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5905.- Tedeschi e francesi scoprono Lampedusa. Salvini carica.

Le prossime europee fanno da sprone ai partiti contro l’immigrazione. Inutile parlare di solidarietà attiva dell’Europa verso l’Africa.

Da Boulevard Voltaire, traduzioni libere

Scholz considera la pressione migratoria “insostenibile”! Anche Meloni!

Prima condizione per poter affrontare il problema immigrazione è lo spostamento dell’Unione Europea verso una destra Orbán-Meloni, ma non dimentichiamo di finanziare il Nuovo Piano Mattei.

Di Frédéric Sirgant 16 settembre 2023

Alcune estati europee furono i periodi di scoppio delle guerre mondiali. Nel XXI secolo, invece, sono questi i periodi in cui esplode il caos migratorio, un colpo alla Grecia, un colpo a Lampedusa, un colpo a Gibilterra. Ricordate: il 2015 e questo 31 agosto quando la Cancelliera Angela Merkel pronunciò il suo famoso: “Wir schaffen das! ” (“Ci arriveremo!”). Una formula alla quale ha poi in parte rinunciato, ma senza mai mettere in discussione la folle politica di accoglienza che sta spingendo l’Europa con le spalle al muro, distorcendone la demografia e l’identità e aggiungendo come bonus l’insicurezza. Otto anni dopo, è proprio Lampedusa, travolta per tutta l’estate da massicci arrivi di migranti, a infliggere ancora una volta un affronto alla politica di accoglienza di Merkel, von der Leyen e Scholz.

Paradossalmente è proprio la cancelliera socialdemocratica che ha appena segretamente dichiarato il fallimento del sistema di immigrazione messo in atto dall’Unione Europea. Abbiamo infatti appreso in questi giorni che la Germania si rifiuta, dalla fine di agosto, di accogliere i migranti provenienti dall’Italia, come dovrebbe fare in applicazione del meccanismo volontario di solidarietà europea che consiste nel ricollocare in un Paese terzo una parte dei migranti in arrivo. uno Stato dell’Unione Europea. Le giustificazioni di Berlino sono interessanti. Il primo, diplomatico, è un classico della bella solidarietà europea: Berlino accusa Roma di non riprendere in carico i richiedenti asilo che vivono in Germania, ma i cui fascicoli dovrebbero essere trattati in Italia, dove sono arrivati ​​per la prima volta, secondo l’Accordo di Dublino. Su 12.452 migranti nel 2023, l’Italia ne avrebbe accolti solo dieci, secondo il Viminale tedesco.

Ma l’altra motivazione addotta dalla Germania di Scholz è molto più interessante: il Viminale tedesco menziona infatti “l’attuale forte pressione migratoria verso la Germania”. Interessante perché Giorgia Meloni ha usato la stessa espressione proprio questo venerdì sera in un videomessaggio, mettendo l’Unione Europea con le spalle al muro!
Che il socialdemocratico tedesco cominci a parlare come l’estrema destra italiana è un segnale incoraggiante.

Ma cosa è successo a Scholz, quando ha fatto notizia per la sua benda sull’occhio dopo un leggero infortunio mentre faceva jogging? Un’improvvisa lucidità di fronte alla realtà migratoria del proprio Paese? Forse. Secondo l’Ufficio federale tedesco per l’immigrazione e i rifugiati (BAMF), infatti, 162.271 migranti hanno presentato domanda di asilo, una cifra in aumento del 77,5% rispetto al 2022: un anno record! Ma questa lucidità è senza dubbio favorita dai sondaggi che vedono la destra e l’estrema destra tedesca (AfD) in crescita. Molti eletti locali, di fronte alle conseguenze concrete di questa follia migratoria, soprattutto in termini di sicurezza, stanno esercitando pressioni sul governo. E il ministro dell’Interno tedesco Nancy Faeser si candida come capolista del Partito socialdemocratico (SPD) per le elezioni regionali dell’8 ottobre in Assia. Tuttavia, all’AfD viene regolarmente assegnato lo stesso livello dell’SPD. Dopo le storiche sconfitte della CDU alla fine del mandato della Merkel, toccherebbe alla SPD mordere la polvere.

Se questo ennesimo caos a Lampedusa permetterà ai leader europei, sotto la pressione dei partiti di destra in campagna per le elezioni europee, di rendersi finalmente conto che i problemi dell’immigrazione non sono innanzitutto questioni di distribuzione da negoziare ma di flussi da interrompere, di fonti da prosciugare, allora non sarà stato inutile. Naturalmente, questa rivoluzione copernicana richiederà una determinazione diversa rispetto al pas de deux di uno Scholz o di un Macron. E la prima condizione è lo spostamento dell’Unione Europea verso una destra Orbán-Meloni. Sì, Lampedusa è proprio il primo turno della campagna per le elezioni europee, come scrive Marc Baudriller. E un’occasione storica per la ripresa.

La nipote di Marine Le Pen, a Lampedusa “manifesta” pubblicamente il sostegno all’Italia.

Gabrielle Cluzel, 15 settembre 2023

Ricordate, era il 2021. HEC, la business school più prestigiosa, si è impegnata a “formare il 100% dei suoi studenti sulla violenza sessuale e di genere, con il gruppo Egaé, fondato da Caroline De Haas”. Per gli studenti non lo sappiamo, ma per gli insegnanti c’è ancora lavoro.

Proprio il politologo belga François Gemenne, autore dell’IPCC, direttore dell’Osservatorio Hugo, che mostra con orgoglio il suo status di professore all’HEC sul suo account X – ha tenuto pochi giorni fa una conferenza sul ritorno a scuola sul tema ” Clima e migrazioni”, il suo argomento preferito -, ha accusato, su LCI, questo venerdì mattina, Marion Maréchal di essere “saltata sul primo aereo per fare la sua pin-up a Lampedusa” (sic).

Ma cos’è, in realtà, una pin-up secondo Larousse? Una “giovane donna con un fisico gradevole e che abbia sex appeal” oppure “una foto o un disegno di una ragazza carina e discinta, usata per decorare una stanza”. Il termine pin-up si riferisce a una puntina da disegno incorporata. Questa espressione è nata nel 1941 per designare le foto “seducenti” e “sexy” – queste le parole che possiamo leggere su Wikipedia (la bibbia della sinistra) – che i soldati americani appendevano alle pareti delle loro stanze o alle porte dei il loro armadietto. Un politico, ex deputato, capolista europeo, in viaggio su un’isola che vive un dramma paragonato “all’apocalisse” del prete locale, è quindi accusato di voler essere seduttivo sotto le palme.

Degno di Mr Bean

Sostituiamo LCI con CNews e Marion Maréchal con Clémence Guetté, e immaginiamo per un minuto e mezzo la sincope generale, lo stupore totale davanti allo tsunami dell’indignazione. Uff, sono SOLO Marion Maréchal. E in passato, gli insulti rimasti impuniti contro Nadine Morano e Marine Le Pen ci hanno dimostrato che bastavano le opinioni di destra per cancellare ogni femminilità e, quindi, ovviamente, il sostegno delle femministe. Questo signore è tuttavia molto imprudente nel muoversi il dibattito sui bikini e sui reggiseni push-up, caratteristica ben nota delle pin-up, perché qualche giorno fa erano state le sue mutandine a fare notizia, durante un video sulla stessa catena. Pensando di essere solo un duro in TV, si era solo messo la parte superiore del vestito. Ma senza contare la sfortunata caduta del suo telefono che ha offerto, per un momento, lo spettacolo della sua biancheria intima, una sequenza degna dei tempi d’oro di Benny Hill o Mr Bean.

I social network ne ridono ancora. Niente di sorprendente, si potrebbe dire: nell’immaginario francese, i belgi fanno ridere. E questo, anche quando parla seriamente, è divertente: “È aprendo meglio le frontiere che controlleremo meglio l’immigrazione”, spiegava François Gemmenne, nell’ottobre 2020, su L’Union ardennaise. Dovevi pensarci. In tutte le sue prediche – perché c’è qualcosa di telepredicatore in quest’uomo – esorta a “smettere di credere che possiamo fermare l’immigrazione chiudendo le frontiere”, ad “accettare il fatto che l’immigrazione è una sorta di trasformazione strutturale delle nostre società e non è un problema temporaneo che dovrà essere risolto”. Quello che segue è senza dubbio un cenno agli studenti HEC: “La cosa migliore che possiamo fare è organizzarli per massimizzare i benefici. » Insomma, conclude, «c’è una politica pragmatica e umanitaria da costruire, nel quadro europeo».

7 milioni di euro offerti dalla Commissione

E conosce bene il quadro europeo: il suo Osservatorio Hugo sulle migrazioni ambientali, sotto la guida dell’Università di Liegi, coordina HABITABLE, “il più grande progetto di ricerca sui cambiamenti climatici e le migrazioni mai finanziato dall’Unione europea”: un consorzio che riunisce venti partner provenienti da 17 paesi di tre continenti. E che ha ricevuto quasi sette milioni di euro dalla Commissione europea… La Commissione di cui avrebbe cattiva grazia, ammettiamolo, non sposare la visione “migratoria”, che distilla da media a media. Questa visione non è quella (non è uno scoop) di Marion Maréchal. Ma un tale esperto non ha trovato altro argomento per contrastarlo se non quello di creare Nabilla alle Seychelles. Marion Maréchal, in un duplex a Lampedusa, si è subito soffiata il naso, vestendolo per l’inverno. Il che, almeno per il fondo, non è un lusso.

Migranti, Salvini: Il governo farà quel che è giusto, non escludendo ogni intervento

Una dichiarazione che è un programma: “Il fatto che domani saremo a Pontida con Marine Le Pen e Giorgia sarà a presidiare Lampedusa è il simbolo di un governo che ha lo stesso obiettivo”, ha sottolineato. Il Centro Destra rimane unito.

16 Settembre 2023, Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Da ministro “ho fatto il mio dovere per bloccare gli sbarchi dei migranti clandestini e questo governo farà quello che è giusto fare, non escludendo ogni intervento possibile per proteggere i figli della nostra terra”. Lo ha detto il ministro delle infrastrutture e mobilità e vice premier Matteo Salvini dal palco di Pontida. “Il fatto che domani saremo a Pontida con Marine Le Pen e Giorgia sarà a presidiare Lampedusa è il simbolo di un governo che ha lo stesso obiettivo”, ha sottolineato. E poi sull’Europa: “Marine Le Pen rappresenta l’Europache vogliamo, l’Europa delle libertà, delle identità, dei popoli, delle nazioni e delle tradizioni”, ha detto Salvini.

“Abbiamo il centrodestra al governo dell’Italia –  ha continuato il ministro – perché il centrodestra ha scelto di essere unito in Italia. Siccome l’anno prossimo ci sono le elezioni europee, sarebbe delittuoso perdere l’occasione, per la prima volta nella storia, di portare il centrodestra unito a vincere anche in Europa. Io farò di tutto per mandare a casa, per la prima volta nella storia, socialisti e comunisti dal governo dell’Europa”.

Sulla politica interna Salvini ha dichiarato che i prossimi mesi saranno mesi “complicati, difficili, con l’economia nazionale che va male” e con “la Germania che non è ferma, ha messo la marcia indietro, e quindi è un problema anche per le nostre fabbriche e per i nostri artigiani”, anche se, ha concluso il leader della Lega, “è bello ritrovarvi con il partito forte che cresce, non solo nei sondaggi”.

5612.-  LE RIFORME ISTITUZIONALI E L’ETERNA POLITICA DEL DISAPPRENDIMENTO AUTOMATICO

Senza fare di ogni erba un fascio, la politica delle poltronare e dei poltronari è già in campagna elettorale per le prossime elezioni europee. I lauti stipendi e gli intrallazzi di Bruxelles fanno gola a chi ha giurato di non lavorare mai. Nel frattempo e siamo in piena guerra, gli italiani, il governo e la Costituzione subiranno gli attacchi dei pseudo riformisti: le solite armi di distrazione di massa.

Da L’Inkiesta, di Christian Rocca

SCEMENZA ARTIFICIALE | LE RIFORME ISTITUZIONALI E L’ETERNA POLITICA DEL DISAPPRENDIMENTO AUTOMATICO

Ancora una volta, come da oltre trent’anni a questa parte, i partiti dibattono su come cambiare la Costituzione e la legge elettorale. Un’arma di distrazione di massa – assieme al significato salvifico che si dà all’Europee del 2024 – per non occuparsi di cose serie.

Più soporifero del dibattito sulle riforme istituzionali c’è solo il dibattito sull’allarme democratico delle riforme istituzionali fatte solo da una parte, ovviamente se la parte è la destra perché quando, come nella tragica stagione del titolo V della Costituzione, le ha fatte da sola la sinistra l’apprensione magicamente scema. 

Il dibattito sulle riforme e le polemiche sulle riforme sono il nostro giorno della marmotta, la perenne ripetizione dell’identico, una specie di scemenza artificiale che addestra le migliori menti della nostra generazione a non imparare niente dall’esperienza e semmai a reiterare gli errori del passato, un formidabile algoritmo umano basato sul disimparare automatico, “machine unlearning”,  che dovrebbe essere studiato alla Silicon Valley quanto a precisione ed efficacia della sua capacità predittiva: finisce, infatti, sempre a schifìo. E poi si ricomincia come se non fosse successo nulla. 

Ci risiamo, dunque: le riforme istituzionali. E vai con presidenzialismo, semi presidenzialismo, sindaco d’Italia, premierato forte, modello Westminster più qualunque combinazione a vanvera tra questi modelli, solitamente affidata alle cure del dentista Roberto Calderoli, un luminare di sistemi istituzionali comparati fin da quando ha sperimentato sul campo di Pontida le nozze padane col rito celtico. 

Di solito il segnale inequivocabile che sia arrivato il momento di spegnere la luce è quando – dopo aver esaurito le cartucce sul sistema francese o su quello tedesco, e aver scongiurato una qualsiasi porcata calderoliana – qualcuno propone per incanto di adottare il sistema di voto alternativo all’australiana. Ci arriveremo presto anche a questo giro, perché ci arriviamo immancabilmente dal 1991, anno del referendum sulla preferenza unica. 

Da allora sono trascorsi trentadue anni – in politica un’eternità quasi quanto quella che nel calcio misura la frequenza degli scudetti del Napoli – eppure i partiti e i leader non demordono, insistono a parlarne, a fare e a disfare, invece di occuparsi di cose serie come per esempio non sprecare la montagna di miliardi europei del Pnrr, far funzionare la sanità, costruire le infrastrutture necessarie ed evitare che la scuola pubblica sforni ulteriori ondate di grillini. 

Il dibattito sulle riforme questa volta probabilmente è anche peggiore rispetto ai cicli precedenti, e non come scrive Ezio Mauro perché al governo c’è la destra, ma perché all’arma di distrazione di massa delle riforme istituzionali se ne aggiunge parallelamente un’altra che è quella delle elezioni europee del 2024.

Un’altra arma di distrazione di massa non perché Bruxelles sia poco importante, tutt’altro, piuttosto perché le strategie dei partiti e dei leader politici, nessuno escluso, sono esclusivamente indirizzate a conquistare i migliori piazzamenti possibili alle elezioni del 2024, anziché affrontare oggi le questioni cruciali per modernizzare il paese, sviluppare l’economia e riconoscere più diritti e più garanzie ai cittadini.

In mancanza di idee e di capacità di realizzarle, la politica italiana si aggrappa al dibattito sulle riforme istituzionali e rimanda i problemi a elezioni lontane al solo scopo di trovare in esse un significato salvifico, un segno di speranza in grado di garantire il perdono e la riconciliazione con gli elettori. Ma è solo ammuina, è solo merce dozzinale, è solo inadeguatezza.

2503.-226 PARLAMENTARI EUROPEI CONSIDERATI AFFIDABILI DAL SOROS

 Niente di nuovo. Caduti i valori morali, espulsa la meritocrazia, in nome di una falsa democrazia, l’unico traguardo desiderabile per le masse sono i 30 denari. Tutti i conti tornano. Anche le costituzioni e, quindi, gli stati sovrani, i welfare possono lasciare la scena.

01.11.2017 Maria Giovanna Maglie

OLTRE IL COMPLOTTISMO: SVELATA LA LISTA DEI 226 PARLAMENTARI EUROPEI CONSIDERATI ‘AFFIDABILI’ DAL MILIARDARIO. GLI ITALIANI SONO 14, DI CUI 13 DEL PD, E NESSUN GRILLINO O DI FORZA ITALIA – IL GOVERNO UNGHERESE, GRAN NEMICO DI SOROS, USERÀ QUESTI ‘LEAK’ NELLA SUA FURIBONDA BATTAGLIA CONTRO I PROGETTI DELLA OPEN SOCIETY DI RIEMPIRE DI PROFUGHI E DI IMMIGRATI TUTTI I PAESI EUROPEI.

Affidabili perché? Amichetti di chi? I parlamentari italiani affidabili per George Soros e la sua Open Society, ma soprattutto per i suoi progetti di diffusione di immigrati e profughi in tutta Europa, sono 14, dei quali 13 del Partito Democratico, che a Bruxelles e Strasburgo sta nel gruppo che ora si chiama “alleanza progressista democratici e socialisti”, e 1 della lista Tsipras, che è Barbara Spinelli.

Gli altri sono Brando Maria Benifei, Sergio Cofferati, Cecilia Kyenge, Alessia Mosca, Andrea Cozzolino, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, Isabella De Monte, Luigi Morgano, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella, Elena Schlein, Daniele Viotti.

GEORGE SOROS E TAMIKO BOLTON

 I loro nomi compaiono in un documento interno della Open Society che è una mappa dettagliata fino alla maniacalità sul Parlamento Europeo e la sua struttura, le sue ramificazioni, al centro della quale ci sono 226 parlamentari sui 751 dell’intero Parlamento, 7 vicepresidenti, decine di coordinatori e di questori, i membri di 11 commissioni e 26 delegazioni, tutti definiti affidabili alleati già dimostratisi tali o che tali possono diventare, assieme al gruppo dei loro assistenti, collaboratori, funzionari e portaborse a titolo vario.

La maggioranza, 82, è nel partito dell’Alleanza progressista dei socialisti e democratici, ma ci sono circa 38 del Partito Popolare Europeo e 36 del gruppo Liberale, 34 della Sinistra Nordica, fino a 7 conservatori e conservatori e riformisti europei. Un appoggio trasversale.

Gianni Pittella

Per carità, le grandi compagnie nell’organizzare attività di lobby così fanno, individuano le persone avvicinabili in una istituzione per disponibilità e per competenza. Ma se si trattasse solamente di individuare chi è vicino a certe opinioni, certe battaglie, a certe campagne in modo ideale, per appartenenza politica e sentimento, perché solo 226 presi nell’intera area progressista del Parlamento, e non solo? Perché solo 14 italiani, quando si suppone che tutti e 31 gli eletti del Partito Democratico dovrebbero condividere le stesse opinioni? Perché nessuno dei 17 eletti dei 5 stelle? Nessuno sensibilizzabile fra I 13 di Forza Italia?

BARBARA SPINELLI

 È un bel malloppo quello preparato dalla Open Society che DCleaks ha reso noto, e che il governo ungherese, gran nemico di George Soros, ora ritiene di poter utilizzare nella sua furibonda battaglia contro i progetti della Open Society di riempire di profughi e di immigrati tutti i Paesi europei.

I 226 parlamentari sono elencati per incarichi, competenze, interessi, background, appartenenza politica, Paesi di provenienza, ruoli nelle varie commissioni passati presenti e futuri; c’è Martin Schulz, non più presidente perché si è candidato nel partito socialdemocratico tedesco e ha sfidato la Merkel portando il suddetto partito al suo minimo storico. C’è l’italiano Gianni Pittella, che del gruppo Socialista è il presidente. Ci sono nomi famosi come Sergio Cofferati e Barbara Spinelli, e meno noti al pubblico, ma segnalati come influenti nel loro partito e nel Parlamento europeo, come Roberto Gualtieri.

Sull’autenticità del rapporto non c’è il minimo dubbio; su reazioni, annunci e speculazioni che fanno gli ungheresi alcune premesse sono necessarie perché il rapporto tra governo di Budapest e George Soros e’ di guerra. A dir la verità siamo prossimi alla guerra anche tra gli organismi che dirigono l’Unione Europea e Budapest, ma anche Varsavia, Bratislava e Praga, a cui aggiungere Vienna.

ORBAN SOROS

Lo scontro ruota intorno alla politica di accoglienza indiscriminata, causa principale anche dell’uscita dell’Inghilterra, sarà bene ricordarlo. Con Soros, Budapest e il governo nazionalista di Viktor Orban hanno un conto doppio, perché George Soros è nato in Ungheria, nel 1930, da ebreo del ghetto di Budapest ai nazisti, imparando magistralmente fin da bambino l’arte della sopravvivenza a modo suo, denunciando ai nazisti i luoghi nei quali altri ebrei erano rifugiati. Da lì è partita la sua straordinaria avventura di finanziere e speculatore, con pelo sullo stomaco come pochi, basta ricordare la svalutazione della Sterlina e della Lira nel 1992.

martin schulz

La Open Society e la filantropia sono venute dopo, ma non sono meno aggressive nei metodi e nei finanziamenti di certi partiti e di certi candidati piuttosto che di altri. Open Society Foundation si propone di “far accettare agli europei i migranti e la scomparsa delle frontiere”,cito il titolo di un progetto. Progetto finanziato di recente per 18 miliardi di dollari con il passaggio di una parte del patrimonio di Soros a Open society.

Sara’ complottismo, impazza anche negli Stati Uniti, visti i rapporti strettissimi tra Barack Obama e Hillary Clinton e Soros, e lo smacco subito con l’elezione di Donald Trump che proprio non era prevista visto il fiume di soldi profusi, ma l’idea è che per raggiungere l’obiettivo basterebbe negli Stati europei un milione di migranti l’anno, con la collaborazione attiva della sinistra “no borders”, della finanza apolide, dei neoguelfi al potere in Vaticano. Tutte colonie.

MANIFESTI ANTI SOROS

 Nelle parole di Viktor Orban, giudicato pericoloso autocrate nelle capitali dell’Europa occidentale ma estremamente popolare nel suo Paese, l’Europa potrebbe diventare presto ostaggio di “un impero finanziario e speculativo che promuove l’invasione orchestrata di nuovi immigrati”.

Magari Orban è pazzo, ma come mai senza un appuntamento prestabilito né un argomento dichiarato, George Soros può incontrare Jean Claude Juncker? Se è per questo, ha lungamente incontrato anche il premier italiano, Gentiloni, l’estate scorsa, in piena crisi di barconi. Insomma, a 87 anni compiuti, ma evidentemente ancora sostenuto da un’energia indomabile, il vecchio speculatore si muove come un leader politico mondiale. E liste come questa del Parlamento Europeo aiutano lui ma non aiutano la considerazione e la fiducia degli elettori.Nascondi

2478.- Referendum 2005 sul progetto di Trattato di Costituzione europea: per i francesi, il compleanno dei non amati

Référendum du traité de Constitution européenne : l’anniversaire du mal-aimé.


Adélaïde Barba
, Etudiante en histoire et sciences politiques


Il 30 maggio, spegne le sue quattordici candele, senza dubbio con dolore e malinconia, ma non ha preso una ruga. Infatti, sebbene ormai passato, viene trascinato come una palla ad ogni elezione e rimane un capro espiatorio per gli Europhiles. Questo referendum, pochi lo hanno voluto, eppure … tutti parlano (ri). Nel periodo post-elettorale, l’anniversario del referendum francese sul trattato che istituisce una Costituzione europea (TCE) è tempestivo e non può essere più attuale in questo panorama politico dominato dalla scissione euroscettica / europea.
A questa domanda bisognava semplicemente rispondere: “Approvi il disegno di legge che autorizza la ratifica del trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa? E presentarsi ai seggi elettorali. Stranamente, il tasso di astensione era relativamente basso, raggiungendo il 30,26%. I francesi si sono precipitati alle urne per rispondere “No” al 54,87%. Jacques Chirac, allora presidente della Repubblica, reagì in modo sobrio e amaro. Disse: “Il voto crea un contesto difficile per i nostri interessi in Europa. “
Cosa ha suggerito questo famoso trattato, citato da Marine Le Pen e Nicolas Dupont-Aignan? Gli obiettivi erano chiari: istituire un presidente per l’Europa e un ministro degli affari esteri dell’Unione, rafforzare il Parlamento europeo con il controllo della Commissione e, soprattutto, riorganizzare le istituzioni europee per l’allargamento dell’Unione europea. I sostenitori, l’UMP, il PS, l’UDF, il PRG e i Verdi, sono usciti … verdi di questo referendum. Gli oppositori, la FN, la MPF, la RPF o la LO, avevano denunciato gli eccessi di questo trattato, vale a dire la perdita della sovranità nazionale a favore di un’Europa federale e la registrazione di orientamenti politici ed economici sovranazionali. Soprattutto, queste parti hanno considerato l’iniziativa dei cittadini – proposta dal TCE – come un cattivo presagio, che secondo loro sarebbe stata una finzione e non sarebbe stata presa in considerazione dalla Commissione Europea.

I cittadini contrari al trattato, secondo un sondaggio Ipsos, hanno visto un deterioramento delle condizioni di vita e hanno criticato il liberalismo esacerbato proposto da questo progetto europeo (stesso rimprovero nel 2019!). Al contrario, i sostenitori hanno elogiato una svolta che avrebbe permesso all’Unione europea di dominare la Cina e gli Stati Uniti e di adattarsi meglio al proprio allargamento.
Se questo referendum ha una cattiva reputazione, sia a sinistra che a destra, è perché è stato negato dalle politiche di firma del Trattato di Lisbona che è, sotto molti aspetti, un TCE mascherato. Mentre nel 2005 i cittadini non volevano “più Europa”, dal 2007 hanno imposto un trattato che trasforma l’architettura istituzionale dell’Unione Europea e che, di fatto, compensa la non ratifica dell’ECT.
Infine, dato l’eterno dibattito sulla questione europea, l’anniversario del referendum del 2005 dovrebbe essere celebrato ogni giorno! Macron, Merkel: colpo

2473.- LA GRAN BRETAGNA, LA BREXIT E BORIS JOHNSON

E BREXIT SIA, MA PER ORA!

Ci sono tante Europe: C’è l’Unione Europea, che unione non è, che legifera sui peli degli europei, c’è l’Europa dei paesi nucleari, che armano le loro poche navi al fianco degli Stati Uniti e vorrebbero metterci tutti in fila e sull’attenti, al comando di chi non si sa; c’è, sopratutto, l’Europa della finanza mondiale, con la sua Banca Centrale Europea Privata, di contorno, ci sono i populisti, i sovranisti e i socialisti, ma, alla fine, ci sono gli inglesi dalle due facce: quella di Wall Street e quella… . Gli inglesi sono quelli che, da europei, garantiscono il trattato nucleare dell’Iran e, poi, eseguono l’ordine da Washington di sequestrare la superpetroliera iraniana. Sono, ancora, quelli che, con una misera fregata di Sua Maestà, vogliono essere i gendarmi di Hormuz. Insomma, tra loro e i francesi, con la loro portaerei un pò rifatta, vogliono fare la politica estera europea, che non c’è, seguendo la scia USA, contro Putin, contro Assad e .. pace alla tua anima Muhammad Gheddafi. Possiamo solo rammaricarci della fine del sogno europeo, sottoscritta a Maastritch, incardinando gli stati in un soggetto non-politico, senza una Costituzione e disciolto, definitivamente, con l’allargamento prematuro a 28. Perciò, ben venga ottobre con la definitiva Brexit – nulla è definitivo – e auguri a Antonio Tajani, Presidente della Conferenza dei Presidenti di commissione e alla sua Commissione Affari costituzionali. Da Paris, Boulevard Voltaire, oggi, titola: “Boris Johnson : pourquoi est-il l’homme qui fera le Brexit”, “Boris Johnson: Perché è l’uomo che farà la Brexit”. Theresa permettendo. Le riflessioni di questo articolo sono la voce fuori dal coro che avremmo voluto sentire durante la campagna elettorale per le elezioni europeee. A voi, di <associazioneeuropalibera.wordpress.com, in italiano.

“Boris Johnson : pourquoi est-il l’homme qui fera le Brexit”

Boris Johnson, ex sindaco di Londra ed ex segretario agli esteri, è stato nominato nuovo primo ministro del Regno Unito il 24 luglio, dopo essere stato eletto nuovo leader del partito conservatore il 23 luglio, con il 66% dei voti.
Il nuovo primo ministro ha promesso di portare il Regno Unito fuori dall’UE entro il 31 ottobre, con o senza un accordo sulla Brexit.

I conservatori inglesi sono sempre stati in grado di trovare la persona giusta quando la storia prende un appuntamento. Nel 1940 fu Churchill ad agganciarlo, oggi, di fronte alla sfida salvifica della Brexit, è Boris. Boris Johnson è riconoscibile dal suo “pagliaio” come acconciatura, poiché Churchill aveva il suo sigaro e il suo cappello a cilindro, visto che Johnny Rotten era stato lì, e l’eccentricità è sempre stata il segno distintivo dei nostri vicini britannici.
Laureato a Eton e Oxford, il nuovo Primo Ministro britannico è un membro dell’alta borghesia che sa parlare al popolo con il suo stile diretto, proprio come l’altro, che aveva frequentato la molto privata Harrow School, poi il Royal Military Academy Sandhurst.
Il confronto tra BoJo e il vecchio Lion potrebbe essere tanto più vero in quanto il nuovo inquilino di 10 Downing Street ha pubblicato, nel 2014, The Churchill Factor: How One Man Made History (“How One Man Made History”) che è un vero libro di uno scrittore. Il personaggio è il destino, dicevano i Greci ed è anche il punto di vista di Boris Johnson “Quali sono gli elementi che hanno attribuito a Churchill un ruolo di questa portata? In quali forge sono stati creati uno spirito così potente e quella volontà di ferro? Quale martello, quale catena, quale fornace hanno modellato questo cervello? potremmo chiedere riprendendo i Tiger Worms di William Blake:
Se Churchill è così importante, è perché ha salvato la nostra civiltà. E solo lui è stato in grado di farlo. “ (chissà se la storia non rivelerà qualcosa di meno eroico. ndr)

Churchill, come Boris oggi, è una smentita per tutti gli storici marxisti. Sì, una persona, il fattore umano, può fare la differenza. Questo è ciò che il conservatorismo ci insegna.

Sto tornando da Londra, Shoreditch, dove i molti nuovi hipster nelle discoteche e nei bar alla moda che circondano Shoreditch High Street, Great Eastern Street e Old Street stanno reinventando Swinging London. Lì, anche i partigiani, del resto, sanno che, nel peggiore dei casi, la “brexit dura” metterà Londra faccia a faccia con Parigi nella situazione di New York. E allora? Vox populi, vox Dei. È la classe operaia di tutto il Regno Unito che ha votato per la Brexit.

Come abbiamo avuto il generale de Gaulle, cui mio nonno si è unito raggiungendo Londra nel ’40, grazie alla flottiglia di pescherecci e imbarcazioni da diporto mobilitata da Churchill tra la costa inglese e Dunkerque circondata dai tedeschi, così, Boris Johnson, ex sindaco da Londra, è tornato per difendere la civiltà con l’aiuto di questa Inghilterra di “fish & chips e aceto di patate”.

E che questi letamai (turds) francesi, indecifrabili di Monaco, che si comportano come “idioti”, secondo l’espressione di Daladier, a proposito dei francesi che volevano cedere tutto a Hitler in nome del pacifismo, non lo riportano indietro. All’epoca Churchill poteva contare su de Gaulle per salvare la Francia. Nel 1944, invocò il riconoscimento del governo della Francia libera, guidato da de Gaulle, allora posto della Francia nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e in una zona di occupazione in Germania.

Oggi c’è Trump, ma su chi, in Francia, potrebbe appoggiarsi Boris Johnson? Il genio francese emergerà un personaggio, un Charles Martel, una Giovanna d’Arco, in grado di unire la Francia di Johnny, i giubbotti gialli e il Manif per tutti per creare una dinamica di maggioranza contro ” un’Europa che vuole unificare il continente e metterlo sotto un unico comando “, per citare Boris Johnson? Una linea politica Bruxelles-Berlino ci sta mortificando, sia economicamente che eticamente e, ciò che è più grave, ci sta decivilizzando.

De Groene Amsterdammer (Amsterdam)

2391.- Making Sense of the European Elections. “Dando un senso delle elezioni europee”

Riporto questo articolo di Soeren Kern  del 3 giugno 2019, perché gli opinionisti citati rendono l’idea di quanto siano lontani dal nostro modo di sentire, i problemi che si intende portare avanti nell’europarlamento. Nemmeno un accenno sulla mancanza di una Costituzione europea che tuteli e rappresenti i cittadini. Abbiamo capito dove andremo a finire.

I risultati elettorali riflettono un cambiamento generazionale e suggeriscono che la politica europea sarà sempre più dominata da scontri ideologici su due mega-questioni in competizione: la lotta contro il cambiamento climatico sostenuta dai globalisti pro-UE; e l’opposizione alla migrazione di massa e al multiculturalismo guidati dai populisti nazionali anti-UE.
“Dei cinque singoli partiti politici con la più grande rappresentanza nel nuovo Parlamento europeo, quattro sono anti-Unione europea.” – Ivan Krastev, analista bulgaro, The New York Times.
“Le istituzioni sociali sono state a lungo dominate dai simpatizzanti dei Verdi – specialmente i media e l’educazione, ma anche le chiese. Il 37% degli elettori che votano per la prima volta vota ora per i Verdi è anche una conseguenza del fatto che nelle scuole i credo del verde si propagano come certezze dell’educazione moderna …. La consapevolezza di quale economia di mercato / capitalismo è e dovrebbe essere è quasi completamente scomparsa in Germania. “– Rainer Zitelmann, storico tedesco, The European.

I partiti principali del centro-sinistra e del centro-destra, in particolare in Gran Bretagna, Francia e Germania, si sono comportati male nelle elezioni parlamentari europee tenutesi tra il 23 e il 26 maggio. Il tradizionale duopolio centrista ha perso la maggioranza nel prossimo Parlamento europeo. (Foto di Sean Gallup/Getty Images)

I partiti principali del centro-sinistra e del centro-destra, in particolare in Gran Bretagna, Francia e Germania, si sono comportati male nelle elezioni parlamentari europee tenutesi tra il 23 e il 26 maggio. Il tradizionale duopolio centrista ha perso la maggioranza nel prossimo Parlamento europeo, che si apre il 2 luglio e siederà per cinque anni, fino al 2024.
La maggior parte del vuoto politico lasciato dai cosiddetti partiti legacy fu riempito dai Verdi e dai liberali pro-Unione Europea. I partiti pro-UE controlleranno circa il 75% dei seggi nel Parlamento europeo con 751 posti. I partiti nazionalisti anti-UE hanno ottenuto importanti guadagni – soprattutto in Belgio, Gran Bretagna, Francia, Ungheria, Italia e Polonia – ma non sono stati all’altezza delle aspettative. I partiti euroscettici occuperanno circa il 25% dei seggi nel prossimo Parlamento europeo.
I risultati elettorali riflettono un cambiamento generazionale e suggeriscono che la politica europea sarà sempre più dominata da scontri ideologici su due mega-questioni in competizione: la lotta contro il cambiamento climatico sostenuta dai globalisti pro-UE; e l’opposizione alla migrazione di massa e al multiculturalismo guidati dai populisti nazionali anti-UE.
Quello che segue è una selezione di commenti degli europei sul futuro della politica europea:
Il primo ministro ungherese Viktor Orbán, il cui partito anti-immigrazione Fidesz ha vinto il 52% dei voti alle elezioni europee, ha detto che gli elettori ungheresi vogliono vedere un cambiamento a Bruxelles:

“Il popolo ungherese ha dichiarato di non voler vedere leader europei che cercano di organizzare l’immigrazione, ma coloro che cercano di fermarlo, vogliono vedere persone che guidano le istituzioni europee che rispettano le nazioni europee e vogliono proteggere la cultura cristiana, e Il popolo ungherese vuole leader per i quali gli interessi del popolo europeo vengano sempre per primi: il popolo ungherese ci ha affidato il compito di rappresentare il cambiamento a Bruxelles “.

Il ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini, il cui partito, la Lega, al governo ha vinto il 34% dei voti, diventando il partito più grande in Italia, ha detto che i risultati delle elezioni hanno segnato l’inizio di una nuova epoca per l’Europa:

“È un successo incredibile, non solo per la Lega in Italia, ma anche per Marine Le Pen in Francia e Nigel Farage in Inghilterra, è il segno di un’Europa che cambia, una nuova Europa è nata, un nuovo rinascimento europeo fondato su occupazione, libertà e sicurezza Abbiamo la missione storica di riportare il diritto al lavoro, alla salute, alla vita e alla famiglia al centro del dibattito europeo “.

Scrivendo per il New York Times, l’analista bulgaro Ivan Krastev ha osservato che i partiti populisti eurokeptic sono ormai una caratteristica permanente del panorama politico europeo:

“L’estrema destra potrebbe non essere dominante, ma ora dovrebbe essere chiaro a tutti che questo movimento non sta andando via in tempi brevi. Dei cinque singoli partiti politici con la più grande rappresentanza nel nuovo Parlamento Europeo, quattro sono anti-Unione Europea .
“Non molto tempo fa, molti politici e opinionisti tradizionali consideravano l’estrema destra poco più di un movimento di protesta: la gente ha votato contro l’istituzione alle elezioni europee per inviare un messaggio, ma nessuno voleva davvero che questi politici provassero a governare. i partiti non erano considerati seri riguardo alla politica, stavano solo facendo politica, ora non c’è altra scelta che ammettere che l’estrema destra populista sta diventando una caratteristica permanente della politica europea ….
“I nazionalisti euroscettici non sono l’unica nuova forza da non sottovalutare nel Parlamento europeo: i liberali ei partiti verdi sono stati i vincitori a sorpresa di queste elezioni e insieme hanno ottenuto circa 60 seggi aggiuntivi, assegnando loro un totale di 176, con questo arriverà molta influenza politica, forse i Verdi useranno il loro successo per chiedere che il cambiamento climatico diventi una priorità per il continente ….

“Quindi questi sono i vincitori: i liberali ecologici che vogliono preservare la vita sulla Terra e i populisti nazionali che vogliono preservare il loro modo di vivere, ma quello che hanno in comune è la sensazione che l’attuale traiettoria della politica e della società non sia sostenibile. entrambi hanno offerto cambiamenti e il cambiamento è stato richiesto “.

Scrivendo per la National Review, l’osservatore veterano degli affari europei, John O’Sullivan, comprensione dei risultati delle elezioni europee-parlamentari / “osserva:

“Pensa a questi diversi risultati come a una serie di azioni e reazioni: le élite centriste perseguono politiche fallite (fallite) che gli elettori si risentono sempre più, i populisti si organizzano per opporsi alle élite e bloccare o persino invertire le politiche: le élite governative vedono questi come populisti attacchi alla democrazia e a se stessi e andare in panico morale, i loro sostenitori dell’elettorato sono sufficientemente allarmati da questi avvertimenti per trasferire i loro voti dal centro ai populisti di sinistra nei piccoli partiti verdi e liberali, e così all’infinito fino al le prossime elezioni europee del 2024.
“Oppure potremmo vedere le elezioni come una competizione tra due forze politiche ribelli, ognuna delle quali cerca di non lasciare che una buona crisi vada sprecata: i populisti che usano la crisi migratoria come un principio organizzativo, i Verdi e i Liberali fanno lo stesso con il crisi climatica: quale che sia il gruppo che vincerà probabilmente dipenderà da quale crisi si rivelerà in definitiva la più spaventosa per gli elettori – una crisi che sembra davvero minacciare il loro futuro e il futuro dei loro figli nei modi più pratici di tutti i giorni”.

Guardando a questi diversi risultati come a una serie di azioni e reazioni: le elite centriste perseguono politiche fallimentari (fallite) che gli elettori si risentono sempre più; i populisti si organizzano per opporsi alle élite e bloccare o addirittura invertire le politiche; le élite al governo considerano questi attacchi populisti sulla democrazia e se stessi e vanno in preda al panico morale; i loro sostenitori nell’elettorato sono sufficientemente allarmati da questi avvertimenti per trasferire i loro voti dal centro ai populisti di sinistra nei piccoli partiti verdi e liberali; e così all’infinito fino alle prossime elezioni europee del 2024.
“Oppure potremmo vedere le elezioni come una competizione tra due insurrezionate forze politiche ribelli, ognuna delle quali cerca di non lasciare che una buona crisi vada sprecata: i populisti che usano la crisi migratoria come un principio organizzativo, i Verdi ei Liberali fanno lo stesso con il crisi climatica: quale gruppo vincerà probabilmente dipende da quale crisi si rivelerà in definitiva la più spaventosa per gli elettori – una crisi che sembra davvero minacciare il loro futuro e il futuro dei loro figli nei modi più pratici di tutti i giorni “.

Ralph Sina, corrispondente di Bruxelles e capo ufficio dell’emittente pubblica tedesca WDR / NDR, ha osservato:


“Le elezioni europee sono state decise da due quesiti: la questione dei rifugiati e la questione climatica: le vittorie elettorali di Marine Le Pen, Victor Orbán, Matteo Salvini e l’alternativa per la Germania (AfD) mandano un messaggio chiaro: la crisi dei rifugiati è significa storia: le frontiere esterne dell’UE rimangono insufficientemente monitorate e i 10.000 funzionari Frontex aggiuntivi promessi dalla Commissione europea non sono affatto in vista, motivo per cui il diritto porrà sempre più in discussione il principio di Schengen delle frontiere aperte all’interno dell’UE.
“Allo stesso tempo, il futuro argomento della protezione del clima sta venendo alla ribalta: chi non si posiziona chiaramente perde, questo vale per i democristiani e i socialdemocratici. Queste elezioni europee non erano una raccolta di note nazionali sul futuro dell’Europa e di questo pianeta. I giovani europei, in particolare, vedono nell’UE l’ultima possibilità per limitare il cambiamento climatico in misura forse ancora accettabile per le persone e l’ambiente.
“Il nuovo Parlamento europeo deve ora concordare un successore di Jean-Claude Junker, colui che prende sul serio sia le sfide fondamentali europee: la questione della migrazione e il cambiamento climatico, e che allo stesso tempo gode dell’autorità tra i capi di stato e di governo. i cittadini hanno votato in grande numero e il ballo è ora alla corte del prossimo Parlamento europeo “.


Ines Pohl, caporedattore di Deutsche Welle, l’emittente pubblica pubblica tedesca, “ha scritto che la sconfitta dei socialdemocratici tedeschi è stata così devastante da mettere in pericolo la coalizione di governo del cancelliere Angela Merkel:

“La polarizzazione tra nazionalisti e europeisti ha ovviamente motivato le persone a uscire e votare, con molti paesi che hanno registrato un’affluenza più alta del solito e anche un numero significativamente maggiore di persone sotto i 30 anni hanno votato quest’anno rispetto alle precedenti elezioni – ulteriori prove che le persone sono interessate sul tema dell’Europa e sulla questione di come vogliamo vivere insieme. In questa fascia di età, i chiari vincitori sono i Verdi, che sono stati in grado di rivendicare inequivocabilmente la questione chiave del futuro – la protezione del clima – per se stessi.
“Per i socialdemocratici tedeschi, tuttavia, questa domenica è stato un disastro assoluto: il più vecchio partito democratico tedesco è sceso a meno del 16% a livello europeo, e non è tutto: le elezioni locali si sono tenute domenica a Brema, uno stato federale I socialdemocratici hanno governato per 73 anni, ma non più, tuttavia, l’elezione è stata vinta da un candidato alla CDU per la prima volta.
“Questa doppia battuta d’arresto non sarà priva delle sue conseguenze: è la prova che il partito è alle sue ultime battute e che il totale riorientamento è l’unico modo in cui ha tutte le possibilità di avere un futuro.
“Nei prossimi giorni a Bruxelles si discuteranno su quale partito riuscirà a coprire i posti principali: in Germania le discussioni saranno più fondamentali, la domanda principale sarà probabilmente: quanto tempo ancora intende questa coalizione di governo? continuare a tormentare se stesso e il paese nel suo insieme?
“Dopo questo fine settimana, è del tutto possibile che, dopo 14 anni, l’era Merkel sarà effettivamente portata a termine dal suo partner della coalizione SPD – e che ci saranno elezioni anticipate entro la fine dell’anno. Sarebbe un’elezione con molti, molte domande aperte e una sola certezza: Angela Merkel non si leverà di nuovo in piedi. “



Scrivendo per il Financial Times, il commentatore capo degli affari esteri Gideon Rachman ha avvertito che un’Europa frammentata rischia la paralisi su una serie di problemi:


Coloro che sostengono che” questa [elezione] non cambia nulla “hanno alcuni punti di forza: collettivamente, i partiti pro-UE continueranno a dominare il Parlamento europeo: i partiti anti-UE rappresentano circa un quarto dei seggi in parlamento, fino da circa il 20%.
“Tuttavia, coloro che pensano che” questo cambi tutto “hanno anche delle prove da portare e evidenziare: i partiti euroscettici (o Eurohostile) sono emersi come il più grande in quattro dei sei paesi più popolosi dell’UE: Francia, Italia, Gran Bretagna e Polonia.
“Una ragione per questo scontro di interpretazioni è un eccesso di concentrazione su una sola domanda: cosa significa questo per la battaglia tra le forze filo-UE e gli insorti anti-UE? Ma se si fa una domanda diversa – cosa sta accadendo al partiti che hanno dominato la politica europea?

“La polarizzazione tra nazionalisti e europeisti ha ovviamente motivato le persone a uscire e votare, con molti paesi che hanno registrato un’affluenza più alta del solito e anche un numero significativamente maggiore di persone sotto i 30 anni hanno votato quest’anno rispetto alle precedenti elezioni – ulteriori prove che le persone sono interessate sul tema dell’Europa e sulla questione di come vogliamo vivere insieme. In questa fascia di età, i chiari vincitori sono i Verdi, che sono stati in grado di rivendicare inequivocabilmente la questione chiave del futuro – la protezione del clima – per se stessi.
“Per i socialdemocratici tedeschi, tuttavia, questa domenica è stato un disastro assoluto: il più vecchio partito democratico tedesco è sceso a meno del 16% a livello europeo, e non è tutto: le elezioni locali si sono tenute domenica a Brema, uno stato federale I socialdemocratici hanno governato per 73 anni, ma non più, tuttavia, l’elezione è stata vinta da un candidato alla CDU per la prima volta.

“Questa doppia battuta d’arresto non sarà priva delle sue conseguenze: è la prova che il partito è alle sue ultime battute e che il totale riorientamento è l’unico modo in cui avere tutte le possibilità di avere un futuro.
“Nei prossimi giorni a Bruxelles si discuteranno su quale partito riuscirà a coprire i posti principali: in Germania le discussioni saranno più fondamentali, la domanda principale sarà probabilmente: quanto tempo ancora intende questa coalizione di governo? continuare a tormentare se stesso e il paese nel suo insieme?
“Dopo questo fine settimana, è del tutto possibile che, dopo 14 anni, l’era Merkel sarà effettivamente portata a termine dal suo partner della coalizione SPD – e che ci saranno elezioni anticipate entro la fine dell’anno. Sarebbe un’elezione con molti, molte domande aperte e una sola certezza: Angela Merkel non si leverà di nuovo in piedi. “

Una delle ragioni di questo scontro di interpretazioni è l’eccessiva attenzione a una sola domanda: cosa significa questo per la battaglia tra le forze filo-UE e gli insorti anti-UE? Ma se fai una domanda diversa – cosa sta succedendo alle parti che hanno dominato la politica europea? – allora emerge una tendenza più chiara. Il tradizionale centro-sinistra e centro-destra sono in declino. Stanno perdendo terreno non solo per i nazionalisti populisti, ma anche per i partiti che si rivolgono a una borghesia urbanizzata, come i verdi ei liberali ….
“Sembra che i partiti politici costruiti attorno alla classe e alle strutture economiche dei secoli XIX e XX stiano perdendo la loro rilevanza: gli elettori europei sono sempre più motivati ​​da nuove questioni – come il cambiamento climatico, l’identità e le migrazioni.
“La conseguenza sarà probabilmente un periodo di incertezza politica e di flusso che renderà più difficile per l’UE agire. Il fatto che il centro-destra, i socialisti, i liberali e i verdi siano tutti pro-UE non può nascondere le loro opinioni molto diverse su settori chiave come il cambiamento climatico e la riforma della zona euro.
“Un grosso problema da tenere in considerazione è il futuro politico di Angela Merkel, il cancelliere tedesco, un altro triste risultato per l’SPD potrebbe persuaderli a ritirarsi dalla coalizione di governo, così facendo crollare il governo.” La signora Merkel sarà anche sotto pressione dall’interno della sua CDU: la debole prestazione elettorale del partito potrebbe autorizzare Annegret Kramp-Karrenbauer, l’erede del cancelliere, a spingere la signora Merkel a farlo prima piuttosto che dopo. Nel frattempo, alcuni membri del CDU sosterranno diritto su questioni come l’euro e la politica energetica.
“Se la signora Merkel è costretta a uscire presto, l’UE avrà perso la sua figura politica dominante, ma anche se rimarrà in carica per altri due anni, la frammentazione della politica europea, riflessa nel Consiglio europeo e nel parlamento, potrebbe ostacolare il L’UE sta prendendo decisioni su questioni cruciali, tra cui l’euro, la migrazione, la Brexit e la politica sulla Cina.

“La grande domanda alla base di tutto questo è se l’Unione europea si stia gradualmente disintegrando, o gradualmente progredisca verso un’Unione più stretta che possa difendere gli interessi dell’Europa”.
In un saggio – “Euforia ingannevole prima della crisi successiva” – pubblicato dall’influente blog Tichys Einblick, lo storico tedesco Ronald G. Asch & nbsp ha scritto che un Parlamento europeo molto frammentato porterà a maggiori conflitti tra gli stati membri dell’UE. Ha anche predetto che gli elettori tedeschi sarebbero venuti a pentirsi di votare per i Verdi se le politiche climatiche radicali portassero al collasso dei settori industriali tedeschi che sostengono la prosperità tedesca
.

“Il – presunto – disastro ha fallito: i malvagi” populisti “non sono riusciti a ottenere un successo clamoroso nelle elezioni europee … Al contrario, l’affluenza alle urne è aumentata, soprattutto in Germania, per opporsi a questi” populisti “…. I partiti pro-UE, tuttavia, si sono limitati a chiedere semplicemente la lotta al male per eccellenza piuttosto che a risolvere i problemi reali dell’UE, che includono un deficit di legittimità fondamentale ….
“I conflitti di interesse tra i diversi paesi dell’UE daranno forma al lavoro in Parlamento più che in passato: un potenziale conflitto da sinistra a destra renderà difficile neutralizzare i conflitti di interesse nazionali, perché ci sono pochi gruppi di partito che possono chiedere di parlare per un campo politico che rappresenta tutti i principali paesi dell’UE, particolarmente paradossale è il fatto che il gruppo dei Verdi nel Parlamento europeo sia il più tedesco di tutte le fazioni. Il Gruppo Verde appare quasi a Bruxelles come una branca europea dei Verdi tedeschi, che in realtà respingono tutto ciò che è nazionale e preferirebbero abolire lo stato nazionale oggi rispetto a domani, eppure si aspettano ancora che il resto degli stati nazione europei sostengano i piani tedeschi per salvare il mondo.
“Proprio come l’euro non ha creato coerenza all’interno dell’eurozona, ma ha piuttosto accentuato e rafforzato le differenze nella competitività delle singole economie europee, i conflitti politici e le crisi degli ultimi anni hanno anche portato alla divergenza delle culture politiche nei singoli paesi europei, In Germania, come hanno dimostrato le elezioni, le critiche aperte al progetto europeo-europeo sono ancora una posizione esterna. Chiunque si oppone a questo progetto viene rapidamente considerato un estremista di destra.
“La maggior parte dei tedeschi crede alle narrative ufficiali di legittimazione che l’UE abbia improvvisamente concluso un’epoca millenaria di guerre incessanti in Europa e che i tedeschi debbano la loro prosperità soprattutto all’unificazione europea e all’euro, in particolare gli elettori più giovani rifiutano categoricamente di pensare ai contesti economici, ad esempio, tra i rapidi aumenti dei prezzi immobiliari e la bassa politica dei tassi di interesse della Banca centrale europea, ma in altri paesi europei le cose sono diverse …
“Nonostante tutti i problemi, nei prossimi cinque anni l’Unione europea probabilmente intraprenderà un corso più federalista – sotto il motto di” More Europe Now “- e cercherà di trasferire ancora più poteri a Bruxelles …. La resistenza è molto probabile da trovare in paesi come l’Italia, la Polonia e l’Ungheria, dove i partiti nazionalisti sono nel governo ….

“Al contrario, la maggior parte degli elettori tedeschi dubita del diritto del proprio stato di esistere e quindi sosterrà o accetterà un’ulteriore centralizzazione in nome della pace e della lotta contro la catastrofe climatica – purché lui o lei non sentano anche le conseguenze negative La domanda rimane: come reagiranno gli stessi elettori se il crollo dell’industria automobilistica tedesca si tradurrà in massicci tagli di posti di lavoro, un crollo delle entrate fiscali e una riduzione dei benefici sociali? Dovremo aspettare e vedere se l’attuale ondata di L’eccitazione su cui ora corrono i Verdi continuerà poi, e se gli elettori continueranno a rispondere in modo così acritico a tutto ciò che viene da Bruxelles “.

Scrivendo per The European, lo storico e sociologo tedesco Rainer Zitelmann ha avvertito che l’aumento dei Verdi dovrebbe essere visto come un campanello d’allarme:

“Dopo queste elezioni, aspettiamo che i partiti della Germania – SPD e CDU / CSU – ci dicano cosa devono fare di più per proteggere il clima e che questa è la lezione del risultato delle elezioni europee. Ovviamente, assurdo: qualcuno che sta andando nella direzione sbagliata pensa di dover andare più veloce ora per raggiungere il traguardo.
“La CDU / CSU e l’SPD hanno implementato il programma verde da molti anni: spegnere centrali nucleari, tagliare il carbone, trasformare l’industria energetica in un’economia pianificata, ecc. Recentemente, hanno iniziato a riorganizzare l’industria automobilistica in un modo pianificato: i cosiddetti “obiettivi della flotta” sono imposti in tutta l’UE per determinare quali auto possono o non possono essere prodotte, ma la strategia di adeguamento ai Verdi e di assunzione dei loro problemi non ha portato, a lungo termine, all’indebolimento , ma per rafforzare i Verdi: le persone preferiscono scegliere l’originale anziché la copia.
“Tuttavia, la logica dei Verdi è:” Non è mai abbastanza “. Se spegni le centrali nucleari, le centrali elettriche a carbone diventano l’argomento: come una setta del giorno del giudizio, l’imminente fine del mondo viene propagata e, se viene sempre detto, “La paura non è una buona guida in politica “(un mantra standard nel dibattito sull’immigrazione), quindi il” panico “prima della fine del mondo è ora l’emozione dominante. È proprio come la” giustizia sociale “che i Verdi stanno facendo leva come un problema: non importa cosa sia fatto, non è mai abbastanza, e ancora più deve essere fatto, sempre più radicale.
“Le istituzioni sociali sono state a lungo dominate dai simpatizzanti dei Verdi – specialmente i media e l’educazione, ma anche le chiese.Questo il 37% degli elettori che votano per la prima volta vota ora per i Verdi è anche una conseguenza del fatto che nelle scuole credono nel verde sono propagati come certezze dell’educazione moderna ….

“Lo sviluppo della sinistra inizia sempre nel regno spirituale, e se vuoi invertire la tendenza – che richiederà molto tempo – allora è possibile solo se l’ideologia verde si oppone a qualcosa.” La consapevolezza di quale economia di mercato / capitalismo è e dovrebbe essere quasi completamente scomparso in Germania.
“I Verdi sono in definitiva solo una forma specifica in cui si articola l’anticapitalismo: l’apocalisse del mondo è un pretesto per riorganizzare l’economia di mercato in un’economia pianificata, il che, naturalmente, porterà a gravi sconvolgimenti economici: la disoccupazione di massa e quando si verificano queste conseguenze, gli anti-capitalisti ci diranno che tutto ciò è una conseguenza dei “mercati sfrenati” e ora è il momento di superare definitivamente il capitalismo al fine di evitare “ingiustizia sociale” e “catastrofe climatica” a Nello stesso tempo, spero di sbagliarmi con queste cupe profezie e che gli imprenditori ragionevoli comprendano il successo elettorale dei Verdi come una sveglia.

Soeren Kern is a Senior Fellow at the New York-based Gatestone Institute.

2389.- UNO SGUARDO ALLA GEOGRAFIA DELLA DISAFFEZIONE DALL’UNIONE EUROPEA

Paolo Calleri | Cartoon Movement

28 May 2019 –  EUrologus (Budapest). Published now in 3 languages

Un gruppo di ricerca ha analizzato con straordinaria accuratezza coloro che hanno votato contro l’approfondimento dell’integrazione nell’Unione europea e i perché. I risultati di oltre 63.000 seggi elettorali sono stati esaminati raffrontandoli agli ultimi risultati e dati delle elezioni nazionali. Sulla scia dei ricercatori della Brexit, hanno iniziato a indagare su cosa potrebbe portare i cittadini di uno stato membro a uscire dall’UE, e sono venuti a una conclusione: potrebbe accadere anche altrove.

Nel 2016, l’opinione pubblica britannica non era tanto contraria all’Unione europea. In effetti, nello stesso periodo l’UE aveva un tasso di rifiuto maggiore in sette altri Stati membri, rispetto al Regno Unito.
Tutto ciò può essere integrato in un processo che mostra l’aumento di popolarità dei partiti che fanno campagne contro l’integrazione europea. Tra il 2000 e il 2018, il sostegno a partiti fortemente anti-integrazione a livello UE è aumentato dal 10 al 18 per cento, mentre i partiti più moderati, ma ancora contrari a un’integrazione più profonda, hanno ampliato la propria base di voto dal 15 al 26 per cento. Nel 2004, quando ebbe luogo il grande allargamento dell’Est, solo il 28% della popolazione non si fidava dell’UE. Questo tasso è salito al 47% entro il 2012, per poi scendere al 39% entro il 2018. In questo periodo, la sfiducia nell’UE è cresciuta in nove Stati membri di almeno il 20%. In Grecia, ovviamente in parte grazie alla crisi economica, questo aumento è stato di 48 punti percentuali, e due terzi dei greci non si fidano ancora dell’UE. La Danimarca è all’estremo opposto dello spettro.
Di recente, su richiesta della Direzione generale per la politica regionale della Commissione europea, è stata effettuata una ricerca, che ha fornito la geografia dell’insoddisfazione dell’UE dai dati elettorali degli ultimi anni. Un totale di oltre 63.000 collegi elettorali sono stati analizzati nella ricerca. I risultati elettorali delle parti sono stati classificati in base alla misura in cui la retorica di un partito potrebbe essere considerata anti-integrazione, e sono stati misurati rispetto al numero di voti espressi per il partito.


Per quanto riguarda la scena europea, i partiti che si oppongono fortemente all’integrazione hanno acquisito almeno il 25 percento dei voti in tre paesi: Austria, Danimarca e Francia. Tuttavia, quando i ricercatori guardano le parti che si oppongono all’integrazione in una certa misura – e qui è stato incluso il partito ungherese Fidesz – le cifre mostrano che più della metà degli elettori era contro una più forte cooperazione dell’UE in quattro paesi: Grecia, Ungheria, Regno Unito e Italia. Al contrario, questo fenomeno è quasi sconosciuto in Croazia o negli Stati baltici, dove meno di 5 percento dei voti sono stati espressi per queste parti.
Grazie alla granularità dell’analisi, conosciamo anche le regioni in cui l’UE è fortemente contraria. Queste regioni includono: Danimarca meridionale, Italia settentrionale, Austria meridionale, Germania orientale, Ungheria orientale e Portogallo meridionale. In effetti, se prendiamo in considerazione le parti moderatamente euroscettiche, la Grecia, l’Ungheria e l’Italia rientrano quasi interamente in questa categoria. Mentre solo il 37% degli ungheresi non si fida dell’UE, il 65% di essi ha votato per un partito che in qualche modo si oppone all’integrazione ulteriore, questo è il tasso più alto nell’Unione europea.

Sono già stati condotti diversi studi su come identificare i partiti scettici anti-UE, populisti e dell’UE – tutti questi concetti sono generalmente usati per descrivere coloro che si oppongono a un’integrazione più profonda nell’UE. Condividono una retorica simile, visto che si considerano come rappresentanti del “popolo” che si ribella contro la “élite”. Per rinforzare questo, i partiti populisti usano spesso il termine “noi” contro “quelli”, “loro” o “altri”. Se il partito è a destra o a sinistra, una campagna contro “burocrati senza volto di Bruxelles” è un tema ricorrente. L’euro è anche un obiettivo comune. Sulla base dei risultati delle recenti elezioni nazionali, i partiti fortemente populisti hanno ricevuto il 9% dei voti a livello europeo. Se aggiungiamo le parti che sono in misura minore, ma ancora populiste, il tasso sale al 23 percento.

La ricerca fino ad oggi ha fornito un’immagine abbastanza schematica degli elettori dei partiti populisti. Sono state identificate persone anziane, con un livello di istruzione inferiore e basso reddito. Di solito sono stati lasciati indietro dall’economia moderna e non sono in grado di identificarsi con una visione del mondo liberale e multiculturale. I ricercatori sottolineano che l’educazione formale è uno dei fattori alla base del voto contrario all’attuale status quo. E, naturalmente, c’è la minaccia dell’emigrazione nella cassetta degli attrezzi populista, che – attraverso l’immigrazione di massa e il cambiamento etnico nella composizione sociale – si ritiene minacci con una perdita di posti di lavoro. La preoccupazione per l’incertezza economica incontra i timori culturali.

Per riassumere, lo studio ha identificato sette condizioni come potenziale fonte di voto contro l’integrazione nell’UE. Questi sono: densità della popolazione, distanza dalla capitale, situazione economica (PIL / persona), tasso di occupazione, età, istruzione, migrazione netta (si riferisce al numero di persone che si spostano dentro e fuori dalla regione).

I risultati della ricerca confermano le principali ipotesi, ma non tutte. Gli abitanti delle aree in cui è avvenuta una crescita economica superiore alla media a lungo termine hanno meno probabilità di votare a favore delle parti che si oppongono all’integrazione nell’UE. È più probabile che queste parti siano sostenute da persone che vivono in regioni con una minore densità di popolazione. Tuttavia, l’invecchiamento e la migrazione netta sono molto meno importanti della crisi economica. Sembra anche che i voti contro lo status quo non siano affatto legati alle regioni con abitanti più poveri. In effetti, è più probabile che le regioni più ricche votino per i partiti populisti. La ricerca ha anche dimostrato che i residenti delle aree più vicine alla capitale hanno maggiori probabilità di votare contro l’integrazione.

Per riassumere: i populisti possono sperare in un maggior numero di elettori dove c’è una relativa recessione economica, meno istruzione, meno opportunità di lavoro, più basso PIL pro capite, e le regioni più ricche hanno più probabilità di votare per gli euroscettici rispetto ai poveri. La migrazione non è così importante quando si tratta di votare, come i partiti populisti vogliono suggerire. Le regioni con flussi di popolazione più elevati rispetto ai flussi in uscita sono meno antieuropei. C’è una circostanza importante che potrebbe spiegare il particolare caso ungherese: i partiti che, in misura maggiore o minore, si oppongono all’integrazione europea, possono aspettarsi un numero significativo di voti da parte di persone che si oppongono alla migrazione. E c’è un altro risultato interessante: le persone anziane non sono affatto anti-integrazione.

Sulla base di quanto sopra, gli autori dello studio suggeriscono all’UE di cercare di affrontare i problemi territoriali: le regioni che sono particolarmente colpite dal calo della produzione industriale e della fuga di cervelli e si concentrano sulla trappola finanziaria della classe media, il che significa che non può progredire nelle loro vite. Queste sono alcune delle basi principali dell’insoddisfazione per l’UE, che non solo minaccia l’integrazione europea, ma anche la stabilità economica, sociale e politica, e la pace e la prosperità preservate grazie all’UE per il periodo più lungo nella storia del continente.

Translated from the Hungarian by EUrologus and from English by us.

2387.- Matteo Salvini ovvero “Sentirsi Dio”

In un clima da psicosi da voto Salvini provoca, comanda ma fa capire che non strapperà, stupendo anche i suoi. E Buffagni disse, citando Red Dragon: “Perché mai non devi continuare a fare una cosa che ti fa sentire Dio?”.

Perché poi, in fondo, la politica risponde a logiche semplici. E c’è anche chi, in questa psicosi da voto anticipato, anzi immediato, riesce a rimanere freddo. Uno di questi è Stefano Buffagni, il grillino anomalo, abile decifratore del potere e dei suoi ingranaggi. Nel corso di una riunione con qualche collega ha fotografato così il momento, a chi gli chiedeva perché mai, in questa situazione, Salvini dovesse continuare a preferire il governo attuale al ritorno al voto: “Perché voi non avete visto Red Dragon. Vi ricordate quel che dice il poliziotto?”. Nel silenzio degli astanti ha proseguito: “Dice: perché mai non devi continuare a fare una cosa che ti fa sentire Dio?”.

Già, perché mai? E deve aver colto l’essenza del ragionamento, o semplicemente dell’indole di Salvini se i primi ad essere “stupiti da Matteo” sono i suoi. Non ce n’è uno solo che, in questi giorni, non lo abbia chiamato per suggerire di passare all’incasso ora. È sembrato un disco rotto: “Costringiamoli a rompere, andiamo al voto prima della finanziaria, perché sarà una manovra lacrime e sangue poi sarà difficile monetizzare in termini di consenso, se non cogliamo l’attimo quando ci ricapita un momento così”. Non è solo il solito Giorgetti, ma l’intero gruppo dirigente della Lega a pensarla così: Molteni, Zaia, Fontana, il capogruppo alla Camera Molinari, consapevoli però che il suggerimento resta un’opinione perché Salvini esce così rafforzato dal voto di domenica che, alla fine, “deciderà lui e basta, ed è giusto così visto dove ci ha portato”. Sono gli stessi che però, pur avendo smisurata fiducia del “fiuto” del Capitano, temono di rimanere “incastrati”. Più di uno pensa che “adesso o mai più, ora oppure se ne riparla tra quattro anni perché se facciamo la finanziaria non possiamo andare a votare con l’Iva aumentata”.

E Salvini ha già scelto di proseguire il gioco in un contesto in cui si sente Dio o già, semplicemente, il capo del governo. Guardate la giornata di oggi: l’incontro al Mef, le provocazioni senza reazioni su Toninelli e la Trenta, l’agenda economica della Lega proposta come agenda del governo. Più che la preparazione della rottura, è un altro schema che il leader leghista ha posto in essere, con la forza di chi sa di avere il paese dalla sua e un alleato terrorizzato dall’eventualità del voto: “Guardate che Matteo la politica la sa fare – ha proseguito Buffagni, che lo conosce dai tempi della Lombardia – e sta mettendo in campo proposte, sapendo già dove noi diciamo dei no, perché così lui si presenta come l’uomo del fare, e noi siamo quelli che bloccano l’Italia, lui è l’Italia del sì, noi quella dei no, e scavallerà così la fase della manovra”. Anche perché sa bene che i no saranno circoscritti rispetto a un cedimento sui sì, già messo nel conto. A palazzo Chigi già si ragiona su come ridurre i danni, senza mettere in discussione l’esistenza del governo: “L’autonomia – dice una fonte di governo pentastellata – la reggiamo, dicendo che il provvedimento che esce è equilibrato, sulla Tav ci sono problemi però ogni giorno ha le sue pene”.

Nei Cinque stelle, ancora sotto shock, ogni testa è un tribunale. E ancora non è stata analizzata e metabolizzata la sconfitta. Al netto del processo ai comunicatori, il disegno politico ancora non c’è, figuriamoci in questa situazione se qualcuno si azzarda a pensare alla crisi di governo, mandando al diavolo l’onnipotente. Si visto sul caso Rixi, dove i Cinque Stelle hanno evitato di maramaldeggiare sulla questione morale della Lega, anche perché Salvini ha immediatamente tolto la mina dal terreno del governo. Il primo a sapere che, in questa situazione, è meglio stare fermi è Luigi Di Maio, che ha scelto una sorta di strategia dei due tempi: prima salvare la ghirba nel partito, poi rimettere la testa sul governo, senza intrecciare i due piani.  

Il prezzo della stabilità è l’identità da perdere, l’alternativa è lo schianto nelle urne. Il dramma di Di Maio è la situazione perfetta per Salvini. Il gioco è questo, finché dura. Finora ha funzionato, perché non dovrebbe funzionare ancora? Qualcuno dei suoi si è anche stupito che, da domenica a oggi, non ha trovato il tempo né per una telefonata a Giorgia Meloni né a Berlusconi. Ma soprattutto alla prima, potenziale partner di un governo sovranista, artefice di un bel risultato nelle urne. È un atteggiamento che rivela un disegno di fondo perché la verità è che “preferisce stare al governo con Di Maio piuttosto che allearsi con la Meloni”, verso la quale nutre un sentimento di insofferente rivalità che i numeri di Fratelli d’Italia hanno accentuato: “Non esiste – dicono quelli attorno a Salvini – una alleanza a due con Giorgia, o il centrodestra o da soli”. Ma il centrodestra prevede ancora l’ingombrante presenza di Berlusconi. Immaginate un consiglio dei ministri con la Meloni al posto di Di Maio e Tajani al posto di Bonafede. Parafrasando il poliziotto di Red Dragon: “Perché mai fare una cosa che non ti fa ti fa sentire più Dio?”.Suggerisci una correzione

2384.- COME A BRUXELLES GLI ASSEDIANTI DIVENNERO ASSEDIATI.

In queste note di Enrico Letta, come in tutta la campagna elettorale e come a Bruxelles, non sentirete parlare di una Costituzione europea, che non c’è. Costituzione, fondamento essenziale di uno stato nazionale o sovranazionale e che sancisca la prevalenza della tutela della dignità della persona umana su la competitività dell’Unione europea sui mercati mondiali: competitività sancita dal Trattato di Lisbona: la de-costituzione europea che, con un “comunque” la antepone alla nostra dignità. Nemmeno sentirete accennare all’assurdità di una Banca Centrale Europea, BCE, privata, con delega di stampare solo lei la moneta. A dire che abbiamo delegato la sovranità a un non-sovrano: Ai mercati.

“La vittoria di Salvini fa male all’Italia”… Perché ? Perché è stata la sconfitta del Governo Conte e la terza vittoria consecutiva del Centro Destra, dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 e le elezioni del 4 marzo 2018.  In Europa non vince l’Unione europea, che resta in sella e continuerà a non rappresentare i suoi popoli; ma il voto di domenica non è stato un referendum sull’Unione europea: è stato l’ordine al Presidente della Repubblica di cambiare politica. Conta anche il numero degli astenuti, poco meno del 50%. Colpisce – e Letta lo sottolinea – la vittoria interna della Lega: L’Italia della Lega ha vinto contro la fortezza europea, ma, da assediante, che voleva essere, a Bruxelles, è divenuta assediata. Siamo isolati. Farò poco conto sui fautori dell’Italexit, ora, eurodeputati. Ora, sarebbe Berlusconi l’asso nella manica, il più capace, a Bruxelles, per imprimere la svolta verso il sociale; ma chiunque sia il nostro rappresentante, deve avere alle spalle un governo robusto, senza personalismi esasperati e contrasti pretestuosi. Le copertine del blog di Gene Gnocchi – tra virgolette – raccontano il “post voto” visto da Enrico Letta (Direttore Scuola Affari Internazionali): “Salvini ha già avuto dall’Europa la flessibilità, ha avuto il via libera a una legge di bilancio di grande flessibilità su cui è stato chiuso un occhio”. “Salvini ha vinto le elezioni e vuole passare subito all’incasso dal punto di vista politico. Ci aspettano tempi molto faticosi”. “Gli italiani sono consapevoli’” E su Lega e M5S: “Ogni volta c’è la ricerca di un nemico da additare alla lapidazione pubblica”. “L’Italia comincia a ballare, l’esperienza di governo è arrivata alla fine” Questo voto di domenica ha molteplici significati, ma Letta pone l’accento sulla separazione fra quello che è successo in Europa e quello che è successo in Italia, tranne che in Polonia ed Ungheria. Nel resto d’Europa: Spagna, Portogallo, Germania, hanno vinto i liberali, hanno vinto i verdi, hanno vinto, in generale, i partiti pro-europei. Questi sono stati votati anche dai francesi, in maggioranza, pure se Le Pen è arrivata prima. Insomma, Letta legge il parziale successo dei sovranisti come un’adesione e una spinta verso l’integrazione. Osserverei, alla veneta: “Se è così che dobbiamo integrarci, siamo rovinati!” Infine, Letta, sull’immigrazione: “Salvini ha raccontato la favola che l’immigrazione non c’è più perché c’è lui”. Aggiunge Letta: “Oggi non c’è più una crisi migratoria in tutta Europa”. Come si deve leggere questa affermazione, professore? Il problema africano non può essere trattato in modo semplicistico o settoriale perché Africa e Europa o falliscono entrambe o crescono insieme, ma non saranno certo i migranti a determinare quale prevarrà fra le due opzioni.

Le copertine del blog di Gene Gnocchi – tra virgolette – raccontano il post voto visto da Enrico Letta.

Enrico Letta su l’INKIESTA: “IL TRIONFO DELLA LEGA? È UNA BREXIT MASCHERATA CHE CI ISOLA IN EUROPA”.

L’ex presidente del Consiglio italiano: “La vittoria di Salvini fa male all’Italia perché ci isola ancora di più. Ormai è come se fosse una Brexit mascherata. La reazione dei Cinque Stelle alla sconfitta è infantile. Sono come l’apprendista stregone che ha evocato il demone e non sa come fermarlo”

La Lega trionfa, il Partito democratico regge, il Movimento Cinque Stelle crolla, doppiato dai suoi alleati di governo. I sovranisti crescono ma non sfondando. In Italia il risultato delle elezioni europee è chiaro, ma non è detto che questa possa essere una buona notizia per l’Europa. Per capire quale sarà l ruolo dell’Italia abbiamo intervistato l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ora decano della Scuola internazionale per gli affari di Parigi (Psia): «Tutti si aspettavano una vittoria dei populisti invece il miglior risultato l’hanno fatto i verdi. I sovranisti sono andati bene in Italia e in Francia. Anche se Le Pen era già andata bene nel 2014 e anzi ha ottenuto un risultato leggermente inferiore asciugando il partito gollista dei Chirac e Sarkozy che solo un anno fa aveva preso il 20% con Fillon».

Letta, la Lega ha stravinto le elezioni europee. Cosa succederà ora in Europa?
È un chiaro successo. Ma è stato un voto per il Parlamento europeo, non per quello italiano. La Lega ha fatto un ottimo risultato ma sarà sempre più isolata. E questo isolamento lo pagherà l’Italia perché la maggioranza dei nostri eurodeputati saranno condannati all’irrilevanza, emarginati da tutti gli altri. Al raduno di Milano, Salvini aveva detto che i sovranisti puntavano al secondo posto, subito dopo il Ppe, per obbligare i popolari a fare con loro un’alleanza di destra-centro. Ma l’eurogruppo di Salvini è ora solo quinto all’interno del prossimo Parlamento europeo: vale il 7% e sarà sempre più marginale. La situazione è preoccupante perché l’Italia si auto emargina nell’anno i cui si devono prendere due decisioni chiave.PUBBLICITÀ

Quali? 
Il presidente della Commissione europea e della Banca centrale europea. Negli ultimi anni sono queste due scelte fatte nel 2011 e 2014 che hanno cambiato la linea politica europea grazie all’influenza dell’Italia nella decisione. Ricordo che l’ultimo presidente della Bce è l’italiano Mario Draghi e grazie a lui la Bce ha cambiato approccio. L’Italia ha influito anche sulla scelta del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker nel 2014 che ha cambiato la linea politica dell’austerità del suo predecessore José Manuel Barroso. L’Italia era ai tavoli dove si decideva anche e soprattutto per il suo interesse, ma oggi è fuori e chissà per quanto tempo. Il fatto che in Italia la discussione si è concentrata sul portafoglio economico del commissario italiano dimostra l’arretramento del nostro Paese.

Però al governo farebbe comodo avere un italiano come commissario agli Affari economici o all’Euro.
È una questione secondaria. I commissari europei sono 28: i portafogli sono tutti deboli di per sé. Anzi, il fatto di avere un portafoglio economico importante rende più difficile aiutare il Paese di origine del commissario. Perché c’è una grande attenzione sui conflitti di interesse in Europa. Salvini sta infilando l’Italia in una Brexit mascherata all’italiana.

Cioè? 
Metterci così ai margini dai tavoli dove si decidono le cose è come essere usciti dal circolo di chi conta. Siamo diventati come gli ungheresi e i polacchi. Con la differenza che l’Ungheria e la Polonia non hanno l’Euro, mentre noi sì. Non possiamo permetterci un isolamento come questo.

Bisogna riflettere sul crollo impressionante del Movimento Cinque Stelle. Mi colpisce la reazione miope e infantile dei dirigenti grillini. Una bocciatura così sonora dovrebbe farli interrogare sul disastro che hanno creato. Sono come Topolino apprendista stregone nel film Fantasia: hanno evocato un demone e questo li ha mangiatiEnrico Letta

Però se lo sarà spiegato il successo della Lega.
Salvini ha radicalizzato il voto di centrodestra e si è mangiato politicamente Forza Italia. La colpa è anche di Silvio Berlusconi che non ha mai voluto fare il passaggio generazionale e ora ne paga nel conseguenze. Ma stiamo attenti a non commettere un errore.

Quale? 
Non dobbiamo avere lo strabismo di credere che il voto delle europee sarà quello delle politiche. In questo tipo di elezioni capitano spesso dei balzi imprevedibili: lo ha dimostrato il 40% del Partito democratico di Renzi cinque anni fa, ma anche Berlusconi nel 2009 quando arrivò al 35%. Per dire, nel 1999 la lista Bonino da sola arrivò all’8%. Il dato politico è che esiste una parte di indecisi importante che non avrà problemi a spostarsi da un partito a un altro. Questo sarà il terreno su cui lavorare per chi vorrà vincere le prossime elezioni.

Secondo lei scopriremo presto cosa voteranno gli indecisi? 
Sì, le elezioni nazionali si avvicinano con questo voto. Non ci sono più le condizioni perché la maggioranza al governo regga. Bisogna riflettere sul crollo impressionante del Movimento Cinque Stelle. Mi colpisce la reazione miope e infantile dei dirigenti grillini. Una bocciatura così sonora dovrebbe farli interrogare sul disastro che hanno creato. Sono come Topolino apprendista stregone nel film Fantasia: hanno evocato un demone e questo li ha mangiati.

Però il Pd non è mica al 40% come cinque anni fa.
Ma ha fatto un buon risultato rispetto alle ultime politiche. Ha dimostrato che può essere il baricentro attorno a cui costruire un’alternativa per questo Paese. In Italia bisogna costruire una proposta politica che unisca temi sociali e ambientali, perché la più bella notizia delle elezioni europee è il successo dei verdi, anche se non esistono nell’Europa del Sud: non hanno superato la soglia in Grecia, Spagna e Italia. Però i verdi hanno portato tanti giovani a impegnarsi e a votare, lo vedo qui anche con i miei studenti. L’ambiente è il tema su cui l’Unione europea è all’avanguardia da sempre. Il Partito democratico deve farsi paladino in Europa per far sì che nella nuova maggioranza formata da socialisti, popolari e liberali entrino anche i verdi.

Quali dovranno essere le priorità della prossima commissione europea?
L’Unione europea dovrà affrontare tre temi essenziali: l’ambiente, perché la lotta contro il cambiamento climatico è la vera emergenza di oggi. Ma anche il tema dell’umanesimo tecnologico: cioè la protezione della persona nei grandi cambiamenti che l’automazione e l’intelligenza artificiale porteranno nella nostra società. Il terzo è la questione sociale: c’è bisogno che l’Europa si occupi pesantemente di combattere la disoccupazione giovanile e la povertà. Tutto il resto è secondario.

Da un post di Renato Basato su VENETO UNICO:

La leggo così: Il 46% degli italiani ha perso e, a parte l’affermazione degli eurexit diventati eurodeputati, gli altri non hanno vinto e in Europa e nel Mediterraneo non contiamo! Rende l’idea?

2380.- CENTRO DESTRA SEMPRE IN TESTA.

Exit Poll in tempo reale

Exit Poll ore 23 Consorzio Opinio Italia (Istituto Piepoli, Emg e Noto Sondaggi) per la Rai. Copertura del campione 80%

Lega: 27-31%, Pd: 21-25%, M5s: 18,5-22,5%, Forza Italia: 8-12%, Fratelli d’Italia: 5-7%, + Europa: 2,5-4,5%, Europa Verde 1-3%, La Sinistra: 1-3%, Partito Comunista: 0,5-1,5%, Svp: 0,2-0,6%, Il Popolo della Famiglia – Ap: 0,2-0,6%, Altre: 0,3-0,3%

Instant Poll ore 23 Quorum/YouTrend per Sky TG24

Lega: 27-30%, Pd: 21,5-24,5%, M5s: 20-23%, Forza Italia: 9-11%, Fratelli d’Italia: 5-7%, + Europa: 2-4%, Europa Verde 0,5-1,5%, La Sinistra: 1,5-3,5%, Partito Comunista: 0,5-1,5%. 

Risultati delle elezioni europee del 2019Ultimo aggiornamento: 06:19 CEST Preliminari · 751/751 seggi per Partito: PPE 179,23, 8%; S&D 150, 20%; ALDE 107, 14,2%; Verdi/ALE 70, 9,3% e altri.

Fonte: dpa-infocom. 

PRIMI RISULTATI REALI:

E ora: La Lega è al 34,34% di consensi con 9.123.555 voti, Forza Italia è al 8,78% pari a 2.333.579 voti, Fdi al 6,46% con 1.717.054 voti. La Lega raddoppia rispetto alle elezioni politiche di un anno fa quando prese il 17 per cento delle preferenze. Il confronto con le Europee di cinque anni fa è senza precedenti: il partito nel 2014 prese solo il 6,2 per cento. Supera il 40 per cento nelle due circoscrizioni settentrionali, dove i 5 stelle sprofondano al 10, sorpassati dal Partito democratico, che nel Centro è il secondo partito con il 26%. I grillini reggono nelle Isole e al Sud. Il ministro dell’Interno prende oltre 2 milioni di preferenze.

E ADESSO SERGIO?

Considerazioni? Tra evidenze e riflessioni: In Europa non vince l’Unione europea, che resta in sella e continuerà a non rappresentare i suoi popoli. In Italia, dove il voto si è contestualizzato intorno all’ennesimo, quarto Governo del Presidente, Conte e i ministri grillini sono fuori posto e, così, chi vorrà sostenerli. Silvio Berlusconi ha buone probabilità di portare il suo peso in Europa e, questo, per Salvini, aprirebbe la porta a una staffetta con Conte e a un governo di Centro Destra, come anche il successo di Fratelli d’Italia rende, nuovamente, non solo possibile, ma necessario. Fra le tre alternative: rimpasto del Governo con cambio di due-tre ministri, magari lasciando quelle perle di Trenta, Grillo, Toninelli; elezioni anticipate, col permesso del signor presidente della Repubblica; Salvini presidente del Consiglio di un governo di Centro-Destra, quest’ultima sarebbe, anzi, è quella indicata con il voto dal popolo sovrano. Ma, anche qui, di quale popolo parliamo? Aveva ragione Gianfranco Miglio: tre popoli, tre macroregioni, se la Lega, al Nord, ha raggiunto anche il 53%, il Sud e le isole (con il 29,85%) hanno tenuto in piedi i 5 stelle e il Centro, niente di meno che il PD. Non vengano a dirci che Zingaretti ha cambiato il partito di Renzi.

Primo partito in Italia. Grazie.