Archivio mensile:marzo 2021

3891.- Becchi e Zibordi, bomba sui giornali: “I DATI SUI MORTI COVID SONO FALSI!”

Intanto, Astra Zeneca: vietato in Germania sotto i 60 anni. Nella disperazione italiana tutto va bene

29 Marzo 2021, Michele Crudelini

di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi

400 e 500 morti Covid al giorno che tutti pensano siano dei morti in più del normale, sono fasulli. Sono usciti i dati settimanali di mortalità totale (per tutte le cause) rilevati dall’Osservatorio Europeo e l’indice per l’Italia è il più basso mai registrato in questo periodo dell’anno, anche rispetto agli anni come il 2019 o 2018, quindi anni pre- Covid.

In altre parole, il numero di morti totali, per tutte le cause e non solo per Covid, è ritornato nella media (anzi leggermente più basso del normale per questo periodo dell’anno). Si muore nel complesso di meno da almeno due mesi. Non c’è più nessuna emergenza.

Una panoramica tra Osservatorio europeo e Istat

Entriamo nel merito dei dati. L’Osservatorio Europeo fornisce il totale dei decessi settimanali per l’intera Europa, mentre per i singoli paesi fornisce una stima, indicando una deviazione statistica dalla media storica.

Per l’Italia Istat ha fornito all’Osservatorio europeo il numero totale di morti solo fino al 31 gennaio. I decessi totali del mese di gennaio 2021 sono 70,538, contro una media degli anni 2015-2019 di 68,324. Si tratta dunque di circa 2 mila decessi in più. I morti Covid di gennaio del Bollettino giornaliero sono però riportati come 12,527. Se si sottrae questo numero dai morti totali si ottiene 58,011 morti “non Covid”.

Dato che i morti totali del periodo precedente al Covid nella media indicata erano 68,324 se ne deve implicitamente concludere che ci sarebbe stato un calo di circa 10mila morti per altre patologie rispetto alla media degli anni 2015-2019.

C’è qualcosa che non va nei dati

Riassumiamo. Nel mese di gennaio c’è stato un aumento di mortalità totale di circa 2mila decessi rispetto agli anni “pre-Covid”, ma dato che i “morti Covid” del Bollettino giornaliero sono indicati a 12mila ci sarebbe stato un calo di circa 10mila morti per tumori, cuore e ogni altra patologia. Insomma, si muore tanto di Covid e molto poco di altre malattie. È realistico?

Arriviamo ora al mese di marzo, per il quale Istat non fornisce i morti totali, ma solo quelli Covid stimati a oltre 12mila (una media di circa 400 al giorno).

L’Osservatorio Europeo per l’Italia calcola l’indice di mortalità a -0,4, sotto la media e per questo periodo dell’anno non è mai successo che scendesse sotto lo 0.

Si vede qui sopra una linea rossa che è il valore atteso medio della mortalità sulla base dei dati degli ultimi anni e poi l’andamento settimanale di ogni anno in blu.

Da sottolineare: il valore medio della mortalità tipica della settimana è calcolato non solo sulla base del 2020 che è stato un anno ovviamente anomalo in marzo, ma sulla base degli ultimi anni che vengono estrapolati, come risulta dal grafico riportato.

In altre parole – lo ripetiamo – il confronto non è tra il 2021 e il 2020, ma tra il 2021 e un estrapolazione statistica della mortalità tipica di marzo in Italia basata su tutti gli anni passati e il loro trend medio.

I dati sulla mortalità in linea con la media degli anni passati

Il dato italiano dell’indice di mortalità risulta oggi nella media stagionale tipica del mese di marzo, anzi un po’ sotto, a differenza ad esempio di novembre e dicembre e di marzo e aprile 2020.

Di conseguenza è impossibile che ci siano 400 morti Covid al giorno, che sarebbero almeno 12mila morti Covid in un mese. Se fosse vero, allora per motivi misteriosi i morti di cuore, tumori e altre patologie sarebbero calati di circa 10mila in gennaio e di un numero proporzionalmente anche maggiore nel mese di marzo.

Le autorità stanno giocando con i dati. Se si vuole insistere a riportare 400 morti a causa della Covid- 19 al giorno, bisognerebbe allora spiegare perché ci siano 400 morti in meno per cuore, tumori, infezioni e così via. I dati dei morti Covid sono evidentemente gonfiati.

Come fanno a gonfiarli? Tanti scienziati – non quelli pagati per andare in televisione – hanno fatto notare che i tamponi sono tarati per rilevare anche tracce di altri virus o virus morti e non indicano affatto una persona malata e nemmeno contagiosa.

I tamponi facilitano gli errori nel conteggio?

In Italia sono tarati a 40 cicli e sopra 30 cicli i tamponi non sono affidabili, ma si fa finta di niente e si continua così, per avere questa alta mortalità Covid.

Bisogna avere il coraggio di dirlo. I dati dei 400 morti Covid al giorno sono falsi. Se il totale dei morti è lo stesso della media degli altri anni da già due mesi, non ci possono essere migliaia di morti Covid in eccesso rispetto ai decessi per altre cause.

Si gioca su questi tamponi per creare la falsa immagine di una epidemia sempre più pericolosa, quando ormai è evidente che il virus è diventato endemico e l’OMS aspetta solo la realizzazione della campagna vaccinale in Europa – che purtroppo a causa della guerra commerciale sui vaccini prosegue con lentezza – per dichiarare la fine della pandemia.

I problemi in Italia dovuti alla gestione e non alla pericolosità del virus

Nel mondo il virus in media ha causato un decesso ogni 3 mila persone all’anno. Nei paesi occidentali in media un decesso ogni 1,000 persone all’anno. E in media si tratta di ottantenni e in maggioranza malati, persone con uno o due anni di aspettativa di vita (in media). Queste sono le medie.

Si tratta quindi di un fenomeno statisticamente e socialmente poco rilevante, tanto è vero che 4 miliardi di persone in Asia vivono normalmente e in America stanno riaprendo tutto. È evidente che se in Italia i morti sono stati di più si tratta soprattutto di un problema riguardante politiche sanitarie adottate che sono state inadeguate.

Prima o poi, per i morti di Bergamo con le cremazioni forzate per evitare le autopsie dei cadaveri e nascondere quello che è successo, qualcuno dovrà pagare. Speriamo che qualche magistrato non si faccia intimorire. Come che sia adesso però i morti totali sono nella norma, non ci sono morti in più.

I dati dei morti Covid attuali sono quindi falsi. Non si può continuare con questa finzione di classificare chiunque venga rilevato da un tampone positivo come morto Covid. Altrimenti bisogna togliere dalle statistiche altrettanti morti di cuore o tumore o insufficienza renale e così via.

Quanto andrà avanti questa narrazione?

Se il governo pubblicasse tutti i giorni i numeri dei decessi non solo per Covid ma anche per altre malattie tutti se ne accorgerebbero. Invece si continua con la tragica farsa di fingere che ci sia una emergenza di morti in più quando invece gli stessi dati ufficiali, ottenibili non dal Ministero, ma dall’Osservatorio Europeo, lo smentiscono.

Stiamo distruggendo la vita dei giovani, degli adulti che lavorano in tanti settori chiusi, stiamo creando depressione e disoccupazione e disuguaglianze sociali terribili, stiamo facendo crollare la natalità di altre 50 mila nascite, tutto sulla base di dati artefatti.

Non è molto chiaro perché lo facciamo. Il precedente governo era costruito sull’emergenza sanitaria, facendo molti morti e distruggendo la nostra economia,
questo nuovo governo ha ancora bisogno di questa narrazione?

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3890.- Fateci lavorare!!!

La rivolta degli ambulanti a Torino. Corteo di 700 furgoni invade la piazza: “Siamo alla fame, noi riapriamo” (Video)

Marzo 30, 2021 

Di Alessandro Della Guglia – Torino, 30 mar – Protesta degli ambulanti a Torino. Centinaia di furgoni, circa 700, attraversano la città. Partiti dall’Allianz Stadium, proseguendo lungo corso Giulio Cesare, raggiungono la centralissima piazza Vittorio. Così gli ambulanti del capoluogo piemontese hanno deciso di farsi sentire contro le chiusure imposte dal governo. “Siamo alla fame”, “Fateci lavorare”, “Non siamo invisibili”. Grida di rabbia di chi non riesce più a reggere una crisi economica che giorno dopo giorno si fa sempre più allarmante. Gli ambulanti sono tra i lavoratori più penalizzati dagli ultimi decreti e adesso, a pochi giorni dalla protesta dei tassisti, alzano la voce.

Torino, gli ambulanti: “Se continuano a tenerci chiusi, domani riapriamo”

E’ ora che le istituzioni inizino a sentire il termometro di come siamo messi“, tuona Giancarlo Nardozzi, presidente del sindacato Goia. “Se continuano a tenerci chiusi – annuncia – da domani metteremo i nostri banchi comunque nei mercati, con o senza permesso“. Gli ambulanti chiedono semplicemente di poter lavorare, perché i ristori non bastano e rivendicano il sacrosanto diritto al lavoro. “Dietro ad ogni attività ci sono persone e famiglie. Le istituzioni devono garantirci un adeguato sostegno economico – fa notare Nardozzi – altrimenti non ci resterà altro che l’abusivismo o il commercio itinerante”.

“Non siamo incravattati mangiasoldi, ci siamo stufati. Il mondo è aperto, basta: dateci un motivo per cui dobbiamo stare chiusi in casa a morire con le nostre famiglie, con la gente che sta diventando matta”, dicono gli ambulanti. E ancora: “Noi non siamo Amazon, siamo la stessa famiglia e adesso apriamo i banchi”.

Sulla protesta degli ambulanti è intervenuto poi l’assessore della Regione Piemonte, Maurizio Marrone. “Se decidete di avviare una class action la Regione sarà il vostro fianco con l’avvocatura regionale”, dice Marrone. “Voi – afferma – state subendo un’ingiustizia. Perché la chiusura che vi viene imposta non risponde a ragioni scientifiche ma è dovuta evidentemente a pressioni politiche

Alessandro Della Guglia

C’è una continuità fra Draghi e Conte che riguarda incredibilmente le materie economiche.

IL GIOCO STA DURANDO TROPPO. È ORA DI DARGLI UN TAGLIO. C’è una continuità fra il contrasto alla pandemia senza fine da parte di Draghi e di Conte che riguarda incredibilmente le materie economiche, per un verso e la confusione, per un altro. Ma la realtà che viviamo quale è? Mezzi pubblici con passeggeri accalcati, supermercati affollati, posti in piedi da un dentista e cinema, teatri, ristoranti chiusi; alcune categorie di negozi lavorano e altre chiuse da quasi un mese. In Liguria, ieri un cuoco si è suicidato lanciandosi sotto a un treno e Torino è stata invasa dai furgoni degli amnbulanti. Andare all’estero si può e far visita a un genitore, no .. e, poi, vedo un uomo, solo, in un prato, un altro alla guida dell’auto da solo, entrambi con la mascherina, Infine, il ridicolo dei colori e di circoscrivere un virus entro i confini amministrativi dei comuni e delle regioni. Concludo questa nota con il biasimo per il continuo starnazzare di galli nel pollaio e domando se la continuità fra Draghi e Conte, che riguarda incredibilmente le attività economiche, sia solo un caso. Certamente, non lo è e, allora, le preoccupazioni di Draghi per l’economia a cosa mirano?

3889.- Cosa non torna nell’incidente di Suez

Immagine della vulnerabilità del gigantismo navale

Lorenzo Vita , Inside the News Over the World, 28 marzo 2021

Ancora poche certezze dal Canale di Suez. Da martedì il transito delle navi mercantili è bloccato a causa della Ever Given ferma di traverso nell’idrovia. E a oggi sono circa 320 le navi che attendono su entrambi gli accessi del Canale. Un danno che si aggira intorno ai nove miliardi di dollari al giorno. Senza possibilità di quantificare il tempo che ci vorrà per liberare la nave.

Ma cosa ha causato davvero il blocco? Le indagini proseguono e l’incidente della Ever Givenrischia di colorarsi di giallo. Il presidente dell’Autorità di Suez, Osama Rabie, ieri ha parlato ai media per chiarire la situazione. Oltre a ribadire che non vi è alcuna certezza sulla riapertura al traffico, il funzionario egiziano ha fatto intendere che stanno emergendo alcune novità dall’inchiesta che deve chiarire la dinamica dell’episodio.

Il problema del vento

Rabie ha detto qualcosa di molto importante: il vento e la tempesta di sabbia “non sono stati i motivi principali dell’incidente”. Anzi, attualmente le autorità del Canale non escludono che “un errore tecnico e umano possa aver contribuito all’incaglio”. Affermazioni che fanno riflettere. È chiaro che Rabie deve in qualche modo “scagionare” il suo Canale. L’immagine di Suez è stata profondamente colpita da questo incidente e il fatto che molte compagnie abbiano già ipotizzato cambi di rotta rappresenta una minaccia enorme per la stabilità finanziaria del Canale di Suez e di tutto l’Egitto. Meglio quindi chiarire che la navigazione è sicura e che non esiste possibilità di tempeste di sabbia o correnti che possa incidere sulla navigazione. Tanto è vero che lo stesso presidente dell’Autorità di Suez ha voluto lanciare un messaggio che ha tutta l’aria di essere uno spot: “Se l’incidente fosse avvenuto nel nuovo canale sarebbe stato risolto più facilmente”. Purtroppo però il punto era quello del tracciato non raddoppiato.

In base alla rotta tracciata dai satelliti e alle informazioni rilasciate dall’Autorità di Suez, la Ever Given ha scarrocciato a causa del forte vento. Tecnicamente quindi il vento forte (si parla di raffiche a 40 nodi) avrebbe deviato lateralmente la rotta della nave facendo scivolare l’imbarcazione fuori rotta. Questa ipotesi, che resta stata quella più accreditata almeno fino alle parole di Rabie, si fonda sul fatto che quell’enorme quantità di container caricati sulla nave avrebbe costituito una superficie talmente ampia da creare un vero e proprio effetto “vela”, spingendo così la nave verso la riva del Canale. Un fatto possibile, che anzi confermerebbe la pericolosità di queste navi gigantesche su questa idrovia.

I dubbi sullo scarroccio

Tuttavia, mentre molto esperti concordano con questa analisi, altri hanno iniziato a interrogarsi sulla possibilità che il vento potesse essere stato sufficientemente forte da far incagliare la nave in quel punto.

Un analista esperto di navigazione sentito da InsideOver ci ha spiegato, ad esempio, che in base alla scarsa velocità, alla poca quantità d’acqua, con la nave a pieno carico e con la poca corrente di quel punto, la Ever Given, scarrocciando, avrebbe comunque dovuto rallentare per effetto dell’attrito sul fondale. E in ogni caso risulterebbe molto difficile che la nave, deviata dal vento laterale, possa mettersi poi di traverso. Più facile, dicono gli esperti, che il vento la spingesse parallelamente alla costa, facendola scivolare lungo la parete rocciosa che limita il canale. Mentre sulla questione della visibilità, l’informatizzazione dei sistemi di navigazione e la conoscenza totale del canale di Suez e del suo fondale permette una navigazione praticamente “alla cieca”. Anche perché esiste un convoglio e una squadra di rimorchiatori.

Schema incidente Suez (La Presse)

Di che errore tecnico parlano?

Appurato che vento e visibilità non sarebbero stati gli unici elementi a deviare la rotta della nave taiwanese – almeno secondo le autorità di Suez – ci si domanda quale possa essere stato l’errore “tecnico” o quello “umano”.

Innanzitutto, bisogna capire chi può aver compiuto l’errore tale da far perdere il controllo della nave in quel tratto del Canale. Come premessa, va detto che le compagnie di navigazione spesso riducono il numero del personale di bordo al minimo essenziale: parliamo quindi di pochissimi uomini all’interno di una nave di dimensioni gigantesche. Perciò è possibile che in plancia vi siano poche persone, forse anche solo cinque. In ogni caso, queste serve per capire che nel momento in cui è stato commesso, eventualmente, un errore, c’erano altre persone che avrebbero potuto evitarlo. Il regolamento di Suez prevede inoltre la presenza di un pilota del posto insieme a uno specialista di sistemi, ma questa presenza non deve essere sopravvalutata. Fonti che conoscono perfettamente come avviene il passaggio di Suez hanno confermato a InsideOver che il pilota dell’Autorità inviato sulle navi è tendenzialmente ininfluente. Conosce le manovre e il regolamento, ma è molto raro che intervenga nella navigazione. Il comandante è il solo responsabile, ed è perfettamente in grado di portare la nave lungo la rotta del Canale, per di più con l’ausilio di sofisticati mezzi di localizzazione, di tracciamento della rotta e all’interno di un convoglio.

Un comando sbagliato può devastare una nave

L’errore potrebbe però essere dato da un comando sbagliato. Soprattutto verso la sala motori. E questo potrebbe, per esempio, spiegare la forza d’urto con cui la nave si è incagliata nella costa. Gli esperti ritengono che il vento da solo non avrebbe potuto produrre un tale livello di incagliamento fino al bulbo della nave se nel frattempo il fondale rallentava l’imbarcazione. L’errore, in sostanza, potrebbe essere stato quello di aver ordinato di aumentare la potenza. Perché solo il motore poteva dare quel tipo di spinta propulsiva.

Questo ovviamente, se si vuole pensare alla casualità: c’è anche chi crede che più che all’ipotesi di un errore nella catena di comando si debba guardare a un’azione studiata a tavolino o addirittura all’intervento di hacker in grado di penetrare nei sistemi informatici dell’imbarcazione e impartire gli ordini. Ipotesi che per ora non possono trovare riscontro, ma che non devono nemmeno essere considerate così lontane dalla realtà. Ricordiamo che Gianni Cuozzo, amministratore delegato di Aspisec, durante il convengo “Le rotte digitali del trasporto – IoT e big data: opportunità e rischi della digital transformation” a Genova ha hackerato una petroliera in navigazione nel Mar Adriatico. E ci è riuscito con un semplice pc portatile fornito dall’Autorità di Sistema Portuale genovese. L’esperto di cyber rischi, come racconta BusinessInsider, si è servito di due portali accessibili a chiunque per identificare la nave e capire quale fosse il sistema informatico che la governava. Attraverso il sistema si tracking è penetrato nella rete della nave e in quel momento aveva tutte le capacità di controllare le attività all’interno dell’imbarcazione.

Si prova a disincagliare la Ever Given

Al netto di queste ipotesi, quello che però ora è certo è che bisogna cercare di disincagliare la nave. Le operazioni effettuate con escavatori e draghe stanno dando i primi frutti sperati. Secondo le informazioni che arrivano dal luogo dell’incidente, il timone e l’elica della hanno ripreso a funzionare e questo ha permesso di far muovere leggermente la poppa. Adesso circa 14 potenti rimorchiatori sono all’opera per spostare il gigante e Rabie ha detto che si auspica “di non dover essere costretti all’alleggerimento del carico“. Una manovra che risulterebbe molto più complessa di quanto si pensa, perché data la posizione è impossibile rimuovere i container da tutte le parti dell’imbarcazione e perché esistono pochissimi mezzi nel mondo a poter compiere questo tipo di operazioni in acqua. E in ogni caso i tempi di manovra diventerebbero sempre più lunghi, con un aumento sproposito di costi per le compagnie e per l’Egitto. E ora è conto alla rovescia.

Dopo i tentativi (falliti) di rimettere a galla la nave, ci si prepara al peggio

da Huffpost

Secondo le stime di Lloyd’s List la portacontainer della compagnia taiwanese Evergreen sta fungendo praticamente da tappo su nove miliardi e mezzo di traffici al giorno (400 milioni di dollari l’ora). C’è poi l’effetto sul prezzo del petrolio che negli ultimi giorni è tornato a salire oltre i 60 dollari al barile sulla scia dei timori per un blocco prolungato. 

Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha ordinato all’Autorità che gestisce il Canale di Suez di prepararsi a scaricare i container trasportati dalla Ever Given se dovessero fallire anche gli ultimi tentativi per disincagliare il cargo. Lo ha dichiarato Osama Rabae, a capo dell’Autorità del Canale di Suez, citato dai media egiziani.

European Space Agency -
Circa 400 le navi rimaste in attesa per giorni che saranno costrette a invertire la rotta.  European Space Agency – Suez

Intanto, tra le 321 imbarcazioni che stanno aspettando di attraversare il Canale di Suez, bloccato da sei giorni dalla Ever Given, ce ne sono anche una ventina che trasportano bestiame, come ha reso noto il Guardian. A esprimere preoccupazione per le condizioni degli animali trasportati è Gerit Weidinger, coordinatrice per l’Europa di Animals International, che ha detto: ″La mia più grande paura è che gli animali finiscano il cibo e l’acqua e rimangano bloccati sulle navi perché non possono essere scaricati altrove per questioni burocratiche″. Segnalando quindi il rischio di disidratazione e di fame, la ong ricorda come di solito queste navi che trasportano bestiame abbiano ″⁣rifornimenti per due-tre giorni″⁣. Secondo Weidinger si tratta di “una bomba biologica a orologeria per gli animali, gli equipaggi e tutte le altre persone coinvolte”. Tra le nave che trasportano bestiame e che sono bloccare a Suez, cinque hanno caricato animali in Spagna e nove in Romania all’inizio di marzo, spiega Animals International. 

3888.- BILL GATES “NON MOLTO SORPRESO” DAL DANNO AL MIDOLLO SPINALE CAUSATO DAL VACCINO DI ASTRAZENECA

Bill Gates

© CC0MONDO, Sputnik italia

IL COFONDATORE DI MICROSOFT HA INVESTITO CENTINAIA DI MILIONI DI DOLLARI NELLA RICERCA SUL VACCINO CONTRO IL CORONAVIRUS, INCLUSO QUELLO DI ASTRAZENECA, UTILIZZANDO LA FONDAZIONE GATES E HA ESORTATO I GOVERNI E LE AZIENDE DI TUTTO IL MONDO A CREARE VACCINI SUFFICIENTI PER OGNI PERSONA SUL PIANETA.

BILL GATES NON SI ASPETTA CHE GLI STATI UNITI SI DOTINO DI UN VACCINO CONTRO IL CORONAVIRUS APPROVATO DAL GOVERNO ALMENO FINO ALLA FINE DI OTTOBRE, MA HA AFFERMATO CHE ESISTE UNA “PICCOLA, MINUSCOLA POSSIBILITÀ” CHE PFIZER E MODERNA POSSANO RACCOGLIERE DATI SUFFICIENTI PER CANDIDARSI PER L’APPROVAZIONE DELLA FEDERAL DRUG ADMINISTRATION PRIMA DI ALLORA.

“DELLE SEI SPERIMENTAZIONI – ASTRAZENECA, JOHNSON & JOHNSON, NOVAVAX E SANOFI, PIÙ I DUE VACCINI A RNA, PFIZER E MODERNA – MI ASPETTO CERTAMENTE CHE TRE O QUATTRO OTTENGANO LICENZE PER L’USO DI EMERGENZA ENTRO L’INIZIO DEL 2021. ALL’INIZIO DELL’ANNO CREDO CHE LA PROBABILITÀ CHE AVREMO DEI VACCINI SIA DEL 90%”, HA DETTO GATES ALLA RIVISTA ‘DER SPIEGEL’.

ALLA DOMANDA RELATIVA ALLA RECENTE INTERRUZIONE DELLA SPERIMENTAZIONE SULL’UOMO DEL VACCINO DI ASTRAZENECA DOPO CHE UN PARTECIPANTE HA SUBITO UN DANNO AL MIDOLLO SPINALE, GATES HA DETTO DI NON TROVARE LA COSA “MOLTO SORPRENDENTE”, SUGGERENDO CHE CIÒ “SOTTOLINEA IL FATTO CHE AVER ADOTTATO MOLTI APPROCCI DIVERSI È PIUTTOSTO PREZIOSO”.

“È VERO CHE UN CANDIDATO VACCINO PUÒ INNESCARE UNA CONDIZIONE AUTOIMMUNE LATENTE CHE SI SAREBBE MANIFESTATA A UN CERTO PUNTO. STIAMO ESAMINANDO QUESTA CONNESSIONE E LE AUTORITÀ DI REGOLAMENTAZIONE SONO PERENNEMENTE IMPEGNATE IN QUESTO”, HA SOTTOLINEATO.

LA GATES FOUNDATION HA ELARGITO ALMENO 350 MILIONI DI DOLLARI PER LA RICERCA SUL CORONAVIRUS, COMPRESE GRANDI DONAZIONI FATTE AD ASTRAZENECA, JOHNSON & JOHNSON, NOVAVAX, SANOFI, MODERNA, CUREVAC, BIONTECH E INOVIO PER I LORO VACCINI, CHE VANNO DAI TRADIZIONALI ADENOVIRUS A QUELLI A RNA E DNA.

© FOTO : UFFICIO STAMPA AFK “SISTEMA”OXFAM SUL VACCINO COVID-19: PAESI RICCHI HANNO GIÀ PRENOTATO METÀ FORNITURA GLOBALE

GATES SI È IRRITATO CON IL SUO INTERVISTATORE DOPO CHE GLI È STATO CHIESTO SE I VACCINI A DNA E RNA SIANO PIÙ RISCHIOSI E “SPERIMENTALI” DEI TRADIZIONALI VACCINI ADENOVIRUS, CHE SI SONO DIMOSTRATI EFFICACI CONTRO ALTRE MALATTIE COME IL MORBILLO E IL TETANO PER MOLTI DECENNI.

“COSA CONSIDERI SPERIMENTALE? STIAMO PERCORRENDO OGNI STRADA POSSIBILE. NON C’È MODO CHE NESSUN VACCINO CHE SIA MAI STATO FATTO NON VENGA UTILIZZATO PER ATTACCARE IL CORONAVIRUS. CI SONO SFIDE PORTATE DA OGNUNO DEGLI APPROCCI. FARE UN NUOVO VACCINO È UNA COSA DIFFICILE. NON ESISTE UN APPROCCIO CONVENZIONALE. QUINDI BUTTA VIA LA PAROLA ‘CONVENZIONALE’. NON C’È NIENTE DI CONVENZIONALE QUI. TUTTO CIÒ CHE STIAMO FACENDO È NON CONVENZIONALE”, HA SOTTOLINEATO.

GATES HA AGGIUNTO CHE SI “METTEREBBE IN FILA” PER UN VACCINO UNA VOLTA CHE FOSSE DISPONIBILE, MA HA PROMESSO DI NON “PASSARE AVANTI ALLA FILA IN ALCUN SENSO” O DI “PRIVILEGIARE IL [SUO] ACCESSO AL VACCINO QUANDO SCARSEGGIA”. INVECE, HA SPECIFICATO, GLI OPERATORI SANITARI, GLI INFERMIERI, GLI OPERATORI CARCERARI E COLORO CHE VIVONO IN ABITAZIONI MULTIGENERAZIONALI DOVREBBERO OTTENERLO PER PRIMI.

COMMENTANDO LA RILUTTANZA DI ALCUNI AMERICANI A OTTENERE IL VACCINO, IL MAGNATE TECNOLOGICO HA ESPRESSO LA FIDUCIA CHE “UN’IMMUNITÀ DI GREGGE MOLTO FORTE” POTREBBE ESSERE CREATA SE IL 60-70 PER CENTO DEGLI AMERICANI SI SOTTOPONESSE ALL’INIEZIONE.

Il vaccino AstraZeneca

“SPERO CHE I GOVERNI RIESCANO A CONVINCERE UN NUMERO SUFFICIENTE DI CITTADINI A VACCINARSI SENZA UTILIZZARE MISURE COERCITIVE, PERCHÉ QUESTO PORTEREBBE A UN ENORME CONTRACCOLPO IN TAL SENSO”, HA AGGIUNTO GATES.

L’ENTUSIASMO DI BILL GATES PER LA CREAZIONE DI VACCINI CONTRO IL CORONAVIRUS SUFFICIENTI PER L’INTERO PIANETA HA PORTATO ALLA DIFFUSIONE DI TEORIE DEL COMPLOTTO SECONDO CUI TALI CAMPAGNE DI VACCINAZIONE FANNO PARTE DI UN COMPLOTTO NEFASTO MIRATO AL CONTROLLO DELLA POPOLAZIONE, O ADDIRITTURA ALL’IMPIANTO DI MICROCHIP MICROSCOPICI NEL FLUSSO SANGUIGNO DELLE PERSONE. GATES HA RIPETUTAMENTE RESPINTO LE AFFERMAZIONI E HA SOTTOLINEATO NELLA SUA INTERVISTA A ‘DER SPIEGEL’ CHE “NON HA CREATO IL CORONAVIRUS” E NON HA PIANI PER “MICROCHIPARE LE PERSONE”.

3887.- Dal canale di Suez all’Artico, l’occasione per Italia e Ue. Scrive Di Stasio (M5S)

Abbiamo inteso riportare questo articolo perché contiene un auspicio, a dir poco, suicida per l’Italia e per i paesi del Mediterraneo, che illumina sulla qualità della politica estera del partito che ha il dicastero. La completa apertura delle rotte artiche è inevitabile e vedrà mettere in secondo piano le rotte mediterranee, oltre a consolidare l’alleanza russo-cinese. Nei prossimi decenni, la progressiva riduzione della superficie ghiacciata del Polo Artico aprirà, prima o poi, percorsi navigabili completamente nuovi, come, ad esempio, la rotta marittima tra Russia e America. Le prevedibili conseguenze economiche e geostrategiche non saranno favorevoli per l’Italia e chiamano la nostra politica estera a bilanciarle, intessendo relazioni più strette con tutti i paesi del Mediterraneo, sopratutto, ma non solo in campo economico. Per intenderci, una Comunità economica Mediterranea di stampo romano. In attesa che questo futuro trovi accoglimento, è da sperare che l’auspicio dell’on. grillino Iolanda Di Stasio non si realizzi così presto.

Dal canale di Suez all’Artico, l’occasione per Italia e Ue.

Di Iolanda Di Stasio | 28/03/2021 – Formiche

Dal canale di Suez all’Artico, l’occasione per Italia e Ue. Scrive Di Stasio (M5S)

L’incidente del canale di Suez dovrebbe spingerci a lavorare congiuntamente a una nuova dimensione multilaterale dell’Artico. Dalle minacce militari alla governance scientifica, serve un coordinamento internazionale, e l’Europa può fare la sua parte. Il commento di Iolanda Di Stasio, deputata del Movimento Cinque Stelle

L’incidente avvenuto all’interno del Canale di Suez, con la nave cargo Ever Given incagliata trasversalmente all’interno dell’istmo artificiale ha causato, e continuerà a causare, miliardi di dollari in danni al commercio mondiale e all’economia tutta.

Si è stimato che ogni giorno di blocco del Canale costi 9,6 miliardi di dollari al giorno, tra ritardi e costo del carburante. Vi sono infatti grandi problemi legati alla tipologia di merci che attraversano il passaggio marittimo quotidianamente, dal petrolio ai cereali, creando delle discontinuità serie in termini di fornitura di merci alle volte di importanza strategica.

Il mercato delle commodities ha già reagito con un’impennata dei prezzi del petrolio, e non leggere saranno le ripercussioni su tutto il sistema economico mondiale, oltre che sull’Egitto, che perderà una considerevole fetta di introiti a causa del mancato versamento delle royalties di passaggio delle navi container.

Il Canale costituisce un essenziale crocevia del commercio mondiale, con circa il 7% del traffico marittimo totale e il 12% di tutte le merci che viaggiano via nave ogni anno. Al pari di una controversia politica o militare, il blocco del Canale che collega l’Oceano Indiano al Mar Mediterraneo è un’eventualità sì, rara, ma non nuova nel panorama internazionale.

Più volte il passaggio era stato bloccato, a causa delle diverse crisi politiche e militari, e le due Guerre Mondiali, rendendo sempre più strategico il controllo del punto. A nulla, in queste assurde circostanze, pare essere servito l’allargamento in più punti del Canale annunciato dal presidente Al Sisi e avvenuto nel 2015, che ha raddoppiato la larghezza del passaggio in più punti, ma solo per pochi chilometri.

Già molte compagnie si stanno attrezzando per fare dietrofront e percorrere la tratta di circumnavigazione dell’Africa, doppiando il Capo di Buona Speranza, come si era esclusivamente fatto fino al 1869, o come occasionalmente avvenuto anche lo scorso anno. Una delle maggiori problematiche venute alla luce riguarda le serie minacce di attacchi da parte di pirati lungo la tratta di circumnavigazione del continente africano, e dunque tutte le forze militari presenti saranno allertate e impegnate in un continuo controllo delle coste lungo tutto il percorso.

Viene dunque da chiedersi se non sia giunto il momento di accelerare sullo sfruttamento di nuovi, convenienti percorsi, che possano essere una valida e competitiva alternativa al Canale di Suez. Più volte, numerosi esperti, hanno parlato della possibilità di sfruttare la rotta dei Mari del Nord, che attraversa l’Oceano Artico, e che si compone essenzialmente di due rotte, il passaggio di Nord-Est e quello di Nord-Ovest.

La rotta prevede l’attraversamento del Mar Glaciale Artico, così che le navi container che fanno la spola tra la Cina, gli Stati Uniti e l’Europa possano trovare una nuova via, a tratti più breve ed economicamente conveniente. Tale percorso, inoltre, potrebbe favorire lo sviluppo economico di aree del Pianeta scarsamente abitate ed economicamente poco sfruttate, in alcuni periodi dell’anno, a causa della presenza di ghiacciai.

È da tempo che la centralità delle terre polari, e dell’Artico in particolare, è divenuto tema rilevante nelle agende politiche internazionali. È necessario, in virtù di una prospettiva multilaterale e di maggiore equilibrio tra Paesi, rivalutare la possibilità di nuove alternative a quelle esistenti. Il costo di attraversamento del Canale di Suez si aggira tra i 100mila e i 500mila dollari per nave, che oggi le compagnie spedizioniere ritengono sostenibile per via del risparmio in termini di carburante.

Perché non lavorare congiuntamente ad una nuova dimensione multilaterale dell’Artico? Oltre alla cooperazione sulla ricerca scientifica, fondamentale per la salvaguardia ambientale della Terra, è opportuno avviare un dialogo internazionale con al centro la governance dell’Artico, al fine di preservarlo dalle minacce militari, dallo sfruttamento minerario incondizionato e pianificare uno sviluppo economico che possa essere beneficio per le popolazioni che vivono quei territori, ma che possa costituire un vantaggio per tutti, in un’ottica di proficua cooperazione internazionale multisettoriale.

3886.- Perché Draghi fa bene a parlare con Erdogan. L’analisi dell’amb. Sanguini.

La geopolitica dei due mari, Oceano Indiano e Mediterraneo ha ricevuto un avvertimento pesante dall’incaglio, tutto da spiegare, della nave portacontainer Ever Given, casualmente, nel punto più stretto del Canale di Suez e, sempre casualmente, a causa di una presunta avaria del sistema di controllo di bordo o di un presunto errore umano. I percorsi su cui indagare sono molti, preoccupano e chiamano, comunque, a riportare stabilità nel “nostro” mare, a cominciare dalle Zone Economiche Esclusive.

La ZEE turco-libica lambisce Creta, così come la ZEE algerina lambisce la Sardegna. È evidente che non si possa parlare di esclusività, ma che sia urgente parlare di cooperazione fra i paesi del Mediterraneo.

Di Armando Sanguini | 28/03/2021 – Formiche

Perché Draghi fa bene a parlare con Erdogan. L’analisi dell’amb. Sanguini

Tra tumulti sul fronte interno e tensione con la Nato, Erdogan è in cerca di un momento di distensione. Biden l’ha capito, e in Europa guarda a Mario Draghi per riallacciare i rapporti con Ankara. L’analisi di Armando Sanguini, Senior Advisor Ispi, già ambasciatore italiano in Tunisia e Arabia Saudita

Erdogan, l’uomo del miracolo economico, della liberazione delle donne dal velo, dei diritti civili, della strategica appartenenza alla Nato mutatosi poi in un autocrate spietato che ha fatto della spregiudicatezza il suo marchio di fabbrica; che ha ri-islamizzato il paese nel segno della Fratellanza musulmana e di un sognato orizzonte neo-ottomano; che pur restando nella Nato esibisce un flirt politico-militare, e geopolitico, con la Russia (dal sistema missilistico S-400 all’alleanza in Siria); che si ritira dalla Convenzione di Istanbul del 2011 sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica nel contesto di una sistematica repressione del dissenso interno.

Intendiamoci, Erdogan non ha fatto tutto da solo. Lo hanno aiutato in qualche modo l’opposizione all’ingresso della Turchia nell’Unione europea; la delusione/rabbia per la freddezza dell’Europa al momento del ”tentato colpo di stato” del 2016, e per il successivo rifiuto degli Usa ad estradare l’imam F.Gulen accusato di esserne il mandante; il disimpegno degli Usa in Medio Oriente che ha aperto un invitante spazio d’azione alle ambizioni turche nell’area e dalla ostentata minaccia dei “terroristi” curdi additati da Ankara come sodali del Pkk.

Aggiungiamo la migranto-fobia che ha indotto l’Europa ad offrire ad Erdogan un prezioso potere di ricatto permanente (soldi contro barriera anti-profughi siriani). E sempre l’Europa sorda alla richiesta di aiuto del governo tripolino riconosciuto internazionalmente contro l’incombente minaccia del gen. Haftar, che invece Erdogan ha subito raccolto e subito capitalizzato con l’accordo bilaterale (energetico) sul confine marittimo.
Queste attenuanti vanno ricordate ma lasciano intatto il giudizio su un Erdogan autocrate spietato, spregiudicato, inaffidabile. E abile, indubbiamente. Ne ha fatto anzi una cifra di potere.

Ed è questa sua abilità combinata con il pragmatismo di lungo respiro che ha prevalso tra i suoi alleati/interlocutori occidentali sull’altare della sua appartenenza alla Nato e ha evitato che si oltrepassasse il confine della rottura. Pragmatismo fatto di faticosa mediazione politica, ma anche con qualche misura sanzionatoria, come per i missili russi (Usa Caatsa sez. 231)

Ma c’è del nuovo, oggi. Al di là della Convenzione di Istanbul che gli serve per guadagnarsi il consenso di certi ambienti radicali, c’è che da qualche tempo Erdogan sta lasciando segnali di una qualche sua disponibilità ad abbassare i toni e a tessere di una possibile trama distensiva.

Complice il cambio di guardia alla Casa Bianca e la sequenza delle indicazioni strategiche di Biden fin dalla sua proclamata vittoria elettorale? Certo. Ma un peso non indifferente lo ha esercitato il rischio di pagare a caro prezzo – elezioni del 2023 – una politica interna a dir poco erratica e comunque fallimentare in termini sociali ed economici, con immaginabili risvolti in termini di consenso, e in quest’ottica deve leggersi il ritiro dalla Convenzione di Istanbul.

All’estero deve poi fare i conti con lo scarso favore – per non parlare di ostilità arabo/sunnita – che il forte vento soffiato sulla bandiera della Fratellanza musulmana sempre più intrisa dalla pretesa di farsi riconoscere quale primus inter pares nel mondo islamico, mettendo addirittura in discussione il ruolo di Custode dei luoghi santi dell’Arabia saudita.
Anche il suo partenariato con la Russia sta mostrando la corda a causa dell’antagonismo che lo sottende. E con la Cina Erdogan rischia di scontare la diffidenza di Pechino nei riguardi dei governi imprevedibili.

La tanto vituperata Europa partner economico-commerciale di primo livello rappresenta a ben vedere, anche agli occhi dell’Erdogan di oggi, un ancoraggio insostituibile e se da un lato Ankara continua nella retorica della sfida nel Mediterraneo orientale, dall’altro invita a mettersi attorno al tavolo per trovare una soluzione accettabile sull’insieme delle questioni aperte.

E riduce, di fatto, le sue intemperanze. Per di più esibisce la volontà di ricucire i rapporti con l’Egitto di Al Sissi, il protagonista del colpo di stato contro Mohammed Morsi, allora presidente legittimamente eletto e leader della Fratellanza egiziana nel 2013. L’ha accompagnata con la frase: “Noi siamo determinati a fare della nostra regione un’isola di pace incrementando il numero degli amici e cessando le ostilità”.

Ma ha pure allargato l’orizzonte affermando che “i nostri comuni interessi con gli Usa superano largamente le nostre differenze di opinione ……. il suo governo vuole una relazione che abbia una “prospettiva di lungo termine e sia basato su un’intesa win-win”.

Ecco, questo “win-win” mi sembra la vera chiave di lettura del mutamento che Ankara sta mostrando, laddove esso chiarisce bene la determinazione a non apparire succube degli Usa e tanto meno dell’Europa.

Biden ha auspicato un riavvicinamento della Turchia con la Ue. Qualche suo membro vi ha dato seguito. Anche il nostro e Draghi bene ha fatto a chiamare Erdogan per riprendere le fila di un dialogo. Proprio per la consapevolezza che il dialogo esso si prospetti tanto complicato quanto ineludibile.

Soprattutto in quel nostro cortile costituito dal Mediterraneo dove i nostri interessi sono prioritari, a partire dalla Libia dove intelligentemente il ministro di Maio è tornato con i colleghi francese e tedesco, a suggello di quel marchio “europeo” di cui vi è tanto bisogno.

E dove il peso dell’Europa può fare la differenza specialmente adesso che quel paese, grazie alla mediazione Onu e la partecipazione attiva dell’Europa, è entrato in una fase tanto nevralgica come quella attuale dove è davvero in gioco la stabilizzazione e il recupero della normalità nella corresponsabilizzazione della popolazione libica in tutte le sue sfaccettature sociali. E dove la Turchia è chiamata ad offrire un contributo lungimirante in cui il win-win sarebbe garantito dalla politica e non dalla forza militare. Con un chiaro avviso a Mosca.

3885.- Politica italiana e politica di coesione dell’Unione europea.

All’evidenza, l’Unione europea costituisce un laboratorio per una nuova umanità, molto poco società e molto poco identitaria. Sotto la guida del Quirinale, per far ripartire l’economia italiana, messa in ginocchio dalla pandemia, ci si è consegnati interamente nelle mani dell’Unione europea e dei poteri che essa rappresenta. Nella soggezione delle parti politiche agli indirizzi dettati dai Capi dello Stato, nella tolleranza verso le deviazioni e le violazioni impresse alla Costituzione, ci troviamo incanalati in un percorso di abbandono della nostra identità di popolo, verso l’anomalia istituzionale che va sotto il nome di Unione europea, che Stato non è, in quanto privo, oggi e domani, di una Costituzione democratica a salvaguardia dei principi alla base della dignità e della libertà dei cittadini. Parlare di società europea integrata, senza la partecipazione delle identità nazionali dei popoli europei, è privo di significato e prodromico, invece, di una nuova umanità, per niente umana e a servizio del globalismo. Esaminiamo, qui, la politica di coesione dell’Unione europea, rivolta a una società – all’apparenza, ma vedrei il contrario – sempre più integrata, per acquisire coscienza di quanto questa soddisfi gli obiettivi della creazione e della crescita di posti di lavoro e della solidarietà, quanto le esigenze di crescita e quanto si ponga in contrasto con le esigenze di crescita demografica e di tutela della famiglia.

Politica italiana

Mentre la competizione fra i partiti sembra avere a oggetto visioni contrapposte per la soddisfazione dei bisogni degli italiani, è sotto gli occhi di tutti che né questo Presidente, né questo Governo, né questo Parlamento siano in grado di realizzarli, almeno, per ciò che, oggi, ci riguarda più da vicino e, cioè, nei campi dell’economia, della giustizia e della sanità: dell’economia perché, a fronte di misure coercitive, sopratutto e incomprensibilmente, verso determinate categorie di lavoratori abbiamo visto propagandare misure di ristori ridicole; della giustizia e anche del diritto perché in costanza del cosiddetto stato di emergenza sanitaria abbiamo visto nominare e sostenere boiardi di Stato, che hanno sviato le risorse pubbliche a man salva e perché abbiamo visto violare la Costituzione e esautorare il Parlamento. Ma c‘è di peggio e non si può non ripetere che lo scandalo del C.S.M., politicizzato, chiama in causa come partecipi i presidenti della Repubblica, mette fuori causa l’Autonomia e l’Indipendenza della Magistratura e la divisione dei poteri su cui fonda la Repubblica democratica.

Mi si consenta la divagazione: Questa eversione rossa, che resterà impunita, persiste, mentre osserviamo questi magistrati infliggere pene di 10 anni a una goliardia, cosiddetta eversione, dei nostalgici della Repubblica Serenissima. Venute meno l’Indipendenza della Magistratura dalla Politica e la funzione disciplinare del C.S.M., affermo che il magistrato che ha emesso la sentenza di condanna, ha dato un giudizio politico, con ciò esorbitando e, perciò, può essere chiamato a risponderne in giudizio come un qualsiasi cittadino.

Tornando alla soddisfazione dei bisogni degli italiani, trascurata e negletta la possibilità di far partecipare il risparmio privato nelle mani delle banche, ma a interessi anche sotto lo zero, per far ripartire l’economia italiana, messa in ginocchio dalla pandemia, ci si è consegnati interamente nelle mani dell’Unione europea e dei poteri che essa rappresenta. A questo punto, il Governo di Mario Draghi ha rappresentato l’unica soluzione possibile nei confronti del rapporto fra l’Italia e gli altri stati membri e ne i confronti degli italiani, da sempre ostici nei confronti di Troika e Commissione europea. Presentando il suo programma, Mario Draghi si è rivolto a tutti coloro che soffrono per la crisi economica che la pandemia ha scatenato, a coloro che lavorano nelle attività più colpite o fermate per motivi sanitari. Vedremo e saremo attenti alla logica dei provvedimenti punitivi e dei ristori che saranno applicati nei confronti, anzitutto, di ristoratori, artisti, ambulanti, studenti e donne lavoratrici. Piaccia o non piaccia questa Unione europea, finalmente l’Italia, dopo anni, sarà guidata da un leader, anche se per attuare le sue riforme e il suo contrasto all’emergenza, dovrà avvalersi di un Presidente e di un Parlamento, da tempo non più rappresentativi della partecipazione degli italiani alla vita politica.

Politica europea

A luglio dello scorso anno, per far ripartire le economie dell’Unione europea , è stato approvato il programma straordinario Next Generation EU (Ngeu), ormai noto come Recovery Fund, il fondo speciale di 750 miliardi di euro, che, nei prossimi anni, finanzierà la ripresa economica, attraverso l’emissioni di titoli europei. In linea con la politica di coesione nell’Unione europea, i titoli saranno volti a sostenere progetti e riforme strutturali stabilite da piani di riforme e investimento dei singoli Recovery Plan proposti da ognuno dei 27 stati membri dell’Ue. Nel dettaglio, la somma programmata è composta da 390 miliardi di trasferimenti a fondo perduto (grants) e da 360 miliardi di prestiti (loans), a loro volta, suddivisi in base alle diverse necessità degli Stati membri più colpiti dalla pandemia, come l’Italia e la Spagna. Nelle intenzioni, questo Recovery Fund dovrebbe diventare uno strumento permanente della politica europea.

Fatta questa premessa introduttiva, andiamo a conoscere in cosa si si sostanzia la politica di coesione nell’Unione europea.

Il 60% dei decreti legislativi italiani “nasce” a Bruxelles.

La politica di coesione nell’Unione europea

Fondamenti giuridici

Per decisione presa a Berlino, nel 2006, Giuliano Amato e Giscard d’Estaing inserirono nei trattati europei esistenti l’articolato della Proposta di Costituzione europea bocciata dai referendum francese e olandese nel 2005, perché improntata alla competitività dell’Ue sui mercati mondiali e non sul rispetto della dignità umana. In assenza di una Costituzione europea, la base giuridica della politica di coesione si ritrova nel Trattato di Lisbona, in particolare, nell’Articolo 177 (vedasi il secondo paragrafo) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE):

Articolo 177

(ex articolo 161 del TCE)

Fatto salvo l’articolo 178, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, definiscono i compiti, gli obiettivi prioritari e l’organizzazione dei fondi a finalità strutturale, elemento quest’ultimo che può comportare il raggruppamento dei Fondi. Sono inoltre definite, secondo la stessa procedura, le norme generali applicabili ai Fondi, nonché le disposizioni necessarie per garantire l’efficacia e il coordinamento dei Fondi tra loro e con gli altri strumenti finanziari esistenti.

Un Fondo di coesione è istituito secondo la stessa procedura per l’erogazione di contributi finanziari a progetti in materia di ambiente e di reti transeuropee nel settore delle infrastrutture dei trasporti.

Un nuovo cartello gigante che evidenziava il piano di ripresa dell’Unione europea (UE) venne drappeggiato sulla facciata della sede della Commissione europea (CE) in vista dell’imminente vertice europeo a Bruxelles, Belgio, del 19 giugno 2020. In una videoconferenza, i leader dell’UE discussero la creazione di un fondo per aiutare gli Stati membri a riprendersi dall’impatto economico della pandemia COVID-19 in corso, causata dal coronavirus SARS-CoV-2, nonché stabilire un nuovo budget a lungo termine per il blocco. EPA / OLIVIER HOSLET

La politica di coesione sostiene, appunto, la solidarietà europea ed è la principale politica di investimento dell’Unione europea. Muove circa 450 miliardi di euro su un bilancio complessivo Ue di poco più di 1.000.

Per sommi capi, essa riguarda il sostegno a: Creazione e crescita di posti di lavoro, competitività tra imprese, ricerca e innovazione; Investimento nelle persone; Sviluppo sostenibile; Rafforzamento di ricerca e innovazione; Sostegno alle imprese (PMI, Start Up); Miglioramento ambientale (settore idrico, in particolare) e miglioramento della qualità della vita dei cittadini in tutte le regioni e le città dell’Unione europea. Quindi: Potenziamento della dimensione urbana e della lotta per l’inclusione sociale e per il sostegno delle comunità emarginate; Modernizzazione dei trasporti (per una rete transeuropea di trasporto (RTE-T) efficiente).

Sono potenziali beneficiari della politica di coesione gli enti pubblici, le imprese (in particolare le PMI), le università, le associazioni, le ONG e le organizzazioni di volontariato.

La Commissione rende disponibili i finanziamenti all’inizio di ogni anno affinché i Paesi possano iniziare a investire nei progetti. Funge da catalizzatore di ulteriori finanziamenti pubblici e privati, in quanto per un verso obbliga gli Stati membri al cofinanziamento attingendo ai bilanci nazionali, per l’altro, dovrebbe suscitare fiducia negli investitori. Le domande di finanziamento devono essere presentate all’autorità nazionale o regionale che gestisce il programma del caso. Se un progetto presenta un costo complessivo superiore a 50 milioni di EUR, viene sottoposto all’approvazione della Commissione. I programmi sono costantemente monitorati. Sono previsti audit in loco e verifiche da parte della Commissione e dello Stato membro, che devono presentare relazioni nel corso di tutto il periodo di bilancio, la cui durata è di 7 anni. La Commissione può sospendere i finanziamenti allo Stato membro che disattenda le norme di carattere economico dell’Unione europea.

L’attuazione della politica di coesione passa attraverso tre fondi principali strutturali e di investimento :

Queste note sintetiche forniscono una panoramica generale sul processo di integrazione europea.

Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR): mira a consolidare la coesione economica e sociale regionale investendo nei settori che favoriscono la crescita al fine di migliorare la competitività e creare posti di lavoro. Il FESR finanzia, inoltre, progetti di cooperazione transfrontaliera.

Fondo sociale europeo (FSE): investe nelle persone, riservando speciale attenzione al miglioramento delle opportunità di formazione e occupazione. Si propone, inoltre, di aiutare le persone svantaggiate a rischio di povertà o esclusione sociale.

Fondo di coesione: investe nella crescita verde e nello sviluppo sostenibile e migliora la connettività negli Stati membri con un PIL inferiore al 90 % della media UE a 27.

Con il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), i fondi appena descritti costituiscono i Fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) (ec.europa. eu/esif).

Fra gli 11 obiettivi tematici dei Fondi FESR e FSE, prioritari della politica di coesione, a sostegno della crescita, al punto 8. troviamo quello di

“Promuovere l’occupazione sostenibile e di qualità e sostenere sostenere la mobilità dei lavoratori.”

Quanto, questo della mobilità, soddisfi gli obiettivi della creazione e della crescita di posti di lavoro e della solidarietà, le esigenze di crescita verso una società europea sempre più integrata e quanto, invece, si ponga in contrasto con le esigenze di crescita e di tutela della famiglia è argomento che richiederà approfondite riflessioni.

Anche coloro che vivono oltre i confini dell’Unione europea traggono benefici grazie ai pro- grammi di cooperazione transfrontaliera Strumento di preadesione. All’evidenza, l’Unione europea costituisce un laboratorio per una nuova umanità, molto poco società e molto poco identitaria.

Nell’occasione di questa pandemia, abbiamo sentito parlare del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE). In caso di gravi calamità naturali, gli Stati membri possono, inoltre, richiedere aiuti mediante FSUE, che può essere mobilizzato per un importo complessivo massimo annuale di 500 milioni di EUR.

La politica di coesione in Italia

In Italia, il Dipartimento per le politiche di coesione è il dipartimento, incardinato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che opera nell’attività funzionale al coordinamento, alla programmazione ed all’attuazione delle politiche di coesione e di sviluppo territoriale.

3884.- Italiani scoprono composto naturale che blocca il coronavirus nelle cellule impedendo la diffusione

Particelle virali del coronavirus su cellule in coltura. Credit: NIAID

24 Marzo 2021, di Andrea Centini, da scienze.fanpage.it

Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati italiani delle università Tor Vergata di Roma e Torino ha scoperto che l’indolo-3-carbinolo (I3C), un composto naturale derivato da piante come cavoli e broccoli, è in grado di bloccare il coronavirus SARS-CoV-2 nelle cellule umane impedendogli di uscire e diffondersi nel resto dell’organismo. I test, al momento condotti solo in vitro, gettano le basi per potenziali farmaci in grado di ostacolare la replicazione virale e la trasmissione della COVID-19.

Le Brassicaceae Burnett o Cruciferae sono una grande famiglia di piante erbacee appartenenti all’ordine Brassicales distribuite in tutti i continenti e in tutti i climi. La famiglia si contraddistingue dai fiori a quattro petali disposti a croce, da cui deriva appunto il nome; ma quali sono? Broccoli, cavolfiore, cavolo romano, broccoletti di Bruxelles, rape, cime di rapa, ma anche la rucola, superfood amico della longevità..


Un composto naturale prodotto dalle piante Crucifere (Brassicaceae) è in grado di “intrappolare” il coronavirus SARS-CoV-2 all’interno delle cellule, ostacolando la replicazione e impedendo la diffusione nel resto dell’organismo. In parole semplici, grazie a questo vero e proprio blocco – che colpisce gli enzimi responsabili della fuoriuscita virale, un meccanismo biologico chiamato “cell egression” – è possibile arrestare l’infezione e neutralizzare il patogeno. I risultati sono stati ottenuti in laboratorio su cellule coltivate in provetta (test in vitro), tuttavia, poiché il composto naturale coinvolto è sicuro e viene già utilizzato per il trattamento di altre condizioni mediche, come la papillomatosi respiratoria ricorrente, gli autori della scoperta sono fiduciosi sul fatto che possa passare rapidamente alla fase clinica per poterne dimostrare le spiccate capacità antivirali anche nell’uomo.

La sostanza in grado di bloccare il coronavirus nelle cellule è l’indolo-3-carbinolo (I3C), che deriva dalla degradazione di composti glucosidici presenti nella maggior parte delle piante Crucifere, come cavoli, broccoli, cavolfiori, cavoletti di Bruxelles e simili. A scoprire le sue proprietà contro il patogeno pandemico è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati italiani dell’Università di Tor Vergata, dell’Università di Torino e dell’Università del Nevada (Stati Uniti), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Beth Israel Deaconess Cancer Center della Scuola di Medicina dell’Università di Harvard; del Dipartimento di Epidemiologia e Ricerca Preclinica dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani (INMI) di Roma; del Laboratorio di Genetica Medica dell’IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù; dell’Università di Boston e di numerosi altri istituti. Hanno partecipato all’indagine anche alcuni consorzi di ricerca, come il COVID Human Genetic Effort, il French COVID Cohort Study Group e il CoV-Contact Cohort.

Gli scienziati, coordinati dai professori Giuseppe Novelli del Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell’ateneo romano e Pier Paolo Pandolfi del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze della Salute dell’ateneo di Torino (oltre che docente in due istituti americani), sono giunti alle loro conclusioni dopo aver scoperto la classe di enzimi umani che il coronavirus SARS-CoV-2 sfrutta per uscire dalle cellule infettate e diffondersi nel resto dell’organismo, determinando la COVID-19 (la patologia). Si chiamano E3-ubiquitin ligasi (HECT-E3) e sono coinvolti nella fase di “cell egression” di virus a RNA come il mortale Ebola, “attraverso l’interazione diretta della sua proteina VP40”, si legge nell’abstract dello studio. Due di questi enzimi, chiamati NEDD4 e WWP1, interagiscono con la proteina S o Spike del coronavirus, e come specificato permettono la diffusione virale. Gli scienziati hanno scoperto che questi enzimi risultano essere sovraespressi nei pazienti colpiti dalla forma grave della COVID-19, così come in modelli murini (topi) geneticamente modificati e infettati dal SARS-CoV-2.

Nei test in vitro l’indolo-3-carbinolo (I3C), che è un inibitore naturale di NEDD4 e WWP1, ha mostrato “potenti effetti antivirali e inibisce la fuoriuscita virale”. Grazie alle basi gettate da questo studio sarà possibile mettere a punto farmaci costruiti attorno al principio attivo che puntano a bloccare la replicazione del virus e ad arrestarne la trasmissione. Potenzialmente potranno essere utilizzati anche in combinazione con altre terapie. “Un vaccino è solo una misura profilattica. Dobbiamo testare il farmaco in studi clinici con pazienti Covid-19 per valutare rigorosamente se può prevenire la manifestazione di sintomi gravi e potenzialmente fatali. Avere opzioni per il trattamento, in particolare per i pazienti che non possono essere vaccinati, è di fondamentale importanza per salvare sempre più vite umane e contribuire ad una migliore condizione e gestione della salute pubblica”, ha dichiarato il professor Novelli. “Dobbiamo pensare a lungo termine. I vaccini, pur essendo molto efficaci, potrebbero non esserlo più in futuro, perché il virus muta, e quindi è necessario disporre di più armi per combatterlo. La scoperta su I3C è importante, e ora dobbiamo avviare studi clinici per dimostrare la sua potenziale efficacia”, ha affermato il professor Pandolfi, aggiungendo che sarà importante anche capire se il farmaco sarà efficace contro la cosiddetta “Long COVID” (i postumi dopo aver superato la fase acuta, che possono durare per mesi). I dettagli della ricerca “Inhibition of HECT E3 ligases as potential therapy for COVID-19” sono stati pubblicati sull’autorevole rivista scientifica specializzata Cell Death & Disease del circuito Nature.


3883.- La fine del regno di Arcuri.

E aggiungerei: “La parola ai magistrati”.

Senatore, Huffpost, 03/03/2021

In pochi giorni il presidente Draghi ha sostituito alcuni degli uomini che ricoprivano ruoli chiave nell’affrontare l’epidemia che, nonostante conseguissero risultati più che imbarazzanti, continuavano, incredibilmente a essere lasciati ai loro posti. Senza alcun annuncio, il presidente del Consiglio ha creato una discontinuità con il passato recente.

Prima il capo del dipartimento della Protezione Civile e poi il Commissario a tutto Arcuri, sono stati cortesemente, ma con fermezza, accompagnati all’uscita. Doverosi i ringraziamenti istituzionali, ma nessun fronzolo e in controluce, la necessità di chiudere al più presto con questa gestione, perché non c’è altro tempo da perdere.

In particolare, Domenico Arcuri non solo è vittima dei propri errori, ma anche della sua disponibilità a fungere da parafulmine, da “scudo umano”, al presidente del Consiglio Conte che gli ha attribuito ogni tipo d’incarico e che Arcuri ha sempre accettato, pur non riuscendo mai a fornire risultati convincenti.

In realtà, il Commissario avrebbe dovuto avere solo il compito di procurare le risorse umane e strumentali occorrenti per contrastare l’epidemia. Invece, gli è stato lasciato, e lui ha accettato un ruolo di fatto decisorio, che evidentemente gradiva, come si rileva dalla ampia esposizione mediatica della propria persona.

Ricordiamo che nel marzo del 2020 Arcuri viene nominato Commissario per cercare di porre rimedio alla clamorosa mancanza di mascherine e degli altri DPI e che potrebbe essere il motivo per cui non si diede attuazione al Piano anti pandemico che imponeva, anche nelle fasi inter-pandemiche, di tenere alta la guardia mantenendo scorte adeguate di DPI e altri materiali. L’azione avrebbe dovuto essere decisa, rapida ed efficace ed invece fu lenta, confusa e inefficace, cosicché le mascherine erano introvabili e carissime.

Incidentalmente, tutti ricordiamo che, mentre veniva nominato un Commissario dotato di poteri derogatori straordinari per reperire, letteralmente a ogni costo, mascherine e altri DPI, contraddittoriamente esponenti del CTS e lo stesso capo della Protezione civile Borrelli, in maniera imprudente affermavano che non si dovesse indossare alcun dispositivo di protezione in assenza di sintomi chiari e si presentavano in pubblico orgogliosamente senza mascherina.

La storia strampalata e paradossale dei banchi a rotelle è quasi naif nella sua ingenuità. Mentre è molto più grave la drammatica lentezza della campagna vaccinale, con la sciagurata spesa degli inutili padiglioni “primula”, destinata a finire in tempi burocratici incompatibili con la tutela efficace della vita e della salute pubblica.

Finché Arcuri era al suo posto, la Protezione civile era estromessa, come anche le Forze Armate, e il volontariato; si tratta di risorse tutte utili che, se ben coordinate tra loro e con le strutture sanitarie, potranno incrementare considerevolmente il ritmo della vaccinazione di massa che attualmente langue.

La caduta di Arcuri, però deve segnalare anche che nessuno può abdicare dalle proprie responsabilità di ordine pubblico scaricandole su altri, anche se questi ultimi sono in concreto dispostissimi ad accettare il ruolo improprio che gli viene attribuito, poiché le istituzioni sopravvivono alle effimere fortune delle persone.

3882.-C.S.M.. Il vulnus alla Magistratura italiana è lì dove non dovrebbe essere.

Il “Sistema” premia il giudice condannato. Però non si parla di riforma del CSM

da Scenari economici

Mentre per qualsiasi attività professionale, dalla medicina alla contabilità all’ingegneria, perfino al giornalismo (tranne qualche super garantito) , è necessario mostrare un certo equilibrio mentale per poter svolgere la professione, nell’Italia del “Sistema” giudiziario il CSM premia con la promozione un giudice che ha tagliato le gomme ad una sua collega. Abbiamo parlato di “Sistema” perchè ci rifacciamo proprio al “Sistema” Palamara, che lo stesso giudice ha messo in evidenza in un recente libro – intervista con Sallusti.

Il problema è che l’autotutela dei giudici è veramente tale, nel senso che la finalità del CSM sembra essere quella di proteggere tutti i giudici, qualsiasi cosa facciano, al limite non dell’indipendenza, ma dell’impunità. 

Una condanna​ disciplinare e una penale hanno macchiato la fedina di Giulio Cesare Cipolletta​ del Tribunale​ di Pisa​, che come riporta “LaRepubblica​”, durante una controversia stradale avrebbe mandato all’ospedale una signora, sbattendole lo sportello sul ginocchio. Danno riparato, alla fine, mettendo mano al portafoglio: 3000€ risarciti e reputazione salvata. O forse no?

Poi è successo il secondo episodio: una collega si è trovata con le gomme tagliate.  Nonostante questo Cipolletta ha infatti recentemente superato la quinta valutazione di professionalità, nel percorso che si archivierà alla settima: 13 pareri favorevoli contro 6 hanno diviso il Consiglio, con la motivazione che, nonostante gli atteggiamenti quantomeno discutibili e condannati – cioè una collega che si è ritrovata più volte le gomme dell’auto a terra dopo diverbi con l’interessato – “è comunque un buon giudice“.

Del resto:  “Il dottor Cipolletta si pone fra i colleghi più produttivi della sezione e con riferimento alla diligenza afferma che ha sempre rispettato i termini di deposito dei provvedimenti​“, sostiene il consiglio giudiziario.  Quello che è scritto in quei provvedimenti è tutto da vedere e, del resto, non pare avere nessun freno dal punto di vista personale, visto che, alla fine , gli è concesso fare un po’ di tutto. Quindi il risultato è che un giudice che rispetta i tempi dei suoi compitini in tempo, gode dell’impunità professionale.  Il CSM era stato pensato dai padri costituenti per questo.