Archivi categoria: Fascismo

5260.- La fine di Draghi è la sconfitta del mattarellismo

Il mattarellismo in danno del popolo

Dove per mattarellismo si intende il porre il partito PD al di sopra della Costituzione e potrebbe sembrare una nuova forma di fascismo se non fosse che il motore primario di questa volontà eversiva non è rappresentato da un esasperato patriottismo, ma dalla sudditanza a poteri finanziari stranieri in nome di che possiamo solo ipotizzare. Ma prima di lanciare accuse, facciamo mea culpa perché, tra Napolitano e Mattarella, tra un’eversione e l’altra, il mattarellismo rischia di durare 23 anni e non è senza vergogna che notiamo come Mussolini sia rimasto in carica 21 anni e con un re cui obbedire. Le costituzioni nacquero per tutelare i diritti del popolo dal sovrano e nella Costituzione della Repubblica, art. 1, si è voluto attribuire la sovranità al popolo: un popolo non sempre degno.

L’eversione rossa che ha caratterizzato una gestione del potere presidenziale non prevista dai costituenti, sicuramente non super partes e, a volte, antitetica con il ruolo prefiguratogli, ha raggiunto l’apice con lo scandalo C.S.M., con la perdita dell’Autonomia e Indipendenza della Magistratura, della Separazione dei Poteri e dei sacri diritti dei cittadini e ha portato nuovamente a riflettere se l’ideologia oggi del PD possa convivere in una Repubblica parlamentare o se ne vada esclusa al pari del Partito Nazionale Fascista. Il concordo con Fontana è netto: Le dimissioni di Draghi e la sconfitta di Mattarella richiedono un cambio politico sostanziale, cioè, in primis, le dimissioni del Capo dello Stato, che ha gestito questa legislatura.

Resta la caduta di stile della nomina di un nipote a Invitalia, carica durante.

La fine di Draghi è la sconfitta del mattarellismo

Da La Nuova Bussola Quotidiana, 22-07-2022, di Stefano Fontana

La fine del Governo Draghi rappresenta la sconfitta di un quadro politico il cui autore principale era Mattarella. Un quadro con contenuti precisi, dalla gestione del Covid ai nuovi diritti, dall’appiattimento sulla linea di Ue e Nato all’ossequio al Grande Reset. Si è permessa la pandemizzazione della democrazia italiana. Ora serve un cambio politico sostanziale.

Mattarella e Draghi firmano i decreti di convocazione dei comizi elettorali

Le dimissioni di Mario Draghi sono state accettate e il presidente del Consiglio rimane in carica per il disbrigo delle faccende correnti. Si andrà alle elezioni politiche il 25 settembre. La cosa più importante da fare, a questo punto, è di avere idee chiare su tutta questa recente stagione politica vissuta dal nostro Paese.

La caduta di Mario Draghi può essere intesa come la fine di un governo tecnocratico e di emergenza nazionale, qualcosa di simile ad un governo istituzionale: un’ampia maggioranza in parlamento, un presidente stimato per i successi ottenuti in campo finanziario internazionale anche se non eletto, la benedizione del presidente della Repubblica. Vedendo le cose in questo modo, la fine del Governo Draghi potrebbe sembrare priva di un significato politico. E invece ce l’ha. Con lui non finisce solo una serie di tentativi tecnici per affrontare un periodo di emergenza. Ora non si tratta solo di inventarsene altri. La fine di questo governo porta via con sé anche un quadro politico il cui autore principale e titolare del copyright non è tuttavia Draghi, ma Mattarella. La sconfitta in parlamento di Draghi, con quella beffa della fiducia di minoranza, è più la sconfitta di Mattarella che non di Draghi. Sconfitta temporanea? Questo lo si vedrà. Ma intanto è bene non equivocare sui confini tra il tecnico e il politico: Draghi porta via con sé un quadro politico di riferimento che è stato possibile col patrocinio del Quirinale. Questo mi sembra il punto.

Qual era questo quadro politico di riferimento? Sul piano dei contenuti esso era rappresentato prima di tutto dal rendere perenne la cosiddetta pandemia da Covid, continuando a fingere di non vedere i dati emergenti dalla realtà, ossia che i positivi sono soprattutto vaccinati, che gli effetti avversi sono ampiamente documentati, e che la politica di Speranza è stata un lungo errore. Secondariamente, dal non distinguersi in nulla rispetto alla linea politica in vigore nell’Unione europea e dentro l’alleanza atlantica, mettendosi a disposizione per alimentare la tensione bellica con la Russia anziché smorzarla, e per appoggiare la linea dell’attuale Commissione europea che vuole un’Unione più aggressiva: nessun assist a Orban ma solo alla von der Leyen, tanto per capirci.

Nel suddetto quadro, si trattava anche di continuare la politica di non governo delle immigrazioni. Speranza e Lamorgese non sono due ministri casuali dei nostri ultimi governi, compreso il Governo Draghi. In terzo luogo, il proseguimento sulla strada dei nuovi diritti, secondo lo spirito dell’Ue e dell’amministrazione americana, ma non quello della Corte Suprema degli USA. Suicidio assistito e legge Zan sarebbero arrivati per certo, secondo questo progetto. In quarto luogo un ossequio al Grande Reset voluto dai centri di potere globali sia nel campo della transizione ecologica che in quello della transizione digitale. Ciò comporta la visione ideologica, e non realistica, delle politiche ambientali, prive di fondamento nei dati reali, costosissime e creatrici di nuove lacerazioni sociali. Comporta anche l’accelerazione della digitalizzazione integrale delle vite dei cittadini verso un rigido regime di controllo: quando tutti avremo la nostra identità digitale non potremo rifugiarci da nessuna parte.

Sul piano delle dinamiche partitiche, il progetto richiedeva di mantenere in vita il Partito Democratico, nonostante le batoste elettorali degli ultimi dieci anni, di puntare sull’istituzionalizzazione dei Cinque Stelle, di unificare strategicamente queste due forze di sinistra in un’ampia coalizione, di cuocere a fuoco lento la Lega nella compagine di governo fino a farla esplodere al suo interno e buttarla poi nel cestino, di tenere lontano dal governo i partiti di centrodestra non concedendo a nessun costo elezioni anticipate, qualsiasi cosa fosse avvenuta in parlamento, e congelando il parlamento stesso con la motivazione delle emergenze.

Draghi è arrivato solo alla fine di questa lunga storia. Non poteva essere lui il regista. La principale guida politica di tutto questo è stato il presidente Mattarella. Le ultime elezioni politiche avevano dato un certo risultato, che il Colle non poteva non rispettare: crollo del Partito Democratico, boom dei Cinque Stelle, successo, ma senza exploit, della Lega. Quando però Salvini è uscito dal governo giallo-verde, è iniziato il lungo percorso che ha condotto a Draghi. Le note di agenzia dicono che Mattarella avrebbe fatto molte telefonate in questa ultima crisi, per disinnescarla a tutti i costi. Perché era il fallimento di un’intera politica, non perché amasse Draghi, essendosi impegnato per impedire la sua elezione al proprio posto. Chi, se non il presidente della Repubblica, poteva permettere la pandemizzazione della democrazia italiana, la sospensione di fatto delle funzioni parlamentari, lo strapotere del governo sul parlamento, il ripescaggio del Partito Democratico, e infine la nomina preparata con cura di Draghi?

Con le dimissioni di Draghi e la sconfitta di Mattarella, in questo momento c’è la possibilità di un cambio politico sostanziale, e non solo tecnico. E questo cambio, per essere veramente tale, dovrà elaborare un progetto politico evidentemente diverso da (meglio ancora se opposto a) quello adoperato finora. L’esito delle elezioni lo permetterà? L’intelligenza e la volontà politica delle forze di centro-destra saranno all’altezza? Emergeranno figure capaci di incarnarlo? E, soprattutto, il Quirinale lo permetterà?

5217.- L’infiammazione cardiaca acuta dopo la vaccinazione COVID non si limita alla miocardite nei giovani uomini.

Il rapporto di rischio tra i decessi causati dalla vaccinazione COVID-19 e quelli causati dalla COVID-19 in base all’età mostra una tendenza esagerata a favore della prima. In particolare per le persone ventenni, il rischio di mortalità della vaccinazione COVID è 7 volte più alto di quello della malattia COVID-19. Il governo è perseverante e alla magistratura è stato imposto il segreto militare. Quando la magistratura fu obbediente, si scelsero allora i tribunali speciali.

Di Sabino Paciolla|Luglio 2nd, 2022

“I nostri risultati portano nuovi elementi nel dimostrare che il rischio di infiammazione cardiaca acuta dopo la vaccinazione non si limita alla miocardite nei giovani uomini”.

Da uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista peer review Nature. Riporto il sommario nella mia traduzione. 

cuore miocardite pericardite

5191.- Quando Amato annunciava le “strutture di isolamento” per i NoVax

La scorsa primavera Palazzo Chigi, quindi, Draghi ha chiesto a ogni regione di dotarsi di campi di isolamento con moduli per 7.000 persone: 7.000 x 21 = 147.000.

 Da Maurizio Blondet del 29 Gennaio 2022 

Eletto proprio oggi presidente della Corte Costituzionale, insieme a Mattarella Bis

Corte Costituzionale al servizio di Pfizer, “la Scienza”.

Cristina Cersei @cris_cersei
“Piccolo” retroscena (secondo me): Amato eletto proprio oggi alla Corte, e la sua immediata uscita su “noi ascolteremo la scienza”, è una copertura giudiziaria chiesta da qualcuno in cambio dell’ok a quanto sta accadendo. Non fo nomi.

Vagoni piombati fino al ’29: arriva la conferma.

Corte Costituzionale · 29 gen

“La giurisprudenza della Corte costituzionale, nelle materie in cui la Scienza ha un peso, è di ascoltare le ragioni della Scienza. Come è stato fatto nel caso della fecondazione assistita.” Così il nuovo presidente Giuliano Amato in ConferenzaStampa. Scienza #Diritto

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6:13 PM · 29 gen 2022·Twitter Web App

Rièportiamo cosa è previsto nella “Strana lettera dal Caanada”

Diversi membri del comitato hanno anche chiesto cosa sarebbe successo alle persone se si rifiutassero di partecipare al programma World Debt Reset, o all’HealthPass, o al programma di vaccinazione, e la risposta che abbiamo ottenuto è stata molto preoccupante.

In sostanza ci è stato detto che era nostro dovere assicurarci di elaborare un piano per garantire che non sarebbe mai accaduto. Ci è stato detto che era nell’interesse delle persone partecipare.

Quando diversi membri del comitato hanno insistito incessantemente per ottenere una risposta, ci è stato detto che coloro che si fossero rifiutati avrebbero vissuto prima a tempo indeterminato sotto le restrizioni. E che in un breve periodo di tempo, poiché più canadesi sono passati al programma di cancellazione del debito, quelli che si rifiutano di partecipare sarebbero considerati un rischio per la sicurezza pubblica e sarebbero trasferiti in strutture di isolamento.

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Repubblica come “La Pravda” dei tempi nuovi prepara il clima d’odio per la categoria da internare.

Una volta in quelle strutture avrebbero avuto due opzioni, avranno due opzioni,  parteciperanno al programma di cancellazione del debito e saranno stati rilasciati, o rimarranno  indefinitamente nella struttura di isolamento secondo la classificazione di un grave rischio per la salute pubblica e avranno sequestrato tutti i loro beni.

5156.- L’alternanza è condizione di democrazia, ma…

Da Veneto Unico, di Mario Donnini. Aggiornato 4 giugno 2022.

La leader di Fratelli d’Italia si dice pronta a governare e dichiara altrettanto per il suo partito, ma, riguardo alla competizione all’interno della sua coalizione, torna a chiamare in causa gli elettori.

In realtà, l’elettorato italiano di centro-destra, quando e come non si può sapere, si ritroverà di fronte alla scelta di sempre: “il meno peggio”, “purché non sia comunista” e “il meno peggio” non è sinonimo di garanzia del buon governo. C’è, però, la necessità di dare un cambio ai vertici della politica, malgrado i limiti che impone lo straboccare di una Presidenza della Repubblica, espressione del partito Democratico, che, da Napolitano a Mattarella, a conti fatti, potrebbe imporre i suoi governi per 23 anni: di più, cioè, di quanto governò Benito Mussolini, ma soggetto al sovrano! Quattro mandati di fila allo stesso partito hanno fatto del Quirinale e della sua funzione super partes, di tutela della Costituzione e della democrazia, una istituzione di parte e questo si è tradotto, in primis, nella politicizzazione della Magistratura, quindi, nella perdita della divisione fra i Poteri Legislativo, Esecutivo e Funzione Giurisdizionale. Già così, una eversione. In secundis, nella perdita dell’Autonomia e della Indipendenza della Magistratura: Altra eversione, anche se un noto costituzionalista, celebrando gli 800 anni dell’ateneo patavino, ha sostenuto che potere Legislativo e Potere Esecutivo sono una sola cosa. Né poteva essere diversamente, visto come i costituzionalisti hanno fatto da scudo ai principi della Carta. Solo per stizza: Nel Potere Legislativo partecipano e dialogano la maggioranza, le minoranze e l’opposizione; nel potere Esecutivo il Potere Esecutivo, il Governo è solo. Se si voleva giustificare la messa in secondo piano del Parlamento da parte dell’attuale Governo, diremmo , alla veneta, che “el tacon l’se stà peso del buso.”

Com’era logico attendersi, quattro mandati a uomini del Partito Democratico hanno dato alla Nazione un’impronta non democratica assolutamente e questo fatto è innegabile quando si consideri che l’ultimo Governo, espressione del voto popolare, ha rassegnato le dimissioni il 16 novembre 2011. Da allora, soltanto governi del Presidente e con i risultati che, purtroppo, subiamo. Questo, accomuna gran parte dell’elettorato nell’aspettativa di dare la parola alle urne. Impossibile, non considerare come in questi 17 anni di presidenza del PD, le cosiddette cessioni di sovranità all’Unione europea hanno sovvertito i fondamentali principi della Costituzione della Repubblica fondata sul Lavoro: come il Padre costituente Aldo Moro volle che fosse scolpito nell’Articolo 1. Solo per inciso, notiamo che identico principio era enunciato nell’Art. 9 della Costituzione approvata da Mussolini per la Repubblica Sociale Italiana e, questo, perché siamo e saremo sempre un popolo di lavoratori. Abbiamo richiamato le “cosiddette cessioni di sovranità all’Unione europea”, significando che questa sorta di associazione, rectius, di anomalia istituzionale non è una istituzione sovrana, talché non di cessione si deve parlare, ma di rinuncia e sappiamo a quale teoria del controllo dell’umanità e dei popoli può essere riferita. L’aspettativa deve, perciò, fare i conti con quel potere straniero, mondiale, che, di fatto, governa l’Italia attraverso suoi adepti (traditori di impegni solennemente assunti, senza alcun dubbio) e ci siamo chiesti: perché? e a quale fine?

Ci sono alcune considerazioni di varia natura intorno alla politica italiana: alcune riguardano l’indipendenza e rappresentano il retaggio della storia dell’unità, altre, si fanno risalire alla Resistenza e, forse, prima ancora e riguardano la presenza di una forte componente, ieri, comunista e, oggi, populista. È certo che la scelta del Savoia di aprire la strada del governo al Partito Nazionale Fascista sia stata dettata, in parte, dalla necessità di affidare ad un governo forte la riconversione a scopi civili dell’apparato industriale bellico, in una economia non più essenzialmente agricola; in parte, dal timore di un avvento del Comunismo facinoroso. Ma lasciamo da parte il Comunismo, già ampiamente fallito per ragioni che discendono dalla natura stessa dell’Uomo; in ogni caso, si tratta sempre di movimenti politici che si contrappongono alla razionalità e allo Stato, incapaci di costruire una società democratica e di governarla, se non con metodi dittatoriali.

L’annessione al  Regno di Sardegna del Regno delle Due Sicilie, di cui il Borbone fu il primo sovrano col nome di Ferdinando I, fu il risultato di una conquista manu militari, cui seguirono una lotta partigiana etichettata come lotta al brigantaggio e la spoliazione di un nascente apparato industriale, di tutto rispetto (la prima nave a vapore britannica scese in mare tre anni dopo la prima nave a vapore napoletana). L’Italia e gli italiani hanno preso coscienza di sé nelle trincee della Prima Guerra Mondiale. Non per nulla, è ai reduci del Piave, del Grappa, che il regno fascista dovette la spinta rinnovativa che caratterizzò l’Italia fino agli anni trenta.

La conquista della Roma papalina e il trasferimento della capitale il 3 febbraio 1871, fecero di Roma la capitale di due stati, con reciproche interferenze nella politica, sopratutto, da parte dello Stato della Città del Vaticano, la cui autonomia dipende molto dalla possibilità di condizionare lo Stato italiano. La Chiesa fa politica. Quando proclama i diritti umani, si pone a tutela dell’etica naturale; quando esprime la sua dottrina sociale non fa soltanto opera di cristianizzazione. Gli interventi del Pontefice devono essere accettati e non possono considerarsi come interferenze esterne, del Vaticano, perché sono rivolti “a tutti gli uomini di buona volontà”. Questa fede condiziona la politica, ma, a un tempo stesso, la divide, rappresentando, per certi versi, una forza. Per altri versi, la divisività endemica degli italiani rappresenta un elemento di debolezza rispetto alle altre nazioni europee.

Questa divisività endemica degli italiani poggia ancora sul conflitto sociale e non ha trovato nemmeno nella democrazia il suo sistema ideale di governo perché le classi lavoratrici e i detentori della ricchezza non sono chiamati dalla politica ad unire le forze per il progresso di tutti. È utile citare i quasi 248 miliardi di euro, entro il 2032, del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), beninteso, se vengono rispettati tempi, investimenti e riforme. Abbiamo, più o meno 4.300 miliardi di risparmio privato depositati nelle banche che fruttano, anzi, non fruttano interessi di nemmeno l’1%€. Non si è voluto, perché qualcuno non vuole, offrire ai risparmiatori un incentivo a investire il loro capitale con le garanzie che uno Stato può dare e la norma europea concederebbe il 2%.

La politica è prona agli interessi stranieri. Quanti si impegnano in politica, tendono a nascondere i veri interessi multiformi e i loro fini personali. La prova provata l’ha data il movimento di quelli che parlavano di voler “aggiustare il sistema”, e cercare di farlo funzionare in un modo decente; ma era una truffa e la vera gara, fin da subito, era per essere anche loro stritolati nelle pieghe (chiamiamole piaghe) del potere.

“La democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre finora sperimentate” disse Churchill, ma è l’unica che consente a tutti di essere un qualcuno e non solo un numero (purché sia esercitata correttamente, però). È difficile accettare che gli italiani, forti di secoli di storia e della dottrina sociale della Chiesa, non siano in grado di stare alla pari con le altre nazioni europee. Tirando le somme, in Italia hanno fallito la monarchia costituzionale, la dittatura e la democrazia. Oggi, siamo in vendita e il capitalismo fa affari in casa nostra, sulle nostre spalle, prima di tutto su quelle del popolo lavoratore. Da un autore, ci sovviene una famosa citazione di Keynes:

Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non mantiene le promesse. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi.

I leader dei partiti di destra chiedono il giudizio delle urne. La Costituzione lo imporrebbe dal momento che nel Parlamento vediamo persone di cui pochi ricordano il nome e il partito con cui furono eletti; ma il popolo italiano, chiunque esca eletto dalle urne, non è più in grado di decidere per sè stesso e, al momento, non abbiamo alternative migliori.

A Sinistra, il nulla. A Destra? C’era una volta il Centro e ci sarebbe, ma deve guardare al domani.

Evidentemente, la Costituzione è ricca di sacri principi, ma non di norme che li tutelino e ne garantiscano l’attuazione. Peggio, molto peggio, i trattati europei, che antepongono la competitività sui mercati mondiali ai diritti dei lavoratori. Quid iuris? Auspicherei una riduzione del potere pubblico, una Costituzione nazionale con pochi principi, ma solidi e tutelati, una Costituzione per l’Europa federata, fondata sulla radice cristiana.

5041.- Quanti milioni di morti ha causato il Fascismo?

Qualche migliaio di morti tenuto conto di tutto.

Foto profilo per Carlo De' Coppolati

Carlo De’ Coppolati, Laurea Economia e gestione delle imprese (1998)

Domanda credo abbastanza ipocrita scritta in questo modo, ma proviamo a fare due conti lo stesso.

Il fascismo italiano propriamente detto?

Qualche migliaio di morti tenuto conto di tutto.

Vittime nel biennio rosso 1919–1920

Circa 500 morti nel periodo degli scontri fra squadre fasciste e le “guardie rosse” comuniste nel cosiddetto biennio rosso 1919–1921. Considerando i caduti di ambedue le parti in lotta.

Una squadra fascista nel 1919, come si vede praticamente tutti reduci della prima guerra mondiale e ancora con le divise degli “Arditi”:

Una squadra rossa dello stesso periodo:

Squadristi fascisti e comunisti si sono scannati per due anni con alterne vicende lasciando sul campo in due anni centinia di morti da ambedue le parti. Gli scontri violenti termineranno progressivamente dal 1921 in poi, con rigurgiti ancora nel 1923 e 1924.

Vittime del tribunale speciale fascista:

31 condanne capitali nel periodo dal 1926 fino al 1943 comminate dal tribunale speciale, delle quali molte per crimini non solo politici ma anche per reati comuni, in genere omicidio. Il fascismo reprimeva l’opposizione politica, ma non impiccava gli oppositori. Li costringeva all’esilio o al confino ma non li ammazzava.

Tribunale speciale per la difesa dello Stato (1926-1943) – WikipediaIl Tribunale speciale per la difesa dello Stato fu un organo speciale del regime fascista italiano, competente a giudicare i reati contro la sicurezza dello Stato e del regime. Durante il regime fascista, il Tribunale speciale ebbe il potere di diffidare, ammonire e condannare gli imputati politici ritenuti pericolosi per l’ ordine pubblico e la sicurezza del regime stesso. Con la stessa legge di costituzione del tribunale venne reintrodotta la pena di morte per alcuni reati a carattere politico . Il Tribunale speciale operava secondo le norme del Codice penale per l’esercito sulla procedura penale in tempo di guerra. Le sue sentenze non erano suscettibili di ricorso né di alcun mezzo di impugnazione , salva la revisione . Il Tribunale operava in modo sommario senza alcuna garanzia per gli imputati [1] . Fu istituito con la legge 25 novembre 1926, n. 2008 (Provvedimenti per la difesa dello Stato), una delle cosiddette leggi fascistissime , e attuato con i regi decreti 12 dicembre 1926, n. 2062 e 13 marzo 1927 n. 313. La sua prima sessione ebbe luogo il 1º febbraio 1927 alle ore 10 presso la sesta sezione del Tribunale penale di Roma [2] . Secondo lo storico Alberto Aquarone : «Il Tribunale speciale per la difesa dello Stato fu indubbiamente uno degli strumenti più odiosi ed efficaci della dittatura e la sua attività, ampiamente pubblicizzata, contribuì non poco, con la sua ombra minacciosa, a distogliere molti oppositori del regime da un’azione concreta contro di esso. [3] » Il Tribunale speciale venne soppresso dal regio decreto-legge 29 luglio 1943 , n. 668, adottato in seguito alla prima riunione del governo Badoglio I [4] . Il 3 dicembre 1943 nella Repubblica Sociale Italiana venne ricostituito un tribunale omonimo con decreto legislativo del duce n. 794, con sede a Mantova e poi a Padova , quindi a Bergamo , rimanendo operativo fino alla Liberazione [5] . Lapide a ricordo di condannati dal Tribunale speciale. Il Tribunale speciale per la difesa dello Stato era costituito da: un presidente , scelto tra gli ufficiali generali del Regio Esercito , della Regia Marina , della Regia Aeronautica e della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale , in servizio attivo permanente, in congedo o fuori quadro; cinque giudici , scelti tra gli ufficiali della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale , aventi grado di console, in servizio attivo permanente, in congedo o fuori quadro; un relatore , senza diritto di voto, scelto tra il personale della giustizia militare. La costituzione del tribunale era ordinata dal Ministro per la guerra, che ne determinava la composizione, la sede e il comando presso cui era stabilito. Dopo la denuncia da parte dell’ OVRA il caso veniva affidato alla sezione istruttoria del Tribunale. I reati più lievi venivano esaminati da un unico giudice, quelli più gravi dalla Commissione istruttoria (composta da 4 membri). L’istruttoria poteva concludersi con l’assoluzione dell’imputato, con il rinvio al Tribunale speciale o,https://it.wikipedia.org/wiki/Tribunale_speciale_per_la_difesa_dello_Stato_(1926-1943)

Delitti politi ascrivibili al Fascismo

Don Minzoni, Giacomo Matteotti, I fratelli Rosselli sono i 3 episodi di omicidi politici piu’ famosi del periodo fascista.

Giacomo Matteotti fu ucciso da una squadra di 5 persone capeggiata da Amerigo Dumini. Detto personaggio, esecutore materiale dell’omicidio, perpetrato in macchina con una coltellata durante una colluttazione, fu imputato a condannato a 6 anni per omicidio preterintenzionale, ne fece solo 2 poi usufrui’ dell’amnistia generale del 1926, fu rincarcerato nello stesso anno per porto d’armi e oltraggio a Mussolini per altri 14 mesi, riscarcerato fu condannato per altri reati a 5 annni di confino. Nel 1933 era di nuovo in galera. Venne giudicato dopo la guerra da un tribunale repubblicano, condannato a 30 anni, ne sconto’ altri 6 anni e fu amnistiato da Togliatti (amnistia Togliatti) nel 1953. In nessun processo, nemmeno nell’ultimo di era repubblicana, fu mai provato il diretto coinvolgimento di Mussolini.

Giovanni Minzoni fu un prete cattolico ucciso da due attivisti fascisti Ferraresi, tali Giorgio Molinari e Vittore Casoni nel 1923. Uccisero il prete con un colpo di bastone mal dato. Con ogni probabilita’ non volevano ucciderlo. Volevano bastonarlo quale oppositore politico. Pratica diffusa sia fra i fascisti che fra i comunisti dell’epoca. Furono giudicati da un tribunale fascista, e, tra chiusure e riaperture varie dell’inchiesta, furono alla fine condannati per omicidio preterintenzionale, fecero poca galera e uscirono anche loro con l’amnistia del 1926. Furono giudicati di nuovo dopo la guerra, nel 1946, con medesimo esito, omicidio preterintenzionale, condannati a qualche anno di prigione ma amnistiati da Togliatti.

I fratelli Rossetti furono due oppositori del regime fascista uccisi in Francia dagli attivisti della “Cagoule”, un’organizzazione eversiva filo-fascista francese. Alcuni dei killers furono giudicati e condannati dopo la guerra ma sull’omicidio non si e’ mai alzata la cortina di mistero e di intrigo internazionale. Sembra certo, ma mai provato, il coinvolgimento dei servizi segreti italiani, ma il fatto che fra i membri dell’organizzazione che si rese artefice e organizzatrice dell’omicidio ci sia stato Francois Mitterand, futuro presidente della Francia, ha portato lo Stato Francese a secretare tutti gli atti relativi a questa organizzazione. Una vicenda a esser prudenti, contorta, e ancora a tutt’oggi non definitivamente chiarita.Fratelli Rosselli, un omicidio fascista per annichilire la speranza di giustizia e libertà | LeftCarlo in particolare aveva ben chiara l’importanza di assestare colpi all’immagine del regime fascista. Per questo probabilmente Mussolini dette l’ordine di ucciderlohttps://left.it/2017/06/09/fratelli-rosselli-un-omicidio-fascista-per-annichilire-la-speranza-di-giustizia-e-liberta/

Vittime per le deportazioni degli ebrei in Italia.

Da mettere in conto anche le vittime nei campi di concentramento tedeschi dovute alle deportazioni. Circa 7.500 persone dicono i dati, la quasi totalita’ dei quali in seguito ai rastrellamenti tedeschi dopo il 1943. L’Italia a questo proposito non e’ stata ne’ come la Germania ne’ come la Polonia. Gli ebrei in gran parte sono stati salvati, accolti e protetti dagli italiani e degli oltre 58.000 ebrei italiani circa l’87% la scamparono grazie all’aiuto della chiesa cattolica, di tantissimi privati cittadini e addirittura di molti fascisti. Vedi l’esempio del dirigente della milizia fascista di Roma Ferdinando Natoni nel 1943, premiato dagli ebrei nel 1994 con la “medaglia dei giusti”.

Articolo dall’Huffington Post, non certo una pubblicazione dell’estrema destra:La storia del fascista che salvò tutti gli ebrei che poteva. Solo perché era giustoLa storia del fascista che salvò tutti gli ebrei che poteva. Solo perché era giustohttps://www.huffingtonpost.it/vittorio-pavoncello/storia-del-fascista-che-salvo-tutti-gli-ebrei_b_8280104.html

Fino al 1943 non vi e’ stato nessun morto ebreo in Italia.

In definitiva il regime fascista e’ stato si violento, ma non cosi’ sanguinario come si crede, una dittatura “all’italiana” se vogliamo. Gli eventi veramente sanguinosi si sono avuti dopo l’armistio del 1943, e con l’occupazione nazista. Senza per questo voler discolpare i tanti fascisti che nel periodo del RSI si resero colpevoli di atti crudeli, ma si era in guerra, e questa non e’ gentile mai con nessuno.

Sarebbe interessante fare un calcolo di quanti sono morti per responsabilita’ del comunismo in Italia nello stesso periodo.

4574.- No vax fuori dalla società. Draghi normalizza l’apartheid

Perché chiunque mettiamo sullo scranno, in men che non si dica, si veste dei panni di padre-padrone, per non dire del colbacco del duce? Vale per i presidenti, ma anche per i capi, i mezzi capi e i capetti di questa democrazia mai nata. Non biasimate chi dice che il fascismo era già troppo democratico per noi.

  • Da la Nuova Bussola Quotidiana del 26-11-2021. Di Andrea Zambrano.

La voce dal sen fuggita di Draghi, che esclude dalla società i non vaccinati, è rivelatrice di una concezione della società e dei diritti autoritaria e paternalistica, una concessione di un governante “illuminato”, che la attribusce come “premio” per comportamenti “virtuosi”. Il Green pass ha l’esplicito scopo di “punire” e umiliare i non vaccinati, segregarli, rendere loro la vita sempre più difficile e costringerli a “pentirsi”. 

Speriamo che la pandemia si evolva in maniera tale che il prossimo Natale sia normale per tutti. […] Bisogna che anche coloro che da oggi saranno oggetto di restrizioni […] possano tornare a essere parte della società con tutti noi”.

Queste testuali parole sono state pronunciate dal Presidente del Consiglio il 24 novembre durante la conferenza stampa in cui il governo ha annunciato l’adozione del cosiddetto “Super Green Pass”, ossia delle ulteriori discriminazioni nel lavoro e nella vita sociale inflitte ai danni dei cittadini che scelgono di non farsi somministrare i vaccini contro il Covid. Si tratta di una frase “a braccio” all’interno della risposta di Draghi alle domande dei giornalisti presenti, e quindi spontanea, non preparata. Proprio per questo essa è particolarmente rivelatrice della concezione della società, dei diritti, del rapporto tra governanti e governati di cui egli si fa  portatore.

Quale sia questa concezione il governo Draghi lo ha finora mostrato in maniera inequivocabile in tutta la gestione dell’infinita “emergenza pandemica” agitata da quasi due anni con toni apocalittici, e per la quale esso è stato presentato come autorità assolutamente insindacabile, quasi al di sopra di qualsiasi discussione critica. Si tratta di una visione della politica e del diritto che ha ben poco in comune, per non dire nulla, con tutta la tradizione del costituzionalismo liberaldemocratico occidentale, e che con assoluta disinvoltura passa sopra ai fondamenti della Costituzione.

Un’idea di governo autoritaria e paternalistica, degna discendente dei famigerati “consentiamo” di Giuseppe Conte durante la prima fase dei lockdown del 2020, ma espressa con ancora maggiore arroganza: secondo la quale i diritti dei cittadini, le loro libertà, la loro uguaglianza davanti alla legge non sono più un dato prioritario, ma si configurano invece come la concessione di un governante “illuminato”, di un padre onnisciente e premuroso, attribuita come “premio” per comportamenti “virtuosi” in base a regole stabilite da quello stesso governante, e revocabili secondo il suo unilaterale giudizio.

Nel contesto presente noi ci troviamo, come è noto, in uno stato di emergenza non previsto dalla Carta, deliberato da un governo per decreto, prorogato ripetutamente con lo stesso strumento normativo, e del quale nessuno, né nell’esecutivo precedente né in quello attuale, ha mai esplicitamente affermato quando e in base a quali oggettivi, verificabili criteri potrà avere fine. All’interno di esso si è stabilito prima che molti diritti costituzionali – libertà personale, di circolazione, di impresa, di culto, di riunione e associazione – potessero e anzi dovessero essere limitati discrezionalmente per contenere la diffusione di un virus (i lockdown, il sistema delle “zone a colori”, i coprifuoco), nonostante la sua eventuale pericolosità fosse limitata ad una fascia molto ridotta e ben identificabile della popolazione e nonostante sia emerso con sempre  maggiore evidenza, dal confronto con altri paesi, che quelle restrizioni non avevano alcun comprovato effetto positivo in tal senso. Successivamente, appena sono stati disponibili i vaccini, il governo (Conte prima, Draghi poi, in perfetta continuità) ha stabilito – con il supporto dei suoi “esperti” del tutto allineati e di un sistema dei media ridotto a grancassa propagandistica – che la soluzione decisiva al problema era la vaccinazione di massa indiscriminata: e che  l’inoculazione di  una determinata quota di cittadini (via via crescente: prima il 70%, poi l’80%, poi il 90%, e pare non essere mai sufficiente) avrebbe prodotto l’”immunità di gregge” facendo scomparire il virus e riportando la società alla piena normalità.

Nonostante i fatti abbiano ben presto smentito quete promesse, e si sia visto ben presto come anche nei paesi con più alta percentuale di vaccinati il virus continui, o riprenda, a circolare in maniera massiccia, la “narrazione” governativa è rimasta da allora sempre tetragona, univoca, dogmatica. Ed anzi via via che il tempo passava, e la debolezza della soluzione invocata si manifestava, i toni del governo e degli “esperti” allineati si sono fatti sempre più ultimativi, severi, demonizzatori di chi criticava quella linea, o personalmente non si conformava ad essa.  Come nel caso dei lockdown, anche per la campagna vaccinale la linea governativa è stata – da parte di Draghi con un di più di tecnocratica saccenteria – quella di accusare dell’insuccesso i cittadini, addebitando  ai loro comportamenti “cattivi” restrizioni e sacrifici.

Come il governo Conte aveva additato al pubblico ludibrio come “untori” chi  usciva a passeggiare, a fare jogging, a bere l’aperitivo, a prendere il sole in spiaggia, così il governo Draghi ha individuato come unico capro espiatorio di ogni male pandemico i “no vax”: termine improprio e spregiativo nel quale viene compreso non solo chi rifiuta di vaccinarsi, ma chiunque avanzi dubbi sul vaccino come unica salvezza e persino chi insiste sull’importanza di terapie farmacologiche. Sempre più il “no vax” è stato dipinto dal sistema mediatico ufficiale come una sorta di sub-umano, di analfabeta irresponsabile, di incivile, di antisociale, per colpa del quale il virus verrebbe attaccato ai vaccinati, che in teoria dovrebbero esserne più protetti: mentre è ormai indubitabile che i vaccini esistenti non impediscono né di essere contagiati, anche in forma grave, né di contagiare, e quindi il virus circola sia tra chi è inoculato che tra chi non lo è.

Con questa campagna logicamente infondata ma emotivamente efficace si è catalizzato un odio sociale lacerante, che si è ulteriormente voluto alimentare adottando la misura apertamente discriminatoria del “green pass”, oggi ulteriormente rafforzato, con lo scopo dichiarato, ma come abbiamo visto del tutto irrazionale, di limitare il contagio e creare zone “sicure da esso”; ma in realtà con l’obiettivo sempre più esplicito di “punire” e umiliare i non vaccinati, segregarli, rendere loro la vita sempre più difficile, se non impossibile, costringerli a “pentirsi”.

Un imbarbarimento del quale ora la “voce dal sen fuggita” alla Conferenza stampa del Presidente del Consiglio rappresenta il degno compimento. Chi non si vaccina è letteralmente fuori dalla società civile, trasformato nemmeno in un cittadino di serie B, quanto in un “non cittadino”. E potrà ritornare nel consesso civile soltanto se “abiurerà” alla sua “eresia”, se si redimerà dai suoi “peccati”, ottenendo il benevolo perdono del governante/padre/padrone. Ragionamento che vale ormai anche per i già vaccinati, che saranno ricacciati anch’essi nel girone dei dannati se dovessero decidere di non accettare regolari richiami dei sieri, o anche soltanto esitare. Se la loro “super” patente di cittadinanza scadrà, anche per un giorno, saranno “fuori dalla società” anch’essi.

4142.- L’eversione, cosa è? O l’Eversione si tratta per quello che è o se ne è complici.

Possiamo definire l’eversione come l’abbattimento o il sovvertimento del potere costituito, delle istituzioni che ne sono l’espressione e dell’ordine sociale, compiuto mediante atti rivoluzionari, non necessariamente terroristici. Anche creare disordine e confusione ideologica, con il fine di sovvertire l’ordine costituito si chiama eversione.

Dal punto di vista della storia, non fu eversione il primo governo Mussolini, al quale parteciparono anche ministri liberali e ottenne il voto di fiducia di un ampio fronte parlamentare: dalla maggioranza dei liberali al partito popolare (306 voti favorevoli e 116 contrari). Invece, utilizzando i poteri costituzionali, tra il 1922 e il 1925, Mussolini svolse un sistematico processo di fascistizzazione dello Stato, delle sue strutture e del suo ordinamento, gettando le basi della dittatura: rafforzamento del potere esecutivo, indebolimento delle prerogative del Parlamento, integrazione delle strutture militari e politiche fasciste nell’apparato statale, riduzione del pluralismo politico per imporre il partito unico, eliminazione delle libertà costituzionali come quelle di stampa, di associazione e di sciopero. Tutto questo, compiuto con l’assenso consapevole della maestà del Re, dal punto di vista costituzionale, può chiamarsi eversione. Tale fu e si svolse nell’ambito nazionale.

Dalla Repubblica parlamentare al semi-presidenzialismo

Andando alla Repubblica parlamentare e ai giorni nostri, abbiamo osservato una stagione di vari fatti eversivi, cosiddetti di matrice nera, rimasti politicamente allo stato di tentativi e, invece, un processo eversivo, di matrice nominalmente rossa, sviluppato programmaticamente nel tempo, a partire dalla eliminazione fisica dell’oppositore, almeno in linea di principio, del piano: Aldo Moro (1976), dallo screditamento della politica: Mani pulite (1992), ai governi cosiddetti tecnici, all’esautoramento del Parlamento, fino a tradurlo in espressione di maggioranze aritmetiche del Presidente (2018) e non più della partecipazione degli elettori alla vita politica della nazione (art. 49 Cost.). Infine, il crollo dei partiti della maggioranza, confermato in più appuntamenti elettorali e il mancato ricorso all’art.88 e, quindi, a nuove elezioni politiche, ha fatto venir meno il carattere rappresentativo della democrazia.

Ne sono scaturiti i governi di un semi-presidenzialismo ipocrita, che, nel 2011, ha portato alle dimissioni dell’ultimo governo coerente con i risultati delle urne e che ha avuto la sua massima espressione nel secondo mandato presidenziale di Giorgio Napolitano, assolutamente eversivo, non voluto dai padri costituenti e dal ben altro comunista, presidente dell’Assemblea costituente Umberto Terracini, che votarono “No” a una reggitura di 14 anni, talmente impossibile, da non voler inserire l’esito della votazione nell’articolato (Dopotutto, Mussolini aveva governato per 20 anni, 8 mesi e 25 giorni). Infatti, la repubblica parlamentare vuole che, a prescindere dalle maggioranze e minoranze, di pari dignità, il Parlamento sia rappresentativo della volontà del popolo cui “appartiene” sempre la sovranità, tanto che, quando questa rappresentatività venga meno, l’art. 88 Cost. prevede lo scioglimento anticipato delle Camere, e non è una facoltà del Presidente, ma un dovere. È, difficile che questa rappresentatività delle Camere nei confronti del corpo elettorale permanga eguale per 7 anni. È, praticamente, impossibile che permanga eguale per 14 anni e che, nel caso, possa parlarsi del Presidente eletto e rieletto come di un organo super partes.

Il presidente dell’Assemblea costituente Umberto Terracini

Obbiettivo dichiarato del semi-presidenzialismo, la rinuncia alla sovranità del popolo lavoratore, a favore del potere sostanziale, non democratico, di un’anomalia istituzionale di nome Unione europea, che sovrana non è né vuole esserlo. È un fatto, da tempo e infatti, che l’80% delle leggi approvate dal Parlamento riguardano il recepimento di norme del diritto comunitario, che vengono introdotte nell’Ordinamento. L’efficacia diretta del diritto comunitario nel nostro Ordinamento viene fatta trarre dalla Costituzione, art. 11, ma qui si parla di “limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni” e non di stravolgimento della Costituzione: Cosa ben diversa e, a nostro sommesso parere, da valutarsi caso per caso, o stabilendo i controlimiti o, altrimenti, eversiva, vista la coerenza e conseguenzialità del tutt’uno che impronta l’articolato costituzionale. In sintesi, se i “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”, art. 117 Cost., 1, riguardano il potere legislativo, non altrettanto possono riguardare i fondamenti della Costituzione.

Dal Lavoro, strumento di progresso materiale e spirituale della società, alla competitività sui mercati mondiali. Se non è eversione questa!

Attraverso un’adesione supina, se non una cooptazione o addirittura altro, ai trattati europei, in particolare al Trattato di Maastritch, TUE e al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, TFEU, del trattato di Lisbona (anche detto de-costituzione europea) e alla Carta di Nizza sono stati – ancora ipocritamente – affermati il diritto di lavorare e alle relative tutele, ma proprio il Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, TFEU, dopo aver compiutamente affermato i diritti dei lavoratori, li condiziona a ché sia garantita la competitività dell’Unione sui mercati mondiali, evidentemente, sottoponendo alla condizione i principi fondamentali della Parte Prima della Costituzione. Se non è eversione questa!

La Costituzione con l’art.1 fonda la repubblica dei lavoratori e, con l’art.4, fa del lavoro un vero e proprio mezzo di sviluppo della personalità e strumento di progresso materiale e spirituale della società. La Repubblica configura il diritto al lavoro come diritto di libertà, diritto civico e di solidarietà. Senza lavoro non c’è, infatti dignità, quindi, nemmeno c’è libertà. Il principio lavoristico indirizza, perciò, il legislatore ordinario affinchéé sdi attivi e promuova le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro, quale condizione di partecipazione e di crescita sociale, in obbedienza al principio dell’eguaglianza sostanziale, dell’art.3 Cost. :

Articolo 3 Costituzione

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

“E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Prima, le fonti del diritto europeo citate e, poi, la globalizzazione hanno avuto ricadute inevitabili sull’impianto costituzionale e sul mondo del lavoro. Le tutele, che assumono valore di diritti fondamentali, sono state condizionate dall’enfasi sulla concorrenza dei mercati. Mortificando le tutele e il costo del lavoro e la posizione di molti salariati, si è compiuta una eversione rispetto all’anima della Costituzione, tale che non azzarderei di parlare ancora di repubblica dei lavoratori.

Aldo Moro, padre costituente

Fine della divisione dei poteri e della democrazia. L’eversione rossa e lo scandalo C.S.M.

Il sistema politico italiano fu organizzato secondo il principio di separazione dei poteri: il potere legislativo è attribuito al Parlamento, al governo spetta il potere esecutivo, mentre la magistratura, indipendente dall’esecutivo e dal potere legislativo, esercita, invece, la funzione giurisdizionale.

Sepolto il principio lavoristico, madre e fondamento della Costituzione, voluto nell’art. 1 da Aldo Moro, che qualificava un nuovo tipo di democrazia né socialista né liberale, ma “fondata sul lavoro”, singolarmente, già presente nella Costituzione della Repubblica Sociale Italiana all’art. 9 e, poi, eliminato Aldo Moro, messa simbolicamente sul banco degli imputati, sotto accusa, l’intera classe politica, si è andato consolidando un nuovo partito unico, peggiore del Partito Nazionale Fascista perché facente capo a interessi sovranazionali e personalissimi, nel quale si ritrovano insieme potere Legislativo, potere Esecutivo, funzione Giurisdizionale e, dato che presidente del C.S.M. e Presidente della Repubblica sono la stessa persona, anche quest’ultimo, che – ricordiamo – è un garante della Costituzione. Ulteriormente, sono stati colonizzati i centri vitali dello Stato, secondo il sistema tipicamente clientelare dei partiti italiani, mai subordinati a principi costituzionali, se si eccettua quel banale “con metodo democratico” contenuto nell’art. 49.

L’eversione portata avanti nel C.S.M. ha costituito un grave danno e un attentato alle fondamenta della Repubblica, alterando la separazione dei poteri Legislativo, Esecutivo, esercitati da cittadini “eletti” dal Corpo elettorale, dalla funzione giurisdizionale, esercitata, invece, da cittadini “reclutati” attraverso un procedimento amministrativo, che non attinge alle fonti della designazione popolare e che, nel C.S.M. e nella sua Sezione disciplinare, trovano il loro organo giudicante.

Il tema della separazione dei poteri ed, al suo interno, quello dell’autonomia e dell’indipendenza della Magistratura da ogni altro potere trova disciplina costituzionale nel Titolo IV della Costituzione e, soprattutto, nell’art. 104 Costituzione.

Articolo 104

La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica. Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.

Tutti i membri del C.S.M. hanno saputo sempre tutto; il suo presidente sapeva tutto e, comunque, per definizione, è responsabile di tutto. L’eversione portata a compimento e portata avanti negli anni ha impedito e impedisce il regolare funzionamento del C.S.M.. È di tutta evidenza che, allo stato, il C.S.M. non dà piena garanzia per le nomine, per l’inamovibilità, per l’assoluta autonomia dei giudici di fronte al potere esecutivo. 

Coerentemente e a’ sensi dell’art. 31 della legge 24 marzo 1958, N. 195 (GU n.75 del 27-3-1958 ), il presidente Mattarella deve, senza discrezionalità alcuna, procedere allo scioglimento del C.S.M. e presentare, quindi, le sue dimissioni. 

Legge 24 marzo 1958, N. 195, Art. 31. Scioglimento del Consiglio superiore

Il Consiglio superiore, qualora ne sia impossibile il funzionamento, è sciolto con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il parere dei Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e del Comitato di presidenza.
Le nuove elezioni sono indette entro un mese dalla data dello scioglimento.

Tutti, presidente compreso, devono essere indagati per eversione. Fino a quando questo scioglimento non sarà attuato e indipendentemente da qualunque piano di riforma, la sezione disciplinare del C.S.M. non potrà garantire in modo imparziale l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura.

Questa tolleranza assume ulteriore gravità dal fatto che le istituzioni chiamate in causa sono le stesse che sostengono il governo di Mario Draghi; uomo prestigioso, ma l’ennesimo governo che esautora il Parlamento, sfugge al voto degli elettori, menomandone la rappresentatività. Questa tolleranza, il decorso favorevole della Pandemia e lo Stato di emergenza sanitaria, loro sì, tenute in vita “in sala di rianimazione”, hanno consentito e consentono di attuano sistemiche violazioni della Costituzione.

Si riforma per non cambiare

La Politicizzazione del C.S.M. equivale a non avere divisione dei poteri, cioè, ha realizzato un’eversione. La legge sul funzionamento del CSM n. 24 marzo 1958, n. 195, art.31 è stata disattesa dal Presidente della Repubblica riguardo allo scioglimento in caso di impossibilità di funzionare. Attivare la procedura per emettere il decreto di scioglimento è un dovere e non una facoltà del Presidente e la sua mancata adozione deve essere sanzionabile specificamente, attraverso una legge di modifica costituzionale.

C’è di più. L’impossibilità che un organo super partes sia politicizzato ha fatto venir meno l’Autonomia e Indipendenza della Magistratura, talché, in teoria, ogni giudice può essere chiamato a rispondere dei suoi provvedimenti davanti a un Tribunale ordinario. Non accadrà mai perché “cane non mangia cane”, ma “il cane” non può essere giudice.

Dopo l’eversione, anche il tradimento.

Per questi motivi, la riforma della Giustizia portata avanti dal ministro Marta Cartabia e dal presidente del Consiglio Mario Draghi è una falsa riforma, scritta per proseguire nel solco tracciato dal Presidente Sergio Mattarella, in cui il sistema non cambia e mantenendo, anzi cercando il confronto con “la cancrena delle correnti”.

Si comprende bene come i sei quesiti referendari proposti dalla Lega servano a distrarre gli elettori dall’eversione in atto e siano, invece, funzionali al sistema. Quindi, dopo l’eversione, anche il tradimento.

Correttamente, il 30 maggio, Giorgia Meloni, FdI, aveva raccolto l’invito del presidente Sergio Mattarella a riformare i criteri della composizione del C.S.M., dichiarando: “Pronti a metterci al lavoro e vedremo in Parlamento chi è disponibile”Non basta! O l’Eversione si tratta per quello che è o se ne è complici. Correttamente, invece, il giorno avanti, Meloni era tornata a chiedere l’intervento del Presidente Mattarella per  azzerare il C.S.M. e studiare meccanismi che impediscano “la cancrena delle correnti”.

3249.- Paragone inchioda Conte: un’emergenza costruita solo per farsi gli affari propri

Tutti possono sbagliare, ma chi sbagli a sempre, lo vuole. La falce della Regina di Picche si sta affilando.
Contro il cinismo no c’è rimedio. Qualcuno stacchi la spina a Conte prima che lui la stacchi al Paese

Gianluigi Paragone 13 luglio 2020

Siamo in emergenza? No. E allora perché se non c’è una emergenza in corso, il governo chiede di prorogare lo stato di emergenza? Procediamo con ordine. Il 31 gennaio scorso il governo Conte bifronte, quello nato per non concedere pieni poteri all’ex alleato Salvini, si prese poteri eccezionali per fare fronte all’emergenza Coronavirus. Scadenza 31 luglio. 

Forte di questi poteri colui che, Costituzione alla mano, sarebbe un normale presidente del Consiglio primus inter pares, diventa un vero e proprio premier, titolare di poteri tanto pieni da sospendere un diritto fondamentale come quello della libertà di movimento, con un semplice atto amministrativo qual è il decreto dpcm. (Conosco l’osservazione: se c’è un virus pericoloso in corso, il diritto alla salute può essere considerato un valido motivo per sospendere la libertà di circolare liberamente, di fare impresa, di andare a lavorare. Bene, allora con lo stesso potere però rimedi agli effetti del lockdown che impattano sull’economia, a cominciare dalla cancellazione delle bollette e delle tasse fino al 31/12. Nulla di tutto questo.)

Stato di emergenza, il governo fa marcia indietro: ipotesi proroga fino al 31 ottobre

Siamo alla vigilia della fine di luglio e il premier Conte – ancora titolare di poteri eccezionali, ricordiamocelo – chiede la proroga dello stato di emergenza. Perché? Per prevenire, dicono. Insomma, si tratterebbe di una emergenza in potenza e non in atto. Qualora passasse un concetto del genere (e passerà perché al governo di sono gli amici del Potere) la possibilità di avvalersi di pieni poteri in regime di straordinarietà per far fronte a una potenziale emergenza potrebbe diventare un potere arbitrario, proprio perchè quella emergenza non c’è.

Qualcuno stacchi la spina a Conte prima che lui la stacchi al Paese
O lui o Noi

Qualcuno stacchi la spina a Conte prima che lui la stacchi al Paese

Torniamo così alla domanda iniziale: perchè Conte vuole la proroga di un potere eccezionale? Per un fatto tecnico o per un fatto politico? Il primo indizio è già una prova: fosse stato per Conte quel diritto a prendersi i poteri gli doveva essere riconosciuto punto e basta. Il fastidio di abitare in una repubblica parlamentare lo obbliga alla finzione del dibattito in aula. Una formalità garantita da una maggioranza formato scimmiette. Detto questo, proviamo a dare per buona l’opzione «lo chiede per un fatto tecnico»: il virus riprende forza e si corre il rischio di una seconda ondata. Il professor Sabino Cassese, ieri sul Corriere, ha ricordato che a fronte di una urgenza simile il ministro della salute può emettere ordinanze «contingibili e urgenti» senza per questo creare stati d’eccezione come accadrebbe con lo stato di emergenza, spazio normativo che «giustifica qualsiasi cosa».

Stato di emergenza, il governo fa marcia indietro: ipotesi proroga fino al 31 ottobre
Articolo 280 Codice Penale. Terrorismo!

Stato di emergenza, il governo fa marcia indietro: ipotesi proroga fino al 31 ottobre

Vale inoltre la pena ricordare alcune date della prima ondata e domandarsi se nel governo ci sono o ci fanno.

 «Il virus arriva in Italia»: così titolano i telegiornali del 30 gennaio riferendosi a due turisti cinesi atterrati una settimana prima dalla Cina su Malpensa. Il giorno dopo il governo blocca i voli dalla Cina. Per il governo e per i cittadini è l’inizio dello stato di emergenza. Rewind. Il 22 gennaio una circolare del ministero prescriveva il tampone in caso di polmoniti insolite «senza tener conto del luogo di residenza o della storia di viaggio»; insomma c’era già traccia che qualcosa a cavallo tra dicembre e gennaio stesse preoccupando i medici, soprattutto quelli di base. Quella frase sul tampone generico scomparirà cinque giorni dopo (il 27), prescrivendo i tamponi solo per chi provenisse dalla Cina. Il 31 comincia lo stato di emergenza, i pieni poteri. Ma manca il piano di emergenza. Infatti sarà il caos.

Il 21 febbraio arriva il cosiddetto paziente zero italiano all’ospedale di Codogno, il quale con la Cina non c’entrava nulla. Il che appunto manda in tilt la logica del decreto del 31 gennaio, proprio per l’assenza di un piano organico. Tre mesi fa circa un team di quattro giornalisti del Corriere della Sera pubblicò una inchiesta dettagliata sulle falle delle direttive legate al virus. E scoprì con tanto di ammissione di Andrea Urbani, un direttore generale del ministero della Sanità, che già a gennaio un documento conteneva scenari troppo drammatici sulle conseguenze del coronavirus tanto da deciderne la secretazione «per non spaventare i cittadini». 

Nonostante i pieni poteri concessi al governo sono arrivate le spaventose falle sulle terapie intensive, sui macchinari che arrivano da governi stranamente amici, sui tamponi, sulle mascherine, sui camici per il personale eccetera. Per non dire del caos totale a proposito della scuola, delle imprese e persino nella già complicata macchina della Pubblica amministrazione dove con lo smart working i risultati sono peggiori rispetto a prima. Da qui la domanda, se coi poteri eccezionali e con il Paese praticamente bloccato a casa il governo non è riuscito a gestire l’emergenza, a cosa sono serviti quei superpoteri? Riposta, a rafforzare le relazioni di potere dei vari Conte, Di Maio, Zingaretti, Renzi… Parlamento svuotato, task force, nomine e inciuci vari a Villa Pamphili. Mentre l’economia reale va a sbattere in una crisi globale, che per l’Italia è ancor più grave perché da Prodi a Di Maio ci hanno svenduti ora ai tedeschi ora ai cinesi. Se dunque vi domandate perché al governo serve prorogare lo stato di emergenza la risposta è una soltanto: a farsi gli affari propri a danno degli italiani.

3248.- Il Governo vuole prolungare lo “stato di emergenza” per garantire la sua sopravvivenza.

Per il centro destra, non è l’argomento del giorno, ma giova ripetere che Elisabetta Casellati ha annunciato che domani, martedì in Senato, sotto la sua presidenza, si voterà sulla proroga dello Stato d’emergenza “preventiva”. Non esiste l’emergenza preventiva!

Magdi Cristiano Allam

Il Governo vuole prolungare lo “stato di emergenza” quando in Italia l’epidemia di Sars-Cov-2 è sostanzialmente finita con soli 9 morti nelle ultime 24 ore. Si tratta di una decisione che si giustifica politicamente con la necessità di garantire la sopravvivenza di un Governo quotidianamente in conflitto al proprio interno almeno fino all’agosto 2021, quando inizierà il “semestre bianco” che precede l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Dobbiamo essere consapevoli e mobilitarci contro questa “dittatura sanitaria” che vede partecipi la grande finanza speculativa, politici, medici e giornalisti favorevoli al Nuovo Ordine Mondiale

Buongiorno amici. Lo scorso 31 gennaio il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte impose lo “stato di emergenza” per sei mesi di fatto a titolo preventivo, con una semplice delibera in cui si affermava che sussisteva un “rischio sanitario” solo perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva proclamato il giorno prima una “emergenza internazionale”, anche se in realtà in Italia non c’era un solo caso ufficiale di Coronavirus. Il primo caso ufficiale è il “paziente uno” di Codogno e risale al 23 febbraio, cioè 24 giorni dopo l’introduzione dello “stato di emergenza”.
Ebbene ora il Governo Conte è determinato a prorogare lo stato di emergenza nonostante che l’epidemia in Italia è sostanzialmente debellata, con soli 9 morti attribuite al Sars-Cov-2 nelle ultime ventiquattro ore, in un contesto in cui per il 97% dei casi i deceduti avevano patologie pregresse e un’età media di 80 anni, che significa che il virus è una concausa ma non è la causa della morte di pazienti prevalentemente anziani. 
Questa volta, secondo il Ministro della Salute Roberto Speranza, del Partito Democratico, la proroga dello “stato di emergenza” in Italia si giustifica con il fatto che a livello mondiale la pandemia non è stata ancora debellata: “Duecentoventimila contagi Covid in un solo giorno a livello mondiale. Mai prima un numero così alto in sole 24 ore. Questo ci dice che non è vinta e che serve ancora attenzione da parte di tutti”.
Eppure lo stesso Conte, intervenendo al termine del concerto della Banda musicale della Polizia di Stato sabato 11 luglio è stato rassicurante: “Abbiamo fatto tanti test, abbiamo una maggiore conoscenza, più diffusa, c’è una cultura su questo virus che nei primi tempi ci sfuggiva. Tutti sappiamo che con alcune regole precauzionali possiamo affrontare anche la nuova stagione, questa estiva, la prossima, con relativa tranquillità”. 

L’infettivologo Matteo Bassetti, Direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, ha sostenuto in un’intervista all’Agi dell’11 luglio che l’emergenza è finita: “Stiamo dando al mondo l’idea di essere ancora in pieno dramma, che tutti i sacrifici non sono serviti a niente. Mentre è vero il contrario: il Covid è stata un’emergenza ospedaliera, che oggi, lo dicono i numeri, è finita. Ma viene comunicato il contrario, un atteggiamento veramente alla Tafazzi”. 
Bassetti dice anche che una eventuale proroga dello stato di emergenza non sarebbe giustificabile da ragioni sanitarie: “Io lo dico da medico e non voglio fare politica, però anche la proroga dello stato di emergenza fino al 31 dicembre, se così sarà, mi pare francamente un po’ spinta. Decidere oggi a luglio cosa succederà tra sei mesi non ha molto senso, in molti paesi si danno scadenze temporali più ravvicinate, anche di mese in mese, poi semmai si proroga. Ma anche qui, il messaggio che passa è che siamo in emergenza, come a marzo, invece sono due situazioni assolutamente imparagonabili”. 

L’Osservatorio Permanente sulla Legalità Costituzionale ha emesso un comunicato in cui afferma che qualora il Governo dovesse prorogare lo stato di emergenza “ci troveremmo di fronte a uno strappo gravissimo dell’ordine costituzionale, a causa del quale la democrazia di un Paese viene di fatto congelata per un anno intero, ad arbitrio del Potere Esecutivo oggi ancor più in assenza di qualunque presupposto giustificativo”. 
L’Osservatorio precisa: “La sola presenza di sparuti focolai, peraltro circoscritti in alcune zone del Paese e ad oggi perfettamente gestibili dal Servizio Sanitario, non costituisce requisito sufficiente a introdurre un regime di eccezione che consenta di derogare alla dialettica democratica di uno Stato di Diritto. Nè lo stato di eccezione è giustificato dal mero timore di possibili scenari futuri, sui quali ancora nulla è dato prevedere e sui quali, peraltro, la stessa Comunità Scientifica mostra di avere opinioni divergenti. Ciò equivarrebbe a giustificare il puro arbitrio di un Potere Esecutivo che potrebbe sospendere la democrazia in qualunque momento, perché in fondo, ‘del doman non v’è mai certezza’. Neppure si può giustificare lo stato di emergenza con la presenza di focolai in Paesi stranieri, essendo sufficienti le ordinarie misure di contenimento dei flussi in entrata e uscita del Paese per arginare qualunque pericolo in tal senso”.

Cari amici, sin da quando lo scorso 31 gennaio il Governo Conte, pur in assenza di un solo contagiato, ammalato o deceduto da Sars-Cov-2 impose lo stato di emergenza, io denunciai la realtà di una “dittatura sanitaria”. Fui criticato quando fummo sommersi dai bollettini di guerra quotidiani sul numero delle vittime, di cui la stragrande maggioranza aveva patologie plurime pregresse e un’età media di 80 anni, scoprendo solo dopo i tragici errori medici commessi dal non aver eseguito le autopsie e dal non aver diagnosticato le trombosi. 
Ora comunque, e lo dice persino Conte, possiamo essere più tranquilli perché i medici sanno come curare il Sars-Cov-2 ed abbiamo una cura certa che è il plasma iperimmune disponibile nelle decine di migliaia di ammalati che sono guariti e hanno sviluppato gli anticorpi. Quindi, da un punto di vista sanitario, non è giustificabile la proroga dello stato di emergenza, che sin dallo scorso 31 gennaio è stata una decisione del tutto arbitraria sfruttando indebitamente il regolamento della Protezione civile. 
Ebbene qualora ciononostante il Governo dovesse prolungare lo stato di emergenza, sarà chiaro che la motivazione è solo politica. Questo Governo è in bilico ogni giorno per i conflitti interni tra il M5S e il Pd. Ma deve restare unito almeno fino ai primi di agosto 2021 quando inizierà il “semestre bianco” che precede l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e nel corso del quale il Parlamento non può essere sciolto, affinché sia questo Parlamento ad eleggere una personalità favorevole ai partiti di Governo. Inoltre gran parte dei parlamentari del M5S ha la certezza che non verrà più rieletto, data l’impossibilità di replicare il 33% dei consensi del 2018, e quindi è preferibile tenersi il più a lungo possibile la poltrona e il lauto stipendio. 
Ecco perché la definisco una “dittatura sanitaria”, che si sposa con la “dittatura finanziaria” e la “dittatura informatica”, che vede partecipi la grande finanza speculativa, politici, medici e giornalisti favorevoli al Nuovo Ordine Mondiale. Dobbiamo essere consapevoli della realtà e mobilitarci civilmente per riscattare lo stato di diritto, la democrazia sostanziale, la sovranità nazionale, la nostra civiltà. Andiamo avanti forti di verità e con il coraggio della libertà. Insieme ce la faremo.

3242.- IL CINISMO E IL DISPREZZO PER IL POPOLO ACCOMPAGNANO LA TENDENZA DEI DEBOLI ALL’AUTORITARISMO

Elisabetta Casellati ha annunciato che martedì in Senato si voterà sulla proroga dello Stato d’emergenza “preventiva”. Di cosa parliamo?

La XII disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana vieta la riorganizzazione del Partito Nazionale Fascista. Pur essendo inserita tra le disposizioni transitorie e finali, ha carattere permanente e valore giuridico pari a quello delle altre norme della Costituzione. La dittatura fascista si instaurò con l’assunzione dei pieni poteri da parte del quadrunvirato del Fascismo, presieduto sempre e comunque da Mussolini.

Concettualmente, ciò che Giuseppe Conte sta realizzando dal 31 gennaio e che vuole continuare a realizzare a tempo indeterminato. È di tutta evidenza che la trasformazione dell’epidemia SARS-COV-2 in pandemia ha dato il modo, peraltro, molto discutibile, a Conte di attribuirsi pieni poteri, ovviamente con la benevola tolleranza di Sergio Mattarella, aspirante interessato ad un secondo mandato, benché incostituzionale. Posto che Conte non è certamente un Duce, viene da chiedersi per conto di chi? Ma, anzitutto, cosa significano “i pieni poteri”? Sinteticamente, significa attribuire il potere legislativo a chi già detiene quello esecutivo, tralasciando la Magistratura che è una funzione, attualmente in situazione equivoca. È ciò che, al gioco delle tre carte, sta realizzando Conte da gennaio con i suoi Dpcm: 15, 5 dei quali divenuti decreti-legge. Sulla congruità dello ‘strumento’ Dpcm, apparentemente utilizzato da Conte per gestire l’emergenza coronavirus, è necessario un chiarimento. Con il decreto-legge del 25 marzo, di fatto, Conte – per inciso, mai votato da nessuno – ha creato le basi per alcuni successivi Dpcm. Una procedura nuova e anticostituzionale, poiché, con un decreto d’urgenza, il consiglio dei ministri conferisce al suo presidente poteri straordinari esercitati poi in modo tale da investire i diritti costituzionali dei cittadini. Accenno semplicemente al fatto che le ultime competizioni elettorali hanno evidenziato un grave vulnus nella rappresentatività del Parlamento rispetto al voto dei cittadini: fatto che chiamerebbe il Presidente della Repubblica a scioglierlo e ad indire nuove elezioni. Qui, non solamente è stato chiuso il Parlamento, che resta aperto anche in guerra, ma la Pubblica Amministrazione è stata messa nella condizione di non potere esercitare “quel minimo di autonoma valutazione dei provvedimenti amministrativi del presidente del consiglio che le avrebbe imposto di rilevarne l’illegittimità”. È da marcare come questa anomalia furbesca non abbia condotto a risultanti che potessero, almeno in parte, giustificarla. Nei fatti, da un lato, abbiamo un Parlamento, dove è emerso che un partito, al quale già dobbiamo l’elezione di questo Presidente della Repubblica, siede al governo e domina, attraverso la Magistratura non autonoma e indipendente, in ogni apparato dello Stato, distribuendo le cariche e esercitando così il potere; dall’altro, il governo, dichiarando e cavalcando uno stato di “emergenza preventiva” compie continui tentativi e assume provvedimenti volti a sopprimere i diritti costituzionali dei cittadini. Lo Stato di emergenza non è stato inserito in Costituzione perché non deve ledere i diritti costituzionali. L’emergenza “preventiva”, inoltre, è una contraddizione in termini. O c’è l’emergenza o non c’è. E, attualmente non c’è, come non c’era il 31 gennaio. Consentitemi di fare notare alla Presidentessa del Senato, che ha annunciato di voler sottoporre al voto la proroga dello stato di emergenza, che i diritti del popolo sovrano non sono nella disponibilità del Senato, né del Parlamento in seduta comune, tanto meno del governo o del suo mentore, del quale non ho letto la messa in stato d’accusa per non stare garantendo la separazione dei poteri e non avere sciolto il C.S.M., che sicuramente non può e non deve funzionare sotto una direzione politica. Il caos dilaga nella Repubblica. Dopo l’eversione del C.S.M., indirizzato dal PD, a favore dell’Ue e del Nuovo Ordine Mondiale, siamo giunti alla gestione cinica di una epidemia lasciata evolvere in pandemia, fino alla soppressione dei diritti e, quindi, dei principi costituzionali.