Archivi categoria: Politica estera – Somalia

6151.- Il Piano Mattei si chiamerà Mustafà Kemal Ataturk.

Mentre a Bruxelles e a Parigi qualche cerebroleso blatera di guerra, mentre gli italiani si stracciano le vesti per i poveracci di Gaza e la politica estera italiana si spende per l’Ucraina, per metà già acquistata dalle multinazionali USA, l’unico vero statista occidentale, Recep Tayyip Erdoğan, sta creando in Africa e nei Balcani un’area di influenza che gli consentirà di farci marciare dietro alla sua fanfara.

La Turchia allunga i suoi tentacoli sul Corno d’Africa

Da Pagine esteri, di Marco Santopadre, 23 Feb 2024

La Turchia allunga i suoi tentacoli sul Corno d’Africa

Pagine Esteri, 23 febbraio 2024 – Non sono soltanto gli Stati Uniti ad aver in parte approfittato dello scompiglio e dall’allarme suscitati nel Corno d’Africa dallarichiesta etiope di uno sbocco al mare, perso all’inizio degli anni ’90 con l’indipendenza dell’Eritrea.

Anche la Turchia, uno dei paesi più influenti nel continente africano, sta rafforzando la sua presenza militare nel Corno d’Africa offrendosi come alleato militare e garante dei confini e dello status della Somalia e di Gibuti.

L’accordo tra Etiopia e Somaliland genera allarme 
I due paesi hanno reagito con estrema preoccupazione all’intesa siglata a gennaio tra il governo di Addis Abeba e quello del Somaliland, uno stato somalo che da decenni è di fatto indipendente da Mogadiscio, che consente lo sfruttamento di un porto e di una base militare sulle coste del Golfo di Aden.

In base all’accordo, all’Etiopia verranno concessi 20 km di costa del Somaliland per almeno 50 anni e la costruzione di una base militare, in cambio della concessione ad Hargheisa di una quota della compagnia di bandiera etiope Ethiopian Airlines e del riconoscimento, da parte di Addis Abeba, dell’indipendenza del Somaliland.

Con Gibuti e Somalia, negli ultimi giorni, Ankara ha siglato due importanti accordi di cooperazione militare, schierandosi esplicitamente contro le rivendicazioni etiopi e ottenendo così un ruolo di maggiore spicco nel controllo del Mar Rosso.

Anche l’Egitto si è immediatamente schierato al fianco della Somalia, considerando nullo l’accordo tra Somaliland ed Etiopia (paese con cui il Cairo ha un contenzioso sullo sfruttamento delle acque del Nilo) e respingendo ogni «ingerenza negli affari interni della Somalia» e qualsiasi tentativo «di minare la sua integrità territoriale».

Truppe somale addestrate in Turchia

La Turchia sfrutta la debolezza della Somalia
Nei giorni scorsi, quasi all’unanimità, il parlamento federale della Somalia ha ratificato un accordo di difesa e sicurezza sottoscritto dal governo di Mogadiscio con la Turchia l’8 febbraio. Formalmente il documento mira a «rafforzare le relazioni bilaterali e la stabilità della regione, nonché a combattere il terrorismo e la pesca illegale». «La Somalia avrà ora un vero alleato, un amico e un fratello sulla scena internazionale» ha commentato con toni trionfalistici il primo ministro somalo Hamza Abdi Barre.

In base all’accordo, che avrà una durata di dieci anni, la Turchia fornirà addestramento e attrezzature alla Marina somala – al momento quasi inesistente – per consentire a Mogadiscio di proteggere le sue risorse marine e le acque territoriali da minacce come il terrorismo, la pirateria e le “interferenze straniere”. In cambio la Turchia riceverà il 30% delle entrate provenienti dalla Zona economica esclusiva somala, nota per le sue abbondanti risorse marine, e Ankara avrà un’autorità completa sulla gestione e sulla difesa delle acque della Somalia.

Già nel 2016 Somalia e Turchia avevano firmato un memorandum d’intesa sulla cooperazione energetica e mineraria poco dopo l’autorizzazione concessa da Mogadiscio alle compagnie turche ad effettuare operazioni di perforazione ed esplorazione petrolifera al largo delle sue coste. Nel 2017, poi, la Turchia ha aperto un’importante struttura militare di addestramento a Mogadiscio, Camp Turksom, dove ogni anno 200 consiglieri militari turchi addestrano ogni anno centinaia di soldati somali impegnati nel contrasto alle milizie jihadiste.

Il nuovo accordo consentirà ora alla Turchia, la cui la marina già pattuglia da quattordici anni il Golfo di Aden, di schierare le proprie navi da guerra in uno dei quadranti geopolitici più importanti del pianeta.

Gibuti non vuol perdere il monopolio del commercio etiope
E ora, dopo la Somalia, anche il piccolo ma strategico stato di Gibuti ha deciso di serrare i ranghi della cooperazione militare con la Turchia. Nel corso di una cerimonia che si è svolta lunedì ad Ankara, il ministro della Difesa turco, Yasar Guler, e l’omologo gibutino Hassan Omar Mohamed hanno firmato tre accordi relativi all’addestramento militare e alla cooperazione finanziaria. All’incontro ha partecipato anche il comandante delle forze terrestri turche, generale Selcuk Bayraktaroglu.

Nel giugno del 2022, il governo di Erdogan ha già consegnato a Gibuti droni armati Bayraktar TB2. Con una popolazione di meno di un milione di abitanti, il piccolo Paese del Corno d’Africa è un partner strategico per Ankara nel Corno d’Africa, grazie alla sua posizione lungo il Golfo di Aden e il Mar Rosso, vitali per il commercio e la sicurezza globali.

Finora dai porti di Gibuti passa l’85% dell’import/export dell’Etiopia, ma se Addis Abeba ottenesse effettivamente uno sbocco sul mare le merci provenienti o dirette in Etiopia passerebbero dal porto di Barbera, in Somaliland, causando un forte danno economico al piccolo stato. Pagine Esteri

4592.- Le ultime cose turche della Turchia in Africa

Altro che Trattato del Quirinale! Altro che esercito europeo! Di Erdogan, ce n’è Uno!

Turchia Africa

di Giuseppe Gagliano. Start Magazine. Aggiornato il 4 dicembre 2021.

Il 17 e il 18 dicembre si svolgerà il terzo vertice Turchia-Africa. Ecco di cosa si parlerà

Tra il 17 e il 18 dicembre si svolgerà il terzo vertice Turchia-Africa, nel quale non solo si discuterà della lotta comune contro il terrorismo, della crisi libica e di quella somala ma anche della situazione di diffusa instabilità politica in Mali, nella Guinea e in Sudan.

È evidente che questo vertice non farà altro che rafforzare la penetrazione turca in Africa.

Infatti nel giro di pochi anni infatti la Turchia ha siglato accordi bilaterali con il Burkina Faso e con il Niger. Ora tocca al Togo.

E mentre i giornali italiani e di oltre Alpe commentano con favore il trattato italo-francese, la Turchia non solo addestra in Somalia – ex zona di influenza italiana – uomini dell’esercito nazionale ma ha stabilito anche una infrastruttura militare a Mogadiscio nel 2017.

È talmente profonda la penetrazione della Turchia in Africa che nel 2018 la Turchia ha dato 5 milioni di dollari alla forze antiterrorismo del G5 del Sahel con profondo e comprensibile disappunto da parte della Francia.

E che dire del fatto che proprio ad ottobre il presidente turco ha ricevuto con tutti gli onori sia il presidente nigeriano Muhammadu Buhari che quello ciadiano Mahamat Idriss Déby Itno?

In poco meno di vent’anni vent’anni, gli scambi tra la Turchia e l’Africa sono arrivati a 25,3 miliardi di dollari. Ecco come e dove.

Il punto di Giuseppe Gagliano

È indiscutibile la proiezione di potenza economica e militare della Turchia in Africa, per quanto non sia certo paragonabile a quella cinese.

In Algeria vi sono 1300 aziende turche attive, tra le altre, nell’industria siderurgica (gruppo Tosyali), tessile (Tayal), nei prodotti per l’igiene (Hayat Kimya), nell’energia (accordo tra Botas e Sonatrach).

Insomma, in poco meno di vent’anni vent’anni, la Turchia ha un volume di scambi con l’Africa che arrivava a 5,4 miliardi di dollari nel 2003, ora ammonta a 25,3 miliardi di dollari. Questo è poco rispetto ai 180 miliardi di scambi cinesi con l’Africa, ma i progressi sono costanti. Nello stesso periodo, le esportazioni di Ankara verso il continente sono aumentate da 2 a 15 miliardi di dollari e le sue importazioni da 3 a 10 miliardi di dollari. Questi dati riguardano principalmente i prodotti grezzi (idrocarburi, prodotti alimentari e minerari).

Insomma, la Turchia, la diciassettesima più grande potenza economica del mondo, intende costruirsi una sfera di influenza sul mercato africano. È indubbio tuttavia tre difficoltà economiche della Turchia sono accentuate ma certamente contribuiranno a rallentare, seppure in modo temporaneo, la politica di proiezione di potenza economica.

Vi sono certo diverse ragioni che hanno consentito alla Turchia un successo rilevante in Africa e cioè le capacità in ambito commerciale, l’alta qualità dei prodotti venduti, il rapporto tra il prezzo e il prodotto che viene venduto e infine la rapidità con la quale i prodotti raggiungono i mercati africani. Proprio grazie a queste capacità la Turchia inizialmente presente in Etiopia, Somalia il Sudan si sta espandendo all’Africa occidentale e all’Africa meridionale. La Turchia si sta accorgendo il ruolo sempre più rilevante che la Nigeria e l’Angola possono svolgere per la sua economia.

Se poi guardiamo i dati con altri paesi dell’Africa vediamo che vi sono degli incrementi notevolissimi. Costa d’Avorio: 630 milioni di dollari nel 2020 (+67% in due anni). Ruanda: 81 milioni di dollari (rispetto ai 35 milioni di dollari nel 2019). Burkina Faso: 72 milioni di dollari per i primi nove mesi del 2021 (+65% rispetto al 2020).

Tuttavia il Sudafrica rimane un caso a sé: è un mercato infatti di difficile accesso per la Turchia, e non a caso la Turchia ha infatti un deficit commerciale di bene 300 milioni di dollari. Questo dipende anche dal fatto che le esportazioni cemento sono limitate e quindi ostacolano la crescita delle imprese edilizie, nonostante il fatto che in questo settore la Turchia abbia una vera e propria leadership. A questo proposito le imprese più note e che si sono consolidate in Africa sono Limak, Rönesans, Mapa, Summa o Yenigün. Pensiamo anche all’edilizia religiosa come le mosche come quelle costruite in Sudan, Gibuti e Bamako o a quella di Accra, dove è stata costruita una replica della Moschea Blu di Istanbul.

Accanto al settore edilizio non possiamo dimenticare quello delle infrastrutture aeroportuali, come la TAV in Tunisia (Monastir e Hammamet), l’ aeroporto di Blaise-Diagne Albayrak o quelle portuali come quella del porto di Mogadiscio e parte di quello di Conakry.

Ma anche le centrali elettriche sono un investimento importante: pensiamo a quelli del Senegal, in Ruanda o in Gabon. Alla Guinea-Bissau fornisce il 100 % di energia elettrica, l’80% alla Sierra Leone e il 15% al Senegal.

Ma non c’è dubbio che uno dei settori emergenti delle esportazioni turche sia quello della difesa: Tunisia, Marocco, Etiopia e presto Niger, sono tra gli acquirenti di droni; il Burkina Faso, che ha già acquisito veicoli Cobra da Otokar, ha ordinato attrezzature di sminamento dalla società pubblica Afsat; il Kenya riceverà carri armati Hizir dalla società privata Katmerciler, nel 2022.

Ma come dimenticare infine la compagnia aerea turca, e cioè la Turkish Airlines, che organizza trentacinque voli settimanali con l’Algeria, sette con la Costa d’Avorio, il Gabon o il Burkina Faso, cinque con il Sudafrica.