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3273.- Gli sbarchi fantasma dei migranti dalla Tunisia

La procura di Agrigento avrebbe aperto alcune inchieste sul fenomeno degli «sbarchi fantasma», ovvero migliaia di persone, quasi tutte tunisine, che in piena notte o all’alba sbarcano da barche in legno o piccoli pescherecci e fanno perdere le loro tracce, nell’agrigentino, a Lampedusa e Linosa. Di almeno la metà si sono perse le tracce.

Secondo il procuratore titolare dell’inchiesta, tra questi migranti ci potrebbero essere persone legate al terrorismo internazionale, migranti in passato già espulsi dall’Italia o addirittura delinquenti liberati con l’amnistia dalle carceri tunisine. Sembra che durante il viaggio i migranti siano aiutati anche da «navi madri» che facilitano l’approdo in spiagge poco accessibili, prima di raggiungere in alcuni casi dei «basisti» a terra, pronti a trasferirli in altri luoghi. Alla luce delle inchieste avviate in Italia negli ultimi mesi e delle operazioni di salvataggio che l’UE ha messo in atto nel Mediterraneo, può la Commissione chiarire se è a conoscenza di questi «sbarchi fantasma» sulle coste italiane e se intende rapportarsi con la Tunisia al fine di evitare le partenze di immigrati irregolari?

Il Paese nordafricano, per chi viene dall’Africa sub-sahariana, è considerato più sicuro della Libia e consente un passaggio più facile: i porti clandestini lungo la costa sono numerosi e la polizia non riesce a pattugliarli tutti

Nella distribuzione delle domande per Paese di provenienza del lavoratore, ai primi posti risultano il Marocco, l’Ucraina e il Bangladesh per il lavoro domestico e di assistenza alla persona; l’Albania, il Marocco e India per l’agricoltura e l’allevamento. La Lombardia è prima per le richieste presentate per il lavoro domestico e di assistenza alla persona e la Campania per quello agricolo. Foto – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Migranti-Viminale-oltre-80-mila-domande-di-regolarizzazione-49eb7c9c-4f23-4412-96ec-eb91932069c3.htmlSandro CATANESE / AFP

La paura del coronavirus covid-19 non ha mai veramente fermato gli sbarchi e, anche se i numeri non sono paragonabili a quelli del biennio 2016-2017, sulle coste italiane continuano ad arrivare persone dal Nord Africa.

Negli ultimi giorni, anche a causa del clima favorevole, gli arrivi si sono intensificati; un dettaglio, però, mostra un cambiamento delle rotte della migrazione: nelle ultime 48 ore la maggior parte dei barconi è partita dalla Tunisia e non dalla Libia.

Lunedì, in poche ore, due imbarcazioni sono arrivate in Sardegna, dove gli sbarchi sono sempre stati minimi. Il primo è stato bloccato dalla Guardia di Finanza e condotto al porto di Cagliari. A bordo c’erano 12 uomini di nazionalità algerina.

Il secondo è arrivato nel pomeriggio con 11 persone, salvate al largo di Sant’Antioco.

I migranti hanno raccontato di esser partiti da un porto vicino a Biserta, all’estremità settentrionale della Tunisia, uno dei nuovi punti d’imbarco clandestini del Paese. E da lì la rotta verso la Sardegna è una linea retta verso nord, dall’altro lato del Mediterraneo.

Gli indizi che qualcosa stia cambiando sono apparsi già domenica 24, quando in Sicilia in una sola giornata si sono contati sette sbarchi. Il più numeroso a Palma di Montechiaro, dove sono arrivati circa 400 migranti. Il numero esatto non è stato chiarito, ma la polizia ha individuato solo una settantina di uomini, che sono stati condotti a Porto Empedocle per le prime visite mediche.

Non è chiaro quanti davvero fossero a bordo del peschereccio di 12 metri, recuperato poi a Cala Vicinzina incagliato tra le rocce, ma l’imbarcazione, secondo le autorità, non poteva contenere più di un’ottantina di persone.

Anche i migranti arrivati in Sicilia hanno detto di essere partiti dalla Tunisia, da Monastir in particolare, città costiera della parte meridionale del Paese. E le rotte marittime lo confermano. La zona di Agrigento, infatti, è il primo punto di terraferma che s’incontra lungo quel corridoio.

«La situazione delle partenze clandestine qui sta diventando un grosso problema», racconta un’attivista della Maison du droit et des migrations, associazione tunisina che si sta occupando dei migranti interni.

«Sono aumentate negli ultimi giorni in maniera esponenziale ma non sempre si riesce a bloccarli, anche perché i punti di partenza sono clandestini e i porti lungo la costa sono innumerevoli, sarebbe impossibile pattugliarli tutti».

Il portavoce della Guardia Nazionale, Houssem Eddine Jebabli ha riferito che  le unità della Guardia marittima di Sfax, di Nabeul e di Biserta negli ultimi due giorni, hanno bloccato 4 tentativi partenze irregolari.

A Sfax, 90 persone di diverse nazionalità africane sono state bloccate mentre erano  già quasi a bordo. Nella stessa giornata, la Guardia Nazionale di Biserta ha fermato 15 persone, lo stesso anche nella capitale Tunisi, dove è stata contrastata un’operazione di migrazione irregolare e 7 persone, tra cui una ricercata dalle autorità, sono state arrestate.

Dalla Tunisia, dall’anno scorso, flotte di barchini navigano verso la Sicilia, con a bordo numeri sempre più cospicui di migranti, non solo tunisini, ma anche dall’Africa subsahariana e dalla Siria, invertendo il trend migratorio dalla Libia, fermato grazie agli accordi fra Roma e Tripoli.

Ma perché proprio la Tunisia? In Libia la situazione di guerra rende ogni movimento più complesso. La Tunisia è molto più stabile dal punto di vista politico, anche se alle prese con problemi interni, legati alla crisi economica e alla mancanza di lavoro. Problemi che spesso causano, appunto, le partenze.

Seppur fragile, il piccolo paese nordafricano è considerato meno pericoloso di altri, diventando quindi meta delle migrazioni dall’Africa sub-sahariana. Migranti dal Ciad, Niger, Mali, e dalla Mauritania hanno scelto di attraversare il deserto cercando di evitare la zona meridionale della Libia, in mano a milizie legate ad Aqmi (Al qaeda del Maghreb) all’Isis, o a Boko Haram.

Nelle prossime settimane potrebbero arrivare sulle coste italiane altri migranti provenienti dalla Tunisia, cui si aggiungono in ogni caso le partenze dalla Libia.

Ieri la Guardia costiera libica ha riportato a Tripoli 315 rifugiati e migranti dopo averli intercettati e soccorsi in mare a bordo di diverse imbarcazioni.

Il portavoce dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni, Safa Msehli, ha detto di essere molto preoccupato per la diminuzione della capacità di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale.

Intanto, Alarm Phone, il centralino che raccoglie le richieste d’aiuto dalle barche, continua imperterrita a contestare che i migranti, contro la loro volontà, vengano riportati in un Paese in guerra.

1912.-“Jacques Attali, l’eminenza grigia che guadagna milioni con le ONG”. Da Ilaria Bifarini

Queste figure sataniche possono prosperare se hanno importanti connivenze.

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ONG, finanza e migranti. Il caso Jacques Attali

Conosciuto come l’eminenza grigia della politica francese dai tempi di Mitterand e noto per il suo ultraeuropeismo, Jacques Attali è l’uomo che ha scoperto Macron, presentandolo al presidente Hollande del quale è diventato consigliere.

A lui viene attribuita la paternità di una frase molto esplicativa sul sentimento elitarista : “Ma cosa crede, la plebaglia europea: che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità?”.

Meno nota è invece un’altra affermazione dell’illustre economista, professore, finanziere e a lungo consigliere di fiducia dell’Eliseo: “La forma di egoismo più intelligente è l’altruismo”.

La filantropia, questo vezzo umanitarista che sembra contagiare gli uomini di maggiore successo, non ha risparmiato Jacques Attali, che nel 1998 fonda l’associazione no profit Planet Finance.

Certo, il nome tradisce un po’ da subito quello che dovrebbe essere il fine umanitario di questa organizzazione che opera in 60 Paesi e offre servizi e consulenze di tipo finanziario, microfinanza per l’esattezza.

Finita nell’occhio del ciclone per il trattamento economico “schiavistico” riservato agli stagisti cui si richiedevano requisiti di prim’ordine, la società cambia nome e diventa Positive Planet, evocando nel nome la positività del modello economico di cui si fa portatrice.

Tra i suoi obiettivi ci sono “l’inclusione economica, sociale e ambientale in tutto il mondo in modo sostenibile ed equo.” Come? Rendendo possibile l’accesso ai servizi finanziari da parte dei Paesi più poveri.

La sua mission è infatti quella di “combattere la povertà attraverso lo sviluppo della microfinanza.” Per realizzarla si serve di otto unità specializzate, compresa un’agenzia di rating di microfinanza.

L’organizzazione è così efficiente da aver ricevuto un premio per l’80a migliore ONG del mondo secondo il Global Journal nel 2013. Nello stesso anno ha realizzato un fatturato (chiffre d’affaires) di 2 251 000,00 €.

Gli organi societari annoverano nomi di grande peso sul piano politico ed economico mondiale.

Da Jacques Delors al ministro degli Affari esteri dell’Oman, passando per partner di colossi della consulenza come Ernst & Young e Bain, fino al presidente di Microsoft International.

Dulcis in fundo, il cofondatore di questa ramificatissima Ong è il bengalese Muhammad Yunus, il padre del microcredito moderno.

Grazie all’appoggio di illustri sostenitori, come i Clinton e Bill Gates e con il sostegno della stessa Banca mondiale, nei primi anni Ottanta creò in Bangladesh la Grameen Bank, un istituto finanziario che concedeva denaro alle persone più indigenti, impossibilitate ad avere accesso al credito.

Come già riscontrato in uno studio condotto sulla Cambogia, in cui analizzando la frequenza e le modalità di emigrazione della popolazione è emersa una correlazione diretta tra espansione del microcredito e aumento dei flussi migratori verso l’estero, anche qui i prestiti concessi si tramutarono in un incentivo all’emigrazione per la popolazione locale.

Il Bangladesh è infatti paese di origine di circa un decimo dei migranti che ogni anno arrivano in Italia (oltre 10 mila nel solo 2017).

Ed è proprio qui che è nato il business dei cosiddetti “migration loans”, i prestiti per finanziare i viaggi dei migranti, gestiti dalla BRAC (Bangladesh Rural Advancement Commitee), leader nel settore e la più grande ONG al mondo, che opera anche in Asia e in Africa (Leggi anche Microcredito e migrazioni di massa: la finanziarizzazione della disperazione).

Una commistione molto fruttuosa quella tra ONG, migranti e finanza, un vaso di Pandora ancora da scoperchiare del tutto e che ci riserverà incredibili sorprese. Fonte Bocconiana (bella e )redenta. Potete trovare tutta l’inchiesta sul libro: I coloni dell’Austerity: Africa, neoliberismo e migrazioni di massa.

ONG, finanza e migranti. Il caso Jacques Attali

Conosciuto come l’eminenza grigia della politica francese dai tempi di Mitterand e noto per il suo ultraeuropeismo, Jacques Attali è l’uomo che ha scoperto Macron, presentandolo al presidente Hollande del quale è diventato consigliere.

A lui viene attribuita la paternità di una frase molto esplicativa sul sentimento elitarista : “Ma cosa crede, la plebaglia europea: che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità?”.

Meno nota è invece un’altra affermazione dell’illustre economista, professore, finanziere e a lungo consigliere di fiducia dell’Eliseo: “La forma di egoismo più intelligente è l’altruismo”.

La filantropia, questo vezzo umanitarista che sembra contagiare gli uomini di maggiore successo, non ha risparmiato Jacques Attali, che nel 1998 fonda l’associazione no profit Planet Finance.

Certo, il nome tradisce un po’ da subito quello che dovrebbe essere il fine umanitario di questa organizzazione che opera in 60 Paesi e offre servizi e consulenze di tipo finanziario, microfinanza per l’esattezza.

Finita nell’occhio del ciclone per il trattamento economico “schiavistico” riservato agli stagisti cui si richiedevano requisiti di prim’ordine, la società cambia nome e diventa Positive Planet, evocando nel nome la positività del modello economico di cui si fa portatrice.

Tra i suoi obiettivi ci sono “l’inclusione economica, sociale e ambientale in tutto il mondo in modo sostenibile ed equo.” Come? Rendendo possibile l’accesso ai servizi finanziari da parte dei Paesi più poveri.

La sua mission è infatti quella di “combattere la povertà attraverso lo sviluppo della microfinanza.” Per realizzarla si serve di otto unità specializzate, compresa un’agenzia di rating di microfinanza.

L’organizzazione è così efficiente da aver ricevuto un premio per l’80a migliore ONG del mondo secondo il Global Journal nel 2013. Nello stesso anno ha realizzato un fatturato (chiffre d’affaires) di 2 251 000,00 €.

Gli organi societari annoverano nomi di grande peso sul piano politico ed economico mondiale.

Da Jacques Delors al ministro degli Affari esteri dell’Oman, passando per partner di colossi della consulenza come Ernst & Young e Bain, fino al presidente di Microsoft International.

Dulcis in fundo, il cofondatore di questa ramificatissima Ong è il bengalese Muhammad Yunus, il padre del microcredito moderno (ovvero di un sistema di piccoli prestiti destinati ad imprenditori troppo poveri per ottenere credito dai circuiti bancari tradizionali.ndr).

Grazie all’appoggio di illustri sostenitori, come i Clinton e Bill Gates e con il sostegno della stessa Banca mondiale, nei primi anni Ottanta creò in Bangladesh la Grameen Bank, un istituto finanziario che concedeva denaro alle persone più indigenti, impossibilitate ad avere accesso al credito.

Come già riscontrato in uno studio condotto sulla Cambogia, in cui analizzando la frequenza e le modalità di emigrazione della popolazione è emersa una correlazione diretta tra espansione del microcredito e aumento dei flussi migratori verso l’estero, anche qui i prestiti concessi si tramutarono in un incentivo all’emigrazione per la popolazione locale.

Il Bangladesh è infatti paese di origine di circa un decimo dei migranti che ogni anno arrivano in Italia (oltre 10 mila nel solo 2017).

Ed è proprio qui che è nato il business dei cosiddetti “migration loans”, i prestiti per finanziare i viaggi dei migranti, gestiti dalla BRAC (Bangladesh Rural Advancement Commitee), leader nel settore e la più grande ONG al mondo, che opera anche in Asia e in Africa.

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Una commistione molto fruttuosa quella tra ONG, migranti e finanza, un vaso di Pandora ancora da scoperchiare del tutto e che ci riserverà incredibili sorprese. Fonte Bocconiana redentaPotete trovare tutta l’inchiesta sul libro: I coloni dell’Austerity: Africa, neoliberismo e migrazioni di massa.
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