampio 2.717.300 km2 ma con appena 17 milioni di abitanti.. Attraversandolo, si va dagli Urali fino al lago d’Aral e al mar Caspio e qui, sull’opposta sponda reoviamo l’Azerbaijan e, poi, l’Armenia. Tutto chiaro?

La politica di Erdoğan intende porre la Turchia come snodo nevralgico della via attraverso l’Eurasia, che vuole essere alternativa alla via atlantica.

Il Kazakistan, Paese dell’Asia centrale, si estende dal Mar Caspio, a ovest, fino ai Monti Altai a est, al confine con Cina e Russia. In quanto ex repubblica sovietica, al pari dell’Azerbaijan, appartiene alla sfera della Federazione Russa. L’Asia Centrale, è una regione strategicamente fondamentale per il progetto cinese verso l’Occidente, precisamente, il Kazakistan, stepposo crocevia euroasiatico, confina a Est con la Cina e già oggi illuso centro di smistamento ferroviario rappresenta il transito obbligato per le merci che da Pechino arrivano in Europa via terra. La prima tappa della “One Belt One Road Initiative” è infatti proprio sul valico di frontiera sino-kazako di Korghos, nella zona sud-orientale di un Paese grande quasi quanto l’Europa.  il progetto geopolitico della Via della Seta è stato presentato proprio in Kazakistan nel settembre 2013, dal Presidente cinese Xi Jinping.

Ricordiamo la stazione di Altynkol, scalo logistico lungo il tragitto che trasporta la merce dalle città cinesi al confine kazako, nonchè il porto “secco” terrestre “Kzte- Khorgos Gateway”, imponente struttura utilizzata al fine di processare velocemente le merci, trasferirle dalle locomotive cinesi a quelle kazake che, provenendo dalla tradizione sovietica hanno delle esigenze strutturali diverse dovute al diverso scartamento dei binari. Il processamento, la catalogazione ed il viaggio delle merci cinesi ha inizio proprio qui, per poi raggiungere centri europei come Mosca, Lodz e Duisburg, terminale mitteleuropeo del progetto cinese. La centralità del porto di Khorgos fa si che il suo porto secco sia infrastruttura cruciale per le tre “vie” implementate da Pechino colleganti il sito industriale di Lianyungang a San Pietroburgo (tramite rete autostradale), a Duisburg e ad Istanbul (tramite rete ferroviaria). La zona di libero scambio sita sul confine sino-kazako dista poche ore di auto da Almaty, 5 giorni di treno sia da Lianyungang che da Mosca (ergo, centro logistico perfetto tra Cina e Russia), nonché 10 giorni di treno dal centro di smistamento tedesco di Duisburg. In soli otto anni, i container che giungono in Europa tramite il Kazakistan via terra, hanno già raggiunto quota 1,7 milioni.

Tra un accordo diplomatico e uno militare, la Turchia non dimentica i Curdi e lancia nuovi attacchi nel Nord della Siria

2020-11-28

«Quasi mezzo milione di militari, di cui 80mila di carriera e 410mila di leva, per un totale di circa 700mila uomini, a cui si aggiungono circa 185mila riservisti e le brigate di irregolari armati, addestrati e agli ordini dello Stato Maggiore turco. Sono questi i numeri attuali delle forze armate della Turchia. L’esercito turco possiede quasi 12mila mezzi corazzati, fra cui carri armati da battaglia MBT (Main Battle Tanks), divisi soprattutto tra Leopard I, pochi Leopard II ed M60 di fabbricazione americana e altri 1.000 MBT di tipo Altay, di progettazione e fabbricazione turca. 

Il ministro della Difesa turco Hulusi Akar ha annunciato sabato che le forze armate turche hanno continuato la loro campagna contro le forze democratiche siriane (SDF) venerdì notte, poiché hanno preso di mira, bombardando pesantemente le posizioni di queste ultime nella campagna di Al-Raqqa. Al-Raqqa o, semplicemente, Raqqa è una città della Siria, capoluogo del governatorato omonimo. È stata quartier generale nonché capitale dell’autoproclamato Stato Islamico dal gennaio 2014 al 17 ottobre 2017. Le forze armate turche stanno bombardando una città della Siria.

Secondo un rapporto sul campo del Governatorato di Al-Raqqa, l’esercito turco e i suoi reparti irregolari di terroristi del cosiddetto Esercito siriano libero (FSA) hanno preso di mira le posizioni delle forze democratiche siriane vicino alla città chiave di “Ain” Issa. Il rapporto afferma che l’esercito turco e i suoi reparti irregolari hanno preso di mira le posizioni delle SDF bombardandole per oltre un’ora, provocando un breve scontro a fuoco venerdì sera. È bene ricordare che i reparti irregolari di terroristi del cosiddetto Esercito siriano libero (FSA) sono diretti dalla Stato Maggiore turco, nonché NATO.

Quest’ultimo attacco da parte dell’esercito turco e dei suoi reparti irregolari arriva pochi giorni dopo che era stata introdotta una tregua temporanea, per dare modo che queste ultime forze potessero raccogliere i loro morti dal campo di battaglia a nord di “Ain” Issa. Diversi militanti irregolari turchi sono tornati dal conflitto del Karabakh, dove hanno combattuto a fianco dell’Azerbaigian contro le forze armene e sono stati ridistribuiti a Est dell’Eufrate.

La massiccia presenza a nord di “Ain” Issa, dimostra che i reparti irregolari della Turchia si stanno preparando per una futura offensiva contro le forze democratiche siriane, nonostante l’accordo del cessate il fuoco entrato in vigore nell’ottobre del 2019.

La Turchia non ha fatto mistero del desiderio di eliminare i “gruppi terroristici” dal loro confine, con il particolare che fa riferimento alle Forze democratiche curdo siriane SSD, che accusano di essere una propaggine del fuorilegge Kurdistan Workers Party (PKK), mentre i veri terroristi dell’ISIS sono stati sostenuti dalla Turchia.

Le forze di polizia turche arrestano 44 soldati, in operazioni condotte a livello nazionale

2020-11-27

Le forze di polizia turche hanno iniziato all’alba di venerdì, un’operazione di sicurezza per arrestare 44 militari in servizio e non, sospettati di appartenere all’organizzazione Gulen che sembra esista all’interno delle forze armate. L’operazione è partita in 14 diversi stati, dopo che i mandati di arresto erano stati emessi nei loro confronti, secondo quanto riferito da fonti della sicurezza allo Stato, come l’agenzia Anadolu. I mandati di arresto sono stati emessi dalla Procura generale di Istanbul.

Immediatamente dopo l’emissione dei mandati di arresto, le squadre antiterrorismo della Direzione della sicurezza generale di Istanbul hanno avviato un processo simultaneo per arrestare le persone ricercate, ed erano già riuscite ad arrestarne un certo numero, mentre il resto sarebbe stato arrestato. Questi arresti rientrano nel quadro delle indagini condotte dalle autorità giudiziarie turche sull’organizzazione Gulen all’interno dell’esercito o, come più probabile, motivate dal timore che le difficoltà del regime favoriscano la creazione di cellule ribelli.

Il governo turco accusa il predicatore turco, Fethullah Gulen, che vive negli Stati Uniti, e i suoi sostenitori di essere l’artefice del fallito colpo di stato nel 2016, e ha arrestato molti di loro e, si dice che si trovino in prigione, se sono ancora vivi. Ankara chiede a Washington di consegnaregli Gulen, ma, finora, i suoi tentativi sono falliti e Washington persiste nel rifiuto di consegnarlo alle autorità turche.

La Marina egiziana ha completato le sue prime manovre navali in assoluto nel Mar Nero

Il tipo FREMM delle fregate cedute dall’Italia all’Egitto.

Le forze armate egiziane hanno annunciato la conclusione dell’esercitazione navale congiunta “Ponte dell’amicizia – 3”, che si è svolta insieme alle forze navali russe nel Mar Nero. L’addestramento includeva la difesa contro le minacce aeree e di superficie atipiche, il controllo marittimo su un’area specifica e garantire una nave di particolare importanza, fornendole assistenza per il rimorchio. L’esercito egiziano ha dichiarato che una serie di attacchi sono stati effettuati contro un certo numero di aerei e obiettivi di superficie, che hanno dimostrato la prontezza operativa delle forze impiegate.

3533.- DOPO ERDOĞAN, I TURCHI, I CURDI E GLI ARMENI VIVRANNO IN PACE. ERDOĞAN CONTRO TUTTI.

Dal genocidio degli Armeni, alla diaspora dei Curdi e ancora, i Turchi rimangono prigionieri della barbarie e, per chi conosce l’interno desolato della Turchia, dell’ignoranza e della povertà. È un peccato che le abbastanza scarse risorse del popolo turco vengano dissipate in armamenti e guerre, ma se la posta in gioco è il controllo dell’energia in Mediterraneo e l’essere il tramite dell’interscambio cinese con l’Europa, tuttavia, i panni del conducator senza paura, del sultano, come gli piace vedersi, sono quelli che consentono a Erdoğan e al suo partito di restare in sella. Quindi, guerra in Siria, in Mediterraneo, per l’energia, a Cipro e in Egeo, in Libia, in Azerbaijan, sfruttando ogni occasione utile della competizione fra Russia e Stati Uniti, fra arabi e ebrei e la più grande di tutte: la Nuova Via della Seta. Le sostiene con l’arsenale vetusto del secondo esercito, per numeri, della NATO, addestrando, armando e comandando le milizie dei terroristi, sfruttando la riscoperta americana della Compagnia delle Indie di Sua Maestà britannica e con dei bei droni ai quali, però, gli austriaci faranno mancare gli indispensabili motori Rotax. Fumo, fumo e poco arrosto, diremmo, perché la Turchia non è, non può essere né diventerà una vera potenza.

Il vero risultato di questo presidente della Repubblica della Turchia, dal 2018 repubblica presidenziale e non più parlamentare, sta nell’arresto e arretramento della democrazia, nella sottomissione del popolo turco, aggravato da una corruzione della quale è risultato partecipe. Ricordiamo lo scandalo da 100 miliardi di dollari: bazzecole! Nella Turchia di Erdoğan è impossibile parlare di libertà di opinione, di libertà di stampa. Dal 2013, contro il dissenso, la censura si applica ovunque e, in particolare sui social media, operando blocchi su siti come YouTube, Twitter e Wikipedia. Gli piace apparire come il rappresentante del fondamentalismo islamico ed è al primo posto nella classifica dei “500 musulmani più influenti del mondo” stilata nel 2019 dal “Royal Islamic Strategic Studies Centre” che ha la sede in Giordania. Di questo, abbiamo avuto conferma dalle posizione assunte in seguito al contrasto dei francesi e di Macron verso il fondamentalismo e agli attentati che vi hanno fatto seguito. Benché vada affermando che la Turchia è già Europa, a motivo della forte presenza turca in Germania, riteniamo assolutamente bloccati i negoziati per l’entrata della Turchia nell’Unione europea. Quanto durerà questa retromarcia della Turchia? Quanto guadagneranno i turchi dai conflitti in atto, che abbiamo citato?  Ma quanto ancora durerà Erdoğan? Il tentato colpo di stato in Turchia del 2016, seguito dallo stato di emergenza mantenuto per quasi due anni e la ripetuta sconfitta elettorale del suo partito AKP ad Ankara e a Istanbul nel 2019, fanno pensare a un tempo limitato. Dipenderà dalla leadership del Partito Popolare Repubblicano, CHP, il più antico partito politico della Turchia. Erede di Mustafa Kemal, l’Atatürk, il padre della Turchia moderna. A Erdoğan, invece, piace essere il Sultano, ma non propriamente e soltanto per una reviviscenza storica, quanto per un tentativo, condotto alla maniera turca, di cogliere tutte le opportunità che crea il passaggio attraverso il Medio Oriente della Nuova Via della Seta, prendendo il controllo dei paesi vicini. In tutto questo, Ankara mira a impedire un congiungimento dei territori controllati dai curdi siriani dell’YPG con quelli in possesso, nel sud della Turchia, del PKK. Per Armeni e Curdi, il turco resta sempre il turco.

Erdoğan si firma su un drone  d’attacco multiruolo turco Bayraktar TB2

C’è una notizia. La marina egiziana ha attraversato le acque turche per la prima volta in assoluto

Una nave da guerra egiziana attraversa il Bosforo diretta in Mar Nero.

La pagina ufficiale del portavoce militare dello Stato Maggiore egiziano ha pubblicato un video clip che monitora il momento in cui le navi della marina egiziana partecipanti all’esercitazione congiunta egiziano-russo “Ponte dell’amicizia – 3” hanno attraversato il Bosforo.

L’esercitazione Friendship Bridge-3 è una delle più importanti della cooperazione fra Egitto e Russia, perché contribuisce al trasferimento e allo scambio di esperienze tra le forze armate di entrambi i paesi e rientra nel quadro del piano di formazione congiunta con paesi alleati, con vincoli, addirittura, fraterni.

La politica della Turchia nei confronti dell’Egitto deve tenerne conto. Erdoğan contro tutti, significa contro nessuno.

Siria, lo stato maggiore turco sposta le sue truppe verso il kurdistan.

Le forze turche hanno lasciato la città strategica di Saraqib nel Governatorato di Aleppo

2020-11-26

Un posto di osservazione turco abbandonato nell’area di Saraqib

Tra il 24 e il 26 novembre, le forze armate turche hanno iniziato a ritirare le loro truppe da due importanti aree della Siria nordoccidentale.

Secondo un nuovo rapporto emanato dal Governatorato di Aleppo, le forze armate turche hanno iniziato a ritirare le loro truppe e attrezzature dall’area di Saraqib, ponendo fine alla loro presenza che avrebbe dovuto fermare l’esercito arabo siriano nella sua avanzata verso il Governatorato di Idlib.

Cosa sta cambiando nella strategia della Turchia a Idlib?

24-27 Novembre 2020, Francesco Bussoletti, su Difesa e Sicurezza

Ankara ha inviato un maxi contingente di oltre cento mezzi corazzati e 50 carri armati a Idlib. I rinforzi si sono schierati a Bennesh e a Zawiya, lontano solo due chilometri dall’esercito siriano (SAA), dove sta nascendo un nuovo observation point

Qualcosa sta cambiando nella strategia della Turchia in Siria. Ankara ha improvvisamente inviato a Idlib un grande contingente di rinforzi.  Si parla di cento mezzi corazzati, 50 carri armati, prefabbricati e materiale logistico. Il maxi convoglio delle TAF è entrato da Kafr Loosin e si è diretto verso il punto di osservazione militare vicino a Bennesh. Parte dei mezzi, però, hanno deviato per puntare verso la montagna di Zawiya, vicino alla prima linea (circa due chilometri) dell’esercito di Damasco (SAA). Qui, infatti, sembra che sia in costruzione un nuovo observation point nell’area tra Ruwaiha e Sarjah. Le attività erano state precedute da una ricognizione dei soldati turchi, insieme a elementi del National Front for Liberation (NFL). La base, peraltro, si aggiunge a quella di Baloun, sita nello stesso quadrante e allestita nei giorni scorsi.

L’improvviso build up è solo un’azione di disturbo contro il SAA a Idlib oppure è una tappa intermedia per trasferire i rinforzi verso il Kurdistan?

Dopo l’abbandono dei presidi nella zona di Aleppo, lo stato maggiore dell’esercito turco e NATO punta al Kurdistan. L’improvviso rafforzamento della Turchia a Idlib lascia pensare che le TAF vogliano ostacolare l’avanzata del SAA verso Barah. Soprattutto dopo che i soldati siriani hanno cominciato a ottenere progressi, seppur molto lenti, contro le milizie locali. Gli analisti, però, pensano che dietro ci sia qualcosa di più che una semplice un’azione di disturbo verso e truppe di Damasco. Soprattutto per la quantità e la qualità dei rinforzi inviati a Zawiya. Le ipotesi sono due: Da una parte Ankara potrebbe temere che il nemico conquisti Barah e si avvicini troppo alla M4, assestando un duro colpo agli alleati locali. Di conseguenza, ha deciso di intervenire per rallentarlo e allo stesso tempo fornire supporto ai partner. Dall’altra, l’invio del maxi contingente verso il confine con Aleppo è solo una tappa intermedia, mascherata da altro. La destinazione finale dei soldati, infatti, sarebbe il Kurdistan, dove c’è già un build up militare in corso.

In Siria, a Idlib, la Turchia alza il tiro. Cerca di provocare Damasco?

La Turchia alza il tiro a Idlib. Sta cercando di provocare Damasco? Pattuglia a sorpresa a sud della M4 fino a nord di Latakia. Intanto, continuano i bombardamenti su Ain Issa in Kurdistan

La Turchia alza ancora il tiro a Idlib per provocare Damasco? Dopo aver ricevuto ingenti rinforzi a Zawiya, le TAF hanno effettuato un pattugliamento sul tratto di M4 a sud della provincia. Il convoglio è partito da villaggio di Trenbah, vicino Saraqeb, e si è diretto verso la regione di Ain Hour a nord di Latakia. Il tragitto passa nei pressi di Barah, città su cui è in corso un’offensiva dell’esercito siriano (SAA), ma al momento non si registrano notizie di incidenti. Poche ore prima della partenza dei soldati, invece, c’era stata un’esplosione sull’autostrada, che aveva danneggiato il ponte Nahel (alias Khashab). Le truppe di Ankara, però, hanno deciso ugualmente di portare avanti l’attività, inviando preventivamente assetti specialistici per rilevare eventuali minacce. Parallelamente, le TAF e le milizie alleate hanno cominciato a bombardare nuovamente l’area di Ain Issa in Kurdistan e in particolare i villaggi di Dibis, Hoshan e al-Khalidiye.

È di 48 ore fa l’ingresso in Siria di una nuova brigata corazzata dell’esercito turco. La Turchia continua a rafforzare la presenza militare a Idlib.

Mentre le SDF curdo-siriane combattono l’ISIS a Barah, Erdoğan avvicina le sue truppe al Kurdistan lungo la M4.

La Turchia continua a rafforzare la presenza militare a Idlib. Nuovo convoglio con mezzi ed equipaggiamenti, diretto in varie località della provincia siriana. Tra queste c’è Zawiya. Obiettivi: disturbare l’offensiva del SAA a Barah e avvicinarsi al Kurdistan

26 novembre. La Turchia continua a rafforzare la presenza militare a Idlib, mentre alleggerisce quella ad Aleppo. Nelle scorse ore è arrivato nella provincia siriana un nuovo convoglio, che segue di pochi giorni quello maxi appena schieratosi nell’area. Questa volta si parla di una settantina di veicoli corazzati, armi, munizioni e materiale logistico. Il punto d’entrata è come sempre Kafr Loosin e le destinazioni Baloun, Ruwaiha, Qoqfin e Deir Sunbul sulla montagna di Zawiya a pochi chilometri di distanza dalla prima linea dell’esercito di Damasco (SAA). L’obiettivo di Ankara è duplice: da una parte disturbare l’offensiva del SAA per conquistare Barah. Soprattutto nel momento in cui l’esercito si prepara a lanciare un’invasione sul terreno. Dall’altra è avvicinare le truppe al Kurdistan, in previsione di futuri spostamenti per andare a rafforzare i presidi a Est lungo la M4.

Intanto, le milizie pro-Ankara aumentano le incursioni in Kurdistan. L’ultima è stata fermata dalle SDF vicino ad Ain Issa.

La situazione in Kurdistan, infatti, si sta scaldando velocemente. La Turchia sta rafforzando ogni giorno la presenza militare, specialmente a ovest di Tal Tamr. Inoltre, i gruppi pro-Ankara hanno incrementato gli attacchi contro i curdi e i tentativi di infiltrazione nella regione siriana. L’ultimo è stato sventato nelle scorse ore vicino ad Ain Issa e ha visto oltre 30 miliziani uccisi o feriti dalle SDF. Questi hanno subito un’imboscata delle forze curde quando si sono apprestati a entrare nel villaggio di Mu’allaq. Peraltro, tra le vittime sembra ci sia anche un loro leader: Ismail Al-Eido, già emiro dell’Isis negli anni passati. Le stesse SDF, infine, confermano che i raid dei jihadisti hanno avuto un boom negli ultimi giorni. Non a caso da Deir Ezzor e Hasaka sono stati inviati rinforzi.

Putin ha fermato la strage di Armeni, ma continua la strage dei curdi. Il Kurdistan, o terra dei curdi, è una vasta regione posta nel cuore del medio- oriente fra Iran, Iraq, Siria e Turchia, proclamata stato indipendente al termine della seconda Guerra Mondiale.

Contemporaneamente, l’ISIS lancia un pesante attacco alle truppe dell’esercito siriano vicino all’autostrada strategica

2020-11-26

Lo Stato Islamico (ISIS / ISIL / IS / Daesh, come vi pare) ha continuato la sua campagna nel territorio orientale di Hama, mentre i suoi combattenti hanno preso di mira le posizioni dell’Esercito arabo siriano (SAA) vicino al bivio di Ithriya.

Secondo i rapporti sul campo, mercoledì 25, lo Stato islamico ha attaccato un’unità dell’esercito siriano nella parte orientale di Hama, provocando un numero di vittime all’interno del reparto. Non molto tempo dopo che lo Stato islamico aveva lanciato l’attacco, l’esercito arabo siriano e le forze di difesa nazionale (NDF) hanno inviato rinforzi sul fronte orientale di Hama per respingere i terroristi. I rinforzi hanno consentito alle truppe assediate di respingere i terroristi dello Stato islamico dall’area di Ithriya.

Il giorno successivo, lo Stato islamico ha nuovamente lanciato attacchi nella parte orientale di Hama e Homs, costringendo l’esercito arabo siriano a imbastire un potente contrattacco per respingere i terroristi e impedire l’occupazione di territorio. A seguito degli scontri di mercoledì e giovedì, lo Stato Islamico ha subito un gran numero di vittime e diversi membri morti del gruppo terroristico sono stati abbandonati sul terreno.

Dall’inizio del 2020, lo Stato Islamico ha spostato la propria area di operazioni dalla parte orientale della regione di Badiya Al-Sham ai governatorati di Hama e Al-Raqqa, poiché queste zone non erano fortificate e mancavano delle forze necessarie per proteggerle.