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6127.- Il “trappolone” del trattato pandemico OMS minaccia l’indipendenza degli Stati e l’unità del pianeta

Senza un freno, un limite, alla crescita delle multinazionali andiamo incontro, rovinosamente, a una dittatura mondiale, capace già di condizionare l’autonomia degli Stati e che, inevitabilmente, cancellerà la democrazia degli States e i principi fondanti del cristianesimo. Lo stato dell’informazione, cui è vietato il solo parlarne, ci mostra già in atto il controllo sociale e mentale sull’intera umanità. L’uso sistematico dell’Intelligenza Artificiale costituirà un potente acceleratore. Avremo, perciò, una risposta il 5 novembre.

Di Redazione Blog di Sabino Paciolla, 13 Febbraio 2024

Sabino Paciolla: Ricevo dagli amici dell’Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân e volentieri pubblico. 

OMS

di Gianfranco Battisti

Nubi nere si avvicinano  

Notizie poco tranquillizzanti stanno giungendo dal fronte medicale. Stavamo appena cercando di dimenticare i tre anni del Covid, ed ecco che ci arrivano le affermazioni catastrofiste circa una ipotetica, prossima pandemia dai caratteri apocalittici. Nessuno sa di cosa si parli, ma la notizia è data per certa dal vertice dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). A ciò si aggiunge la nuova campagna mediatica pro-vaccini, che sponsorizza quelli attualmente in commercio e quelli che saranno prodotti in futuro. Si stanno inoltre preparando le task force che dovranno indottrinare in tal senso gli studenti all’interno delle scuole e delle università. Il tutto rientra chiaramente nella manovra volta a far approvare il cosiddetto “Trattato Pandemico”. Il quale ha per obiettivo l’asservimento di tutti i Paesi del mondo agli interessi plutocratici tramite l’OMS, un’agenzia delle Nazioni Unite che otterrebbe letteralmente i “pieni poteri” a livello planetario.

Le istituzioni, queste sconosciute

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’autorità dell’OMS non è destinata a limitarsi all’ambito della salute. Le politiche sanitarie sono infatti solo il pretesto per assumere il controllo di ogni settore della società: economia, scienza, cultura, politica. Il piano prevede infatti di condizionare qualsiasi decisione politica riconducendola in vario modo a questioni anche solo apparentemente di carattere medicale. È questo l’esito di una strategia che è andata sviluppandosi nell’arco di decenni, attraverso il progressivo ampliamento dell’area di competenza della medicina maturato in seno all’OMS. L’obiettivo attribuitosi da tale organismo nel 2022 parla infatti del “raggiungimento da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute”, definita (già nel 1948) come “uno stato di totale benessere fisico mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”. Nelle sue ambizioni questo programma non solo richiama il Dr. Faust, ma presuppone soprattutto il controllo sociale e mentale dell’intera umanità[1]. Tutto approvato in un momento in cui si presumeva che avessimo superato l’epoca dei totalitarismi. Evidentemente, esiste una tabella di marcia che è nota solo ai potenti.

Se ogni aspetto della vita umana viene a confluire all’interno della salute, appare logico che il governo della stessa finisca col travalicare ogni limite, occupando tutti gli spazi dell’azione politica, nessuno escluso. Ne abbiamo avuto una dimostrazione eclatante durante la dittatura sanitaria introdotta a livello globale (ma di fatto implementata solo nell’Occidente, oltreché in Cina) nel periodo del Covid. La lettura della bozza di Trattato lascia intravvedere, al di là della scarna formulazione, l’enormità dei poteri che verrebbero attribuiti ad un organismo privo non solo di qualsiasi legittimazione democratica, ma di fronte alle cui decisioni non vi sarebbe modo di tutelarsi.

Poteri così illimitati riuscerebbero ad indirizzare la spesa degli Stati verso specifici settori, alterando il funzionamento dei mercati e l’allocazione dei capitali, impedendo di fatto ai governi di effettuare investimenti nei settori che essi considerino strategici per i loro interessi. Si consideri ad es. l’enormità delle somme spese per l’acquisto dei vaccini anti Covid, mediante contratti capestro il cui contenuto rimane tuttora secretato. Né il danno si limiterebbe al campo dell’economia, in quanto per l’implementazione dei diktat onusiani sono esplicitamente previsti interventi drastici sul fronte delle libertà di stampa, di circolazione (di beni e persone), di istruzione e financo di ricerca scientifica. L’indottrinamento della popolazione, rafforzato dalla censura, diverrebbe addirittura un obbligo internazionale. Il risultato sarebbe la nascita di un nuovo regime di colonialismo globale, nel quale i governi nazionali si troverebbero ridotti nella condizione dei consigli tribali di fronte ai governatori imposti dalle potenze europee. Una nuova via, coatta, al sottosviluppo, che questa volta è destinata a coinvolgere anche la (un tempo) ricca Europa. Per tacere dei rischi ormai più che prevedibili in ordine alla nostra salute.

Non a caso, l’ordine di scuderia è “non parlare del Trattato”. Questo svela la realtà delle cose: l’OMS è soltanto la più esterna delle matrioske che compongono la struttura occulta del potere, che si cela dietro una pluralità di controfigure, secondo la logica del Deep State[2]. Naturalmente c’è chi ha fiutato il “trappolone”, a cominciare dal parlamento USA, non del tutto asservito ai poteri occulti. Quest’ultimo ha infatti approvato una mozione con la quale si riserva di decidere se dare attuazione o meno alle singole direttive provenienti dall’OMS. Lo stesso atteggiamento è emerso nei governi di alcuni Stati dell’Unione. A loro volta i Paesi africani si sono subito dimostrati molto scettici, ed i loro rappresentanti in seno all’assemblea hanno votato in massa contro l’evidente tentativo di bruciare i tempi dell’approvazione. In Slovacchia, il presidente ha già annunciato che il suo Paese ne resterà fuori; in Ungheria la protesta viene invece dal partito nazionalista, che milita all’opposizione. Dietro le quinte c’è dunque una certa mobilitazione, nonostante il fatto che i media internazionali dedichino alla questione una scarsissima copertura.

La storia si ripete

La situazione ricorda il tentativo della presidenza Obama di far passare il cosiddetto “Trattato Transatlantico”, che avrebbe dovuto portare alla pratica “annessione” dell’area OCSE all’economia americana. L’operazione, anch’essa portata avanti nel massimo segreto, è poi fallita principalmente per l’opposizione interna agli Stati Uniti, che vedeva comunque minacciati una serie di interessi vitali da parte dell’élite globalista. Lo spettro di una dittatura mondiale che cancelli l’autonomia degli States è una delle questioni che stanno alla base del successo di Trump, e contribuisce a spiegare l’accanimento dimostrato contro il presidente durante il suo mandato ed attualmente contro la sua ricandidatura[3].

Quella attuale appare come l’ennesima “soluzione tecnica” che l’élite al potere sta cercando di attuare da decenni. Come è noto, essa sta progressivamente  monopolizzando le ricchezze ed i poteri, sottraendoli ovunque agli Stati, sia a livello di governi che di singoli cittadini. A livello istituzionale lo fa sovente attraverso organizzazioni private che vengono spacciate per pubbliche – l’OMS, come l’ONU di cui è emanazione, non sono enti pubblici, soggetti al controllo degli elettori – e lo stesso discorso vale per la pletora di OnG ad essa riconducibili, la cui operatività non casualmente viene ufficializzata dalle Nazioni Unite.

Ritornando al caso in questione, i potenti del nostro tempo hanno scoperto che in un mondo dove Dio è stato cacciato, la paura della morte e della malattia è un sentimento che può venire usato per spingere a comportamenti irrazionali e financo autolesionistici. Anche ad accettare una dittatura in confronto alla quale nazismo e comunismo conservavano pur sempre un fondo umanitario. Le modalità con le quali si è reagito quasi ovunque al Covid sono indicative della brutalità che ci aspetta in futuro. Se a ciò aggiungiamo che il virus è un’arma biologica, realizzata con i finanziamenti dell’esercito americano (non si dimentichi che sulla composizione dei cosiddetti “vaccini” grava un segreto militare che l’Unione Europea è costretta a rispettare) si comprende dove si intende arrivare. Apertis verbis, ad attribuire all’OMS il potere di dichiarare – ogniqualvolta farà comodo a “lorsignori”  – l’esistenza di una pandemia, costringendo il mondo intero ad assumere decisioni di portata epocale praticamente senza contraddittorio.

Lo sfilacciarsi della democrazia

Dopo aver sottratto furtivamente ai popoli ogni possibilità di controllo sulla politica, con il Trattato pandemico si vuole adesso sottomettere ufficialmente gli Stati all’OMS, instaurando di fatto un governo mondiale facente capo ad un organismo apparentemente “tecnico”. In realtà, gli amministratori dell’OMS vengono nominati dai politici conniventi, dai quali ricevono una delega in bianco. Questa delega è poi riempita dai padroni dell’industria del farmaco, i quali mirano unicamente ad aumentare le loro ricchezze, direttamente e indirettamente. Dietro all’industria vi sono poi i militari, e dietro ad essi tanti “signori X” che tirano i fili. 

Sulla strada che abbiamo sintetizzato un risultato fondamentale è già stato raggiunto: esiste in effetti un “governo mondiale delle banche”[4], ma questo non è più in grado di far funzionare un mondo che è stato depredato al punto da essere sull’orlo del tracollo. Occorre dunque rafforzare la presa. La prossima crisi di Wall Street, che negli ultimi 16 anni è stata ritardata a prezzo della definitiva compromissione dell’economia mondiale, è ipotizzabile per il 2025. Vale a dire all’indomani delle elezioni presidenziali americane. Da qui il tempismo del Trattato, che mira a dare al nuovo presidente i poteri per salvare l’America a spese del mondo intero. Difatti, gli USA sono ad un tempo il “grande malato” dell’economia mondiale[5] ed il maggior contribuente dell’OMS, più ancora della Cina. E come tali, sono in grado di condizionarne le decisioni.

L’obiettivo è in fondo semplice: si tratta di rinchiudere il mondo in una rete dalla quale rimangano fuori soltanto loro: all’esterno, ma seduti nella stanza dei bottoni. Dalla quale amministrare il resto del pianeta. Come già anticipato, ciò trasformerebbe il mondo intero in una colonia, da amministrare né più né meno di come l’Europa ha trattato il resto del mondo nei secoli passati[6]. Per l’occasione è stato già lanciato il nuovo slogan: “Non possiederai nulla e sarai felice”. Il copyright è del World Economic Forum, un’associazione privata che comprende circa 1.500 tra grandi e grandissimi imprenditori multinazionali (incluso il famoso Klaus Schwab), provenienti dal mondo intero. È questa la vera “assemblea globale” che oggi vuole assumere tutti i poteri. Un’assemblea al cui interno i diritti di voto non sono distribuiti in modo paritetico, ma sono “pesati” secondo le ricchezze formalmente detenute da ciascuno.

Il “Piano B”

Relativamente al Trattato Pandemico, il colpo è talmente grosso che i “furbetti”, a quanto è dato di intendere, temono adesso di non riuscire a farlo approvare. L’operazione richiede infatti una maggioranza qualificata pari a non meno di 2/3 dei membri ONU. Si starebbe allora preparando un “Piano B”, che consisterebbe nello spostare le norme liberticide dal Trattato al Regolamento interno dell’OMS. Questo si può infatti modificare a maggioranza semplice: bastano 98 voti.

Non sarebbe la prima volta che una simile manovra ha luogo. È accaduto lo stesso allorquando il progetto della cosiddetta “Costituzione europea” è crollato di fronte all’opposizione popolare. Nell’occasione, l’élite che ci governa ha reagito collocando a livello di trattati internazionali (soprattutto il Trattato di Nizza) le norme tecniche che trasferiscono i poteri determinanti dai singoli Stati all’Unione europea[7]. Questa è diventata di fatto una sorta di ircocervo, un “quasi Stato”, nel quale il potere è concentrato in pochissime mani ed ai parlamentari, che non possono esprimere il governo, non è consentita nemmeno l’iniziativa legislativa. Il risultato è un deficit democratico ineliminabile, che non è nemmeno equilibrato dalla relativa maggiore efficienza che solitamente caratterizza i regimi autoritari.

Tutto ciò non deve meravigliare. Le storture originarie dell’Unione europea presentano tutti i tratti di un organismo handicappato, fatto nascere a forza dalle stesse élites che su un altro versante si battono ostinatamente per far abortire i bambini, anche e soprattutto se potrebbero nascere sani. Queste caratteristiche istituzionali sono infatti finalizzate a consentire che l’embrione di Stato europeo si sciolga prossimamente nel calderone dal quale dovrà scaturire il futuro governo mondiale. Da quanto è dato intuire, tale governo sarà caratterizzato dalla stessa mancanza di coesione che ravvisiamo nella UE, dove le diverse istituzioni costituiscono delle realtà fra loro disarticolate.

Se tutto procedesse come si vuole “dall’alto”, vedremmo nascere, più che una modalità di governance completamente inedita, una forma “perfezionata” della attuale struttura europea. Una forma ibrida che vede il potere spartito tra le grandi multinazionali e le organizzazioni non governative – ergo, private – che sono state messe in piedi come “braccio” politico dei magnati. Organizzazioni il cui compito è di “costruire” un consenso apparente per le decisioni elaborate dai moderni “padroni del vapore”.

Tempus fugit

Per il “Trattato pandemico” i tempi sono strettissimi: il golpe (o, per chi preferisce usare il “politicamente corretto”: il voto) è calendarizzato per maggio, all’indomani delle elezioni europee. A quel tempo il nostro continente sarà ancora rappresentato dai leader espressi dall’attuale coalizione di centro-sinistra, mentre la nuova maggioranza che probabilmente emergerà dalle urne non avrà avuto il tempo di organizzarsi e prendere in mano le redini del potere. Certe coincidenze non sono mai casuali.

A questo punto la parola passa più che mai ai singoli Stati, che conservano ancora (non si sa fino a quando) l’autorità di aderire o meno al “trappolone”. La situazione è invero assai difficile. La bozza di piano pandemico nazionale recentemente presentata alle Camere contiene già la sottomissione dell’Italia ai diktat dell’OMS, anche se non esplicitamente. Non resta che sperare nella votazione finale in assemblea. Ogni azione di sensibilizzazione mediatica e politica, ovunque avvenga, è dunque benvenuta e potremmo dire, anche “sacrosanta”.

Per i cattolici, doverosa appare una mobilitazione di natura religiosa. Da troppo tempo abbiamo dimenticato il potere della preghiera collettiva. Sarà forse il caso di ricordare come una catena di rosari, portata avanti per anni, da una porzione crescente del popolo austriaco abbia portato nel dopoguerra all’evacuazione delle truppe sovietiche ed al ristabilimento dell’indipendenza del Paese. Se a ciò aggiungiamo che maggio è il mese caro alla Madonna, non ci dovrebbero essere dubbi su quale sia il nostro compito primo.

[1] Nel 1999 si era giunti ad un passo dall’inserire nell’elenco anche il “benessere spirituale”.

[2] Cfr. Il Deep State planetario: la politica manovrata dall’ombra – 15° Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel Mondo, a cura di G. Crepaldi, R. Cascioli, S. Fontana, Siena, Cantagalli – Osservatorio internazionale Card. Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa, 2023.

[3] Questo tema è “convenientemente” omesso dagli organi d’informazione.

[4] Il quale è praticamente in guerra con la Federazione Russa.

[5] Cfr. “Le logiche economiche del Great Reset”, in Proprietà privata e libertà: contro lo sharing globalista – 14° Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel Mondo, a cura di R. Cascioli, G. Crepaldi, S. Fontana, Siena, Cantagalli – Osservatorio internazionale Card. Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa, 2022, pp. 37-60.

[6] Vi sono ancora dubbi sulle ragioni per le quali non il solo Putin ma la maggior parte del pianeta – che si sta organizzando all’interno dei BRICS – si oppone agli Stati Uniti?

[7] Si consideri che la Costituzione italiana esclude le leggi di ratifica dei Trattati internazionali dalla possibilità del referendum abrogativo. Una circostanza che spiega l’apparente “debolezza” che i nostri governanti mostrano nei rapporti con gli altri Stati.

6116.- Elezioni Usa, la Corte Suprema decide se Trump può tornare a essere presidente

TGcom24

Askanews. L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha vinto il caucus repubblicano nello stato del Nevada, in vista della nomina per le elezioni presidenziali del 2024.L’unico avversario di Trump in Nevada era Ryan Binkley, un politico poco conosciuto. All’ex presidente è andato il 97,6 per cento dei voti, mentre Binkley, un pastore del Texas, ha ottenuto il 2,4 per cento delle preferenze.La rivale più pericolosa, l’ex governatrice della Carolina del Sud – ed ex ambasciatrice americana all’Onu – Nikki Haley, questa volta ha evitato la sfida diretta con Trump. “È stato un giorno fantastico, è stata una serata fantastica. Si spera che la Corte Suprema faccia qualcosa in termini di aiuto al nostro Paese e di preservazione della democrazia. Dobbiamo preservare la nostra democrazia”.”Speriamo che la decisione sia molto importante, ma non c’è mai stato nulla di simile nei sondaggi. Siamo in testa a tutti. Lo siamo proprio adesso. C’è un modo per indire le elezioni per martedì prossimo?”, ha scherzato Trump. La Corte Suprema degli Stati Uniti dovrà decidere in merito alla sentenza con cui lo stato del Colorado ha escluso Donald Trump dalla corsa alle primarie per la Casa Bianca. Il 14° emendamento vieta agli ex “funzionari degli Stati Uniti” che hanno giurato di “sostenere” la Costituzione e “si sono impegnati in un’insurrezione o ribellione” contro gli Stati Uniti di ricoprire “qualsiasi incarico”. Trump è stato considerato un insurrezionalista dai giudici del Colorado.

(Photo by Mario Tama/Getty Images)

Le accuse di Trump a Biden

 “Il caso di Biden è cento volte diverso e più grave del mio”, ha attaccato l’ex presidente, in pista per la candidatura repubblicana alla Casa Bianca. Jason Miller, consulente di lunga data dell’ex presidente americano, ha puntato l’indice contro il rapporto pubblicato dal procuratore speciale, sostenendo che negli Stati Uniti esista “un doppio sistema di giustizia”. Un sistema che, da una parte, ha incriminato Trump per i documenti di Mar a-lago, mentre dall’altra ha “graziato” Biden per documenti classificati che aveva trattenuto a sua volta per anni, nonostante all’epoca non fosse nemmeno presidente.

Procuratore: Biden diffuse carte segrete, ma non va incriminato. E’ un anziano con problemi di memoria”

Biden smentisce, ma secondo un rapporto divulgò volontariamente materiali altamente classificati quando era un privato cittadino, inclusi documenti sulla politica militare ed estera. Trump: “Il sistema giudiziario ha doppio standard”

Cosa dice il rapporto del procuratore Hur su Joe Biden

 Il rapporto, di 388 pagine, è stato pubblicato giovedì dal procuratore speciale Roberto Hur e riconosce che Biden si appropriò “deliberatamente” di documenti classificati. Al contempo stabilisce tuttavia che il caso non meriti la formulazione di atti d’accusa nei confronti dell’attuale inquilino della Casa Bianca, definito nel documento “un anziano ben intenzionato che soffre di problemi di memoria”. A detta di Miller, però, il rapporto di Hur sarebbe a tutti gli effetti “un caso di interferenza elettorale”, in un momento in cui Trump, il più probabile avversario di Biden alle prossime elezioni, si è trovato nell’arco di pochi anni a doversi difendere da 91 capi d’imputazione penali in quattro Stati e incriminazioni da parte della giustizia federale.

La Corte Suprema decide se Trump può tornare a essere presidente

Di Gabriele Barbati, pubblicato il 08/02/2024

La Corte Suprema ha valutato giovedì se Trump può tornare alla Casa Bianca. L’ex presidente ha presentato un ricorso contro la decisione del Colorado di bandirlo dalle primarie in base al 14° emendamento della Costituzione, che esclude dalle cariche pubbliche i “responsabili di insurrezione”

I nove giudici costituzionali di Washington hanno esaminato, giovedì alla Corte Suprema, il caso da cui dipende la corsa di Donald Trump alle elezioni presidenziali di novembre.

L’ex presidente ha presentato ricorso contro la decisione del Colorado di escluderlo dalle primarie del 5 marzo sulla base del 14° emendamento della Costituzione americana.

Davanti alla sede della Corte si è una riunita una folla a sostegno di Trump, che gli elettori repubblicani stanno scegliendo in massa alle primarie come candidato a sfidare Joe Biden il prossimo novembre alle urne.

Perché la Costituzione Usa può escludere la rielezione di Trump

Il terzo comma del 14° emendamento della carta fondamentale degli Stati Uniti, scritto nel XIX° secolo dopo la Guerra civile, stabilisce che nessuno che “sia stato coinvolto in un’insurrezione o una ribellione” contro gli Stati Uniti possa “detenere una carica pubblica“.

La Corte Suprema del Colorado ha giudicato che Trump, quando era alla fine ormai della sua presidenza, abbia istigato l’assalto del 6 gennaio 2021 al Campidoglio di Washington, applicando per la prima volta il 14° emendamento a un candidato presidenziale.

I difensori di Trump sostengono che sia estraneo all’assalto (una vicenda per cui sarà giudicato nei prossimi mesi da un tribunale federale di Washington), ma anche che l’emendamento in questione non impedisca di candidarsi alle elezioni, visto che prevede anche che una maggioranza qualificata del Congresso possa rimuovere l’interdizione.

Quanto pesa il verdetto della Corte Suprema

La Corte non giocava un ruolo così decisivo dal 2000, quando deliberò sul conteggio dei voti decretando la vittoria a George W. Bush su Al Gore.

Ora però sei dei giudici supremi sono conservatori, gli ultimi tre nominati tra il 2017 e il 2020da Trump. La maggioranza di loro sembra incline a negare che un singolo Stato possa squalificare un candidato dalla corsa elettorale, secondo il New York Times.

“Si arriverebbe ad avere una manciata di stati che decidono le elezioni presidenziali” ha dichiarato in aula il presidente della Corte, John Roberts.

Si attende di capire anche se il verdetto, che verrà emesso probabilmente prima dei tre mesi canonici, riguarderà solo l’esclusione dell’ex presidente dalla primarie del Colorado o riguarderà la sua stessa rieleggibilità.

Tutti questi casi vengono fuori dalla Casa Bianca, ci saranno altre interferenze elettorali dai democratici

Donald Trump Candidato alle presidenziali Usa

Una corte d’appello federale di Washington ha appena confermato che Trump non gode più dell’immunità concessa a un presidente per i reati eventualmente commessi mentre è in carica.

L’ex presidente deve dunque andare a processo per l’assalto del Campidoglio e per il presunto tentativo di manipolare i risultati delle elezioni del 2020 vinte da Joe Biden.

È possibile tuttavia che Trump, nel tentativo di ritardare i suoi processi fino alla sua possibile rielezione, porti la richiesta di immunità al giudizio della Corte Suprema.

6109.- Ecco perché le elezioni Usa si giocano in Michigan (cioè a Gaza)

Stiamo pagando un prezzo importante alla politica di espansione dei coloni israeliani. A prescindere da quanti siano gli immigrati che ospitiamo, l’Occidente ha diritto ad avere un leader con la coscienza pulita e all’altezza dei nostri valori. La sola maniera per Biden di non perdere le elezioni è dimettersi.



Dal Corriere, di Federico Rampini, 4 febbraio 2024. Sola lettura.


Lo stato industriale del Midwest ospita la più grossa comunità di immigrati provenienti da paesi arabi. Le sanzioni ai coloni della Cisgiordania contengono un doppio messaggio

Le elezioni americane di novembre si vincono o si perdono in Michigan… cioè a Gaza? Le ultime mosse di Joe Biden in Medio Oriente hanno una doppia valenza, di politica estera e di campagna elettorale. Da tempo una crisi internazionale non era così presente nel dibattito interno agli Stati Uniti. Accade sempre più spesso che i comizi elettorali di Biden siano interrotti, perturbati e contestati da manifestanti pro-palestinesi. Tra gli slogan più duri contro di lui, si sono visti scandire “Genocide Joe” e “Quanti bambini hai ucciso oggi?”. Il presidente è il bersaglio di coloro che gli rinfacciano il suo appoggio a Israele – un appoggio che per la verità è una costante bipartisan di tutte le Amministrazioni Usa dagli anni Settanta in poi. Adesso però è in corso da più di tre mesi la controffensiva dell’esercito israeliano nella Striscia, il massacro di innocenti perpetrato da Hamas il 7 ottobre scorso è un lontano ricordo perfino in alcuni settori dell’opinione pubblica che simpatizzano per Israele, per non parlare di tutti coloro che fin dall’inizio considerarono “legittima” quella mattanza di civili, gli stupri di donne, i rapimenti di anziani e bambini. Ormai sembra contare solo il bilancio di vittime civili tra i palestinesi; indubbiamente pure quello è raccapricciante. Biden per quanto sia critico verso Benjamin Netanyahu sta pagando prezzi pesanti per il suo appoggio diplomatico e militare a Israele: perde consensi preziosi nel mondo, anche tra alleati; e rischia seriamente di perdere le elezioni a casa sua
Gli arabi-americani del Midwest operaio
Un’occhiata allo Stato del Michigan spiega perché la strada verso la rielezione alla Casa Bianca passa da Gaza. Ho già scritto dell’emorragia di consensi giovanili, che abbracciando la causa palestinese possono disertare il partito di Biden, e magari perfino votare per Donald Trump. Un pericolo ancora più concreto e preciso riguarda l’elettorato arabo-americano. Ecco dove il Michigan è cruciale. Questo Stato industriale del Midwest ospita la più grossa comunità di immigrati provenienti da paesi arabi. Molti sono di seconda o terza generazione, o comunque hanno da tempo la cittadinanza Usa e votano. Una concentrazione particolare è nella città di Detroit, dove gli arabi-americani sono ben rappresentati nella classe operaia dell’industria automobilistica. Il sindacato metalmeccanico United Auto Workers ha dato il suo endorsement a Biden per l’elezione di novembre. Ma l’indicazione di voto dei vertici sindacali rischia di cadere nel vuoto tra gli operai di origini arabe. In questa constituency Biden sta perdendo consensi in gran quantità, per via della guerra di Gaza. Un sondaggio recente rivela che gli arabi-americani intenzionati a votare per lui sono crollati: erano il 59% prima della guerra, ora sono il 17%. Quaranta punti percentuali è un tracollo inaudito. Il Michigan è uno di quegli Stati “in bilico”, dove può giocarsi la sfida di novembre per la Casa Bianca: nel 2020 Biden lo conquistò per soli 154.000 voti su un totale di 5,5 milioni. Una massiccia defezione di arabi-americani potrebbe essergli fatale questa volta.
Sanzioni Usa contro coloni israeliani: i tanti perché
La vicenda degli immigrati arabi in Michigan è importante per capire una delle ultime mosse di Washington: le sanzioni contro alcuni coloni israeliani accusati di violenze ai danni di palestinesi in Cisgiordania. C’erano già state a dicembre delle sanzioni, sotto forma di divieti d’ingresso negli Stati Uniti, sempre per castigare alcuni coloni israeliani che si erano macchiati di aggressioni nei territori occupati. L’ultimo giro di sanzioni è più drastico perché include pene finanziarie, il divieto di transazioni economiche con gli Stati Uniti. Il numero di coloni colpiti stavolta è minuscolo: solo quattro. Ma la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato fanno sapere che questo potrebbe essere solo l’inizio. Vogliono mandare un segnale deterrente contro l’ala più aggressiva del movimento dei coloni, che dopo il 7 ottobre ha sferrato violente rappresaglie contro la popolazione palestinese in Cisgiordania. Le ultime sanzioni americane sperano di mandare un messaggio in molte direzioni: al governo Netanyahu, all’Arabia saudita e altri paesi dell’area, perché sia chiaro che l’America non tollera abusi contro la popolazione palestinese; agli arabi-americani nel Michigan o altrove. La dimensione domestica di questa crisi non si ferma all’elettorato arabo-americano. E’ significativo che la Casa Bianca abbia voluto aggiungere questa precisazione: le sanzioni adottate contro i coloni non prendono di mira cittadini americani residenti in Israele. Questo è un pudico accenno a una realtà tanto imbarazzante quanto nota. Tra i coloni che hanno occupato illegalmente territori in Cisgiordania, e difendono con le armi i propri insediamenti, sono ben rappresentati gli israelo-americani, con doppia cittadinanza e due passaporti. La componente degli ebrei americani di ritorno in Israele contribuisce da anni a rafforzare il movimento degli insediamenti abusivi in Cisgiordania, e lo fa con l’ausilio delle armi (mentre gli ebrei russi che emigrano in Israele invece continuano ad incrementare la schiera degli ultra-ortodossi). Biden non vuole prendere di mira degli israeliani che sono anche cittadini americani, almeno per adesso; ma è ben consapevole di questa realtà e anche a loro intende mandare un messaggio.
La “Dottrina Biden” per pacificare il Medio Oriente
La corsa a cronometro per risolvere la tragedia di Gaza prima dell’elezione di novembre, richiede il successo di quella che l’opinionista Thomas Friedman sul New York Times definisce la Dottrina Biden per il Medio Oriente. Friedman è considerato uno dei più autorevoli analisti della questione, quindi riassumo il suo pensiero. Ecco come definisce i vari componenti della Dottrina Biden. Primo: una risposta militare forte alle molteplici aggressioni dell’Iran e dei suoi sicari nella regione (io dubito che questa possa limitarsi ai raid di ieri sera). Secondo, una iniziativa diplomatica “senza precedenti” per promuovere subito la formazione di uno Stato palestinese. Questo dovrebbe includere un riconoscimento americano di uno Stato palestinese smilitarizzato che governi sia la Cisgiordania sia Gaza, con istituzioni credibili anche nel campo della sicurezza, ma senza la capacità di minacciare Israele. Il terzo pilastro di questa Dottrina Biden è il varo di un’alleanza strategica (militare e non solo) tra l’America e l’Arabia saudita, come ricompensa per un riconoscimento diplomatico bilaterale fra quest’ultima e Israele. E’ chiaro che il terzo punto dipende dal secondo: il principe saudita Mohammed bin Salman (MbS) ha manifestato la sua intenzione di riprendere il cammino verso la normalizzazione dei rapporti con Israele, ma la creazione di uno Stato palestinese ne è una condizione irrinunciabile.
Scenario alternativo: l’asse Netanyahu-Trump
Un ostacolo di stazza che si erge sul percorso della Dottrina Biden è Benjamin Netanyahu. Bisognerebbe costringerlo ad azioni molto dure contro gli insediamenti abusivi dei coloni in Cisgiordania. La creazione di uno Stato palestinese funzionante e credibile non è compatibile con la presenza di certi insediamenti. Netanyahu non dà nessun segnale di essere disponibile a questo tipo di concessioni. Scommettere sulla sua fine politica è una tentazione. Però bisogna prendere atto che a prescindere da Netanyahu l’opinione pubblica israeliana per effetto della carneficina subita il 7 ottobre è diventata molto più ostile all’idea di uno Stato palestinese. Netanyahu a sua volta potrebbe scommettere che a sparire della scena non sarà lui bensì Biden. Cosa cambierebbe a novembre in caso di una vittoria di Trump? L’ex presidente e candidato (quasi certo) del partito repubblicano nei comizi va dicendo che l’America “deve smetterla di legare le mani a Israele”. Trump ebbe un rapporto eccellente con Netanyahu, una netta differenza rispetto a due presidenti democratici (Obama e Biden). Però Trump vanta all’attivo della sua politica estera gli Accordi di Abramo che nel 2020 consentirono di instaurare relazioni diplomatiche ed economiche fra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco, Sudan. Un Trump 2 probabilmente vorrebbe proseguire su quella scia fino al trofeo più ambito, il disgelo totale Arabia-Israele. Anche Trump dovrebbe far propri alcuni pezzi della Dottrina Biden (così come definita da Friedman), per esempio il trattato di difesa Usa-Arabia. Per ratificare un trattato internazionale ci vogliono i due terzi dei voti del Senato di Washington: un traguardo che sembra irrealistico nel clima attuale dei rapporti fra democratici e repubblicani. La sinistra obietta sulla situazione dei diritti umani in Arabia saudita; la destra isolazionista non vuole legarsi le mani con nuovi trattati che costringano l’America a combattere per difendere qualche alleato. Siamo al punto di partenza: in questo 2024 l’intreccio fra la tragedia mediorientale e la politica interna americana è notevole.

6197.- I blocchi di Trump contro il multilateralismo di Biden. Quale approccio dopo Usa2024

Da Formiche.net, di Duccio Fioretti, 25/01/2024 

I blocchi di Trump contro il multilateralismo di Biden. Quale approccio dopo Usa2024

I due principali candidati alle presidenziali americane propongono approcci diversi per la politica estera di Washington. Ma è probabile che il vincitore dovrà comunque adattarsi alle necessità del pragmatismo. La questione sviscerata durante l’evento “L’America e la leadership mondiale dopo il voto”, tenutosi al Centro Studi Americani. Chi c’era e cosa si è detto

Le elezioni americane previste per il novembre di quest’anno saranno un vero e proprio punto di svolta. L’esito di queste sarà significativo per stabilire quale forma assumerà la politica estera di Washington, che a sua volta giocherà un ruolo importante nell’influenzare la scelta degli elettori americani. Quali sono dunque le prospettive per il futuro del sistema internazionale all’indomani della chiusura delle urne al di là dell’Atlantico?

Proprio su tale questione si è incentrato il dibattito interno all’evento “L’America e la leadership mondiale dopo il voto”, tenutosi al Centro Studi Americani nel pomeriggio del 24 gennaio. Fin dall’inizio emerge subito la centralità degli sviluppi della politica internazionale per gli Stati Uniti in questo particolare momento storico: conflitto in Ucraina, crisi in Medio Oriente e competizione Usa-Cina segnano un punto di rottura con il passato, ed è su questa rottura che andrà rifondato l’ordine internazionale. Sulla base dei diversi approcci promossi da Joe Biden e da Donald Trump, al momento considerati i candidati di punta per l’appuntamento elettorale di quest’autunno. “Da una parte l’ordine liberale globale difeso da Biden, dall’altra c’è la visione trumpiana dei ‘blocchi’, che si discosta dalla tradizione repubblicana classica” commenta Karim MezranResident Senior Fellow del Rafik Hariri Center for the Middle East dell’Atlantic Council, notando però che su determinate questioni entrambi i candidati alle presidenziali seguiranno percorsi molto simili. “Nei confronti della Cina avranno stesso atteggiamento, mentre in Ucraina entrambi si troveranno a dover gestire un ridimensionamento delle pretese di Kyiv. E anche in Medio Oriente i due seguiranno binari paralleli”.

Malgrado le divisioni che caratterizzeranno la campagna elettorale, il prossimo inquilino della Casa Bianca si troverà ad assumere un atteggiamento molto più pragmatico. Rendendo difficile non solo fare delle previsioni, ma anche predire una sorta di continuità. Come d’altronde è già avvenuto con le precedenti amministrazioni, che “hanno smentito tutte le previsioni della vigilia” come ricorda la giornalista Monica Maggioni, “Da un multilateralista come Barack Obama non ci si aspettava un disengagement così forte come quello da lui promosso, segnato dal ritiro dal Medio oriente e dall’assenza americana in Libia. Allo stesso tempo da quel Trump fautore della famosa telefonata a Taiwan, era difficile aspettarsi gli Accordi di Abramo”. Ed è anche difficile fare previsioni certe sul fatto che Biden e Trump siano effettivamente i candidati che si confronteranno in autunno.

Come si posizioneranno dunque gli Stati Uniti nel nuovo ordine internazionale? Secondo Alessandro Colombo, docente di Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Milano, tanto Biden che Trump ritengono che gli Stati Uniti non possano più perseguire il ruolo egemonico come durante “l’epoca d’oro” della presidenza di Bill Clinton. La chiave sta nel trovare la formula giusta per ridurre il proprio impegno senza però perdere credibilità. “La differenza fondamentale è che Biden crede nello strumento multilaterale per mantenere la preminenza di Washington. Trump è invece convinto dell’opposto: crede che tenersi le mani libere sia il modo migliore per reagire al meglio agli sviluppi futuri”.

Colombo si sofferma anche sull’Europa, e sulla sua eventuale reazione al retrenchement statunitense. Il professore denota come non sia affatto detto che un ritiro parziale o totale degli Usa implichi un aumento di assertività e coesione per l’Europa. Anzi, in passato dinamiche simili hanno comportato un aumentato delle tensioni, dovute al bisogno di individuare un nuovo leader in un contesto di interessi interni contrapposti. “La guerra in Ucraina rafforza la tesi dei Paesi centro-settentrionali dell’Europa per cui la sicurezza del continente si gioca a Est; viceversa, la crisi in Medio Oriente conferma la posizione dei Paesi meridionali per cui è a Sud, nel Mediterraneo, che si gioca la partita cruciale. E questa scarsa coesione non aiuta il processo di policy making”.

6196.- Vittoria a metà di Trump nel New Hampshire

Decidessero quale forma di politica estera dovrà attuare Washington.

(Photo by Mario Tama/Getty Images)
Emiliano Battisti ha creato un nuovo post in Caffè Americano

Un possibile problema per Trump. Donald Trump ha vinto anche in New Hampshire, stato considerato molto più moderato rispetto all’Iowa e dove Nikki Haley mirava a finire al massimo staccata di cinque o sei punti percentuali. Tutto bene quindi per l’ex Presidente. In realtà, non proprio. Trump ha vinto il voto degli elettori registrati come repubblicani 74% a 25% mentre Haley ha vinto quello degli indipendenti 58% a 39%. E questi ultimi sono quel tipo di votante che costituisce la maggioranza relativa negli Stati Uniti e di cui Trump avrebbe bisogno a novembre per battere Biden. Le elezioni del 2020 e le midterm del 2022 hanno dimostrato che la sola base cosiddetta MAGA (da Make American Great Again) non basta. Almeno per ora, l’ex Presidente non sembra intenzionato a moderare i toni della sua campagna e si è detto convinto che riuscirà a riconquistare i voti degli indipendenti almeno quanto basta per tornare alla Casa Bianca. La deputata Marjorie Taylor Greene, una delle massime sostenitrici di Trump e del trumpismo ha invece dichiarato che il Partito Repubblicano si sta liberando di quelli e quelle che non aderiscono alle politiche dell’ex Presidente.

6184.- La campagna di Trump può dirsi terminata con la piena vittoria di Trump.

Trump ha scelto una parola d’ordine: “Ci riuniremo!” Niente meglio delle parole di Donald Trump per descrivere le spaccature che i pifferai dei democratici hanno prodotto fra gli americani e in tutto l’Occidente, e non solo. “Che sia repubblicano o democratico, liberale o conservatore, sarebbe così bello se potessimo unirci e raddrizzare il mondo.” C’è molto di più nelle elezioni del 47° presidente degli “Stati Uniti”, forse ancora “d’America”. I pifferai di Biden hanno portato morte, fame e divisione. Veramente Donald ci riunirà?

Trump Strikes Unifying Tone, Praises Competitors in Iowa Victory Speech
L’ex presidente e candidato presidenziale repubblicano Donald Trump arriva a una festa durante i caucus presidenziali repubblicani dell’Iowa del 2024 a Des Moines, Iowa, il 15 gennaio 2024. Trump ha tenuto un tono unificante e ha lodato i concorrenti nel discorso della vittoria nell’ Iowa. (Jim Watson/AFP tramite Getty Images).

Trump ha un tono unificante e loda i concorrenti nel discorso della vittoria in Iowa

Joseph Lord

Da The Epoch Times, di Joseph Lord, 16 gennaio 2024

Con il 97% dei risultati, il presidente Trump ha ottenuto una clamorosa vittoria di quasi 30 punti. Il governatore della Florida Ron DeSantis è arrivato al secondo posto con circa il 21% di sostegno al momento della pubblicazione. L’ex ambasciatrice delle Nazioni Unite Nikki Haley è arrivata terza con circa il 19%.

L’ex presidente Donald Trump ha adottato un tono unificante nel suo discorso di vittoria dopo una straordinaria e storica vittoria nei caucus dell’Iowa.
“Penso davvero che sia giunto il momento che tutti nel nostro Paese si uniscano”, ha detto il presidente Trump. “Vogliamo unirci. Che si tratti di repubblicani o democratici, liberali o conservatori, sarebbe così bello se potessimo unirci e raddrizzare il mondo”.

Il presidente Trump si è anche congratulato con l’imprenditore biotecnologico Vivek Ramaswamy per il suo rispettabile sostegno dell’8%.

“Voglio anche congratularmi con Vivek perché ha fatto un ottimo lavoro”, ha detto il presidente Trump. “È venuto dal niente e ha ottenuto una grande percentuale, probabilmente l’8%.

“È un lavoro fantastico. Vi hanno contribuito tutti. Sono persone molto intelligenti, molto intelligenti, persone molto capaci”, ha affermato il presidente Trump.

Il presidente Trump ha anche menzionato il suo ex contendente e rivale presidenziale, il governatore del Nord Dakota Doug Burgum, indicando che Burgum avrebbe un ruolo nel suo gabinetto se dovesse vincere la rielezione.

Burgum, ex candidato alla nomina repubblicana, ha abbandonato la corsa dopo aver fallito nel guadagnare terreno il mese scorso. Ha mantenuto il suo appoggio al presidente Trump nelle ultime 24 ore dirigendosi ai caucus dell’Iowa.
Il presidente Trump ha suggerito che restituirà il favore e renderà Burgum “un pezzo molto importante dell’amministrazione”.

Ramaswamy si è ritirato e ha immediatamente appoggiato il presidente Trump dopo non essere riuscito a ottenere il risultato sperato.

La notte ha rivelato che il presidente Trump rimane il favorito repubblicano nella corsa per la Casa Bianca, consolidando le sue possibilità di diventare il candidato definitivo.

Republicans Urge Party to Rally Around Trump After Decisive Iowa Victory.

I repubblicani sollecitano il partito a schierarsi attorno a Trump dopo la decisiva vittoria nell’Iowa
di Andrea Moran

1/15/2024

Republicans Urge Party to Rally Around Trump After Decisive Iowa Victory

I migliori repubblicani si sono congratulati con l’ex presidente Donald Trump per la sua vittoria nell’ Iowa, e molti hanno esortato il partito a terminare le primarie e a unirsi attorno a lui per sconfiggere il presidente Joe Biden a novembre.

Definendola una “massiccia vittoria di Trump”, il presidente della Camera GOP Elise Stefanik (R-N.Y.) ha scritto su X, ex Twitter, che Trump è il candidato del partito e sconfiggerà il presidente Biden “questo novembre per salvare l’America: “SaveAmerica”.

“Indica il tracollo del giornale e dei liberali”, ha aggiunto la signora Stefanik.

La senatrice Lindsey Graham ha dichiarato su X che è “chiaro per me” che l’ex presidente Trump è il candidato repubblicano “e che alla fine sarà il 47° presidente degli Stati Uniti”.
“Il Partito Repubblicano ha la fortuna di avere così tanti buoni candidati, ma a tutti gli effetti pratici queste primarie sono finite”, ha detto.

Il dottor Ben Carson, ex segretario di gabinetto di Trump, afferma che “è tempo che il resto del campo” sostenga l’ex presidente Trump e concentri le risorse del partito sulla sconfitta del presidente Biden “o chiunque altro i democratici cerchino di intrufolarsi all’ultimo”. minuto.”

Trump Wins Iowa Caucus in Historic Landslide

E Trump ha aggiunto: “Voglio rendere questa una parte molto importante del nostro messaggio: “Ci riuniremo!”

Il presidente Trump, parlando del signor DeSantis e della signora Haley, “Penso che entrambi abbiano fatto molto bene. Lo penso davvero”.

6159.- Da qualunque lato lo si veda, c’è un problema di democrazia negli Stati Uniti “già d’America”

Donald Trump non è stato condannato né per ribellione né per insurrezione in nessuna giurisdizione, mentre la sua mancata ammissione al ballottaggio potrebbe essere giustificata soltanto da una sentenza. Ma Trump è stato assolto dall’accusa di incitamento all’insurrezione per l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio. Nel diritto penale italiano, al limite, è consentito al giudice, in sentenza, di qualificare il fatto storico in modo diverso da come è stato contestato purché il fatto ritenuto resti identico a quello addebitato e ciò in riferimento al triplice elemento della condotta, dell’evento e dell’elemento psicologico. Quale correlazione è stata applicata nel Maine senza una nuova accusa, accusando e decidendo da sola? Il segretario di Stato del Maine Shenna Bellows è una democratica e viene minacciata perché ha lasciato che l’interesse del partito sovrastasse l’istituzione che rappresenta. Da qualunque lato lo si veda, c’è un problema di democrazia negli Stati Uniti “già d’America”.

Maine Secretary of State Says She’s Received Threats After Disqualifying Trump From Ballot

Il segretario di Stato del Maine afferma di aver ricevuto minacce dopo aver squalificato Trump dal ballottaggio

Il segretario di Stato del Maine ha affermato di aver ricevuto minacce dopo aver deciso di escludere l’ex presidente Donald Trump dalle primarie statali del 2024.

Maine Secretary of State Says She’s Received Threats After Disqualifying Trump From Ballot
Maine Secretary of State Shenna Bellows speaks at an event in Augusta, Maine, on Jan. 4, 2023. (Robert F. Bukaty/AP Photo)
Tom Ozimek

Da theepochtimes.com, di Tom Ozimek, 12/30/2023, aggiornato 12/31/2023

Il segretario di Stato del Maine Shenna Bellows ha dichiarato venerdì di aver ricevuto minacce dopo aver dichiarato l’ex presidente Donald Trump non idoneo alle primarie statali del 2024.

“Ero preparata alla possibilità di minacce e apprezzo molto le forze dell’ordine e le persone intorno a me che sono state incredibilmente favorevoli alla mia sicurezza e alla mia incolumità”, ha detto la signora Bellows, una democratica, durante un’apparizione del 29 dicembre alla CNN.

“La mia sicurezza è importante, così come lo è quella di tutti coloro che lavorano con me, e abbiamo ricevuto comunicazioni minacciose: sono inaccettabili”, ha aggiunto.

La signora Bellows non ha fornito alcun dettaglio sul tipo di minacce che avrebbe ricevuto, ma ha dovuto affrontare un torrente di condanne pubbliche, sia online che offline, per la sua decisione unilaterale del 28 dicembre di squalificare il presidente Trump dalle primarie del Maine del 2024. citando la sezione 3 del 14° emendamento.

Conosciuta come clausola interdittiva, questa sezione impedisce a determinati individui di ricoprire cariche pubbliche se sono coinvolti in una “insurrezione o ribellione”.

Proprio come i funzionari del Colorado, la signora Bellows ha affermato che la sua decisione di squalificare e rimuovere il presidente Trump dal ballottaggio è sospesa in attesa dei ricorsi che dovrebbero essere presentati nei tribunali superiori.
La squalifica
La maggior parte delle sfide del 14° emendamento all’idoneità del presidente Trump come candidato presidenziale sono state affrontate in tribunale, ma la signora Bellows (il cui ufficio supervisiona le elezioni nel Maine) ha preso la decisione da sola.

“Concludo che la petizione principale del signor Trump non è valida”, ha scritto la signora Bellows nella sua sentenza. “In particolare, trovo che la dichiarazione sul modulo di consenso del suo candidato sia falsa perché non è qualificato a ricoprire la carica di Presidente ai sensi della Sezione Tre del Quattordicesimo Emendamento.”

Ha citato la violazione del Campidoglio degli Stati Uniti del 6 gennaio 2021 come giustificazione della sua decisione, sostenendo che il presidente Trump “ha utilizzato una falsa narrativa di frode elettorale per infiammare i suoi sostenitori e indirizzarli al Campidoglio per impedire la certificazione delle elezioni del 2020 e il trasferimento pacifico del potere”.

 President Donald Trump at the Save America rally in Washington, on Jan. 6, 2021. (Lisa Fan/The Epoch Times)
Il presidente Donald Trump alla manifestazione per Save America a Washington, il 6 gennaio 2021. (Lisa Fan/The Epoch Times)

Democratici e repubblicani – compresi i rivali repubblicani del presidente Trump nella corsa alla Casa Bianca nel 2024 – hanno criticato la campagna del presidente Trump, condannando la decisione e definendo la signora Bellows una “virulenta sinistra e una democratica iperpartitica che sostiene Biden”.

“Stiamo assistendo, in tempo reale, al tentativo di furto di un’elezione e alla privazione dei diritti civili dell’elettore americano”, ha detto ai media il portavoce della campagna di Trump, Steven Cheung. “Non commettere errori, questi sforzi di interferenza elettorale partigiana sono un attacco ostile alla democrazia americana”.

La campagna di Trump ha detto che farà appello contro la sentenza, mentre un parlamentare repubblicano del Maine sta spingendo per l’impeachment della signora Bellows.

“Pacificamente e patriotticamente”

Il presidente Trump ha tenuto una manifestazione vicino alla Casa Bianca il 6 gennaio 2021, in cui ha rilasciato dichiarazioni incoraggiando i suoi sostenitori a marciare verso il Campidoglio, dove il Congresso stava certificando i risultati delle elezioni presidenziali.

Mentre il presidente Trump chiedeva che gli eventi della giornata fossero pacifici, un gruppo di persone ha fatto irruzione nel Campidoglio, provocando un violento scontro con le forze dell’ordine.

Gli eventi di quel giorno sono stati oggetto di ampio esame e dibattito, con gli oppositori politici del presidente Trump che lo hanno accusato di incitamento a una “insurrezione”. Questa accusa è alla base di diversi sforzi legali volti a impedire che l’ex presidente venga inserito nelle schede elettorali nella corsa presidenziale del 2024 sulla base del 14° emendamento, cercando di dipingerlo come l’istigatore dell’incidente del 6 gennaio.

Questi casi sostanzialmente sostenevano che l’ex presidente avesse preso parte a una “insurrezione” pronunciando un discorso appassionato il 6 gennaio prima che si verificasse la breccia nel Campidoglio.

“Vergogna per il nostro Paese”

Nella sua sentenza, la signora Bellows ha affermato che “le prove” mostrano che la violazione del Campidoglio del 6 gennaio è avvenuta “per volere, e con la conoscenza e il sostegno del” presidente Trump.

La signora Bellows, in diverse occasioni precedenti, ha rilasciato dichiarazioni pubbliche descrivendo la violazione del Campidoglio del 6 gennaio come una “insurrezione” e chiedendo l’impeachment del presidente Trump.

Prima della sua sentenza, la difesa del presidente Trump aveva chiesto la sua ricusazione dal processo decisionale, citando le sue dichiarazioni pubbliche.

La sua decisione di rimuovere il presidente Trump dal ballottaggio statale arriva poco dopo che la Corte Suprema del Colorado ha stabilito che non è idoneo a candidarsi alla presidenza, citando allo stesso modo la Sezione 3 del 14° Emendamento.

L’ex presidente ha definito la sentenza della corte del Colorado una decisione motivata politicamente e una “vergogna per il nostro Paese”, mentre i suoi avvocati hanno promesso di appellarsi alla Corte Suprema degli Stati Uniti.

Il presidente Trump ha recentemente rilasciato una dichiarazione in cui nega di essere un “insurrezionalista” mentre etichetta come tale il presidente Joe Biden, citando fattori come il confine aperto e accusando il presidente di “distruggere” l’America con politiche radicali anti-combustibili fossili.

Ciò è avvenuto dopo che il presidente Biden ha detto ai giornalisti che è “ovvio” che l’ex presidente fosse un insurrezionalista.

Un passo indietro al 10 febbraio 2021, all’impeachment: Trump alla sbarra per incitamento all’insurrezione

Quel giorno, Paolo Alberto Valenti pubblicò su Euronews:

“Il processo contro l’ex presidente Donald Trump che resterà il più controverso presidente americano di tutti i tempi.” Letto oggi:

“La battaglia al Senato per il secondo impeachment nei confronti di Donald Trump, accusato di aver incitato all’assalto a Capitol Hill il 6 gennaio 2021, segnò una prima vittoria per l’accusa: la maggioranza dei senatori votò per la costituzionalità del processo: 56 voti favorevoli 44 i contrari.

La difesa: “processo illegale”

Il voto a favore fu successivo alle discussioni sulla legalità del processo. La squadra di difesa di Trump sostenne l’incostituzionalità del procedimento visto che Trump non era più presidente con la pretesa di una diversa configurazione giuridica. La Procura dei Democratici aprì il processo con la prova del video sul discorso di Trump del 6 gennaio e quindi le rivolte culminate con la morte di alcuni assalitori. Fra le testuali parole dell’ex presidente si erano ascoltate queste: “e noi litighiamo e combattiamo come diavoli e se tu non combatti come all’inferno, non avrai un paese che possa imporsi”.

Per la difesa Trump “non aveva incitato nessuno”

Gli avvocati di Trump insistettero sulla non colpevolezza in relazione all “ istigazione insurrezionale”, e cercarono di confutare le argomentazioni dei democratici. Come fece il legale Bruce Castor che candidamente disse: “Siamo qui perché la maggioranza alla Camera dei rappresentanti non vuole affrontare Donald Trump come un rivale politico in futuro. Questo è il vero motivo dell’azione”.

Un processo politico?

Il processo a Donald Trump “è politico” e se andrà avanti “distruggerà questo Paese forse solo come abbiamo visto una volta sola nella nostra storia”: così lo sostenne David Schoen, difensore dell’ex presidente americano, parlando nell’aula del Senato. Evidentemente facendo riferimento alla guerra civile americana. La battaglia legale per cancellare per sempre l’ex presidente dal “salotto buono” della politica a stelle e strisce non sarebbe stata facile anche perché il costruttore del muro anti-immigrati avrà sempre il suo codazzo di sostenitori e non solo nelle stanze del potere.”

6151.- La Corte Suprema del Michigan decide di mantenere Trump nel ballottaggio del 2024

I Democratici USA – sia democratici che USA soltanto di nome – tramano invano perché Trump non è stato accusato né di ribellione né di insurrezione in nessuna giurisdizione… E Trump inizia a volare

La Corte Suprema del Michigan ha assegnato la vittoria all’ex presidente.

Michigan Supreme Court Rules to Keep Trump on 2024 Ballot
L’ex presidente Donald Trump partecipa al processo presso la Corte Suprema dello Stato di New York il 7 dicembre 2023. (David Dee Delgado/Getty Images)

Da The Epoch Times, di Jack Phillips, 27 dicembre 2023

La Corte Suprema del Michigan ha respinto il tentativo di escludere l’ex presidente Donald Trump dal ballottaggio del 2024 sulla base della lettura del quattordicesimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, secondo un documento del tribunale pubblicato mercoledì.
La sentenza del Michigan contrasta nettamente con la decisione emessa la scorsa settimana dalla Corte Suprema del Colorado che ha squalificato l’ex presidente dalla carica di presidente e lo ha rimosso dalle primarie del Colorado, con una maggioranza di 4-3 dei giudici che sostenevano che fosse collegato al 6 gennaio 2021, violazione del Campidoglio. Tuttavia, alcuni analisti hanno suggerito che la Corte Suprema degli Stati Uniti annullerebbe la sentenza, poiché non è stato accusato né di ribellione né di insurrezione in nessuna giurisdizione.

Secondo la breve ordinanza della corte del Michigan, essa ha respinto il ricorso contro l’ex presidente perché “non era convinta che le questioni presentate dovessero essere esaminate da questa Corte”. L’ordinanza sembrava respingere l’appello per motivi procedurali e non affrontava la questione se il presidente Trump fosse impegnato in una “insurrezione” o se si applicasse la sezione 3 del 14° emendamento della Costituzione.

L’ordinanza della Corte Suprema del Michigan non è stata firmata e non è stato rilasciato alcun conteggio dei voti. C’è stato un solo dissenso: la giudice Elizabeth Welch, nominata dai democratici.

Ma con la sentenza, vista la tempistica delle elezioni del 2024, si consente al presidente Trump di rimanere nel ballottaggio nel Michigan, uno stato chiave teatro di battaglia. Diversi sondaggi recenti hanno dimostrato che l’ex presidente è alla guida del presidente Joe Biden, un democratico, nel Michigan.

“L’unica questione legale dinanzi alla Corte è se la Court of Claims e la Corte d’Appello abbiano commesso un errore ritenendo che il Segretario di Stato del Michigan non abbia l’autorità legale per rimuovere o nascondere il nome dell’ex presidente Donald J. Trump dalle primarie presidenziali del Michigan del 2024, ” ha scritto il giudice Welch nel dissenso.

“Significativamente, le leggi elettorali del Colorado differiscono da quelle del Michigan in un modo materiale che è direttamente rilevante per il motivo per cui i ricorrenti in questo caso non hanno diritto al sollievo che chiedono riguardo alle elezioni primarie presidenziali nel Michigan”, ha scritto, aggiungendo che “sebbene non adottato da [un tribunale di grado inferiore], vorrei anche eliminare l’analisi della Court of Claims e l’applicazione della dottrina della questione politica come dicta non necessari considerando le conclusioni della corte sul merito delle elezioni primarie e sulla maturità delle elezioni generali… per questi motivi dissento rispettosamente.”
Altre cause legali
Una causa contro l’ex presidente è stata intentata a settembre da un gruppo di difesa di sinistra, Free Speech for the People, insieme a un gruppo di elettori.
Ha cercato di squalificare il presidente Trump in base a una disposizione della Costituzione degli Stati Uniti, scritta all’indomani della guerra civile, che impedisce alle persone coinvolte in “insurrezioni o ribellioni” di ricoprire incarichi se hanno precedentemente prestato giuramento agli Stati Uniti. . La causa del Colorado è stata intentata da un’organizzazione separata di sinistra.

Circa un mese fa, il segretario di Stato del Michigan Jocelyn Benson, una democratica che in precedenza aveva criticato le affermazioni del presidente Trump sulle elezioni del 2020, ha annunciato un elenco di nomi per le primarie presidenziali del 2024 nel suo stato. Il segretario ha detto che sarà la lista definitiva dei candidati “salvo decisione del tribunale”.

Nel 2023 sono state intentate più di una dozzina di cause legali cercando di porre fine alla candidatura presidenziale del presidente Trump secondo l’interpretazione del 14° emendamento.

Anche la libertà di parola per il popolo ha intentato una causa simile che è stata respinta dalla Corte Suprema del Minnesota, e ha presentato una nuova sfida in Oregon. Quando la causa è stata respinta, il presidente Trump ha salutato la decisione.

Sulla sua piattaforma di social media, Truth Social, ha scritto che “la ridicola causa relativa al 14° emendamento è stata appena respinta dalla Corte Suprema del Minnesota”, aggiungendo all’epoca: “Congratulazioni a tutti coloro che hanno combattuto questa bufala”.

Le reazioni dei repubblicani

Un parlamentare repubblicano della Camera degli Stati Uniti ha anche proposto un disegno di legge per bloccare i voti di qualsiasi stato che rimuove un candidato presidenziale dalle rispettive schede elettorali.

“Gioca a giochi stupidi, vinci premi stupidi”, ha scritto il deputato Clay Higgins (R-La.) sui social media la scorsa settimana, presentando il disegno di legge. “Ti auguro un Natale davvero MAGA.”

Diversi legislatori statali repubblicani in Georgia hanno anche suggerito un disegno di legge per escludere il presidente Biden dal ballottaggio.

“L’assurdità dei giudici democratici radicali che hanno rimosso Donald Trump dal ballottaggio in Colorado sarà una macchia sul sistema politico americano per decenni. Secondo la loro stessa interpretazione della legge, Joe Biden non è al 100% idoneo a candidarsi per una carica politica”, si legge nel comunicato stampa. “La folle giustificazione dei democratici per rimuovere Trump può essere facilmente applicata a Joe Biden per la sua ‘insurrezione’ al confine meridionale e per i suoi presunti rapporti d’affari di famiglia corrotti con la Cina”.
Sentenza del Colorado
L’Alta Corte del Colorado, in una sentenza della scorsa settimana, ha affermato che i giudici “non sono giunti a queste conclusioni alla leggera”, aggiungendo: “Siamo consapevoli dell’entità e del peso delle questioni che abbiamo davanti”.
“Siamo allo stesso modo consapevoli del nostro solenne dovere di applicare la legge, senza timore o favore, e senza lasciarci influenzare dalla reazione pubblica alle decisioni che la legge ci impone di prendere”, si legge nell’ordinanza.

Ma uno dei giudici dissenzienti del Colorado, il giudice Carlos Samour, ha scritto di ritenere che i diritti del giusto processo del presidente Trump siano stati violati per ordine del tribunale statale.

“Il nostro governo non può privare qualcuno del diritto di ricoprire una carica pubblica senza un giusto processo legale”, ha scritto in dissenso. “Anche se siamo convinti che un candidato abbia commesso atti orribili in passato – oserei dire, coinvolto in un’insurrezione – deve esserci un giusto processo procedurale prima di poter dichiarare quell’individuo squalificato da una carica pubblica”.

Riservato alla lettura degli associati.

6134.- Alcuni problemi che farebbero perdere Biden contro Trump se si votasse oggi

“Se Trump non si candidasse, non sono sicuro che mi candiderei”, ha detto il presidente Biden questo mese. “Ma non possiamo lasciarlo vincere.”

Da The Washington Post, Amber Phillips with Caroline Anders, 14 dicembre 2023

Secondo i sondaggi, se le elezioni presidenziali si tenessero oggi, il presidente Biden probabilmente perderebbe contro Donald Trump. Perché? Ecco alcuni dei problemi principali che ha:

L’economia: c’è una mentalità prevalente, soprattutto tra gli elettori più giovani e alcuni elettori neri, secondo cui è più difficile andare avanti oggi rispetto a una generazione fa, secondo un recente sondaggio di CBS News/YouGov. E l’inflazione ne è un grande fattore. Anche se quest’anno il prezzo scenderà molto più velocemente del previsto, i prezzi costantemente più alti sono qualcosa che pochi americani hanno affrontato prima, mi ha detto di recente l’economista Diane Swonk di KPMG. Colpisce tutti, indipendentemente dallo stipendio. E molte persone ne danno la colpa al presidente.

President Biden talks about the economy last month. (Michael Robinson Chávez/The Washington Post)
Biden ha parlato di economia un mese fa. (Michael Robinson Chávez/Washington Post)

La sensazione è che Biden non abbia fatto molto per avvantaggiare direttamente le persone: solo il 23% degli elettori afferma che le politiche di Biden li hanno aiutati personalmente, secondo un recente sondaggio del Wall Street Journal. (Confrontiamolo con circa la metà di coloro che in quel sondaggio affermano che le politiche di Trump li hanno aiutati personalmente quando era presidente.) L’economia era decisamente migliore sotto Trump, fino allo scoppio della pandemia. Biden ha concentrato le sue energie nell’aiutare il Paese a riprendersi dalla pandemia, passando poi agli investimenti in nuove strade, ponti, condutture e banda larga. Ha anche spinto per azioni sul clima, riducendo alcuni costi di prescrizione e investendo in posti di lavoro nella produzione di chip per computer. Ma gli elettori non ritengono che tutto ciò li abbia aiutati a permettersi generi alimentari e affitto.

La sua età: questo lo conosci. Sia Biden che Trump sono i presidenti più anziani che l’America abbia mai avuto, eppure gli elettori pensano che l’età di Biden, 81 anni, sia più un ostacolo di quella di Trump, 77. Trump ha più problemi da affrontare, mi ha detto di recente lo stratega repubblicano Doug Heye, come il suo processi penali. La sua età impallidisce al confronto.

E forse Hunter Biden. Il figlio di Biden potrebbe subire due processi penali l’anno prossimo, per accuse fiscali e traffico di armi. I vari processi di Trump sono molto più seri; è accusato di aver nascosto documenti riservati e di aver tentato di ribaltare un’elezione legittima. Ma c’è il rischio per il presidente Biden che gli elettori confondano i due processi.

Hunter Biden on Wednesday at the Capitol, where he refused to talk to Republicans behind closed doors. (Craig Hudson for The Washington Post)Hunter Biden mercoledì al Campidoglio, dove si è rifiutato di parlare con i repubblicani a porte chiuse. (Craig Hudson per il Washington Post)

Tutti i motivi per cui i liberali sono arrabbiati anche con Biden

Un altro problema per Biden è che gli elettori democratici più accaniti sono incerti nei suoi confronti in questo momento. Nello stato chiave del Michigan, solo il 27% degli elettori democratici è entusiasta di lui come candidato, secondo un nuovo sondaggio del Washington Post/Monmouth University.

L’elenco dei motivi si allunga.

La sua posizione filo-israeliana: Biden ha iniziato a criticare pubblicamente Israele negli ultimi giorni per quello che definisce un bombardamento indiscriminato su Gaza. Ma arriva troppo tardi, troppo poco per molti liberali. Questo problema ha il potenziale per avere una particolare risonanza nel Michigan; l’area di Detroit ha una grande popolazione arabo-americana.

“Penso che la maggior parte dei progressisti riconosca che, tutto sommato, Joe Biden si è impegnato e ha assimilato molte idee della sinistra”, ha affermato Matt Duss, ex consigliere di politica estera del senatore Bernie Sanders (I-Vt. ) e ora vicepresidente esecutivo del Center for International Policy. Duss ha citato i pagamenti dell’era della pandemia e gli investimenti nell’energia verde e la fine della guerra in Afghanistan. “Ma la guerra contro Gaza è davvero dura e coinvolge molti progressisti. È un massacro lì”.

Duss ha detto che molti elettori giovani e neri vedono il trattamento dei palestinesi da parte di Israele come una questione di giustizia razziale, non solo un disaccordo di politica estera con il presidente.

Il suo fallimento nel trovare uno sgravio sui prestiti studenteschi e nel proteggere i diritti di voto negli stati del sud: non è stato per mancanza di tentativi. La Corte Suprema ha respinto il nuovo piano di Biden sulla remissione dei prestiti studenteschi. E quando i democratici controllavano il Congresso, il presidente non è riuscito a convincere due senatori democratici a revocare l’ostruzionismo in modo da poter approvare una legge che prevalga sulle leggi restrittive sul voto negli stati conservatori. Queste erano due questioni su cui gli elettori neri in particolare riponevano grandi speranze dopo l’elezione di Biden.

È il caso di ignorare la maggior parte dei sondaggi in questo momento

La linea di tendenza di questi sondaggi è negativa per Biden, ma è semplicemente troppo presto anche solo per considerare questi risultati, sostiene Tim Hogan, uno stratega democratico. Sottolinea che il presidente Barack Obama a questo punto della sua rielezione era escluso. Lo stesso con altri presidenti a due mandati. “E questo è il punto principale”, ha detto Hogan. “La gente non ha ancora capito che Donald Trump è il candidato repubblicano”.

Hogan, come molti democratici qui a Washington, pensa che quando si tratterà di una scelta binaria tra Biden e Trump, Biden vincerà. Ogni volta che Trump fa notizia in questo momento, è per aver definito i suoi avversari “parassiti” o per aver detto che prenderebbe in considerazione l’idea di diventare un dittatore “il primo giorno”.

Per quello che vale, Biden pensa di poter battere Trump. “Se Trump non si candidasse, non sono sicuro che mi candiderei”, ha detto il presidente questo mese. “Ma non possiamo lasciarlo vincere.”

Police detain protesters outside the White House this week. (Matt McClain/The Washington Post)Questa settimana la polizia ha arrestato i manifestanti fuori dalla Casa Bianca. (Matt McClain/Washington Post)

Un potenziale accordo con i repubblicani per proteggere i confini: per convincere i repubblicani ad approvare nuovi finanziamenti e armi per l’Ucraina, Biden ha affermato di essere disposto a rendere più difficile per le persone provenienti da altri paesi la migrazione negli Stati Uniti. Il Washington Post riferisce che potrebbe essere disposto a respingere i migranti al confine, guadagnandosi aspre critiche da parte della sinistra secondo cui sta riportando il paese ai tempi di Trump sull’immigrazione.

6133.- La Corte d’appello del Michigan decide di non escludere Trump dal ballottaggio

“Il presidente Trump rimane imbattuto contro queste frivole pretese legali”, ha dichiarato il portavoce Steven Cheung.

Michigan Appeals Court Rules to Keep Trump on the Ballot
Qui, l’ex presidente Donald Trump mentre tiene una manifestazione al Ted Hendricks Stadium dell’Henry Milander Park a Hialeah, Florida, l’8 novembre 2023. (Alon Skuy/Getty Images).
Catherine Yang

Da The Epoch Times, di Catherine Yang, 14/12/2023

La Corte d’Appello del Michigan ha confermato la decisione di un tribunale di grado inferiore, stabilendo giovedì che l’ex presidente Donald Trump poteva comparire alle primarie dello Stato.

“Niente nel quadro statutario che controlla il processo per le elezioni primarie presidenziali conferisce alcuna autorità al Segretario di Stato di effettuare determinazioni di ammissibilità o di rifiutare di inserire un candidato in quella particolare scheda elettorale sulla base di una determinazione di ammissibilità”, ha scritto la giuria composta da tre giudici. , ribadendo l’opinione del tribunale di grado inferiore.

La corte d’appello ha rifiutato di pronunciarsi sulla questione dell’insurrezione e non ha tenuto un’udienza probatoria.

“La campagna di Trump” ha ottenuto ancora una volta la vittoria, evidenziando il fatto che in nessuna di queste sfide la “malafede” è riuscita a prevalere in nessuno Stato.

“Il presidente Trump rimane imbattuto contro queste frivole pretese legali e non è mai stato in una posizione più forte per vincere le elezioni del prossimo anno”, ha dichiarato il portavoce Steven Cheung. “Attendiamo con impazienza la rapida archiviazione di tutti i rimanenti casi di contestazione elettorale e vittorie ancora più importanti per il popolo americano nel 2024”.

Dopo che il mese scorso la Corte dei Reclami del Michigan ha deciso di mantenere il presidente Trump nelle primarie elezioni statali in risposta agli attivisti che avevano fatto causa allo stato, sostenendo che era stato squalificato ai sensi della Sezione 3 del 14° Emendamento, è seguita rapidamente la presentazione di un appello, depositato sia presso la Corte di Pretese e Appelli del Michigan e la Corte Suprema del Michigan.

Il 6 dicembre, la Corte Suprema del Michigan ha emesso un sorprendente rifiuto di esaminare il caso in via accelerata, ordinando alle parti di procedere prima in corte d’appello.

Un giudice ha dissentito, data la natura tempestiva della questione e l’inevitabile coinvolgimento finale della corte. Ma ha anche dato parere del tutto contrario alla Court of Claims, scrivendo che l’avrebbe rinviata a quella corte per fare un’udienza probatoria. Se ciò fosse accaduto, il Michigan, come il Colorado, avrebbe proceduto a decidere se l’ex presidente fosse “impegnato” in una “insurrezione” e se questo fosse un motivo per rimuoverlo dalle primarie dello Stato.
Ci sono state tre cause legali separate contro il segretario di Stato del Michigan Jocelyn Benson: una intentata dal difensore della comunità locale Robert Davis, un’altra dal gruppo di attivisti Free Speech for People che rappresenta un piccolo gruppo di elettori locali e una intentata dal presidente Trump, a cui non era stato permesso di partecipare come interveniente nella causa iniziale.

‘Stunning’ 2020 Election Fraud Found–Trump Responds | Facts Matter

TRUMP DEMANDS ACTION AFTER 20 PERCENT OF MAIL-IN VOTERS ADMIT TO FRAUD IN 2020 ELECTION SURVEY

Ora ci si aspetta che gli elettori si appellino alla Corte Suprema del Michigan, che potrebbe ancora prendere in considerazione la questione dell'”insurrezione”.

Le elezioni per le primarie statali devono essere pronte entro il 13 gennaio 2024, 45 giorni prima delle primarie statali del 27 febbraio 2024, in modo da poter essere spedite al personale militare all’estero.

Non sono state presentate argomentazioni orali davanti alla corte d’appello, che aveva fissato un termine per le memorie entro la fine della giornata lavorativa dell’8 dicembre.

Udienza Probatoria?

I firmatari chiedono un’udienza probatoria che consenta una discussione orale e una testimonianza riguardante l’insurrezione e l’applicazione della Sezione 3 del 14° Emendamento.

Gli elettori che avevano intentato causa contro il segretario di Stato avevano sostenuto in appello che la dottrina della questione politica non escludeva la questione dalla giurisdizione di un tribunale statale e che la Court of Claims aveva commesso un errore ignorando le autorità citate. La maggior parte del caso originale aveva sostenuto che la violazione del Campidoglio del 6 gennaio 2021 aveva costituito un’insurrezione, ma questi argomenti non sono stati ascoltati nella Court of Claims.

“Trump soddisfa tutte le condizioni della Sezione 3 per essere squalificato dallo scrutinio delle primarie presidenziali del Michigan”, hanno scritto i querelanti nella loro memoria di appello.

Il 14° emendamento fu ratificato dopo la Guerra Civile e comprendeva una sezione intesa a impedire agli ufficiali che avevano lasciato il loro incarico per unirsi alla Confederazione di tornare in servizio, a meno che non fossero stati approvati da un voto di due terzi da parte del Congresso.

In questi casi relativi al 14° emendamento che sono stati presentati in tutto il paese, i querelanti sostengono che il presidente Trump ha prestato giuramento quando è entrato in carica come presidente e poi presumibilmente si è impegnato in una “insurrezione” il 6 gennaio 2021, squalificandolo così ai sensi della Sezione 3 del l’emendamento.

Gli avvocati che rappresentano il presidente Trump o la campagna di Trump hanno sostenuto in varie sedi che gli eventi del 6 gennaio 2021 non raggiungono il livello di “insurrezione”, che lui non si è impegnato in tale, che il giuramento che ha prestato è diverso da quello menzionato nella Sezione 3, e che il Congresso ha l’autorità di decidere su questa questione, non i tribunali statali.