Il magistrato Carlo Nordio sull’indagine contro Salvini: “L’idea che le Procure possano intervenire nelle scelte migratorie è non solo bizzarra, ma irrazionale e ingestibile”
Il magistrato Carlo Nordico, serio, rigoroso e indipendente, come sempre.
Leggiamo il puntuale e caustico giudizio di Carlo Nordio sulla indagine pubblicizzata e, perciò, esibizionistica del PM Luigi Patronaggio della Procura di Agrigento e di Magistratura Democratica. Nordio parla, con la dovuta cautela, di esibizionismo imprudente; ma, considerando l’evidenza dello scopo politico perseguito, ravviserei, con Alemanno, un “attentato contro i diritti politici del cittadino”. Vi ho aggiunto il testo e alcune brevi spiegazioni degli articoli del Codice Penale su cui questo giudice ha basato la sua iniziativa e un cenno di due articoli della direttiva europea 2008/115/CE sui rimpatri che, assolutamente, non è stata violata dal Governo
Carlo Nordio, qui intervistato ieri da Claudio Cartaldo di Giornale.it, è il magistrato che negli anni ’80, solo per citare un caso, condusse le indagini sulle Brigate rosse venete e sui sequestri di persona.
Di toghe e politica se ne intende, visto che negli anni ‘90 dovette pure interessarsi anche di Tangentopoli. Bene. Oggi Nordio firma un editoriale sul Messaggero che in qualche modo “smonta” l’indagine aperta dal pm Luigi Patronaggio contro Matteo Salvini.
Andiamo con ordine e, per quanto possibile, lasciamo che sia lo stesso ex magistrato a parlare. Innanzitutto Nordio fa notare che l’iscrizione nel registro degli indagati del ministro dell’Interno sarebbe arrivata dopo la deposizione dei funzionari del Viminale ascoltati a Roma dal procuratore di Agrigento. “La prima osservazione – scrive l’ex magistrato sul Messaggero – è che questi verbali dovrebbero essere segreti, come segreta dovrebbe essere tutta l’indagine”.
MIA NOTA 1:
L’art. 329 c.p.p. stabilisce, infatti, che gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato (o l’indagato) non ne possa avere conoscenza.
Ma passiamo oltre. E entriamo nel merito della accuse rivolte a Salvini, indagato per sequestro di persona, arresto illegale e abuso di ufficio.
Secondo quanto emerso in queste ore, pare che la decisione di non far sbarcare i migranti sia arrivata da Salvini tramite telefono. Dunque mancherebbe un atto formale e scritto. “In assenza di un documento ufficiale – spiega allora Nordio – è quasi impossibile ricostruire la decisione ministeriale, il suo contenuto e il suo iter formativo. Poi è difficile capire se il porto di Catania sia stato individuato come porto di solo transito, o come porto sicuro, o cosa altro”.
Sui reati contestati, Nordio fa un ragionamento punto per punto. “L’arresto illegale necessita che vi sia un coefficiente di volontarietà nell’atto, che non deve essere conseguenza di fatti esterni, com ad esempio la fuga del sequestrato. – scrive sul Messaggero – presuppone, appunto, un arresto in senso tecnico, e qui pare invece che non sia stato arrestato nessuno”. Dunque, è già “smontata” la prima ipotesi di reato.
MIA NOTA 2: TESTO E COMMENTO INSIEME
Art. 606 Codice penale – arresto illegale
Il pubblico ufficiale che procede ad un arresto, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni [323], è punito con la reclusione fino a tre anni (1.La libertà personale rappresenta un diritto inviolabile ai sensi dell’articolo 13 della Costituzione. La limitazione della libertà personale si realizza mettendo il soggetto passivo a disposizione dell’autorità competente. Si vuole garantire anche l’interesse della P.A. ad uno svolgimento corretto delle proprie funzioni.)
Sul sequestro di persona, invece, l’ex magistrato dice che “se Catania era solo un porto di transito, il problema ovviamente non si pone. Se invece era quello di approdo, è valutazione discrezionale del Ministro decidere se uno sbarco sia compatibile con l’ordine pubblico”. Ecco perché per Nordio contestare al capo del Viminale il sequestro di persona è “un paradosso”.
MIA NOTA 3: TESTO E COMMENTO INSIEME
Art. 605 Codice penale – Sequestro di persona
Chiunque priva taluno della libertà personale (1. È sufficiente che la libertà personale venga limitata o comunque sia relativa, quindi, tale da non consentire un facile superamento degli ostacoli interposti.) è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni.
La pena è della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto è commesso:
1) in danno di un ascendente, di un discendente, o del coniuge (2.Circostanza aggravante incompatibile con quella ex art. 61, n. 11, che viene dunque assorbita dall’aggravante in esame alla luce del maggior disvalore del fatto: l’aver commesso il fatto in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali, pubbliche o private, ovvero presso strutture socio-educative.);
2) da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni.
Se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno di un minore, si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso in presenza di taluna delle circostanze di cui al secondo comma, ovvero in danno di minore di anni quattordici o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all’estero, si applica la pena della reclusione da tre a quindici anni.
Se il colpevole cagiona la morte del minore sequestrato si applica la pena dell’ergastolo(3.La morte rappresenta un’aggravante oggettiva del delitto, che si esclude solo quando si tratti di evento eccezionale ed imprevedibile.).
Le pene previste dal terzo comma sono altresì diminuite fino alla metà nei confronti dell’imputato che si adopera concretamente:
1) affinchè il minore riacquisti la propria libertà(4.Necessita che vi sia un coefficiente di volontarietà nell’atto, che non deve essere conseguenza di fatti esterni, com ad esempio la fuga del sequestrato.);
2) per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura di uno o più autori di reati;
3) per evitare la commissione di ulteriori fatti di sequestro di minore.
La norma richiede il dolo generico, ovvero la coscienza e volontà di privare il soggetto passivo della libertà personale.
È prevista l’applicazione di circostanze aggravanti specifiche qualora il soggetto privato della libertà sia un ascendente, un discendente o il coniuge, o qualora il soggetto agente sia un pubblico ufficiale, se il fatto è commesso con abuso dei poteri.
Qualora il colpevole cagioni la morte del soggetto passivo minorenne si applica la pena dell’ergastolo.
La disposizione in esame disciplina inoltre l’applicazione di una circostanza attenuante specifica, da riconoscersi nei casi in cui vi sia ravvedimento operoso da parte dell’autore del delitto.
Affinchè la diminuente possa operare è però necessario un concreto aiuto nei confronti dell’autorità al fine di contrastare il delitto di sequestro. È di tutta evidenza che il Governo ha eseguito la direttiva europea sui rimpatri 2008/115/CE, debitamente ratificata nel 2011 e le successive, ricorrendo al previsto trattenimento (artt. 15-16) in apposita struttura, di norma un CPT, ma anche sulla nave militare che ha imbarcato i migranti.
Direttiva europea 2008/115/CE, CAPO IV
TRATTENIMENTO AI FINI DELL’ALLONTANAMENTO
Articolo 15
Trattenimento
1. Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare quando:
a)
sussiste un rischio di fuga o
b)
il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento.
Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.
Articolo 16 – Condizioni di trattenimento
1. Il trattenimento avviene di norma in appositi centri di permanenza temporanea. Qualora uno Stato membro non possa ospitare il cittadino di un paese terzo interessato in un apposito centro di permanenza temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, i cittadini di paesi terzi trattenuti sono tenuti separati dai detenuti ordinari.
Altrettanto, il Governo e il ministro Salvini in prima persona, si sono adoperati per non giungere al rimpatrio forzoso, attivando l’Unione europea e, dopo il rifiuto di questa, altri Governi terzi per un loro collocamento. Quest’ultima attività sembra che sia scaturita dalla volontà di dimostrare all’Unione europea la nostra determinazione e, forse, anche dalla indebita pressione della Magistratura, assolutamente mai responsabile delle proprie iniziative, nel silenzio di chi ha il compito di vigilarla.
Infine rimane l’abuso di ufficio. Ipotesi di reato che Nordio definisce “rete di protezione per eventuali derubricazioni delle ipotesi precedenti”. “Ma – spiega l’ex magistrato – è un reato così vago e fumoso che è ben difficile provarne la commissione, soprattutto in un’attività altamente discrezionale”.
MIA NOTA 4: TESTO E COMMENTO INSIEME
Art. 323 Codice penale – Abuso d’ufficio
Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato (1.La clausola di riserva fa soccombere la norma nel concorso apparente rispetto ai reati più gravi, a prescindere dal principio di specialita), il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio (2.Si tratta di un reato proprio, che può essere commesso tanto dal p.u. quanto dall’i.p.s., figura inserita dalla legge 26 aprile 1990, n.86, al fine di non lasciare impunita la condotta di distrazione di danaro o altra cosa mobile effettuata a vantaggio del privato da parte dell’incaricato di un pubblico servizio.) che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio (3.La condotta deve essere compiuta nello svolgimento delle funzioni o del servizio, non rileva dunque il compimento di atti in occasione dell’ufficio e il mero abuso di qualità, cioè l’agire al di fuori dell’esercizio della funzione o del servizio.), in violazione di norme di legge o di regolamento (4.La condotta del pubblico agente deve però integrare alternativamente la violazione di norme di legge o di regolamento. Quindi la rilevanza del comportamento è collegata ad un quid di immediata verificabilità: la contrarietà a regole scritte. Di conseguenza, in caso di abuso mediante omissione questa ricorrerà quando il comportamento omissivo violi un obbligo di fare.), ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale (5.Si da rilievo al complesso dei rapporti giuridici a carattere solo patrimoniale conseguenti all’atto antidoveroso dell’agente.) ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni (6.L’art. 1 della l. 6 novembre 2012, n. 190 ha comportato un aggravamento di pena, prima prevista nei limiti edittali di sei mesi e tre anni.).
La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità (7.Circostanza aggravante speciale ad effetto comune, connessa ad una rilevante gravità.).
L’ampia formula consente di ritenere oggetto del reato non solo i tipici provvedimenti amministrativi, bensì qualunque specie di atto o attività posta in essere dal funzionario. Una genericità che è difficile tradurre in un reato a proposito di un atto politico del ministro; piuttosto, potrei intravedere la fattispecie nell’iniziativa del magistrato. A questo proposito, il dolo intenzionale è escluso tutte le volte in cui l’evento tipico è una semplice conseguenza accessoria della condotta, diretta invece a perseguire in via primaria, l’obiettivo di un interesse pubblico di preminente rilievo
Ma non è solo una questione giuridica. Per Nordio qui occorre valutare anche un “aspetto politico”. L’ex magistrato critica Salvini per i “termini pittoreschi” che usa, ma l’ipotesi che debba dimettersi per l’iscrizione nel registro degli indagati è una “stupidaggine colossale”. Il motivo? “Poiché infatti l’iscrizione è automatica a seguito di una denuncia che non sia anonima – spiega Nordio – noi faremmo dipendere la sopravvivenza di un ministro, e magari di un governo e di una legislatura, non solo da un’eventuale iniziativa improvvida di un magistrato operoso, ma addirittura da quella, interessata, di un cittadino motivato”.
Ecco perché “l’idea che le Procure possano intervenire nelle scelte migratorie è non solo bizzarra, ma irrazionale e ingestibile”. Il motivo? Un politico può essere “sanzionato”, se sbaglia le scelte fatte, dal suo elettorato. Nessuno, invece, può intervenire sui pm che “non subiscono alcuna sanzione per eventuali scelte sbagliate”.
Infine, in un articolo pubblicato sempre da Nordio su ImolaOggi (qui di seguito), l’ex pm si rivolge direttamente a Patronaggio: “L’iniziativa del Pm di Agrigento – scrive – è certamente lodevole, tuttavia ci permettiamo di ricordargli, sempre in virtù della nostra anzianità, che i confini tra la solerte diligenza e l’esibizionismo imprudente sono sottili e incerti”.
MAGISTRATO NORDIO: LA POLITICA SUI MIGRANTI NON LA DECIDONO I PM
di Carlo Nordio
Può sembrare paradossale che una nave militare italiana venga tenuta sotto controllo dai carabinieri per evitare sbarchi indesiderabili. In realtà è un paradosso solo apparente, perché le ragioni di igiene, o di ordine pubblico, valgono anche per le forze armate. È appena il caso di ricordare che le decisioni, secondo i vari momenti e i vari allarmi, spettano ai ministri competenti e in particolare a quello dell’Interno.
Se però dai paradossi apparenti passiamo a quelli reali, c’è soltanto l’imbarazzo della scelta. Possiamo, per brevità, elencare i principali. Prima di tutto i rapporti con la magistratura. Il Procuratore della Repubblica di Agrigento, munito di mascherina e galosce protettive, è salito a bordo della “Diciotti” tra gli obiettivi delle televisioni.
A noi, magistrati di vecchio conio, il gesto ricorda quello di un pm di Milano che quarant’anni fa, durante un’operazione antirapina, esibì una pistola alla cintola, suscitando il panico tra gli addetti ai lavori visto che per l’ingresso in magistratura non è previsto l’esame di tiro a segno e spesso, tra gli inesperti, l’arma spara da sola. Ora, l’iniziativa del Pm di Agrigento è certamente lodevole, tuttavia ci permettiamo di ricordargli, sempre in virtù della nostra anzianità, che i confini tra la solerte diligenza e l’esibizionismo imprudente sono sottili e incerti.
Anche perché il magistrato non si è limitato a questa operazione che, secondo il codice, avrebbe potuto benissimo delegare alla Polizia giudiziaria, ma ha anche ipotizzato un’indagine per arresto illegale e addirittura per sequestro di persona. Una tesi ardita per entrambi i reati: il primo, infatti, scatta quando c’ è un arresto, e qui non risulta sia stato arrestato nessuno; il secondo si verifica quando la privazione della libertà personale è illegittima, altrimenti finirebbero sotto inchiesta anche i giudici che privano della libertà gli imputati mandandoli in galera. E in questo caso è ben difficile definire illegittima una decisione squisitamente politica, di competenza discrezionale del ministro.
A tacer del fatto che, proprio per questa ragione, se reato vi fosse, le indagini sarebbero di competenza del relativo tribunale a sensi dell’articolo 96 della Costituzione. Da ultimo, può suscitar perplessità che, a fronte di gravi e reiterate violazioni delle leggi vigenti sulla immigrazione, invece di individuare e processare scafisti e trafficanti, si ipotizzi l’incriminazione di un ministro per un atteggiamento, criticabile fin che si vuole, ma che fa parte di un accordo approvato dal Parlamento sovrano.
Ancora una volta, siamo di fronte al postino che morde il cane. Poi c’è stato l’intervento del presidente della Camera. Un intervento squisitamente politico, che si sovrappone in modo improprio alle prerogative del ministro, il quale se ne assume, appunto, la responsabilità politica. Fico si è giustificato invocando la libertà di parola e i principi umanitari. Sarà.
Ma di questo passo, se ognuno dice la sua, non si sgretola solo la maggioranza: si sgretolano il Paese e le sue istituzioni. In questa confusione c’è, infine, un convitato di pietra, che, come il marmoreo Commendatore del Don Giovanni può trascinare nell’abisso ministri, governo e anche la legislatura. Il Presidente Mattarella ha già contribuito a risolvere un caso analogo poco tempo fa. Un po’ per deferenza, un po’ per buona volontà, un po’ per quieto vivere, l’intervento è passato senza grosse polemiche, suscitando anzi un sollievo compiaciuto.
Ora però il caso è diverso. Il ministro Salvini, che certo non avrà dimenticato il precedente, ha già detto che stavolta non cederà. Il che significa che neanche la più serrata “moral suasion” potrebbe fargli cambiare idea. Naturalmente, poiché la politica è l’arte del possibile, può darsi che Salvini la cambi “in limine vitae”, per evitare cioè la morte del governo, e forse della legislatura. Ma potrebbe anche tener duro e, nel caso estremo, dimettersi.
Un’ipotesi che potrebbe esser favorita dalla tentazione di monetizzare l’enorme consenso di cui, almeno per ora, il ministro pare godere. Sono valutazioni complesse, di cui pensiamo, e speriamo, tengano conto tutti. Persino i magistrati.
Commissione Ue: “Migranti irreperibili? Italia poteva trattenerli”
La portavoce Tove Ernst: “Siamo stati chiari nel sottolineare che, quando serve, la detenzione può essere utilizzata per facilitare lʼidentificazione per impedire che spariscano”
I 50 migranti sbarcati dalla nave Diciotti che risultano irreperibili dopo il trasferimento nel centro di Rocca di Papa (Roma) “potevano essere trattenuti in centri di detenzione per evitarne la fuga”. Lo ha detto la portavoce della Commissione Ue per l’Immigrazione, Tove Ernst. “Siamo stati chiari nel sottolineare che, quando serve, la detenzione può essere utilizzata per facilitare l’identificazione dei migranti e per impedire che spariscano”, ha aggiunto.
La portavoce ha quindi precisato: “Abbiamo chiesto a tutti gli Stati membri, inclusa l’Italia, di fornire centri di accoglienza adeguati, che comprendano la detenzione. Quando si tratta di impedire che le persone si nascondano, è possibile trattenerle in detenzione, anche nel caso in cui abbiano ricevuto un ordine di rimpatrio o durante le procedure di asilo, al fine di condurle a termine. Abbiamo chiesto agli Stati membri di farlo, anche all’Italia”.