Archivi categoria: Congo

5825.- Punto a capo della Françafrique e cosa pensano Usa, Francia, Germania e Italia del colpo di stato in Niger

Macron e la fine della Franceafrique

La Francia non è più il regista, il paladino dell’Africa. Mentre il Governo Meloni, a grandi passi, porta avanti il suo Nuovo Piano Mattei, ai primi di marzo, il capo dell’Eliseo ha visitato quattro Stati: Gabon, Angola, Repubblica del Congo e  Repubblica democratica del Congo, per costruire «una nuova partnership» che vuole creare con le ex colonie francesi dove, dal Sahel, all’Algeria, all’Africa Centrale, si sta facendo sempre più forte un sentimento antifrancese. La partecipazione popolare a favore degli autori del colpo di Stato in Niger ha dimostrato ampiamente questo sentimento. Da Kinshasa, in Congo, abbiamo ascoltato lo storico battibecco, durante una conferenza stampa, tra il Presidente francese Macron  e l’omologo africano Félix Tshisekedi. Qui, Tshisekedi disse: “Volevo essere molto preciso nel dirlo. Deve cambiare il modo di cooperare con la Francia e con l’Europa. Guardarci in modo diverso, rispettandoci l’un l’altro, considerandoci dei veri partner e non sempre con uno sguardo paternalistico.” e, poi, “«L’ho incalzato sull’argomento perché sono convinto che la Françafrique sia obsoleta.”  Macron ha rimproverato a Tshisekedi di cercare i colpevoli dei loro problemi all’esterno, anziché all’interno del Paese, ma, per Parigi, il vento è cambiato.

In molte parti dell’Africa centrale e nella regione del Sahel il vento antifrancese ha portato al ritiro dei militari francesi. Così nel Mali, nel Burkina Faso e nella Repubblica Centrafricana. È la fine dell’influenza francese nelle ex colonie alleate della Francia, ma non deve essere un ostacolo per il Governo italiano. E, infatti, la missione africana del presidente francese non è stata felice. Mentre Macron atterrava in Gabon, a Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, decine di giovani congolesi manifestavano contro di lui davanti all’Ambasciata di Francia, brandendo bandiere russe.

Auspichiamo la staffetta fra la Francia e l’Italia, fra la politica della Françafrique e la politica di solidarietà attiva del Nuovo Piano Mattei, prima che Russia, Cina e Turchia occupino le posizioni. Sempre in Niger e in Congo, i dimostranti sventolavano bandiere russe ed è facile capire chi le avessi distribuite. Gli striscioni e gli slogan dicevano “Macron assassino, Putin in soccorso” e anche molto peggio.

 africa macron fine franceafrique
© LUDOVIC MARIN / AFP – Macron in visita nella Repubblica democratica del Congo
 africa macron fine franceafrique
©  Arsene Mpiana / AFPProteste nella Repubblica democratica del Congo per la visita di Macron

Certamente, l’immagine neocolonialista della Francia soffre anche della sua lotta, manu militari, al jihadismo. Il neocolonialismo non si basa più sull’occupazione militare dei paesi in via di sviluppo e sulla tratta degli schiavi, ma la sostanza è cambiata di poco. Fragili democrazie, specie in Africa, sono vittime di colpi di Stato, conflitti interetnici ed interreligiosi, di corruzione, ma soprattutto dell’ingerenza del capitale straniero e degli “aiuti” militari delle grandi potenze, che scambiano armi con terreni agricoli, licenze di sfruttamento minerario o petrolifero. Meglio i cinesi. Anche i contratti sulle infrastrutture fondamentali di quei paesi parlano francese. La Francia ha attualmente circa 200 società o filiali in Mali, 45 in Burkina Faso, 30 in Niger e una decina nella Repubblica Centrafricana. Soltanto Vincent Bollorè, imprenditore miliardario, azionista di Tim, Mediaset e secondo azionista di Mediobanca, con la sua Africa Logistics, impiega circa 20’800 persone e ha 16 concessioni di terminal container in Costa d’Avorio, Ghana, Nigeria e Gabon. Bollorè è il fautore É questa la strada per la cooperazione nel Mediterraneo allargato e plaudiamo alla retromarcia sull’ultimatum da parte della Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas),all’ipotesi di un intervento militare in Niger a favore del presidente deposto il 26 luglio. La parola ora passi alla diplomazia.

Che cosa pensano Usa, Francia, Germania e Italia del colpo di stato in Niger

Diversità di vedute e tensioni latenti sul Niger. Tutte le mosse di Francia, Germania, Stati Uniti e Italia (con quel tweet del ministro Crosetto…)

Niger

Da StartMag, Marco Orioles, 9 Agosto 2023

Tramontata per ora l’ipotesi di un intervento militare in Niger dopo il colpo di stato del 26 luglio e il successivo ultimatum da parte della Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas), la parola adesso passa alla diplomazia, assecondando anche gli umori di governi come quello tedesco e italiano che ora frenano e fremono alla prospettiva di una conflagrazione generale nel Sahel. Ecco le ultime notizie dal Niger e le posizioni dei vari attori coinvolti.

Alta tensione in Niger

La situazione rimane tesissima nel Sahel dopo che alle 23 di domenica è scaduto l’ultimatum dell’Ecowas, il blocco dei 15 Paesi dell’Africa occidentale di cui anche il Niger fa parte, alla giunta golpista di ripristinare l’ordine costituzionale rimettendo al suo posto il Presidente Bazoum deposto lo scorso 26 luglio. Anziché piegarsi alla richiesta, i militari nigerini hanno chiuso lo spazio aereo e si sono impegnati a difendere il Paese da ogni ingerenza esterna.

Lunedì, in un chiaro segno di sfida, la giunta nigerina ha nominato il nuovo Capo del governo nella persona del Ministro delle Finanze Ali Mahamane Lamine Zeine e ha esortato i numerosi manifestanti scesi in piazza nella capitale Niamey, a combattere contro gli eventuali invasori.

In una dichiarazione letta in televisione e riportata da Reuters un rappresentante della giunta ha promesso che “le forze armate del Niger, appoggiate dall’incrollabile supporto del nostro popolo, sono pronte a difendere l’integrità del nostro territorio”. Qualsiasi tentativo di violare lo spazio aereo nigerino, ha aggiunto il rappresentante, sarebbe stato respinto “con una risposta istantanea ed energica”.

Nel frattempo l’esercito del Mali ha fatto sapere lunedì di essere pronto a mandare una propria delegazione a Niamey per discutere con la giunta, mentre un volo militare proveniente dal Burkina Faso è stato segnalato in atterraggio nella capitale nigerina verso le 11 di lunedì. Sia il Mali che il Burkina Faso sono guidati da giunte militari che hanno minacciato di intervenire a fianco del Niger.

Le mosse dell’Ecowas

Il minacciato intervento armato dell’Ecowas non si è intanto materializzato nonostante la diffusione della notizia, riportata da Reuters, secondo cui i capi della difesa dei Paesi della Comunità si sono riuniti venerdì per discutere di piani militari. 

L’urgenza di una soluzione militare alla crisi ha lasciato spazio alla diplomazia, soprattutto dopo che il Senato nigeriano, riunitosi nel weekend per discutere dell’intenzione del Presidente Bola Timubu di spingere per l’uso della forza, ha visto molti senatori nutrire aperte perplessità. Il voto dell’Assemblea Nazionale nigeriana è necessario per autorizzare ogni tipo di intervento militare.

Nella giornata di lunedì un portavoce dell’Ecowas ha dichiarato che i leader del blocco terranno un summit straordinario giovedì nel quartier generale dell’organizzazione ad Abuja per discutere le prossime mosse. Tramontati i toni bellicosi della prima ora, la parola d’ordine adesso sembra essere: trattiamo.

I passi degli Usa

Sin dalle ore successive al golpe del 26 luglio, gli Usa si sono schierati dalla parte di Bazoum in difesa dell’ordine costituzionale violato dai golpisti.

Come riferisce la Bbc, nella giornata di lunedì, mentre il Dipartimento di Stato minacciava di cancellare “centinaia di milioni dollari” in assistenza se non si fosse tornati allo status quo ante, la Vicesegretaria di Stato Victoria Nuland si è recata a Niamey per incontrare i militari. 

Nuland si è incontrata per due ore con il nuovo Capo di stato maggiore dell’esercito ma non ha visto il leader della giunta Generale Tchani né ha potuto sincerarsi di persona delle condizioni in cui versa Bazoum.

La posta in gioco è altissima per Washington che schiera in Niger la più grande task force del continente africano forte di due basi e di circa 1.000 soldati. Se in un primo momento gli Usa si erano allineati all’orientamento francese nel sostegno a una possibile azione di forza da parte dell’Ecowas, adesso ci sono timori per le conseguenze di una deflagrazione generale e soprattutto per l’ingresso nel Paese della Wagner evocato esplicitamente dal Segretario di Stato Antony Blinken.

Le posizioni di Francia e Germania

Parigi ora morde il freno, mentre il destino dei suoi 1.500 uomini schierati nel Paese rimane incerto. Il Ministero degli Esteri ha sconsigliato ai francesi di recarsi nel Paese e ha sollecitato coloro che vi si trovano a esercitare “la più grande vigilanza”.

I golpisti sono “totalmente isolati”, ha tuonato l’ex rappresentante militare francese all’Onu Generale Dominique Trinquand, il quale ha anche notato che la Nigeria ha smesso di fornire elettricità al Niger. 

Parigi deve fare tuttavia i conti con la posizione della Germania, che ora dichiara di seguire prioritariamente la linea diplomatica. “Sosteniamo l’Ecowas nelle trattative” ha sottolineato a Berlino il portavoce degli Esteri per il quale “Ecowas ha più volte detto che considera la violenza militare come ultimo strumento”. 

Allo stesso tempo, però, dalla cancelleria è partito un monito: “Vorrei sottolineare ancora la una volta il nostro messaggio ai golpisti avvertendoli che dovranno attendersi dure conseguenze personali se dovesse accadere qualcosa al presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum e alla sua famiglia. La riterremmo una escalation e così farebbero i nostri partner africani”.

E l’Italia?

È diventato un caso intanto in Italia un tweet del Ministro della Difesa Crosetto che secondo il quotidiano La Repubblica “è stato interpretato da molte cancellerie come un riconoscimento di fatto degli ufficiali che hanno deposto il presidente Bazoum”.

L’equivoco è stato ingenerato dal mancato uso della parola ‘golpisti’ e dall’essersi riferito ai comandanti ribelli ricorrendo alla sigla CNSP a indicare l’autoproclamato Consiglio nazionale per la salvaguardia della Patria. Il ministro ha inoltre sottolineato la “non ostilità” della giunta verso i militari italiani.

La posizione ufficiale dell’Italia è stata comunque chiarita dal Ministro degli Esteri Tajani in una intervista al quotidiano La Stampa, in cui ha spiegato che “l’unica via è quella diplomatica … L’Europa non può permettersi uno scontro armato, non dobbiamo essere visti come colonizzatori dell’Africa”.

3816.- In un paese a rischio devono esserci dei limiti fra diplomazia e solidarietà

Con questo titolo accompagniamo l’articolo di Luciano Scalettavi, di Famiglia cristiana

LA REGIONE DEL KIVU TRA GUERRE, VIOLENZE E POVERTÀ

22/02/2021  Luca Attanasio, il nostro diplomatico, è finito vittima dell’assalto di un commando per ragioni tutte da chiarire sulla strada che porta al cuore dei Virunga. Il parco naturale dove vivono gli ultimi gorilla di montagna, ma dove si rifugiano anche alcuni dei gruppi armati che insanguinano da molto tempo le regioni orientali del Paese africano. La causa di tutto? Le sue immense ricchezze naturali

Luca Attanasio (il secondo da destra) il giorno della partenza da Bukavu, sabato 19 febbraio.Luca Attanasio il giorno della partenza da Bukavu, sabato 19 febbraio.

Il nostro ambasciatore, Luca Attanasio, stava viaggiando lungo una “strada maledetta”, specie per noi italiani: è lungo quella pista, solo un po’ più a nord, che furono massacrati i sei volontari di Mondo Giusto, nell’ormai lontano 1995. La strada che dalla città di Goma, adagiata sulle sponde nord del lago Kivu, sale su, dentro il Parco dei Virunga, dove vivono gli ultimi esemplari dei gorilla di montagna, e prosegue poi verso le città di Butembo e Beni, oppure, verso ovest, in direzione di Kisangani, la città di “Cuore di tenebra”, il romanzo di Konrad.

Siamo nell’estremo est della Repubblica Democratica del Congo, quello che fu il Paese di Mobutu, poi dei Kabila padre e figlio, e ora di Felix Tshisekedi, l’attuale presidente.

Ma Kinshasa, la capitale, dove sta il presidente e il potere politico, è a 2.500 chilometri da Goma e dai vulcani dei Virunga. L’ambasciatore Attanasio era in missione. Due giorni fa, sabato, aveva passato il pomeriggio e la cena con un gruppo di italiani che vivono a Bukavu, la città congolese affacciata anch’essa sul lago Kivu, ma sul lato sud. Domenica mattina si era spostato a Goma, e l’aveva fatto seguendo il percorso più sicuro, ossia con il battello che attraversa il lago. Da Goma in poi, per andare a nord verso la cittadina di Rutshuru, l’unico mezzo utilizzabile è la macchina.

Un gruppo di ribelli nel Nord Kivu (Repubblica Democratica del Congo).Un gruppo di ribelli nel Nord Kivu (RDC).

Nei prossimi giorni probabilmente emergeranno tanti particolari per capire le ragioni di un attentato – nel quale hanno perso la vita anche il carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e l’autista congolese Mustapha Milambo – che in questa zona è senza precedenti: non era mai accaduto che venisse assaltato il convoglio di un diplomatico straniero. Il commando aveva avuto una “soffiata” sul percorso dell’ambasciatore? Doveva essere un tentativo di sequestro ed è finito male? Era un attacco mirato proprio al nostro rappresentante diplomatico? Forse si capirà esattamente cos’è accaduto e perché.

Quello che per adesso è noto è che Luca Attanasio, nel corso di questo tour nel Congo orientale, era andato a parlare di sviluppare progetti sociali a favore della popolazione, aveva incontrato missionari e rappresentanti di organizzazioni non governative, stava andando a presenziare a una distribuzione di beni di prima necessità del Programma Alimentare mondiale, l’agenzia delle Nazioni Unite. Stava facendo quello che aveva fatto molte altre volte, nei quattro anni di sua presenza in Repubblica Democratica del Congo.

Paese sterminato (uno dei più grandi d’Africa), sfacciatamente ricco di risorse naturali, dannatamente povero nelle condizioni di vita dei suoi abitanti, orribilmente oltraggiato dalla guerra, dalle bande armate, dalla violenza quotidiana.Militari congolesi nel Nord Kivu.Militari congolesi nel Nord Kivu.

Questa parte del Congo – la fascia orientale, che comprende le regioni del Katanga, del Sud e Nord Kivu e, a settentrione, dell’Ituri – è quella che primeggia in tutto: nelle ricchezze naturali, nella povertà, nelle violenze che qui vengono perpetrate da decenni. Dalle regioni orientali, nel lontano 1964, partì la famosa Rivolta dei Simba, come pure la più violenta insurrezione popolare contro il dittatore Mobutu Sese Seko,nel 1991. E sempre qui si riversarono i 2 milioni e mezzo di ruandesi di etnia hutu che scappavano dopo il genocidio in Ruanda,quando il Fronte Patriottico Ruandese, a maggioranza tutsi, stava liberando il Paese dai responsabili della caccia all’uomo che provocò un milione di vittime in soli 100 giorni. Una parte di quei ruandesi – si stima che all’epoca fossero circa 300 mila – non rientrò mai in Ruanda. Una grossa parte fu sterminata dall’esercito del nuovo governo ruandese, all’inizio della guerra civile congolese nel 1996-97. I ruandesi sostenevano il movimento ribelle di Laurent Desiré Kabila, ne accompagnarono l’avanzata fino alla caduta di Mobutu, nel maggio 1997, ma in cambio ebbero anche mano libera nell’eliminare quella che consideravano una grave minaccia: gli ex militari dell’esercito genocidario ruandese e i famigerati miliziani denominati Interahamwe, fra i principali responsabili dei massacri.

Fatti, questi, che vanno ricordati a proposito dell’attentato al nostro ambasciatore, perché dalle prime testimonianze pare che i membri del commando si parlassero fra loro in kinyaruanda, la lingua ruandese, e si rivolgessero alle persone del convoglio in swahili, lingua comunemente parlata nelle regioni del Kivu.

I sopravvissuti militari e miliziani ruandesi di quegli anni sono ancora attivi. In questi decenni sono stati, sotto diverse sigle, uno degli elementi di instabilità costante nelle regioni del Sud, ma soprattutto del Nord Kivu, e le foreste della zona dei Virunga sono state spesso il luogo di rifugio dove nascondersi.

Va ricordato che dopo la prima guerra congolese ne venne una seconda, e anche questa mosse i primi passi dalle regioni orientali. Fu quella denominata come la “Prima guerra mondiale africana”,perché vi erano coinvolti soldati di sette diversi Paesi e il Congo, per quasi cinque anni, fu di fatto diviso in quattro parti, controllate da altrettante fazioni.L'ambasciatore Luca Attanasio insieme ad alcuni bambini congolesi.Luca Attanasio con alcuni bambini congolesi.

Violenze su violenze, guerre su guerre, quindi, senza soluzione di continuità, dal 1994 fino a oggi. Il perché lo ha spiegato più e più volte, e con molta chiarezza, il premio Nobel per la Pace Denis Mukwuege, il ginecologo specializzato (suo malgrado) negli interventi di ricostruzione e riabilitazione post violenza sessuale (questa è la regione al mondo con il maggior numero di stupri – spesso caratterizzati da violenza estrema – in rapporto al numero di abitanti): il medico, che opera nell’ospedale di Panzi a pochi chilometri da Bukavu, ha denunciato ripetutamente il fatto che la costante violenza delle bande armate e il conflitto a bassa tensione che vive la popolazione da tanto tempo sono funzionali e direttamente collegati all’economia di rapina che vige nelle aree delle miniere di coltan, oro, diamanti, cobalto e delle altre ingenti ricchezze minerarie di questa fascia di territorio congolese. Insomma, interessi economici ingentissimi e assai lucrosi mantengono queste regioni nell’instabilità e nel clima di violenza.

Luca Attanasio e la moglie, Zakia Seddiki.Luca Attanasio e la moglie, Zakia Seddiki.

Chi scrive quella strada l’ha percorsa più volte. In un solo viaggio c’è stata l’occasione di andare su, nei Virunga, nel cuore del parco. Era il 2003, la guerra civile congolese era finita da poco. I ranger del Parco ma anche l’intero Nord Kivu speravano che iniziasse una nuova epoca, finalmente di pace. La missione, voluta dal Wwf e dalla Ong Coopi e realizzata insieme ad altri giornalisti italiani, aveva l’obiettivo di andare, dopo 5 anni, a vedere, filmare e fotografare una delle famiglie di gorilla di montagna. Ma nemmeno allora quella pista, ovviamente, era sicura, perlomeno secondo i criteri occidentali di sicurezza. Fummo accompagnati da almeno una ventina di militari congolesi, come scorta.

Allora, la guerra era finita da pochi mesi. Oggi, 18 anni dopo, lungo quel nastro d’asfalto hanno trovato la morte tre persone, fra cui l’ambasciatore Luca Attanasio. Che, ricordiamolo, ha una moglie e tre bambine piccole. Tutti e due, Luca e la consorte Zakia Seddiki, erano particolarmente impegnati a favore dei bambini di strada. Dei tanti bambini di strada che ci sono in Congo, a Kinshasa come anche a Bukavu e Goma. Frutto anch’essi di quella povertà e quella violenza che probabilmente è all’origine dell’attentato di oggi.

3815.- Giallo sul viaggio di Attanasio a Goma. Il Congo: ci hanno avvisati, poi l’ambasciatore lo ha annullato

Un seguito a sorpresa di Paola lami, su Il Secolo di sabato 27, quasi presagito nel nostro n. 3809.- Il Congo è un paese strategico. Chi ha ucciso l’ambasciatore Attanasio in Congo, che combina l’Onu e che combina la Cina? Si comincia il 15 febbraio scorso, con una nota “verbale” dell’ambasciata italiana a Kinshasa, al ministero degli Esteri congolese, numero di protocollo 219, che chiedeva l’accesso ad una sala dell’aeroporto internazionale di Ndjili (Kinshasa), con gli orari dei movimenti aerei, per una visita dell’ambasciatore e del console (tutti e due?) alla comunità italiana di Goma e Bukavu (la comunità missionaria saveriana di Bukavu) dal 19 al 24 febbraio 2021 e, inoltre, di far rispettare le clausole dei privilegi diplomatici durante la permanenza. Poi, a fine giornata, l’ambasciatore d’Italia annulla il viaggio e lo fa di persona. Quindi, è corretto che le autorità congolesi non sapessero. Il 22 febbraio, le autorità congolesi vengono a sapere contestualmente del viaggio in auto senza scorta e dell’assassinio a Kibumba, sulla strada che da Goma porta a Rutshuru, a 70 km a Nord di Goma. Parliamo di un territorio dove operano 122 bande di terroristi. C’è da riflettere anche sulle procedure della Farnesina, sulle note verbali e sul console Alfredo Russo, che non ha seguito più l’ambasciatore e ha interrotto il viaggio. La moglie di Attanasio, Zakia Seddiki ha dichiarato a Il Messaggero: «Qualcuno che conosceva i suoi spostamenti ha parlato, lo ha venduto e lo ha tradito».

La prima dichiarazione, dopo l’assassinio, ha raccontato che l’agenzia dell’Onu aveva ricevuto assicurazioni che l’area non era pericolosa; invece, il comandante della polizia congolese ha smentito questa circostanza, sostenendo che, invece, l’area era ad alto rischio. Così, anche alcune agenzie d’intelligence britanniche. In effetti, le note solo verbali e la visita personale dell’ambasciatore al Protocollo di Stato congolese indicherebbero prudenza, l’assenza di scorta, no. Sembrerebbe pressappochismo. Il nostro cordoglio al carabiniere Vittorio Iacovacci, ucciso da due colpi di Kalashnikov, mentre non era armato. Non funziona così.

Da Fausto Biloslavo sappiamo che “sulla tragica imboscata sono state aperte tre inchieste: una del dipartimento per la sicurezza dell’Onu (Undss), quella della procura di Roma, che ha inviato i Ros in Congo e le indagini delle autorità congolesi. Il governo di Kinshasa ha mandato a Goma sei esperti nel settore Difesa e sicurezza per capire cosa è accaduto. Il Programma alimentare mondiale dovrà chiarire perchè non è stata chiesta una scorta adeguata nè ai caschi blu, nè alle autorità congolesi. E soprattutto non sono state usate macchine blindate e giubbotti anti proiettile”.

Il Congo: ci hanno avvisati, poi l’ambasciatore lo ha annullato


E’ sempre più intricato e denso di colpi di scena il giallo del viaggio a Goma dell’ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio. Di ora in ora, spuntano nuovi documenti che contraddicono i precedenti sulle comunicazioni scambiate fra i vari uffici congolesi, la Farnesina e l’ambasciata italiana a Kinshasa per avvertire del viaggio organizzato dall’agenzia dell’Onu Wfp, a Goma, in un’area considerata ad alto rischio.

Il WFP ha sede a Roma. È una delle prime agenzie operative sul campo nelle emergenze mondiali causate da conflitti, shock climatici, pandemie e altri disastri. Fornisce assistenza salvavita alle persone a rischio fame e coordina la risposta della comunità umanitaria mondiale nelle emergenze su larga scala. Tutti obiettivi che non giustificano un viaggio in auto, senza scorta, in un paese a rischio e il rimpallo con le autorità congolesi. La Farnesina sa e non dice?

Vediamo, dunque, al momento, come stanno le cose.
Inizialmente le autorità congolesi avevano affermato di non essere state informate del viaggio che era stato pianificato senza scorta perché, secondo Wfp, il governo congolese aveva rassicurato l’agenzia dell’Onu del fatto che l’area non era pericolosa.

Successivamente il comandante della polizia congolese aveva smentito questa circostanza sostenendo che, invece, l’area era ad alto rischio, così come avevano certificato anche gli analisti di alcune agenzie d’intelligence britanniche.

Nel primo pomeriggio di oggi era poi emerso che l’ambasciata d’Italia a Kinshasa aveva avvertito le autorità della Repubblica democratica del Congo della missione a Goma dell’ambasciatore Luca Attanasio.

Secondo l’Adnkronos, l’ambasciata italiana aveva inviato, il 15 febbraio scorso, una nota verbale al ministero degli Esteri congolese, numero di protocollo 219, chiedendo l’accesso ad una sala dell’aeroporto internazionale di Ndjili, per l’ambasciatore Luca Attanasio, per il carabiniere Vittorio Iacovacci, entrambi rimasti uccisi nell’attacco del 22 febbraio scorso, e per il console Alfredo Russo, che lunedì, invece, si era fermato a Goma senza proseguire il viaggio. E si è quindi salvato.

Nella nota verbale, che riporta il timbro del ministero degli Esteri della Rec, si legge che il motivo del viaggio era una visita alla comunità italiana a Goma e Bukavu, con partenza venerdì 19 febbraio con un volo Unhas (il servizio aereo umanitario delle Nazioni Unite gestito dal Wfp) e rientro a Kinshasa sempre con un volo Unhas il 24 febbraio.

Le autorità congolesi, fino a questo momento, hanno ripetutamente sostenuto di non essere al corrente del viaggio dell’ambasciatore.

Comunque, di fronte all’evidenza della nuova documentazione, le autorità congolesi avevano rettificato le circostanze sostenendo che sì, effettivamente, l’ambasciata d’Italia a Kinshasa aveva informato il ministero degli Esteri della Repubblica democratica del Congo della missione che intendeva compiere a Goma con una nota verbale inviata il 15 febbraio scorso.

Ma, poi, successivamente, quella sera stessa, il protocollo di Stato congolese era stato informato dell’annullamento della missione dell’ambasciatore Luca Attanasio.

L’ultimo colpo di scena è, appunto, questa circostanza, fino ad oggi non emersa, che si legge in un tweet di AfricaNews Media Rdc.

Nel tweet AfricaNews Media Rdc pubblica la foto di un documento della Direzione nazionale del Protocollo di Stato, firmato oggi da Banza Ngoy Katumve, direttore del Protocollo, che così ricostruisce la vicenda.

“Lunedì 15 febbraio 2021, la Direzione ha ricevuto la nota verbale n. prot. 219, proveniente dall’ambasciata d’Italia a Kinshasa, inviata lo stesso giorno, con la quale si chiede l’accesso alla sala diplomatica dell’aeroporto internazionale di Ndjili per l’ambasciatore Luca Attanasio, accompagnato dal console Alfredo Russo, e dal carabiniere Vittorio Iacovacci, insieme all’autista Floribert Basunga, che si recheranno a Goma e Bukavu dal 19 al 24 febbraio 2021, avendo come motivo una visita alla comunità italiana delle due città”.

“Nella stessa data, a fine giornata, l’ambasciatore d’Italia ha fatto visita al direttore del Protocollo di Stato per annunciargli che questo viaggio non ci sarebbe più stato e che sarebbe stata inviata a tal fine una nota alla direzione”, si legge nella nota di precisazione.

Per cui, “la direzione è rimasta sorpresa nell’apprendere, nelle prime ore della mattina del 22 febbraio attraverso i media, che l’ambasciatore era stato assassinato mentre era in attesa della nota che annullava la prima. Dopo la verifica, ha appreso che il dramma era avvenuto sulla strada Goma-Rutshurucon un convoglio del Wfp, che non era stato menzionato nella nota verbale”.

Dunque, conclude la nota, “l’Antenna del Protocollo di Stato all’aeroporto di Ndjili è stata contattata per verificare se l’ambasciatore avesse utilizzato la sala per il suo imbarco, come richiesto nella nota verbale, ma gli agenti deputati a questo servizio non l’hanno mai visto imbarcarsi“.

Su tutto pesano, come macigni, le parole della moglie di Luca Attanasio che ha detto, al Corriere della Sera: “Il Pam (Programma Alimentare Mondiale, ndr) non ha organizzato la protezione in modo opportuno. Non hanno fatto quello che va fatto per una zona a rischio. Sicuramente dentro il Pam qualcuno sapeva che la scorta non era efficace“. E, poi, Zakia Seddiki ha aggiunto: “è stato tradito nel senso che chi ha organizzato sapeva che la sicurezza non era nella misura adeguata per proteggere lui e le persone con lui”.

Luca non ha mai fatto un passo fuori dalla residenza o dall’ambasciata senza la sua scorta e senza i controlli della sicurezza. Si è fidato“, ha concluso, con grande amarezza, la moglie di Attanasio.

3809.- Il Congo è un paese strategico. Chi ha ucciso l’ambasciatore Attanasio in Congo, che combina l’Onu e che combina la Cina?

Molte strade che percorrono l’area dell’agguato non erano più rosse e la strada che percorreva l’ambasciatore Attanasio era considerata sicura, ma il Congo è un paese strategico dove gli interessi delle potenze si incrociano. Ciononostante, un solo carabiniere di scorta è stata un’imprudenza e Attanasio si era visto respingere una richiesta di un’auto blindata e di aumentare a 4 uomini la sua scorta (non facciamo paragoni). Anche qui si apprezza l’insipienza del ministro degli affari esteri. Il Congo non è soltanto diamanti e oro, il coltan e il cobalto del Congo sono indispensabili per i circuiti digitali, sono l’oro del futuro. Le miniere di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo producono più del 50% del cobalto di tutto il mondo e, secondo un recente rapporto, circa il 20% viene estratto a mano con un processo chiamato “estrazione artigianale e su piccola scala”. La restante parte viene prodotta in miniere industriali su larga scala solitamente di proprietà di aziende straniere.

Il Congo appartiene tradizionalmente all’area occidentale, ma il 40 – 50 per cento della produzione di cobalto della Repubblica Democratica del Congo è di proprietà di società cinesi. Al centro del business è una società cinese, la Congo Dongfang Mining International. Dal 2008, la Cina si è insediata stabilmente nelle attività minerarie. Non vogliamo dire che gli assassini siano al servizio della Cina, ma nemmeno che in Congo, come in altri paesi africani, sfortunatamente ricchi, vi siano attività diplomatiche al sicuro da questa competizione.

articolo di Start Magazine, di Giuseppe Gagliano

L’articolo di Giuseppe Gagliano sull’uccisione dell’ambasciatore Attanasio in Congo

Sull’uccisione dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio allo stato attuale ci sono alcune ipotesi verosimili e alcune certezze. Incominciamo dalle ipotesi molto probabili allo stato delle indagini.

Il ministero dell’Interno del Congo ha accusato un gruppo ribelle hutu noto come Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) di aver condotto l’attacco. Secondo i testimoni, gli aggressori hanno parlato in Kinyarwanda, la lingua parlata in Ruanda.

Tuttavia, come ha affermato Pierre Boisselet, coordinatore del barometro della sicurezza del Kivu, le FDLR non sono le uniche a parlare kinyarwanda, lo parlano altri gruppi presenti nella regione, come la Nyatura o l’ex M23.

Sebbene l’identità del gruppo dietro l’attacco rimanga sconosciuta, l’ultimo incidente esemplifica le sfide che le forze di sicurezza locali devono affrontare. Nel corso del 2020, tra ottobre e settembre, si sono verificati due casi in cui manifestanti a Kibumba e Rugari, entrambe in prossimità del luogo dell’attacco, hanno montato barricate sulla linea viaria RN2 per protestare.

Date le dimensioni del gruppo e il modo in cui il gruppo ha effettuato l’attacco, è probabile che il rapimento fosse il loro reale motivo piuttosto che un attacco deliberato contro l’ambasciatore italiano: livelli crescenti di rapimenti e rapine a mano armata a Goma occidentale e nord-occidentale erano e rimangono una preoccupazione crescente.

Diversi incidenti relativi a imboscate, rapimenti, rapine a mano armata e stupri sono stati registrati nelle immediate vicinanze del luogo dell’attacco e il WFP e i veicoli di altre organizzazioni umanitarie sono stati oggetto di imboscate da parte di gruppi armati e criminali nella RDC orientale.

La Repubblica Democratica del Congo (Rdc) è stata alle prese con numerosi conflitti negli ultimi decenni, spesso legati a tentativi di controllo delle risorse minerarie. Ci sono ancora decine di milizie e gruppi criminali che operano nella Rdc orientale. L’ambasciatore Luca Attanasio è il primo ambasciatore ad essere ucciso nel Paese da quando l’ambasciatore francese Philippe Bernard è stato ucciso durante i disordini nella capitale, Kinshasa, nel 1997.

L’attacco è avvenuto su una strada che era stata precedentemente autorizzata per viaggiare senza scorta di sicurezza. “Non c’era alcun segno che stesse per verificarsi un attacco in quest’area. Il numero di incidenti dichiarati dalle popolazioni era in calo nelle ultime settimane e stavamo riducendo il numero delle strade rosse, quelle che devono essere utilizzate solo sotto la scorta della Monusco ”, ha dichiarato Jean Metenier, capo dell’ufficio Unicef ​​di Goma.

Tuttavia c’è uno schema storico di imboscate che si verificano a nord di Goma.

Nell’ultimo anno, ci sono stati altri due incidenti in prossimità di questo attacco.

L’incidente più recente è avvenuto il 10 gennaio 2021 a Kabuhendo, dove uomini armati hanno teso un’imboscata alle guardie ONVI. Sebbene questo incidente sia avvenuto a nord del Kiwanja, ha comunque mostrato che la minaccia persisteva in quest’area. Osservando gli episodi di rapimento nell’area di Goma e nel luogo della missione, non possiamo non sottolineare come la minaccia di rapimento è ancora significativa. Piuttosto che vederlo attraverso la lente delle circostanze straordinarie della prima morte dell’ambasciatore nella RDC dal 1997, l’attacco può invece essere visto come un evento tipico in questa regione anche se ha avuto conseguenze tragiche.

Passiamo adesso ad alcune certezze cioè ad alcuni dati di fatto oggettivi.

Il primo dato di fatto è relativo al ruolo dell’Onu. E’soltanto a partire dal 2010 che nasce la Monusco (Missione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo) così come è solo nel 2013 che viene posta in essere la prima Forza di combattimento delle Nazioni Unite, e cioè l’Intervention Brigade, formata solo da truppe africane, con il compito di neutralizzare e disarmare i movimenti ribelli nelle regioni orientali.

Allo stato attuale i caschi blu hanno proprio in Kivu e in Ituri le loro roccaforti. Queste rappresentano ancora zone ad alta insicurezza nonostante l’Onu abbia il grosso delle proprie forze. Cosa significa concretamente ciò? Che l’obiettivo di conseguire la stabilizzazione da parte dell’Onu si è rivelato fino a questo momento fallimentare.

Geopolitica e batterie: perché la Cina torna a fare incetta di cobalto

di Francesco Barontini, Inside ev

Denunciati i giganti della tecnologia per sfruttamento minorile nelle miniere di cobalto in Congo. Apple, Dell, Microsoft e Tesla sono alcune aziende citate in causa per la morte di bambini nelle miniere di cobalto della Repubblica Democratica del Congo.

Pechino ha messo le mani su 2.000 tonnellate del metallo chiave per le auto elettriche: ecco cosa sta succedendo sul mercato 

Negli ultimi anni i principali produttori di batterie, in collaborazione con le Case automobilistiche, hanno lavorato alla realizzazione di prodotti con sempre maggiore densità energetica, in grado di portare ad auto elettriche con percorrenze sempre più elevate.

Ma a livello di tecnologia, per quanto siano numerose le soluzioni attualmente in fase di studio (stato solido incluso), tutto ruota ancora intorno alle celle agli ioni di litio e ai metalli rari e costosi che le compongono. Tra questi il cobalto, tanto difficile da reperire quanto costoso, presente sia nelle batterie NCM (Nichel-Cobalto-Manganese) sia in quelle NCA (Nichel-Cobalto-Alluminio) e su cui si è già aperta una nuova partita geopolitica.

Le scorte cinesi

Tanti sono gli esperimenti per realizzare batterie che proprio del cobalto facciano a meno. Si vedano l’esempio di Tesla-Panasonic, ma anche quelli di CATL e SVolt.

La Cina, però, non vuole comunque mollare la presa su questo elemento così importante. Il principale Paese produttore di batterie al mondo, infatti, prevede di acquistare 2.000 tonnellate di questo metallo raro e di tenerlo da parte come riserva strategica. L’idea è che il cobalto, almeno nel breve termine, continuerà ad avere un  ruolo chiave.Batterie: l'Europa punta all'eccellenza

Mercato fluttuante

In un periodo di forte incertezza generato dalla pandemia e dai relativi effetti sul mercato automobilistico mondiale, il prezzo del cobalto è stato caratterizzato da continue fluttuazioni.

Nuovi equilibri

Ora dovrebbe però aver raggiunto un equilibrio proprio a causa della diminuzione della domanda e del fatto che gli ordini 2020 sono stati ormai quasi del tutto evasi. L’acquisto da parte della Cina, inoltre, sembra voler in un certo senso stabilizzare ulteriormente il mercato, per quanto gli effetti siano ancora da analizzare nel dettaglio.

Dopo una crescita costante fino alla fine del 2019, il cobalto quest’anno costa meno. Tra le cause, la già citata diminuzione della richiesta per effetto del rallentamento economico conseguente al Covid.

Da luglio ad oggi, però, anche l’offerta è inevitabilmente diminuita. In Africa si sono avuti problemi ad estrarre e spedire il prezioso metallo. Soprattutto in Congo, dove le aziende hanno faticato a rifornire la Cina. Di conseguenza, i prezzi nell’ultimo mese sono aumentati di nuovo di circa un 10%

Questo tunnel in disuso in una miniera di cobalto è stato abbandonato dopo che un temporale particolarmente violento l’ha reso troppo pericoloso. Il tunnel è profondo circa venti metri. I bambini vengono pagati 2 dollari al giorno per estrarre rocce di cobalto da tunnel sotterranei con degli strumenti insufficienti © FairPhone/Flickr

Coronavirus e non solo

Secondo Fitch Solutions, il 2020 si chiuderà con una riduzione del 25% della produzione di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo. Questo perché si lavora con meno personale e a ritmo ridotto per contrastare la diffusione del Covid-19.

Glencore – il colosso svizzero leader nell’attività mineraria – ha addirittura deciso di interrompere le estrazioni a Mutanda, miniera congolese da cui proviene circa un quinto del cobalto presente sul mercato mondiale.

Questo, oltre che per la pandemia, anche per via di una forte diminuzione dei margini (aumento della tassazione e diminuzione del prezzo da 100 a 30 dollari) e per un precedente eccesso di produzione che ha causato una notevole riduzione nel valore di questo materiale.

1851.- C’E’ UNA SPIEGAZIONE RAZIONALE PER I SACRIFICI UMANI

rembrandt-il-sacrificio-di-abramo

C’è qualcosa che vi sembra meno sensato dei sacrifici umani rituali? Quando il filosofo del diciannovesimo secolo Søren Kierkegaard cercava una contraddizione nel pensiero razionale—un chiaro esempio di qualcosa che il solo interesse personale non potesse spiegare—raccontò la storia del Vecchio Testamento in cui Abramo porta Isacco sul monte per essere sacrificato. Diavolo, quale potrebbe mai essere il senso di sacrificare il proprio figlio?

Per Kierkegaard, la risposta è che il cristianesimo e la razionalità occupano due sfere separate. Per il tipico utente ateo di internet, la risposta è che la religione fa impazzire la gente. Per Peter Leeson, la risposta sta nel guardare al problema dal punto di vista economico.

Leeson ha indagato il più recente e storicamente confermato esempio di sacrificio umano ritualizzato, praticato da un gruppo etnico dell’India chiamato Kondh. Questi uomini, se mai il pubblico occidentale ne avesse mai sentito parlare, erano noti per essere “una razza feroce e bellicosa, che si dilettava con crudeltà e devastazioni. Di certo anche le loro divinità si deliziavano con le macellazioni, durante rituali insanguinati.”

Lavorando presso il Dipartimento di Economia della George Mason University, Leeson sta facendo carriera trovando spiegazioni razionali per gli avvenimenti storici apparentemente irrazionali. Ha pubblicato degli studi sulla pratica medievale europea di processare ratti e parassiti, su una società africana che avvelena i polli per predire il futuro, e ha in serbo un lavoro sulla pratica della compravendita delle mogli. Quindi il sacrificio ritualizzato rientra bene nel suo ambito di ricerca.
Lo studio, disponibile sul sito web di Leeson, è stato appena pubblicato sul Journal of Behavioral Economics—anche se lui mi ha detto che si definisce una sorta di economista anti-comportamentale.

“Il mio lavoro è piuttosto quello di provare a contraddire l’economia comportamentale,” sostiene. “Più in generale, studio i comportamenti insoliti, strane pratiche che gli individui fanno sia oggi che in passato, e cerco di spiegare quei comportamenti utilizzando solo rigorosi ragionamenti razionali.”
Io l’ho chiamato per vedere se poteva spiegarmi la razionalità dietro al sacrificio umano, e se davvero ci riusciva, per scoprire se ci fosse anche qualcosa di totalmente irrazionale.

Motherboard: Tuffiamoci nei sacrifici umani. Usi un esempio specifico nel tuo studio.

Peter Leeson: Sì, mi sono occupato dei Kondh dell’Orissa, una regione dell’India orientale, e il materiale che ho analizzato è della metà del diciannovesimo secolo. È questo il caso che ho preso in esame.

Come ti spieghi il sacrificio umano rituale?

In sostanza quello che succedeva è che queste comunità acquistavano regolarmente persone innocenti, spesso bambini, ma non solo. Poi organizzavano una grande festa del sacrificio—in mancanza di una parola migliore, alla quale erano invitati a partecipare i membri di comunità e villaggi vicini, per assistere al massacro rituale della persona che avevano acquistato.
 Il fatto che la vittima del sacrificio venisse acquistata, rende la cosa tanto strana quanto raccapricciante. Non sembra adattarsi molto bene con il principio della rigorosa scelta razionale, che pressapoco corrisponde all’idea “più è preferibile a meno.”

È strano quando le persone spendono risorse preziose per poi distruggerle, è come buttare via i soldi. Quindi la domanda è: perché mai queste persone sceglievano di farlo lo stesso? La mia risposta è che i Kondh dell’Orissa stavano usando il sacrificio umano come un modo per proteggere i loro diritti di proprietà. Usavano l’omicidio rituale come una sorta di tecnologia di protezione della proprietà.

Veniva fatto ogni stagione, o ogni anno?

Lo facevano più volte all’anno. Secondo quella che potremmo chiamare la loro religione, c’erano dei momenti particolari durante i quali compiere i sacrifici, ma creavano anche occasioni per rituali ad hoc. Per esempio, se qualcosa di inaspettato o negativo accadeva durante quell’anno, l’idea era che questa madre terra o divinità malevola fosse in collera con loro e dovesse essere placata con il sangue di un innocente acquistato per il sacrificio. Quindi c’erano questi sacrifici occasionali, così come quelli stagionali regolamentati.

Si potrebbe dire che il sacrificio era una misura preventiva? Una specie di assicurazione contro le ire di una divinità malefica?

In apparenza era necessario per accontentare la dea affinché garantisse un buon raccolto e non facesse accadere niente di male alla comunità. Questa è la giustificazione, il modo in cui vedevano la faccenda le persone che lo praticavano.

In realtà , però, quello che io sto sostenendo è che dietro a tutto questo c’è una logica politica ed economica. A volte, anche se può sembrare controintuitivo, il modo più economico per proteggere la nostra proprietà è quello di distruggerne una parte. La ragione fondamentale di ciò è che proteggerla è molto costoso.

Per i Kondh, il metodo base per proteggere la loro proprietà era combattersi tra di loro. Ma il conflitto è costoso: le persone muoiono e la ricchezza è distrutta. Una cosa che si potrebbe fare per evitare che questi conflitti accadano è distruggere preventivamente parte della vostra ricchezza per comunicare agli altri che non siete più ricchi di loro. Che non si dispone di quello che loro pensano. Così facendo li fai desistere dal voler attaccare.

220px-Kutia_kondh_woman_3

Riesci a immaginare un parallelo con i giorni nostri?

Si, ma non penso che sia simile a un’assicurazione—un meccanismo assicurativo opererebbe in modo diverso. Comunque la gente svolge questo genere di attività—distruggere o ridurre una parte del valore di ciò che possiedono per proteggere il resto—quasi ogni giorno.

Un esempio molto banale: se sai di dover andare di notte in una zona pericolosa non indosserai i tuoi gioielli più preziosi. Non userai neanche la tua macchina migliore. Parte del valore di possedere bei gioielli o una macchina lussuosa è che puoi utilizzarli quando vuoi. Se non lo fai, stai riducendo il loro valore. Ma la ragione per cui lo stai riducendo è che così facendo diminuisci la possibilità di una perdita maggiore—tipo farti rubare la macchina.

C’è una logica precisa in tutto questo. Di base vogliamo cercare esempi di cose del genere nel mondo contemporaneo, a volte grandiosi, talvolta di livello minore. Nella mia ricerca ne fornisco alcuni, sia storici che moderni, e penso che la logica che sto descrivendo potrebbe fare luce su queste pratiche.
Per esempio, pensiamo ai paesi in via di sviluppo: una ragione per cui questi paesi si stanno ancora sviluppando è perché i governi “spennano” i loro cittadini. Se guadagni un sacco di soldi, allora sei l’obiettivo perfetto per un governo corrotto che vuole venire a sequestrarti i beni. Quindi, una cosa che gli imprenditori in queste circostanze fanno è limitare la crescita. Mantengono le loro piccole imprese senza espanderle troppo, perché se lo facessero il governo vorrebbe prendere la loro roba. Così distruggono parte del loro valore al fine di preservarne la parte restante.

Quindi in cosa differisce la tua spiegazione da quella degli economisti comportamentali?

La risposta comportamentale è questa: “Ehi guardate, quelle persone stanno facendo cose assurde, devono essere pazzi.” È una caricatura della risposta, ma questo è più o meno il modo in cui, a mio parere, l’economia comportamentale può spiegare le cose che non si adattano immediatamente al nostro convenzionale modo di pensare economico.
Il mio scopo è quello di dire che abbiamo bisogno di guardare più a fondo. Potrebbe non essere una ragione evidente, ma quello che bisogna fare è cercare di mettersi nei panni di una delle persone che partecipano alla pratica che si sta studiando. Supponiamo per un momento che non siano pazzi, stupidi, primitivi o barbari, ma che siano persone razionali come te e me che si trovano ad affrontare situazioni diverse dalle nostre. Come ci comporteremmo se fossimo nella loro situazione e di fronte alle loro stesse costrizioni? Il mio lavoro è mettermi in questo punto di vista e ricostruire la storia in base alle testimonianze disponibili. La mia teoria è che queste pratiche apparentemente bizzarre hanno in realtà un senso ben preciso.

Human_sacrifice_682
Human_sacrifice_682

In un certo senso quello che stai facendo è unire la ricerca antropologica con l’economia.

In un certo senso sì. Più che altro direi che è l’intersezione tra la storia e l’economia. Il mio lavoro ha un aspetto molto interdisciplinare, perché un sacco di queste cose bizzarre che le persone hanno fatto sono fatti storici. Come è ovvio, sono strane solo dal nostro punto di vista contemporaneo, ma questo fa parte del punto a cui voglio arrivare. Non dovremmo essere così affrettati nel pensare che le persone che in passato facevano cose che per noi non hanno senso fossero semplicemente stupide, primitive o barbare…

Alla base di tutte le forme di sacrificio umano ci sono una scelta e una spiegazione razionale. In questo caso c’è una particolare spiegazione legata all’acquisto e all’omicidio rituale di una persona innocente. Di solito la gente pensa a qualcosa come il modello azteco, ma gli Aztechi non compravano gente innocente per poi lanciarla dai gradini delle loro piramidi. Quello che facevano, potrebbe sembrare molto più sensato alle persone di oggi: sacrificavano i prigionieri di guerra, quindi altri uomini o criminali sconfitti. Non è così difficile immaginare perché, in una società dove la guerra è endemica e si sta cercando di controllare la criminalità, ci fosse la pena capitale per i nemici sconfitti e per punire i criminali.

Il caso dei Kondh mi interessava perché è più difficile da spiegare. Non è così evidente perché qualcuno dovrebbe spendere dei soldi solo per distruggere quello che ha comprato.

A cosa lavorerai in seguito?

In questo momento sto studiando la pratica della vendita delle mogli nell’Inghilterra della rivoluzione industriale.

1849.- SACRIFICI UMANI NELLE COMUNITÀ DI IMMIGRATI

Se credete che i sacrifici umani siano un antico retaggio di culture selvagge definitivamente estinte e cadute nel limbo, vi sbagliate.

Nonostante la propaganda antirazzista si sforzi costantemente di presentarci un’immagine politicamente corretta dei popoli africani, in Uganda l’uccisione di bambini per rituali stregoneschi è un fenomeno che ha raggiunto proporzioni davvero incredibili, a dimostrazione di come “pratiche che nei paesi civilizzati hanno portato i loro seguaci al patibolo continuano ad essere per il Sud del mondo ordinaria amministrazione”.
Silvano Lorenzoni nel Selvaggio mostra come comportamenti che per i selvaggi costituiscono la normalità sono considerati tra i popoli civili sintomi di psicopatologie: “Inizierò mettendo a fuoco quelle manifestazioni che avvicinano il selvaggio ai comportamenti di quei civili che normalmente sono, o dovrebbero essere, confinati nelle istituzioni psichiatriche, e, successivamente, quelle (tossicodipendenza compulsiva, deviazioni sessuali ecc.) che più lo avvicinano all’animalità.

Un bimbo morto in cambio di successo, soldi, salute. È quanto accade in Uganda, Paese africano dove – secondo le stime di Jubilee Campaign, charity che si occupa di tutela dei minori – il macabro rituale ha già coinvolto 900 bambini. Un recente reportage investigativo della Bbc nello stato africano ha rivelato che il numero delle piccole vittime di sacrifici umani sta aumentando rapidamente e la polizia fa ben poco per risalire ai colpevoli e ancora meno per proteggere le potenziali vittime.
http://www.lettera43.it/attualita/28884/uganda-attenti-all-orco.htm

È interessante notare che tali riti, pur essendo proibiti dalla legge, sono talmente diffusi e socialmente accettati, da non suscitare la minima riprovazione da parte dell‘africano medio.
Infatti benché l’attuale incremento dei sacrifici sia riconducibile ad una specifica setta chiamata Yu-Yu, questo fenomeno non è un’anomalia estranea alla cultura e alla mentalità africane ma, al contrario, si radica nella psicologia stessa di quelle popolazioni, le quali dal punto di vista morale non vi trovano assolutamente nulla di male. Infatti, in questo continente, e in particolare in Uganda, casi di sacrifici umani sono sempre esistiti e spesso sono gli stessi guaritori tradizionali che finito l’insegnamento di queste pratiche devono iniziare con il sacrificio del proprio figlio. Ecco la descrizione particolareggiata di uno di questi riti:
Molte famiglie, in quelle zone dell’Africa dove lo Yu-Yu è molto diffuso, destinano uno dei loro bambini al sacrificio per garantire benessere a tutta la famiglia. I membri della setta assistono, nudi, all’opera dello sciamano che, stordita la vittima, gli taglia la gola facendo molta attenzione a che neanche una goccia di sangue vada sprecata; il sangue (5/6 litri) viene raccolto in una bacinella metallica e versato sulle teste dei presenti che, poi, si accoppiano ancora tutti lordi di questo.
http://www.valianti.it/cgi-bin/bp.pl?pagina=mostra&articolo=1729

unnamed-1

Un buon africano non capirà mai perché queste pratiche suscitino nell’uomo bianco tanta riprovazione. Per lui l’omicidio non è un crimine, tanto più se è lo stregone a ordinarlo. Ecco come un negro tratta il rito sanguinario con un cronista della BBC che si è finto un acquirente:

«Esistono due modi di farlo», ha spiegato Awali al giornalista, «possiamo seppellire il bambino vivo dove stai costruendo la tua sede oppure possiamo tagliarlo a pezzi e mettere il suo sangue in una bottiglia. Se è maschio gli tagliamo la testa e i genitali, seppellendoli insieme alle mani e ai piedi».
http://www.lettera43.it/attualita/28884/uganda-attenti-all-orco.htm

Ci viene spontaneo chiederci, visti gli attuali flussi migratori, quali saranno a lungo termine gli effetti dell’importazione di questa preziosa cultura nel continente europeo. La risposta ce la da un articolo di alcuni anni fa, in cui si descrive come l’immigrazione grazie alle associazioni antirazziste e umanitarie abbia permesso agli stregoni africani di esportare le loro pratiche di magia nera sino in Gran Bretagna.
Tutto è cominciato col ritrovamento di un corpo mutilato nel Tamigi.

Si trattava di un bambino di razza africana cui erano stati amputati la testa, le gambe e le braccia; investigatori lo battezzarono Adam e cominciarono le indagini. La prima risultanza fu che la causa della morte era stato un accuratissimo taglio della vena giugulare, cui era seguito un drenaggio completo del sangue. (…) Studiando i resti del bambino sacrificato si scoprirono nello stomaco e nell’esofago resti di una pozione costituita da rare erbe africane; l’antropologo spiegò che si trattava di erbe che stordivano la vittima prima del sacrificio.
http://www.valianti.it/cgi-bin/bp.pl?pagina=mostra&articolo=1729

Infine si scoprì che:
Bambini maschi tra i 4 e i 7 anni venivano comprati in Africa per 10/20 dollari; fatti arrivare in Gran Bretagna assieme a coppie di richiedenti asilo, che se ne avvalevano per facilitare le pratiche di accettazione, e poi passati a sette segrete apparentemente di denominazione cristiano-evangelica, in realtà sette sataniche che li sacrificavano, spesso dopo averli torturati, per cacciare «cattivi spiriti» o malattie. I bambini importati dall’Africa in questa maniera sarebbero almeno un centinaio e questa potrebbe essere la punta di un iceberg.
Tra poche decine di anni l’Europa si sarà definitivamente trasformata in un continente africano. Non è difficile perciò ipotizzare un aumento di queste pratiche, con buona pace di progressisti e associazioni umanitarie. Già l’anno scorso abbiamo avuto notizia di un caso simile, riguardante un barcone attraccato a Lampedusa.
Un sopravvissuto, un ghanese di 16 anni, raccontò infatti che durante la traversata furono gettati in mare alcuni uomini per “placare gli spiriti del mare”:
A bordo del barcone venivano eseguiti sacrifici umani per invocare il sostegno di qualche divinità pagana nei momenti di difficoltà, o anche semplicemente per punire qualche innocente che veniva ritenuto colpevole di aver provocato qualche danno ai motori dell’imbarcazione.
La regia degli avvenimenti era tenuta da quattro donne, quattro maghe, delle santone nigeriane che eseguivano riti magici a bordo dell’imbarcazione indicando di volta in volta chi doveva essere gettato in mare. Il fatto che nell’imbarcazione ci fossero etnie diverse ha favorito una sorta di guerra interna dominata da alcuni nigeriani. Un sopravvissuto ha raccontato che donne di etnia nigeriana facevano riti magici al termine quali indicavano qualcuno. Questo veniva preso, legato mani e piedi e ancora vivo gettato in mare.
http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2011/11/30/IMMIGRATI-Sacrifici-umani-sul-barconi-orrore-a-Lampedusa/225793/
Una cosa molto importante da sottolineare è che tutte le donne arrestate erano ospitate in strutture di accoglienza: “due a Palinuro, in provincia di Salerno, uno a Cosenza e altri due in un albergo di Enna” e che tutti i responsabili, “erano già in possesso di permesso di soggiorno dopo avere richiesto e ottenuto asilo politico”.

Forse gioverà a questo punto interrogarsi sui fondamenti antropologici di questa crudele usanza. Il sacrificio umano a scopi stregoneschi riflette di per sé un tratto caratteristico della psicologia dei negri e, in genere, delle popolazioni selvagge. Infatti a differenza di altre forme di culti sacrificali, in uso nell’antichità presso popoli di stampo indoeuropeo, che avevano una valenza cosmica e sancivano un legame con la comunità di appartenenza e col divino, il rito stregonico è totalmente spogliato da qualsiasi carattere sacrale e comunitario, e si riduce sostanzialmente a una sorta di contrattazione magica con i demoni per ottenere vantaggi individuali e materiali. Ciò, del resto, si accorda perfettamente con la stessa concezione della religiosità in uso presso i selvaggi, caratterizzata da una totale cesura con il sacro, che degenera in mero fattucchierismo e magia nera tra i popoli del Sud del mondo, improntati a una crudeltà metafisica che riflette il loro allontanamento dall’umanità e il loro affacciarsi sull’animalità. op. cit.
“Da ciò risulterà chiaro come da un lato il selvaggio possieda ancora un labile aggancio con l’umanità normale, dalla quale comunque si è allontanato, e dall’altro lato esso si affaccia già su quell’animalità alla quale è destinato”.
Concludendo, fenomeni come questi dimostrano in maniera inequivocabile, se non fosse già abbastanza chiaro, che l’idea di importare selvaggi dalle aree più degradate del pianeta non potrà mai costituire una fonte di arricchimento culturale per i popoli civili, ma solo una causa di costante regressione antropologica, di imbarbarimento e di degenerazione. L’immigrato di colore è inassimilabile. La sua presenza va di pari passo al deterioramento delle strutture civili, morali e spirituali di una Nazione. […]
Fonte: visto su Identità. com del 22 agosto 2013. Link: http://identità.com/blog/2012/08/22/sacrifici-umani-nelle-comunita-di-immigrati/

UGANDA, ATTENTI ALL’ORCO. MACABRI RITI: 900 BAMBINI SACRIFICATI PER PROPIZIARE LA FORTUNA.

SaveTheChildren_bambino-e1430640503457
di Emanuela Di Pasqua

Un bimbo morto in cambio di successo, soldi, salute. È quanto accade in Uganda, Paese africano dove – secondo le stime di Jubilee Campaign, charity che si occupa di tutela dei minori – il macabro rituale ha già coinvolto 900 bambini. Un recente reportage investigativo della Bbc nello stato africano ha rivelato che il numero delle piccole vittime di sacrifici umani sta aumentando rapidamente e la polizia fa ben poco per risalire ai colpevoli e ancora meno per proteggere le potenziali vittime.

SUPERSTIZIONE E PAURA.

Negli ultimi tempi, sono stati ritrovati molti corpi orrendamente mutilati a causa della preoccupante ascesa di chi crede nel potere del sacrificio umano. La paura serpeggia tra la popolazione, i genitori e gli insegnanti cercano di non perdere mai d’occhio i piccoli e lungo le strade si moltiplicano i manifesti che segnalano i pericoli legati a questi riti. In alcune missioni, agli alunni viene insegnata una canzone dal titolo esplicativo: «Guariamo la nostra nazione. Finiamola con i sacrifici di bambini».
Ma il fenomeno non avrebbe nulla a che fare con antiche credenze tradizionali: sacrificare la vita di un bambino è un rito che porterebbe semplicemente salute e denaro a chi lo commissiona: trova terreno fertile nella superstizione, nella povertà e nella mancanza di cultura, ma si diffonde anche tra presunti uomini d’affari o imprenditori locali.

IL POTERE DEGLI STREGONI E L’AUMENTO DEI SACRIFICI

bambini-negri

A compiere i riti sono i cosiddetti stregoni o witch doctors, che utilizzano per le proprie pratiche bambini rapiti. I parenti delle piccole vittime parlano di una polizia indolente e di offerte di denaro da parte degli stregoni per evitare guai con la legge. Il capo della task force creata dalla polizia ugandese per investigare sui sacrifici umani, Bignoa Moses, sostiene che la giustizia è imbavagliata e impotente, anche perché mancano le prove e i testimoni per inchiodare gli stregoni. Ma chi conosce bene questa realtà non si stupisce. Come Padre Franco Moretti, padre comboniano conoscitore dell’Africa e direttore della rivista Nigrizia, che ha dichiarato: «C’era un padre qui a Verona che aveva condotto ricerche su questo argomento e aveva anche aperto un dialogo con i cosiddetti stregoni. Ma è morto due anni fa. Di tanto in tanto si ricevono notizie sui sacrifici umani. Si sa che accadono, ci sono stati anche pronunciamenti del governo».

peter-sewakiryanga-uganda-jpg

Peter Sewakiryanga con un bambino.

IL MERCATO DEI MINORI.

Secondo Peter Sewakiryanga, pastore a capo della chiesa Kyampisi Childcare Ministries, alla base dell’aumento del numero di rituali che implicano la morte di minori c’è il fatto che «la gente ama il denaro e tanti vogliono diventare più ricchi». La convinzione che grazie ai macabri riti si arrivi al benessere ha reso i bambini “beni” commerciali, con un vero mercato basato sul binomio domanda/offerta.
Secondo i dati della polizia ugandese nel 2006 sarebbe stato accertato un solo caso simile, nel 2008 ce ne sono stati 25 e nel 2009 altri 29. Ma Sewakiryanga contesta le cifre diffuse dalle autorità, sostenendo che soltanto nella sua parrocchia il numero di minori immolati è maggiore di quello dichiarati in tutta la nazione.

LA MANCANZA DI PROVE E L’INCAPACITÀ DELLA POLIZIA

Nel principale ospedale di Kampala, la capitale della nazione africana, è ricoverato Allan, nove anni, sopravvissuto a un colpo di machete che intendeva decapitarlo. Il bimbo ha riportato danni ossei e cerebrali e, nel corso del rito, è stato anche castrato. Dopo un mese di coma, il piccolo ha riconosciuto chi lo aveva ridotto in fin di vita ma la polizia ha definito le sue dichiarazioni inattendibili. L’uomo accusato da Allan si chiama Awali e il cronista investigativo della Bbc, Chris Rogers, è riuscito a mettersi sulle sue tracce. Fingendosi un uomo d’affari locale, ha sparso la voce di essere alla ricerca di un witch doctor in grado di praticare un rito propiziatorio per guadagnare successo e fortuna. L’uomo ha incontrato Awali che gli ha subito proposto l’incantesimo più potente: il sacrificio di un bambino.

LA TRATTATIVA DELL’ORRORE

«Esistono due modi di farlo», ha spiegato Awali al giornalista, «possiamo seppellire il bambino vivo dove stai costruendo la tua sede oppure possiamo tagliarlo a pezzi e mettere il suo sangue in una bottiglia. Se è maschio gli tagliamo la testa e i genitali, seppellendoli insieme alle mani e ai piedi».
Al termine della trattativa (nel corso della quale Awali ha ammesso di avere già praticato altre volte il sanguinario rito), l’inviato della testata inglese si è rivolto alla polizia. Eppure Awali è ancora un uomo libero, poiché l’inchiesta di Rogers non è stata sufficiente a inchiodarlo e il piccolo Allan non è stato considerato attendibile, pur avendo riconosciuto il suo carnefice nelle immagini che il giornalista britannico gli ha mostrato sul laptop.

IL SILENZIO DELLA LEGGE.

L’inchiesta non ha sortito alcun risultato. Secondo Sewakiryanga, senza l’aiuto delle forze dell’ordine non si può far nulla per proteggere i bambini da questa assurda minaccia: «I piccoli non hanno voce, perché viene messa a tacere dal silenzio della legge e della polizia e dalle persone che, pur leggendo questi fatti sui giornali, non alzano un dito. Noi dobbiamo resistere e fare tutto ciò che è possibile per estirpare questo male. E pregare. Affinché il governo ci ascolti».

STREGONERIA E SACRIFICI UMANI IN EUROPA

timthumb

A seguito del ritrovamento nel Tamigi di un torso umano, appartenente a un bambino negro di cui non era stata denunciata la scomparsa e che non si riusciva ad identificare, Scotland Yard iniziava un’indagine che, nei giorni scorsi, ha portato a risultati agghiaccianti.

Bambini maschi tra i 4 e i 7 anni venivano comprati in Africa per 10/20 dollari; fatti arrivare in Gran Bretagna assieme a coppie di richiedenti asilo, che se ne avvalevano per facilitare le pratiche di accettazione, e poi passati a sette segrete apparentemente di denominazione cristiano-evangelica, in realtà sette sataniche che li sacrificavano, spesso dopo averli torturati, per cacciare «cattivi spiriti» o malattie.

I bambini importati dall’Africa in questa maniera sarebbero almeno un centinaio e questa potrebbe essere la punta di un iceberg.

Contemporaneamente, Scotland Yard ha iniziato un’inchiesta su 400 bambini africani o asiatici scomparsi da casa e da scuola solo negli ultimi dieci mesi e ne ha rintracciati, per ora, solo quattro.

Nuovi fatti sono venuti recentemente alla luce e sono stati illustrati in maniera particolareggiata da un documentario prodotto in collaborazione dalla BBC e da Scotland Yard.
Il documentario si intitola «Sacrificio umano a Londra» e racconta le indagini svoltedagli investigatori inglesi in seguito al ritrovamento del torso umano nel Tamigi.

Nell’ottobre 2001, come detto, un torso umano emergeva e veniva recuperato nei pressi di Tower Bridge; il torso era in buone condizioni perché non era stato in acqua più di 24 ore.
Si trattava di un bambino di razza africana cui erano stati amputati la testa, le gambe e le braccia; investigatori lo battezzarono Adam e cominciarono le indagini.
La prima risultanza fu che la causa della morte era stato un accuratissimo taglio della vena giugulare, cui era seguito un drenaggio completo del sangue.
Sicuri si trattasse di un sacrificio umano si rivolsero ad un professore universitario di antropologia per avere informazioni.
Questi spiegò loro che la tecnica usata era quella tipica dello Yu-Yu, una setta che adora gli spiriti del male e che, molto diffusa nell’Africa occidentale subsahariana, è coinvolta in ogni genere di attività illecita; oltre all’aspetto rituale, si poteva considerare una vera e propria organizzazione mafiosa internazionale.

La setta, oltre a controllare le attività illecite in Africa, si occupa attivamente di traffico di esseri umani verso l’Europa, traffico e gestione di prostitute in Europa e contrabbando all’ingrosso verso l’Europa di tutti i tipi di droghe.
Studiando i resti del bambino sacrificato si scoprirono nello stomaco e nell’esofago resti di una pozione costituita da rare erbe africane; l’antropologo spiegò che si trattava di erbe che stordivano la vittima prima del sacrificio.
Molte famiglie, in quelle zone dell’Africa dove lo Yu-Yu è molto diffuso, destinano uno dei loro bambini al sacrificio per garantire benessere a tutta la famiglia.
I membri della setta assistono, nudi, all’opera dello sciamano che, stordita la vittima, gli taglia la gola facendo molta attenzione a che neanche una goccia di sangue vada sprecata; il sangue (5/6 litri) viene raccolto in una bacinella metallica e versato sulle teste dei presenti che, poi, si accoppiano ancora tutti lordi di questo.
Studiando i microminerali che costituivano le ossa di Adam venne individuata, con un margine di approssimazione di 100 km, la sua provenienza: l’area intorno a Benin City.
A questo punto, però, le indagini erano a un punto morto.

Un fatto nuovo le sbloccò: arrivò all’Interpol la segnalazione di una donna proveniente da Benin City che chiedeva asilo politico in Germania dicendosi perseguitata da una setta che praticava i sacrifici umani e da cui lei si voleva affrancare.
Gli inglesi subito volarono in Germania: la donna confessò di essere la moglie di uno dei capi dello yu-yu, che il marito si occupava di traffico di esseri umani e di droga verso tutta l’Europa e fornì una serie di indirizzi, alcuni in Inghilterra, di costui.
La donna informò gli inquirenti che prima di ogni azione illegale, per garantirsi la protezione degli spiriti, veniva fatto un sacrificio umano (preferibilmente un bambino, più gradito agli spiriti) e che, se l’operazione era andata bene, veniva eseguito un altro sacrificio a scopo di ringraziamento. A casa della donna vennero trovate stanze intere di vestiti da bambino di tutte le taglie, il che fece pensare che a lei fossero stati affidati, in Africa, da genitori inconsapevoli, bambini da portare in Europa e che quella montagna di vestiti fossero i loro bagagli.
La donna non seppe spiegare la presenza di quella montagna di vestiti né la differenza di taglie.
La donna venne trasportata in Inghilterra ma, appena arrivata, ritrattò tutta la sua storia e non fu possibile trattenerla.
Risulta rientrata a Benin City dove è ancora attivamente coinvolta nel traffico di esseri umani e nella affiliazione di tutti i partenti ancora non affiliati alla setta.
A questo punto, però, gli investigatori avevano l’indirizzo dell’ex marito della donna.

Essi misero sotto controllo stretto l’indirizzo, nell’Est London, e si resero conto che egli, ogni notte, viaggiava fino ad un aereoporto (non solo in Inghilterra ma anche in Germania e Belgio) e raccoglieva due immigrati che forniva di documenti veri (procuratigli da funzionari corrotti di origine nigeriana del ministero degli Interni inglese).
Continuando la sorveglianza del sospettato i funzionari di Scotland Yard individuarono altri 12 elementi, a lui strettamente legati, che svolgevano le sue stesse funzioni.
La setta, per non dare nell’occhio durante le sue riunioni settimanali, che raccoglievano centinaia di persone, aveva formato una falsa chiesa protestante di denominazione particolare in cui erano ammessi solo i membri della setta stessa.
In questa maniera essi si potevano radunare una volta a settimana, compiere i propri riti, incassare la rata del riscatto di 5.000 sterline che ogni immigrato clandestino era impegnato a pagare alla setta sotto ricatto di essere sottoposto ai malefici Yu-Yu.
Dal punto di vista delle prove sulle responsabilità del sacrificio di Adam, gli investigatori erano a un punto morto.

Decisero cosi fare un’irruzione all’alba simultaneamente nei 12 appartamenti sotto sorveglianza.
In un appartamento fu trovata una videocassetta in cui si vedeva un uomo che assisteva il padre gravemente malato in un letto; successivamente si recava in un’altra stanza dove un altro uomo di colore nudo era disteso bocconi e in stato di intontimento.
L’uomo procedeva a tagliare la gola della vittima raccogliendo accuratamente il sangue in una bacinella di metallo; quando il sangue era completamente drenato, gli staccava la testa e la metteva in un cesto di vimini.
L’uomo poi si versava in testa l’intero contenuto della bacinella piena di sangue e portava il cesto di vimini sul letto del padre.
Aperto il cesto mostrava la testa al padre, che immediatamente mostrava di sentirsi meglio e si rialzava in piedi.
Nel congelatore del frigorifero vennero trovate alcune buste contenenti le rarissime erbe equatoriali, stupefacenti e microminerali tipiche del Benin, che erano state ritrovate nella gola e nello stomaco di Adam.
Ciò permise l’incriminazione dell’uomo per il sacrificio umano di Adam e di altri 11 per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per traffico internazionale di droghe.
Questa però è soltanto la punta dell’iceberg; la setta Yu-Yu continua a monopolizzare l’arrivo dei clandestini dall’Africa occidentale subsahariana e a gestire la prostituzione nigeriana in tutta Europa, a importare enorme quantitativi di droga sul continente, a compiere sacrifici umani soprattutto di bambini) sullo stesso suolo europeo.
Tutto ciò, di gravità orrenda, assume connotati più che preoccupanti alla luce di alcuni fatti recentissimi.

A seguito del ritrovamento nel Tamigi di un torso umano, appartenente a un bambino negro di cui non era stata denunciata la scomparsa e che non si riusciva ad identificare, Scotland Yard iniziava un’indagine che, nei giorni scorsi, ha portato a risultati agghiaccianti.
Bambini maschi tra i 4 e i 7 anni venivano comprati in Africa per 10/20 dollari; fatti arrivarein Gran Bretagna assieme a coppie di richiedenti asilo, che se ne avvalevano per facilitare le pratiche di accettazione, e poi passati a sette segrete apparentemente di denominazionecristiano-evangelica, in realtà sette sataniche che li sacrificavano, spesso dopo averli torturati, per cacciare «cattivi spiriti» o malattie.
I bambini importati dall’Africa in questa maniera sarebbero almeno un centinaio e questa potrebbe essere la punta di un iceberg.
Contemporaneamente, Scotland Yard ha iniziato un’inchiesta su 400 bambini africani o asiatici scomparsi da casa e da scuola solo negli ultimi dieci mesi e ne ha rintracciati, per ora, solo quattro.
Nuovi fatti sono venuti recentemente alla luce e sono stati illustrati in maniera particolareggiata da un documentario prodotto in collaborazione dalla BBC e da Scotland Yard.
Il documentario si intitola «Sacrificio umano a Londra» e racconta le indagini svoltedagli investigatori inglesi in seguito al ritrovamento del torso umano nel Tamigi.
Nell’ottobre 2001, come detto, un torso umano emergeva e veniva recuperato nei pressi di Tower Bridge; il torso era in buone condizioni perché non era stato in acqua più di 24 ore.
Si trattava di un bambino di razza africana cui erano stati amputati la testa, le gambe e le braccia; investigatori lo battezzarono Adam e cominciarono le indagini.
La prima risultanza fu che la causa della morte era stato un accuratissimo taglio della vena giugulare, cui era seguito un drenaggio completo del sangue.
Sicuri si trattasse di un sacrificio umano si rivolsero ad un professore universitario di antropologia per avere informazioni.
Questi spiegò loro che la tecnica usata era quella tipica dello Yu-Yu, una setta che adora gli spiriti del male e che, molto diffusa nell’Africa occidentale subsahariana, è coinvolta in ogni genere di attività illecita; oltre all’aspetto rituale, si poteva considerare una vera e propria organizzazione mafiosa internazionale.
La setta, oltre a controllare le attività illecite in Africa, si occupa attivamente di traffico di esseri umani verso l’Europa, traffico e gestione di prostitute in Europa e contrabbando all’ingrosso verso l’Europa di tutti i tipi di droghe.
Studiando i resti del bambino sacrificato si scoprirono nello stomaco e nell’esofago resti di una pozione costituita da rare erbe africane; l’antropologo spiegò che si trattava di erbe che stordivano la vittima prima del sacrificio.
Molte famiglie, in quelle zone dell’Africa dove lo Yu-Yu è molto diffuso, destinano uno dei loro bambini al sacrificio per garantire benessere a tutta la famiglia.
I membri della setta assistono, nudi, all’opera dello sciamano che, stordita la vittima, gli tagliala gola facendo molta attenzione a che neanche una goccia di sangue vada sprecata; il sangue (5/6 litri) viene raccolto in una bacinella metallica e versato sulle teste dei presenti che, poi, si accoppiano ancora tutti lordi di questo.

In un appartamento fu trovata una videocassetta in cui si vedeva un uomo che assisteva il padre gravemente malato in un letto; successivamente si recava in un’altra stanza dove un altro uomo di colore nudo era disteso bocconi e in stato di intontimento.
Aperto il cesto mostrava la testa al padre, che immediatamente mostrava di sentirsi meglio e si rialzava in piedi.
Nel congelatore del frigorifero vennero trovate alcune buste contenenti le rarissime erbe equatoriali, stupefacenti e microminerali tipiche del Benin, che erano state ritrovate nella gola e nello stomaco di Adam.
Ciò permise l’incriminazione dell’uomo per il sacrificio umano di Adam e di altri 11 per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per traffico internazionale di droghe.
Questa però è soltanto la punta dell’iceberg; la setta Yu-Yu continua a monopolizzare l’arrivo dei clandestini dall’Africa occidentale subsahariana e a gestire la prostituzione nigeriana in tutta Europa, a importare enorme quantitativi di droga sul continente, a compiere sacrifici umani soprattutto di bambini) sullo stesso suolo europeo.
Tutto ciò, di gravità orrenda, assume connotati più che preoccupanti alla luce di alcuni fatti recentissimi.

Gli immigrati dall’Africa tendevano fino a poco fa a provenire dal Maghreb ed erano tutti mussulmani e tendenzialmente in buona salute.
Gheddafi aveva firmato con tutte le nazioni africane un patto che apre le frontiere della Libia, senza bisogno di passaporti, a qualsiasi cittadino africano.
Masse enormi provenienti dall’Africa subsahariana si sono messe in movimento verso la Libia allo scopo di attraversare lo stretto di mare che le separa da Lampedusa.
Se fino a ieri l’immigrazione gestita dalli Yu-Yu riguardava decine di persone a settimana in tutta Europa adesso è diventata un fenomeno di massa con barconi carichi di centinaia di persone (non piu magrebini, ma africani e subsahariani).
Costoro sono tutti appartenenti e gestiti dallo Yu-Yu; in media uno su 2 è Hiv Positivo; in media 1 su 5 è positivo a forme di turbercolosi nuove per l’Europa e verso cui gli europei non hanno difese immunitarie acquisite.
Il governo italiano, invece di alzare una cortina di ferro contro nuovi pericoli immani che ci minacciano, ha deciso di sanare la posizione di 500.000 extracomunitari clandestini già presenti sul nostro territorio.
Inoltre, con la scusa che la Libia non aderisce alle convezione di Ginevra, ha fatto sapere che tutti i clandestini che provengono dalla Libia non saranno reimpatriati: questo è un vero e proprio invito all’invasione selvaggia.

In questo quadro, gia così preoccupante, il governo di sinistra si appresta a riformare la struttura dei centri di permanenza temporanea in maniera che divengano «strutture aperte», dove poi si può uscire quando si vuole e dove gli immigrati clandestini saranno trattenuti per un massimo di 48 ore; visto che essi proverranno al 99% dalla Libia sarà a tutti permesso rimanere in Italia, anche senza lavorare, per una sorta di asilo politico.
La sicurezza pubblica, l’integrità sanitaria, le strutture sanitarie ospedaliere italiane saranno portate al sicuro collasso.

IMMIGRATI/ SACRIFICI UMANI SUL BARCONE, ORRORE A LAMPEDUSA

barcone_R400

La storia risale al 4 agosto 2011 ed ha dell’incredibile, nel suo orrore.
Un barcone, uno dei moltissimi che specialmente in quel periodo estivo facevano la spola tra il Nord Africa e l’isola di Lampedusa, viene soccorso dalle forze navali italiane. Dentro vi trovano gente viva e dei morti. Circa 400 persone, di diverse etnie africane, si pensa alla solita tragedia di persone che a stento sono riuscite a sopravvivere alla lunga traversata in pessime condizioni. Si scoprirà, mesi dopo, quello che invece è realmente accaduto a bordo del barcone dell’orrore e che chissà quante altre volte è già successo.
Le autorità infatti avevano sospettato qualcosa di strano sin dall’inizio, da quando il barcone era stato portato in salvo con a bordo una persona morta. Facendo indagini accurate fra gli immigrati detenuti nei vari centri di accoglienza italiana, la squadra mobile di Agrigento e altre questure, sono arrivati alla tragica conclusione.
A bordo del barcone venivano eseguiti sacrifici umani per invocare il sostegno di qualche divinità pagana nei momenti di difficoltà, o anche semplicemente per punire qualche innocente che veniva ritenuto colpevole di aver provocato qualche danno ai motori dell’imbarcazione.
La regia degli avvenimenti era tenuta da quattro donne, quattro maghe, delle santone nigeriane che eseguivano riti magici a bordo dell’imbarcazione indicando di volta in volta chi doveva essere gettato in mare. Il fatto che nell’imbarcazione ci fossero etnie diverse ha favorito una sorta di guerra interna dominata da alcuni nigeriani. Un sopravvissuto ha raccontato che donne di etnia nigeriana facevano riti magici al termine quali indicavano qualcuno. Questo veniva preso, legato mani e piedi e ancora vivo gettato in mare.
Lo stesso testimone era stato indicato da una delle donne come responsabile di un guasto al motore. L’intervento di un amico gli evita la sorte, ma dice di aver visto buttare in acqua sei persone. Altre testimonianze, come quella di un ragazzo:
“Eravamo in viaggio da due giorni, il mare si stava ingrossando e un gruppo di nigeriani ha deciso che l’unico modo per far tornare il tempo buono era quello di sacrificare qualcuno di noi”.
Domenica, 23 Ottobre 2011. Fonte: visto su Lettera 43, del 23 ottobre 2011. Link: http://www.lettera43.it/attualita/28884/uganda-attenti-all-orco.htm
Fonte: Visto il Sussidiario.net/del 30 novembre 2011
Link: http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2011/11/30/IMMIGRATI-Sacrifici-umani-sul-barconi-orrore-a-Lampedusa/225793/
Fonte: visto su valianti.it del 25 maggio 2006. Link:http://www.valianti.it/cgi-bin/bp.pl? pagina=mostra&articolo=1729