Archivio mensile:novembre 2022

5475.- Gli Ordini dei medici si sono dimostrati anacronistici. É tempo di cambiare.

Sospensione per 6 mesi – Il dottor Barbaro ha salvato centinaia di vite ma è stato punito.

Il Dott. Giuseppe Barbaro parla della musica tra “vaccino” mRNA e morte cardiaca

BlobTube Pubblicato10 novembre 2022 7.800 visualizzazioniSOTTOSCRIVICONDIVIDERE

12rimbombaINCORPORARE

Il Dott. Giuseppe Barbaro (specialista in Medicina Interna e in Cardiologia, Policlinico Umberto I, Roma)
Parla della luglio dimostrato tra “vaccino” mRNA dimostrato e morte cardiaca e di una documentazione che si basa su oltre 400 fosse evidente da già 2021.

Ricordiamo che il Dott. Barbaro 10 giugno 2022 è stato sospeso dall’Ordine dei Medici per 6 mesi, per aver prescritto esami pre vaccinali ai pazienti e aver salvato il problema di vite.
Il dott. Barbaro è stato punito come se avesse stuprato 10 pazienti e invece ha salvato centinaia di Vite.

Mauro Di Fresco che ha assistito il Dott. Barbaro ha commentato la decisione dell’Ordine dei Medici di Roma:

Una decisione che ci aspettavamo di natura squisitamente politica in ossequio ai diktat del ministro Speranza e sulla linea delle direttive di Sileri che aveva promesso in TV di farla pagare a chi contraddiceva il Governo.

Detto, fatto: ieri abbiamo confutato tutte e 13 le accuse formulate al dott. Barbaro ma ha vinto il timore di ledere Sua Maestà, e con questa decisione gli interessi economico-politici sono entrati nelle stanze della scienza che credevamo fossero immuni dalla parzialità e la dipendenza, asservendola completamente fino all’osso. Andremo fino alla Corte di Giustizia Europea e daremo battaglia fino al nostro ultimo respiro.

Leggi il provvedimento dell’Ordine dei Medici:

5474.- Meccanismi potenziali per l’integrazione nel genoma umano del codice genetico della vaccinazione con mRNA del SARS-CoV-2: Implicazioni per la malattia

Di Sabino Paciolla 10 Novembre 2022

Vi propongo un interessante studio firmato da Anthony M. Kyriakopoulos (Dipartimento di Ricerca e Sviluppo, Laboratorio di Biotecnologie Nasco AD, Grecia), Peter A. McCullough (Chief Medical Advisor, Truth for Health Foundation, USA), Greg Nigh (Naturopathic Oncologist, Immersion Health, Portland, USA), e Stephanie Seneff (Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory, Massachusetts Institute of Technology, USA) e pubblicato su Journal of Neurological Disorders. 

In proposito, vi consiglio di leggere anche questi due precedenti articoli (qui qui).

Vi propongo il sommario e le conclusioni nella mia traduzione per una rapida sintesi. Il neretto del testo è mio.  Di seguito a questi, trovate ampi stralci dallo studio.

vaccini DNA dottore ricercatore

 

PremessaL’integrazione del codice genetico dei virus a RNA nel DNA dell’ospite, un tempo ritenuta un fenomeno raro o addirittura impossibile, è ora riconosciuta come probabile. Il meccanismo di inserimento mediato da Long Interspersed Nuclear Element (LINE)-1 implica che molti RNA virali (oltre a quelli retrovirali) possono essere trascritti inversamente e quindi incorporati in modo stabile nel DNA. È stata descritta la ricombinazione tra RNA esogeno non retrovirale e sequenze retrovirali endogene che porta alla trascrizione inversa e infine all’integrazione del cDNA risultante nel genoma dell’ospite. Dati recenti dimostrano che le sequenze di RNA del SARS-CoV-2 possono essere trascritte in DNA e possono essere integrate attivamente nel genoma delle cellule umane colpite, con la mediazione di retrotrasposoni. In alcuni campioni di pazienti infetti da SARS-CoV-2, è stata dimostrata l’integrazione di un’ampia frazione di sequenze di SARS-CoV-2 e la conseguente generazione di trascritti chimerici di SARS-CoV-2 umani.

Risultati: In questa rassegna viene esplorato il ruolo potenziale degli elementi genetici mobili nell’eziopatogenesi di malattie neurologiche, cardiovascolari, immunologiche e oncologiche e le possibilità di interferenza del DNA umano da parte dell’infezione da SARS-CoV-2 e della vaccinazione. Le cellule germinali vulnerabili (le cellule germinali sono quelle che hanno materiale genetico che può essere trasmesso ad un discendente, ndr), le cellule tumorali e i neuroni possono presumibilmente essere tutti bersagli di un’integrazione anomala dell’mRNA, soprattutto nelle cellule che invecchiano e che mostrano una maggiore attività di LINE-1 rispetto alle cellule più giovani. L’mRNA che codifica per la glicoproteina spike della SARS-CoV-2 nei vaccini è stato accuratamente progettato per aumentare la stabilità e l’efficienza della traduzione della proteina spike, evitando così le normali vie di degradazione dell’mRNA. Ciò potrebbe aumentare il potenziale di integrazione genomica. Se ciò dovesse accadere, le conseguenze previste comportano seri rischi potenziali per la salute umana che necessitano di chiarimenti.

Conclusioni

La recente scoperta dell’integrazione del genoma della SARS-CoV-2 attraverso un meccanismo che coinvolge la LINE-1 o la polimerasi theta suscita grande preoccupazione per la possibile incorporazione indesiderata e duratura di sequenze di proteine spike nel genoma umano. Inoltre, la serie di case report (cioè casi segnalati, ndr) che descrivono disturbi neurologici diagnosticati, aventi come unico fattore causale comune la vaccinazione con mRNA del SARSCoV-2, evidenzia senza dubbio la potenziale associazione dell’attivazione del retrotrasposone alla comparsa di queste malattie. L’interferenza del DNA umano da parte di mRNA sintetici nei vaccini non è solo una possibilità teorica. È stata dimostrata la trascrizione inversa del codice dell’mRNA del vaccino COVID-19 in linee cellulari di epatoma umano, sebbene sia necessaria la conferma del risultato da parte di un gruppo indipendente. Poiché le sequenze codificate sono specifiche per la proteina spike della SARS-CoV-2 e possono essere integrate nel DNA umano, la patogenesi risultante dalla vaccinazione molecolare richiede una valutazione esplicita attraverso la ricerca sulla genotossicità. Oltre al potenziale patogeno delle proteine spike codificate endogenamente (DNA), abbiamo dimostrato che l’attivazione delle reti enzimatiche cellulari che realizzano l’integrazione del DNA comporta un proprio potenziale patogeno distinto e multiforme. Si prevede che questi rischi siano più elevati in specifiche popolazioni vulnerabili, in particolare gli individui in fase di sviluppo (bambini) e i pazienti affetti da neoplasie, malattie autoimmuni, malattie cardiovascolari e neurologiche e disturbi genetici. Riconosciamo che è speculativo suggerire che l’mRNA del vaccino possa dare inizio all’ampia gamma di eventi patologici che abbiamo descritto. Tuttavia, dato il potenziale ampiamente documentato dell’RNA endogeno (retrovirale umano) ed esogeno (virale) di innescare questi eventi, sono urgentemente necessarie indagini pertinenti, soprattutto se si considera l’elevato numero di individui a cui sono stati somministrati uno o più prodotti a base di mRNA che codificano per la proteina spike della SARS-CoV-2.

 

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Di seguito stralci dallo studio. Data la lunghezza, si è usato un traduttore automatico. I numeri si riferiscono ai riferimenti ad altri studi che potranno essere consultati direttamente dallo studio. 

 

Un argomento importante a favore della sicurezza a lungo termine della vaccinazione COVID-19, come analizzato da Pardi et al., 2018 [1], è stato dichiarato dagli autori come segue: ”Nelle persone vaccinate, i rischi teorici di infezione o di integrazione del vettore nel DNA della cellula ospite non sono una preoccupazione per l’mRNA. Per questi motivi, i vaccini a mRNA sono stati considerati un formato di vaccino relativamente sicuro”. Questo è stato affermato come un vantaggio dei vaccini a mRNA rispetto ai vaccini a vettori di DNA, dove l’integrazione genomica è molto più probabile. Ma non si può affermare con certezza che l’integrazione dell’mRNA sia impossibile.

(…)

Sebbene il SARS-CoV-2 sia un virus a RNA a singolo filamento e non un retrovirus, la sua integrazione genomica nel DNA umano è possibile in vari modi: 

 

– Tramite la trascrizione inversa (RT) endogena Long Interspersed Nuclear Elements-1 (LINE-1) [5,6]. 

– Attraverso la nuova trascrittasi inversa umana, la polimerasi theta, la cui attività di trascrizione inversa è paragonabile a quella del retrovirus dell’immunodeficienza umana (HIV) [7]. 

– Attraverso meccanismi difettosi di riparazione della rottura del doppio filamento di DNA [8,9]. Le copie di cDNA risultanti di più elementi virali sono in grado di integrarsi in più siti dei cromosomi umani, come descritto nelle belle recensioni di Katsourakis e Glifford 2010 [10] e Geuking et al. 2009 [11]. 


L’inserimento di frammenti di RNA da virus a RNA nel DNA dell’ospite, che comporta l’attività di retroelementi endogeni, è simile all’inserimento di pseudogeni [12].

(…)

Una duplicazione genica causata dalla retrotrasposizione comporta l’inserimento di una copia senza introni del gene parentale in una posizione casuale del genoma, e questo fenomeno è molto diffuso [13]. I geni senza introni costituiscono il 3% del genoma umano. Rappresentano aggiunte recenti al genoma, create principalmente dalla retrotrasposizione di mRNA elaborati, e mantengono la loro funzionalità [14]. In particolare, le copie di sequenza del SARS-CoV-2 più frequentemente integrate nel DNA umano sono quelle vicine alle regioni non tradotte (UTR) 5′ e 3′, mostrando una preferenza per le sequenze vicine ai promotori e alle code di poli(A) [4]. L’integrazione della sequenza di SARS-CoV-2 LINE-1 RT nel DNA umano non sembra essere casuale, ma è diretta verso i siti associati agli esoni umani [5].

(…)

È stata confermata l’integrazione nel genoma umano di sequenze genomiche intere o segmentate di altri retrovirus o virus a RNA o DNA, che possono fissarsi nei cromosomi dopo diverse generazioni [10]. Pertanto, la presenza di mRNA sintetici [1] nei vaccini a mRNA, che trasportano sequenze della proteina spike patogena del SARS-CoV-2 in prossimità di una coda di poli (A), significa anche che questi hanno tutti i prerequisiti per inserirsi nel DNA umano e produrre malattie. Inoltre, nel processo di produzione degli mRNA sintetici è stata prestata particolare attenzione alle modifiche innaturali, come la conversione di tutte le uridine in metilpseudouridine, allo scopo di proteggere l’mRNA dalla degradazione [1]. Questa maggiore longevità all’interno della cellula aumenta la probabilità di trascrizione inversa e di incorporazione nel DNA attraverso vari meccanismi che coinvolgono elementi mobili [15]. In questo articolo vengono quindi rivisitati i possibili meccanismi di interferenza genetica umana e le conseguenze per la salute umana. È stato dimostrato in esperimenti sui topi che gli spermatozoi dei mammiferi sono pienamente in grado di tradurre l’RNA messaggero esogeno in DNA, di raggruppare il DNA in plasmidi e di rilasciare questi plasmidi nell’ambiente locale durante la fecondazione. L’ovulo fecondato può accogliere i plasmidi e conservarli durante lo sviluppo fetale, dopo la nascita e per tutta la durata della vita. Possono anche essere trasmessi alle generazioni future. Questi plasmidi possono rimanere autonomi e sono in grado di clonare il loro DNA indipendentemente dal genoma umano [16]. È quindi ipotizzabile che un tale processo possa avvenire in seguito alla vaccinazione con mRNA, il che porterebbe a un neonato le cui cellule avrebbero la capacità di sintetizzare la proteina spike e il cui sistema immunitario vedrebbe la proteina spike come un’autoproteina. Le conseguenze a breve e a lungo termine della produzione endogena di proteine spike sono sconosciute.


Ricercatori svedesi hanno condotto uno studio in vitro su una linea cellulare di carcinoma epatico umano (cellule Huh7) esposta al vaccino BNT162b2 di Pfizer BioNtech, esaminando nello specifico se queste cellule abbiano la capacità di convertire l’mRNA del vaccino in DNA [17]. Gli autori hanno riscontrato che le cellule hanno prontamente e spontaneamente assorbito le nanoparticelle di mRNA e hanno risposto all’esposizione con una upregolazione di LINE-1. Un’analisi immunoistochimica ha rivelato che i livelli di LINE-1 erano aumentati nel nucleo in risposta alle nanoparticelle di mRNA. Inoltre, hanno verificato che una regione reporter di 444 coppie di basi (amplicone) di mRNA è stata prontamente trascritta intracellularmente in DNA già 6 ore dopo l’esposizione. Tuttavia, un altro gruppo ha tentato di ripetere lo studio, anche se con diverse differenze nella metodologia, e non ha trovato prove di integrazione SARS-CoV-2 [18]. Gli studi sui traccianti hanno dimostrato che gli mRNA dei vaccini entrano nel sistema linfatico e vengono infine assorbiti dalle cellule di diversi organi, con il fegato che è secondo solo alla milza nella concentrazione rilevata [19]. Alden et al. hanno suggerito che le cellule epatiche potrebbero esporre la proteina spike sulla loro superficie, inducendo così un attacco autoimmune alle cellule da parte degli anticorpi [17]. Questo potrebbe spiegare diversi casi di epatite autoimmune osservati in risposta al vaccino [20-22]. L’mRNA nei vaccini è stato ingegnerizzato per avere una lunga coda di poli (A), che aiuta a facilitare la traduzione in proteine e ad aumentare il tempo di sopravvivenza dell’mRNA.

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Il cancro aumenta il rischio di retrotrascrizione dell’mRNA di Spike?

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Alti livelli di attività di LINE-1 sono associati a molti tessuti tumorali, tra cui il cancro al seno, il cancro esofageo, il cancro del colon e il carcinoma polmonare a cellule squamose. LINE1 può mediare l’inattivazione dei geni soppressori del tumore e promuove la proliferazione e l’invasione cellulare [25]. L’esperimento di Alden et al. che ha dimostrato la trascrizione inversa dell’mRNA di spike ha coinvolto cellule di carcinoma epatico umano coltivate.

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Queste osservazioni suggeriscono che i vaccini a base di mRNA potrebbero indurre o accelerare l’avanzamento del carcinoma epato-cellulare (HCC) negli esseri umani esposti attraverso un processo simile, cioè attraverso l’up-regolazione dell’attività di LINE-1.

(…)

LINE1 ipometilato e altamente espresso è stato trovato anche in malattie autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico, la sindrome di Sjogren e la psoriasi [25]. Poiché l’esposizione all’RNA della SARS-CoV-2 ha causato un aumento dell’espressione di LINE-1 nei pazienti infetti [5], ciò suggerisce anche che gli mRNA genetici del vaccino possono causare un aumento del rischio di sviluppare il cancro o una malattia autoimmune tramite possibile integrazione del DNA mediata da LINE-1. Si può prevedere che ciò acceleri la progressione di queste malattie.

 

Gli elementi genetici mobili e l’eziopatogenesi delle malattie neurologiche

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Durante gli studi per scoprire le relazioni proteina-proteina della SARS-CoV-2 e dell’uomo, sono state rivelate 332 interazioni ad alta confidenza tra le due specie [1]. Queste interazioni hanno effettivamente dimostrato la promettente efficacia della clorochina e di un farmaco antipsicotico, l’aloperidolo, contro il SARS-CoV-2. Tuttavia, queste numerose interazioni proteina-proteina complicano ulteriormente la possibile espressione proteica delle sequenze di SARS-CoV-2 nel DNA umano e le loro interazioni attraverso le trascrittasi inverse codificate dal DNA genomico umano, Alu e LINE-1 e altre proteine endogene umane [37]. È stato dimostrato che tali interazioni hanno gravi conseguenze nelle malattie neurologiche [38]. Ciò può essere ancora più importante per i pazienti già infettati dal SARSCoV-2 che ricevono le sequenze di proteine spike nei vaccini a mRNA e hanno già sequenze di SARS-CoV-2 trascritte inversamente sparse in organi sensibili come il sistema nervoso centrale [1,4,5]. Ciò può essere molto importante per quei pazienti che soffrono anche di malattie neurodegenerative preesistenti [38]. Sono già emersi rapporti sull’associazione della vaccinazione con l’mRNA COVID-19 con l’accelerazione del morbo di Parkinson [39,40] e della malattia da prioni [41]. Recenti indagini rivelano la presenza persistente nel sangue, fino a 15 mesi dopo l’infezione, della subunità S1 della spike del SARS-CoV-2 (S1), in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, probabilmente all’interno di esosomi, in pazienti affetti da sequele post-acute dell’infezione da SARS-CoV-2 [42]. Tuttavia, questo risultato richiede ulteriori indagini per capire se la proteina S1 stessa sia trasportata in modo persistente dai monociti non classici CD14lo, CD16+ per un lungo periodo di tempo, o se invece la presenza di S1 sia il risultato della produzione di DNA endogeno, dato che in questo studio è stata esclusa la possibilità di persistenza del virus intero nelle cellule [42]. La retrotrasposizione può spiegano anche la presenza duratura sia dell’mRNA che della proteina spike nei centri germinali linfonodali fino a 60 giorni dopo la vaccinazione [43].

 

La proteina Spike aumenta il rischio di malattia da prioni tramite LINE-1?


La poliproteina Gag è una proteina presente in tutti i retrovirus. È una proteina essenziale che si lega agli acidi nucleici e supporta l’assemblaggio del virione e facilita la trascrizione inversa e l’integrazione nel DNA dell’ospite. Anche la proteina prionica umana, PrP, è una proteina che lega gli acidi nucleici e si è scoperto che PrP può agire come chaperone per facilitare la sintesi di cDNA mediata dalla trascrittasi inversa, in modo molto simile al ruolo della proteina Gag. In effetti, un articolo fondamentale pubblicato nel 2020 da Lathe et al. ha proposto che la tossicità della PrPSC mal ripiegata (SC si riferisce alla “scrapie”, la malattia da prioni che colpisce gli ovini) coinvolga un altro attore, e che quest’altro attore sia molto probabilmente il retroelemento endogeno, LINE-1. Inoltre, questi autori forniscono una forte evidenza che la PrP facilita l’esportazione dell’mRNA di LINE-1 insieme alla PrP stessa negli esosomi [44]. Lathe et al. hanno scritto: “La forma (naturale) più probabile dell’agente trasmissibile è, probabilmente, una particella fosfolipidica simile a un esosoma che contiene anche PrP e RNA, in particolare RNA di retroelementi o loro frammenti” [44]. È ormai assodato che l’infettività dei prioni si diffonde lungo le fibre nervose [45]. L’infettività inizia spesso nei centri germinali della milza e dei linfonodi e la PrP mal ripiegata si manifesta in questi centri germinali molto prima della manifestazione della malattia nel cervello. È stato proposto che gli esosomi rilasciati dalle cellule immunitarie nella milza trasportino la PrP mal ripiegata al cervello lungo fibre nervose come il nervo vago, come riportato in [19]. Tali esosomi indurrebbero probabilmente una risposta infiammatoria nelle fibre nervose durante il loro trasporto, portando a condizioni come la malattia di Guillain Barre. I linfociti T, i linfociti B, i monociti e le cellule dendritiche umane esprimono tutti la PrP, la cui espressione è regolata in risposta all’attivazione [46]. I vaccini a base di mRNA vengono trasportati nella milza dalle cellule dendritiche, dove ha luogo il complesso processo che induce la produzione di anticorpi. Ciò comporta l’attivazione dei linfociti B e dei linfociti T, che logicamente dovrebbero aumentare l’espressione della PrP. Lo studio di Alden et al. ha dimostrato che le cellule di cancro al fegato aumentano l’espressione di LINE-1 in risposta alla trasfezione con l’mRNA della spike [17]. È probabile che qualcosa di simile si verifichi nelle cellule immunitarie della milza. Queste argomentazioni suggeriscono che i vaccini a base di mRNA potrebbero indurre il rilascio di esosomi dalle cellule immunitarie dei centri germinali contenenti quantità variabili della proteina spike, dell’mRNA per la proteina spike e/o della PrP complessa con l’mRNA di LINE-1. L’invio di questi esosomi al cervello indurrebbe una neuroinfiammazione che potrebbe portare alla malattia da prioni e ad altre malattie neurodegenerative. È plausibile che anche le stesse fibre nervose si infiammino a causa dell’esposizione a questi esosomi carichi. Ciò invita anche alla possibilità di conversione dell’mRNA della proteina spike in DNA all’interno dei neuroni che assorbono gli esosomi, con conseguenze sconosciute. Il mosaicismo genomico complesso è una caratteristica dei neuroni nel cervello e aumenta nel contesto della malattia di Alzheimer [47].

(…)

Queste osservazioni pongono le basi per la possibilità che la vaccinazione COVID-19, con la somministrazione di nanoparticelle lipidiche dell’mRNA che codifica per la proteina spike, aumenti ulteriormente il complesso mosaicismo genomico delle cellule neuronali.

 

L’mRNA del SARS-CoV-2 può causare interferenze con il DNA genomico umano come altri RNA virali.

 

Le molecole di RNA hanno la capacità di modificare spontaneamente le loro sequenze e, anche quando sono frammentate, di dirigere la sintesi delle rispettive copie [51]. La ricombinazione dell’RNA [52] e la trasmissibilità via sperma [16] o tramite reazioni di metatesi alla generazione successiva di cellule è uno dei principali ostacoli da superare nell’applicazione della tecnologia dell’mRNA per la vaccinazione contro le malattie infettive [1].

(…)

Questo è vero anche con piccoli dosaggi di mRNA nei vaccini, dove le sequenze di RNA della proteina spike SARSCoV-2 a lunga vita potrebbero essere trascritte inversamente all’ingresso nella cellula e successivamente codificate in librerie di linee germinali. Ciò può causare una produzione aggiuntiva di sequenze di proteine spike oltre a quelle inizialmente previste dall’espressione endogena [1]. A questo proposito, l’assemblaggio di virioni con sequenze chimeriche di SARS-CoV-2 è una probabile conseguenza a lungo termine [5,7]. Inoltre, le inserzioni funzionali all’interno delle sequenze HERV, non guidate dall’evoluzione [10], possono risvegliare i geni HERV e LTR, altrimenti silenziati a livello epigenetico. L’aspetto più preoccupante è che questi possono diventare attivi e svolgere un ruolo causale nell’autoimmunità, nella tumorigenesi e nella progressione di altre malattie [55].

(…)

Questi sfortunati eventi genetici possono verificarsi semplicemente disturbando i naturali meccanismi di difesa dell’ospite contro il cancro, sviluppati nel corso di milioni di anni dalla co-evoluzione dello scambio e della diffusione di materiale genetico dell’ospite e del virus in tutto il genoma umano come linea di difesa della salute [57].

 

Potenziale di induzione di oncogenesi e metastasi: Il ruolo delle cellule staminali

 

Per ottenere risultati ottimali di espressione proteica durante lo sviluppo di una tecnologia di somministrazione intradermica con mRNA sintetici, era necessaria una sequenza di macromolecole di almeno 900 bp [58]. Il peso molecolare medio dei ribonucleotidi monofosfati è di 339,5 g/mol (MW) [59]. Questo fa sì che le dosi di 30 μg e 100 μg di vaccini a base di mRNA sintetico sembrino a prima vista estremamente basse per essere in grado di interferire geneticamente nelle cellule umane [58]. Per le cellule non in divisione, sembra che il rischio di mutagenesi inserzionale sia basso [58]. Tuttavia, gli mRNA sintetici, anche pochi minuti dopo la vaccinazione, si diffondono rapidamente dal sito di iniezione alla vicina rete di drenaggio dei linfonodi [60]. Le nicchie diffuse dei linfonodi in tutto l’organismo contengono cellule staminali precursori indifferenziate quiescenti che ricevono segnali di proliferazione in condizioni di stress e quindi la divisione mitotica di queste cellule è elevata [61]. Le cellule staminali ematopoietiche umane (HSC) hanno un’enorme capacità di divisione mitotica accelerata che conferisce loro una maggiore capacità di trasformarsi in cellule staminali tumorali. In effetti, è grazie alla loro capacità unica di rigenerarsi e di formare somiglianze con i tessuti ex vivo che la tecnologia di editing dell’RNA è stata sviluppata per servire a scopi curativi [62]. In particolare, l’editing dell’RNA delle CSE perseguito in laboratorio viene trasmesso in modo robusto e con un’alta frequenza dalle CSE parentali alle generazioni successive di cellule che poi diventano cellule staminali modificate dal cancro. Considerando le caratteristiche regolatorie altamente complesse e meticolosamente organizzate all’interno del nucleo delle CSE del sistema linfatico [53], e data la disregolazione epigenetica e trascrizionale che l’mRNA sintetico potrebbe indurre all’interno dell’ambiente di nicchia delle CSE descritto in precedenza, è ragionevole considerare la possibilità che l’mRNA sintetico associato a queste vaccinazioni possa indurre cambiamenti patologici in quella rete regolatoria [61]. L’editing dell’RNA (modifiche epigenetiche e regolazione post-trascrizionale) è un processo altamente sensibile, i cui errori possono determinare la malignità delle cellule staminali. Le cellule staminali hanno un’orchestrazione altamente vulnerabile di eventi genetici in risposta a fattori sia intrinseci (all’interno della cellula) sia estrinseci (fuori dalla cellula) [62]. Inoltre, è stato dimostrato che la comparsa di malignità da cellule staminali precedentemente sane può essere facilmente indotta dall’interferenza di microRNA (miRNA) endogeni (regolazione epitrascrittomica) durante l’editing dell’mRNA [62]. Inoltre, poiché la stimolazione dell’attivazione, della differenziazione e della proliferazione è un compito comune delle cellule immunitarie e di altre cellule stromali situate nei linfonodi [61], non si può escludere il rischio di interferenze sul DNA o di disturbi epigenetici da parte anche di una sola macromolecola di mRNA sintetico che entra nella cellula.

 

Potenziale di induzione della segnalazione oncogena da parte della proteina Spike tramite JAK/STAT


Si può facilmente affermare che una cellula staminale in un linfonodo è vulnerabile all’oncogenesi attraverso l’influenza della glicoproteina spike, che viene prodotta obbligatoriamente dall’mRNA del vaccino. Molti studi hanno dimostrato che la proteina spike da sola è in grado di indurre una sovraespressione della citochina pro-infiammatoria interleuchina-6 (Il-6) [63-65]. Questa citochina induce a sua volta la fosforilazione tirosinica di STAT3, che migra poi nel nucleo per indurre una risposta infiammatoria [63]. Nel nucleo, STAT3 si lega e attiva i promotori di un ampio gruppo di geni che codificano proteine che inducono la proliferazione cellulare, un passo fondamentale verso la tumorigenesi [66]. L’iperattivazione di STAT3 si verifica in molti tipi di cancro, tra cui la leucemia mieloide acuta, il mieloma multiplo e i tumori solidi di vescica, ossa, seno, cervello, cervice, colon, esofago, testa e collo, rene, fegato, polmone, ovaio, pancreas, prostata, stomaco e utero [66].

(…)

Il priming di Il-6 attraverso un recente vaccino a base di mRNA potrebbe accelerare il tasso di mutazione nell’mRNA della proteina spike durante una successiva infezione attiva con SARS-CoV-2, direttamente attraverso l’upregolazione degli enzimi ADAR da parte delle citochine pro-infiammatorie [68]. È stato dimostrato che la somministrazione di plasma di convalescenza a un paziente immunocompromesso determina la rapida comparsa di nuovi ceppi in quel paziente [69]. Si può prevedere che un individuo immunocompromesso vaccinato, quando infettato con il SARS-CoV-2, sia anche un ospite per una rapida evoluzione virale, a causa della persistente esposizione del virus agli anticorpi inefficaci indotti dal vaccino. Questo potrebbe spiegare la rapida comparsa di varianti resistenti del SARS-CoV-2 negli ultimi mesi, dopo un’aggressiva iniziativa di vaccinazione a livello di popolazione.

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Le cellule tumorali circolanti nel linfonodo sono comunemente presenti nei pazienti con tumori maligni diagnosticati. La presenza di queste cellule non dipende, ovviamente, da una diagnosi certa e dovrebbe essere riscontrata anche in pazienti con una neoplasia non diagnosticata. La presenza di queste cellule conferisce un potenziale metastatico clinicamente importante rispetto alle cellule maligne circolanti nel sangue che sono sfuggite ai tumori primari, e questo processo può essere aumentato da qualsiasi interferenza dell’RNA. Poiché gli mRNA sintetici tendono a disperdersi e ad accumularsi nei linfonodi regionali [60] e le cellule maligne che circolano nel linfonodo hanno un ciclo cellulare staminale a mosaico di proliferazione [55,62] e utilizzano l’intero sistema linfatico per spostarsi, il rischio di un aumento del potenziale metastatico può essere considerato elevato anche in questi casi [71].

(…)

Meccanismi di riparazione del DNA: Un ruolo attivo per la Polimerasi Theta

 

Normalmente, quando una cellula viene infettata da un virus, avvia immediatamente la segnalazione dell’interferone di tipo I al rilevamento dell’RNA virale. Una delle conseguenze importanti della successiva cascata di segnalazione è l’upregulation del gene soppressore del tumore p53. P53 induce l’arresto del ciclo cellulare al rilevamento di rotture del DNA a doppio filamento, proteggendo così la cellula da gravi difetti genetici durante la replicazione e quindi sopprimendo i tumori. Sono disponibili diverse strategie di riparazione del DNA per riparare le rotture in modo che la replicazione possa riprendere. La P53 arresta anche la replicazione virale, rallentando così la produzione di copie multiple del virus per favorire la diffusione dell’infezione [81]. Qualsiasi rottura del doppio filamento di DNA (DSB) apre la possibilità di una traslocazione cromosomica, in cui i due pezzi frammentati si riattaccano a cromosomi diversi. Ciò può comportare sia geni mancanti sia geni in più, che possono alterare profondamente l’integrità cromosomica, causando una progressione verso il cancro.

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La polimerasi theta (PolΘ) è un importante enzima di riparazione del DNA che coinvolge le rotture del DNA a doppio filamento utilizzando la MMEJ, nota anche come “synthesisdependent end joining” e “theta-mediated end joining”.

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La PolΘ è un motore chiave dell’evoluzione del genoma e della mutagenesi mediata da CRISPR/Cas9 [85]. Si ipotizza che i vaccini mRNA che codificano per la proteina spike creino una situazione in una cellula trasfettata, in particolare in uno stato proliferativo, che potrebbe essere altamente suscettibile a gravi aberrazioni cromosomiche. Poiché questa tecnologia comporta ampie modifiche all’mRNA virale originale per nascondere la sua origine virale, essa consente di entrare “furtivamente” nella cellula senza provocare la normale risposta dell’interferone di tipo I [86]. La cellula avvia immediatamente un’efficiente traduzione dell’mRNA per produrre abbondanti quantità di proteina spike. La proteina spike provoca gravi danni al DNA, tra cui rotture del doppio filamento, come descritto in precedenza. Questo stress genetico avvia una risposta interferonica di tipo I, ma è ritardata in modo tale che il danno significativo avviene prima che la p53 sia sufficientemente upregolata. Inoltre, l’interferone β indotto dai danni al DNA è direttamente implicato nella senescenza cellulare e nell’inibizione della funzione delle cellule staminali associata all’invecchiamento accelerato [87].

(…)

Come affermato da W. Feng et al., “la dipendenza da Pol Θ/TMEJ è associata a un aumento dei livelli di DSB associati alla replicazione, indipendentemente dalla fonte iniziale del danno” [89]. Ciò implica che un danno eccessivo al DNA induce un’upregolazione della polΘ. Ciò suggerisce che le cellule tumorali e le cellule immunitarie proliferanti trasfettate con la proteina spike subirebbero un tasso accelerato di mutazioni genetiche, portando alla progressione del cancro. Uno studio pubblicato nel 2021 ha rivelato l’inaspettata scoperta che la PolΘ è in grado di trascrivere inversamente l’RNA in DNA [7].

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La PolΘ sembra essere unica tra le polimerasi umane nella sua capacità di trascrivere l’RNA inverso, con un’efficienza equivalente a quella dei retrovirus. È quindi possibile che la PolΘ sia in grado di trascrivere inversamente l’mRNA trasfettato dal vaccino in DNA e di integrarlo nel genoma nei siti di rottura del DNA. Tutte queste considerazioni sono riassunte nel diagramma di flusso illustrato nella Figura 2.

 

Meccanismi di riparazione delle rotture del DNA: Quando l’RNA incontra il DNA


Da tempo si è ipotizzato che, a parte i retrovirus che hanno la capacità di inserirsi nel DNA umano mediante trascrizione inversa, il materiale genetico di tutti gli altri virus a RNA non può essere inserito nel DNA in nessuna circostanza [1]. Tuttavia, sperimentalmente è stato dimostrato da tempo che non è così.

(…)

L’interazione attiva di tutti gli elementi genetici virali a RNA con il DNA eucariotico è oggi un fenomeno facilmente riscontrabile che sostiene la biodiversità umana [15]. Ad aggravare il potenziale problematico dell’integrazione dell’mRNA virale o del vaccino nel DNA della cellula ospite c’è il potenziale impatto distruttivo della stessa proteina spike sul DNA. Le rotture del DNA a doppio filamento sono un tipo grave di danno al DNA e comportano il rischio maggiore di avviare una trasformazione maligna nella progenie delle cellule colpite.

(…)

La letteratura pubblicata di recente sulle lesioni cellulari e tissutali causate dalla proteina spike della SARS-CoV-2 rivela un gran numero di sindromi da lesioni da vaccino COVID-19 [35,40,41,94-104]. Molte di queste lesioni sono prevedibili se sono in atto i meccanismi descritti nel presente lavoro. La Figura 2 riassume i nostri risultati descrivendo i molteplici modi in cui l’mRNA del vaccino SARS-CoV-2 può indurre patologie nelle cellule umane in divisione. Esiste una forte evidenza che la proteina spike stessa induce un danno al DNA e i successivi meccanismi di riparazione del DNA. Inoltre, provoca un aumento dell’espressione di LINE-1, che è in grado di convertire l’mRNA in DNA. Dai processi che avvengono nel nucleo possono emergere trascritti chimerici. I complessi RNA-proteina derivati dall’mRNA del vaccino portano a sequele imprevedibili. L’insieme di questi processi suggerisce che l’esposizione all’mRNA che codifica per la proteina Spike è potenzialmente oncogena, in particolare nei soggetti che presentano già polimorfismi in p53 o BRCA e in quelli con malignità latente o manifesta.

Associazione di retrotrasposoni e tipi di disturbi neurologici diagnosticati come conseguenza della vaccinazione con SARS-CoV-2 mRNA 


Tra la famiglia degli elementi trasponibili (TE), noti anche come “geni saltatori”, la sottofamiglia dei retrotrasposoni contiene le categorie clinicamente importanti dei trasposoni a ripetizione terminale lunga (LTR) e non LTR. I retrotrasposoni LTR, noti anche come retrovirus endogeni (ERV), rappresentano l’8% del genoma umano (HERV) e partecipano attivamente all’eziopatologia della sclerosi multipla (SM), della sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e della poliradiculoneuropatia infiammatoria cronica demielinizzante (CIDP) [38]. I LINE-1 sono trasposoni autonomi non LTR che contribuiscono al 17% del genoma umano e partecipano alla patogenesi molecolare dei disturbi neurologici [105-108]. Entrambi i trasposoni HERV e LINE-1 funzionano in modo “copia-e-incolla” e hanno un intermedio di RNA nel processo di amplificazione, che può causare malattie nell’uomo integrandosi nei geni. Lo spettro dei disturbi neurologici causati da inserzioni di LINE-1 nel DNA nell’arco della vita umana è ampio e va dall’autismo, alla psicosi e alla schizofrenia, fino alla malattia di Alzheimer [109]. La sindrome di Aicardi-Goutieres (AGS) è una malattia genetica che si presenta come una grave encefalite nell’infanzia, associata a infiltrazione di linfociti nel cervello e a elevati livelli di interferone di tipo I nel liquido cerebrospinale. Causa la demielinizzazione dei motoneuroni e di solito provoca gravi handicap mentali e fisici e morte prematura.

(…)

In un documento preprint, è stato osservato che la vaccinazione con mRNA che codifica la proteina spike del SARSCoV-2 non stimola un aumento della risposta interferonica nell’AGS [113]. Tuttavia, e sorprendentemente, un caso di studio, che ha coinvolto un paziente AGS che ha presentato una panniculite generalizzata post-COVID-19, ha dimostrato che l’RNA della SARS-CoV-2, in particolare l’RNA della proteina spike, può indurre una risposta interferonica di tipo I nell’AGS [114]. In questo caso di AGS, non è stato possibile rilevare particelle virali al microscopio elettronico nelle biopsie delle lesioni e la positività delle IgG al SARS-COV-2 ha confermato una risposta immunitaria alla proteina spike [115]. Ciò implica che la proteina spike, inducendo un’aumentata espressione di LINE-1, può causare i sintomi dell’AGS attraverso una maggiore presenza di DNA LINE-1 a singolo filamento. Un numero crescente di casi nella letteratura scientifica descrive disturbi neurologici diagnosticati come conseguenza della vaccinazione con SARS-CoV-2 mRNA.

(…)

I risultati più intriganti dello sviluppo della sclerosi multipla (SM) e della polineuropatia infiammatoria cronica de-mielinizzante (CIDP) a seguito della vaccinazione con l’mRNA del SARS-CoV-2 sono probabilmente i più importanti a suggerire l’attivazione di HERV dovuta a una disregolazione epigenetica [119,120]. La proteina spike del SARSCoV-2 è nota per indurre una risposta pro-infiammatoria attraverso l’attivazione del TLR4 [121-129]. Analogamente, la proteina env di HERV-W attiva in modo patogeno il TLR4 sulle cellule precursori oligodendrogliali, con conseguente compromissione della differenziazione di queste cellule e conseguente mancanza di capacità di riparare la mielina. Questo porta ad assoni demielinizzati e degenerati, come si riscontra nella SM [38].

Conclusioni

La recente scoperta dell’integrazione del genoma della SARS-CoV-2 attraverso un meccanismo che coinvolge la LINE-1 o la polimerasi theta suscita grande preoccupazione per la possibile incorporazione indesiderata e duratura di sequenze di proteine spike nel genoma umano. Inoltre, la serie di case report (cioè casi segnalati, ndr) che descrivono disturbi neurologici diagnosticati, aventi come unico fattore causale comune la vaccinazione con mRNA del SARSCoV-2, evidenzia senza dubbio la potenziale associazione dell’attivazione del retrotrasposone alla comparsa di queste malattie. L’interferenza del DNA umano da parte di mRNA sintetici nei vaccini non è solo una possibilità teorica. È stata dimostrata la trascrizione inversa del codice dell’mRNA del vaccino COVID-19 in linee cellulari di epatoma umano, sebbene sia necessaria la conferma del risultato da parte di un gruppo indipendente. Poiché le sequenze codificate sono specifiche per la proteina spike della SARS-CoV-2 e possono essere integrate nel DNA umano, la patogenesi risultante dalla vaccinazione molecolare richiede una valutazione esplicita attraverso la ricerca sulla genotossicità. Oltre al potenziale patogeno delle proteine spike codificate endogenamente (DNA), abbiamo dimostrato che l’attivazione delle reti enzimatiche cellulari che realizzano l’integrazione del DNA comporta un proprio potenziale patogeno distinto e multiforme. Si prevede che questi rischi siano più elevati in specifiche popolazioni vulnerabili, in particolare gli individui in fase di sviluppo (bambini) e i pazienti affetti da neoplasie, malattie autoimmuni, malattie cardiovascolari e neurologiche e disturbi genetici. Riconosciamo che è speculativo suggerire che l’mRNA del vaccino possa dare inizio all’ampia gamma di eventi patologici che abbiamo descritto. Tuttavia, dato il potenziale ampiamente documentato dell’RNA endogeno (retrovirale umano) ed esogeno (virale) di innescare questi eventi, sono urgentemente necessarie indagini pertinenti, soprattutto se si considera l’elevato numero di individui a cui sono stati somministrati uno o più prodotti a base di mRNA che codificano per la proteina spike della SARS-CoV-2.

5473.- Nuovo Patto di Stabilità, l’Europa vuole commissariare l’Italia?

Wallstreetitalia, 9 Novembre 2022, di Leopoldo Gasbarro

Nuovo Patto di Stabilità, l’Europa vuole commissariare l’Italia?

Bastone e carota: questo è l’approccio dell’Europa con il nuovo Patto di Stabilità tra i Paesi dell’Unione. La Commissione europea, nel definire il nuovo patto, da un lato (carota) dichiara di voler essere meno direttiva nei confronti di chi ha debiti e deficit eccessivi (la carota). Ma dall’altro, incrementa il livello di controllo con impegni ben precisi per chi, come l’Italia ad esempio, supera il 90% di rapporto debito/Pil (il bastone). Voi vedete davvero la carota?

Se questa è la definizione dei nuovi piani, così come ha dichiarato oggi il vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, l’Italia sembra essere l’indiziata numero uno al commissariamento. Insomma, a livello europeo, stanno prendendo atto che il 160% di rapporto tra debito/Pil dell’Italia sia ormai insostenibile.
L’Europa inoltre vuol mettere le mani avanti nei confronti delle eventuali decisioni del nuovo esecutivo guidato da Giorgia Meloni, che, nonostante gli atteggiamenti fortemente accomodanti in chiave europeista in veste di presidente del Consiglio, è guardata con sospetto dagli organismi centrali europei. E’ come se non ci fosse via di scampo.
L’Italia, vittima di quel capestro di cui Meloni non ha alcuna responsabilità, è costretta a fare scelte che magari non farebbe, a prendere posizioni che magari non prenderebbe ma soprattutto a non fare ciò che vorrebbe.

Eppure c’è un tema, che sovrasta tutti gli altri e di cui nessuno sembra preoccuparsi: l’invecchiamento della popolazione europea.
Chi non guarderà ai dati demografici con attenzione e dinamismo ha il destino segnato e non ci sarà Patto di Stabilità che tenga per contrastare la forte instabilità determinata nel giro di pochi anni proprio dai temi demografici.

5472.- La scarsa etica di Joe Biden è imbarazzante per la Chiesa e va contro il Vangelo; inoltre, è cognitivamente compromesso.

Il blog di Sabino °Paciolla vi propone un articolo scritto da George Weigel e pubblicato su First ThingEccolo nella sua traduzione.

Il Presidente Biden, l’Arcivescovo Paglia e il cambiamento della Chiesa

Di Sabino Paciolla 9 Novembre 2022

Vincenzo Paglia

 

Chiunque abbia lavorato a Washington per più di quarant’anni, come me, non può immaginare Joseph Robinette Biden Jr. come uno dei coltelli più affilati del cassetto. Anche a distanza di trentuno anni, il suo tentativo di istruire il futuro giudice Clarence Thomas sulla teoria del diritto naturale durante le udienze di conferma di Thomas fa ancora rabbrividire. Si è autodistrutto in diverse campagne presidenziali a causa di gaffe verbali (e plagi). Qualsiasi commento onesto sul suo successo nella conquista della nomination democratica del 2020 ammetterà che è stato più o meno consacrato per il timore che Bernie Sanders, il socialista del Vermont in luna di miele nella Mosca della Guerra Fredda, avrebbe portato il partito verso il precipizio.

Oggi, per chiunque abbia una minima conoscenza della medicina geriatrica, è ovvio che Biden è cognitivamente compromesso. Quindi, gli oneri dell’età sono stati sovrapposti all’incapacità intellettuale, con la solita spacconeria di Biden che è diventata una copertura sottile come un velo per la disfunzione, l’indiscrezione e un’espressione scorretta dopo l’altra. Alla luce di queste realtà, gli esperti di etica possono discutere sul grado di colpevolezza morale di Biden per la sua incessante politica a favore dell’aborto, che si è intensificata da quando, lo scorso giugno, la Corte Suprema ha giustamente consegnato la causa Roe contro Wade al cestino della storia della giurisprudenza. Obiettivamente, però, Biden è diventato non solo un imbarazzo per la Chiesa, ma anche una controtestimonianza del Vangelo che la Chiesa proclama.

Avvertendo, insieme ad altri democratici, che i venti politici stavano soffiando in una direzione sfavorevole mentre le elezioni di midterm del 2022 entravano nell’ultimo giro, l’uomo che sfacciatamente grida che infilerà il suo rosario in gola a chiunque metta in dubbio la sua bona fides cattolica ha annunciato che il suo primo atto, se i democratici dovessero controllare sia la Camera che il Senato a partire dal gennaio 2023, sarebbe quello di “codificare” legislativamente la sentenza Roe contro Wade. In realtà, ciò che Biden e i suoi partigiani propongono è l’assalto più draconiano al diritto alla vita che si possa immaginare: una licenza di aborto a livello nazionale che, in nome di non meglio precisate minacce alla “salute” materna, legalizzerebbe lo smembramento di un bambino non ancora nato fino alla nascita. Il disegno di legge proposto da Biden e dai Democratici lascia la definizione di “salute” così vaga da consentire l’ultimo aborto tardivo, in caso di problemi di “salute mentale” che potrebbero essere praticamente tutto e il contrario di tutto.

Promuovendo una licenza di uccidere praticamente illimitata, Biden si è dichiarato fuori dalla piena comunione della Chiesa. I sacerdoti e gli altri che hanno detto a quest’uomo superficiale e mal catechizzato che la sua posizione sull’aborto può essere conciliata con l’essere in piena comunione con la Chiesa cattolica possono portare il peso maggiore della responsabilità morale – così come i vescovi chiamati a esercitare la cura pastorale per l’anima del signor Biden. Ma non c’è dubbio che, oggettivamente, il presidente Biden si è messo in una posizione di comunione ridotta e difettosa con la Chiesa che ama. Il peccato di tutto questo è che ciò che ama non lo conosce. E l’amore senza conoscenza è solo sentimento.

Poi c’è l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Un tempo eravamo, immagino, amici. A metà degli anni ’90, abbiamo lavorato con il defunto cardinale William Keeler per far erigere un monumento al cardinale di Baltimora James Gibbons nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, di cui l’allora mons. Paglia era rettore. Nel 1887, il cardinale Gibbons tenne un sermone in quella venerabile basilica, che era appena diventata la sua chiesa romana “titolare”, che anticipava l’insegnamento del Concilio Vaticano II su Chiesa e Stato. Keeler e io pensavamo che quel momento dovesse essere commemorato e Paglia non avrebbe potuto essere più utile nel portare avanti il progetto, suggerendo persino di affiancare al monumento a Gibbons, nel santuario della basilica, un monumento a un altro grande difensore della libertà religiosa, il cardinale polacco Stefan Wyszyński, ora beatificato.

Ma questo era il passato e questo è il presente. E l’arcivescovo, che ha presieduto alla decostruzione della Pontificia Accademia della Vita così come l’aveva creata Papa Giovanni Paolo II, non è l’uomo che conoscevo circa tre decenni fa. Così, l’arcivescovo Paglia ha recentemente acconsentito alla nomina della professoressa Mariana Mazzucato, un’economista favorevole all’aborto, come membro della Pontificia Accademia, in nome di un “fruttuoso dialogo interdisciplinare, interculturale e interreligioso”.

Si tratta di un’assurdità molto superficiale, e addirittura ambigua. Vogliamo ora avere eretici che negano la divinità di Cristo nominati membri del Dicastero per la Dottrina della Fede, in nome del “dialogo”? O antisemiti chiamati a ricoprire incarichi ufficiali in Vaticano in nome di un “dialogo” sull’ebraismo?

La mortificazione della Chiesa continua. Alla fine ci rafforzerà nella verità. Ma è comunque una mortificazione.

George Weigel

5471.- Senza una Costituzione per l’Europa, senza sovranità non c’è Europa. Si può parlare di soldi e non di difesa comune.

Leggo e traduco da Euractiv: “L’Europa parla di difesa comune, di investimenti collettivi nella difesa: l’Europa deve fare di più e ad un ritmo più rapido;” ma continuare a parlare di Difesa Comune senza una Europa sovrana, con una sua costituzione e una politica estera è senza senso e lo dimostra che l’Unione europea affida totalmente la propria difesa alla Nato e non ha un suo peso nel quadro internazionale. Di più, come gli effetti delle sanzioni alla Russia hanno dimostrato, questa deficienza si ripercuote proprio sulla Nato, poco attenta agli interessi degli Stati europei, perchè ha una trazione solo americana.


Se gli europei intendono davvero costruire un’industria della difesa comune che consenta loro di affrontare le nuove sfide future e di diventare un attore credibile nell’arena della sicurezza internazionale, devono fare e spendere di più insieme, e devono farlo ora, un gruppo di dieci scrivono gli esperti della difesa.

I firmatari della lettera includono Alessandro Marrone, capo del programma di difesa presso Israel Aerospace Industries (IAI) e Fédérico Santopinto, ricercatore senior presso l’Istituto francese per gli affari internazionali e strategici (IRIS). L’elenco completo può essere trovato in fondo a questa lettera.

Dall’inizio della guerra in Ucraina, la maggior parte dei paesi dell’UE ha annunciato l’intenzione di aumentare le proprie spese militari. Tali aumenti sono stimati in circa 200 miliardi di euro per i prossimi anni.

L’aumento dei budget nazionali per la difesa da parte dei paesi europei rappresenta sia un’opportunità che una sfida per l’UE.

Come abbiamo sottolineato in un articolo pubblicato lo scorso aprile, gli Stati membri devono evitare di precipitarsi in decisioni affrettate, puramente nazionali e non dovrebbero concentrarsi esclusivamente su risposte a breve termine. Naturalmente, quest’ultimo è importante per ricostituire le scorte di munizioni e soddisfare le esigenze urgenti derivanti dalla guerra in Ucraina.

Tuttavia, i paesi dell’UE devono anche adottare una prospettiva a lungo termine che possa aiutare a costruire una difesa efficace all’interno di una base competitiva di difesa e tecnologia industriale europea (EDTIB).

A tal fine, devono approfondire la cooperazione e il coordinamento tra loro, nonché con i loro partner NATO, e l’UE deve aiutarli a farlo rafforzando le sue politiche di incentivazione. Diversamente, le nuove risorse a disposizione degli Stati membri rischiano di aggravare ulteriormente la frammentazione dell’EDTIB.

Di fronte a questa sfida, nel maggio 2022 la Commissione europea e l’Agenzia europea per la difesa (EDA) hanno proposto congiuntamente di creare nuovi strumenti finanziari per incoraggiare i paesi membri dell’UE ad effettuare acquisizioni congiunte di armi.

Il primo di questi strumenti, l’European Defence Industry Reinforcement through Common Procurement Act (EDIRPA), è destinato al breve termine con un budget di 500 milioni di euro per due anni (2023-2024). La sua adozione è prevista entro la fine del 2022.

L’EDIRPA getterà le basi per uno strumento successivo chiamato Programma europeo di investimento nella difesa (EDIP), che si concentra sul lungo termine con un budget più ampio. L’EDIP dovrebbe essere adottato nel 2023 per essere utilizzato a partire dal 2024.

Non c’è dubbio che queste iniziative siano un passo nella giusta direzione. Tuttavia, le paure menzionate nel nostro precedente articolo sono in parte diventate realtà. Troppo spesso gli Stati europei hanno rivisto la loro politica in materia di attrezzature quasi esclusivamente in un quadro nazionale, con una prospettiva a breve termine a scapito di una visione a più lungo termine. Probabilmente hanno anche privilegiato eccessivamente le acquisizioni standard o lo sviluppo e la produzione nazionale.

Di conseguenza, e per quanto riguarda il breve termine, i 500 milioni di euro previsti da EDIRPA sono un misero incentivo rispetto ai 200 miliardi di euro che gli Stati membri dell’UE si preparano a spendere nei prossimi anni per riattrezzarsi loro forze armate. Tale scarso incentivo sarà operativo dieci mesi dopo lo scoppio delle ostilità in Ucraina.

L’UE deve fare di più e più rapidamente per evitare che tali misure diventino irrilevanti. Nonostante ciò, l’EDIRPA mette in atto un meccanismo che è il primo nel suo genere: non c’è nessun altro incentivo finanziario in Europa che possa spingere gli Stati membri a promuovere acquisizioni congiunte.

Inoltre, per il medio e lungo termine è anche necessario evitare acquisizioni pronte all’uso a breve termine che prosciugheranno i fondi necessari per sviluppare programmi futuri. Ciò non farebbe che aumentare la dipendenza europea da apparecchiature non europee. Rafforzare le capacità militari dell’UE: sì; indebolire l’EDTIB e aumentare le nostre dipendenze: no.

Di fronte a una situazione del genere, l’UE deve almeno garantire una cospicua dotazione finanziaria all’EDIP e aumentare il Fondo europeo per la difesa (FES), un’altra iniziativa chiave lanciata nel 2017 per sostenere progetti di ricerca e sviluppo collaborativi nel settore della difesa.

La revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale (QFP) dell’UE nel 2023 offre questa possibilità. Tutto questo però è nelle mani degli Stati membri ea loro spetta l’ultima parola sui bilanci dell’EDIRPA e dell’EDIP.

Devono concordare urgentemente su questo file e, per questo, sarebbe auspicabile che il motore franco-tedesco riprendesse a funzionare. Infine, anche i paesi europei devono trarre vantaggio da queste iniziative per avviare immediatamente una programmazione congiunta della difesa dell’UE e un processo di appalto che si colleghi in modo credibile alla pianificazione delle capacità nazionali e soddisfi i requisiti militari nazionali, dell’UE e della NATO.

In poche parole, se gli europei intendono davvero costruire un’industria della difesa comune che consenta loro di affrontare le nuove sfide che li attendono, se vogliono diventare un attore credibile nell’arena della sicurezza internazionale, devono fare e spendere di più insieme. E devono farlo ora.

Firmatari:

Jean Belin, Defense and Peace Bordeaux School, University of Bordeaux

Renaud Bellais, University of Grenoble-Alpes

Daniel Fiott, Head, Defence and Statecraft Programme, Centre for Security, Diplomacy and Strategy, Brussels School of Governance; Assistant Professor, Vrije Universiteit Brussels; and Non-Resident Fellow, Real Instituto Elcano

Alessandro Marrone, Head of Defence Programme, IAI

Sylvie Matelly, Deputy Director, IRIS

Jean-Pierre Maulny, Deputy Director, IRIS

Fédérico Santopinto,  Senior Research fellow, IRIS

Gaspard Schnitzler, Research fellow, IRIS

Trevor Taylor, Professorial Research Fellow, RUSI

Dick Zandee, Member of the Scientific Committee of the ARES Group

 

5470.- Il viaggio di Scholz in Cina. Le ambizioni e tutte le fragilità della Germania.

Scholtz, a Pechino, ha dimostrato che la Germania, o gran parte di essa, ambisce a una grandeur che non è propriamente europea. L’asse franco-tedesco esiste, quando esiste, perché Parigi è una potenza nucleare e Berlino no. Negli ultimi sei anni, se non consideriamo gli Stati Uniti, la Cina è stata il principale partner commerciale della Germania e, nel 2030, la Cina rappresenterà il 50% del mercato chimico mondiale. Una parte dell’industria tedesca frena sugli investimenti in Cina e l’altra parte intende trasferirvi i propri assetti, aumentando, certo, la propria redditività, ma danneggiando le esportazioni. È facile prevedere che quegli assetti diventeranno appannaggio dei cinesi. Se l’industria tedesca appare divisa sulla collaborazione con la Cina nel futuro, in ogni caso, l’avvenire del Mediterraneo non può dipendere da Berlino e nemmeno da Pechino. Guardiamo alla Francia.

Cina Germania

All’incontro di venerdì 4 novembre 2022, Scholz ha dichiarato: “s”Sono a Pechino per sviluppare la cooperazione economica” e l’obiettivo è stato condiviso da Xi: “Collaborazione nonostante punti di vista diversi”

di Redazione Start Magazine

Il viaggio di Scholz in Cina scopre tutte le fragilità della Germania

Venerdì Scholz si è recato in visita in Cina, ma l’industria tedesca non sa bene cosa fare con Pechino. L’approfondimento di Le Monde.

Era il 21 febbraio, tre giorni prima dell’attacco russo all’Ucraina. Le Monde ha incontrato Martin Brudermüller, capo del gigante chimico tedesco BASF, a Ludwigshafen (Renania-Palatinato), sede del gruppo, nel cuore del più grande complesso chimico europeo. Durante l’incontro si è parlato di Russia, ma soprattutto di Cina, dove BASF investirà 10 miliardi di euro da qui al 2030, a Zhanjiang, nella provincia di Guangdong (sud-est), per costruire un nuovo sito produttivo.

Non è rischioso investire una tale somma in un Paese con forti ambizioni geopolitiche, che moltiplica i segnali di ostilità verso l’Occidente? Brudermüller ha risposto con l’implacabile autorità delle cifre: “Nel 2030, la Cina rappresenterà il 50% del mercato chimico mondiale. Se si vuole diventare un gigante globale della chimica, non si può dire di non essere interessati a metà del mercato.

Nove mesi dopo, quando la guerra in Ucraina e le minacce cinesi a Taiwan hanno portato a un forte aumento del rischio geopolitico, la stessa domanda si pone, in modo ancora più acuto, per l’intera economia tedesca. La visita del cancelliere tedesco Olaf Scholz a Pechino, prevista per venerdì 4 novembre, è tanto controversa dal punto di vista politico quanto complicata dal punto di vista logistico.

A causa di restrizioni sanitarie, l’aereo ufficiale è dovuto partire la sera stessa e sono stati accreditati solo dodici rappresentanti del mondo imprenditoriale, su un centinaio di richieste, ben lontani dalle grandi delegazioni dell’era Merkel. Parteciperanno al viaggio il capo di BASF, Oliver Blume, il nuovo capo di Volkswagen (VW), Roland Busch di Siemens, Christian Sewing di Deutsche Bank, i capi di BMW, Bayer, Adidas e Merck e un rappresentante del laboratorio BioNTech.

Due fronti ben visibili

Più sorprendente è l’elenco di coloro che hanno declinato l’invito: i costruttori Mercedes e Daimler Truck, i produttori di attrezzature Bosch, Continental e Schaeffler e persino la Bundesverband der Deutschen Industrie (BDI), l’influente federazione degli industriali. Sebbene non si conoscano le vere ragioni di queste assenze, esse non potrebbero illustrare meglio il dilemma delle aziende tedesche nei confronti della Cina, per lungo tempo il mercato preferito dal “made in Germany” grazie alla sua crescita dinamica e all’elevata redditività.

Negli ultimi sei anni, la Cina è stata il principale partner commerciale della Germania. Nel 2021, è il principale fornitore della Germania e il suo secondo mercato di esportazione, dopo gli Stati Uniti. Un milione di posti di lavoro in Germania dipende direttamente dalle esportazioni verso Pechino. Ma il Covid-19 e la guerra in Ucraina hanno aperto una nuova era nel capitalismo tedesco. Si sono formati due fronti ben visibili. Da un lato, i grandi gruppi, spesso di importanza sistemica per la Germania, che ritengono che un industriale globale non possa tagliarsi fuori dalla Cina.

D’altra parte, ci sono aziende che, senza necessariamente rinunciare al mercato, ne stanno prendendo le distanze, sia per le crescenti difficoltà che vi si incontrano, sia perché i rischi geopolitici, di sicurezza o di reputazione sono ritenuti troppo elevati. Martin Brudermüller continua a difendere la prima opzione, nonostante le crescenti critiche, anche da parte del suo stesso consiglio di amministrazione, rivela l’ultimo numero del mensile Manager Magazin.

In una conferenza stampa tenutasi il 26 ottobre, Brudermüller ha confermato il progetto di investimento nel Guangdong, annunciando al contempo una massiccia riduzione della capacità produttiva del gruppo in Europa a causa degli sviluppi del mercato e dei prezzi dell’energia. “Lo slancio di crescita della Cina è intatto. Penso che sia urgente smettere di criticare la Cina, dovremmo guardare alle nostre debolezze”, ha detto. Alla fine di giugno, l’ex capo della VW Herbert Diess ha fatto una dichiarazione simile.

“La Cina è indispensabile per noi come mercato di crescita e motore di innovazione”, ha dichiarato. In Germania si sottovaluta quanto la nostra prosperità sia finanziata dalla Cina. Anche Siemens non ha intenzione di escludere il Regno di Mezzo. Il gruppo ha annunciato un progetto di investimento denominato “Marco Polo”, per sviluppare soluzioni digitali per l’automazione delle unità produttive in Cina e servire così un mercato ritenuto innovativo senza dipendere dalle importazioni dall’estero.

“Rischi crescenti”

Questa logica di “glocalizzazione” (contrazione di “globalizzazione” e “localizzazione”), che consiste nel produrre in un circuito chiuso con subappaltatori locali, è sempre più utilizzata dai produttori, nonostante i costi più elevati e i rischi di disaccoppiamento tecnologico. Questo spiega l’aumento degli investimenti diretti dei gruppi tedeschi in Cina, a scapito delle esportazioni. Nel primo semestre del 2022 sono stati investiti dieci miliardi di euro, un record.

Ma non tutte le aziende tedesche hanno i mezzi o i contatti locali per mettere in atto tali strategie, soprattutto perché i loro rappresentanti non possono più recarsi in Cina. Rispetto al passato, un numero maggiore di produttori di medie dimensioni sta rivedendo la propria presenza locale o le catene logistiche, anche se pochi ne parlano apertamente.

Secondo un sondaggio della Camera di commercio e dell’industria tedesca in Cina di marzo, il 10% delle aziende vuole ritirarsi dal mercato, un terzo prevede il congelamento degli investimenti o delle attività in quel Paese e un quarto sta cercando alternative in Asia a causa dei nuovi rischi geopolitici e delle restrizioni della Covid-19. Negli ultimi tre anni, la BDI ha raccomandato ai suoi membri di adottare un approccio prudente in qualsiasi decisione di investimento, sia commerciale che industriale.

“La BDI è stata la prima ad avvertire le aziende tedesche dei crescenti rischi del mercato cinese e a incoraggiarle a comportarsi in modo responsabile di fronte alle violazioni dei diritti umani”, afferma Noah Barkin, analista del Rhodium Group, un centro di ricerca con sede a New York. Fino a che punto dovrebbe spingersi questa cautela nei confronti di Pechino? Quali criteri dovrebbe utilizzare lo Stato per determinare l’estensione?

La questione continua a essere oggetto di un intenso dibattito all’interno del settore e nei circoli politici di Berlino e Bruxelles. Di fronte a questo dilemma, la Conferenza annuale Asia-Pacifico delle imprese tedesche (APK, un’emanazione della BDI), che si terrà a Singapore il 13 e 14 novembre, sembra essere un evento molto più attraente del delicato viaggio del Cancelliere in Cina: sono attesi 600 partecipanti dall’intera regione Asia-Pacifico. Il tema di quest’anno è la diversificazione e la sostenibilità.

(Estratto dalla rassegna stampa di eprcomunicazione)

5469.- Dal Metodo Di Bella a quello Stamina: la chiarezza prima di tutto 

Dall’AIFA Agenzia Italiana del Farmaco

La libertà di scelta della cura presuppone che si tratti di autentica cura e che sia scientificamente testata. L’Agenzia Italiana del Farmaco non solo sostiene con forza ogni iniziativa che abbia realmente e concretamente lo scopo di tutelare i cittadini, ma loda la posizione perfettamente articolata e scientificamente motivata presa dalla Commissione Regionale per il Prontuario Terapeutico della Sicilia in merito al disegno di legge parlamentare della Regione siciliana, secondo cui “sarebbe necessario assicurare il sostegno economico ai pazienti oncologici trattati con il “metodo Di Bella” residenti in Sicilia, che versino in condizioni di disagio economico”.

L’AIFA è infatti convinta che, pur nel rispetto delle autonomie decisionali delle singole Istituzioni, le risorse economiche e culturali che riguardano la salute e le terapie farmacologiche dovrebbero essere investite in modo razionale e giustificato da evidenze mediche.  Lo stanziamento di fondi, che nel caso specifico ammonterebbe a 5 milioni di euro, non può e non deve infatti inseguire pressioni emotive o mediatiche che fanno dei cittadini, in questo caso addirittura di coloro che vivono situazioni di disagio economico, prede di decisioni che provano a sconfessare la scienza a totale discapito del Servizio Sanitario Nazionale o Regionale.

Il parere espresso dalla Commissione Regionale per il Prontuario, oltre a essere meritorio di grande attenzione, deve anche rappresentare lo spunto per riflettere sulla pericolosa tendenza a semplificare temi delicati, come quelli che riguardano la salute, al rango di sfide tra tifoserie. La Commissione ha infatti evidenziato che la rimborsabilità della cura “rappresenta un’inutile spesa per il Sistema Sanitario Siciliano”, che “non esistono ragioni di carattere scientifico per cui un medico in scienza e coscienza possa prescrivere una terapia come il metodo Di Bella, “non solo inefficace ma anche nociva per i pazienti”, ma soprattutto che “prescrivere il MDB è un comportamento ingannevole nei confronti dei pazienti”. 
Parliamo quindi di spese inutili che graverebbero inutilmente sull’SSN senza dare benefici, di assenza di validità scientifica, di raggiro dei pazienti. Se la storia, poi, come pensiamo, ci insegna qualcosa, è allora obbligatorio ricordare che all’epoca, la pressione popolare, l’attenzione mediatica e le proteste portarono il Ministro della Sanità ad autorizzare, attraverso un provvedimento urgente, una sperimentazione “forzata” di fase II del cosiddetto metodo di Bella, a carico del Servizio Sanitario Nazionale che ne decretò l’inefficacia. Situazioni che, tristemente, riecheggiano nelle cronache di questo ultimo anno e mezzo con la vicenda Stamina.

L’AIFA sostiene altresì la Società Italiana di Farmacologia che si è espressa attraverso un proprio Position Paper sull’argomento. La SIF, testualmente, “esprime ferma opposizione ad ogni forma di trattamento che non risponda ai seguenti requisiti:- un forte razionale scientifico preclinico;- una caratterizzazione scrupolosa dei principi attivi o componenti cellulari che vengono somministrati;- una valutazione accurata del rischio/beneficio preliminarmente ad ogni sperimentazione clinica – l’esito positivo di una sperimentazione controllata randomizzata e in cieco che, con il suo valore prospettico, dimostri il valore scientifico dei trattamenti”.
Il Metodo Di Bella riuscì comunque a diventare, nonostante l’unanimità dei pareri negativi espressi da tutte le Autorità competenti, l’emblema della “libertà di cura”, nella sua accezione peggiore ovvero deresponsabilizzata, demagogica e disinformata. 
Pochi giorni fa il giornalista Corrado Formigli, durante la trasmissione “TvTalk” ha affermato: “Io me ne sono occupato personalmente, allora lavoravo con Santoro. Ho intervistato il prof. Di Bella, ho fatto delle inchieste sui malati, sono andato a Modena a raccontare la fila dei malati di cancro che facevano questo viaggio della speranza e aspettavano di essere ricevuti dal prof. Di Bella. Allora noi facemmo diverse puntate chiedendo che ci fosse libertà di sperimentazione. E poi devo dire che mi sono un po’ vergognato, lo confesso, di aver aderito troppo, di essere cascato nella trappola della propaganda dei Di Bella e di essere stato forse un po’ affrettato e superficiale”.
Un mea culpa importante che sottolinea da un lato la difficoltà di raccontare contenuti complessi senza cadere in facili, e troppo spesso comodi, luoghi comuni e dall’altro la necessità di comunicare la scienza con rigore.
Ci piace pensare alla libertà, che sia di espressione, di stampa o di cura, come emancipazione, progresso, avanzamento; pensiamo di dover tutelare i pazienti sul piano scientifico con rigore e disciplina perché la medicina è una scienza empirica che deve tuttavia produrre dei dati e dei risultati efficaci e attendibili. Questa tutela si estende anche al campo morale perché la credibilità delle Istituzioni si misura talvolta attraverso decisioni che, sebbene possano sembrare difficili da capire, sono sempre prese per proteggere tutti i cittadini, senza distinzioni economiche, sociali o geografiche.

5468.- Perché Mattarella può chiamarci Paese e non Nazione.

Aggiornato 5 novembre 2022

Parlare di Nazione italiana è un atto di fede. Gli italiani sono, furono e saranno sempre divisi su tutto, politicamente, ma non solamente. L’unità d’Italia si compì, è stata accompagnata e si concluderà fra eroi, patrioti, massoni, faccendieri, traditori e venduti, incapaci, banditi, ma al prezzo di sangue, sudore di molti e, così, sta terminando la sua storia.

Dal tradimento del generale Enrico Morozzo della Rocca, a Custoza (che, a sera, era stata vinta dalla 9a divisione del gen. Govone), agli errori dell’ammiraglio Conte di Carlo Pellion di Persano, a Lissa, dal tradimento del suo re  Francesco II delle Due Sicilie da parte del generale Francesco Landi a Calatafimi, alla sconfitta causata da Badoglio a Caporetto (ordinò all’artiglieria di non sparare senza suo ordine e si ritirò a fare il porco nella villa di una signora).

Abbiamo citato gli incapaci. A Lissa, la pirofregata “Ancona” avvistata la pirofregata corazzata austroungarica Erzherzog Ferdinand Max”, di Tegetthoff, che speronava il “Re d’Italia” l’attaccò, ma i cannonieri, eccitati, spararono i cannoni con la solo polvere, senza aver inserito i proiettili in canna. Subito dopo investì il “Re di Portogallo”. 

La Seconda Guerra Mondiale ha proseguito questa tradizione con altri eroi, altri filo inglesi, come il Capo Ufficio Spionaggio della Marina Max Ponzo (Matapan) e altri disubbedienti, come a Sidi Rezegh, in Marmarica, con Ettore Bastico, Gastone Gambara, Sandro Piazzoni, che lasciarono aperta la via di fuga alla brigata corazzata neozelandese, l’ultima rimasta, per sabotare la vittoria del tedesco. Rommel non vinse, ma l’Italia perse la Libia, la guerra, il petrolio e la sovranità.

Infine, a suggellare la tradizione, la fuga del re e imperatore Vittorio Emanuele III, i massacri dei dalmati e la guerra civile. Altro sangue, stragi di Stato e altri eroi hanno accompagnato il dopoguerra e ricordiamo fra loro: Enrico Mattei, Aldo Moro, Carlo Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, vittime, spesso, di interessi stranieri e, sempre, di altri traditori.

Se, oggi, davanti all’altare del Milite Ignoto, assistiamo alla rivincita dei valori della nostra tradizione, vediamo, purtroppo e tuttavia, una parte della politica e delle istituzioni desiderose di cancellarli, addirittura dalla memoria. Con la nostra civiltà abbiamo permeato i popoli europei e siamo gli unici che li vogliono dimenticati in nome di una Unione europea, che unione non è. Tutti questi mali erano già presenti fin dal Risorgimento. La povera Annita Garibaldi morì perché perse il bambino, costretta alla fuga dalle spiate dei contadini alla polizia.

E veniamo, così, ai Mille. Nel successo dell’impresa dei Mille contò sicuramente l’attendismo fatalista del Borbone, ma c’è traccia di un finanziamento di diecimila piastre turche arrivato alle camicie rosse dalla massoneria inglese, con cui fu possibile corrompere baroni e generali napoletani.

L’omaggio del Ministro Guido Crosetto al Milite Ignoto.

Quora: “Quando Samuel Colt venne a sapere dell’impresa dei Mille, messa insieme dalla massoneria e dall’Eroe dei due Mondi, prese una decisione: fece dono al condottiero e ai suoi uomini di un centinaio di armi tra pistole e fucili a tamburo Colt. Tra quelle donate e quelle comprate le armi giunte furono circa 200 e sembra che arrivarono non con i Mille, ma con la successiva spedizione Medici, in tempo per la battaglia di Milazzo e non per Calatafimi. Ma al contrario delle pistole, che furono apprezzate anche dai garibaldini oltre che dai cow boy e da tutto il mondo, le armi a canna lunga a tamburo, revolver, si rivelarono poco pratiche se non pericolose per chi sparava dato che era facile che al momento dello sparo ci si ustionasse la mano che per forza doveva reggere il fucile davanti al tamburo e a volte partiva pure un colpo dalla camera sbagliata del tamburo e la povera mano veniva colpita. Per questo nel West insieme alle pistole Colt si diffusero le carabine a leva, Spencer, Henry e infine Winchester, e non i fucili Colt.” Lo sbarco a Marsala fu agevolato da due fregate inglesi,  l’HMS Argus e l’HMS Intrepid; il nolo dei due vapori dei Mille, battezzati Piemonte e Lombardo, fu finanziato da Rothschild. Chi pagò le Colt?

L’arma che vinse a Calatafimi, però, fu una cambiale spacciata per una di 14 o 16 mila ducati (16 se ben ricordo) data da Garibaldi o dal suo tesoriere, colonnello Ippolito Nievo, al generale Francesco Landi dell’esercito napoletano. In cambio, Landi disperse o non fece intervenire il grosso del suo esercito, di molto superiore ai garibaldini, ritirandosi a Palermo, ma, quando andò a incassarla e gli dissero che c’era scritto soltanto 16 e non 16 mila, il generale traditore ebbe un colpo apoplettico e andò all’inferno. Si noti che gli ordini di Landi non erano stati censurati dal suo superiore generale Ferdinando Lanza. Quindi? A volte, anche chiamarci Paese e non Nazione, può sembrare troppo.

Vedremo innanzi come, al termine della campagna, il vapore Ercole, che portava a Napoli (non a Genova) il tesoriere Nievo con tutti i registri, libri contabili, pezze d’appoggio delle mazzette pagate, inspiegabilmente, andò a fondo, forse esplose, comunque, affondò al largo di Capri o di Amantea. Così, i piemontesi fregarono i napoletani, il loro re e la loro eroica regina, sorella di Sissi, che, a Gaeta, visto morto un artigliere, sparava lei stessa il cannone.

Regina Maria Sofia di Baviera – Wikipedia

 Maria Sofia di Baviera, ultima Regina di Napoli, fu moglie e patriota eroica.

Marie Sophie Amalie von Wittelsbach, Herzogin in Bayern , nota in italiano come Maria Sofia di Baviera ( Castello di Possenhofen , 4 ottobre 1841 – Monaco di Baviera , 19 gennaio 1925 ), nata Duchessa in [1] Baviera , fu l’ultima Regina consorte delle Due Sicilie . Nata il 4 ottobre 1841 nel castello di Possenhofen , in Baviera , Maria Sofia Amalia era la terza figlia del duca Massimiliano Giuseppe in Baviera e della principessa Ludovica di Baviera , quest’ultima figlia di Massimiliano I , re di Baviera . Sorella della ben più nota Elisabetta di Baviera , detta “Sissi”, la sua figura era «alta, slanciata, dotata di bellissimi occhi di color azzurro-cupo e di una magnifica capigliatura castana; Maria Sofia aveva un portamento nobile ed insieme maniere molto graziose» [2] . Nel 1858 fu promessa in sposa, diciassettenne, a Francesco , erede al trono delle Due Sicilie , inizialmente conosciuto solo attraverso l’immagine di una miniatura . Il matrimonio serviva a rafforzare il legame tra la corona d’Asburgo e i Borbone-Napoli . [4] Il fidanzamento ufficiale avvenne il 22 dicembre 1858 e il matrimonio fu celebrato per procura l’8 gennaio 1859. [5] Dopo qualche giorno Maria Sofia fu accompagnata a Trieste , dove era attesa dalle navi borboniche Tancredi e Fulminante , a bordo delle quali arrivò a Bari il 1º febbraio 1859, dove infine incontrò suo marito Francesco e il suocero, il re Ferdinando II , ammalatosi durante il viaggio verso il capoluogo pugliese. [4] [5] Il 7 marzo i reali ripartirono via nave per Napoli e le condizioni di Ferdinando si aggravarono ulteriormente. Medaglia del 1861, in argento, coniata in Germania ad opera di Friedrich Brehmer in omaggio a Maria Sofia; Ricciardi 275; D’Auria 289 Il 22 maggio successivo il re morì e Maria Sofia divenne la regina consorte di Francesco II , allora ventitreenne, poi passato alla storia con il nomignolo di Franceschiello . Fu regina delle Due Sicilie fino alla capitolazione di Gaeta del 13 febbraio 1861. Acquistò popolarità durante l’ assedio della piazzaforte di Gaeta , dove la corte si era rifugiata il 6 settembre 1860 per tentare un’ultima resistenza alle truppe piemontesi. Ella cercò di incoraggiare i soldati borbonici, distribuendo loro medaglie con coccarde colorate da lei stessa confezionate, indossò un costume di taglio maschile e prese a recarsi in visita ai feriti negli ospedali di guerra. Quando, poi, a Gaeta la situazione peggiorò sempre più a causa della scarsità di cibo, della diffusa epidemia di tifo e del freddo, il marito la invitò a lasciare la roccaforte, ma la regina Maria Sofia fu irremovibile e volle restare. Così, infatti, riferisce re Francesco II in una lettera rivolta a Napoleone III: «Ho fatto ogni sforzo per persuadere S.M. la Regina a separarsi da me, ma sono stato vinto dalle sue tenere preghiere e dalle sue generose risoluzioni. Ella vuol dividere meco, sin alla fine, la mia fortuna, consacrandosi a dirigere negli ospedali la cura dei feriti e degli ammalati.

Nave “Ercole”: il suo naufragio è la prima strage di Stato italiana?

Il naufragio della nave “Ercole” è un mistero. Si suppone che ci si trovi al cospetto della prima “strage di Stato” nella storia d’Italia.

 Di Diletta Fileni

Nave

Era il 1° Marzo del 1861 quando un battello a vapore della Real Marina, salpato dal molo di Palermo, scomparve al largo di Capri. Naufragò portando in fondo al mare 78 persone e 232 tonnellate di merce. Si trattava della nave “Ercole”. Il piroscafo sul quale viaggiava Ippolito Nievo con alcuni collaboratori garibaldini. Sulla vicenda del naufragio dell’ “Ercole” tornò il giornale Omnibus. Quando il 30 marzo del 1861 diede una notizia clamorosa. C’era un superstite! Ma quali altri misteri custodisce la nave “Ercole”in fondo al mare?

Nave “Ercole”: qual è il motivo del naufragio?

Del piroscafo “Ercole”, già pirofregata, letteralmente svanito, e scomparso, e che il mare non aveva restituito nulla, come non fosse mai esistito, non si seppe più nulla. Come pure del superstite di cui parlava Omnibus. Dunque, un mistero avvolto nel mistero. Si trattò di una falsa informazione, un’invenzione giornalistica, o di una persona che era stata convinta a tacere? Non lo sapremo mai. Vista l’assenza di un qualunque materiale da esaminare. Ma un pronipote di Ippolito, Stanislao Nievo, nel libro “Il prato in fondo al mare“, vincitore nel 1975 del Premio Campiello, giunge ad una conlusione. Un sabotaggio deciso dalla Destra governativa per liquidare la Sinistra garibaldina. Praticamente la prima “strage di Stato” nella storia d’Italia.

La caldaia ritrovata nel 2020, presumibilmente della nave Ercole scomparsa davanti alla Calabria, nelle acque di Amantea.

Quali documenti scottanti erano a bordo della nave “Ercole”?

In una cassa Ippolito Nievo, trasportava, soldi, ricevute. Fatture, e lettere. E tutto quello che riguardava la gestione dell’ingente patrimonio garibaldino. Nonchè di quello “trovato” nelle banche siciliane. Ma c’era chi aveva interesse, per opposte ragioni, ad impedire che quella cassa arrivasse a Torino. Dove era in atto uno scontro tra due fazioni. Da un lato i cavouriani che intendevano gettare discredito sulla spedizione garibaldina. Tentando di dimostrare una gestione truffaldina dei fondi. Dall’altro lato la sinistra. Che sosteneva il contrario. Ma, soprattutto, tutti avevano interesse a tenere nascosto un finanziamento di 10mila piastre turche. Circa 15milioni di euro attuali, che era arrivato a Garibaldi dalla massoneria inglese. Lo scopo anglosassone era quello di colpire il Papato, con l’aiuto del generale Garibaldi. Noto antipapista. Agevolando la formazione di uno stato protestante.

All’epoca, la popolazione tunisina era per il 70% siciliana. La Gran Bretagna, attenta al suo potere marittimo, vedeva di cattivo occhio il riaffermarsi in Sicilia del re Francesco II, quindi, nel Canale di Sicilia, con una marina da guerra e una cantieristica all’avanguardia. La prima nave a vapore napoletana, battezzata Ferdinando I in onore del re, scese in mare il 24 giugno 1818, tre anni prima della prima nave a vapore inglese. La macchina del Ferdinando I era, comunque, di costruzione inglese. ndr

La tesi di Stanislao Nievo, pronipote di Ippolito

La sparizione di quei documenti faceva quindi, comodo a tutti. Quel rendiconto non doveva vedere la luce. Perché avrebbe rivelato la pesante ingerenza del governo di Londra. E dei circoli massonici inglesi nella caduta del Regno delle Due Sicilie. Quei soldi, in piastre d’oro turche, erano serviti in gran parte per corrompere generali e notabili borbonici. Pertanto, la conclusione a cui giunge Stanislao Nievo pronipote di Ippolito, dopo accurate indagini, e, che se il battello fosse giunto a destinazione, le sorti della neonata nazione sarebbero potute cambiare. O si sarebbero svelate intrighi, interessi, finanziamenti e abusi che avevano costituito il lato oscuro dell’impresa garibaldina.

5467.- MELONI E CROSETTO NELLA CORTE DEI ROCKEFELLER. Lei nell’Aspen, lui nello IAI: partner di Think-Tank USA Covo di Lobby Armi & Big Pharma

gendiemme

Da Gospanews, di Fabio Giuseppe Carlo Carisio, 2 novembre 2022

“Grazie! Per aver custodito la vostra eredità italiana e per averla portata con voi con così tanto orgoglio!”.

Giorgia Meloni ha concluso con queste parole il messaggio inviato al Niaf, la National Italian American Foundation. “Vi assicuro che questo Governo farà del suo meglio per rendere ancora più forti i rapporti con gli Stati Uniti. Long live America, viva l’Italia!”. Il nuovo presidente del Consiglio ha inviato i suoi auguri in occasione del 47mo Gala Award del Niaf.

Il suo impegno per cercare la spallata americana necessaria a togliere ogni dubbio ai poteri forti del Deep State italiano ed ottenere l’endorsement necessario alla vittoria di Fratelli d’Italia (e del centrodestra) alle elezioni del 25 settembre scorso è iniziato molto prima.

Quando lei e il suo mentore Guido Crosetto, referente dei Signori della Guerra non a caso diventato Ministro della Difesa tra mille polemichesono entrati nelle corti dei Rockefeller e dei mondialismi di banche, industrie belliche e Big Pharma dei vaccini.

L’Ucraina “è una nazione orgogliosa” che “sta dimostrando a tutto il mondo cosa vuol dire combattere per la libertà” disse il 26 febbraio 2022 negli USA dal palco della Conservative Political Action Conference (CPAC), la più grande riunione dei conservatori in tutto il mondo sponsorizzata dall’Unione Conservatrice Americana.

Confermò così implicitamente la sua solidarietà totale alla Lobby delle Armi che nel 2020, fregandosene dell’emergenza pandemica, sponsorizzò il piano CEPA per la militarizzazione dell’Europa e dei confini con la Russia innescando le tensioni sfociate nell’operazione militare speciale avviata dal presidente russo Vladimir Putin.

Il progetto fu elaborato dal Center for European Policy Analysis (CEPA), con sede a Washington, grazie alla collaborazione con autorevoli comandi NATO (come l’Allied Joint Force Command di Brunssum o di Napoli), e uffici strategici dell’Unione Europea.

LA MELONI NELL’ASPEN INSTITUTE FINANZIATO DAI ROCKEFELLER CON NAPOLITANO, MONTI E PRODI

Ma la sua vocazione per i legami coi poteri forti americani si era manifestata già un anno prima.

«Continua la scalata a stelle e strisce di Giorgia Meloni. L’ultima novità arriva dall’Aspen Institute, uno dei più grandi e prestigiosi think tank statunitensi al mondo, in Italia presieduto da Giulio Tremonti. Nella lista dei soci per il 2021 spunta anche il nome della leader di Fratelli d’Italia. Fa compagnia al presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano e a suo figlio Giulio, ordinario a Roma Tre, a Paolo Mieli e al luminare Walter Russell Mead. E poi ancora Roberto Maroni, Antonio Martino e Antonio Marzano, l’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo e il direttore generale per le “riforme strutturali” in Ue Mario Nava».

E’ quanto scrisse il primo febbraio 2021 Francesco Bechis sul sito di geopolitica Le Formiche. Fu da quel momento che le pulsioni sovranità e anti-europeiste della leader di Fratelli d’Italia si trasformarono in una visione osannante dell’Unione Europea.

«L’Aspen infatti non è un think tank qualsiasi. Il distaccamento italiano si affaccia su Piazza Navona ed è da decenni crocevia di diplomatici e accademici, intellettuali e politici, americani e non. Anche il nuovo presidente americano Joe Biden, in una delle ultime trasferte a Roma da vice di Barack Obama, aveva fatto tappa all’Aspen per una conferenza internazionale» aggiunge il giornalista.

Nel think tank Usa non mancano certo nomi illustri, a leggere chi fa parte del comitato esecutivo. C’è Mario Monti e il presidente onorario Giuliano AmatoMarta Dassù (vice-ministro degli Esteri con Monti, avente una “sfilza” di partecipazioni in “pensatoi” – a partire dalla Trilaterale – e docente all’università LUISS intitolata al banchiere massone Guido Carli) e Gianni Letta, Paolo Savona e Romano Prodi, l’ad di Enel Francesco Starace e John Elkann come vicepresidente.

Praticamente uno spaccato della Goldman Sachs incrociato con uno dei più autorevoli esponenti del Comitato Permanente del Bilderberg: John Elkann, rede dell’impero Fiat, presidente di Stellantis (già FCA) e del gruppo editoriale GEDI che è in prima fila nella lotta contro l’informazione anti-mainstream come evidenziato nella precedente inchiesta.

Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro in riferimento alla sedicente leader di un movimento politico di opposizione contro l’establishment che ha pilotato l’Italia negli ultimi 30 anni.

Forse per questo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, indicato dal suo predecessore e compagno del Partito Democratico Napolitano, ci ha messo un attimo a sciogliere le riserve per dare a Meloni l’incarico di formare il nuovo governo di centrodestra.

Il contributo della Rockefeller Foundation all’Aspens Institute

C’è invece da evidenziare che nel 2022 la Rockefeller Foundation ha erogato un contributo da 200mila dollari all’Aspen Institute USA, a cui fa riferimento la filiale italiana, «a favore dei costi dell’Aspen Strategy Group per facilitare le conversazioni che affrontano i problemi di sicurezza nazionale più urgenti che gli Stati Uniti devono affrontare oggi, con un’enfasi speciale sul cambiamento climatico e sulla sicurezza ambientale».

CROSETTO NELL’ISTITUTO AFFARI INTERNAZIONALI CON L’EX MINISTRO PD

Abbiamo sviscerato fino alla nausea (con anche un po’ di vomito…) il ruolo di Guido Crosetto sia nella Confindustria delle Armi (AIAD), sia nel pianeta dell’industria bellica Leonardo, nel cui board siede anche un ex sottosegretario del Pentagono (Dipartimento della Difesa USA), e che è partecipata dal famigerato fondo d’investimento di matrice sionista BlackRock.

Vediamo ora con piacere che è anche nel direttivo dell’Istituto Affari Internazionali, un’organizzazione bipartisan in cui figurano anche esponenti di sinistra come l’ex deputato del Partito Democratico Pier Carlo Padoan, che è vicepresidente di tale ente. Padoan è un economista, politico e accademico italiano, Ministro dell’Economia e delle Finanze dal 22 febbraio 2014 al 1º giugno 2018 nei governi Renzi e Gentiloni.

Direttore esecutivo per l’Italia del Fondo Monetario Internazionale dal 2001 al 2005 (con responsabilità su Grecia, Portogallo, San Marino, Albania e Timor Est), è stato nominato vice segretario generale dell’OCSE il 1º giugno 2007, divenendone capo economista il 1º dicembre 2009. Da aprile 2021 ricopre la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione di UniCredit.

Ecco quindi che Crosetto, il gigante co-fondatore di Fratelli d’Italia, proprio come la Meloni, va braccetto che uno dei peggiori lobbisti internazionali della sinistra. Ma ovviamente anche con la NATO e un think tank americano finanziato dai Rockefeller e supportato dalle Big Pharma dei Vaccini e dalle corporation della guerra…

Si legge infatti sul portale ufficiale IAI:

«Ci occupiamo di temi internazionali di rilevanza strategica quali: integrazione europea, sicurezza e difesa, economia internazionale e governance globale, energia e clima, politica estera italiana; e delle dinamiche di cooperazione e conflitto nelle principali aree geopolitiche come Mediterraneo e Medioriente, Asia, Eurasia, Africa e Americhe».

«Nel corso degli anni abbiamo consolidato uno straordinario network di relazioni a livello nazionale ed internazionale. Collaboriamo regolarmente, a livello internazionale, con la Commissione europea, il Servizio europeo per l’azione esterna, l’Agenzia di difesa europea, la NATO, l’OSCE; a livello nazionale, lavoriamo in raccordo con il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, il Ministero della Difesa, il Ministero dell’Università e Ricerca, il Parlamento e la Banca d’Italia. I nostri progetti di ricerca sono spesso condotti attraverso collaborazioni, anche pluriennali, con istituti di altri Paesi, sia direttamente, sia attraverso varie reti internazionali di centri-studio, fra cui Council of Councils,D-10 Strategy Forum,EuroMeSCo,European Think Tanks Group (ETTG),European Think Tanks Network on China (ETNC),IMG-S: Integrated Mission Group – SecurityNew-MedSERIT – Security research in Italy,T20TEPSA».

5466.- Cos’è il Council on Foreign Relations…

La geopolitica non si comprende se non si può scrutare nei think tank dei poteri finanziari forti. Prendiamo ad esempio il Council of Councils, la sua mission e da chi è stato fondato. Concludiamo con le posizioni del Governo Meloni sulla guerra di USA e UK alla Russia.

«Le sfide che definiscono la politica estera del ventunesimo secolo sono di natura globale. Per aiutare a dirigere l’attenzione internazionale di alto livello e risposte politiche efficaci a queste minacce e opportunità, il Council on Foreign Relations (CFR) ha creato un Council of Councils (CoC). Il CoC è composto da ventotto importanti istituti politici di alcuni dei paesi più influenti del mondo. È progettato per facilitare il dialogo schietto, non per attribuzione e la costruzione del consenso tra influenti opinion leader delle nazioni sia consolidate che emergenti, con lo scopo finale di iniettare le conclusioni delle sue deliberazioni nei circoli di politica estera di alto livello all’interno dei paesi membri».

«Il Council on Foreign Relations (CFR) è un’organizzazione indipendente e apartitica, un think tank e un editore dedita ad essere una risorsa per i suoi membri, funzionari governativi, dirigenti aziendali, giornalisti, educatori e studenti, leader civili e religiosi e altri cittadini interessati al fine di aiutarli a comprendere meglio il mondo e le scelte di politica estera che gli Stati Uniti e altri paesi devono affrontare. Fondato nel 1921, il CFR non assume posizioni istituzionali in materia di politica».

LA MISSION DI GUERRA DEL PRESIDENTE PARTNER DI SOROS E GATES

“Non assume posizioni istituzionali in materia di politica”… Ah no? Leggendo il curriculum e un articolo del presidente CFR Richard Haass, membro del CdA di Lazard, uno dei più importanti fondi americani d’investimento. Viene da pensare al contrario…

Da gennaio 2001 a giugno 2003, il dott. Haass è stato direttore della pianificazione politica per il Dipartimento di Stato, dove ha diretto lo staff di pianificazione politica ed è stato consigliere principale del Segretario di Stato Colin Powell. Confermato dal Senato degli Stati Uniti per ricoprire il grado di ambasciatore, il dottor Haass è stato anche coordinatore degli Stati Uniti per la politica verso il futuro dell’Afghanistan e inviato degli Stati Uniti al processo di pace dell’Irlanda del Nord.

Richard Haass, a destra, ospita Joe Biden al Council on Foreign Relations, gennaio 2018 – Alex Brandon photo

Dal 1989 al 1993 è stato assistente speciale del presidente George H.W. Bush e direttore senior per gli affari del Vicino Oriente e dell’Asia meridionale nello staff del Consiglio di sicurezza nazionale. Nel 1991, il dottor Haass ha ricevuto la Presidential Citizens Medal per i suoi contributi allo sviluppo e all’articolazione della politica statunitense durante le operazioni Desert Shield e Desert Storm. In precedenza, ha prestato servizio nei Dipartimenti di Stato (1981–1985) e della Difesa (1979–1980) ed è stato assistente legislativo al Senato degli Stati Uniti.

Ed ecco l’ultimo articolo di Richard Haass sulla guerra in Ucraina che descrive «iniziata dal presidente Vladimir Putin nel 2014 e ampliata a febbraio» scordandosi del Golpe Nato a Kiev e delle persecuzioni nei confronti dei filo-russi del Donbass che sono stati vittima di un genocidio con 5mila vittime civili da parte delle forze militari ucraine dal 2014 al 2022. Gli ultimi 2 morti per bombardamento ci furono il 20 di febbraio 2022 quando Putin perse la pazienza.

«L’Occidente, da parte sua, dovrebbe continuare a fornire all’Ucraina la qualità e la quantità di sostegno militare ed economico di cui ha bisogno. Ci sono forti ragioni strategiche per farlo, incluso per scoraggiare future aggressioni da parte di Russia, Cina o chiunque altro. Inoltre, Putin e altri in Russia dovrebbero capire il prezzo che pagherebbero per espandere la guerra geograficamente o introducendo armi di distruzione di massa. I piani per attuare tali risposte devono essere preparati se la deterrenza fallisce».

L’articolo è stato publicato in origine su Project Syndicate, un media online che ovviamente ha ricevuto supporto dalla Open Society Foundations di George Soros, dalla Bill & Melinda Gates Foundation, dalla Google Digital News Initiative, e dal McKinsey Global Institute. Tutti nomi già comparsi quali occulti registi del golpe NATO in Ucraina e dietro gli intrighi su pandemia e vaccini…

Per fortuna che CFR non fa politica. Sembrano le parole di un Signore della Guerra come l’italiano Guido Crosetto…

O come i Rockefeller, senza i quali la Standard Oil non avrebbe costruito le rotaie per i treni dell’olocausto che portavano al campo di concentramento di Auschwitz, nella Polonia occupata dai Nazisti del Terzo Reich che si fecero aiutare dai loro collaboratori in Ucraina per sterminare gli Ebrei polacchi e russi che lì si erano rifugiati per sfuggire alla Shoah.

Costa cara agli Italiani la guerra in Ucraina

Da quegli estremisti amici delle SS sono nati i filo-nasisti del Battaglione Azov che, prima della colossale difatti a Mariupol durante l’avanzata primaverile dell’esercito russo nel Donbass, era la forza paramilitare più esaltata dal Regime di Kiev del presidente Volodymyr Zelensky armato con spese militari folli dall’Italia e con il totale consenso di Meloni e ovviamente della Lobby delle Armi con cui “opera (ndr)” Crosetto.

Scusate la divagazione. Ma cosa c’entra il Council on Foreign Relations con i Rockefeller? Semplicissima la risposta…

LA MISSION DEI ROCKEFELLER NEL COUNCIL ON FOREIGN RELATIONS

Sul sito di CFR alla voce Research & Analysis si legge quanto segue:

«Il David Rockefeller Studies Program, il think tank del CFR, analizza le sfide globali urgenti e offre misure attuabili che i responsabili politici ei cittadini possono intraprendere per affrontarle. Gli oltre settanta borsisti a tempo pieno e aggiunti in Studi coprono tutte le principali regioni del mondo e importanti questioni di politica estera. Oltre a produrre libri, articoli, editoriali, blog, podcast e contenuti interattivi, il programma di studi gestisce undici programmi di borse di studio».

Non poteva infatti mancare un tributo ad uno dei primissimi soci del Consiglio sulle Relazioni Internazionali  Alla fine degli anni ’30, la Fondazione Ford e la Fondazione Rockefeller iniziarono a contribuire ingenti somme di denaro al CFR in cui entrarono John D. Rockefeller III nello stesso anno e David Rockefeller 11 anni dopo.

A partire dal 1939 e durando cinque anni, il Consiglio ottenne un’importanza molto maggiore all’interno del governo e del Dipartimento di Stato, quando istituì gli studi strettamente riservati sulla guerra e sulla pace, finanziati interamente dalla Fondazione Rockefeller. 

Anche questo permise a David Rockefeller di diventare presidente del CDA del think-tank CFR per ben 15 anni: dal 1970 al 1985. Mentre Nelson Aldrich Rockefeller, ifratello di John D. III, divenne vicepresidente degli USA dopo essere passato alla storia come il primo Governatore americano a legalizzare l’aborto quando era alla guida dello stato di New York.

Oggi sono ben 7 gli esponenti della nota dinastia all’interno del CFR; David Rockefeller Jr., John D. Rockefeller IV (entrambi figli dei primi aderenti), Nicholas Rockefeller, Sharon P. Rockefeller, Steven C. Rockefeller, Susan Cohn Rockefeller, Valerie Rockefeller.

L’ultima arrivata Valerie Rockefeller è stata in passato presidente del consiglio di amministrazione del Rockefeller Brothers Fund. Ha lavorato come assistente confidenziale del Segretario Richard Riley presso il Dipartimento dell’Istruzione degli Stati Uniti durante la prima amministrazione Clinton. È anche amministratore fiduciario di Achievement First, Asian Cultural Council, Columbia University Teachers College, Greenwich Academy, Gilder Lehrman Institute of American History, Rockefeller Philanthropy Advisors e The Trust for Mutual Understanding. E’ membro della Aspen K12 Climate Action Commission. 

Finanziato un progetto per psicanalizzare i non vaccinati. 

Mentre Sharon Percy Rockefeller è moglie del senatore del West Virginia John D. “Jay” Rockefeller IV, dal 1989 è presidente e CEO di WETA, Washington, DC, le stazioni radiofoniche e televisive pubbliche di punta di WETA. Mentre dal 2017 è l’unico componente della famiglia all’interno del Board of Trustees (Consiglio di Fondazione) che governa la Rockefeller Foundation, finita di recente al centro delle polemiche per aver finanziato un progetto per psicanalizzare i non vaccinati. 

NEL CFR BIG PHARMA DEI VACCINI, BANCHE E INDUSTRIE DELLE ARMI

Interessantissimo è anche leggere la lista dei fondatori della Corporate Members, una sezione speciale riservata ai grandi gruppi di Big Economy e Big Tech, tra cui non potevano mancare BlackRock (il cui presidente Larry Fink è membro del CdA CFR), Goldman Sachs, Morgan J Stanley che speculano sulla Lobby delle Armi, come evidenziato nel nostro dettagliato dossier sulle corporations belliche internazionali. Ma ci sono ovviamente anche Google e Meta di Mark Zuckerberg, di recente accusato da alcune inchieste giornalistiche di arruolare ex agenti CIA per censurare l’informazione anti mainstream su Facebook.

«Il programma aziendale del CFR offre un forum unico per i leader del settore privato per interagire con i decisori del governo, dei media, delle organizzazioni non governative e del mondo accademico per discutere le questioni all’intersezione tra affari e politica estera. Fondato nel 1953 con venticinque membri aziendali, da allora il Corporate Program si è ampliato fino a includere più di 120 aziende di vari settori e regioni del mondo» si legge sul sito.

Nella lista degli affiliati ci sono nomi altrettanto significativi. Riportiamo solo i più noti come Amazon Web Services, Deloitte., FedEx Corporation
Mitsubishi Corporation (Americas), Microsoft Corporation, Nike, Inc., TotalEnergies Washington DC Representative Office, LLC, Toyota Motor North America, Inc., e Unipol Gruppo S.p.A.

Ma potevano forse mancare le Big Pharma americane dei vaccini antiCovid come Pfizer Inc., Johnson & Johnson, e Merck & Co., Inc., o quelli di due industrie delle armi come Lockheed Martin Corporation e Northrop Grumman.

Nell’elitario President’s Cyrcle del Council on Foreign Relations ecco altri marchi di spicco come Bayer, Bloomberg Philanthropies, Deutsche Bank AG, Eni, KPMG, LLP, Lazard, McKinsey & Company, PayPal, Shell, Terna, e Thomson Reuters, il cui ex presidente è nel CdA della Pfizer.

Insomma. Per farla breve: l’Istituto Affari Internazionali di cui Crosetto è membro del direttivo è uno degli enti satelliti della più grande ammucchiata di speculatori mondiali sulla pandemiacausata da un SARS-Cov-2 costruito in laboratorio in un affare USA-Cina-UE, e sull’evitabilissima guerra in Ucraina. 

Mala Tempora currunt in Italica paeninsula!

CROSETTO, MINISTRO PER LE GUERRE DI NATO & GATES. Dalla Lobby delle Armi Private ai Prossimi Missili di Stato per Kiev

Il Generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Militare e della Difesa, attualmente responsabile Difesa di Azione, è intervenuto su Formiche alla vigilia della prossima visita a Kiev del Presidente del Consiglio, commentando lo squarcio aperto da Repubblica sul segreto che avvolgeva le forniture di armi dell’Italia all’Ucraina. A Repubblica è stato concesso di pubblicare gli elenchi completi di armi e munizioni. In primo piano, il generale Camporini ha posto il tema della difesa dello spazio aereo ucraino dalle incursioni degli sciami di droni che, di per se, non sarebbero difficili da intercettare, ma quando sono impiegati in gran numero riescono a bucare le difese. Kiev è costretta a rafforzare la difesa aerea. L’Italia non può dire di possedere una esuberanza per quanto riguarda le batterie di missili Spada e Samp/T, ma, in un ottica di aggiornamento, potrebbe privarsi degli Spada, datati – è vero -, ma efficaci. Quindi, conclude Camporini, “direi che questa è la novità degli ultimi giorni: ovvero l’ipotesi che l’Italia contribuisca a rafforzare il sistema della difesa aerea ucraina”.

Così il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in un colloquio in video conferenza con il suo omologo ucraino, Oleksij Reznikov.
    “L’Italia – ha detto Crosetto – continuerà a sostenere con convinzione e determinazione l’Ucraina e le sue Forze Armate. 
    Siamo e saremo pronti a proseguire il nostro sforzo. Non vi lasceremo soli di fronte a un’aggressione inaccettabile. Siamo e resteremo al vostro fianco a difesa dei valori di democrazia e libertà”. (ANSA). Che, se è la migliore posizione politica, non si discute.

L’Ambasciatore russo Sergej Razov ospite della trasmissione Porta a Porta Roma, 06 ottobre 2022 ANSA/FABIO CIMAGLIA

Ma non solo armi. “Non escludo” che l’Italia, oltre alle armi, abbia mandato in Ucraina anche uomini, ha detto l’ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov, rispondendo ad una domanda sul Donbass, in un’intervista a Oval media, a margine del Verona Eurasian Economic Forum che si è tenuto il 27-28 ottobre 2022 a Baku.

L’intervista è stata rilanciata sui canali social dell’ambasciata russa a Roma. (ANSA).

Più da pensare danno, invece, le parole del ministro Tajani, che, rispondendo a una domanda durante un’intervista al Tg5, ha detto: “Sia chiaro che non c’è  pace senza giustizia, e la giustizia corrisponde alla difesa dell’integrità territoriale dell’Ucraina”. Come dire che la Serbia potrà riprendersi il Kosovo. Meloni, forse anticipando l’obiettivo della sua prossima visita a Kiev, auspica la pace, Chissà che la nostra donna non riesca dove, finora, nessuno è riuscito. Siamo ottimisti! ma l’impressione è che i “mala tempora” corrano più di quanto possiamo immaginare!