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5268.- Perché la Bce vincerà le elezioni in Italia

La Bce vincerà le elezioni in Italia se voterà, o meglio se questo sistema politico sarà votato almeno dal 60% degli elettori. Da Napolitano a Mattarella, con il finale di Draghi, sono state create le premesse per essere commissariati. Il TPI completerà l’opera sia che il Centro-sinistra si frantumi sia che prevalga il Centro-destra alle elezioni. Salvare le nostre case e i nostri risparmi è diventato il nostro dovere per l’oggi e per il domani.

Da WallStreetItalia, 25 Luglio 2022, di Leopoldo Gasbarro

Non serve un sondaggio per capire chi vincerà le prossime elezioni italiane. Dopo la pubblicazione del Tpi, non c’è più storia: sarà la Bce a governare l’Italia, con l’Ue a farle da spalla. Sembra una battuta, ma non lo è. Vi basterà leggere le prossime righe per capire come, il Mes (Meccanismo europeo di stabilità), di cui avevamo tanta paura, impallidirà al confronto con il Tpi (Transmission protection instrument). Si tratta di un nuovo strumento finanziario anti spread, o anti frammentazione che sia, che sembra essere stato scritto apposta per, o meglio: contro, l’Italia.

La Bce pronta a guidare l’Italia

La situazione economica dell’Italia, almeno dal punto di vista dei conti pubblici, non consente alcuna deroga. Chiunque vincerà le elezioni sarà costretto a seguire alla lettera i dettami della Bce. Se si analizzano nel dettaglio i quattro punti cardine del Tpi, è evidente la discrezionalità dei parametri da utilizzare per le singole valutazioni, che sono tutti ad appannaggio dell’Unione Europea.

Come dire che Unione Europea e Bce insieme guideranno il Paese con un mandato di totale autonomia. Del resto, c’era da aspettarselo, dato che negli ultimi anni, anche per oggettive condizioni esterne critiche (non ultime pandemia, guerra, crisi energetica) nessuno dei governi in carica è stato in grado di fare i compiti a casa da solo. Così i compiti dovrà farceli fare qualcun’altro. E non sarà una passeggiata di salute. Tutte le promesse elettorali di cui si sente parlare in questi giorni e che servono a spostare voti, dovranno passare sotto la lente del del TPI.

Chi pensava che il Mes costituisse un forte elemento di controllo finanziario, lo rimpiangerà quando capirà gli impatti del Tpi. Non ne parla nessuno, e questo è già un problema, proprio perché in pochi probabilmente sono consapevoli di ciò che effettivamente rappresenti questo nuovo strumento finanziario disegnato dalla Bce. E’ normale che con circa 2.800 miliardi di debito pubblico e con un rapporto debito/Pil al 150%, l’Italia sia considerata il grande malato d’Europa.

Le prospettive per l’economia italiana

Oltretutto, altri dati macroeconomici che stanno peggiorando a vista d’occhio. Il surplus commerciale nazionale è sceso, nonostante la debolezza dell’euro rispetto al dollaro, passando da 70 a 10 miliardi nell’ultimo mese. Incide moltissimo l’aumento del costo dell’energia in un Paese, il nostro, in cui la capacità di produzione interna rispetto al fabbisogno energetico è una della più basse d’Europa. La quota di rinnovabili si avvicina al 16%, una quota che, soprattutto pensando al fotovoltaico e considerando che il nostro è uno dei Paesi a maggior irraggiamento d’Europa appare quasi contraddittoria.

Insomma, i prossimi mesi, rischiano di essere molto caldi, con gli schieramenti politici pronti a promettere di tutto pur di vincere le elezioni, ma in realtà totalmente vincolati da conti interni e ingerenze europee che impediranno loro di soddisfarle. E c’è qualcuno che incomincia a dire che non sarebbe un male. Quante volte si è detto che l’Italia è un Paese splendido, fatto di mille imprese forti e straordinarie, un Paese capace di esprimere bellezza e cultura, ma un Paese condizionato da politica e burocrazia. Magari la nostra è un’estremizzazione, ma mettere le cose a posto una volta per tutte non è detto che non serva davvero e, se non siamo in grado di farlo da soli…

Ma, a proposito, ora che mi viene in mente, la Francia ha un un debito pubblico di quasi 3.000 miliardi di euro. Perché non parla nessuno?

5189.- Inflazione, per Savona (Consob) occorrono dei portafogli che autoproteggano i risparmiatori

Da Wall Street Italia, 21 Giugno 2022, di Alessandra Caparello

Trovare una via alternativa per impedire che l’inflazione, la tassa iniqua che viola i principi fondanti della democrazia, colpisca la stabilità finanziaria e reale, erodendo i due pilastri su cui si basa la nostra crescita e il welfare. Così Paolo Savona, presidente della Consob, in occasione dell’incontro con il mercato finanziario avanza una proposta alternativa a una stretta di politica monetaria e fiscale, ossia un portafoglio che si auto-protegga dall’inflazione.

“In presenza di un’abbondante liquidità, la spinta di una domanda aggregata interna e mondiale vogliosa di esprimersi e l’allentamento dei vincoli all’offerta posti dal Covid hanno causato un aumento dei prezzi di molte materie prime, soprattutto delle fonti di energia, che hanno dato vita a una ripresa dell’inflazione; questa, di fronte ai nuovi vincoli all’offerta causati dal conflitto bellico in Ucraina, ha rafforzato la spinta da costi sui mercati dei fattori, alimentando i rischi di instabilità sociale e di squilibri del mercato finanziario”, spiega Savona.

Un primo passo da compiere, sottolinea Savona, è incanalare il risparmio verso le iniziative produttive delle imprese di ogni dimensione,  rifacendosi al dettato costituzionale che prevede l’incoraggiamento “diretto e indiretto all’investimento azionario del risparmio popolare nei grandi complessi produttivi del Paese”. Tali investimenti offrirebbero “una base per un welfare integrativo e autogestito dai membri di una società a bassa produttività e fertilità”.

Ma un secondo passo è creare portafogli che auto-proteggano i risparmiatori dall’inflazione, nel cui ambito gli investimenti in titoli di proprietà svolgono una funzione primaria.

Dove investono i portafogli anti-inflazione?

La proposta della Consob in particolare prevede “una composizione equilibrata tra attività mobiliari e immobiliari, affidando la redditività agli andamenti dell’economia reale, così alleggerendo la politica monetaria del peso di manovre inusuali sui tassi dell’interesse”.

Esempi di questa strategia sono gli Eltif, i fondi chiusi europei di lungo periodo, o i Piani individuali di risparmio  (Pir) o il Btp Italia. 

“La ratio della proposta poggia sul fatto che le attività mobiliari con un rendimento inferiore al saggio dell’inflazione patiscono una perdita di potere di acquisto, mentre quelle immobiliari di norma presentano aumenti di valore [….] Permettere la riduzione di quella parte della finanza che genera rendite dissociate dall’andamento dell’economia reale e rilanciare quella che spinge la produttività, il fattore trainante di un’economia aperta alla concorrenza, come quella italiana [….] E’ ormai urgente definire le regole per un corretto e trasparente utilizzo delle innovazioni tecnologiche nella composizione dei portafogli mobiliari, come parte indispensabile della protezione del risparmio”.

Nella soluzione proposta, continua Savona, il capitale finanziario e quello produttivo sarebbero le due facce di una stessa medaglia presente in ciascun portafoglio liberamente costituito, con effetti positivi sul quadro macroeconomico. E continua:

“L’attuazione della proposta avanzata di una politica di incentivazione e tutela del risparmio rappresenterebbe una risposta concreta alla necessità e alla volontà, ripetutamente espresse di indirizzarlo verso l’attività produttiva, in quanto lo incanalerebbe verso la formazione di nuovo capitale, dato che a ogni investimento mobiliare, che incorporerebbe i titoli di proprietà e di debito delle imprese produttive, corrisponderebbe un ammontare proporzionale di investimenti immobiliari, i quali storicamente hanno avuto un ruolo trainante nelle fasi di ripresa produttiva e occupazionale.

Innovazioni finanziarie e protezione del risparmio

Poi Savona è tornato su un tema a lui caro: l’innovazione nella finanza.

“È ormai urgente definire le regole per un corretto e trasparente utilizzo delle innovazioni tecnologiche nella composizione dei portafogli mobiliari, come parte indispensabile della protezione del risparmio. Un passaggio importante è la definizione della morfologia che assumerà la moneta pubblica e se sopravviverà una moneta privata, individuando i riflessi della scelta che verrà fatta sull’attuale sistema bancario e finanziario”.

Infine un capitolo importante è stato dedicato alle criptovalute per cui, secondo Savona, è necessario “un inquadramento istituzionale complessivo dei problemi insorti”, ed è dunque necessaria “la convocazione di una Conferenza internazionale per ristabilire un buon funzionamento del sistema monetario e finanziario globale”.

Nel suo intervento, Paolo Savona ha ricordato come in una recente riunione dei Ministri finanziari del G7 sia stata ribadita “l’urgenza di una regolamentazione delle diverse forme e degli usi di cryptocurrency, fornendo la precisa indicazione che gli strumenti virtuali devono essere trattati come quelli tradizionali, le cui regole sono frutto di oltre un secolo di esperienze e affinamenti tuttora validi”. Savona ha concluso chiedendo una legislazione sul tema:

“Anche tenendo conto delle forti spese di impianto che richiede il loro accoglimento, l’uso delle nuove tecnologie offre potenziali vantaggi, quali la riduzione dei tempi e dei costi di custodia e negoziazione delle attività monetarie e finanziarie, nonché la certezza e immutabilità delle registrazioni contabili connesse, che garantiscono un grado di impenetrabilità da attacchi esterni più elevato rispetto alle attività tradizionali … una legislazione pubblicaè però necessaria perché ristabilirebbe il monopolio monetario e potere normativo degli Stati e dei loro accordi internazionali, oggi lasciati in misura significativa alla volontà degli operatori in cryptocurrency, che si sono dati proprie regole, accettate spontaneamente dalla clientela, e si sono spinti fino a fissare i criteri di diretta gestione degli eventuali conflitti da parte delle stesse piattaforme, espropriando la magistratura statale.

5181.- Italia, formica con i risparmi e cicala con i conti pubblici.

C’è un abisso fra l’Italia degli italiani e l’Italia della Unione europea. La prima era la repubblica fondata sul lavoro, con una classe politica competente, la seconda si fonda su leggende metropolitane, come il cuneo fiscale, l’Unione dell’energia : l’indipendenza energetica dalla Russia, ottenuta riducendo velocemente l’utilizzo di gas, escludendo il ritorno all’energia nucleare e ogni esenzione dalle sanzioni USA alla Russia. Nella seconda, domina la politica del “giorno per giorno”  Per fare l’Unione dell’energia, per Draghi,“ci vogliono leadership e decisioni difficili”, e l’Italia potrebbe essere leader in questo: così, un Di Maio scrive al Sole 24 Ore per tranquillizzare gli imprenditori, mentre un Gentiloni chiarisce la road map per il ban del petrolio russo. In questa Unione (?) la mortalità infantile più alta è quella degli oleodotti e dei gasdotti: “l’Europa di Biden lo vuole”.

Secondo l’ultima indagine Banca d’Italia-Istat a fine 2017 la ricchezza netta delle famiglie italiane sfiorava i 10mila miliardi di euro, 8 volte il loro reddito disponibile. Nello stesso periodo il debito pubblico raggiungeva la cifra monstre di 2.300 miliardi di euro. L’analisi di una tra le più grandi contraddizioni del nostro Paese

Michaela Camilleri

Che l’Italia sia un popolo di grandi risparmiatori è cosa nota. E le ultime stime elaborate da Istat e Banca d’Italia lo confermano: a fine 2017 la ricchezza netta delle famiglie italiane, intesa come somma tra attività reali (abitazioni, terreni, etc.) e attività finanziarie (depositi, titoli, etc.) al netto delle passività finanziarie, è stata pari a 9.743 miliardi di euro. Di questi, il 59% è rappresentato da attività reali (6.295 miliardi di euro) e il restante 41% da attività finanziarie (4.374 miliardi di euro), a fronte di 926 miliardi di passività finanziarie.

Ricchezza che è tornata a crescere (+ 98 miliardi sull’anno precedente) dopo tre anni di costante contrazione, registrando un aumento pari al 16% rispetto al 2005 (primo anno della serie storica disponibile). Come si legge nella nuova pubblicazione congiunta, l’incremento è giustificato dall’aumento delle attività finanziarie pari a 156 miliardi di euro (+3,7%), che ha ampiamente compensato la riduzione di 45 miliardi di euro (-0,7%) delle attività reali, in continua diminuzione dal 2012, e l’aumento delle passività finanziarie di 13 miliardi di euro (+1,4%).

Fig. 1 – Ricchezza delle famiglie e sue componenti (dati in miliardi di euro)

Fonte: “La ricchezza delle famiglie e delle società non finanziarie italiane, 2005-2017”, Banca d’Italia e Istat

Se raffrontata al reddito lordo disponibile, la ricchezza netta delle famiglie italiane è stata 8,4 volte il loro redditoAl confronto europeo questo rapporto è più alto di quello relativo alle famiglie francesi e inglesi (intorno a 8) e tedesche (circa 6), anche se nel periodo di osservazione il divario si è notevolmente ridotto.

Dal punto di vista dell’evoluzione di questo rapporto, si osserva come per l’Italia negli ultimi anni l’indicatore sia gradualmente sceso dal picco raggiunto nel 2013, in controtendenza rispetto all’andamento osservato per gli altri Paesi, a causa – spiega l’indagine – del ristagno ventennale dei redditi delle famiglie italiane.

Anche relazionando la ricchezza alla popolazione si rileva una tendenza opposta rispetto a quello degli altri Paesi: in Italia la ricchezza netta familiare dopo il 2009 si è mantenuta su valori stabili, mentre negli altri Paesi è aumentata. Alla fine del 2017 il valore della ricchezza pro capite delle famiglie italiane si è collocato al di sotto di quello delle famiglie francesi e inglesi, ma leggermente al di sopra di quello delle famiglie tedesche.

Com’è allocata questa ricchezza? E com’è variata la sua composizione rispetto a dodici anni fa?

Le abitazioni si confermano la principale forma di investimento delle famiglie italiane e, con un valore di 5.246 miliardi di euro, rappresentano la metà della ricchezza lorda. Guardando all’andamento di questa componente nel periodo di osservazione, il peso delle abitazioni sul totale della ricchezza è cresciuto in misura costante fino al 2011 (anno in cui si è registrato il picco massimo, pari al 54,5%), per poi ridursi gradualmente fino ad attestarsi al 49% del 2017, complice la crisi del mercato immobiliare di questi ultimi anni che ha portato a una riduzione dei prezzi degli immobili residenziali e, di conseguenza, a un minor valore della ricchezza abitativa.

Dal lato finanziario, il risparmio gestito (inteso come quote di fondi comuni, riserve tecniche assicurative e fondi pensione) è stato pari al 14% della ricchezza lorda, seguito dai depositi (13%) e dalle azioni e partecipazioni (10%). Tra il 2005 e il 2017 all’interno del portafoglio finanziario si è registrato un aumento del peso sulle attività dei depositi (dal 10% al 13%) mentre si è ridotto il peso di azioni e altre partecipazioni (dal 12% al 10%) e, in misura maggiore, dei titoli (dall’8% al 3%).

Fig. 2 – Composizione delle attività delle famiglie (valori percentuali)

Fig. 2 – Composizione delle attività delle famiglie (valori percentuali)

Fonte: “La ricchezza delle famiglie e delle società non finanziarie italiane, 2005-2017”, Banca d’Italia e Istat

Ricchezza e propensione al risparmio delle famiglie italiane

Questo tesoretto si è accumulato nel tempo anche grazie alla forte propensione al risparmio delle famiglie italiane. Ne dà testimonianza l’indagine sugli Italiani e il Risparmio, che Ipsos realizza ogni anno insieme a Acri, secondo la quale l’86% degli italiani desidera risparmiare. Di questi, addirittura il 38% non vive tranquillo senza mettere da parte qualcosa e il 48% ritiene che sia bene accantonare dei risparmi, pur senza troppe rinunce.

Nel 2018 il numero delle famiglie che affermano poi di essere effettivamente riuscite a risparmiare è risultato in crescita rispetto alla precedente rilevazione (pari a ben il 39% del totale), mentre si è registrata una diminuzione di coloro che consumano tutto il reddito (il 37% contro il 41% del 2017).

Un aspetto particolarmente interessante dell’indagine riguarda l’incremento della quota di italiani che attribuiscono al risparmio una valenza sociale, che va oltre la sfera privata. È utile per educare le giovani generazioni a una vita consapevole ed equilibrata (aspetto è fondamentale per il 51% degli italiani) e per abituarli a programmare e a pensare al futuro più prossimo (43%) o al periodo successivo al pensionamento (43%). Inoltre, l’80% degli italiani ritiene che il risparmio sia utile per lo sviluppo sociale e civile del Paese e sono sempre più coloro che, quando risparmiano, percepiscono di fare – oltre ai propri interessi – anche quelli del Paese.

Il confronto con il debito pubblico

Ed è proprio sulla scorta di questi dati che emerge una delle tante contraddizioni del nostro Paese. Perché passando dal bilancio familiare a quello statale, la situazione si ribalta e l’Italia da formica nel risparmio si trasforma in cicala nei conti pubblici. Alla fine del 2018 il nostro debito pubblico ha raggiunto la stratosferica cifra di 2.322 miliardi di euro (+53 miliardi nel corso dei dodici mesi), in costante crescita nell’ultimo decennio.

Se misurato in rapporto al Pil, il debito registra un valore pari al 132,2%, posizionando l’Italia al secondo posto della classifica europea, preceduta solo dalla Grecia, e di gran lunga al di sopra della media dei 28 Paesi EU (pari all’80%), nonché di tutti i Paesi presi in esame nel precedente confronto sulla ricchezza (in particolare Francia, Regno Unito e Germania).

Fig. 3 – Rapporto debito pubblico/PIL (valori percentuali)


Fonte: elaborazioni su dati Eurostat

Eppure, il legame tra propensione al risparmio degli italiani e sicurezza dei conti pubblici è fondamentale affinché la ricchezza delle famiglie sia adeguatamente tutelata, soprattutto se letto alla luce della convinzione diffusa – come abbiamo visto sopra – che il risparmio privato possa avere una grande funzione di educazione civica e sociale. L’imprescindibile connessione tra questi due elementi è ben riassunta in alcuni passi dell’intervento del Presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, che in occasione della 94° Giornata Mondiale del Risparmio si è soffermato su questi temi sostenendo che “il bilancio pubblico è un fattore rilevante per la tutela del risparmio; conti in ordine o comunque da riportare in ordine secondo un impegnativo programma, credibile e affidabile che faccia leva sulle poste del bilancio pubblico e, nel contempo, su crescita, produttività e investimenti, proteggono il risparmio […] Agire sul debito pubblico con un piano pluriennale di misure per la sua riduzione in funzione del Pil è un dovere non tanto nei confronti dei parametri europei, quanto, innanzitutto, nei confronti delle future generazioni”.

Michaela Camilleri, Area Previdenza e Finanza Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

5059.- Andiamo incontro a una recessione senza fine. Altro che crescita zerovirgola!

Luciano Barra Caracciolo:

Tanto poi inizia fase di maggior contribuzione e restituzioni Ngeu sicché la recessione sarà senza fine: perché con le misure per abbassare l’inflazione nella misura indicata nel 2023, date regole EZ e condizionalità al Pnrr, sarà inevitabile. Altro che crescita zerovirgola!

Ora Basta @giuslit, 12 aprile 2022

In pochi mesi – tra tensioni sui prezzi dell’energia e conseguenze della guerra in Ucraina – si sono polverizzati i 3-4 punti aggiuntivi di crescita, che il PNRR prometteva di portarci nei prossimi 5 anni. Nel frattempo, la terza classe è già allagata e la banda suona ancora.

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Draghi impara! Per i tedeschi, l’interesse della Germania viene prima dei capricci di Biden. Con 400.000 posti di lavoro cancellati e PIL 2023 a -2,2%, la Germania esita ad adottare l’embargo su gas e petrolio russo.

Sembrano l’orchestra del Titanic!

PNRR: Ue ha versato la prima rata di fondi per l’Italia

13 Aprile 2022, di Alessandra Caparello

PNRR: Ue ha versato la prima rata di fondi per l'Italia
La resistenza di Draghi è un’incognita.

Via libera al pagamento della prima rata del PNRR per l’Italia. E’ il Mef a rendere noto che oggi la Commissione Europea ha versato all’Italia la prima rata da 21 miliardi di euro per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Un pagamento che segue la valutazione positiva della richiesta di pagamento presentata da Roma a fine dicembre, che ha certificato il raggiungimento dei 51 obiettivi previsti nel PNRR per il 2021.

Pnrr, la prima rata

La prima rata, che segue l’erogazione nel mese di agosto di 24,9 miliardi a titolo di prefinanziamento, ha un valore complessivo di circa 24,1 miliardi di euro, con una parte di contributi a fondo perduto pari a 11,5 miliardi e una di prestiti pari a 12,6 miliardi. L’importo effettivamente versato di 21 miliardi di euro (suddivisi fra 10 miliardi di sovvenzioni e 11 miliardi di prestiti) è al netto di una quota che la Commissione trattiene su ogni rata di rimborso, pari al 13% del prefinanziamento ricevuto ad agosto 2021 dall’Italia.

Il pagamento della prima rata del PNRR, dice via XX Settembre, rappresenta un ulteriore passaggio nel percorso di attuazione degli investimenti e delle riforme previsti dal Piano. Sono interventi che permetteranno di accelerare la transizione ecologica e digitale, rafforzare il sistema produttivo, modernizzare la pubblica amministrazione, ridurre i tempi della giustizia e accrescere la dotazione di infrastrutture del nostro Paese.

Pnrr: cosa ha previsto il governo italiano

 L’Unione Europea ha risposto alla crisi pandemica con il Next Generation EU (NGEU), un programma di  portata e ambizione inedite, che prevede investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale; migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; e conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale.

L’Italia è la prima beneficiaria, in valore assoluto, dei due principali strumenti del NGEU: il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) e il Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori d’Europa (REACT-EU). Il solo RRF garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021- 2026, delle quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. L’Italia intende inoltre utilizzare appieno la propria capacità di finanziamento tramite i prestiti della RRF, che per il nostro Paese è stimata in 122,6 miliardi.

Il dispositivo RRF richiede agli Stati membri di presentare un pacchetto di investimenti e riforme: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Questo Piano, che si articola in sei Missioni e 16 Componenti, beneficia della stretta interlocuzione avvenuta in questi mesi con il Parlamento e con la Commissione Europea, sulla base del Regolamento RRF. Si parla di:

  • digitalizzazione,
  • innovazione,
  • competitività,
  • cultura e turismo;
  • rivoluzione verde e transizione ecologica;
  • infrastrutture per una mobilità sostenibile;
  • istruzione e ricerca;
  • inclusione e coesione;
  • salute.

Sembra di leggere una fiaba perché, nel frattempo, i costi e i prezzi salgono, gira meno denaro e il 40% delle imprese è a rischio chiusura. È difficile pensare a investimenti e riforme. Reggeranno le banche? e la finanza pubblica, l’INPS? Quanti mesi abbiamo ancora? Se avessimo creato condizioni favorevoli all’entrata in campo del risparmio privato parcheggiato nei conti correnti? Invece, sarà divorato dall’inflazione e – speriamo di no – da eventuali crack delle banche. Sono già pronte le scuse: colpa della crisi in Ucraina e del caro energia. Ma guardate che state parlando della politica di Washington!

Allarme Italia

A seguito del balzo dell’inflazione, sui massimi degli ultimi 40 anni, e della crisi in Ucraina, l’economia italiana è destinata a rallentare nel corso del 2022. Non è allarmismo ma presa di coscienza di quello che sta accadendo.

Wall Street Italia vuole raccontarvi quello che sta succedendo alle nostre aziende e ai nostri risparmi.

Questa nuova rubrica Allarme Italia non vuole essere solo una denuncia della situazione attuale ma vuole anche fornire spunti propositivi con inchieste e interviste esclusive per superare senza incertezze il difficile momento che stiamo vivendo.

Se volete raccontarci la vostra esperienza scriveteci a redazione@wallstreetitalia.com

Pesa la crisi in Ucraina e il caro energia

A causa della guerra in Ucraina e del caro energia sono finite nell’occhio del ciclone soprattutto le imprese e i settori energivori come quello metallurgico, dell’auto, del legno, della ceramica, ma anche le aziende del vetro, della plastica, della chimica e dell’agroindustria.
Molte di queste aziende avevano legami diretti con il mercato russo e dell’Europa dell’Est mentre altre sono legate alle materie prime provenienti da quelle zone come il grano, i metalli, il nichel e i fertilizzanti. Stiamo parlando di un pezzo davvero importante della nostra economia e che il governo sta pensando di sostenere per evitare ripercussioni pesanti sul Pil e sull’occupazione. Infatti sono sempre di più le aziende costrette a fermare la produzione per far fronte all’aumento esponenziale dei costi.

Secondo diverse stime sono a rischio oltre  1 milione posti di lavoro in circa 184.000 imprese con almeno 3 addetti e l’incidenza è maggiore fra le piccole e medie imprese.

Per dare un’idea, solo il settore siderurgico conta 550 aziende con 42 mila addetti, l’automotive 1.500 aziende con oltre 90 mila addetti, mentre sono più di 23 mila le aziende che si occupano di legname in Italia.

A questi settori se ne potrebbero aggiungere altri. Infatti, a causa del blocco dell’export verso la Russia stanno soffrendo anche moltissime imprese dell’abbigliamento, del lusso, dei macchinari, dei mobili e delle calzature.

Per non parlare del turismo, che quest’anno con molta probabilità risentirà dell’assenza dei turisti russi. Il mercato russo, prima della crisi Covid, in Italia generava circa 2 milioni di arrivi e nel 2019 i turisti russi hanno speso più di 980 milioni in Italia, pari al 2,2% della spesa totale dei viaggiatori stranieri nel nostro Paese.

L’inflazione frena le imprese

Anche il caro inflazione pesa sulle imprese. A marzo l’inflazione in Italia è salita al 6,7%, un livello che non si registrava da luglio del 1991. Pensate che l’inflazione media nel 2021 per il nostro paese è stata del 1,9% e solo a gennaio di quest’anno è stata del 3,4%. Ora è quasi il doppio.

Che conseguenze ha questa inflazione galoppante? Quel 6,7% di inflazione in Italia significa che ogni 100.000 euro parcheggiati nei conti correnti, se ne perdono 6.700. L’inflazione sta quindi divorando i nostri risparmi e forse senza che molti di noi se ne stiano neanche rendendo conto, anche perché il cash è considerato il vero rifugio, come dimostra la logica tutta italiana dei soldi sotto il materasso.

Ma l’economia è cosa ben diversa dalle vecchie care abitudini: e l’economia ci dice che l’inflazione erode il potere di acquisto,svaluta la liquidità, affossa il valore di quegli stessi soldi che teniamo parcheggiati nei nostri conti correnti. L’inflazione, insomma, è nemica di quel cash, di quel contante. Mentre paghiamo di più per prenderci il nostro caffè quotidiano, e per fare il pieno di benzina, dobbiamo ricordarci che tutto questo significa anche che i soldi che teniamo fermi nei nostri c/c valgono di meno.

L’inflazione, in poche parole, significa che lo stesso ammontare di contante che avevamo ieri oggi vale di meno. Il fenomeno della crescita dell’inflazione che oltre ai risparmi si appresta a erodere ovviamente anche i consumi si verifica per diversi motivi, ma non sempre alla stessa velocità a cui stiamo assistendo oggi.

Nessuna illusione!

E, ora, che vi siete fatti un’idea di dove il Draghi, Mattarella e il partito unico ci conducono, andate a letto tranquilli:

“.. Chi vuol esser, lieto sia, del doman non v’è certezza!”

4741.-  Con l’obbligo vaccinale termina il governo Draghi di unità nazionale?

epa09022612 Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, alla Camera dei Deputati per un voto di fiducia sul suo nuovo governo a Roma, Italia, 18 febbraio 2021. Il nuovo governo ha affrontato un voto di fiducia al Senato il 17 febbraio e poi un altro voto in camera bassa il 18 febbraio. Il 13 febbraio 2021 il premier Mario Draghi e il suo nuovo gabinetto hanno prestato giuramento davanti al presidente Sergio Mattarella. L’esecutivo guidato dall’ex presidente della Banca centrale europea è una sorta di governo di unità nazionale riunito per evitare che il Paese debba tenere elezioni anticipate in nel pieno della pandemia di COVID-19 a seguito del crollo dell’amministrazione dell’ex premier Giuseppe Conte. EPA/ROBERTO MONALDO / PISCINA

Si parla di crisi di Governo, ma qui è in crisi la Repubblica. Con l’obbligo vaccinale non è terminato soltanto il governo Draghi di unità nazionale e ultimo governo del presidente, in ordine di tempo; ma è terminata – si spera – l’opera demolitrice delle fondamenta della Repubblica da parte dei presidenti, paladini dell’anomalia istituzionale Unione europea. La divisione fra i poteri Legislativo, Esecutivo e la funzione giurisdizionale e l’autonomia e l’indipendenza di quest’ultima dalla politica sono le ultime fondamenta venute meno con la presidenza di Sergio Mattarella, segnatamente per il mancato scioglimento del C.S.M. politicizzato e per contrastare – o non contrastare, ma attendiamo il verdetto dei magistrati… – un’epidemia influenzale. Sorprende che una parte della politica parli di un ulteriore presidenza bis, ma quella parte fa i suoi interessi e non fa politica.

La demolizione della Repubblica fondata sul Lavoro era iniziata con una semplice lettera fra Andreatta e Ciampi; con l’annientamento del principio lavoristico, il numero uno della Costituzione, diventato impossibile in mancanza di una politica adeguata di investimenti che bilanciasse l’assenza dell’azione calmieratrice della Banca d’Italia. Aldo Moro volle che il Lavoro fosse il principio numero della Costituzione perché il Lavoro, ci da Dignità e con la Dignità, la Libertà. Le elemosine di Stato, come il reddito di cittadinanza, non danno Dignità e, tantomeno, Libertà.

Il fallimento di Draghi alla guida dei partiti, sancito dai quattro ultimi decreti, era un risultato possibile, non atteso, ma possibile.

È tutta la politica che è in difficoltà. A questo guardavamo già dieci anni or sono, quando indicammo nell’art. 49 della Costituzione, nella assenza di principi guida, il vulnus della capacità rappresentativa dei partiti. E, infatti, i parlamenti che hanno espresso, di volta in volta, il loro consenso a questo progressivo snaturamento della Costituzione, sostanzialmente, non ci hanno rappresentato. I loro partiti e il loro voto hanno fatto sì che la quasi quarta potenza mondiale, frutto di sudore, amore e sangue, si sgretolasse e, spesso, in nome di un disegno impossibile: l’unione senza uno Stato dei popoli europei, fra loro diversi e, di fatto, in nome di un rapporto di cambio.

Al grido “Lo vuole l’Europa” ci siamo spogliati delle nostre ricchezze a favore di … L’ultimo atto è stato l’approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: al netto di prestiti e nostri contributi sono 26 miliardi soltanto! Ma sono, evidentemente, altre le cifre che contano. 26 miliardi, quando vantavamo 4.600 miliardi di risparmi e soltanto quello dei privati è di 1.800, remunerato a meno, molto meno dell’1%. Senza infrangere alcuna regola, potevamo offrire ai risparmiatori il 2% e l’avremmo comprata l’Europa. Dovevamo, invece, finire a carità e, ai detrattori del candidato Draghi, dicemmo: “Se deve essere la nostra fine, che l’esecuzione avvenga almeno per mano di uno capace”. Non è stato così. Caro “Mario”, peccato. Per il Suo bene, anziché al Quirinale, vada a casa!

8 Gennaio 2022, di Redazione Wall Street Italia

Con l’obbligo vaccinale termina il governo Draghi di unità nazionale?

di Antonello Barone

A febbraio avremo un nuovo governo? Se un indizio è un indizio e due indizi sono una coincidenza, tre indizi fanno una prova.

Primo indizioGiancarlo Giorgetti, ministro, capo delegazione della Lega al governo e grande sponsor di Mario Draghi come futuro presidente della Repubblica è stato assente al consiglio dei ministri del 5 gennaio scorso che ha imposto l’obbligo vaccinale agli over 50, togliendosi dall’imbarazzo di contrastare, per conto di Matteo Salvini, la linea più rigorista del presidente del consiglio.

Secondo indizio: Beppe Grillo, dopo anni di controdiscorso di fine anno ha deciso di tacere la notte del 31 dicembre, per poi stroncare come “orwelliana” la scelta del governo di introdurre per una parte della popolazione l’obbligo vaccinale.

Terzo indizio: Mario Draghi ha ritenuto di tacere e di non spiegare pubblicamente, mettendoci la faccia, agli italiani i contenuti del decreto legge, probabilmente il più importante e quello che genererà più dibattito nell’opinione pubblica, del suo mandato.

La faglia di frattura fra i partiti e Draghi si è rapidamente divaricata dopo che il presidente del consiglio ha dato per compiuto il suo compito alla guida del governo e implicitamente offerto alle forze politiche la propria disponibilità a trasferirsi da Palazzo Chigi al Quirinale. Per i partiti è stato il richiamo della foresta.

Nonostante la variante Omicron si sia scagliata sull’Europa con un’impatto devastante dal punto di vista della viralità, promettendo un inverno di incertezze sul fronte della tenuta dei sistemi sanitari e produttivi, per alcune forze politiche è arrivato il momento di chiudere la parentesi del governo di unità nazionale.
Con l’obiettivo di riprendere in mano le leve del controllo diretto del governo, sogno inconfessato del PD, o per prepararsi, come pensa Salvini, alla fase pre-elettorale, breve o lunga che sia, da una posizione di opposizione, togliendo questa condizione di presunto vantaggio alla sola Giorgia Meloni.

I partiti nelle prossime settimane giocheranno dunque quattro partite decisive, una dentro l’altra come una matrjoska di potere dove ogni partita racchiude in sé un altro vero obiettivo: l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, la designazione di un eventuale nuovo presidente del consiglio, la chiusura o meno del governo di unità nazionale, la conseguente definizione di un nuovo perimetro di alleanze governative che di fatto darà l’avvio alla nuova campagna elettorale, anche in caso di scadenza naturale della legislatura.

Governo Draghi, la democrazia pretende le sue prerogative

Mario Draghi potrebbe ritrovarsi ad essere usato in questo contesto dai partiti per obiettivi chiaramente di parte e non per lo scopo primario di superare la crisi pandemica ed economica. Spostato al Colle e senza lo spirito di unità nazionale anche la sua reputazione, come mostrano gli ultimi dati in rialzo dello spread che scontano questa ipotesi, potrebbe poco nel proteggere il futuro presidente del consiglio. Chiunque egli sia, sarà certamente meno carismatico e capace di affrontare le sfide dei mercati finanziari, soprattutto se si trovasse di fronte ad un’opposizione ancora più animosa e numericamente rappresentata in Parlamento.

Da febbraio il governo dovrà gestire il picco della variante Omicron con le forze politiche che hanno dimostrato vorranno sempre di più distinguersi sul tema dell’obbligatorietà vaccinale. E su questo specifico punto le maggioranze parlamentari potranno essere anche a geometria variabile. Lo spirito anti-scientifico delle destre e del M5S, dopo l’uscita di Grillo, potrebbe ricompattarsi impedendo al futuro esecutivo di attuare un’azione coerente con le scelte compiute finora dal governo Draghi.

Nei palazzi romani chi vuole proteggere la legislatura, e con essa la pensione e ulteriori dodici mesi di indennità parlamentare, sa bene che l’accordo sul futuro presidente della Repubblica non potrà essere svincolato alle altre tre partite. Tutto si deve tenere insieme. O tutto crollerà insieme.

Quirinale, Palazzo Chigi, conferma dello spirito di unità nazionale e fermezza sulle misure sanitarie. Una nuova fase con un diverso perimetro di alleanze dentro la maggioranza che riproponesse la contrapposizione fra sovranisti e europeisti, fra presunti libertari e fautori dell’obbligo vaccinale sarebbe certo un azzardo per la tenuta del Paese, ma anche un momento di chiarezza politica che forse l’Italia non può più rimandare.

In un cambio di paradigma così netto, dove lo spirito di unità verrebbe spazzato via dall’esigenza della contrapposizione delle diverse visioni politiche in tema di contrasto alla pandemia, di attuazione sul piano energetico del PNRR, ad esempio sul ruolo che gas e nucleare devono avere nella fase di transizione energetica, sui temi fiscali, sulla gestione dei confini e dell’immigrazione, sui diritti civili, chi si farebbe carico di rappresentare la guida di un eventuale “governo Ursula” e di fatto mettersi alla testa della coalizione elettorale che sfiderà le destre alle prossime elezioni politiche?

Se l’idea è chiudere la parentesi dell’unità nazionale spostando Draghi al Colle, Draghi dovrebbe rifiutare la trappola che gli stanno preparando alcuni dei suoi alleati di governo, ma nemici ideologici. Draghi promosso garante e arbitro è un Draghi tolto alla squadra dell’europeismo, dell’atlantismo, della competenza, della solidarietà. L’Italia ha bisogno di una offerta politica basata su questi valori e di leadership finalmente capaci di incarnarla.

Quale sarà l’ultimo pezzo della matrjoska, il cosiddetto “seme” che non contiene null’altro al suo interno e sul quale far nascere senza inganno la nuova pianta della democrazia italiana lo scopriremo a Montecitorio, a partire dal 24 gennaio.

3692.- Italiani fra il culto del potere, un virus e la morte economica.

Il culto del potere sarebbe qualcosa di diverso e di più del culto di se stessi e del potere con cui si amministrano gli interessi della finanza mondiale, globalismo, ecc.. Se la Pandemia sia sorta per evento naturale oppure sia stata pianificata e attuata dal cosiddetto Deep State è un interrogativo che cede di fronte alla costanza con cui in suo nome si porta avanti la depressione dell’economia delle famiglie e delle imprese italiane. Il culto del potere ha bisogno di adepti che lo sostengano, costi quel che costi, tanto a pagare sono sempre i soliti cittadini. Alla luce dei risultati di questo anno, possiamo ben dire che gli adepti hanno occupato lo Stato e che il potere del governo si svolga lontano, e, attraverso loro, sempre più lontano dalla gente, dagli imprenditori, dai padri e dalle madri di famiglia, dai giovani non occupati e dagli studenti. Guardo agli studenti delle superiori. Solo le scuole superiori di quattro regioni: Lazio, Molise, Piemonte e Puglia, riaprono. Le altre? Per i cittadini di domani hanno coniato il termine “didattica a distanza”. Ma i banchetti a rotelle, pure strapagati (E ti pareva!)? Perché, anziché acquistare autobus a manetta, stanno svendendo l’Iveco? Sono convinto che i ragazzi debbano stare a casa perché i ministri hanno dimenticato di implementare un piano di trasporti pubblici locali. Ma, qesti parvenue della politica, mai votati nemmeno da un condominio, sono in grado di redigere un piano? Leggo il Piano Strategico Vaccinale: un promemoria di indirizzo, al massimo, infarcito di termini anglosassoni per capirlo meglio e dico: No! Il danno che stiamo facendo a un’intera generazione ha del mostruoso. Fa il paio con la morte a distanza inflitta agli anziani nonni e genitori; con l’amore a distanza.Guardo anche ai titolari e ai gestori delle Palestre, pur ampie, dei ristoranti, non sempre luoghi di svago e, poi, perché criminalizzare e colpire lo svago e una categoria? Penso ai bar e all’ultimo parto di menti deboli che gli vieta l’asporto dopo le 18. Ci sovviene il fisco. Da lunedì 18 gennaio vanno in pagamento le tasse sospese per l’emergenza Covid. Chi non ha guadagnato, chi è stato costretto a tenere chiusa la sua attività, chi non ha di che vivere, deve pagare quali tasse? Deve pagare, comunque, fatture dell’energia gonfiate da spese, ma senza aver consumato e deve pagare le tasse e le imposte ordinarie. Non basta. Con le nuove regole emanate dall’Unione europea, da questo gennaio sarà classificato inadempiente chi non onora con puntualità le scadenze di pagamento previste contrattualmente o non rispetta il piano di rimborso dei propri debiti (anche importi di modesta entità, 100€ se superiore all’1% del totale delle esposizioni verso il Gruppo bancario). Per lui, scatterà la classificazione a default: Più difficile fare pagamenti RID, ottenere prestiti e finanziamenti. Ricordate il Registro dei Protesti? Regolarizzato l’arretrato e passati almeno 90 giorni da tali regolarizzazioni senza che si verifichino ulteriori situazioni di arretrato o ulteriori eventi pregiudizievoli, decadrà la segnalazione di inadempienza.  L’obiettivo dichiarato di questa assurda carneficina è armonizzare la regolamentazione delle banche tra i diversi paesi dell’Unione Europea. Appunto, le banche! Bisogna sostenere le imprese e, poi, le banche; ma attenzione! Se le misure anticovid a sostegno delle imprese prosciugheranno la massa circolante si rischia la fine delle moratorie e l’esplosione dei debiti non pagati alle banche.

Si è fatto un gran parlare del MES, della sua firma senza mandato parlamentare, si parla del Recoveri Fund. Sempre di debiti si tratta e i debiti, non solo scadono, prima o poi, ma vogliono essere garantiti. Dunque, con il nostro debito pubblico in crescita perenne: Troika!

Invece, avevamo e dovevamo incentivare il risparmio degli italiani.  4.300 miliardi di euro di risparmio privato da portare a sottoscrivere obbligazioni a interessi un poco più attraenti di quelli correnti e a valore facciale garantito dallo Stato. In pochi mesi, con 4.300 miliardi l’Italia farebbe la locomotiva d’Europa; ma questo non va bene a chi struscia ai piedi di Angela Merkel; a chi vuole sia realizzato e a chi sta realizzando il disegno del Regno d’Italia di Napoleone Bonaparte: È scritto nello Statuto: “Il Regno d’Italia non dovrà avere una sua industria perché sottrarrebbe mercati, materie prime e manovalanza all’industria francese”. Vi dice nulla? Contate quante Legion d’Onore ornano il petto dei nostri politici e di qualche militare e ci sono anche quelle segrete!

Il risparmio privato ha già finanziato Btp e Bot anti-Covid. Ha finanziato in grana parte il disavanzo con cui il governo Conte (ma sarei tentato di chiamarlo Mattarella) ha coperto i suoi primi decreti anti-Covid – aggiungo – incostituzionali. Nei primi sei mesi del 2020, grazie alla maggiore raccolta di depositi proveniente dalle famiglie e dalle imprese si sono potuti sottoscrivere i titoli di Stato nel portafoglio delle banche, per un totale di oltre 60 miliardi, impegnando e praticamente per intero, le maggiori passività (4,7% rispetto a giugno 2019) derivanti proprio dalla raccolta di depositi (6,5 per cento).

Sui decreti anticovid, sull’emergenza sanitaria, sulla pandemia: Primo, non è stato applicato il “PIANO NAZIONALE DI PREPARAZIONE E RISPOSTA AD UNA PANDEMIA INFLUENZALE”, richiesto dall’OMS agli stati nel 2005 e firmato per l’Italia dal ministro della Salute Storace nel 2006. Il Piano che possediamo e abbiamo letto in una diretta a febbraio 2020, fu aggiornato fino al 2010, poi, basta. Poi, al Dipartimento Prevenzione salì un beneficato fra i tanti dello Stato: tale dott. Ranieri Guerra, che dimenticò il Piano, fino a poco tempo fa, quando chiese a un funzionario dottore di variare la data 2006 in 2016. Guerra, per i suoi meriti, è stato scelto, Lorenzin regnante, come  direttore vicario dell’Oms. Oggi, è accusato dai i familiari della vittime, costituiti nel “Comitato Noi Denunceremo”, di dare vita a una “campagna di disinformazione”. Il direttore vicario dell’Oms, in un’intervista all’AGI aveva affermato che “la situazione epidemiologica era rimasta invariata dal 2006”.

Il “PIANO NAZIONALE DI PREPARAZIONE E RISPOSTA AD UNA PANDEMIA INFLUENZALE”

I grillini, da quando ha avuto inizio la loro vacanza romana, sono passati dalla parte dei boiardi di stato e dei cultori del potere e non potrebbe essere diversamente, attese le loro passate inesperienze lavorative, particolarmente fra i senatori. Ricordo Crimi, che precedette un mio intervento in una festa, dichiarando che il problema non era il lavoro, oppure quella ex commessa licenziata di un grande magazzino, che, dopo sei mesi alla XIV Commissione permanente POLITICHE DELL’UNIONE EUROPEA, non sapeva del Trattato di Lisbona, la cosiddetta de-costituzione europea, oppure – e mi fermo – quella senatrice che, negli atti del Senato, si dichiara laureata perché insegnava: sì, ma a fare vetrine in una scuola professionale. Oggi, hanno aperto il Parlamento come una scatola di tonno, sostengono chi non li manda a casa, come Conte o come sarebbe per qualunque altro; ma del tonno non c’è più traccia. Governano con il 33% degli onorevoli, ma se andassimo al voto sparirebbero. Un grazie a Sergio Mattarella e alla faccia della rappresentanza e della Repubblica parlamentare.

Queste arche di scienza, sorrette da quante centinaia di esperti più non so, hanno partorito un “PIANO STRATEGICO – Elementi di preparazione e di implementazione della strategia vaccinale” che, più che un piano, a me sembra un promemoria fatto di intenzioni in attesa di verifiche, infarcito di termini anglosassoni per darci lustro. Traccio rapidamente alcune osservazioni. La disponibilità insufficiente di vaccini nel periodo attuale condiziona il lavoro dell’ulteriore gruppo intersettoriale e osserviamo che la Germania ne ha acquistati in misura più che sufficiente. Chi dobbiamo ringraziare? Impossibile districarsi fra Governo, ministero e, commissario straordinario Arcuri, gruppi e sottogruppi intersettoriali (si dice così). Mi correggo, Arcuri si chiama “Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19”. Nel Piano-Capo I. Elementi di preparazione e di implementazione della strategia vaccinale  – leggo testualmente – viene presentata una sintesi delle linee di indirizzo relative alle azioni che non sono state implementate onde garantire la vaccinazione secondo standard uniformi, nonché il monitoraggio e la valutazione tempestiva (se vi sentite male. ndr) delle vaccinazioni durante la campagna vaccinale (e, poi? mi ricorda gli esami per l’esposizione all’uranio impoverito. Dopo il primo esame, arrangiatevi! ndr).

Tempistiche, cifre, raccomandazioni del piano sono tutte indicative, da variare e – più carino – da aggiornare, ma ATTENZIONE: “in base all’evoluzione delle conoscenze e alle informazioni su efficacia vaccinale e/o immunogenicità in diversi gruppi di età e fattori di rischio, sulla sicurezza della vaccinazione in diversi gruppi di età e gruppi a rischio, sull’effetto del vaccino sull’acquisizione dell’infezione, e sulla trasmissione o sulla protezione da forme gravi di malattia“. Dice fattori di rischio? Pfizer si è già fatta rilasciare una liberatoria e voi dovrete firmarla.

Il Capo II. VALORI, PRINCIPI E CATEGORIE PRIORITARIE , conclude: “Le priorità potrebbero cambiare sostanzialmente se i primi vaccini disponibili non fossero considerati efficaci per gli anziani.” Andiamo bene!

Il Capo IV. PUNTI VACCINALI, ORGANIZZAZIONE DELLE SEDUTE VACCINALI E FIGURE COINVOLTE. Non dice nulla di pianificatori, salvo stimare un fabbisogno di 20.000 sanitari e prevedere di agire da un lato ricorrendo ad un cospicuo e temporaneo ricorso alle professionalità esistenti nel Paese, anche attraverso la pubblicazione di un invito a manifestare la disponibilità a contribuire alla campagna di vaccinazione, con l’attivazione di conseguenti modalità contrattuali definite ad hoc, nonché alla stipula di accordi con il Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito dei percorsi formativi delle scuole di specializzazione medica.  

Al Capo VI. VACCINOVIGILIANZA E SORVEGLIANZA IMMUNOLOGICA . …”L’obiettivo fondamentale è quello di monitorare gli eventuali eventi avversi ai nuovi vaccini COVID nel contesto del loro utilizzo reale, di identificare e caratterizzare prontamente eventuali nuovi rischi (! ndr) ancora non emersi, e di individuare eventuali problematiche relative alla qualità”.

“L’AIFA si doterà inoltre di un Comitato scientifico (un altro! ndr) che, per tutto il periodo della campagna vaccinale, avrà la funzione di supportare l’Agenzia e i responsabili scientifici dei singoli studi nella fase di impostazione delle attività, nell’analisi complessiva dei dati che saranno raccolti, e nell’individuazione di possibili interventi. La finalità è quella di disporre, anche attraverso una rete collaborativa internazionale, della capacità di evidenziare ogni eventuale segnale di rischio e, nel contempo, di confrontare i profili di sicurezza dei diversi vaccini che si renderanno disponibili, nonché nel fornire raccomandazioni.” Dovrà stabilire la durata della memoria immunologica e la specificità della risposta immunitaria, in particolare su durata e qualità della risposta. A tal fine sarà condotta un’indagine sierologica su un numero rappresentativo di individui (sperimentazione di gregge? ndr).

Di tanto altro dovremmo parlare: della incostituzionalità dei Dpcm di Conte, come degli obblighi vaccinali in presenza di rischi. Ci siamo dilungati sull’esame di questo cosiddetto Piano vaccinale di 13 pagine, perché nella trasmissione Agorà di ieri 15 gennaio il grillino onorevole Davide Crippa, con il controcanto del direttore Luca Telese, hanno tentato di sotterrare il verbo dell’onorevole Elisabetta Gardini, che non lo definiva un Piano, ma un mero insieme di titoli. Come dargli torto? Luca Telese, simpatico comunista , con l’aggressività di un comunista, mi riporta alla memoria un’altra sua castronata: “Tutti i Paesi si sono dotati di una misura di reddito di cittadinanza, noi arriviamo per ultimi con gli stessi dubbi e paure che però gli altri hanno già superato”. È una di quelle voci che Daniele Capezzone definisce nel suo libro “Likecrazia”. Importante è dire, ribadire sfrontatamente e non importa cosa si dice o si applaude. Luca Telese dovrebbe leggere con pazienza l’articolo 38 della Costituzione, che vede e provvede riguardo alla solidarietà dello Stato verso gli indigenti, in quanto cittadini e elettori:

Articolo 38 Costituzione

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.

L’assistenza privata è libera.

La crisi di governo è lontana anni luce dai problemi degli italiani, che percepiscono sulla loro pelle la confusione e osservano sgomenti come vengono amministrati e a quale costo. Non è solo il Ministero della Salute che ha visto affiancare i propri dipartimenti da gruppi e comitati. Non si salva nessuna istituzione da questo giudizio. Non c’è indice farlocco di gradimento che possa cambiare questo risultato. Ci auguriamo che il mercato delle vacche di martedì prossimo, che, nelle intenzioni di chi ci vuol male, dovrebbe sanare il 150 a 161 dei senatori a pro Conte (e Mattarella) vada deserto; che la mancata attuazione del “PIANO NAZIONALE DI PREPARAZIONE E RISPOSTA AD UNA PANDEMIA INFLUENZALE” trovi un responsabile e che, almeno, il 2021 sia dichiarato “Anno fiscale bianco”.