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5381.- Siamo noi gli unici liberali veri (altro che terzo polo). La versione di Bergamini (FI)

Seguiamo ancora il dibattito politico di questa stanca e, per fortuna, breve campagna elettorale per condividere il pensiero di Deborah Bergamini.

Da Formiche.net, di Francesco De Palo | 17/09/2022 – 

Siamo noi gli unici liberali veri (altro che terzo polo). La versione di Bergamini (FI)

“L’esperienza del governo Draghi difficilmente sarà replicabile, non fosse altro perché è stato un governo di unità nazionale. Orban? È stato votato tramite un’elezione democratica. Ma le sue posizioni spesso confliggono con le posizioni rappresentate dal popolarismo europeo”. Intervista a Deborah Bergamini, sottosegretario ai rapporti con il Parlamento

L’esperienza del governo Draghi è difficilmente ripetibile in futuro, dice a Formiche.net Deborah Bergamini, sottosegretario ai rapporti con il Parlamento, ma un certo tipo di approccio (razionale, pragmatico e operativo) potrà essere molto utile al prossimo esecutivo. Conversazione con l’esponente di Forza Italia.

Dal Cdm via libera all’unanimità al decreto Aiuti ter da 14 miliardi di euro: i conti italiani restano in ordine?

Comunque i conti italiani al momento restano in ordine, perché questi denari sono stati trovati: non abbiamo scelta, dobbiamo farli restare in ordine. È chiaro che stiamo affrontando una situazione drammatica in termini di prospettive e quindi voglio sottolineare la grandissima reattività del governo, e anche di tutte le forze politiche per la verità, rispetto a cercare di tamponare la situazione del caro bollette sia per le imprese sia per le famiglie. Il governo ha agito su due versanti, estendendo il bonus sociale per le famiglie ed estendendo il credito d’imposta anche ad aziende più piccole. Per cui credo che siamo sulla strada giusta e i segnali sono chiari. È ovvio che poi dobbiamo lavorare anche su un fronte di medio termine che richiede una cooperazione a livello europeo e poi chiaramente un programma di riduzione di dipendenza dal gas russo dettagliato oggi dal ministro Cingolani.

C’è un pezzo dell’agenda Draghi che comunque il prossimo governo potrebbe tenere in considerazione? 

Credo che l’esperienza del governo Draghi difficilmente sarà replicabile, non fosse altro perché è stato un governo di unità nazionale, dove forze molto eterogenee tra loro si sono impegnate per risolvere di fatto due questioni principali: la pandemia e il Pnrr. Però penso che un certo tipo di approccio spero sarà in continuità anche da parte del prossimo governo.

Ovvero?

Un approccio non ideologico ma estremamente razionale, pragmatico e operativo. Ecco, questo, secondo me dovrebbe essere un po’ il fil rouge del prossimo governo, quale esso sarà. Naturalmente auspico che sarà un governo a forte trazione Forza Italia e di coalizione di centrodestra. Il fattore distintivo è questo, perché nell’attuale fase storica, con le complessità che dobbiamo affrontare anche immediate, non ci possiamo permettere alcuna ideologia né un approccio non di concretezza.

A proposito di concretezza: come si fa a ridurre le tasse alle imprese senza però gravare ancora sulle finanze del Paese?

È chiaro che, in una fase iniziale, ridurre le tasse chiaramente determina minori entrate. Però noi dobbiamo anche avere fiducia nelle capacità del nostro Paese, perché contrariamente allora non dovremmo candidarci neppure a governarlo. Noi portiamo avanti la flat tax non da oggi ma dal 1994, perché ha con sé questi due elementi. A questo cambio di paradigma evidentemente corrisponderanno maggiori entrate, perché si genererà più ricchezza nel sistema economico, avendo meno tasse da pagare. Quindi è una forma di redistribuzione anche quella per conferire maggiore vitalità dell’economia e quindi maggiori introiti per le casse dello Stato. Si tratta di un circolo virtuoso che bisogna avviare. Riteniamo che con le coperture che abbiamo calcolato nel nostro programma rispetteremo l’abbassamento della pressione fiscale. Ma attenzione: alla flat tax si arriva gradualmente, così come alla riduzione del cuneo fiscale. Ricordo che nell’ultimo governo Berlusconi la pressione fiscale scese notevolmente, con i benefici che ci sono stati per l’indotto economico.

Balneari: come superare un’errata interpretazione della direttiva Bolkestein?

La questione dei balneari secondo me soffre di un pregiudizio: che i balneari siano una categoria in qualche maniera favorita. Noi difendiamo un principio che parte dalle coste italiane, cioè dai confini italiani e riteniamo che le liberalizzazioni siano uno strumento assolutamente necessario. Però non pensiamo che all’interno della direttiva Bolkestein siano stati presi in carico tutti gli effetti di quella direttiva. Ora non voglio anche qui entrare troppo nel tecnico, ma quando si parla di concessioni demaniali si parla di beni perché c’è chi parla di spiagge. Credo che lo stesso Bolkestein lo disse, invitato tra l’altro da me alla Camera, che le concessioni demaniali marittime non rientrano nel concetto di direttiva dei servizi. Se fosse stato infatti così, non ci sarebbe una sedimentazione di sentenze, l’una diversa dall’altra, l’una in contrapposizione all’altra, che vanno avanti dal 2006 ad oggi. Questa, quindi, è materia dibattuta: bisogna accettarlo, non c’è una verità assoluta.

Come se ne esce?

Dobbiamo rispettare la sentenza del Consiglio di Stato che è stata emessa alcuni mesi fa e che naturalmente non va incontro a quello che noi difendiamo, ovvero l’italianità delle imprese che usufruiscono di queste concessioni. Però noi riteniamo ci siano ancora margini di negoziazione a livello europeo, perché così come è stata scritta la Bolkestein lascia aperte molte ombre.

C’è concorrenza per i voti liberali, tra Terzo Polo e FI?

Il Terzo Polo nasce come espressione di due esponenti eletti con il Partito Democratico, uno dei due è stato anche segretario del Partito Democratico. Si chiama Terzo Polo perché, dopo aver fatto un accordo con le sinistre, ha cambiato idea, altrimenti sarebbe stato dentro l’alleanza della sinistra, visto che questi erano gli accordi che sono stati presi e poi sono stati stracciati. Quindi, al di là delle parole riformismo o liberalismo, mi risulta molto difficile immaginare che il Terzo Polo possa incarnare una qualunque forma di interesse per l’elettorato moderato liberale e non vedo una grande possibilità di dividerci. Il centrodestra in Italia siamo noi. E il moderatismo, il popolarismo europeo, il liberalismo siamo noi di Forza Italia, e non da oggi. Credo che tutto ciò sia molto chiaro agli elettori italiani.

Viktor Orbàn è stato votato dai cittadini ungheresi, allora perché secondo lei l’Ue lo striglia in questo modo?

Sì, è stato votato tramite un’elezione democratica. Ma le posizioni prese da Orbàn spesso confliggono con le posizioni rappresentate dal popolarismo europeo, dalla visione solidale di costruzione di un’architettura europea occidentalista, atlantista, moderna, per la quale noi, nel Partito Popolare Europeo, tradizionalmente ci battiamo e che fa parte dei nostri convincimenti più radicati come Forza Italia. Quindi è chiaro che questa è una dinamica che è destinata a proseguire.

5362.- “Bisogna raccontare la verità agli italiani sul gas”. Paragone senza freni sul caro energia

di Nicky Ionfrida. Pubblicato il 07/09/2022 17:38

Il tema più caldo del momento è certamente quello relativo al caro bollette ed al prezzo del gas. La stagione fredda è alle porte e già si prospetta un inverno durissimo, costringerà molti italiani a stringere ancor di più la cinghia. Mentre i partiti di sistema si prodigano nell’invocare un inutilissimo e dannosissimo tetto europeo al costo dell’energia, c’è invece chi ritiene che affidarsi all’Unione Europea sia un clamoroso errore. Intervistato in diretta da Fabio Duranti su Radio Radio, Gianluigi Paragone ha esposto una sua idea, basata sull’esperienza. Un’esperienza derivata dallo stretto contatto avuto con i lavoratori, con le famiglie, con le persone “normali” durante gli ultimi mesi.
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Il rincaro delle materie prime

Il leader di Italexit ha toccato in primo luogo il nodo dell’aumento di prezzi generalizzato delle materie prime: “Ho fatto una diretta con un piccolo imprenditore dell’edilizia e mi raccontava che le materie prime hanno dei prezzi schizzati alle stelle: se il rifacimento di un bagno prima poteva arrivare a costare 5.000 euro, adesso va oltre i 7.500. Quindi, non tutte le persone riusciranno a fare dei lavori di rifacimento e ripiegheranno su piccoli interventi. Quindi, tu hai la materia prima che è a prezzi fuori controllo, le consegne delle materie prime (nonostante il tuo obbligo di pagare puntualmente) che non avviene in tempi certi e ora anche il tema dibattuto delle bollette“.
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Imprenditoria a rischio

Successivamente, Paragone ha continuato il suo intervento esponendo i suoi dubbi per quanto riguarda il prossimo futuro dell’imprenditoria italiana: “Quello delle bollette è un tema che porta con sé diverse valutazioni. Se tu non sai l’ammontare della bolletta di mese in mese, il tuo bilancio (vuoi che sia familiare o da piccolo imprenditore) diventa aleatorio perché non sai quanta liquidità devi mettere da parte per pagare le bollette. Le bollette che stanno arrivando adesso, relative ad agosto, mediamente sono superiori del 20% a quelle – già care – di luglio. Settembre, se la curva rimane questa, avrà un ulteriore aggravamento dell’importo finale. Allora quanta liquidità deve avere un imprenditore per andare avanti? E soprattutto come può, alle condizioni attuali, chiedere al sistema bancario di dargli un po’ più di credito per pagare le bollette? Così è impossibile fare impresa. Da qui alla fine dell’anno molti cederanno perché non è obbligatorio fare l’imprenditore, non è una vocazione divina, quindi lo fai fintantoché ci stai dentro”.
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Una questione di dignità

E ancora, il Segretario Nazionale di Italexit ha poi sottolineato come il caro bollette abbia delle enormi e pesantissime conseguenze anche sul tessuto sociale italiano: “Non è giusto vedere sempre più persone oggi fare la fila davanti alle mense della Caritas oppure che rovista in quello che avanza dai mercati o che chiede agli ambulanti se avanza un po’ di frutta e di verdura. E lì vedi proprio l’abbraccio solidale di questi ambulanti verso persone che si capisce che sono in difficoltà evidente. La situazione emergenziale ha spogliato i cittadini della dignità, e io credo non sia giusto. Non posso assistere a un dibattito sul caro energia dove il Governo (che ricordiamo essere operativo) non ha il coraggio di fare lo scostamento di bilancio per paura di creare deficit. Ma questo fanatismo dove porta? Se io ho paura di creare deficit per proteggere l’economia reale, vuol dire che l’economia reale salta. E cosa vuol dire far saltare l’economia reale? Vuol dire creare disoccupazione. Perché non dobbiamo prendere l’amministratore delegato di ENI, che è una partecipata dello Stato, per le orecchie e dirgli che se fa un utile di 7 miliardi è immorale e li deve rigirare immediatamente al popolo?”.
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Basta con le menzogne di Stato

Infine, Gianluigi Paragone ha concluso il suo intervento in diretta smascherando le menzogne che il governo sta ancora tentando di far passare per buone: “Tu adesso devi raccontare la verità agli italiani sul gas, è inutile che ci giriamo intorno: noi non possiamo fare a meno del gas russo, basta con questa ipocrisia buonista. Prima o poi qualcuno ci deve arrivare a quel maledetto bivio, e allora o difendiamo gli italiani – che non hanno dichiarato guerra a nessuno e che non vogliono questa guerra – oppure andiamo avanti in un buonismo di maniera. A dicembre, quando tutte le bollette saranno arrivate a incidere nei bilanci dei cittadini, cosa tiriamo fuori, la bandiera dell’Ucraina? Andiamo avanti con questi simboli che poi diventano simboli impoveriti di significato?
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La guerra è tra USA e Russia

Chiudendo il suo ragionamento, il Senatore si lascia andare ad uno sfogo personale, spiegando come, secondo la visione sua e di Italexit, l’Italia non meriti di finire oltre l’orlo del baratro per via di un conflitto che fondamentalmente si svolge tra due superpotenze, USA e Russia. “Allora gioco la parte del cinico realista, però mi dispiace, non posso permettere che mi salti un sistema imprenditoriale ed economico. Non è che se l’Italia cambia posizione e decide di giocare un ruolo più terzo e da mediazione, diventa il problema del mondo. Io penso che questa guerra, di fatto, sia alimentata dall’interesse degli Stati Uniti d’America a fermare l’economia russa e lo strapotere russo: il disegno di Putin alla Casa Bianca dà fastidio, quindi questa guerra va avanti perché in maniera indiretta – anche se ormai è palese – gli Stati Uniti stanno alimentando i presupposti del conflitto. E noi siamo schiacciati”.

5356.- Il duello.

Se un duello c’è significa che c’è ancora da spolpare in questa terra. Sarà un duello fra loro perché a pochi italiani interessano l’uno o l’altro.

Dal blog di Sabino Paciolla, di Mattia Spanò, 30 Agosto 2022

Sergio Mattarella e Mario Draghi
L’agenda #Draghi: +26miliardi x #armamenti, di cui 7 da dimissionario +200milioni x pagare gli stipendi degli insegnanti UCRAINI +100milioni a #BillGates -ZERO x fronteggiare il caro #bollettefuoricontrollo Prova ad uscire da 
@Palazzo_Chigi senza scorta e vedrai come sei amato!

 

 

di Mattia Spanò

 

Ad un orecchio imparziale, il discorso di Mario Draghi al Meeting di Rimini aveva un tono presidenziale. Il premier uscente ha parlato da presidente della Repubblica senza esserlo.

Il desiderio di Draghi per il Quirinale non è un mistero. Nonostante l’apparente armonia che avrebbe regnato fra presidente della Repubblica e premier, qualche commentatore a fine gennaio osservò malignamente che potrebbe esser stato proprio Mattarella a eliminare Draghi dalla corsa alla sua successione. Il che, fosse vero, mostrerebbe come in politica esista ancora un primato della politica: tutto sta a saperlo, e soprattutto volerlo, esercitare.

Prendiamo per buona l’ipotesi che l’idillio fra Mattarella e Draghi sia tutt’altro che tale. Immaginiamo che al contrario volino gli stracci e metaforiche coltellate alla schiena.

Draghi, impaziente di scendere dal tram prima che vada a schiantarsi, tenta la zampata quirinalizia e viene bocciato dai partiti che lo hanno sostenuto per diciotto mesi. Il tempismo e la discrezione in politica sono importanti: un uomo abituato ad essere obbedito perinde ac cadaver, difficilmente coglie il valore del compromesso e dell’assenza di zelo suggerita da Tayllerand.

All’uomo del Britannia non piace perdere o essere contraddetto. Con le dimissioni di luglio senza alcuna crisi di governo, e la conferma delle medesime una settimana dopo aver incassato una magrissima fiducia, Draghi si vendica politicamente sia dei partiti che del presidente Mattarella. Soprattutto esce di scena come voleva, addossando la colpa alla mediocrità di politici come Conte.

Mattarella, da sempre contrario alle elezioni, senza esplorare nuove maggioranze indice delle elezioni rapidissime: in settembre. Perché tanta fretta? Un’ipotesi è che un nuovo esecutivo troppo distante nel tempo – ad esempio nel 2023, a scadenza naturale della legislatura – non consentirebbe di circoscrivere le responsabilità del disastro imminente ad attori precisi. Nessuno vuole restare col cerino fra le dita.

A dimostrazione del teorema del ‘capro espiatorio’ partiti e organi di stampa cominciano ad inneggiare a Draghi, alla sua “agenda”, al suo “metodo”, senza che nessuno abbia visto o sappia descrivere né l’una né l’altro. Gesù fu accolto in Gerusalemme da una folla festante giusto una settimana prima di essere appeso alla croce: non sono dinamiche nuove o incomprensibili.

C’è poi lo strano stacchetto di Berlusconi, l’unico del giro in grado di eruttare enormità indicibili ma necessarie al carrozzone dei guitti. Berlusconi il 12 agosto descrive uno scenario che porta alle dimissioni di Mattarella. Due, tre giorni di squittii indignati e tutto rientra, ma la boutadeandrebbe registrata a livello profondo: il dado è tratto.

Il dado sono le premesse dello scenario più probabile, o quanto meno il più ambito da partiti in rotta di collisione con la base. Nessuno dei partiti vincerà le elezioni, che saranno probabilmente minate da un’astensionismo mai visto prima, con i 5S che prenderanno il posto all’opposizione di FdI nel frattempo diventato primo partito.

In mancanza della possibilità di esprimere un esecutivo garante di equilibri spericolati (Letta, Salvini, Meloni e Fratojanni: auguri) si chiederà a Draghi di riprendere le redini del paese. Lui, conscio del ruolo intermedio e sub iudice della presidenza del Consiglio, risponderà picche chiedendo la testa di Mattarella.

Scatterà allora una moral suasion che accompagnerà Mattarella alla porta, e sarà eletto Draghi. Il quale non ha molte chances di diventare presidente della Banca Mondiale, e meno ancora di diventare segretario della Nato (posto che sembra destinato all’altro falco dimissionario, Boris Johnson).

Dal canto suo, Mattarella è un presidente debole proprio perché eletto per un secondo mandato in barba alla Costituzione: difficilmente potrà impuntarsi.

Non è vero che il presidente della Repubblica in Italia conti poco. Al contrario, oltre alle prerogative tipiche e all’indubbia influenza politica, è presidente del CSM e capo dell’esercito. Gode poi dell’immunità, ed è al riparo da temperie politiche per un lasso di tempo molto lungo – sette anni sono un’era geologica.

Draghi avrebbe qualcosa di molto simile ai pieni poteri, un’età relativamente bassa, e proprio la mancanza di credibilità di forze politiche squalificate da direttive dementi prima sulla gestione della pandemia che ha triturato l’economia e la psiche delle persone, poi della guerra e della crisi energetica (le armi a Zelensky sono un crimine internazionale col bollino D.O.P., per tacere del suicidio strategico dovuto alle sanzioni alla Russia), fa sì che nessuno in questo disgraziato paese abbia la dirittura morale per porre fine allo scempio.

Non solo: si ritroverebbe a essere presidente della Repubblica, con un governo di suo assoluto gradimento davanti ad un parlamento di cooptati (malamente: si metta sotto la lente il valzer macabro dei candidati sbattuti in circoscrizioni sperdute nel Far West per capirlo, o il carattere aerostatico dei programmi) in balìa della propria inconsistenza.

In fondo al tunnel dei governi tecnici non resta che la Repubblica Tecnica: la sospensione dei diritti costituzionali e il disprezzo di leggi e procedure messe in atto dal Migliore erano l’antipasto, una sorta di prova generale.

A meno che i partiti anti-sistema non raggiungano percentuali tali da rompere la malia, magari alleandosi con i 5s in caduta libera (l’opposizione è un corroborante naturale). Improbabile ma non impossibile. Un’opposizione tra il 15 e il 20% potrebbe in effetti rompere qualche uovo nel paniere.

Non mi auguro che tutto questo accada, ma temo che sia una possibilità. La politica è l’arte del possibile. A volte, del tragico.

5353.- Non hanno intenzione di smettere!

 Maurizio Blondet  31 Agosto 2022 

Una modifica della FDA alle sue stesse norme per autorizzare vaccini ha consentito a Pfizer e Moderna di richiedere l’approvazione del richiamo BA.5 senza dati chiave

Dall’articolo :

Lunedì, Pfizer ha chiesto alla Food and Drug Administration statunitense l’autorizzazione di emergenza per il nuovo booster Omicron del produttore farmaceutico mirato ai ceppi BA.4 e BA.5. Moderna ha seguito martedì con la propria domanda alla FDA per l’autorizzazione di emergenza per il suo booster BA.5.

Ma a differenza delle applicazioni precedenti, ai documenti di Pfizer e Moderna manca un’informazione: i dati degli studi clinici sui loro vaccini.

È deliberato. A giugno, la FDA ha chiesto ai produttori di vaccini di iniziare a sviluppare booster BA.4 e BA.5 per una campagna di vaccinazione autunnale. Per aiutare i produttori di farmaci a rispettare la scadenza autunnale, la FDA ha affermato che le aziende non avevano bisogno di includere i dati di una sperimentazione clinica”.

Mancano completamente le sperimentazioni cliniche. Scopriamo che la base di studio dei nuovi vaccini aggiornati ad omicron (BA.4/5) è stata fatta su ben 8 (OTTO) topi!

Il dottor Mike Yeadon: abbiamo i prodotti di una fabbricazione di massa non vigilata che sarà iniettata in un miliardo di braccia, senza accertamenti e controlli significativi di alcun tipo. Nessuno tranne gli autori sa cosa c’è in quelle fiale. Non so cosa faranno con questi prodotti”.

Sappiamo invece. Ormai è nel mainstream, grazie Giordano

Video Player

insistere

Speranza: “Dopo il 26 ottobre continua la vaccinazione”.

È Mattarella lo scudo di Speranza, Lamorgese, Colao?

“Dopo il 26 ottobre continua la vaccinazione”.

 Maurizio Blondet  31 Agosto 2022 

Come fa ad a essere così sicuro?  Evidentemente faranno qualunque cosa  (golpe) per non fare andare la destra al governo… – Giorgia Meloni ha promesso una commissione d’inchiesta sulla gestione del  Covid da parte di Speramza:  non deve, non può succedere.  Quando giorni fa la Meloni ha detto “Se vince FdI Mattarella non può fare scelta diversa da indicarmi ccome premier”, è perché a Roma, città che tutto sa e nulla tace, si sa già che Mattarella farà una scelta “diversa”.

Sono loro il problema?

https://mobile.twitter.com/ChanceGardiner/status/1564882178978332672

Stanno preparando la narrazione ufficiale:

“I no-vax sono malati mentali””. Da  internare

Vi invito a leggere con attenzione questo articolo apparso, 31 agosto 2022 su Rivista di Psichiatria a firma del Prof. Giuseppe Bersani.
La Rivista di Psichiatria rappresenta uno dei più antichi fogli di approfondimento scientifico sui temi della psichiatria in Italia.

L’articolo si prefigge di essere una riflessione sul “fenomeno psichico” della negazione della realtà della pandemia di covid-19.
Nell’articolo leggiamo parole pesantissime a supporto di ragionamenti a dir poco vergognosi.
Ovviamente lo scientismo è estremizzato e qualsiasi ipotesi di critica viene di fatto negata.

Le conclusioni drammatiche sono che chi osa muovere critiche al sistema è un idiota e l’eminentissimo autore auspica in un

“imminente
futuro l’ipotesi, inizialmente impensabile, ma adesso
di sempre maggiore potenziale realismo, che accanto
alla voce degli infettivologi e dei virologi divenga necessario ascoltare
anche quella degli psichiatri, alla fine costretti a riflettere e a prendere consapevolezza e quindi curare” coloro che si permettono di esprimere dubbi.

Questa è decisamente la fine della psichiatria dell’uomo e l’inizio della psichiatria ad uso di un sistema che vuole che i dissidenti siano curati, riabilitati, sino all’estremo di essere internati.
Percorriamo una china molto pericolosa dalla quale potremo risalire solo dopo aver compiuto una reale riforma (rivoluzione), non più solamente politica, ma del pensiero umano nella sua interezza.
Che uno psichiatra, a nome di un’intera categoria su una rivista importante, definisca idiota chi non si allinea al pensiero dominante, nonostante la mole imponente di evidenze scientifiche su terapia, epidemiologia e mortalità e nonostante l’esistenza di conflitti di interesse palesi e le ripetute figure meschine dei rappresentanti istituzionali, assume una presa di posizione netta verso le cure coatte, comprese quelle volte a “riabilitare” i dissidenti.

5309.- Elezioni, serve un impegno chiaro contro green pass e obblighi vaccinali

Tutti, tutti i partiti e le loro trasmissioni parlano e riparlano soltanto di fisco e di reddito di cittadinanza a chi li sente. Della guerra in cui siamo stati coinvolti, dei morti da vaccino, degli obblighi vaccinali e dei green pass, silenzio! ce ne parleranno dopo le elezioni, quando li approveranno. Rispondo alle leadership di questi partiti come Donald Trump all’FBI:

  • Da La Nuova Bussola Quotidiana, di Riccardo Cascioli, 10-08-2022

In queste elezioni giocherà un ruolo importante il giudizio su quanto è accaduto negli ultimi due anni, dai lockdown alla vaccinazione obbligatoria. Lo dimostra la quantità di liste e partiti nati proprio su queste istanze. Ma se il centrodestra vuole riconciliarsi con questo elettorato deve fare autocritica e assumere impegni precisi sulle decisioni da prendere già da ottobre.
– UN’OCCASIONE PER COLPIRE IL SISTEMA, di Stefano Fontana
– IL GIUDIZIO SARÀ SU PROGRAMMI E CANDIDATI, di Ruben Razzante

In questa tornata elettorale c’è sicuramente un elemento nuovo che non solo non può essere trascurato ma richiede un giudizio chiaro e scelte politiche conseguenti. Stiamo parlando di quanto accaduto negli ultimi due anni, della gestione della pandemia, dell’imposizione di uno stato d’emergenza infinito (non ne siamo ancora fuori nel caso qualcuno non se ne fosse accorto) che è andato dai lockdown rigidi e insensati fino all’obbligo vaccinale. Stiamo parlando della brutalità e spietatezza con cui si sono applicate le norme più rigide di tutto il mondo occidentale (le più simili a quelle adottate nella Cina comunista), oltretutto senza aver sconfitto il virus e soprattutto non avendo ottenuto risultati migliori degli altri paesi europei assimilabili.

Stiamo parlando di persone isolate per mesi, private degli affetti e – per coloro che purtroppo sono morti – privati anche dei funerali oltre che del saluto dei propri cari; della ostinazione con cui sono state vietate le terapie domiciliari condannando a morte migliaia di persone; della famigerata Dad (Didattica a distanza) a oltranza che ha provocato un disastro educativo e moltiplicato il lavoro di psicologi e psichiatri; della tortura a cui sono sottoposti i bambini a scuola, una volta rientrati, obbligati all’uso della mascherina per tutto il giorno; di migliaia e migliaia di medici, insegnanti, tutori dell’ordine sospesi dal lavoro e costretti senza stipendio per aver rifiutato di essere vaccinati; di centinaia di migliaia di lavoratori costretti a vaccinarsi per non perdere i mezzi di sostentamento della famiglia; di milioni di persone escluse per mesi dai luoghi pubblici, di decine di migliaia di malati gravi a causa degli effetti avversi dei vaccini e abbandonati dalla Sanità. E potremmo continuare.

È vero, la maggioranza della popolazione italiana ha aderito con convinzione al proprio soffocamento, alla sospensione arbitraria dei diritti costituzionali, al varo di normative liberticide, agli inviti alla delazione e alla caccia ai “ribelli”; ma c’è una importante fetta della popolazione che ha pagato sulla propria pelle la violenza di quel “sistema” spiegato due giorni fa dal nostro Stefano Fontana. E tra questi ci sono anche tanti che si erano fidati delle campagne del nostro governo e si sono sentiti traditi o hanno comunque capito l’inganno. C’è una importante fetta della popolazione che attende con timore il prossimo autunno e  quello che potrà accadere di nuovo visto che si tiene alto il numero dei contagi e nel frattempo si pensa a nuovi allarmi pandemici e nuovi vaccini. E sicuramente andrà o non andrà a votare proprio pensando a questo.
Ne è testimonianza il proliferare di partiti e liste elettorali che nascono proprio dalla reazione a green pass e imposizioni varie. Probabilmente non tutti riusciranno a raccogliere le firme necessarie – visti anche i tempi ristretti e oltretutto in tempo di vacanze – per potersi presentare alle elezioni, ma questo movimento indica che la voglia di reagire al sistema – per quanto confusa – è decisamente diffusa.

E il nemico numero 1 di questa fetta di italiani è anzitutto la sinistra, forza trainante del sistema e del draghismo, che se tornasse al governo dopo il 25 settembre proseguirebbe sulla stessa strada. Anzi, forte del consenso ottenuto, stringerebbe ancora di più il cappio attorno al collo degli italiani. Spetta quindi al centrodestra fare autocritica per quanto accaduto in questi due anni e dare garanzie per il futuro. Forza Italia e Lega erano parte del governo Draghi e sono quindi pienamente corresponsabili di quanto accaduto, anche se soprattutto la Lega può dire di aver contribuito a mitigare alcune misure (comunque ben poco rispetto alla gravità dei provvedimenti presi). E Fratelli d’Italia ha fatto un’opposizione all’acqua di rose.

Ora è il momento di cambiare rotta, e prendere esempio dal ministro degli Esteri britannico Liz Truss, attualmente in ballottaggio (ed è la favorita) per diventare leader dei conservatori e quindi primo ministro. In un recente incontro pubblico ha affermato che quando ha avuto la possibilità di intervenire negli incontri dei ministri ha sempre tirato il freno sulle misure di chiusura che pure il governo di Boris Johnson ha preso (comunque meno che in Italia), ma ha garantito che con lei primo ministro non ci saranno più lockdown, pandemia o non pandemia. Semplicemente è stata una politica inutile e sbagliata, i dati sono lì a dimostrarlo.

Ecco, chi vuole guadagnarsi la fiducia dei milioni di italiani vessati e umiliati dal governo Draghi deve dimostrare la stessa chiarezza, anche sul tema green pass e obbligatorietà dei vaccini. Ci deve essere un impegno preciso a togliere immediatamente l’obbligatorietà del vaccino per i sanitari (che per il momento resta valida fino a dicembre) decretando la fine della sospensione dal lavoro per i medici non vaccinati. Anche gli insegnanti che hanno dovuto subire l’umiliazione della sospensione e del mancato stipendio, vanno risarciti. Così come deve essere bloccata con effetto immediato la procedura sanzionatoria per gli over 50 non vaccinati. Ci deve essere un impegno chiaro a che le misure sanitarie collettive debbano essere proporzionate alla minaccia reale e che soprattutto il governo deve aprire un dialogo con le associazioni di medici che in questi due anni hanno curato le persone sviluppando protocolli e terapie che si sono rivelate efficaci, contrariamente alle criminali linee guida del ministero della Sanità. E priorità deve essere data per il ritorno alla normalità nelle scuole. E sarebbe anche opportuno istituire una commissione d’inchiesta per capire da dove sono arrivate le indicazioni per certe politiche.

Se il centrodestra vuole distinguersi e aprire una “fessura nel sistema” nonché riconciliarsi con una fetta importante dell’elettorato deve assumere anche questi impegni in modo chiaro.

5297.- Le eredità dei grandi uomini

La commedia sta giungendo, inesorabile, al vivo. Possono essere tanti i motivi veri della cosiddetta “fuga” di Draghi. Per esempio: il PM di Pordenone indaga contro lo Stato per le morti da vaccino e chiama in causa l’art. 445 C.P.: “lesioni e omicidio colposo”; oppure, dietro questa estate bollente ci sarà, ed è lì ad attenderci, il tracollo economico; oppure, ancora, il green pass uscirà dalla fase sperimentale sotto il nome futurista, austero di digitalizzazione. Uno solo, invece, l’obiettivo dei commedianti: il potere secondo Sordi, cioè, “io so io e Voi nun siete un cazzo!”

Diciamo che le finte di dimissioni di Draghi sono servite solo ad allentare un po’ la pressione sul governo e ad imbastire (con i media) una campagna elettorale effimera e una elezione farsa, in modo da dare una legittimità “democratica” alle porcate che continuano e continueranno ad essere in agenda e che loro – tutti insieme – tacciono, ma che faranno. Cito: le sanzioni energetiche all’Italia e, molto meno, alla Russia; la demolizione del tessuto produttivo-industriale (meno 43% di aziende, finora e solo + 8,6% di nuove, ma ci vediamo a settembre); il progetto Colao di digitalizzazione per il “controllo totale” della popolazione umana; la 5a vendita segreta di armi all’Ucraina; il quarto richiamo della vaccinazione Covid-19 (ma il virus è tanto mutato), anche questa secretata e, all’evidenza, imposta per esaurire le scorte; non ultima, l’immigrazione incontrollata e destabilizzante della società italiana.

Quindi, sotto la copertura degli affari correnti e sotto l’occhio sempre vigile del Capo dello Stato, il governo autoritario di Draghi, ben lontano da un governo degli affari correnti, continua a fare danni come se niente fosse. La Costituzione, stracciata dall’uomo della finanza, neppure si lamenta più; ma la Costituzione, cari imbecilli, siamo Noi!

Mario Donnini

Da il blog di Sabino Paciolla, di Stefano Vespo, 5 Agosto 2022

Sergio Mattarella - Mario Draghi
L’immagine suscita un timore: che siano i soci delle pompe funebri per l’Italia? É solo un timore.

di Stefano Vespo

Che cosa ci ha lasciato l’uomo che il 13 febbraio del 2021, attraversando le porte girevoli della Goldman Sachs, è stato istallato nel parlamento italiano con il ruolo di Capo del Consiglio?

Tralasciando la trasformazione della pratica politica, che ha normalizzato l’autoritarismo e le privatizzazioni selvagge; i decreti oppressivi e liberticidi, imposti tramite il ricatto dello scioglimento delle Camere; le cariche della polizia contro coloro che si opponevano al micidiale e inaudito controllo imposto dal green pass; l’ossessiva diffamazione delle poche coraggiose voci critiche ad opera della propaganda ufficiale; o peggio ancora, la vaccinazione forzata e vessatoria della popolazione con farmaci sperimentali e dichiaratamente inutili e dannosi, i cui tragici effetti non possono più essere ignorati neanche dalle istituzioni mediche più filistee; una vaccinazione imposta affamando chi dissente da tutto questo, oppure escludendo i ragazzi da qualunque attività sociale o educativa, esponendoli così alla depressione e al suicidio. Tralasciando questa lunga scia di morti e distruzione economica e sociale causata dalle politiche emergenziali, due sono le conseguenze ancora più gravi, anche se meno vistose, della sua politica.

Presentandosi come il più convinto esecutore della politica guerrafondaia della NATO, ha in realtà compiuto la sua vera missione: sganciare l’Italia dall’importante legame economico con la Russia. L’aumento vertiginoso del costo del gas è il primo effetto che stiamo subendo di questa brusca virata. Ma altri più gravi se ne preparano. L’Italia, che importava il 40% di gas dalla Russia, dovrà sostituirlo con il più costoso gas liquido americano. Dovrà perciò costruire impianti di rigassificazione nei porti delle sue città, impianti che sono delle autentiche bombe nucleari. Dovrà ridurne, a partire da questo settembre, del 7% il consumo. E probabilmente non si tratterà solo del 7% annunciato da Cingolani: ci verranno richiesti sacrifici in nome della patria sempre più onerosi. Ormai sappiamo bene come il continuo rilancio sia una delle pratiche predilette di questa nuova politica.

Altro lascito cospicuo. Il costo del prestito del denaro è aumentato a livelli dichiaratamente insostenibili per l’Italia. Il debito pubblico, nelle mani degli investitori, ha ormai tassi di interesse altissimi. Che cosa vuol dire? Semplicemente, che siamo nelle stesse condizioni della Grecia prima del gravissimo default.

Alla luce di questo, le sue dimissioni sono esattamente quello che doveva accadere. Non c’è stato alcun imprevisto. Il congegno funziona benissimo, protetto dall’oscurità e dalla confusione che i mezzi di informazione producono instancabilmente.

Le sue dimissioni sono state presentate come il frutto di un oscuro assassinio politico. E il pubblico di questa commedia italiana si è immediatamente sentito orfano del suo personaggio principale. Sparito lui, quale spettacolo potrà sottrarci alla noia, alla nostra bulimia di informazioni, al nostro bisogno di masticare continuamente opinioni? È stato un lutto, per molti, non c’è dubbio: lo spalancarsi di un minaccioso vuoto nella rassicurante baraonda dell’informazione, il vuoto della nostra passività emotiva.

Era ciò che doveva accadere, invece. Le mine sono state ben piazzate: l’Italia si trova in una situazione critica e a settembre tutto questo produrrà i suoi effetti, esploderà in tutta la sua gravità. Ma di chi dovranno essere le responsabilità agli occhi del popolo italiano? Di certo non di Mario Draghi, uno dei più grandi uomini politici viventi, come lo incensa Fortune; del grand’uomo fatto cadere dalle beghe dei politicanti nostrani; del salvatore della patria, vittima di traditori annidati tra le poltrone del Parlamento. Le responsabilità saranno tutte delle forze politiche che vinceranno le prossime elezioni, naturalmente.

Con ogni probabilità, sarà la destra che si assumerà questo impegno, ormai specializzatasi nel ruolo dell’utile idiota. Un ruolo che sicuramente porterà ad una crisi il suo Governo. Quindi, si andrà a nuove elezioni, con l’immancabile vittoria della “sinistra”. E così le politiche suicide dell’Italia potranno proseguire indisturbate, con un nuovo eroe nazionale, o magari con lo stesso Draghi.

E le forze extraparlamentari emergenti? Che ruolo potranno avere in questo scontro tra titani? Il loro ingresso, anche minimo, in Parlamento potrebbe gettare luce su tutto questo? Potrebbe mantenere viva la possibilità di una rinascita della democrazia? La logica non se la sente di dare credito a queste speranze. Ma è anche vero che la logica non può spiegare né prevedere fino in fondo gli accadimenti della storia. Che a volte basta un piccolo granello di sabbia a bloccare un ingranaggio.

5295.- Le ragioni del voto, dell’astensione e delle candidature

Da Il miglioverde, 4 Agosto 2022

di ALESSANDRO FUSILLO

Mentre imperversa la campagna elettorale di Ferragosto fervono le discussioni su cosa fare il prossimo 25 settembre quando, come si dice, i cittadini saranno chiamati alle urne. Apro una parentesi, è curioso che il contenitore delle schede elettorali e quello delle ceneri dei defunti abbiano lo stesso nome. Vi è, credo, un sottile sarcasmo in questa omonimia che ci dà prova, ove mai ve ne fosse bisogno, che con le elezioni si celebra un funerale, quello della nostra libertà. Ma veniamo al punto. Alcuni hanno esortato a disertare le elezioni mentre altri stanno organizzando liste e candidature ripromettendosi – e promettendo agli elettori – di cambiare il paese oppure, per quelli cui il paese sta bene così com’è, per continuare sulla stessa linea tenuta sino ad ora.

Iniziamo dalle diverse posizioni che si stanno delineando.

Quella prevalente è favorevole al voto. I motivi sono quelli che conosciamo da decenni se non secoli di propaganda: chi non vota fa il gioco del sistema perché favorisce i poteri consolidati e la vittoria dei peggiori (destra, sinistra, centro, sovranisti, e via elencando a seconda delle preferenze politiche); il voto è un diritto e dobbiamo esercitarlo (la contraddizione insita in quest’argomento sfugge solitamente a chi lo propone); qualunque sia la percentuale dei votanti le elezioni sono valide ed i seggi saranno distribuiti solo alle forze politiche che hanno ottenuto voti per cui l’astensione nelle sue varie forme è inutile; chi vuole cambiare le cose può farlo in un solo modo, armarsi della matita ministeriale e vergare una bella “x” sul partito che gli genera il minor grado di repulsione; chi non vota non avrà poi diritto di lamentarsi se le cose resteranno uguali o se non andranno come desiderato. Ci sono poi le invocazioni quasi liriche ai valori della democrazia, al giudizio del popolo che si celebra nel rito elettorale, alla volontà generale, alla libertà che è partecipazione e a tutto il catalogo delle giustificazioni leggendarie del sistema in cui viviamo. La politica e la sovranità si nutrono di consenso e questo si alimenta di narrazioni mitologiche. Tempo addietro i governanti erano dèi o rappresentanti degli dèi (o dell’unico dio), oggi la narrazione è più complessa: il sovrano, cioè il titolare del potere assoluto (legislativo, esecutivo e giudiziale) sarebbe nientemeno che tutto il popolo e un simile potere verrebbe esercitato, faute de mieux, eleggendo dei rappresentanti in un’assemblea, la quale poi deciderebbe a maggioranza l’approvazione delle leggi cioè delle regole valevoli per tutti, anche per la minoranza o per quelli che non hanno votato. A seconda dei sistemi i governati possono eleggere anche alcuni dei governanti (come il presidente in Francia o negli USA) oppure la delega ai rappresentanti comprende anche il potere di approvare il cosiddetto esecutivo. Di fatto, che l’operato dei diversi organi politici possa rispecchiare, anche solo vagamente, la volontà di milioni di individui appare assai dubbio, ma questo, così si dice, è il miglior sistema possibile e non esistono alternative.

Il fronte opposto, quello del non voto, sottolinea che non c’è alcun candidato o partito dotato di credibilità o anche solo di decenza, che non vi è garanzia che le promesse elettorali vengano mantenute, che il voto è sostanzialmente inutile visto che i parlamentari hanno poteri molto limitati e non sono quelli che prendono le decisioni, al più le approvano volenti o nolenti. Non mancano poi la stanchezza, l’insofferenza, il disgusto per un sistema marcio, corrotto, asservito al tornaconto personale dei politici e ad interessi occulti che muovono le segrete cose servendosi della macchina dello stato come di uno strumento. Molti semplicemente rifiutano di prendere parte a quella che viene percepita come una colossale presa per i fondelli e non vogliono rendere omaggio al padrone di turno partecipando alla farsa elettorale.

Poi ci sono le voci più o meno avventuriste che sostengono di avere scoperto tra le maglie del sistema qualche infallibile trucco per cui non votando in massa, il che già accade da lustri, oppure presentandosi al seggio ma rifiutandosi di toccare e prendere in consegna le schede elettorali si potrebbero invalidare le elezioni. Purtroppo, non è così; il sistema è abbastanza accorto da far sì che, qualunque cosa facciano gli elettori, andrà avanti tal quale. D’altro canto, se votare facesse la differenza non ce lo farebbero fare, come affermava l’aforisma forse apocrifo ma certamente efficace di Mark Twain.

Cerchiamo dunque di fare un po’ di ordine nella vasta congerie di voci e di opinioni, nella nebbia della battaglia che rende difficile capire cosa stia succedendo. Chiunque si avvicini al voto con un minimo di realismo ha chiari alcuni punti che merita ricordare. Il rapporto tra i cittadini e la macchina dello stato, il Leviatano oppressivo che anche i meno attenti hanno potuto conoscere in tutto il suo orrore negli ultimi 800 giorni si identifica nell’interazione con un nemico, con un’entità ostile. L’organizzazione statale occupa la società civile con la sua presenza sempre più ingombrante e soffocante. Lo stato, beninteso, è un avversario molto potente, pericoloso e intenzionato ad arrecare il maggior possibile danno a chiunque. Pertanto, l’atteggiamento più saggio è lo stesso che potremmo tenere con la criminalità organizzata, fatte le dovute proporzioni in considerazione della relativa innocuità di qualsiasi cosca o cartello di malfattori rispetto ad un’organizzazione micidiale come la repubblica italiana. Ciò che si fa per difendersi dallo stato rientra dunque nel concetto di legittima difesa e sarà bene seguire la saggezza dell’antico adagio che vuole opporre a un brigante un brigante e mezzo.

In una situazione siffatta si può anche scegliere di votare non essendovi, da parte dell’elettore, nulla di immorale né nell’esprimere il voto né nel rifiutarsi di farlo. Questa era la posizione del grande Murray Rothbard (vedi qui e qui): non solo ciascuno ha diritto a difendersi dallo stato con i mezzi reputati più opportuni, ivi compreso il voto, ma il cittadino votante non può essere ritenuto complice di un sistema coercitivo e violento dal momento che il cancro dell’organizzazione pubblica statale avviluppa come una gigantesca piovra qualsiasi aspetto della vita quotidiana sicché nessuno può dirsi davvero fuori dalle grinfie del mostro che si è impossessato di tutte le relazioni sociali.

Si prenda il caso degli avvocati, tra i quali il sottoscritto, che pure negli ultimi due anni hanno combattuto per difendere le libertà dei cittadini. È vero che lo hanno fatto ma pur sempre nell’ambito di un sistema che attribuisce allo stato il monopolio della giurisdizione e il controllo su tutti i magistrati che sono suoi dipendenti. Anche difendersi in giudizio potrebbe, quindi, essere considerata una forma di legittimazione del sistema al pari del voto mentre, se correttamente intesa ed esercitata, l’attività degli avvocati rientra nel concetto di legittima difesa del cittadino dallo stato.

Sotto un diverso profilo è bene rapportarsi alle elezioni con sobrietà e distacco. Una visione disincantata della realtà italiana convince l’osservatore non soggiogato alla propaganda governativa che votare è perfettamente inutile. Non solo perché gli eletti non sono in alcun modo vincolati a quanto promettono in campagna elettorale, ma soprattutto perché tra i diversi organi che compongono la struttura dello stato italiano il parlamento conta ben poco. Ne sono prova almeno gli ultimi undici anni (a partire dal governo Monti) che hanno visto avvicendarsi parlamenti asserviti ai capi dei vari partiti che hanno in mano il potere di ricandidare onorevoli e senatori o di escluderli dalla vita politica e che quindi ne possono dirigere il voto. In ogni caso il parlamento è ostaggio, attraverso il meccanismo del voto di fiducia, della volontà del presidente della repubblica e del “suo” presidente del consiglio. Pertanto, a meno che una delle forze cosiddette antisistema non guadagni la maggioranza assoluta dei due rami del parlamento nulla potrà cambiare. Tra l’altro, di forze antisistema tese a rinnovare dal profondo le storture della repubblica delle banane italiche ce ne sono state non poche negli ultimi decenni e tutte hanno fatto la medesima ingloriosa fine di essere fagocitate dalla grande ameba dello stato, che, come diceva Mefistofele nel Faust di Goehte a proposito della chiesa, digerisce di tutto.

Così stando le cose, il problema del voto si riduce al fatto che molti sono stanchi di essere presi in giro alle elezioni e semplicemente non vanno a votare. Fatta eccezione per una minuscola ripresa nel 1987 è dal 1976 che l’affluenza alle urne è in costante declino e nel 2018 non ha raggiunto il 73%. Auguriamoci che scenda ancora e che l’assenza delle persone dalle cabine elettorali sia il segno tangibile del fatto che in tantissimi non sono più disposti a partecipare a questa indegna sceneggiata.

Ben diversa è la posizione dei candidati. Chi aspira ad essere eletto in parlamento desta, francamente, non poche perplessità. Anzitutto perché incasserà un pingue stipendio versato con i denari estorti a chi lavora e produce. L’indennità parlamentare non dovrebbe esistere, come era, peraltro, espressamente previsto nello Statuto albertino e come fu sino al 1912, anno in cui i parlamentari iniziarono a pagarsi mascherando lo stipendio sotto le mentite spoglie di un rimborso spese. La costituzione repubblicana sdoganò poi lo stipendio dei politici di professione. La retorica della democrazia interviene a questo punto sottolineando con toni commossi che se non ci fosse lo stipendio allora i poveri e i derelitti non potrebbero candidarsi perché non disporrebbero di sostanze proprie sufficienti per pagarsi l’attività parlamentare oppure che i parlamentari senza stipendio sarebbero vittime della corruzione più sfrenata. Ora, a prescindere dal fatto che i poverelli in parlamento non ci sono mai andati né prima né dopo l’istituzione dell’indennità e che i politici sono corrotti anche oggi che incassano grasse prebende, il problema ha una soluzione facilissima. I candidati dovrebbero farsi pagare dai loro elettori. Chi è tanto entusiasta di un partito o di un suo rappresentante ben potrà con una piccola donazione contribuire a mantenere il suo campione mentre sfoggerà le sue doti oratorie nelle aule di Montecitorio o Palazzo Madama. Fondazioni, associazioni e comitati, potranno essere facilmente utilizzati per provvedere ai bisogni dei rappresentanti del popolo senza pesare sulle tasche di chi non li vota o di chi non vota affatto. Ma l’indennità parlamentare è il minore dei problemi.

Infatti, chi si candida a fare il parlamentare propone ai malcapitati elettori di installarlo come legislatore, come decisore, di regolatore della vita altrui. Le persone normali si accontentano di regolamentare la vita propria ed interagiscono con gli altri sulla base di rapporti di amicizia, familiari o contrattuali, non aspirano a impicciarsi degli affari altrui. Chi vuole interferire nelle decisioni degli altri è fondamentalmente un sociopatico, una persona che ha difficoltà a gestire i rapporti sociali su base paritetica e desidera imporre la sua volontà, se del caso mediante l’uso della violenza, sugli altri esseri umani. Ed è precisamente per questa ragione che la legge, come ricordava Bastiat, è ormai pervertita. Dovrebbe avere quale unico contenuto possibile e lecito l’organizzazione collettiva della legittima difesa e si è trasformata, invece, nello strumento del privilegio, nell’affermazione di un sistema fondato sulla disuguaglianza. Tutto il diritto pubblico, infatti, consente ad un gruppo di persone (governanti, burocrati, polizia, militari ecc.) ciò che sarebbe altrimenti vietato, generalmente dalla legge penale. Basti pensare alla tassazione che corrisponde al furto o all’estorsione, alla guerra che fa il paio con l’omicidio e la strage, alla coscrizione che coincide con la riduzione in schiavitù, alla regolamentazione delle proprietà che è identica al reato di violenza privata. La legge che i candidati si apprestano a creare con il beneplacito degli elettori è lo strumento per rendere schiavi e servi i cittadini. La scritta che campeggia nelle aule dei tribunali, “la legge è uguale per tutti”, è quindi una volgare menzogna e tutto il diritto pubblico ne è la manifesta negazione. Se, quindi, può essere lecito, a fini di difesa, votare per lo psicopatico più conciliante non c’è perdono e non c’è indulgenza per quelli che sgomitano per assicurarsi un posto come regolatori delle vite altrui.

Eppure, molti o alcuni tra coloro che hanno scelto di farlo sono brave persone, animate dal sincero desiderio di dare un contributo per cambiare le cose. Ma non sarà la buona volontà a salvarli. Partecipare ad un sistema fondato sulla disuguaglianza e l’ingiustizia, sia pure con l’intenzione di migliorarlo, non è una giustificazione sufficiente. L’intrinseca inaccettabilità etica delle candidature va ricondotta quindi a due fattori. Anzitutto, all’incapacità che molti hanno di rendersi conto del sistema, del fatto che diventarne un ingranaggio non potrà che costringerli a funzionare come parti di una macchina infernale. Essi sono relegati in un corto circuito del pensiero in cui una sapiente propaganda li ha chiusi impedendo loro di vedere ciò che è evidente e di capire che la vita civile è basata sul consenso e sul contratto, non sulla sopraffazione. In secondo luogo, occorre rendersi conto che la potenza del meccanismo di oppressione in cui gli stati consistono sarà sempre indifferente alla buona volontà dei singoli che si illuderanno di poterne cambiare la natura. Sino a che non si comprenderà che il potere ha trasformato le relazioni sociali in un inesorabile gioco a somma zero non ci sarà forza in grado di abbattere il Leviatano. Eppure, quella forza è semplicemente nelle coscienze di tutti, è lì che si trovano le catene che da sempre il pensiero libertario tenta di spezzare dimostrando che il re è nudo.

Da leggere:

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7 Giugno 2021

5289.- Una campagna elettorale brevissima e per certi versi inutile.

6 milioni e mezzo di italiani poveri e le istituzioni che spendono, spandono e discutono di fregnacce.

Aspettando fine agosto, la più inutile campagna elettorale va avanti a suon di ammucchiate, slogan e fesserie.

Una campagna elettorale brevissima, se pensate al divieto di affissione di manifesti statici nei 30 giorni precedenti alle elezioni o di utilizzare spazi pubblicitari oltre il 25 agosto. I partiti avranno a disposizione più o meno quattro settimane per diffondere su questa tipologia di spazi il proprio messaggio elettorale; una campagna elettorale inutile perché, per un verso, quello che i due predatori dell’Ue volevano dal governo, Draghi l’ha già fatto e, per un altro verso, sulla guerra, sulla salute, sull’economia, sull’immigrazione selvaggia e su tutto ciò che conta, le decisioni sono state prese dall’estero e non c’è partito che, anche avendo i numeri, potrebbe non conformarsi. Infatti non ne parlano.

Infine, quel principe dell’anti democrazia che (mea culpa) ravviso in questo Capo dello Stato ha aspettato così tanto a sciogliere queste Camere che ai leader restano al massimo 97 giorni per individuare una maggioranza, consentire la formazione di un governo e approvare (quando e se sarà scritta) la legge di bilancio. Ho detto che “ai leader restano” perché agli elettori non basterebbe tutto ciò che restava della XVIII Legislatura per capire a chi dare il voto.

In mancanza di contenuti e di idee i partiti del “Non ti curar di lor, ma magna!” ripescano, indovinate chi? Il fascismo! Ma c’è chi si sente fuori posto in questo modo d’intendere la democrazia. Da Violante a Baldassarre, oltre cento giuristi e accademici dicono basta alle «campagne denigratorie e di delegittimazione» . Mario Donnini

Tratto da Il Secolo d’Italia del 3 agosto 2022, dall’articolo “Da Violante a Baldassarre, l’altolà dei giuristi a chi sparge odio e delegittima gli avversari: “Tradite la Costituzione”, di  Agnese Russo.

I principi di pluralismo, pari dignità, solidarietà politica e responsabilità sono i principi della Costituzione.

L’appello, sottoscritto in poche ore da oltre cento costituzionalisti, giuristi, politologi, sociologi, diplomatici, docenti di diritto e scienza della politica ed altri accademici, ha la forma del manifesto con il titolo “Liberi di scegliere” ed è naturalmente rivolto a tutte le forze politiche. Basta, però, incrociarlo con quello che sta accadendo in questa campagna elettorale per capire chi ne siano i veri destinatari.

Il richiamo alla Costituzione di “Liberi di scegliere”

«Nei momenti più delicati nella vita di una nazione grava in capo a ciascun componente della comunità il dovere di agire senza mettere in discussione quel minimo comune denominatore, fondato sulla pari dignità sociale dei cittadini, su cui si regge la convivenza politicamente organizzata», ricorda il manifesto, che prosegue richiamando la Costituzione, che all’articolo 2 «richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, accanto a quelli di solidarietà sociale ed economica», agli articoli 3 e 21«richiama all’osservanza della pari dignità sociale anche nelle manifestazioni del pensiero e delle opinioni» e all’articolo 49 «impone il rispetto del metodo democratico nella competizione tra i partiti».

Il «dovere inderogabile» di solidarietà politica e «reciproca legittimazione»

«Tra i fondamenti dell’ordinamento repubblicano – proseguo i giuristi – vi è certamente il diritto-dovere dei cittadini di scegliere liberamente i propri rappresentanti in Parlamento e il correlato diritto di tutti i partiti politici e dei loro esponenti di competere democraticamente per l’acquisizione del consenso, aspirando al governo del Paese secondo la propria visione dell’interesse generale». Dunque, «la dialettica democratica, i principi di libertà e rispetto, insieme al richiamato dovere inderogabile di solidarietà politica postulano la reciproca legittimazione dei concorrenti, il ripudio di ogni atteggiamento di contrapposizione radicale, teso a mettere in discussione il diritto di ciascuna forza politica ad aspirare alla guida del Paese con il consenso degli elettori, così come, ancor di più, forme di discriminazione o di screditamento, da qualsiasi parte provengano, fondate sulle caratteristiche fisiche o sulle posture di chi è considerato avversario e, talvolta, addirittura “nemico” politico».

Il richiamo alla stampa contro le fake news e le «narrazioni prive di riscontro»

«Il dovere di accettare la fisiologia della competizione politica e gli esiti che gli elettori determineranno non grava soltanto sui partiti e sui loro esponenti, ma su tutti i soggetti e le componenti della comunità, che contribuiscono ad alimentare il dibattito e orientare l’opinione pubblica (stampa, accademia, istituzioni economiche e sociali, etc.)», si legge ancora nel manifesto, che ricorda la necessità di un «saldo impegno corale, insieme agli alleati europei e occidentali» di fronte all’aggressione russa in Ucraina e sottolinea che «a maggior ragione nei momenti di grande instabilità economica, sociale e geopolitica, elementari istanze di responsabilità e “correttezza costituzionale”impongono il ripudio di ogni atteggiamento discriminatorio o delegittimante, che, prescindendo dalla volontà degli elettori e dal rispetto delle normali dinamiche istituzionali e costituzionali, alimenti contrapposizioni radicali, forme di delegittimazione morale, condizioni di sospetto e inquietudine sociale fondate su congetture, narrazioni prive di riscontri o vere e proprie “fake news”».

L’auspicio di Violante e gli altri del ritorno al «metodo democratico»

«Nell’architettura democratica e pluralista della Carta repubblicana ogni diritto e ogni libertà – compresa la libertà di manifestazione del pensiero e quella di stampa – si declinano in parallelo ai doveri di solidarietà, al principio di responsabilità, di osservanza del metodo democratico e all’esigenza di rispetto della dignità della persona. Auspichiamo, dunque – è la conclusione di “Liberi di scegliere”, firmato da Violante e gli altri giuristi – che tutti i soggetti coinvolti nella campagna elettorale appena iniziata, ma anche nel dibattito pubblico a questa connesso, rispettinole istanze del pluralismo e del reciproco rispetto, pur nella legittima e necessaria dialettica tra differenti visioni politiche e culturali, affinché possa svolgersi un confronto chiaro e netto tra idee, programmi, progetti alternativi sui quali gli elettori potranno liberamente esprimersi».